In the translation of the Chronicon of Eusebius of Caesarea, St. Jerome firmly lists all the heretics and the heresies which – with the complicity of struggles for political power – affected Christianity, causing a sort of internal "martyrdom" for those defending faith. Donatists, Arianists, Macedonians, Anomoeans, Aetians, Audians, Photinians: none escapes the translation and judgement of the Great Dalmatian, who sometimes – impelled by the concise writing style of a chronicle – expresses his own judgement on heretics and their supporters with a single harsh qualification, failing to provide wider evaluations. The fights for the truth invested even the Synods of Rimini and Seleucia, but his concise and keen exposition of the events provides to the reader the information on the facts as well as on the political interference of many decisions, which were not prompted by religious motivations. Once again, an overview of the events presented in his Chronicon – through his "translation" and "tradition" – confirms how divisions and problems within the Church in the past centuries were caused by external motives, as well as often spoiled by the political events and took advantage of the frailty of the human nature, rather than aiming at seeking the truth. ; Kontynuując Chronicon Euzebiusza z Cezarei, wśród wielu innych postaci św. Hieronim wymienia także błędnowierców i odszczepieńców IV w. Wskazuje przy tym częstokroć na ich związki z walką polityczną i władzą świecką, która w owym czasie nękała prawowiernych chrześcijan, czyniąc z nich swoistych "męczenników". Donatyści, arianie, macedonianie (duchobórcy), eunomianie, aecjanie, audianie, fotynianie nie uniknęli surowej oceny wielkiego Ojca Kościoła, który niekiedy – ograniczony swoistym, krótkim stylem samej Kroniki – nawet poprzez jeden jedyny przymiotnik wyraża całą swoją krytykę i dezaprobatę względem błędnowierców oraz tych, którzy ich wspierali i im schlebiali. Nieustanne walki o czystość wiary nie zawsze kończyły się zwycięstwem, jak to widać np. w ...
This item is part of the Political & Rights Issues & Social Movements (PRISM) digital collection, a collaborative initiative between Florida Atlantic University and University of Central Florida in the Publication of Archival, Library & Museum Materials (PALMM).
Applicazione del St. Gallen Model for Destination Management alla realtà comunale di Fabbriche di Vergemoli, un piccolo comune in provincia di Lucca, Toscana, Italia.
Introduzione Oggetto di studio di questo lavoro è il tema della rappresentanza sindacale dei lavoratori in azienda. Il centro gravitazionale attorno a cui ruota tutta l'analisi che segue è costituito dall'art. 19 della l. 300/1970, nota come "statuto dei lavoratori", che rappresenta ad oggi l'unico riferimento normativo in materia (quantomeno nel settore privato): si tratta di un argomento di ampio respiro, che ben può essere considerato l'anima del diritto sindacale. Ripercorrendo le varie fasi evolutive della rappresentanza all'interno della realtà aziendale, convergeremo poi la nostra attenzione sulle innate problematiche strutturali dell'art. 19 st. lav. e sulle molteplici dinamiche conflittuali ad esso conseguenti. Procedendo come dichiarato, si cercherà di fornire un quadro quanto più esaustivo della citata normativa alla luce dei principali interventi giurisprudenziali e degli ultimi eventi che hanno particolarmente interessato il panorama delle relazioni industriali. Nello specifico, noteremo come la prolungata assenza di un (nuovo) intervento regolativo da parte del legislatore abbia contribuito a discostare sempre più l'applicazione pratica della norma in questione dalla sua originaria ratio legis: misurare la rappresentatività delle varie oo.ss., per poi garantire l'accesso al Titolo III dello statuto soltanto a quelle risultanti più "meritevoli". Il discorso è ovviamente più articolato, ma in pratica si permetteva al datore di lavoro di selezionare direttamente specifici sindacati senza una (preventiva) verifica della loro effettiva consistenza. Il parametro selettivo di cui all'art. 19 st. lav., pertanto, risultava configurabile non tanto come indice "rilevatore" di rappresentatività, ma piuttosto quale meccanismo "rivelatore" di questa: considerato quanto detto, infatti, le oo.ss. che riuscivano a costituire una propria RSA finivano per essere ritenute solo "presuntivamente" più rappresentative. Saranno poi esaminate le varie interpretazioni che nel corso degli anni hanno tentato di conciliare l'aspetto della rappresentanza con quello della rappresentatività, il cui rapporto conflittuale ha finito per dilaniare dall'interno lo stesso art. 19 st. lav. . Particolare attenzione, quindi, sarà riservata alla disamina del "caso Fiat" e all'ultima pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 231/2013) che, cronologicamente, si pone a chiusura della vicenda: si tratta di una sentenza che per la portata del suo contenuto si può assumere come "storica". Nel terzo capitolo andremo ad approfondire un ulteriore aspetto: noteremo come le citate problematicità della norma in questione non esauriscano i loro effetti destabilizzanti all'interno dell'ordinamento generale, ma investano indirettamente anche quello intersindacale. In entrambi i contesti, infatti, viene fortemente avvertita la mancanza di un oggettivo "criterio selettivo della rappresentatività sindacale ai fini del riconoscimento della tutela privilegiata di cui al Titolo III dello statuto" : nonostante a seguito del referendum del 1995 la condicio sine qua non della "firma" premiasse l'effettività dell'azione sindacale, fondamentalmente non ci si discostava da quell'ordine di idee incentrato sulla "supposizione" della rappresentatività (deducibile, ex post, dalla firma stessa) piuttosto che su di una sua più concreta (e quindi più effettiva) misurazione. Ponendo l'accento sull'estrema delicatezza della questione, quindi, si indagheranno i vari interventi di natura sindacale con cui si è cercato di contenere una situazione resa ancora più complicata dall'emanazione del d.l. 138/2011 : si parla dell'Accordo Interconfederale del 28 giungi 2011, del Protocollo d'Intesa del 31 maggio 2013e, da ultimo, del nuovo Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014. Benché la disciplina in essi contenuta sia sostanzialmente rivolta a regolamentare vari aspetti della contrattazione collettiva intro ed extra aziendale, è infatti possibile intravedere un "percorso di soluzione" intrapreso dalle parte sociali per quanto riguarda il problema della rappresentanza: una sorta di "surrogato convenzionale" dell'inattività normativa. Una ricostruzione avvalorata dal fatto che l'ultimo Accordo citato, risolvendo gran parte di quelle problematiche che avevano congelato per anni i rapporti intersindacali, simboleggia la conclusione di questo percorso. Questa particolare impostazione ci permette di cogliere un vero e proprio cambio di prospettiva nell'approccio all'art. 19 st. lav. conseguente alla citata modifica referendaria: tutto ciò derivava dalla necessità di trovare un'alternativa per la costituzione di RSA data l'impraticabilità della "via ordinaria" basata esclusivamente sull'imprescindibile requisito della firma che, di fatto, non lasciava spazio alla rappresentatività effettiva di un sindacato. Preso atto che costituire una RSA non era più il punto di partenza da cui un sindacato "maggiormente rappresentativo" sarebbe dovuto partire per poter poi stipulare un contratto, bensì il traguardo da raggiungere per il tramite della firma stessa, l'unica soluzione resta(va) quella di sfruttare la citata "componente contrattuale" della norma per far valere la loro effettiva rappresentatività . Senza qui aggiungere altro, basti precisare che si tratta di un'argomentazione che viene corroborata da alcune importanti teorie: più specificamente si fa riferimento a quella parte della dottrina che dal recepimento dell'A.I. del 2011 da parte dell'art. 8 del d.l. 138/2011 sostiene di poter evincere quel valido criterio oggettivo (per di più di generale efficacia) in grado di supplire all'inefficacia dell'art. 19 st. lav. . Pare necessario fin da ora, però, anticipare una considerazione riguardo alla validità della "soluzione" appena prospetta. Sebbene da un punto di vista logico si tratti di una ricostruzione che può effettivamente essere ritenuta pertinente, confermando la possibilità di intravedere negli Accordi citati qualcosa di più di "semplici" riferimenti alla disciplina contrattuale, incontra però un limite essenziale: aver elaborato un risultato "pratico" (rectius di pratica applicabilità) portando a termine un ragionamento che, per quanto razionale, restava sempre (e solo!) di natura strettamente logica . Nonostante fosse già possibile ipotizzare la praticabilità di un percorso che avrebbe condotto, poi, alla decodificazione di un nuovo oggettivo parametro selettivo, al momento, infatti, gli Accordi facevano espresso riferimento a una rappresentatività puramente "negoziale" (rectius ai fini dell'ammissione alla contrattazione collettiva nazionale), risultando ogni interpretazione diversa un chiaro tentativo di "forzare la mano" (comunque sia, ciò non toglie che gli Accordi citati possono essere letti sotto questa lente d'ingrandimento). In conclusione, poi, si cercherà di fare il punto della situazione chiedendosi se la sentenza costituzionale n. 231/2013 abbia potuto finalmente mettere la parola "fine" a questa lunga e travagliata vicenda che ha interessato la rappresentanza dei lavoratori in azienda. In particolar modo si procederà analizzando quelli che sono stati gli effetti indiretti della sentenza: l'aver modificato sensibilmente lo stutus quo ante su cui le parti sociali avevano fatto legittimo affidamento durante la stipulazione dell'ultimo Accordo Interconfederale (al tempo, quello del 2013), ha, infatti, avuto delle ricadute sullo stesso. D'altro canto, però, in un certo senso possiamo dire che questo abbia contribuito alla rapida stesura del nuovo Testo Unico del 10 gennaio 2014: vedremo che, al pari della sentenza 231/2013 della Consulta, anche il citato Testo Unico rappresenta una svolta di portata storica. Finalmente un'o.s. che vanti un (pre)determinato consenso tra i lavoratori potrà validamente costituire una propria RSA e accedere ai diritti del Titolo III senza essere condizionata da qual si voglia vincolo esterno (i.e. la firma). Tuttavia, tralasciando per il momento le ulteriori argomentazioni a riguardo, dobbiamo ritenere negativo l'esito della domanda formulata: è bene ricordare, infatti, che quanto espresso dall'ultimo Accordo citato può valere esclusivamente entro i confini dell'ordinamento intersindacale. L'art. 19 st. lav., dunque, resta inefficace filtro selettivo nonostante l'intervento della sentenza n. 231/2013 che finisce per essere più un "palliativo" che una vera e propria cura per i suoi "mali": come ci tiene a ricordare la Corte stessa, infatti, affinché la soluzione ottimale raggiunta in ambito sindacale possa pienamente considerarsi definitiva, occorre inesorabilmente un intervento del legislatore che, ad oggi, quantomeno recepisca all'interno dell'ordinamento civile quanto appena fatto in quello intersindacale. Non resta che aspettare e, nel frattempo, godersi questo importantissimo risultato che restituisce dignità a un art. 19 st. lav. stravolto nel suo reale significato e rispetto a tutte quelle oo.ss. alle quali era stata negata la propria rappresentatività.
Negli ultimi anni, il turismo giovanile ha confermato avere un ruolo rilevante nel settore nel turismo, continuando a crescere a livelli di numeri e diventando una fonte di reddito non più trascurabile. Tra gli stati mondiali, l'Italia è risultata rimanere indietro rispetto i competitors, non investendo a sufficienza in questo segmento turistico. Questa tesi verte a studiare ed analizzare la situazione attuale del Backpacking, frammento del segmento di turismo giovanile caratterizzato dal desiderio di ricerca di nuove esperienze autentiche, di lunga durata e a basso costo, a Genova, una delle più importanti città del panorama italiano dove si sono registrati aumenti nei numeri del turismo. Questo è stato possibile tramite l'approccio innovativo del St Gallen Model per il Destination Management che discosta dal modello tradizionale per una differente definizione della destinazione e una diversa pianificazione partecipativa. Basandosi sulla logica e sull'analisi della domanda, principi fondamentali del Destination Management, sono state condotte interviste ad informatori e viaggiatori presenti negli ostelli più importanti di Genova. I risultati ottenuti hanno permesso di definire e tracciare diversi flussi di Backpackers nell'area geografica del capoluogo Ligure. Da un'analisi approfondita, si è riscontrata una tendenza dei viaggiatori a scegliere Genova a causa della sua posizione geografica strategica nel Nord Italia e di un'ottima offerta di servizi "Low Cost". Sebbene le motivazioni della scelta della meta siano indipendenti dal desiderio stesso di visitare la città, gli intervistati hanno sottolineato più volte quanto siano rimasti piacevolmente stupiti dalle bellezze sia naturalistiche che architettoniche, dall'importanza storica e dall'anima di questa antica città, dimostrando tutto il suo potenziale inespresso verso questo segmento turistico. L'indagine ha anche permesso di individuare le debolezze della città sul segmento. Le critiche formulate dai Backpackers si sono, però, rivelate essere problemi di gestione della città stessa. Essi hanno rimarcato la mancanza di pulizia, scarsa illuminazione e un trasporto notturno non adeguato al bacino di utenza. Mentre altre problematiche sono risultate essere dovute alla totale assenza d'interesse da parte della DMO, indizio di un sistema informativo obsoleto ed inadatto allo sviluppo del turismo giovanile. Nowadays, the Youth Tourism confirmed to play a relevant role in the tourism sector, with its numbers that keep increasing and becoming a considerable economic resource. Between all the states, Italy resulted to be one step back compared to the competitors, due to the fact that the country does not invest enough money on this touristic segment. This thesis relies on studying and analysing the actual situation of the Backpacking, sub-segment of the Youth Toursim characterised by the will of new authentic experiences, long term trip and low budget, in Genova, one of the most important cities in the Italian panorama where increases in tourism have been recorded. This has been possible thank to the innovative approach of the St Gallen Model for Destination Management that deviates from the traditional model for a new destination definition and a different participative planning. Based on the fundamental principles of the Destination Management, logic and the demand analysis, interviews have been carried on to informants and travellers in the most important hostels in Genova. The resulted obtained allowed to define and trace different Backpacker flows on the geographic area of the Liguria's regional capital. After a further deeper analysis, it has been individuated an inclination for the travellers to choose Genova cause of its strategic geographical position in the North of Italy and a good offer of Low Cost services. Although the reasons for choosing Genova were independent from the will to visit the city, the interviewed pointed out many times how much they have been surprised by the naturalistic and architectonic beauties, the historical importance and the soul of this ancient city, demonstrating all the unexpressed potential forward this touristic segment. Furthermore, the survey permitted to individuate the city weaknesses on the sector. The criticises underlined by the Backpackers revealed to be regarding the management of the city. They highlighted a lack of cleanness, poor lighting and an insufficient night public transport considering the amount of users. Whereas, other issues resulted to be directly due to the lack of commitment of the DMO, proof of an obsolete information system and inappropriate Youth Tourism development.
Following a stratigraphic approach, the research mainly focuses on the identification and the analysis of military signs inside the St. Elia promontory in Cagliari. The whole city, being an ancient coastal stronghold, is highly stratified with defensive structures belonging from a wide chronological range (from 11th to 20th century), but in St. Elia and St. Bartolomeo hills there is a really impressive density of military areas, a large part of them still in use. After a detailed inventory of military historical preexistence, the study pieces together the vulnerable mosaic of defensive remains, reconnecting the traces of the several defensive phases, depending on the several changes in the Mediterranean political background. This knowledge and interpretation of the stratigraphy have been the starting point for the proposal of a masterplan for the enhancement of the military identity of the site, through the design of an archaeological military park. The study was intended as an additional action, complementary to the other strategies already ongoing, promoted by the municipality, but actually ignoring the defensive pre-existence. The designed park has its main core in the restored ruin of St. Ignazio Fort, but all the other historical assets find new cultural functions. The reuse also considers the dual use option, as it is for the Ederle barracks. A new accessibility is also suggested, directly from the Lazzaretto Museum and the DI.CA.T. battery, with an elevator in order to make St. Ignazio Fort finally globally accessible for cultural and music events.