The Republic of Venice is a significant presence in the Gregorio Leti's (1630-1701) provocative editorial practices. The connection with Venice is central in his personal network and in his informal activity as a political informer. Moreover, Venice is linked to his editorial commitment. The reference to Venice, however, characterizes Leti also as an author. In his historical and political writings, the praise of Venice is inspired by the traditional themes of the political 'myth' of Venice. The eulogy of the Serenissima nevertheless functions as an apparent framework of reference, crossed by dissonances and anomalies. In this perspective, his analysis of the religious dynamics within the Venetian society and of the historical relations between Venice and the papacy is very significant. This paper debates the dissident issues of Leti's historiography focusing on the polemical analogies between Venice and Geneva in Leti's representation of Venetian 'freedom' as a specific modality of the anti-Roman 'heresy'.
L'articolo ricostruisce la storia dei test di intelligenza con il fine di evidenziare alcune analogie presenti fra le prove INVALSI e i test intellettivi. Nonostante tali prove INVALSI siano state costruite solamente negli ultimi anni, nell'articolo si dimostra come tali prove siano sorprendentemente la riproposizione dei classici test intellettivi che, così come le prove INVALSI, nacquero per opera di psicologi chiamati ad operare sul piano politico al fine di utilizzare la valutazione per "migliorare" l'organizzazione scolastica. L'autore mettendo in luce sotto il profilo storiografico tali analogie, mette in guardia gli psicologi contemporanei rispetto agli errori metodologici già commessi proprio alle origini della storia dei test intellettivi quando furono utilizzati nella valutazione dell'apprendimento e per la riorganizzazione della scuola pubblica. ; The article reconstructs the history of intelligence tests in order to highlight some of the similarities between INVALSI trials and intellectual tests. Although these INVALSI tests have been built only in recent years, the article demonstrates how such evidence is surprisingly the replication of the classic intellectual tests that, like INVALSI tests, were born by psychologists called to work politically in order to Use the evaluation to "improve" the school organization. The author, by stating historical similarities, warns contemporary psychologists of the methodological mistakes already made to the very origins of the history of intellectual testing when used in the assessment of learning and for the reorganization of the public school.
Nella tesi vengono indagate le forme di vita religiosa dei corpi militari in servizio a Roma in età imperiale (coorti pretorie, statores, equites singulares Augusti, frumentarii, coorti dei vigili, coorti urbane, distaccamenti delle flotte) partendo da un riesame di tutta la documentazione epigrafica disponibile. La prima parte è dedicata ad un'attenta analisi storico-religiosa delle singole milizie, mentre negli ultimi capitoli vengono proposti un repertorio generale dei culti militari, un inquadramento topografico delle iscrizioni votive, un'analisi delle relazioni sociali sul piano religioso e infine un'analisi dei rapporti tra le datazioni epigrafiche e il calendario militare. Lo studio nel suo complesso permette di mettere in luce le analogie e differenze esistenti tra popolazione militare e popolazione civile nell'approccio alla sfera del sacro, sottolineando comunque le particolarità dei singoli corpi militari rispetto agli altri. ; The thesis investigates the forms of religious life of the military corps serving in Rome in the Imperial Age (cohortes praetoriae, statores, equites singulares Augusti, frumentarii, cohortes vigilum, cohortes urbanae, fleet detachments), starting from a review of all the available epigraphic documentation. The first part is dedicated to a careful historical and religious analysis of each corps. Whereas the last chapters propose a general repertoire of military cults, a topographical framework of votive inscriptions, an analysis of the social relations on the religious level and lastly an analysis of the relationships between the epigraphic dating and the military calendar. The study as a whole makes it possible to highlight the similarities and differences between the military population and the civilian population in the approach to the sphere of the sacred, while underlining the particularities of each military corps compared to the others.
Considering Umberto Eco's articles and novels, the paper will examine the imaginary of the Middle Age as the cradle of every kind of millenarianism. The analysis will start from Eco's essay Palinsesto su Beato (1963). Looking at the originality of his structuralist view, I will compare the last editing of this text with a bibliographical framework about the role of the Apocalypse of St. John in the Western tradition. The first reference will be the genealogical thesis of Karl Löwith, who in Meaning in History (1949) affirmed that the modern philosophies of history have the same eschatological aim of the Christian culture. The second comparison will be with a portrait of the medieval heresiarch Fra Dolcino. In this case, I will consider the perspective of the socialist philosopher Antonio Labriola, who elaborated it at the end of the XIX Century to distinguish the scientific applications of historical materialism from his eschatological misinterpretations. These two opposite references will drive me to problematize the representation of millenarianism as it was depicted by Umberto Eco in his The Name of the Rose (1980). Indeed, is Dulcinian millenarianism intended by the novel as a prefiguration of the political terrorism in Italy during the Years of Lead? Or is this only a wink, a joking interaction with the reader, who should be careful to rely not on the symbolic strength of analogies? ; A partire dalla produzione saggistica e letteraria di Umberto Eco, l'articolo analizzerà l'immaginario del Medioevo inteso come culla di ogni genere di millenarismo. La trattazione prenderà avvio dal suo saggio Palinsesto su Beato (1963); tenendo conto dell'originalità della prospettiva strutturalista di Eco, si confronterà l'ultima riedizione di questo scritto con un quadro bibliografico sul ruolo dell'Apocalisse di San Giovanni in seno alla tradizione occidentale. Il primo riferimento sarà la tesi genealogica di Karl Löwith, il quale nel suo Significato e fine della storia (1949) affermò che le moderne filosofie della storia ...
Tra i decenni finali del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, Bologna offre interessanti esempi dell'uso di iconografie e simboli desunti dall'antichità romana. Di questo repertorio figurativo si servirono in primo luogo le autorità che esercitarono un dominio sulla città, cioè Giovanni II Bentivoglio, all'epoca della sua signoria, e il papa, quando Bologna tornò sotto il governo pontificio. Ma esso fu impiegato anche per rendere omaggio alle autorità "ospiti" che, in seguito alle vicende storiche del periodo, visitarono Bologna in quegli anni: il re di Francia Francesco I e Carlo V, il quale fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero in questa città. Nel modo in cui, di volta in volta, furono utilizzati apparati simbolici derivati dal repertorio iconografico di Roma antica si possono rilevare più analogie che differenze, come se si trattasse di un codice visivo sostanzialmente condiviso. Di questo atteggiamento i monumenti e le cerimonie pubbliche offrono gli esempi più significativi. ; Between the last decades of the Fifteenth and the beginning of the Sixteenth century, Bologna offers interesting examples of employment of iconographies and symbols derived from Roman antiquity. Firstly this figurative repertoire was used by the authorities having political control over the town, i.e. Giovanni II Bentivoglio, in the time of his rule, and the pope, when Bologna returned under papal government. But it was used as well to honour the "guest" authorities who, following the historical events of the period, visited Bologna in those years: king Francis I of France and Charles V, who was crowned Emperor of the Holy Roman Empire in this town. As symbolic equipments derived from the iconographic fund of ancient Rome were each time used, we can observe more similarities than differences, as if it was a visual code substantially shared. Monuments and public ceremonies show the most significant examples of this attitude.
Parlando di monacazione forzata ci si riferisce al fenomeno storico relativo alla violenza esercitata sulle ragazze nel momento in cui esse venivano destinate al chiostro contro la loro volontà. Le ragioni di tale atto sono riconducibili ai meccanismi familiari in ambito di politica matrimoniale, laddove i genitori preferivano risparmiare l'esborso dotale per salvaguardare la trasmissione del patrimonio. Dopo il Concilio di Trento e l'introduzione della clausura, che rese la condizione delle forzate drammatica, si è sviluppato in letteratura un fil rouge di testi che si sono fatti testimoni di questo abuso discutendolo, constatandone le cause socioeconomiche e trasformando in narrazione tante delle vicende cronachistiche che venivano fuori dalla storia. In questo elaborato viene perciò proposto un approfondimento dettagliato delle dinamiche sociali e culturali che caratterizzavano il sistema forzatorio e poi vengono ricostruiti i legami che hanno fatto sì che sul tema si sviluppasse una vera e propria tradizione interstestuale sparsa tra Italia, Francia, Regno Unito e Stati Uniti nei secoli tra il XVII e il XXI. Del tema viene poi fornita un'interpretazione generale sul piano delle analogie di sviluppo nelle dinamiche d'azione dei vari intrighi e delle relazioni di conflitto tra il pattern di personaggi che continua sistematicamente a ricomparire. Tale operazione è condotta attraverso l'utilizzo di alcune chiavi di lettura estrapolate dalla ricerca stessa e volte a evidenziare la problematica sottesa al tema principale: la concezione sociale e civile della donna nella società occidentale in riferimento alle aree geografico-linguistiche in questione. ; Forced monastic vows refers to the historical phenomenon concerning the violence perpetrated against girls assigned to the convent against their will. The reasons behind such an action originate in marriage family policies: parents wanted to spare the amount of marriage dowry in order to save their family net worth. After the Council of Trent and the introduction of seclusion, when forced nuns' conditions turned tragic, literature developed a tradition of texts in order to discuss this mistreatment and investigate on its socioeconomic causes. The result was the transformation of many of historical sources of this kind in narrative material. Therefore, this thesis intends to explore the social and cultural dynamics which typified the forcing system and the intertextual texture that enabled a truly literary tradition in Italy, France, UK and USA from the 17th to 21th centuries. We also provide a general interpretation of the main similarities between the plots of these texts. focusing on various intrigues' action dynamics and on conflict relationships between characters pattern which tends to appear systematically in this tradition. Research work furnished interpretation keys used as a tool to highlight in the final part of the thesis the main hidden issue in this literary front: woman's social and civil position in the examined geographical and linguistic areas and, in wider terms, in Western civilization.
This study concerns the representation of space in Caribbean literature, both francophone and Anglophone and, in particular, but not only, in the martinican literature, in the works of the authors born in the island. The analysis focus on the second half of the last century, a period in which the martinican production of novels and romances increased considerably, and where the representation and the rule of space had a relevant place. So, the thesis explores the literary modalities of this representation. The work is constituted of 5 chapters and the critical and methodological approaches are both of an analytical and comparative type. The first chapter "The caribbean space: geography, history and society" presents the geographic context, through an analysis of the historical and political major events occurred in the Caribbean archipelago, in particular of the French Antilles, from the first colonization until the départementalisation. The first paragraph "The colonized space: historical-political excursus" the explores the history of the European colonization that marked forever the theatre of the relationship between Europe, Africa and the New World. This social situation take a long and complex process of "Re-appropriation and renegotiation of the space", (second paragraph) always the space of the Other, that interest both the Antillean society and the writers' universe. So, a series of questions take place in the third paragraph "Landscape and identity": what is the function of space in the process of identity construction? What are the literary forms and representations of space in the Caribbean context? Could the writing be a tool of cultural identity definition, both individual and collective? The second chapter "The literary representation of the Antillean space" is a methodological analysis of the notions of literary space and descriptive gender. The first paragraph "The literary space of and in the novel" is an excursus of the theory of such critics like Blanchot, Bachelard, Genette and Greimas, and in particular the recent innovation of the 20th century; the second one "Space of the Antilles, space of the writing" is an attempt to apply this theory to the Antillean literary space. Finally the last paragraph "Signs on the page: the symbolic places of the antillean novel landscape" presents an inventory of the most recurrent antillean places (mornes, ravines, traces, cachots, En-ville,…), symbols of the history and the past, described in literary works, but according to new modalities of representation. The third chapter, the core of the thesis, "Re-drawing the map of the French Antilles" focused the study of space representation on francophone literature, in particular on a selected works of four martinican writers, like Roland Brival, Édouard Glissant, Patrick Chamoiseau and Raphaël Confiant. Through this section, a spatial evolution comes out step by step, from the first to the second paragraph, whose titles are linked together "The novel space evolution: from the forest of the morne… to the jungle of the ville". The virgin and uncontaminated space of the Antilles, prior to the colonisation, where the Indios lived in harmony with the nature, find a representation in both works of Brival (Le sang du roucou, Le dernier des Aloukous) and of Glissant (Le Quatrième siècle, Ormerod). The arrival of the European colonizer brings a violent and sudden metamorphosis of the originary space and landscape, together with the traditions and culture of the Caraïbes population. These radical changes are visible in the works of Chamoiseau (Chronique des sept misères, Texaco, L'esclave vieil homme et le molosse, Livret des villes du deuxième monde, Un dimanche au cachot) and Confiant (Le Nègre et l'Amiral, Eau de Café, Ravines du devant-jour, Nègre marron) that explore the urban space of the creole En-ville. The fourth chapter represents the "2nd step: the Anglophone novel space" in the exploration of literary representation of space, through an analytical study of the works of three Anglophone writers, the 19th century Lafcadio Hearn (A Midsummer Trip To the West Indies, Two Years in the French West Indies, Youma) and the contemporary authors Derek Walcott (Omeros, Map of the New World, What the Twilight says) and Edward Kamau Brathwaite (The Arrivants: A New World Trilogy). The Anglophone voice of the Caribbean archipelago brings a very interesting contribution to the critical idea of a spatial evolution in the literary representation of space, started with francophone production: "The spatial evolution goes on: from the Martiniques Sketches of Hearn… to the modern bards of Caribbean archipelago" is the new linked title of the two paragraphs. The fifth chapter "Extended look, space shared: the Caribbean archipelago" is a comparative analysis of the results achieved in the prior sections, through a dialogue between all the texts in the first paragraph "Francophone and Anglophone representation of space compared: differences and analogies". The last paragraph instead is an attempt of re-negotiate the conventional notions of space and place, from a geographical and physical meaning, to the new concept of "commonplace", not synonym of prejudice, but "common place" of sharing and dialogue. The question sets in the last paragraph "The "commonplaces" of the physical and mental map of the Caribbean archipelago: toward a non-place?" contains the critical idea of the entire thesis.
L'indagine si pone l'obiettivo di analizzare la controversa costruzione giuridica della teoria del contatto sociale, ripercorrendo, preliminarmente, l'evoluzione storica della figura, risalendo al diritto giustinianeo, in cui tra le fonti delle obbligazioni vi era la figura dei cd. "quasi ex contractu", per poi richiamare la dottrina tedesca degli anni '40, che elaborò la teoria dei "rapporti contrattuali di fatto" (c.d. "Faktische Vertragsverhältnisse"), fino ad arrivare agli orientamenti più recenti espressi dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiane. Il contatto sociale rappresenta una figura che nel nostro ordinamento non trova un espresso riferimento normativo, essendo stata elaborata dalla giurisprudenza per far fronte alle problematiche ipotesi di rapporti giuridici che si collocano a metà strada tra contrattualità ed extracontrattualità. Si tratta di un concetto cui viene fatto richiamo ogni qual volta vi sia, appunto, un contatto sociale tra soggetti non legati da un preesistente rapporto contrattuale che sia caratterizzato dall'affidamento di una parte verso l'altra in ragione dello status professionale di quest'ultima, sulla quale gravano obblighi di protezione. La materia ha fatto sorgere non pochi dubbi tra gli interpreti, in quanto la condivisione della teoria determina l'applicabilità della disciplina contrattuale a rapporti che, in realtà, non presentano un contratto come momento genetico. Diverse dunque le critiche che sono state avanzate negli anni per quanto riguarda la riconducibilità delle ipotesi di contatto sociale nell'alveo della responsabilità da inadempimento, prima fra tutte quella espressa da chi teme che l'ambito di applicabilità della costruzione giuridica in esame abbia una estensione potenzialmente illimitata, con la conseguenza che un suo abusivo utilizzo finirebbe col convertire in responsabilità per inadempimento qualsiasi responsabilità per fatto illecito. Nel lavoro viene dedicata particolare attenzione alla materia della responsabilità da malpractice medica, che in ambito di contatto sociale ha maggiormente attratto l'interesse degli operatori del diritto, facendo sorgere un vivace dibattito interpretativo. Una volta inquadrata la figura ed evidenziati dunque i profili critici, il lavoro si spinge ad approfondire la materia della responsabilità del medico dipendente nei confronti del paziente – ricondotta dalla giurisprudenza nell'alveo del contatto sociale – fino a cercare un diverso indirizzo ermeneutico che ravvisa nella fattispecie la costruzione giuridica del contratto a favore del terzo. A livello comparativo, il raffronto col sistema scozzese evidenzia come la costruzione giuridica in esame presenti delle analogie rispetto ad altre figure impiegate in altri ordinamenti. In particolare, dal confronto tra il contatto sociale italiano e il concetto di "proximity" anglosassone emerge che se, da un lato, indubbiamente sussiste una certa distanza tra i due sistemi, dall'altro, in entrambi i casi la responsabilità da contatto trova espresso riconoscimento, seppure in forme diverse. ; The study aims to analyze the controversial legal construction of the theory of "social contact", tracing the historical evolution of this figure, going back to the Justinian law, in which one of the sources of the obligations was the "quasi ex contractu", and then considering the '40s German doctrine, that developed the theory of "contractual relations in fact" (so-called "Faktische Vertragsverhältnisse"), up to the most recent guidelines expressed by the Italian doctrine and jurisprudence . In our legal system the "social contact" institute does not find an express legislative reference, having been developed by the case law to tackle the problematic hypothesis of legal relationships which lie midway between contract and tort. This concept refers to a contact between persons not related by an existing contractual relationship and which is characterized by expectations of a person to the other because of the professional status of one of them. The matter has raised many doubts among the interpreters, because of the application of the theory causes the application of the contractual liability to relationships that does not have a contract as their genetic moment. So many criticisms have been made to this theory, first of all the one expressed by those who fear an unlimited extension of the cases falling under the contractual liability, with the result that its abusive use ends up to convert any tort liability in contractual liability. Particular attention is dedicated to medical malpractice liability, that has mainly held the legal experts interest giving rise to a vigorous interpretive debate. Once have been analyzed critical profiles of the institute, the study goes on to investigate the matter the medical liability - placed by the jurisprudence in the category of social contact - up to look for a different interpretation that recognizes the existence of the contract in favor of the third party. The comparison with Scottish legal system shows that other systems has similiar legal structure of social contact. Particularly, from the comparison between the Italian social contact and the Anglo-Saxon concept of "proximity" emerges that if, from one side, there is undoubtedly some distance between the two systems, from the other, in both cases the contact liability was expressly acknowledged, although in different forms. ; Dottorato di ricerca in Diritto dell'economia (XXVII ciclo)
L'oggetto della nostra ricerca riguarda le dinamiche sociologiche in materia di gestione del discredito a seguito dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica dal 2002 al 2010, prendendo in considerazione alcuni degli eventi mediaticamente più significativi che hanno caratterizzato l'intera vicenda. Il punto di partenza della ricerca è il 9 gennaio 2002, quando il quotidiano americano The Boston Globe ha pubblicato un'inchiesta relativa a un caso di abuso nell'arcidiocesi di Boston. In seguito abbiamo assistito a una propagazione del fenomeno non solo in altre diocesi del territorio, ma anche in alcuni Paesi europei; tra questi abbiamo incentrato la nostra analisi sulla situazione in Irlanda. Le ragioni di questa scelta sono state dettate dal fatto che dagli Stati Uniti è esploso mediaticamente il caso e per tutto il decorso della vicenda essi si sono posti nello scenario internazionale come opinion leaders, non solo a livello di politiche adottate per contrastare il fenomeno (tra tutte, la zero tolerance), ma anche per quanto riguarda l'adozione di prime specifiche norme in materia di tutela dei diritti dei minori. Il focus sull'Irlanda è invece dettato dalla forte tradizione cattolica presente nel Paese . La scelta degli Stati Uniti e dell'Irlanda, poi, è motivata da alcune ragioni di fondo che sembrano accumunare entrambi i Paesi; innanzitutto, la dimensione del fenomeno (ovvero, negli Stati Uniti dal 1950 al 2002 sono stati segnalati circa 4392 preti accusati di abuso sessuale sui minori ; in Irlanda, invece, tra il 1965 e il 2005 sono state registrate più di 100 denunce di abusi su ventuno preti che operavano nella sola diocesi di Ferns ). Un successivo aspetto fa riferimento, invece, all'interesse dei mass media americani (e irlandesi) circa le modalità di rappresentazione della vicenda, spesso presentata in "termini scandalistici", i cui fatti accaduti circa trent'anni fa sono riproposti all'opinione pubblica come se fossero fatti attuali. Infine, dall'America sono partiti anche i primi processi, che hanno portato in molti casi a gravi crisi finanziarie delle diocesi locali che hanno dovuto risarcire le vittime; inoltre, da qui sono scattate le denuncie contro il Vaticano e il Papa (nel settembre del 2011, infatti, lo SNAP , una delle maggiori associazioni delle vittime, ha presentato un'istanza al tribunale dell'Aja conto Benedetto XVI il cardinale Tarcisio Bertone, il cardinale Angelo Sodano e l'ex Prefetto della Congregazione, William Levada). In Irlanda si presenta uno scenario più o meno simile; i dati del Rapporto Ferns, infatti, hanno evidenziato lo stesso modus operandi delle diocesi locali che, in molti casi, hanno offerto alle vittime grossi risarcimenti monetari per evitare che i casi diventassero uno scandalo per la diocesi stessa o per la Chiesa in generale. Il lavoro è stato diviso in tre sezioni: una prima parte, di taglio sociologico, espone le matrici alla base del concetto di credibilità, prestando particolare attenzione alla credibilità delle istituzioni (con la Chiesa Cattolica) e dell'individuo (nello specifico, abbiamo parlato della relazione tra il sacerdote e il minore-vittima dell'abuso). Successivamente abbiamo analizzato le modalità di costruzione della notizia tenendo presenti gli aspetti caratterizzanti il processo del newsmaking e i valori notizia impiegati per la rappresentazione dei fatti da parte dei quotidiani stranieri ed italiani. Infine, abbiamo affrontato il problema del panico morale, sulla scorta dello studio di Griswold sulla costruzione di un problema sociale in relazione al ruolo e all'influenza mediatica in questo processo (Griswold 1997). Nella seconda parte del lavoro, abbiamo applicato le categorie dei valori notizia, delle strategie di tematizzazione dei quotidiani e del panico morale nella ricostruzione dei casi di abuso in America e in Irlanda. Al fine di offrire un quadro quanto più ampio dei singoli fatti, abbiamo elaborato una breve ricostruzione storica sulla base della documentazione prodotta da alcune fonti ufficiali, quali: il sito ufficiale della Santa Sede, referti medici, indagini governative e inchieste condotte dalle diocesi locali o da autorità giudiziarie. Nell'impossibilità di esaminare tutta l'enorme mole di materiale prodotto dagli organi di stampa durante questi anni, abbiamo selezionato due tipologie di articoli giornalistici: - Per i quotidiani stranieri abbiamo scelto l'editoriale, quale forma giornalistica capace di esprimere il punto di vista della direzione del giornale. Le testate impiegate come fonti sono così suddivise: a. Per gli Stati Uniti, ricordiamo: The Boston Globe e The New York Times; b. Per l'Irlanda, invece, abbiamo: The Irish Times; Per quanto riguarda l'analisi degli articoli italiani, invece, abbiamo selezionato i tre quotidiani più letti in Italia: Il Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa. In questa circostanza abbiamo optato per l'articolo di cronaca, come forma di esposizione di una notizia per eccellenza. Alla ricostruzione storica e mediatica dei principali casi di abusi sessuali abbiamo esaminato la risposta proveniente dalla Chiesa Cattolica nei suoi vari livelli, considerando gli interventi pubblici, le decisioni e i gesti significativi valutando le eventuali analogie e differenze di azione compiute nel corso degli anni da Papa Giovanni Paolo II e da Papa Benedetto XVI. In tal senso, abbiamo fatto riferimento a una fitta documentazione disponibile sul sito ufficiale del Vaticano. I risultati dell'analisi fanno riferimento a due precisi ambiti. In primo luogo, abbiamo preso in esame gli effetti prodotti dai media analizzandoli su due fronti: innanzitutto secondo un'ottica autoreferenziale, ovvero valutando eventuali cambiamenti di posizione rispetto all'avvicendarsi dei fatti e, infine, in relazione alla risposta dell'opinione pubblica prendendo come parametri di riferimento i sondaggi di popolarità e gli indici di fiducia e consenso rivolte alla Chiesa Cattolica. In secondo luogo, poi, abbiamo considerato sulla base delle statistiche e dei sondaggi elaborati, qual è stato il feedback dell'opinione pubblica estera in relazione alla risposta della Chiesa (locale e del Vaticano) e a quel preciso periodo temporale in cui la vicenda si stava evolvendo. Questa modalità riflette una questione fondamentale dell'intera vicenda, ovvero, non essendo ancora conclusa la questione degli abusi (sia da parte della Chiesa Cattolica sia in termini di risoluzione dei casi) al momento non si dispongono di cifre esatte per poter fare una stima circa l'efficacia (o meno) delle strategie di gestione del discredito applicate dalla Chiesa Cattolica. La metodologia impiegata per lo studio sugli articoli è di tipo qualitativo, ovvero, ricorrendo a un'analisi semantica e lessicale con cui abbiamo individuato le parole-chiave, le espressioni maggiormente ricorrenti e i temi (come il dibattito sull'istruzione della Crimen Sollicitationis) collegati alla vicenda; in tal senso, abbiamo applicato lo studio condotto da Dardano (1973) per l'analisi del linguaggio dei giornali. Tra le fonti impiegate per la nostra ricerca abbiamo tenuto conto, come già detto, della documentazione pubblicata on line (dai singoli quotidiani come approfondimenti agli articoli), di quella consultabile negli archivi digitali delle diocesi straniere e di quella reperibile nel sito del Vaticano. Inoltre per quanto concerne il materiale estrapolato dalla "rete" disponiamo: 1. Delle perizie psichiatriche, dei referti medici e delle lettere di corrispondenza tra i vari livelli delle gerarchie ecclesiastiche americane. 2. Dei rapporti delle varie commissioni di inchiesta, come ad esempio: il Rapporto Ryan (maggio 2009), il Rapporto Murphy (novembre 2009) e il Cloyne Report (luglio 2011) diffusi in Irlanda a seguito delle indagini condotte negli istituti religiosi, nelle diocesi del territorio sui casi di abusi sessuali contro i minori e impiegati come strumenti di repressione e prevenzione del fenomeno. Altro esempio è il John Jay Report, uno studio condotto dal John Jay College of Criminal Justice dell'Università di New York, commissionato dalla Conferenza Episcopale dei Vescovi d'America Abbiamo estrapolato i regolamenti, le normative promulgate dalle diocesi locali in materia di gestione dei casi di abuso e nell'ambito della tutela dei diritti dei minori. Alcuni esempi sono: il Framework Document del 1996 (dall'Irlanda), oppure, le Essential Norms promulgate nel 2002 dalla Conferenza Episcopale Americana. 3. Dei discorsi ufficiali, dei comunicati stampa e degli interventi pubblici di Papa Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto XVI e di alcuni esponenti del Vaticano. Abbiamo, inoltre, le trascrizioni degli interventi del Papa durante gli incontri con le vittime e durante i viaggi compiuti nei Paesi in cui si sono verificati gli episodi di abusi. 4. Delle normative e dei regolamenti canonici in materia di tutela dei minori dal 1962 ad oggi. Come approfondimento per valutare gli effetti che i casi hanno prodotto in Italia abbiamo raccolto anche una prima serie di interviste, realizzate in Italia e a New York e in Irlanda a giornalisti e vaticanisti che si sono interessati alla vicenda. Ricordiamo qualche nome dall'Italia: Marco Tosatti (La Stampa), Marco Politi (Il Fatto Quotidiano), Stefano Maria Paci (Skytg24) e Andrea Tornielli (La Stampa). Dagli Stati Uniti abbiamo invece: Luciano Clerico, Emanuele Riccardi e Alessandra Baldini (inviati dell'agenzia di stampa Ansa) e Monsignor Lorenzo Albacete (Teologo e giornalista del New Yorker ed editorialista del New York Times). Come testimonianza della situazione irlandese, abbiamo invece un'intervista a Gerard O'Connell (giornalista e collaboratore dell'Irish Times). ; The main theme of our project research is about the sociological dynamics of the discredit as a result of the sexual abuse scandal in the Catholic Church; in particular we consider the mass media coverage on the topic from January 2002 to March 2010. Our start point is January 9th, 2002 when the american newspaper, The Boston Globe published an investigation about a sexual abuse case in the Boston Archdiocese. Then, we considered the development of the issue in the american dioceses and in the other European countries too; from all the cases that happened, we decided to consider the Irish situation. The reasons that moved our decision depends on whether the case began in the United States by the newspaper and throughout the development of all the case, the american mass media played the part as opinion leader within international scenario, not only not only for the politics which have been adopted to contrast the phenomenon (among the many, the "zero tolerance" one), either for the adoption of first specific rules concerning the defense of child's rights. The focus in Ireland has been, whereas, set out by the strong Catholic tradition across the nation . The choice of both the USA and Ireland, is motivated by some major reasons seeming to pool the two countries together: first of all, the phenomenon size (namely in the USA from 1950 to 2002, 4392 cases of sexual abuse onto minors have been reported ; while in Ireland between 1965 and 1005, more than 100 sexual abuses complaints have been registered on 21 priests operating in the Ferns diocese itself ). Another following aspect, whereas, refers to the US mass media interest (and the Irish ones as well) about the representation of the occurrence, often presented in "tabloid terms" whose facts occurred over thirty years ago, are now presented as still topical Eventually, the first lawsuits started out in the US, which in several cases have brought the local dioceses to serious financial problems, as these were supposed to refund the victims; in addition there are allegations to the Vatican and the Pope (in fact, in September 2011 the "SNAP" one of the major victims' association submitted a petition to the Aia court against Benedict XVI, cardinals Tarcisio Bertone and Angelo Sodano and the former congregation chief officer, William Levada ). In Ireland the scenario is quite similar to the above mentioned one, the data from the Ferns Report highlighted the same modus operandi in the local dioceses, which, in most cases offered the victims generous monetary refunds to keep the cases from becoming a scandal for the diocese's sake or the entire Catholic church. The work is divided into three sections: in the first one we treated the theory of the credibility, in particular focusing the Catholic Church credibility and the relationship between the priest and the abused minors. Afterwards we analyzed the news' construction modes, considering the news making process and the news values either, employed for the representation of facts on the Italian and also foreign newspapers' behalf. At last, we talked about the construction of the moral panics and the relationship with the Griswold theory on the construction of the social problems by the mass media influence. Finally, we confronted the "moral panic" issue being spotted from Griswold's study about the construction of a social issue in relation to the media role and influence within this process (Griswold 1997). In the second part of this work we have applied the news values categories, newspapers thematization strategies and the moral panic in the reconstruction of the abuses in Ireland and in the USA. In order to offer a wider pattern of the single facts, we have elaborated a short historical reconstruction based on the documents produced and issued by some official sources such as: the Holy See official website, medical reports, governmental investigations and enquiries carried out by local dioceses and judiciary authorities. Due to the enormous amount of material produced by the press organs during all of these years, we have picked out two typologies of journalism articles: - For the foreign newspapers we have chosen the editorial, as the journalistic form able to express the newspaper's editorial management. The newspapers employed as sources are under this division: a. For the United States, we recall: The Boston Globe and The New York Times; b. For Ireland, we have : The Irish Times; As far as the analysis of the Italian articles, we have, whereas, selected the three Italian most read newspapers: Il Corriere della Sera, La Repubblica and La Stampa. Besides the historical and media reconstruction of the major abuse cases, we examined the response moving from the Roman Catholic church within its various levels, considering the public interventions, the decisions and the significant gestures by evaluating any analogy and difference in the action brought on over the years by the Popes John Paul II and Benedict XVI. In this acceptation we have referred to a voluminous documentation available on the Vatican official website. The outcomes of this analysis refer to two sharp fields. Firstly, we have examined the effects produced by the media, analyzing them onto two different hands: first of all through a self-referring perspective, either evaluating any change of position with respect to the occurrences following one another, and at the end, with respect to the public opinion, taking as standards the popularity surveys and the ratings of trust and consensus towards the Catholic church. Second to this, based on the statistics and the elaborated surveys we considered what was the feedback from the foreign public opinion related to the church's response (locally and from the Vatican either) and to that precise time lap where the deeds were taking turns. This modality reflects one fundamental question of the whole matter, that is, since the question of the abuses has not been resolved yet (both from the church behalf and in terms of resolution of the facts) at the moment there is no reliable numbers to estimate the efficiency or not of the discredit management strategies applied by the Catholic church. The methodology employed in this study is qualitative, namely a semantic and lexical analysis through we have found out the key words, the most redundant expressions and the themes (like the debate about the constitution of the "Crimen Sollicitationis") related to the occurrence; in this acceptation we have applied the study carried out by Dardano for the analysis of newspapers' language. Among the sources employed for our research we held in consideration, as previously said, the online edited documentation (by single newspapers as deeper examination on the articles) those available in the digital archives of the foreign dioceses as well the one at disposal on the Vatican website. In addition, as far as the material excerpted from the "web" we have: 1. psychiatric examinations, medical reports and mail letters exchanged among the various levels of the American clergy hierarchy. 2. Several reports from the enquiry boards, for instance: Ryan Report (May 2009), Murphy Report (November 2009), Cloyne Report (July 2011) released in Ireland after the investigations carried out in religious institutes and facilities, in the local diocese on sexual abuses cases onto minors and employed as repression and prevention means of the phenomenon. Another example is the John Jay Report, a study performed by the John Jay College of Criminal Justice, within the New York University, commissioned by the American Episcopal Conference. We have excepted regulations, rules enacted by local dioceses concerning the management of abuse cases and the safeguard of minors' rights. Some of the examples are the Framework Document, 1996, (from Ireland) and the Essential Norms promulgated in 2002 by the American Episcopal Conference. 3. Public speeches, press communications and public appearances by the Popes John Paul II and Benedict XVI, as well as by other Vatican exponents. Also we have the transcriptions from the Pope's statements during the meetings with the victims and the journeys in the countries where the abuses had occurred. 4. Canonical regulations and norms regarding the minors' rights safeguard from to 1962 up to our days. As a deeper examinations in order to evaluate the effects that these cases produced in Italy, we collected a series of interviews too, carried out in Italy, in New York and in Ireland to journalists and vaticanists getting interested in this occurrence. We recall some name from Italy: Marco Tosatti (La Stampa), Marco Politi (Il Fatto Quotidiano), Stefano Maria Paci (Skytg24) and Andrea Tornielli (La Stampa). From the United States we have: Luciano Clerico, Emanuele Riccardi and Alessandra Baldini (reporters from the press agency Ansa) and Monsignor Lorenzo Albacete (Teologist and journalist for New Yorker and editorialist for New York Times). As a testimony for the Irish situation we have an interview to Gerard O'Connell (journalist and collaborator for the Irish Times). ; Dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale (XXIV ciclo)
Questa ricerca si propone di ricostruire l'evoluzione della politica di sicurezza della Repubblica Federale Tedesca durante il periodo generalmente definito di "distensione internazionale" (o détente). Si è deciso di condurre l'analisi intorno ad alcune questioni che sono state individuate come centrali per lo sviluppo della politica di sicurezza dell'Alleanza Atlantica, nelle quali la Germania occidentale ha avuto un ruolo significativo cercando di avanzare propri specifici interessi nazionali. Le tematiche scelte sono: il cambiamento strategico avvenuto nell'ambito del sistema di sicurezza transatlantico, il dibattito intorno al Trattato di Non Proliferazione Nucleare, i negoziati per la Conferenza di Helsinki e quelli per la riduzione di armamenti convenzionali nel continente europeo (MBFR). Attraverso una ricostruzione della posizione tedesco‐occidentale nei dibattiti sopra citati si cercheranno di delineare le caratteristiche della politica di sicurezza che la classe politica di Bonn elaborò e portò avanti durante gli anni della distensione. Nella tesi verrà dato particolare risalto ai tentativi della Germania occidentale di cominciare a porsi nella comunità internazionale – a partire dalla metà degli anni '60 – come un attore ormai maturo e indipendente. Pur mantenendo uno stretto rapporto con gli alleati occidentali ed evitando accuratamente un rischioso isolamento internazionale, la Bundesrepublik Deutschland (BRD) manifestava infatti in quel periodo un'insofferenza piuttosto esplicita nei confronti di una gestione del contesto internazionale che essa giudicava eccessivamente improntata alle esigenze delle due superpotenze. Tale considerazione fu determinante nella decisione della Germania occidentale di voler partecipare attivamente alla distensione, senza subirla. Una manifestazione evidente di quest'approccio nella politica estera dei governi di Bonn fu senza dubbio la Neue Ostpolitik, ovvero l'innovativa politica portata avanti dalla Repubblica Federale Tedesca nei confronti degli stati del Patto di Varsavia. Negli stessi anni della nuova Ostpolitik (tra la fine degli anni '60 e l'inizio del decennio successivo) la BRD cercò di modificare ‐ almeno in parte ‐ anche il rapporto con gli alleati occidentali e dunque la propria Westpolitik, con l'intenzione di intraprendere una politica estera che fosse in ogni campo (dunque anche nel delicato settore della sicurezza) maggiormente in linea con i propri specifici interessi. Contesto temporale L'arco temporale che viene preso in esame nella tesi va dal 1967 al 1975. Si è scelto come termine iniziale il 1967, considerandolo un anno cruciale sia per le evoluzioni del sistema internazionale, sia per le novità che si presentarono nel contesto politico interno della Repubblica Federale Tedesca. Per quanto riguarda lo scenario internazionale, nel 1967 ebbero luogo due eventi che a nostro avviso permettono di ritenere tale anno uno spartiacque nella storia della Guerra Fredda, ovvero l'adozione da parte della NATO del "Rapporto Harmel" e il cambiamento di dottrina strategica della stessa alleanza occidentale. Mentre con il Rapporto Harmel gli stati membri del campo occidentale prendevano in considerazione il perseguimento di una politica – possibilmente comune e coordinata ‐ di distensione con il blocco comunista, con l'adozione della dottrina di "Risposta Flessibile" l'Alleanza Atlantica di fatto riconosceva il raggiungimento sovietico di una parità nucleare strategica con gli USA e cercava di adattare la propria strategia ai mutati equilibri internazionali. Anche dal punto di vista della storia della Germania occidentale il 1967 è una data che si può giudicare particolarmente rilevante al fine di stabilire un'utile periodizzazione. Nel dicembre del 1966 infatti ‐ a seguito della caduta del governo Erhard (CDU/CSU‐FDP) – nella Repubblica Federale Tedesca venne costituito un governo di Große Koalition, ovvero basato sull'alleanza dei partiti conservatori con i socialdemocratici dell'SPD. Tale coalizione di governo rappresentava una novità del tutto inedita nella storia politica della Germania occidentale. Sebbene infatti il Cancelliere ‐ nella persona di Kurt Kiesinger ‐ fosse ancora una volta espressione delle forze conservatrici della CDU, i socialdemocratici arrivavano per la prima volta al potere (con la nomina di Willy Brandt a capo dell'importante Ministero degli Esteri). L'azione politica di questa nuova alleanza di governo fu funzionale all'avvio di un "processo di emancipazione" della Repubblica Federale Tedesca, che la vedeva definire i suoi interessi in modo più autonomo dai propri alleati rispetto alla prima fase della propria esistenza politica. L'analisi della politica di sicurezza tedesco‐occidentale rappresenta dunque un interessante banco di prova per riscontrare i segni di tale evoluzione e individuare le caratteristiche di continuità e discontinuità rispetto agli anni precedenti. Come termine finale della ricerca si è scelto invece l'anno 1975, data comunemente considerata dagli storici come l'apice della distensione, a causa della conclusione della Conferenza di Helsinki e dell'emanazione del relativo Atto Finale. La seconda metà degli anni '70 rappresenta infatti una fase significativamente diversa dal periodo precedente, in cui i presupposti della distensione entrarono progressivamente in crisi e – con il cambiamento sia delle problematiche del contesto internazionale sia dei suoi principali protagonisti – si è ritenuto dunque opportuno non inserirla nella stessa trattazione. Fonti della ricerca Le fonti su cui si basa questa ricerca comprendono sia pubblicazioni di carattere storiografico e memorialistico, sia documenti d'archivio. Per quanto riguarda la letteratura, ci si è concentrati sulle opere fondamentali di storiografia relative alla Guerra Fredda e in particolare alla fase di distensione e su volumi e saggi sulla storia e l'analisi della politica estera e di sicurezza della Germania occidentale, tanto nel contesto generale del conflitto Est‐Ovest quanto nel periodo specifico che va dalla fine degli anni '60 alla metà del decennio successivo. Per l'approfondimento del tema specifico ci si è poi serviti ‐ oltre che di volumi storiografici, memorialistica e saggi in libri collettanei ‐ anche di articoli scientifici pubblicati in importanti riviste internazionali quali Cold War History, Diplomatic History, History & Memory, War in History, Contemporary European History, Bulletin of German Historical Institute (Washington D.C.), Journal of Cold War Studies e Journal of Transatlantic Studies, e alcune pubblicazioni tedesche tra cui Europa Archiv (edita dalla Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik ‐ DGAP), Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte (pubblicata dall'Institut für Zeitgeschichte di Monaco‐Berlino) e Archiv für Sozialgeschichte. Per quanto riguarda poi i protagonisti degli eventi discussi, oltre alla lettura delle relative memorie e autobiografie, sono state di grande utilità le raccolte pubblicate di loro scritti, interviste e discorsi. Dal punto di vista dei documenti, una fonte particolarmente utile sono stati i documenti diplomatici tedeschi pubblicati nelle raccolte ufficiali degli "Akten zur Auswärtigen Politik der Bundesrepublik Deutschland" (AAPD), editi per il Ministero degli Esteri dall'Istituto di Storia Contemporanea di Monaco‐Berlino. Sempre nell'ambito dei documenti pubblicati ‐ tra le altre utili raccolte ‐ sono state fondamentali per questa ricerca soprattutto le trascrizioni delle sessioni di lavoro della Commissione Esteri del Bundestag ("Der Auswärtige Ausschuss des Deutschen Bundestages; Sitzungsprotokolle"), attraverso le quali si è potuto ricostruire con una certa precisione il dibattito parlamentare relativo ai temi affrontati. Il lavoro di ricerca in archivio si è focalizzato esclusivamente sulle fonti tedesco‐occidentali. Per quanto riguarda le fonti provenienti dal Ministero degli Esteri si è fatto ampio uso dei fondi reperiti presso il "Politisches Archiv des Auswärtigen Amts" (PA AA) situato a Berlino. Un altro archivio fondamentale per realizzare questa ricerca è stato l'Archivio del Partito Socialdemocratico che si trova a Bonn‐Bad Godesberg, all'interno della "Friedrich Ebert Stiftung" (Fondazione politica dell'SPD). Nella Fondazione sono consultabili gli archivi personali dei principali protagonisti della classe politica socialdemocratica della BRD, tra cui l'Archivio Willy Brandt, il Deposito Egon Bahr e l'Archivio Helmut Schmidt. Un terzo archivio consultato è stato il "Bundesarchiv" (Archivio Federale) di Koblenz, presso il quale si è potuto analizzare il fondo dei documenti relativi all'Ufficio della Cancelleria. Un'altra fonte d'archivio – seppure d'importanza minore per questa ricerca (a causa dell'arco temporale solo in parte coincidente con il tema scelto) ‐ è stata poi rappresentata dal materiale del "Nuclear History Program" (NHP), una collezione di documenti declassificati provenienti dal Ministero della Difesa della Repubblica Federale Tedesca e di altre fonti raccolte sempre nell'ambito del NHP (quali atti di convegni e produzioni di storia orale). Il fondo relativo al progetto NHP è conservato attualmente al "Militärgeschichtliches Forschnungsamt" (Istituto di ricerca per la storia militare) di Potsdam. Poiché la tesi privilegia lo studio degli aspetti politici della sicurezza rispetto alla dimensione più propriamente militare, non sono state invece consultate le fonti primarie del Ministero della Difesa tedesco, salvo il suddetto fondo "NHP". Stato dell'arte, metodologia e obiettivi Nella tesi ci si propone di analizzare l'evoluzione della politica di sicurezza della Repubblica Federale Tedesca durante il periodo della distensione, ponendo una particolare attenzione all'istanza di emancipazione della stessa BRD nei confronti dei propri alleati. Una domanda alla quale si è cercato di rispondere è pertanto in che misura si possa per quel periodo parlare da una parte di una continuità della politica tedesco‐occidentale rispetto al passato e dall'altra parte di un progressivo scostamento, anche radicale, dallo stallo politico interno e internazionale in cui Bonn aveva finito per trovarsi a metà degli anni '60. L'analisi del periodo 1967‐1975 si pone anche come un imprescindibile punto di partenza per tentare di individuare la formazione di un'autonoma identità di sicurezza tedesca, il cui impatto divenne poi più evidente tra la metà degli anni '70 e la fine della Guerra Fredda. Tale aspetto ci sembra particolarmente utile anche ai fini di poter ampliare un quadro interpretativo storiografico circa le più generali relazioni transatlantiche nell'ultima fase del conflitto Est‐Ovest, in cui si può registrare una certa divergenza politico‐strategica tra l'Europa occidentale e l'alleato statunitense, derivante in larga misura da diverse valutazioni e percezioni delle minacce presentate dal contesto internazionale. Per quanto riguarda la storiografia disponibile sul tema di questa ricerca, si deve constatare come sia pressoché ancora assente uno studio completo sulla politica di sicurezza della Repubblica Federale Tedesca durante gli anni della distensione. Se infatti non mancano pubblicazioni "generali" degne di nota, 7 relative alla storia politica della BRD durante tutto il periodo della sua esistenza (di Helga Haftendorn, Timothy Garton Ash e Wolfram Hanrieder),1 o studi che si focalizzano su aspetti specifici della politica estera di Bonn (come quelli di Mary Elise Sarotte sulla Ostpolitik, William Glenn Gray sulla Dottrina Hallstein e la sua crisi, Petri Hakkarainen sulla CSCE e Arne Hofmann sul pensiero politico di Brandt)2, il panorama relativo alla politica di sicurezza appare più lacunoso e frammentario. Alcuni contributi – seppure utili – appaiono inoltre piuttosto datati e pertanto non si sono potuti avvalere delle fonti primarie d'archivio resesi nel frattempo disponibili. Tra essi si devono ad esempio menzionare il volume di Martin Müller sui negoziati MBFR e quello di Catherine Kelleher sul nucleare.3 Vi è poi un altro gruppo di autori che ha affrontato – in modo rigoroso e utilizzando anche fonti primarie – temi di politica di sicurezza tedescooccidentale, concentrandosi tuttavia su un arco temporale precedente a quello che si è scelto in questa ricerca. Le loro analisi sono estremamente interessanti e offrono importanti spunti per approfondire il campo di ricerca in questione. Fanno parte di questa serie le ricerche pubblicate nell'ambito del "Nuclear History Program" (NHP), progetto di ricerca internazionale attivo soprattutto negli anni '90, tra cui spiccano i volumi di Axel Gablik, Christoph Hoppe e Christian Tuschhoff, tutti focalizzati sul periodo compreso tra gli anni '50 e la metà degli anni '60.4 Il tentativo di Barry Blechman e Cathleen Fisher (dello statunitense Institute for Defense Analyses) di indagare le diverse attitudini dei vari partiti politici tedesco‐occidentali relativamente al tema del controllo degli armamenti ‐ nonostante sia privo di un solido inquadramento storico (avvalendosi esclusivamente del contributo di analisti politici) e risulti spesso frammentario ‐ suggerisce altresì interessanti piste di ricerca.5 Utili elementi relativi alla politica di sicurezza tedesca si trovano anche in due pubblicazioni in cui l'analisi della storia della Germania è affiancata a quella di Gran Bretagna e Francia, al fine di metterne in luce similitudini e divergenze, ovvero il volume di Beatrice Heuser sulle strategie nucleari europee6 e quello di Daniel Möckli sul tentativo di politica estera comune sperimentato dall'Europa occidentale tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70.7 Le pubblicazioni più autorevoli nell'ambito della politica di sicurezza della BRD sono probabilmente quelle risultanti dalle molteplici ricerche compiute da Christoph Bluth e da Helga Haftendorn. Bluth ha dedicato un libro all'analisi della strategia nucleare della BRD e della Gran Bretagna durante tutta la Guerra Fredda e un altro volume invece alla dimensione convenzionale della sicurezza, analizzata dalla prospettiva di Bonn.8 Se si esclude il volume della Haftendorn9, peraltro datato e con un orizzonte temporale limitato al 1955‐1973, avente ad oggetto l'analisi della politica tedesco‐occidentale nel processo di disarmo e controllo degli armamenti in tutte le sue diverse sfaccettature, si deve constatare come manchi ancora ad oggi una ricerca sulla politica di sicurezza della Repubblica Federale Tedesca che riesca (esaminando in modo soddisfacente le singole tematiche comprese) a coprire tutto il periodo della détente. Vanno a colmare – almeno parzialmente – le lacune presenti nella storiografia sulla politica di sicurezza di Bonn, numerosi articoli dedicati alla Germania presenti in volumi collettanei di più ampio respiro, tra i quali si devono ricordare quelli di Oliver Bange e Gottfried Niedhart, e di Andreas Wenger, Vojtech Mastny e Christian Neunlist sulla CSCE;10 quelli di Wilfried Loth e Georges‐Henri Soutou, e di Piers Ludlow dedicati alla dimensione europea11 e quello di Carole Fink e Bernd Schaefer sulla Ostpolitik.12 A questi si devono aggiungere infine alcuni volumi relativi alle relazioni di Bonn con i propri alleati occidentali, tra cui si ricordano qui quello curato da Detlef Junker sui rapporti con gli USA e quello edito da Thomas Schwartz e Matthias Schulz più in generale sulle relazioni tra Europa e Stati Uniti.14 Se dunque la storiografia relativa alla politica estera della Germania occidentale è piuttosto ricca, si deve tuttavia notare come – in tale ambito ‐ l'analisi specifica della politica di sicurezza tedesco‐occidentale sia un campo ancora relativamente inesplorato dalla ricerca storica. La letteratura che prende in esame la storia della Repubblica Federale Tedesca durante gli anni della distensione si è infatti prevalentemente concentrata sulla Nuova Ostpolitik di Willy Brandt e sul suo impatto nel contesto internazionale, trascurando invece lo studio della politica di sicurezza e della posizione tedesco‐occidentale all'interno del contemporaneo vivace dibattito transatlantico su difesa, sicurezza e controllo degli armamenti. La maggior parte della storiografia (tedesca e internazionale) esistente sulla politica della BRD durante la distensione ha preso infatti in esame la straordinaria azione diplomatica dei governi tedesco‐occidentali nei confronti degli stati del blocco comunista e – nei casi in cui la storia tedesca è stata affrontata in un contesto più ampio – si è scelto di indagare principalmente come gli alleati di Bonn (e in primo luogo gli Stati Uniti) reagissero alla Ostpolitik attuata soprattutto a partire dal 1969 dal governo social‐liberale Brandt‐Scheel. Da quanto si riscontra nell'analisi del materiale bibliografico disponibile, la grande attenzione della storiografia nei confronti degli sviluppi della Ostpolitik non si è pertanto accompagnata ad una parallela analisi approfondita della Westpolitik tedesco‐occidentale dello stesso periodo. Si è deciso dunque di porre proprio tale tematica al centro di questa tesi, ritendendo che – negli stessi anni della celebre Ostpolitik – la politica estera della BRD presenti un'evoluzione particolarmente interessante anche a proposito delle relazioni con i propri alleati, soprattutto dal punto di vista dell'elaborazione strategica e della gestione della propria politica di sicurezza. Da un punto di vista concettuale la presente ricerca si colloca innanzitutto in quella tendenza storiografia che approfondisce lo studio della Guerra Fredda aggiungendo i punti di vista specifici di "junior partner", che consentano pertanto un superamento della tradizionale (e ormai decisamente in via di superamento) interpretazione strettamente bipolare del conflitto Est‐Ovest. Questo studio si prefigge dunque l'obiettivo di approfondire la conoscenza della politica di sicurezza della BRD tra gli anni '60 e '70 al fine sia di contribuire ad una migliore comprensione della specifica declinazione tedesco‐occidentale della strategia di distensione, sia di aggiungere al contempo un tassello alla storia dei rapporti transatlantici e in generale della politica occidentale durante tale fase della Guerra Fredda. Questo secondo obiettivo deriva dalla considerazione che la Repubblica Federale Tedesca tra la fine degli anni '60 e l'inizio del decennio successivo rappresentasse un attore chiave del contesto internazionale, passando rapidamente dall'essere il maggiore ostacolo per una distensione Est‐Ovest al rappresentarne il suo motore fondamentale. Tale cambio di approccio di Bonn nei confronti della propria questione nazionale e del più generale scenario europeo metteva in moto dinamiche per certi aspetti problematiche dal punto di vista degli stati del Patto di Varsavia e degli stessi alleati della BRD nel campo occidentale. La "questione tedesca" ‐ al centro della Guerra Fredda fin dalle origini del conflitto Est‐Ovest ‐ continuò probabilmente anche negli anni della distensione a rappresentare il fulcro degli sviluppi politici internazionali. Tutto ciò evidenzia pertanto come un'analisi critica della politica estera e di sicurezza della Repubblica Federale Tedesca possa contribuire in modo significativo ad un miglioramento della comprensione delle generali dinamiche di trasformazione in atto nel contesto storico della détente. In questa ricerca si è cercato di affrontare l'argomento scelto tenendo presente – oltre che il contesto tedesco – anche un quadro d'analisi d'insieme, che comprenda ad esempio il processo di elaborazione politico‐strategica dell'Alleanza Atlantica e le relazioni di Bonn con gli alleati europei e con la superpotenza egemone del campo occidentale. La politica del blocco occidentale è stata pertanto indagata da un punto vista sia multilaterale (dunque essenzialmente nel processo di integrazione europea e soprattutto nel contesto della NATO) sia – seppure in misura minore ‐ bilaterale (ovvero dei rapporti della Germania con i singoli alleati). L'obiettivo che ci si è posti è stato pertanto quello di contribuire ad un approfondimento della conoscenza della politica estera della BRD durante gli anni della distensione, collocando le strategie di Bonn nell'ambito delle politiche del campo occidentale e dei principali dibattiti in corso in quel periodo nel contesto delle relazioni transatlantiche. La scelta di prendere in esame un arco temporale piuttosto esteso (nove anni) e una molteplicità di tematiche – decisione peraltro necessaria per individuare i tratti di continuità e d'innovazione della politica di sicurezza della BRD rispetto al periodo precedente – non ha consentito tuttavia una ricostruzione esauriente e con un alto grado di dettaglio per ognuno degli argomenti affrontati (ciascuno dei quali sarebbe in se stesso degno e passibile di essere oggetto di una specifica tesi di dottorato). Se l'assenza di una trattazione più approfondita talvolta può apparire grave nella ricostruzione degli eventi, tuttavia l'obiettivo di ricostruire lo sviluppo della politica tedesco‐occidentale non avrebbe consentito altra scelta se non quella di analizzare appunto in modo congiunto alcuni snodi fondamentali di quel periodo e le principali questioni che – nell'ambito della sicurezza – impegnarono i governi di Bonn in tali anni, a discapito di un possibile maggiore approfondimento Struttura della tesi La tesi si compone di cinque capitoli e delle conclusioni. I primi due capitoli sono di carattere introduttivo per la trattazione dell'argomento centrale e sono serviti come strumenti per affrontare in modo rigoroso e documentato il tema scelto, inserendolo in un appropriato contesto storico e storiografico. Si è scelto infatti di dedicare un primo capitolo alla ricostruzione delle caratteristiche di quella fase della Guerra Fredda comunemente definita dagli studiosi come "distensione" e all'esame della principale storiografia esistente su tali anni, al fine di analizzare il contesto internazionale di cui ci si occuperà poi nello specifico dalla prospettiva tedesco‐occidentale. Considerata la complessità e l'eterogeneità del fenomeno della distensione internazionale, si è ritenuto infatti necessario dedicare all'inizio dell'esposizione un ampio spazio a tale tema, per comprenderne gli eventi centrali e le più rilevanti letture che ne hanno dato gli esperti. Prendendo in esame alcuni autori e le loro pubblicazioni, si è cercato perciò di presentare le principali interpretazioni relative al periodo della distensione, che presentano tra loro alcune analogie ma anche significative divergenze, sia per quanto riguarda il punto di vista scelto per affrontare l'argomento sia per le conclusioni che gli stessi storici ne hanno tratto. In questo primo capitolo si è dunque affrontata la distensione come tema generale e non circoscritto all'esperienza tedesca, reputando infatti imprescindibile rispetto al tema scelto un'analisi preliminare dell'intero contesto internazionale e delle dinamiche in atto negli anni '60 e '70. Dopo aver dunque esaminato e discusso la bibliografia fondamentale sulla distensione, si passa poi ad un'analisi della storia della Germania occidentale. Il secondo capitolo consiste infatti in una ricostruzione a grandi linee della storia politica della Repubblica Federale Tedesca dal dopoguerra (e dunque dalla sua fondazione) fino alla distensione e alla sua relativa crisi. Analizzando l'evoluzione della politica estera e di sicurezza della Germania occidentale in questo arco temporale, si è accordato ampio spazio allo sviluppo della Entspannungspolitik (politica di distensione) tedesca, riscontrando come tale esperienza sia stata centrale per una maturazione politica dello stato tedesco occidentale in direzione di una sempre più evidente emancipazione dalla stretta dipendenza dai propri alleati (e in parte anche dal proprio drammatico passato). A questi primi due capitoli, che hanno la funzione di definire il contesto internazionale della détente e le caratteristiche della politica tedesco‐occidentale in tale periodo, seguono i tre capitoli centrali della tesi. Il terzo capitolo si focalizza sul 1967, che ‐ come si è già accennato, rappresenta una data cruciale per la storia dell'Alleanza Atlantica e della stessa BRD, a causa dell'adozione del Rapporto Harmel, del cambiamento della dottrina strategica NATO e della formazione del governo di Große Koalition. Il quarto e il quinto capitolo sono invece di carattere tematico: ognuno di essi ricostruisce infatti ‐ durante tutto l'arco temporale scelto (1967‐1975) – il comportamento e il ruolo della Repubblica Federale Tedesca nell'ambito di due questioni centrali per la sicurezza tedesco‐occidentale quali, rispettivamente, il dibattito sugli armamenti nucleari e il tema dei negoziati multilaterali per una distensione politica (CSCE) e militare (MBFR) in Europa. Il terzo capitolo cerca pertanto di evidenziare quali fossero i presupposti per una distensione politica e militare, analizzando come l'Alleanza Atlantica cercava di affrontare il crescente problema della credibilità degli Stati Uniti nei confronti dei propri alleati e come la BRD reagiva ai cambiamenti in atto nel contesto politico‐strategico transatlantico. Il capitolo quarto, dopo aver delineato le principali tappe nell'evoluzione del rapporto della Germania occidentale con le armi nucleari, esamina in particolare il dibattito che si sviluppò a livello internazionale e nella Repubblica Federale Tedesca intorno al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP) del 1968. L'ultimo capitolo è poi dedicato all'intensa attività diplomatica svolta dal governo di Bonn nell'ambito della Conferenza di Helsinki (CSCE) e dei negoziati per un controllo degli armamenti convenzionali in Europa (MBFR). Si cercheranno infine di avanzare alcune conclusioni derivanti dall'analisi delle tematiche scelte in questa ricerca, nel tentativo di contribuire al dibattito più generale sul fenomeno della distensione internazionale e all'interpretazione storiografica riguardante la crescita politica della Repubblica Federale Tedesca durante gli anni '60 e '70.