Socioeconomic disadvantage and minorities in Africa: institutional, historical and socioeconomic factors
In: Nova collectanea africana Numero speciale
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In: Nova collectanea africana Numero speciale
In: Rivista di studi politici internazionali: RSPI, Band 69, Heft 2, S. 326-327
ISSN: 0035-6611
1ères lignes : A partire dal processo di costituzione degli Stati-nazione in Europa, le relazioni so-ciali si sono intrecciate e delineate intorno al complesso ambito di confini politici e culturali non sovrapponibili tra loro (Fiamingo e Giunchi 2009). L'elaborazione d'iden-tità nazionali ha così costruito le categorie di insider ed outsider edificandole principal-mente sulla base di confini impressi sulla carta geografica. Non si tratta d'immaginare un costante scontro tra maggioranze nazionaliste e minoranze culturali, linguistiche, di genere e religiose all'interno degli Stati, perché in realtà le une e le altre hanno sempre abitato e vissuto in uno spazio necessariamente condiviso, sebbene con tensioni com-petitive e conflitti. È invece utile, senza scadere nelle facili generalizzazioni, analizzare le forme di governance attivate dagli Stati europei per il controllo delle minoranze ed i contrapposti tentativi fatti dagli outsider per proteggere la propria specificità e la pro-pria permanenza su territori di cui anche le minoranze si sentivano legittimamente parte (Le Galès e Vitale 2015, 7-17). Ricostruire una storia sociale dell'educazione relativa a questi percorsi permette di analizzare più approfonditamente il punto d'incontro tra elementi di dipendenza/con-trollo e quelli legati all'emancipazione, perché entrambi questi processi hanno operato attraverso politiche educative esplicite o implicite, messe in atto per omologare, assimi-lare, integrare oppure per resistere (Betti et al. 2009). In Spagna, a partire dal 1492, musulmani ed ebrei erano stati espulsi e perseguitati, alcuni di loro si convertirono in modo fittizio alla religione cattolica per permanere sui territori in cui avevano sempre vissuto. In Russia dal 1792, le comunità ebraiche, prima espulse dall'impero, furono ammassate nella parte occidentale del territorio. In alcuni contesti europei, la fine del Settecento segnò l'introduzione progressiva di legislazioni più tolleranti verso specifiche minoranze: nel 1781 nell'impero austroungarico, ...
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1ères lignes : A partire dal processo di costituzione degli Stati-nazione in Europa, le relazioni so-ciali si sono intrecciate e delineate intorno al complesso ambito di confini politici e culturali non sovrapponibili tra loro (Fiamingo e Giunchi 2009). L'elaborazione d'iden-tità nazionali ha così costruito le categorie di insider ed outsider edificandole principal-mente sulla base di confini impressi sulla carta geografica. Non si tratta d'immaginare un costante scontro tra maggioranze nazionaliste e minoranze culturali, linguistiche, di genere e religiose all'interno degli Stati, perché in realtà le une e le altre hanno sempre abitato e vissuto in uno spazio necessariamente condiviso, sebbene con tensioni com-petitive e conflitti. È invece utile, senza scadere nelle facili generalizzazioni, analizzare le forme di governance attivate dagli Stati europei per il controllo delle minoranze ed i contrapposti tentativi fatti dagli outsider per proteggere la propria specificità e la pro-pria permanenza su territori di cui anche le minoranze si sentivano legittimamente parte (Le Galès e Vitale 2015, 7-17). Ricostruire una storia sociale dell'educazione relativa a questi percorsi permette di analizzare più approfonditamente il punto d'incontro tra elementi di dipendenza/con-trollo e quelli legati all'emancipazione, perché entrambi questi processi hanno operato attraverso politiche educative esplicite o implicite, messe in atto per omologare, assimi-lare, integrare oppure per resistere (Betti et al. 2009). In Spagna, a partire dal 1492, musulmani ed ebrei erano stati espulsi e perseguitati, alcuni di loro si convertirono in modo fittizio alla religione cattolica per permanere sui territori in cui avevano sempre vissuto. In Russia dal 1792, le comunità ebraiche, prima espulse dall'impero, furono ammassate nella parte occidentale del territorio. In alcuni contesti europei, la fine del Settecento segnò l'introduzione progressiva di legislazioni più tolleranti verso specifiche minoranze: nel 1781 nell'impero austroungarico, ...
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In: Italian Political Science Review: Rivista italiana di scienza politica, Band 37, Heft 3, S. 459-469
ISSN: 0048-8402
Sintomatologia e politica razziale in AustraliaRiassunto: Jindabyne (una pellicola girata da Ray Lawrence nel 2006) si apre con l'uccisione di una giovane donna aborigena; tuttavia il punto su cui questa pellicola effettivamente si concentra è il modo in cui la gente reagisce a questo delitto. Per questo motivo, questo film ci dice molte interessanti verità sui rapporti interrazziali nell'Australia di oggi. La mia proposta è quella di leggere Jindabyne come un'utile allegoria nazionale (nel senso dato a questo lemma da Jameson); il film è una mappa o una cartografia che ritrae i luoghi comuni politici e culturali nella fase storica attuale. Al fondo della mia ipotesi sta il fatto che non possa essere solo una coincidenza il fatto che Jindabyne dia un tale spazio al problema dell'apologia culturale in questa particolare congiuntura della storia australiana. Anche se questo aspetto del film ha avuto poco risalto in alcune delle recensioni che ne hanno accompagnato l'uscita, mi colpisce il carattere sintomatico della tempistica: si tratta di un tema che, come una volta Deleuze ebbe a dire a proposito della differenza, era già nell'aria. Prodotto solo due anni prima dell'apologia nazionale ufficiale del primo ministro australiano Kevin Rudd agli indigeni d'Australia il 13 febbraio 2008, Jindabyne risponde a un complesso insieme di problemi culturali che erano all'ordine del giorno della politica nazionale dal 1995, quando fu reso noto Bringing Them Home, il rapporto della Commissione sulle Pari Opportunità e sui Diritti Umani relativo all'inchiesta di carattere nazionale vertente sulla cosiddetta "Generazione Rubata".Parole chiave: Razza; Politica australiana; Diritti degli indigeni; Allegoria nazionale; Gilles Deleuze e Felix Guattari. Abstract: Jindabyne (a movie directed by Ray Lawrence, 2006) begins with the murder of a young aboriginal woman, but its real focus is the way people respond to this murder. In doing so, it tells several interesting truths about race relations in Australia today. I want to suggest that Jindabyne can usefully be read as a national allegory (in Jameson's sense of the word). It maps or diagrams the cultural and political tropes of the present moment in history. My basic hypothesis is that it cannot be a coincidence that Jindabyne should give such prominence to the cultural problematic of the apology at this particular juncture in Australia's history. Although this aspect of the film is scarcely mentioned in any of the reviews that accompanied the film's premier, it strikes me that the timing is symptomatic: it is a topic that as Deleuze once said about difference was very much in the air. Produced only two years before the official national apology the Prime Minister of Australia Kevin Rudd made to the Indigenous peoples of Australia on February 13, 2008, Jindabyne responds to a complex assemblage of cultural problematics that have been on the national political agenda ever since the release in 1995 of Bringing Them Home, the Human Rights and Equal Opportunity Commission's report on its national inquiry into the so-called "Stolen Generation".Keywords: Race; Australian Politics; Indigenous Rights; National Allegory; Gilles Deleuze and Felix Guattari.
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In: Italian Political Science Review: Rivista italiana di scienza politica, Band 33, Heft 1, S. 176-179
ISSN: 0048-8402
In: Italian Political Science Review: Rivista italiana di scienza politica, Band 41, Heft 1, S. 151-153
ISSN: 0048-8402
In: Collected studies series 219
Il tema dell'influenza della fratture religiosa nella determinazione delle preferenze politico-elettorali e del confronto interpartitico è stato considerato in misura marginale in molteplici studi sul sistema partitico canadese. Nell'ambito del dibattito dottrinario e politico, la tendenza generale che è prevalsa sinora è stata quella di mettere in risalto, più che altro, le intersecazioni esistenti tra le diversità linguistiche ed etno-culturali con un ordine politico oramai profondamente secolarizzato, in cui la religione riveste un ruolo superficiale e secondario per influenzare le scelte degli elettori.
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For this paper I shall look at ways of coordinating politics and entertainment, or in slightly other terms aesthetics and politics, as they have been used to construct ancient tragedy as a means to the good society. In my title this aspect of tragedy is identified as "home", to indicate tragedy's preoccupation with community. This is a note repeatedly struck in discourse about tragedy, both by the earliest commentators and by those negotiating the development of the nation-state, and of political reform, in the eighteenth, nineteenth and twentieth centuries. This essay thus first considers some of the different ways in which tragedy has been associated with the goal of the good community, by the theoretical works of Plato, Aristotle, Schlegel, Williams and Eagleton, as well as by harnessing productions and performances to the political effort of nation-building. The essay will then contrastingly explore tragedy's "homelessness", the ways in which it uproots its characters and sets them in restless motion. These latter reflections are prompted by recent receptions of tragedy that have responded to the global migrant crisis, and that are thus in dialogue with earlier critical understandings of tragedy which were more likely to foreground a sense of civic identity associated with the polis. I thus consider productions of Aeschylus' Suppliant Women in Syracuse and Edinburgh, and the new ancient trilogy, acted by Syrian women refugees, which has unfolded since 2013, in the Middle East and Europe, under the creative guidance of Omar Abu Saada and Mohammad Al Attar. The new focus is born of and gives voice to new global realities. Barbara Goff is Professor of Classics at the University of Reading, UK. She has published extensively on Greek tragedy and its reception, especially in postcolonial contexts. Her most important books include Your Secret Language: classics in the British colonies of West Africa (London: Bloomsbury, 2013), Crossroads in the Black Aegean: Oedipus, Antigone, and dramas of the African diaspora (Oxford: Oxford University Press, 2007), and The Noose of Words: Readings of Desire, Violence and Language in Euripides' Hippolytos (Cambridge: Cambridge University Press, 1990). Her most recent publication is a collection, co-edited with Introduction, titled Classicising Crisis: the modern age of revolutions and the Greco-Roman repertoire (London: Routledge, 2020). Keywords: tragedy, exile, home, refugee, Syria
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In: Thinking in extremes v. 1
Preliminary Material -- Introduction /Filippo Del Lucchese , Fabio Frosini and Vittorio Morfino -- 1 Il genere e il tempo delle parole: dire la guerra nei testi machiavelliani /Jean-Louis Fournel -- 2 'Uno piccolo dono': A Software Tool for Comparing the First Edition of Machiavelli's The Prince to Its Sixteenth Century French Translations /Jean-Claude Zancarini -- 3 Of 'Extravagant' Writing: The Prince, Chapter IX /Romain Descendre -- 4 'Italia' come spazio politico in Machiavelli /Giorgio Inglese -- 5 Machiavelli the Tactician: Math, Graphs, and Knots in The Art of War /Gabriele Pedullà -- 6 Lucretian Naturalism and the Evolution of Machiavelli's Ethic /Alison Brown -- 7 Corpora Caeca: Discontinuous Sovereignty in The Prince /Jacques Lezra -- 8 The Five Theses of Machiavelli's 'Philosophy' /Vittorio Morfino -- 9 Tempo e politica: Una lettura materialista di Machiavelli /Sebastián Torres -- 10 Imitation and Animality: On the Relationship between Nature and History in Chapter XVIII of The Prince /Tania Rispoli -- 11 Prophetic Efficacy: The Relationship between Force and Belief /Thomas Berns -- 12 Prophecy, Education, and Necessity: Girolamo Savonarola between Politics and Religion /Fabio Frosini -- 13 'Uno Mero Esecutore': Moses, Fortuna, and Occasione in The Prince /Warren Montag -- 14 Machiavelli and the Republican Conception of Providence /Miguel Vatter -- 15 Machiavelli, Public Debt, and the Origin of Political Economy: An Introduction /Jérémie Barthas -- 16 Plebeian Politics: Machiavelli and the Ciompi Uprising /Yves Winter -- 17 Machiavelli's Greek Tyrant as Republican Reformer /John P. McCormick -- 18 Essere Principe, Essere Populare: The Principle of Antagonism in Machiavelli's Epistemology /Etienne Balibar -- 19 The Different Faces of the People: On Machiavelli's Political Topography /Stefano Visentin -- 20 Machiavelli Was Not a Republicanist – Or Monarchist: On Louis Althusser's 'Aleatory' Interpretation of The Prince /Mikko Lahtinen -- 21 Lectures machiavéliennes d'Althusser /Mohamed Moulfi -- 22 Machiavelli after Althusser /Banu Bargu -- 23 Gramsci's Machiavellian Metaphor: Restaging The Prince /Peter D. Thomas -- Index /Filippo Del Lucchese , Fabio Frosini and Vittorio Morfino.
In: Italian Political Science Review: Rivista italiana di scienza politica, Band 32, Heft 1, S. 141-151
ISSN: 0048-8402