Aut virum... aut murum: matrimoni strategici, serafiche nozze e mistici divorzi nella Sicilia moderna
In: Analecta humanitatis / Dipartimento di processi formativi dell'Università di Catania 19
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In: Analecta humanitatis / Dipartimento di processi formativi dell'Università di Catania 19
In: L' identità di Clio 19
Sulla base di un'ampia documentazione d'archivio significativa può considerarsi l'analisi relativa alla Sicilia sud-orientale, nel periodo compreso tra la Restaurazione e l'Unità, finalizzata ad individuare vecchie e nuove élites, in quel momento di passaggio da una società di ceto ad una struttura in cui la valenza è affidata al censo e al denaro. Tra i vari strumenti di autoaffermazione sociale si collocano i «Caffè», i «Casini», le «Case di conversazione». Essi nascono sul modello dei clubs di stampo britannico, e diventano luoghi di formazione della nuova identità borghese: una specie di seconda casa in cui possidenti e laureati — principalmente medici, notai o avvocati, ma anche, in alcuni contesti, commercianti, sensali e «mastri» — leggono i giornali, discutono, giocano e tessono rapporti sociali, imitando svaghi, forme di comportamento e di pensiero delle élites aristocratiche che nei rituali salottieri avevano elaborato un proprio linguaggio e un proprio codice comportamentale. Questi luoghi dei nuovi «civili» assumono, in altri termini, la funzione di spazi in cui aggregarsi e autoidentificarsi, rappresentare e autorappresentarsi, creando netti confini di status, all'interno del tessuto sociale. Ciò è quanto si ricava dalla lettura delle richieste di apertura dei sodalizi, dall'a¬nalisi dei regolamenti interni e dall'esame comparato delle liste dei soci. La documentazione d'archivio non rileva eventuali collegamenti tra circoli e mo¬vimenti sovversivi. Certo è che, però, nonostante le reiterate professioni di fedeltà al governo, di censura delle letture, e di dichiarata estraneità agli eventi politici da parte di amministratori e soci, il controllo su tali strutture aggregative — specialmente dopo i moti del 1820 — è notevole. Nel 1837, a causa della rivolta, i circoli subiscono una nuova interruzione, ma le autorizzazioni per la riapertura nuovamente concesse nel 1839 determinano una sorta di boom del fenomeno associazionistico. Tali istituzioni, in conclusione, costituiscono un angolo visuale interessante per l'a¬nalisi di fasce ben determinate della società meridionale del XIX secolo. Esse contribui¬scono, infatti, a creare, sulla base di modificate identità sociali, nuove solidarietà di grup¬po in un'atmosfera di luogo intimo, perché chiuso, e seducente, perché cerimonioso. The practical aim of the analysis relating to south-eastern Sicily in the period between the various Restoration and Unification, based on ample and significative records from archives, is the identification of old and new elite, in that moment of transition from a class society to a structure in which importance is given to estate and money. Among the various instruments of self-affirmation are the Caffè, the Casini and the Case di Conversazione. They originated modelled on the British clubs, and became places where the new middle-class identity was forged: a sort of second home where the well-to-do and uni¬versity graduates – mainly doctors, public notaries and lawyers, but also, in some con¬texts, tradesmen, brokers and foremen – read the newspapers, discuss, play games and weave social relationships, imitating the leisure activities, attitudes and ways of thinking of the aristocratic elite, who had elaborated their own language and behav¬iour code in their drawing room rituale. These venues of the new «respectable citizens» take on the function of areas in which to meet and form self-identity, to represent and self-represent; thus setting up clear status boundaries within the social framework. This is what has been gleaned from the applications to open associations, the analysis of internal regulations, and the comparative examination of lists of members. Archive records do not point to any possible link between clubs and subversive move¬ments. One thing is certain, however; there were numerous check-ups on these meet¬ing places, especially after the popular rising of 1820, notwithstanding the repeated professions of loyalty to the government, of censorship of reading material, and of de¬clared extraneity of administrators and members to political events. In 1837, as a re¬sult of the uprising, the clubs were closed, but the authorization for their re-opening, granted in 1839, determined what could be 0called a «boom» in the membership phe¬nomenon. Such institutions, in conclusion, constitute an interesting visual angle for the analysis of certain sections of southern Italian society in the nineteenth century. They contribute, in fact, to creating, on the basis of modified social attitudes, new group solidarity in an intimate atmosphere, as the venues were exclusive, and seductive, ow¬ing to their ceremonious nature.
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L'analisi delle tappe attraverso cui, tra Rivoluzione e Unità, si sostanzia l'istruzione scolastica, consente di aprire ampie finestre sui progetti di trasformazione delle istituzioni educative e sulla valenza degli itinerari formativi attuati nella Sicilia del Sette-Ottocento. Contro la significativa preponderanza della scuola superiore e l'insegnamento gesuitico, portatore di una cultura umanistico - retorica, l'esigenza di razionalizzare l'insegnamento articolandolo in un sistema di ordini e gradi è proprio delle meditazioni della pedagogia illuministica. Il prototipo prussiano e austriaco, che tende alla creazione di un modello educativo organico, centralizzato e laico, determina in Italia la nascita di veri e propri epicentri di trasformazione politica e culturale. La cacciata dei Gesuiti segna il termine a quo del riformismo agrario meridionale nonché la fine del monopolio religioso sull'assistenza e sull'istruzione. In Sicilia De Cosmi si fa interprete di una riforma regalista, giurisdizionalista e popolare, invitando ad operare una riflessione propositiva sulla fine della cultura gesuitica e sui progetti di riutilizzo, in senso lato, del patrimonio dell'ordine. Tra riformismo e rivoluzione il dibattito relativo all'introduzione delle scuole decosmiane e al rapporto tra queste e le secondarie rivela significative consonanze con altri aspetti della politica borbonica nella sua fase tanucciana e caraccioliana. L'introduzione del metodo lancasteriano porrà l'accento sulla "necessità " di un'istruzione aperta ad una utenza più larga. Le istanze giurisdizionalistiche e i revisionismi successi incideranno in maniera trasversale sul sistema educativo e sull'opportunità o meno di affidarne il controllo al clero. I modi e i tempi di applicazione della normativa al caso Catania sottolineano lo stridente contrasto che caratterizzò l'ipotesi di una società, in bilico tra passato e presente, accarezzata da una monarchia borbonica che dopo le istanze riformistiche si scontrava con la realtà della Restaurazione. Se la ricostruzione della normativa può costituire una prima griglia inter-pretativa , l'esame - attraverso l'uso incrociato di fonti bibliografiche e documentazione d'archivio - delle strutture scolastiche diventa indispensabile chiave di lettura per penetrare nel meccanismo della risposta istituzionale alla volontà centrale. A fronte dell'intelaiatura di base relativa all'istruzione primaria e secondaria, pubblica e privata, così come si strutturava a Catania tra Sette e Ottocento, particolare significato riveste la peculiarità di alcune istituzioni finalizzate all'educazione di specifiche categorie sociali: il Collegio Cutelli dedicato all'istruzione dei nobili, e l'Ospizio di beneficenza, destinato ai diseredati, alla "bassa gente", alla prole dei mendichi, ai "figli di nessuno". Il duro sistema di vita dell'Ospizio, con il suo progetto pedagogico finalizzato all'istruzione "professionale - militare", ci dà la misura della abissale distanza dalla raffinata atmosfera, permeata di studi classici e di "arti liberali", del Collegio Cutelli. La scuola per la formazione dei futuri artigiani e la palestra atta a plasmare il giovane gentiluomo rappresentano le due facce di una medesima medaglia. Il modello proposto dal Collegio a confronto con quello suggerito dall'Ospizio costituiscono in sostanza un emblematico punto d'arrivo di quei mutamenti politico - istituzionali e socio - culturali che contemporaneamente caratterizzavano la formazione dello stato moderno nel Meridione. The analysis of the stages through which, between Revolution and Unity of Italy, the education system takes shape, open ample windows on the transformation plans for educational institutions and on the importance of the formative itineraries effected in eighteenth and nineteenth century Sicily. Against the sígnificant predominance of the high school and the teaching of the Jesuits, holders of a humanistic-rhetoric culture, the need to rationalise teaching, articulating it into a system of orders and degrees is the fruit of the meditatíons of Enlightenment pedagogy. The Prussian and Austrian prototype, that favours the creation of an organic, centralized and secular educational model, determines the birth of authentic centres of political and cultural transformation in Italy. The expulsion of the Jesuits marks the end a quo of agrarian reformism in the south and the end of the religious monopoly on the welfare institutes and education. In Sicily De Cosmi is the interpreter of a regalist, jurisdictional and popular reform, inviting constructive reflection on the end of the Jesuitical culture and on the plans to reutilize, in a broad sense, the patrimony of the Order. Between reformism and revolution the debate on the introduction of Decosmian schools, and the relationship between these and secondary schools reveal meaningful consonances with other aspects of Bourbon policy in its Tanuccian and Caracciolian phases. The introduction of the Lancasterian method will put the accent on the «necessity» of education available to larger numbers. The jurisdíctional demands and the revisionisms of the moment are to have a transversal effect on the educational system and on the opportunity or not of entrusting it to the control to the clergy. The method and the time necessary for the application of the regulations regarding the Catania case underline the sharp contrast that characterízed the hypothesis of a society, in unstable balance between past and present, caressed by a Bourbon monarchy that after the reformistic pressures, encountered the reality of the Restoration. If the reconstruction of the regulations could constitute a first interpretative scheme, the examination (through the cross use of bibliographical sources and filed records) of the scholastic structures becomes the essential reading key in order to penetrate the mechanism of the institutional answer to the central will. With reference to the basic framework regarding primary and secondary, public and private education, as it was structured in Catania between the eightéenth and nineteenth centuries, the distinctive characteristics of certain institutions whose purpose was the education of specific social categories: the Collegio Cutelli, dedicated to the education of the nobles, and the Ospizio di beneficenza, educating the disinherited, 'low people', 'beggars' children and waifs and strays, took on particular meaning. The hard way of life in the Ospizio, with its pedagogical plan aiming at 'professionalmilitary' instruction illustrates the extent of the abysmal distance from the refined atmosphere, impregnated with classica) studies and 'liberai arts', of the Collegio Cutelli. The school for the formation of future artisans and the school where young gentleman were shaped represent the two faces of the same medal. The model proposed by the Collegio and the one suggested by the Ospizio constitute, in essence, an emblematical point of arrivai of those political changes, institutional and social-cultural, that together characterized the formation of the modern state in the south.
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L'esecuzione dei dettami elaborati dal Congresso di Vienna, reintegrando i sovrani e restituendo al clero antiche e consolidate posizioni, riproponeva sistemi scolastici e modelli formativi rivisitati. Nel Meridione borbonico, con la Restaurazione, si riaffermava una politica centralistica e burocratica, progressiva e lineare. Attraverso una scuola organizzata in tutti i suoi gradi, ancora vicina alla vecchia ratio studiorum gesuitica, ma non chiusa all'aggiornamento e all'età napoleonica, si sarebbero adottati rigidi criteri di selezione del personale politico e amministrativo, anche attraverso il controllo del comportamento morale e confessionale degli studenti in termini di ortodossia politica e religiosa. In primo luogo, il sovrano rinnovava la scuola primaria mediante l'introduzione dei sistemi pedagogici mutuati dal mondo anglosassone – il metodo lancasteriano, che sostituì progressivamente quello «normale» di decosmiana memoria – attento all'evoluzione economica in senso industriale. I progetti relativi all'istruzione secondaria, poi, prendevano forma attraverso il perfezionamento delle scuole per i «dotti»: collegi e licei destinati alle fasce alte della società. Ferdinando elaborava, collateralmente, un'ampia normativa dedicata all'istruzione militare, non trascurando tuttavia la formazione di «artisti», diplomatici e musicisti. L'antica cura per l'istruzione femminile, infine, si sostanziava attraverso la creazione di educandati destinati anche alle «donzelle civili». I moti del 1820-21, tuttavia, interrompevano bruscamente il cosiddetto «quinquennio riformatore», dando vita ad un'atmosfera di chiusura e a un rigido atteggiamento censorio da parte del governo. Il breve regno di Francesco I fu povero di normativa scolastica, benché segnasse un lento riavvio anche in termini di dibattito formativo e didattico. Il successivo «lungo regno» di Ferdinando II si inaugurava, negli anni Trenta, con un rapido fiorire di una pubblicistica pedagogica che dava vita a un dibattito intenso sulla necessità di «svecchiare vecchi modelli di pubblica istruzione. Tuttavia, l'attenzione verso le scuole militari, gli stabilimenti per artisti e musicisti e gli istituti riservati alle donne subì una nuova battuta d'arresto a causa dei fermenti politici del 1837 e, a istanza di dieci anni, della rivoluzione del 1848. Gli ultimi dieci anni della monarchia borbonica nel Mezzogiorno d'Italia, dunque, sarebbero stati segnati dal tentativo da parte del sovrano di vigilare con forza sull'istruzione pubblica, partendo dall'arruolamento dei docenti, passando dal controllo sugli studenti e dalla censura su libri di testo e piani di studio. Alle soglie dell'Unità, comunque, il sistema scolastico «borbonico» appariva gravemente compromesso. L'arrivo di Garibaldi segnava un giro di boa in campo scolastico: espulsi gesuiti e liguorini, la cura della pubblica istruzione diveniva laica, aprendosi contestualmente alle esigenze di un'educazione destinata anche ai ceti più bassi della società.
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