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Le nuove dimensioni della privacy: dal diritto alla riservatezza alla protezione dei dati personali
In: Le monografie di Contratto e impresa 101
La crisi alimentare del 2005 in Niger: bilancio e prospettive
This paper intends to describe and contextualize one of the most delicate and controversial moments in the economic and political history of Niger of the past few years: the famine and the food crisis of 2005. This phenomenon has triggered a spiral of disputes and critical reactions among International Organizations such as the World Food Programme, the Government of Niger, first of all the President Tandja, and many NGOs, especially Médicines sans Frontièrs (MSF). In general, the close examination of this crisis allows to better understand the internal politics of Niger, often cryptic for international observers, its twilight zones, its elements of strictness, as well as for the contradictions of international aids to rural development and the local responses, extremely different from one region to another. Such a crisis and its consequences have to be investigated within a national context characterized by a civil society, which stands more and more against the political regime, as well as by high-pitched diatribes about the possibility of a third political mandate of President Tandja and by a spreading influence of fundamentalist associations. ; This paper intends to describe and contextualize one of the most delicate and controversial moments in the economic and political history of Niger of the past few years: the famine and the food crisis of 2005. This phenomenon has triggered a spiral of disputes and critical reactions among International Organizations such as the World Food Programme, the Government of Niger, first of all the President Tandja, and many NGOs, especially Médicines sans Frontièrs (MSF). In general, the close examination of this crisis allows to better understand the internal politics of Niger, often cryptic for international observers, its twilight zones, its elements of strictness, as well as for the contradictions of international aids to rural development and the local responses, extremely different from one region to another. Such a crisis and its consequences have to be investigated within a national context characterized by a civil society, which stands more and more against the political regime, as well as by high-pitched diatribes about the possibility of a third political mandate of President Tandja and by a spreading influence of fundamentalist associations.
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Ricerche intorno ai monumenti del "Niger Lapis" al Foro Romano (1955)
In: Monumenti antichi
In: Serie miscellanea 3,1 = 52,1 [d. Gesamtw.]
In: Monumenti antichi 52,1
Decentramento amministrativo e lotta alla povertà nel Niger rurale: l'esperienza di due programmi di cooperazione
In: La città del terzo mondo
Il Niger e le nuove frontiere dell'Europa: una ricerca su migrazioni e lavoro nell'Africa subsahariana
In: Città, lavoro, migrazioni 1
Il Niger e la sfida delle migrazioni internazionali: una ricerca sul campo su mobilità umana, sindacato e società civile
In: Città, lavoro, migrazioni 2
Impact of Education Expenditure on Economic Growth in West African Countries: Special Attention to the Gambia
This study is conducted to observe the impact of public education expenditure on economic growth in five West African countries namely: The Gambia, Ghana, Niger, Mali, and Senegal. In addition, we generated a study called ECOWAS representing West Africa. In order to advance into the study, we used econometric tools such as Augmented Dickey Fuller test (ADF), Johansson Cointegration Test, Error Correction Model (ECM) and Granger Causality Test Analysis. The target sample consist of panel data collected based on its availability for each selected West African country covering different ranges from 1968 to 2015. The result of the ADF test revealed that some of the variables are individually non-stationary at level but stationary at first difference. The Johansson cointegration test indicated a cointegration relationship between the variables for some countries and ECM coefficients revealed for all the countries indicated an evidence of convergence after short run deviation from equilibrium. The Granger Causality test result suggest a unidirectional causality that run from Government Education Expenditure (Edu) to Gross Domestic Product (GDP) for ECOWAS and the reverse is true for Ghana and Mali. There is no causal direction revealed between the variables for The Gambia, Niger and Senegal. However, the study concluded that Education Expenditure has significant long run and short run impact on economic growth in West Africa.
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Turbolenze politiche e latitanza del diritto nella letteratura nigeriana del secondo Novecento
La letteratura nigeriana del Novecento è stata fortemente condizionata dagli eventi collettivi che hanno scandito la storia recente del paese – dalla colonizzazione inglese alla guerra del Biafra, fino agli scontri armati tra il governo centrale e le forze del Mosop sul Delta del Niger – e che hanno di volta in volta a che fare con la sostituzione e/o la sospensione dell'ordinamento giuridico vigente, con la controversa applicazione del diritto internazionale, con la repressione legalizzata del dissenso. Coprendo il cinquantennio che va da Things fall apart (1958) di Chinua Achebe (nel quale si racconta l'avvento dei primi missionari inglesi) alle testimonianze (narrative e non) di Wole Soyinka (1972), Ken Saro-Wiwa (1985) e Chimamanda Ngozi Adichie (2006) intorno alla guerra civile del 1967-1970, il presente studio intende offrire, mettendo tra loro in dialogo i testi citati, le declinazioni esemplari della dialettica tra letteratura e diritto all'interno di un panorama letterario pressoché condannato a figurare la legge come chimera, abuso, scontro tra codici (morali e poi legislativi) tra loro incompatibili.
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FUTURAFRICA, sperimentare la tradizione nel contemporaneo. Il caso di Mali e Burkina Faso in area subsahariana
L'architettura Africana presenta da sempre una immensa varietà di colori e forme, forme che riflettono tanto l'articolata storia delle popolazioni locali, quanto il costante adattamento alle diverse condizioni politiche, sociali ed ambientali delle singole regioni, senza trascurare in alcun modo la creatività e l'originalità di ciascuna popolazione. Sebbene in campo architettonico lo sviluppo tecnologico risulti estremamente rapido, costante, immancabile ed imminente, esistono elementi costruttivi tradizionali destinati a non subire modificazioni, o a subirne di minimali. Il valore di tali elementi, rimarcato dalla sopravvivenza al tempo degli stessi, non è da considerarsi positivo unicamente in termini costruttivi, in quanto noto, collaudato e conosciuto, ma rappresenta quel carattere distintivo capace di preservare l'identità di queste culture, rimarcando fortemente il senso di individualità capace di renderle uniche, in un unico termine riconoscibili. La piena forza di tali elementi e metodi costruttivi è rappresentata dalla capacità di saper contestualizzare e radicare nel territorio ogni opera costruita, in un rapporto di piena integrazione con le preesistenze, rappresentando quell' aspetto che ne influenza in maniera sostanziale l'efficacia, la credibilità, la forza e perfino l'interpretazione. È ciò che potremmo in qualche modo definire il "timbro dell'architettura". Risultano emblematici le realtà più tribali dell'Africa Subsahariana, nello specifico Mali e Burkina Faso, dove gli elementi tradizionali ed autoctoni, in qualche modo primitivi, trovano ad oggi costante applicazione nelle più contemporanee realizzazioni architettoniche. Storicamente, partendo dagli assunti teorici di Hassan Fathy, ne sono esempio le opere di architetti quali Dibiedo Francis Kèrè, Albert Faus, Mokena Makeka, Kunle Adeyemi, Tsay, LEVS ma anche dell'italiano Fabrizio Carola, in coppia da pochi anni con Paolo Cascone, del gruppo Tam Studio e di Matteo ed Emilio Caravatti. ABSTRACT 15 "Migliorare i luoghi dove abita la mia gente rivisitando la nostra storia e accompagnando il nostro stile di vita, senza scimmiottare quello occidentale" è quanto afferma Mariam Kamara, donna ed architetto originaria del Niger sottolineando fermamente il ruolo politico dell'architettura nel coadiuvare la volontà di riscatto di popolazioni che per anni hanno emulato l'occidente, realizzando opere che "si sono tradotte in architetture realizzate in materiali per noi costosissimi. Perché non tengono conto delle problematiche climatiche ed economiche, perché non tengono conto di chi siamo (con conseguenze tragiche a livello di consumi energetici)." [2] La ricerca intende in tal senso approfondire il rapporto esistente tra l'architettura contemporanea in area Subsahariana e gli elementi costruttivi ed urbanistici archetipici di tale territorio, sottolineando l'efficacia in termini architettonici, economici e sociali di un modello costruttivo fondato sul recupero del vernacolare e degli elementi della tradizione, ed esplorandone, attraverso lo studio delle realizzazioni più contemporanee inquadrabili nell'ambito delle best practices, i limiti e le potenzialità. [1] Architecture for the poor: an experiment in rural Egypt (1973) , Hassan Fathy Fathy, padre dell'architettura africana, ha svolto significative ricerche centrate sulle peculiarità costruttive e sociali degli ambienti rurali, affrontando un riesame sociale e ambientale volto alla rivalutazione dei materiali e delle tipologie tradizionali contrastando la diffusione dell'International style nelle aree considerate. [2] Mariam Kamara, D (11/08/18), 100 donne che cambiano il mondo Mariam Kamara, personalità attivissima nell'area del Niger, ritiene che gli architetti africani dovrebbero smettere di emulare ciò che già esiste in Occidente, guardando alla propria storia e patrimonio con un rinnovato spirito critico, cin il fine di produrre un'architettura in grado di riflettere lo spirito della regione nella quale gli edifici andranno a sorgere.
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The horse in West African history
Alla fine del sec. XV, gli Europei scopritori dell'Africa occidentale trovarono che il cavallo era impiegato nel Benin e nei vicini paesi yoruba. Poiché non si conosce l'esistenza di antenati selvatici dell'Equus caballus in questa o in alcuna altra zona dell'Africa, si trattava di equini importati. Sulla base di argomenti zoologici, archeologici, storici ed etnologici, il presente articolo intende chiarire tempi e modi di tale introduzione.Il cavallo e anche qui essenzialmente animale da guerra e simbolo di prestigio sociale: il suo arrivo, dall'Africa settentrionale per via del Sahara, è connesso con l'impiego del carro da guerra. L'A. discute brevemente le questioni della iniziale domesticazione equina, dell'uso e della diffusione dei carri ippotrainati, delle singolari raffigurazioni di questi nello stile del «galoppo volante» tipico dell'arte minoico-micenea e presente tra l'altro nelle figurazioni rupestri sahariane; e delle presumibili relazioni commerciali che dovettero indirettamente collegare quest'ultima area, e quella del Mediterraneo occidentale nell'eta del bronzo, con le zone oltre il Sahara. Di qui, secondo l'A., giunse il cavallo nel bacino del Niger, mentre piu deboli sono considerate le possibilita di connessione degli stati dell'Africa occidentale con Kush e Meroe. Se però l'evidenza archeologica suggerisce per tali contatti epoche non posteriori al II millennio a.C., queste appaiono di molto anteriori ai tempi in cui si presume siano sorti in Africa occidentale stati in grado di sfruttare corpi di caval- leria: il piu antico stato locale di cui si abbia notizia, il Ghana, non risale a prima del IV sec. d.C. Fra le ipotesi relative al destino del cavallo in queste zone durante il lungo e oscuro intervallo, l'A. tende a scartare quella di un rinselvatichimento della specie come si sa essere avvenuto in America; egli pensa piuttosto a un uso del cavallo come animale da sacrificio, o a un suo persistente impiego per il traino di carri; meno probabile il suo uso come cavalcatura, prevalso poi in epoca moderna. La piu antica varieta di Equus presente in Africa occidentale sarebbe infatti, secondo l'A., una razza di ponies di piccole dimensioni, poco atta a essere cavalcata; piu tardo sarebbe l'arrivo della piu robusta varieta berbera, di quella araba, di quella dongolana. Comunque impiegato agli inizi, il cavallo contribuì a trasformare in senso militare le ancor piccole comunita dell'area sudanese-guineana viventi di coltivazione e allevamento di tipo «neolitico»; e i contatti trans-sahariani che accompagnarono l'introduzione del nuovo nobile animale dovettero incoraggiare la fondazione dei primi stati della zona.
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Il contributo delle missioni PESD nell'attivitá di contrasto all'immigrazione irregolare
Il presente lavoro di tesi si pone l'obiettivo di esaminare il contributo delle missioni PESD impiegate per l'attività di contrasto all'immigrazione irregolare. Dopo un primo periodo di ricerca presso l'Universidad de Càdiz, lo studio, strutturato per blocchi tematici, è proseguito a Pisa sfociando nella redazione di tre capitoli e le considerazioni conclusive. Come si potrà constatare, nel seguente elaborato si farà particolare riferimento agli atti e ai documenti - frutto dei processi decisionali della politica estera di sicurezza comune e della politica europea di sicurezza e di difesa dell'Unione europea - che attribuiscono, solo di recente e in modo esplicito, nel mandato delle missioni PESD, il compito di contrasto all'immigrazione irregolare. Il capitolo I riguarderà le cause prime e le questioni generali che hanno portato a varare, negli anni più recenti, missioni civili e militari in ambito PESD e il cui mandato contempla l'attività di contrasto all'immigrazione irregolare; ovvero verrà evidenziata la crisi migratoria che sta affrontando l'Europa dopo la cosiddetta primavera araba e i conflitti seguiti in Siria, Egitto, Libia e nei paesi dell'Africa sub-sahariana. Significativa potrà risultare l'analisi delle variazioni dei flussi migratori degli ultimi cinque anni che segnala lo spostamento delle rotte migratorie in correlazione alle situazioni di crisi dei paesi di origine e di approdo dei migranti. Gli Stati membri dell'UE più colpiti dalla crisi economica, come l'Italia e la Grecia, dal 2013 sono diventati i principali punti di ingresso per migranti e rifugiati; quindi la prima parte della tesi evidenzierà l'impegno richiesto all'Unione europea per il controllo delle frontiere, la gestione dei flussi migratori, le politiche in materia di asilo, di non refoulement e di accoglienza connesse all'immigrazione irregolare. Per superare queste criticità la politica europea si è posta obiettivi precisi con l'Agenda Europea sulla migrazione del 2015 che definisce un nuovo approccio strategico per gestire i flussi migratori a medio e lungo termine. Verranno descritti i vari piani operativi per il controllo delle frontiere, da Mare Nostrum al piano operativo Triton, fino al più recente piano operativo Themis varato il 1° febbraio del 2018 che sostituisce Triton nel Mediterraneo centrale Nel capitolo II verranno ricercate e analizzate le radici storiche e normative della politica estera di sicurezza comune (PESC) e della politica europea di sicurezza e difesa comune (PESD) dell'Ue a partire dalla nascita, nel 1948, dell'Unione Europea Occidentale (UEO) le cui residue attività sono cessate il 1° luglio del 2011. Fu il Consiglio europeo di Colonia del 1999 che segnò la nascita della Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) - parte integrante della PESC- ai sensi dell'articolo 24 del Trattato di Lisbona del 2007 che prevede altresì il passaggio progressivo da una politica di difesa comune ad una [effettiva] difesa comune. Tra le modifiche strutturali più importanti apportate dal Trattato di Lisbona vi è l'istituzione dell'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, inteso come mandatario del Consiglio e assistito dal Servizio Europeo per l'Azione Esterna (SEAE). Nonostante il Trattato abbia inteso riunire sotto un'unica anima l'Azione Esterna dell'Unione e integrare la PESC nella sua architettura costituzionale, in termini giuridici si è raggiunta solamente un'unità apparente, in quanto rimangono impregiudicate le competenze degli Stati membri nella loro politica estera. Nei paragrafi del Capitolo II verranno incluse le forme di cooperazione tra Unione europea e ONU nella gestione delle crisi internazionali - in correlazione con la PESD- descrivendo i sei possibili scenari di partenership sul campo. Analogamente per le forme di cooperazione tra la Unione europea e la NATO. Le prime cooperazioni con la NATO si sono avute grazie all'adozione degli Accordi di Berlino Plus del 2003, da cui è scaturita per esempio la missione EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina. Attualmente sono 17 le missioni PESD in corso - 11 civili e sei militari - nei tre continenti (Europa, Africa e Asia); e si tratta in larga parte di azioni a sostegno di riforme della polizia, del sistema giudiziario e di rafforzamento-addestramento delle Forze armate ovvero della capacity building, che facilitano accordi di cessazione delle ostilità e ne assicurano il rispetto. Nella parte finale del capitolo II, verranno analizzate nello specifico le singole missioni PESD in corso, ma senza compiti espliciti di contrasto all'immigrazione irregolare. Il capitolo III affronterà il nodo centrale del contributo delle missioni PESD impiegate nell'attività di contrasto all'immigrazione irregolare, con particolare attenzione ai teatri operativi lungo la rotta del mediterraneo centrale dove si registra, nella composizione per nazionalità, un flusso costante di migranti proveniente dall'Africa sub-sahariana mentre la Libia è il principale paese di partenza per quasi il 90% dei migranti. Dopo la perdita di centinaia di vite umane in un naufragio al largo di Lampedusa nell'aprile del 2015 è stata creata in tempi record la missione EUNAVFORMED (forza navale diretta dall'Unione europea nel Mediterraneo) ovvero un'operazione militare di peace-keeping con sede operativa situata a Roma. La Risoluzione 2240 del Consiglio di sicurezza amplia, rispetto a quanto contenuto nel mandato di EUNAVFORMED-Operazione Sophia, la gamma di azioni esperibili dalla missione, prevedendo eccezioni alla Convezione di Montego Bay in materia di diritto di visita e consenso dello Stato di bandiera così come la possibilità di ricorrere all'uso della forza. Lasciando immutato il perimetro operativo limitato alle acque internazionali. Sempre nel capitolo III verranno analizzate le Decisioni adottate dal Consiglio con le quali si attribuiscono ad altre missioni PESD compiti correlati all'attività di contrasto all'immigrazione irregolare come la missione di assistenza alle frontiere, EUBAM Libia ovvero compiti espliciti come per le missioni EUCAP Sahel in Mali e Niger: paesi dell'Africa sub-sahariana dove sono presenti conflitti violenti e situazioni economiche che originano flussi migratori. Un paragrafo ad hoc inoltre tratterà il contributo dell'Italia alle missioni PESD nell'attività di contrasto all'immigrazione irregolare. Analogamente un paragrafo verterà sul contributo della Spagna, con cenni alla sua esperienza (meno recente) nella protezione delle sue frontiere e il differente interesse di partecipare alle missioni PESD impiegate nell'attività di contrasto all'immigrazione irregolare. Nelle conclusioni verranno svolte considerazioni sui progressi compiuti nel quadro dell'agenda sulla migrazione facendo riferimento alla Relazione comunicata dalla Commissione europea il 14 marzo 2018 e rintracciando le azioni chiave che l'Unione europea intende intraprendere per il raggiungimento di un accordo globale in materia di immigrazione. Considerando che le Decisioni in ambito di politica europea di sicurezza e di difesa dell'Unione europea sono frequenti, in correlazione con esse, si evidenzierà il contributo delle missioni PESD impiegate per l'attività di contrasto all'immigrazione irregolare, ovvero verrà compiuta una valutazione conclusiva in termini di efficacia, alla luce delle situazioni più recenti.
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Ri-utilizzo dei reflui dei frantoi oleari per la produzione biotecnologica di lipasi microbiche
Dottorato di ricerca in Biotecnologie degli alimenti ; Lo smaltimento delle acque di vegetazione dei frantoi oleari costituisce, attualmente, uno dei principali problemi dal punto di vista ambientale, specialmente nei paesi del Mediterraneo dove si concentra la maggior parte della produzione mondiale di olio di oliva. Le acque di vegetazione sono tra i reflui agro-industriali a più alto tasso inquinante a causa del loro elevato carico organico, caratterizzato soprattutto da composti fenolici e polifenolici ad elevata azione antimicrobica e fitotossica. La purificazione biologica delle acque di vegetazione è particolarmente difficile poiché questo refluo presenta solidi in sospensione e un elevato carico organico, in particolare polifenoli con attività biostatica e/o biocida, che riduce fortemente le prestazione degli impianti di depurazione. Di conseguenza, l'impianto deve prevedere due o più stadi di trattamento che rendono la depurazione complessa e costosa. Attualmente, la normativa vigente consente la pratica dello spandimento delle acque di vegetazione sui terreni agrari; nonostante questa risulti, al momento, essere la soluzione migliore sia dal punto di vista pratico che economico, trova attuazione solo se si ha disponibilità di terreni sufficientemente vicini su cui spargere il refluo e comunque deve essere applicata in maniera controllata dal momento che gli eventuali effetti positivi o negativi sulla composizione, sulla carica microbica e la fertilità del terreno sono ancora oggi oggetto di studio. Inoltre, la migrazione di alcuni composti negli strati più bassi del terreno potrebbe causare la contaminazione di eventuali falde acquifere sottostanti con conseguenze per la salute dell'uomo. Negli ultimi anni sono state proposte soluzioni alternative finalizzate a sfruttare questo refluo, in quanto ricco di composti utili. La valorizzazione delle AV mediante il loro impiego per l'ottenimento di prodotti a medio o alto valore aggiunto attraverso processi fisico-chimici o fermentativi, riveste notevole interesse scientifico. Nelle AV sono presenti una grande varietà di biomolecole come acidi organici, polialcoli, zuccheri semplici e complessi e lipidi che le rendono una possibile base per i processi fermentativi. In virtù del contenuto residuo di lipidi, le AV potrebbero rappresentare un ottimo candidato come terreno liquido di crescita per la produzione di lipasi microbiche. Lo scopo della presente tesi di dottorato è stato quello di mettere a punto un processo fermentativo per la valorizzazione delle AV mediante produzione microbica di enzimi, in particolare enzimi lipolitici, ottenendo al contempo un abbattimento, o quanto meno una riduzione, del loro potere inquinante. Esiste una vasta bibliografia in cui viene presa in esame la produzione di lipasi da numerose specie microbiche tra cui Penicillium e Candida e sia il terreno che il processo fermentativo per la produzione di questo enzima è stato ampiamente ottimizzato. Nella maggior parte dei casi, una buona produzione di lipasi microbica prevede l'utilizzo di terreni sintetici piuttosto complessi che sicuramente incidono in maniera significativa sul prezzo finale del prodotto. Inoltre, negli ultimi anni anche la produzione di preparati enzimatici commerciali contenenti lipasi di origine microbica ha avuto un notevole sviluppo. Sigma, Amano, Roche, Novo Nordisk, etc., forniscono preparati lipolititici con varie composizioni e proprietà catalitiche utilizzati in diversi settori: industria alimentare, farmaceutica, dei detergenti e per la produzione di biodiesel. L'innovazione che dovrebbe introdurre questo lavoro è l'opportunità di produrre lipasi microbiche di possibile interesse industriale utilizzando un substrato costituito da un refluo agro-industriale. Con questa idea, si è cercato di mettere a punto un terreno di produzione a basso costo che permettesse di ottenere buoni livelli di attività e contemporaneamente un abbattimento del carico inquinante del refluo finale. In prima battuta, è stato effettuato uno screening di microrganismi (Geotrichum candidum, NRRL 552, 553; Rhizopus sp, ISRIM 383; Rhizopus arrhizus, NRRL 2286; Rhizopus oryzae, NRRL 6431; Aspergillus oryzae, NRRL 1988, 495; Aspergillus niger, NRRL 334; Candida cylindracea, NRRL Y-17506; Penicillium citrinum, NRRL 1841, 3754, ISRIM 118) in grado di crescere sulle acque di vegetazione producendo lipasi. Le produzioni più elevate di enzima sono state ottenute, in condizioni non-ottimizzate, dopo 168 h con Geotrichum candidum NRRL 553 (0,521 U/ml) e Candida cylindracea (0,460 U/ml). Inoltre, livelli di produzione molto interessanti sono stati raggiunti dopo 72 h con i ceppi di Penicillium citrinum (0,365, 0,320 e 0,375 U/ml per NRRL 1841, NRRL 3754 e ISRIM 118, rispettivamente). Questi ceppi sono stati selezionati per valutare, in via preliminare, l'effetto di alcuni fattori sulla produzione di lipasi quali tipologia di AV, utilizzo di vari oli come induttori di attività e impiego di diverse fonti di azoto. Per quanto riguarda la produzione di lipasi da P. citrinum NRRL 1841 su AV, l'attività è stata influenzata in maniera marcata dal tipo di fonte di azoto ma non era aumentata in maniera significativa dall'aggiunta di oli. Nel caso della produzione di lipasi da C. Cylindracea NRRL Y-17506, il cloruro di ammonio e l'olio di oliva rappresentavano rispettivamente la fonte di azoto e l'induttore più adatto; infatti questo ceppo cresciuto in condizioni parzialmente ottimizzate produceva 9,48 U/ml di attività lipolitica dopo 264 h di fermentazione. Successivamente, la produzione di lipasi da P. citrinum NRRL 1841, utilizzando il terreno a base di AV, è stata ottimizzata in beuta valutando l'effetto del pH iniziale, della concentrazione di azoto e di estratto di lievito secondo un approccio multi-fattoriale. La combinazione ottimizzata dal modello è stata la seguente: pH 6,15, 2,7 g/l NH4Cl e 1,1 g/l YE. La produzione massima raggiunta è stata di 1,242 U/ml. Con il terreno così ottimizzato, al fine di ottenere informazioni sul possibile trasferimento di scala del processo, sono stati condotti altri esperimenti in reattori da banco. Allo scopo, sono stati impiegati due tipi di sistemi, un bioreattore ad agitazione meccanica (STR) e uno ad agitazione pneumatica (Air-lift). In entrambi i casi, l'attività lipolitica extracellulare aveva raggiunto il suo picco massimo dopo 192 h di fermentazione. Tuttavia, il massimo di attività è stato significativamente più alto in STR che in Airlift (0,700 vs 0,420 U/ml, rispettivamente). Sebbene tutti i ceppi studiati sono stati in grado di crescere sulle acque di vegetazione e produrre a livelli significativi attività lipolitica, una particolare attenzione è stata riservata a C. cylindracea (noto anche come C. rugosa) per il notevole interesse applicativo della lipasi prodotta da questo lievito. Inizialmente, si è cercato di ottimizzare in beuta la composizione del terreno di produzione (concentrazione dell'olio di oliva, effetto del glucosio, aggiunta di surfactanti e di vari fattori di crescita) e di valutare in via preliminare l'effetto sulla crescita cellulare e sull'attività di alcune condizioni colturali quali velocità di agitazione e aerazione. La migliore composizione del terreno di produzione si è confermata essere quella contenente 3 g/l di olio di oliva, 2,4 g/l di NH4Cl e 0,5 g/l di estratto di lievito, senza l'aggiunta di glucosio e Tween 80. Inoltre, con lo scopo di valutare la fattibilità tecnica di un trasferimento di scala del bioprocesso e approfondire la messa a punto del processo fermentativo sono stati condotti una serie di esperimenti in bioreattore da banco ad agitazione meccanica (STR). In particolare, utilizzando il terreno a base di AV ottimizzato, si è cercato di ottimizzare alcuni parametri quali pH, velocità di agitazione e aerazione. Per quanto riguarda l'effetto della velocità di agitazione e dell'aerazione sulla produzione enzimatica, sono state prese in esame tre velocità di agitazione (300, 500 e 700 giri/min), mantenute fisse durante tutta la fermentazione, e in più è stato condotto un esperimento in cui si è cercato di mantenere la concentrazione dell'ossigeno disciolto nel mezzo superiore al 20% di saturazione facendo variare la velocità di agitazione tra 300 e 800 giri/min. Mentre per valutare l'effetto del pH, sono stati condotti degli esperimenti a pH 6,5 fisso confrontando la produzione con quella ottenuta a pH libero e a pH mantenuto inferiore a 6,5. La massima produzione di lipasi da C. cylindracea è stata ottenuta in bioreattore lavorando a pH libero e ad una velocità di agitazione costante di 500 giri/min (18,50 U/ml) o ad una velocità di agitazione variabile tra 300 e 800 giri/min in modo da assicurare un valore di ossigeno disciolto nel brodo superiore al 20% di saturazione (18,70 U/ml); in quest'ultimo caso, inoltre, la comparsa del picco massimo è stata anticipata nel tempo favorendo così la produttività oraria del bioprocesso. Per quanto riguarda i reattori a 300 e 700 giri/min, la produzione enzimatica è stata di 2,54 e 11,65 U/ml, rispettivamente. Infine, messo a punto il bioprocesso di produzione della lipasi da C. cylindracea coltivata su un terreno a base di AV, si è cercato di identificare il profilo enzimatico del campione grezzo così ottenuto, dal momento che, come è noto dalla letteratura, questo lievito è in grado di produrre fino a sette isoforme ad attività lipolitica. A tale scopo sono stati condotti degli esperimenti di isoelettrofocalizzazione (IEF) analitica. Nel gel sono stati caricati un campione di lipasi commerciale (Tipo VII, Sigma) e due campioni grezzi ottenuti da C. cylindracea coltivata sul terreno a base di AV, prelevati a due tempi fermentativi diversi e corrispondenti ai due picchi di attività lipolitica raggiunti durante le prove in STR (I° e II° picco di massima attività, 48esima e 192esima ora, rispettivamente). Dai risultati ottenuti, è stato osservato che il campione grezzo era costituito da più isoenzimi con attività lipolitica e che il profilo isoenzimatico aveva una sola banda in comune con quello della lipasi commerciale (Typo VII, Sigma) a cui è stato assegnato pI 4,7. Per quanto riguarda il campione prelevato alla 48esima ora, sono state osservate anche una banda piuttosto intensa a pI 5,1 e una tripletta di bande più deboli a pIs di 5,06, 5,0 e 4,9. Durante la fermentazione il profilo isoenzimatico del campione aveva subito delle modifiche: infatti, alla 192esima ora, le bande a pIs 5,1, 5,0 e 4,9 erano scomparse, mentre era comparsa una banda di attività intensa a cui è stato assegnato un pI di 4,5. Infine, in entrambi i campioni grezzi è stata rilevata una banda tenue a pI 3,8. In conclusione, i buoni livelli di attività enzimatica raggiunti dimostrano la fattibilità tecnica di un processo fermentativo finalizzato alla valorizzazione dei reflui oleari mediante la produzione di lipasi, che può avere promettenti utilizzi in varie applicazioni industriali. Comunque, ulteriori fasi di scale-up del processo sono ancora necessarie al fine di poter effettuare una valutazione sulla fattibilità economica del processo. ; The olive mill wastewater (OMW) disposal is, currently, one of the main environmental problems in all olive-oil producing countries, especially in the Mediterranean area. In fact, for its high organic load, phenolic fraction with phytotoxic effects and antimicrobial activity, the OMW is a highly polluted agro-industrial effluent. The biological treatment can be very difficult since solid residues, high organic load and phenols may strongly reduce the depuration efficiency. Consequently, a possible process should include several technological options, physical, chemical and biological, as well as combinations thereof, thus resulting in increased process costs. At the moment, the Italian legislation allows land spreading of untreated olive mill wastewater that is the best economical solution. Application on agriculture soils is a practice which solves partially the problem of OMW disposal. Positive and negative effects on soil composition and fertility are still under study, so that OMW application must be strictly controlled. Land spreading, in fact, may cause serious negative environmental impact regarding, for instance, groundwater contamination. In the last years, alternative solutions have been proposed in view of the use this waste as a source of valuable compounds. Several recent research studies have reported the possibility of OMW valorization to obtain products of actual or potential industrial interest. The presence in OMW of a wide range of biomolecules such as organic acids, polyalcohols, simple and complex sugars and lipids makes it a potential basis for fermentation processes. In this way, OMW could be a putative candidate as a potentially suitable liquid growth medium for the production of microbial lipases by virtue of its residual lipid content. For these reasons, the objective of the present PhD thesis was to assess the suitability of OMW as growth medium for the production of lipases and to set up a related fermentation process that might lead, at the same time, to a low polluting load final effluent. A large number of microbial strains have been screened for lipase production belonging to several fungal genera, Candida and Penicillium in particular. In literature, numerous methods for lipolytic enzyme production are published and medium composition and cultural conditions have been fully optimised. Neverthless, the most frequently used medium is a chemical defined and complex one, significantly affecting the final product costs. Besides, in the last years, a whole range of microbial lipase preparations has been developed. Sigma, Amano, Roche, Novo Nordisk, etc., provide lipolytic preparations with various compositions and catalytic proprierties employed in areas such as detergent pharmaucetic and food industries and biodiesel production. Our innovative approach consists in the trial of producing microbial lipases using an agroindustrial-waste based medium. Our basic idea, in fact, was that of developing a low cost production medium. Firstly, 12 fungal strains belonging to well-known lypolytic species (Geotrichum candidum, NRRL 552, 553; Rhizopus sp, ISRIM 383; Rhizopus arrhizus, NRRL 2286; Rhizopus oryzae, NRRL 6431; Aspergillus oryzae, NRRL 1988, 495; Aspergillus niger, NRRL 334; Candida cylindracea, NRRL Y-17506; Penicillium citrinum, NRRL 1841, 3754, ISRIM 118) were screened for their ability to grow on undiluited OMW and to produce extracellular lipase activity. The highest lipase productions were obtained under non-optimized conditions after 168 h with Geotrichum candidum NRRL 553 (0.521 U/ml) and Candida cylindracea (0.460 U/ml). Interesting production levels were also achieved after 72 h with strains of Penicillium citrinum (0.365, 0.320 and 0.375 U/ml for NRRL 1841, NRRL 3754 and ISRIM 118, respectively). These strains were then selected to study the effect of culture conditions, such as OMW typology, nitrogen sources and inducers, on the enzyme production. With regard to the lipase production by P. citrinum NRRL 1841, the enzyme activity was significantly influenced by nitrogen addition; on the other hand, the addition of oils resulted in a marked increase in biomass without affecting, however, lipase production. Lipase production by C. cylindracea NRRL Y-17506 was significatly favored by ammonium salts and oil addition. This strain growth in OMW medium containing ammonium chloride and olive oil led to an activity peak of 9.48 U/ml after 264 hours of fermentation. In order to optimise lipase production by P. citrinum in OMW-based medium, the combined effect of three variables (i.e, concentration of NH4Cl, yeast extract and initial pH) was assessed using a multi-factorial design with 'optimizer' function of 'Modde 5.0' program. The optimised combination by the model was as follows: pH 6.15, 2.7 g/l NH4Cl e 1.1 g/l extract yeast. The maximum lipase activity was 1.242 U/ml after 192 hour of fermentation. To gain information on the possible up-scaling of the process, further experiments were performed in 3-l laboratory-scale reactors. Specifically, pneumatically agitated (Airlift) and mechanically agitated (STR) reactors were employed using the optimised OMW-based medium. In both cases, the extracellular lipase peaked 192 h after inoculation. Howewer, the maximum activity was significatly higher in STR with respect to the Airlift (0.700 vs 0.420 U/ml, respectively). Of all strains, C. cylindracea appeared to be particularly interesting and was, therefore, used as the model microorganism to further investigate the feasibility of an OMW substrate. Firstly, the optimisation of medium composition was assessed in shaken cultures. In particular, the effects on the lipase production of olive oil concentration (1, 3, 5 e 10 g/l), glucose (5 g/l), Tween 80 (0,5 g/l) and several growth nutrients (yeast extract, malt extract and peptone) addition were studied. The best medium composition was as follows: diluited OMW (1:2), olive oil 3 g/l, NH4Cl 2.4 g/l and yeast extract 0.5 g/l. The glucose and Tween 80 addition negatively affected the production of lipolytic enzyme. Lipase production by C. cylindracea on OMW-optimized medium was subsequently assessed in mechanically agitated bioreactor (STR). To study the agitation influence on enzyme production, a set of experiments was carried out at three impeller speed, 300, 500 and 700 rpm; moreover, an additional experiment was carried out at dissolved oxygen DO > 20% saturation (agitation speed automatically controlled between 300 and 800 rpm). To evaluate the effect of pH, three conditions were compared: free pH; fixed pH (6.5) maintained constant by addition of HCl 4.0 M and NaOH 4.0 M; pH lower than 6.5 controlled with addition of HCl 4.0 M. The maximum lipase productions were obtained with the pH left free to vary, 500 rpm costant agitation speed (18.5 U/ml) and variable agitation speed between 300 and 800 rpm to ensure a dissolved oxygen value upper to 20% (18.7 U/ml); in the latter thesis the onset of enzyme activity was anticipated thus leading to increased bioprocess productivity. At 300 e 700 rpm agitation speed, the maximum lipase productions were 2.54 and 11.65 U/ml, respectively. Finally, to set up the bioprocess of lipase production by C. Cylindracea grown on OMW-based medium, the isoenzymatic profiles of the raw sample was evaluated. This aspect appears to be very interesting since it is known that commercial C. rugosa lipase is a mixture of 3 isoenzymes namenly Lip 1, Lip2 and Lip 3 but the yeast is able to produce up to seven different isoenzymes (Lip 1-Lip 7). Moreover isoenzymatic profiles can depend on media composition and fermentation conditions. With this aim, a set of analitycal isoelectrofocusing experiments were carried out. In the gels, a sample of commercial lipase (Type VII, Sigma) and two raw samples of lipase by C. cylindracea grown on OMW-optimized medium and corresponding to two lipolytic activity peaks (1st and 2nd peak, 48esime and 192esime hour of fermentation, respectively) obtained in STR, were loaded. The results suggest that the raw samples were constituted of more lipolytic isoenzymes with the isoenzymatic profile having only one band in common with that of the commercial lipase (assigned pI 4.7). The sample corresponding to the 1st activity peak showed a strong band at pI 5.1 and a triplette of weak bands at pIs 5.06, 5.0 e 4.9. Moreover, the isoenzymatic profiles changed during fermentation; in fact, the bands at pIs 5.1, 5.0 and 4.9 disappeared and a new strong band at pI 4.5 formed. Finally, in both raw samples a band at pI 3.8 was observed. OMWs valorisation by its use as growth medium for lipase production by C. cylindracea NRRL Y-17506 and P. citrinum NRRL 1841 appears to be possible and promising. Moreover, the investigation for further up-scaling is need to evaluate the economic fattibility of the bioprocess.
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