Nella ricerca è stato analizzato un fenomeno emergente nel panorama delle politiche e della governance locali/urbane, consistente nell'avvio di percorsi di costruzione di urban food policies (UFPs) in Italia. Osservare un oggetto un processo di azione collettiva e azione pubblica locale che si trova ancora nelle sue fasi iniziali ha consentito di coglierne le caratteristiche tuttora in divenire e i fattori che ne stanno favorendo e ostacolando la diffusione. La ricerca ha guardato a questi percorsi da una prospettiva sociologica, che interpreta i rapporti tra politica e società nella risoluzione di questioni di interesse collettivo ponendo attenzione alle dimensioni politica, culturale ed economica dell'azione sociale e di governo e ai rapporti fra di loro. Sulla base di un approfondimento della letteratura sui processi di policy-making, sulla governance urbana, l'inclusione degli attori non-istituzionali, e il ruolo degli esperti nei processi di trasferimento di idee, conoscenze e soluzioni di policy tra contesti urbani diversi, le domande della ricerca hanno riguardato i fattori che favoriscono l'ingresso e la permanenza del tema nelle agende pubbliche e politiche, i rapporti tra istituzioni locali e attori non-istituzionali, le risorse politiche, cognitive e finanziarie necessarie a questi processi, e gli agenti e gli strumenti di trasferimento tra contesti diversi. Da questa angolazione stati analizzati i percorsi delle UFPs di Milano, Torino, Roma, Bergamo, Trento, Livorno e dei comuni toscani della "Piana del Cibo" (Lucca, Capannori, Altopascio, Villa Basilica e Porcari), oltre al ruolo della "Rete Italiana Politiche Locali del Cibo". La ricerca è stata condotta nel periodo 2019-2021 mediante l'analisi di documenti di vario tipo di organizzazioni internazionali, nazionali e locali, l'osservazione partecipante ad eventi pubblici (svolti in presenza e online durante i mesi della crisi pandemica da COVID-19) e 21 interviste con referenti dei percorsi locali, membri della Rete PLC e altri attori rilevanti nel panorama italiano. 3 I principali risultati della ricerca mostrano una interdipendenza tra gli attori dei processi basata sul possesso di risorse necessarie all'evoluzione di questi percorsi dalla fase di individuazione dei problemi di policy a quella delle azioni. In particolare, si è mostrata la rilevanza del ruolo del settore della ricerca pubblica e privata sia nella fase di ingresso del tema nelle agende pubbliche e politiche che nei processi di trasferimento di idee, conoscenze e soluzioni di policy (un ruolo condiviso in Italia con la Food Policy di Milano). Tuttavia, l'evoluzione da problemi ad azioni richiede una legittimazione pubblica da parte di imprenditori politici che esercitano una leadership sul processo, una condizione che, quando assente, rallenta e ostacola gli sforzi degli attori non-istituzionali. La ricerca evidenzia poi i limiti delle UFPs italiane in termini di congruenza tra la scala del problema (il sistema del cibo) e la scala delle risposte di policy (le competenze amministrative delle istituzioni locali) e di assenza di attori pubblici e privati nei processi. In conclusione, la ricerca delinea i principali elementi del meta-frame delle politiche locali urbane del cibo come cornice condivisa per l'azione di policy.
Nature in the city represents a crucial topic in defining citizens' quality of life. With the rise of new climate and energy challenges aimed at greater environmental sustainability, this issue has taken a renewed centrality in the urban environment as well. Urban Nature in Paris is a text on the socio-political trends affecting urban space and its relationship with nature, here understood with reference to vegetalisation. Individualization, representation, and global competition are thus the main tendencies that characterize the processes and practices of urban greening. These trends are strongly linked, even if these links are not always evident and obvious. On the one hand there is individualization, conceived as a new scale within which we try to frame contemporary processes of citizen participation in the care of urban green space; on the other hand there is representation, as a means through which to capitalize on and valorize the fragmented and individualized actions of urban greening; and finally there is global competition, in which urban nature from a simple sphere of local public action, becomes an international political arena in which some cities seek to assume leadership. Starting with an analysis of the dynamics that have appeared in recent years in Paris, this volume seeks to make these trends visible, showing the emergence, evolutions, relationships, and consequences, of these processes of urban greening.
L'individuazione delle città come principali motori di sviluppo e la consapevolezza che il loro ruolo è decisivo nel portare a termine gli obiettivi dell'Agenda europea urbana 2030 appare uno degli aspetti basilari affermati di recente dalla Comunità Europea. Le città, causa ed, al tempo stesso, soluzione della crisi economica, si trovano ad affrontare una doverosa quanto complessa sfida che ha una duplice veste: da un lato, la gestione di criticità quali l'accoglienza, l'integrazione sociale dei migranti, la povertà urbana, la disponibilità di alloggi a prezzi accessibili, il cambiamento demografico non solo negli aspetti quantitativi, ma anche nella sua composizione; dall'altro, il garantire un livello alto di benessere sia dell'ambiente naturale che antropico, ma soprattutto della comunità che vi abita, si relazione, si emoziona ed istaura legami. La nuova metodologia europea consente di sperimentare il ruolo di leadership che da tempo rivestono le città a livello istituzionale e nel contempo di facilitare loro l'arduo compito di coinvolgere e coordinare tutti i protagonisti, pubblici e privati, delle nuove economie urbane che dovranno partecipare alla costruzione ed implementazione di progetti di rigenerazione urbana condivisa. Il presente contributo indaga sugli strumenti attuativi delle politiche urbane europee e descrive il caso studio della città di Pozzuoli, in provincia di Napoli, e la strategia che adotterà, nell'ambito del programma europeo UIA, per operare sia una rigenerazione urbana di uno dei quartieri più poveri della città sia una rivitalizzazione socio-economica. ; The identification of cities as the main engine of development and the awareness that their role is decisive in completing the objectives of the European Urban Agenda 2030 is one of the basic aspects recently affirmed by the European Community. The cities, the cause and, at the same time, the solution to the economic crisis, are faced with a diligent and complex challenge that has a dual role: on the one hand, the management of critical issues such as reception, social integration of migrants, urban poverty, availability of affordable housing, demographic change not only in quantitative aspects, but also in its composition; on the other, to guarantee a high level of well-being both in the natural and anthropic environment, but especially in the community that lives there, relationships, emotions and relationships. The new European methodology allows you to experience the role of leadership that has long held the city at institutional level and at the same time facilitates the difficult task of involving and co-ordinating all the public and private actors of the new urban economies that will have to participate in the construction and implementation of shared urban regeneration projects. This contribution investigates the implementation tools of European urban policies and describes the case study of the city of Pozzuoli, in the province of Naples, and the strategy it will adopt, within the European UIA program, to operate urban regeneration in one of the most the poor of the city, and socio-economic revitalization.
The Faculty of Political Science of Florence – the oldest school of political and social science in Italy, founded in 1875 by Carlo Alfieri and named after his father Cesare – has a tradition of study that is widely recognised, even abroad, to which the cultural project of this series is related. The first book is dedicated to the research activity carried out by Luciano Cavalli and the profound traces that it has left on Italian and European sociology. Now Professor Emeritus, Luciano Cavalli taught and worked at the "Cesare Alfieri" for many years from 1966 on. Around his commitment as a "pioneer" of sociology in Italy he mustered an array of sociologists, active in different universities, many of whom have opened up new frontiers within the discipline and have successfully cultivated a dialogue with the other social sciences, as the contents of the book clearly illustrate. This extensive collection of essays offers a clear image of the fertile sociological work that burgeoned around the scientific commitment of Luciano Cavalli and was often generated by his own action of cultural stimulus. The three sections into which the book is divided – Portrait of an intellectual, The sociology of political phenomena and Sociological theory and social change – address issues of great relevance to the contemporary sociological debate. The rapport between the democratic construction of the modern State and the role and functions of the leadership, the relations between citizens and leaders, the various forms of the democratic institutional structures and the transformations of political culture are interwoven with the Neo-Weberian interpretation of the charisma theory that Cavalli masterfully proposed. Also particularly significant and topical are the critical reflections made by writers whose scientific itinerary has run parallel to that of Cavalli for decisive stretches, and who were and are bound to his teaching when they tackle arguments such as the changes in urban life, immigration and the problems of economic, political and social development in our times.
This work presents the results of a research regarding the élite of Asti and the cultural factors that determine its role in the local governance performance. Starting from determining the difficulties of this territory to elaborate a shared vision of a new and effective trajectory of future development, the research aimed at focusing on the dynamics of power and of shared meanings that hinder this process, with the purpose of identifying possible strategies of change. The composition and stratification of local elite and features of local decision-making process were identified through a mixed method approach, based on positional, reputational, decisional and social network analysis. The analysis of the elite's discourse about local development highlighted a strong polarization both concerning the self-representation of local power and the possible levers of development. On the one hand, an image of power as a closed system, almost exclusively focused on its self-reproduction, in contrast with a more flexible one, based on the management of a territory through local services administration. On the other hand, an expectation of development opportunities almost automatically arising from landscape and natural resources in contrast with an idea of development more based on the opportunities arising form cultural heritage (Palio and local theatre tradition), which could create synergies with University's and local tourism's development strategies.
This work presents the results of a research regarding the élite of Asti and the cultural factors that determine its role in the local governance performance. Starting from determining the difficulties of this territory to elaborate a shared vision of a new and effective trajectory of future development, the research aimed at focusing on the dynamics of power and of shared meanings that hinder this process, with the purpose of identifying possible strategies of change. The composition and stratification of local elite and features of local decision-making process were identified through a mixed method approach, based on positional, reputational, decisional and social network analysis. The analysis of the elite's discourse about local development highlighted a strong polarization both concerning the self-representation of local power and the possible levers of development. On the one hand, an image of power as a closed system, almost exclusively focused on its self-reproduction, in contrast with a more flexible one, based on the management of a territory through local services administration. On the other hand, an expectation of development opportunities almost automatically arising from landscape and natural resources in contrast with an idea of development more based on the opportunities arising form cultural heritage (Palio and local theatre tradition), which could create synergies with University's and local tourism's development strategies.
Per affrontare la generale condizione di crisi socio-economica, le comunità e le città riscoprono il valore strategico dei fattori localizzativi, quale condizione che favorisce la partecipazione delle piattaforme urbane alla competizione globale. Le istanze energetiche ed ambientali rilanciano il costruire nel costruito, suggerendo interesse prioritario per i vuoti urbani come le aree industriali dismesse. Se il locale non incide su queste priorità, è pronto un ritorno al protagonismo dello Stato. Nello scenario metropolitano di Roma, per esempio, si evidenzia il comprensorio di Colleferro, company town del Novecento, con vaste aree industriali dismesse: reti ed infrastrutture adeguate, paesaggi significativi quale esito della specifica storia industriale del sito. Il piano provinciale intende coinvolgerle per potenziare la piattaforma metropolitana di Roma: un intenso confronto locale e territoriale ricerca proposte operative. Da un lato si intende coinvolgere la filiera istituzionale su programmi urbanistici di intervento, riferimento di normativa consolidata ma non sempre efficiente nelle sue diverse caratterizzazioni, dall'altro si cerca di arricchire di valore la dimensione edilizia ritenuta più praticabile. Le criticità ambientali sono ampiamente governabili, ma di fronte ai tempi della crisi, il governo locale deve manifestare intensità e slancio, anche in vista delle possibilità di investimento che si prospettano con la nuova politica annunciata dalla BCE. ; In order to overcome the general socio-economic crisis, communities and cities are rediscovering the strategic role of location factors as a condition that promotes the participation of urban platforms to global competition. Energy and environmental policy improves the urban regeneration, suggesting priority interest for empty spaces such as the industrial brownfields. If local government doesn't affect these priorities, the return to the central leadership is already. In the scenario of metropolitan Rome, for example, the twentieth century company town of Colleferro highlights, with vast industrial brownfields, acceptable utilities and infrastructures, significant landscapes as the outcome of site-specific industrial history. The provincial plan intends to involve those wastelands to enhance the metropolitan platform of Rome: as a consequence an intense local and territorial debate is searching for operational proposals. On the one hand the debate intends to involve governments about some urban renewal programs, based on established rules but not always efficient in their various characterizations, on the other one the goal is valuing the building scale because considered more feasible. The critical environmental issues are largely manageable, but in the face at the times of the crisis, the local government must demonstrate strength and leadership, also in view of the investment opportunities that lie ahead with the new policy announced by the ECB.
ITALIANO: Il saggio affronta il problema del rapporto fra le larghe famiglie nobiliari e le "parrocchie gentilizie" a Genova esplorando il caso dei Doria e della chiesa di San Matteo, fondata nel 1125 e la cui ricostruzione è progettata nel 1278. Da un lato, sono passati in rassegna tre aspetti qualificanti l'aggregato familiare dei Doria per comprendere quale possa essere poi il ruolo della piccola chiesa nell'assestarsi di un più maturo coordinamento: posizioni egemoniche, di vertice e di comando nella città marinara e nel suo governo; dispersione e radicamento fuori Genova; spessore numerico, residenza e leadership. Dall'altro lato è considerato l'inserimento di San Matteo nella rete monastica non solo ligure di cui è a capo l'abbazia di San Fruttuoso e si valuta come la sua ricostruzione consenta di variegare le rilevanze interne ed esterne alla ramificata famiglia. La conclusione, grazie all'accostamento con le esperienze di altre importanti famiglie cittadine, mostra la singolarità di questo incontro e come occorra procedere a più ampie e sistematiche comparazioni, anche uscendo dal contesto genovese. / ENGLISH: The essay addresses the problem of the relationship between large aristocratic families and "noble parishes" in Genoa, by considering the case of the Doria and the church of San Matteo, founded in 1125 and whose reconstruction was planned in 1278. On the one hand, three qualifying aspects of the Doria kinship are examined in order to understand the role of the small church in enhancing the coordination of the group: i.e., positions of leadership and command in the maritime city and in its government; dispersion and presence outside Genoa; numerical strength, residence and leadership. On the other hand, the article considers the insertion of San Matteo in the monastic network (not only in Liguria) headed by the abbey of San Fruttuoso, and how its reconstruction allowed for the diversification of the large family internal and external relevance. The conclusion, thanks to the comparison with the experiences of other important urban families, shows the uniqueness of this case study and how broader and more systematic comparisons should be made, even outside the Genoese context.
L'obiettivo del seguente lavoro di tesi è l'approfondimento delle tematiche legate allo sviluppo dei green buildings nel contesto della Repubblica Popolare Cinese, attraverso lo studio dei sistemi di rating della famiglia LEED® e in particolare l'applicazione del redigendo protocollo GBC Historic Building™ al YuanMingYuan Apartment situato nel Bund di Shanghai, complesso di edifici d'inizio '900 situato sul fiume Huangpu nel cuore della città nell'area della vecchia Concessione Inglese di Shanghai. L'analisi è iniziata dallo studio del "Dodicesimo Piano Quinquennale (2011-2015)" e del "Dodicesimo piano quinquennale per l'ambiente: salute sul lavoro e piano nazionale di protezione ambientale" del Ministero della Protezione Ambientale della Repubblica Popolare Cinese, documenti fondamentali per la comprensione del contesto culturale in materia ambientale della Cina contemporanea e del crescente interesse, sia del Congresso Nazionale del Popolo che dell'opinione pubblica, per la tutela dell'ambiente. Con l'ausilio dei suddetti Piani Nazionali la Repubblica Popolare Cinese inizia a muoversi verso una nuova concezione di ambiente: questo passaggio, ancora in fase embrionale, dovrà accompagnare la Cina verso un nuovo modello di sviluppo che riesca a conciliare il desiderio di benessere della popolazione, lo sviluppo economico e la tutela dell'ambiente. Come sottolineato nel "The China Greentech Report 2013™" la nuova leadership politica, al potere da marzo 2013, ha l'opportunità di affrontare i problemi legati all'ambiente e apportare nuove misure per venire incontro alla crescente preoccupazione dell'opinione pubblica, senza dimenticare il desiderio di prosperità delle centinaia di milioni di cittadini cinesi che ancora non hanno beneficiato della crescita economica e che, ogni anno, si spostano dalle aree rurali verso le città in cerca di quel progresso ancora sconosciuto nelle aree più remote del paese. Secondo le stime del prestigioso "Preparing for China's urban billion" del McKinsley Global Institute entro il 2025 la popolazione delle aree urbane crescerà di 350 milioni e questo porterà la popolazione complessiva delle metropoli a toccare il miliardo d'unità aumentando proporzionalmente la domanda di nuovi edifici: entro il 2025 si pronostica la costruzione di 50.000 nuovi grattacieli, l'equivalente di dieci nuove New York. Attualmente l'edilizia rappresenta il 33% del consumo totale di energia nella Repubblica Popolare Cinese ed il suo impatto sull'ambiente ed il consumo di risorse è destinato a crescere: per questo motivo il Governo ha iniziato ad interessarsi ai green buildings ed ha fissato l'obiettivo, per il 2025, di arrivare a 1 miliardo di m^2 di edifici green. Il sistema LEED® (acronimo di "Leadership in Energy and Environmental Design"), sistema di certificazioni volontarie per la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione per la bioedilizia, rappresenta un metodo all'avanguardia per migliorare radicalmente sia l'impatto dell'edilizia sull'ambiente che il confort degli occupanti. Sviluppato dal US Green Building Council (USGBC) a partire dal 1998, gli standard LEED® sono stati applicati ad oggi in più di trenta paesi tra cui la Repubblica Popolare Cinese e l'Italia. Il seguente lavoro di tesi è stato svolto durante i tre mesi di intership presso lo studio di consulenza ambientale Bisagni Construction Technology Consulting Co. Ltd. (BEE) di Shanghai. Questa esperienza ha permesso di entrare in contatto con il "mondo LEED" e di comprenderne le dinamiche sia nella Repubblica Popolare Cinese che a livello globale. Nel nostro paese GBC Italia ha adattato i sistemi di rating LEED® alla realtà italiana facendo riferimento alla normativa nazionale ed europea e ha sviluppato, sempre prendendo spunto dal sistema LEED®, un nuovo protocollo a marchio, il GBC Historic Building™, applicabile ad edifici storici aventi almeno il 70% degli elementi tecnici esistenti costruiti prima del 1945. Per studiarne l'applicazione in Cina e, in particolare, a Shanghai è stato utilizzato come riferimento il YuanMingYuan Apartment: un edificio in stile "Queen Anne" del 1904 facente parte del complesso RockBund. Il complesso RockBund è costituito da 17 edifici risalenti ad inizio '900 e rappresenta uno dei progetti di ripristino di edifici storici più importanti di Shanghai e, data l'importanza del contesto, uno dei progetti di ripristino più all'avanguardia su tutto il territorio cinese. Nell'esaminare il YuanMingYuan Apartment, come prima cosa sono state effettuate analisi storiche e legislative per contestualizzare l'edificio e approfondire le normative, sia nazionali che locali, per la tutela degli edifici storici; in seguito sono state effettuate una serie di indagini sul campo, comprendenti l'analisi termografica e l'analisi illuminotecnica, per valutarne le prestazioni credito per credito. L'analisi sul campo ha avuto un ruolo centrale nell'approfondire la conoscenza dell'edificio e ha permesso di studiarne tutte le strutture, sia storiche che di nuova fattura, evidenziando le lacune nell'isolamento termico del YuanMingYuan Apartment. Dopo queste analisi si è giunti alla conclusione che il protocollo GBC Historic Building™ possa essere applicato all'edificio in questione, dato che il 74% delle strutture dell'edificio sono antecedenti al 1945, e che le problematiche riscontrate siano legate più a differenze culturali o gap legislativi che a difficoltà di natura tecnica. Quello che manca in Cina non è l'interesse verso il recupero degli edifici storici, ma un metodo da seguire e da cui trarre spunto per riqualificarli nel rispetto della loro integrità e per rendere il progetto di ripristino sostenibile dal punto di vista ambientale. Per questo motivo le difficoltà che sono state riscontrate nell'applicazione del protocollo al YuanMingYuan Apartment non devono essere considerate come limiti, ma piuttosto come sfide da superare al fine di promuovere un miglioramento delle pratiche convenzionali di ripristino dei palazzi storici integrandone il concetto di sostenibilità ambientale. E' possibile quindi sostenere che il protocollo GBC Historic Building™ possa, nel tempo, divenire un nuovo metodo applicabile, indipendentemente dal contesto geografico, su tutto il territorio della Repubblica Popolare Cinese.
Negli anni 2000 la popolazione mondiale supera i 7 miliardi e i migranti internazionali sono ogni anno oltre 200 milioni. Sono in buona parte persone che partono da un paese dell'Asia o dell'Africa per approdare in un altro dello stesso continente. I flussi migratori intercontinentali in partenza da Asia, Africa, America Latina e Est Europa hanno come mete privilegiate Nord America ed Europa Occidentale. La stessa Italia è meta di flussi provenienti principalmente da Africa, Asia e dall'Est Europeo. Il libro analizza dati, senso e significati di queste migrazioni internazionali. Ne documenta sviluppi planetari e approdi in Italia. Approdi che includono il territorio di Roma Capitale e del suo Rione Esquilino. "Quartiere" del centro storico che è divenuto luogo simbolico dell'immigrazione a Roma, di confronti tra interessi e tra culture, di sfide sociali e relazioni politiche proprie delle trasformazioni di portata planetaria della realtà sociale contemporanea. Confronti, sfide e relazioni configurate modellando socialmente, culturalmente e politicamente la struttura urbanistica di Esquilino realizzata tra fine XIX e inizio XX secolo. Ne sono parte attiva residenti autoctoni –con significative quote di classe media- migranti, per lo più cinesi e bangladesi, che vi risiedono, lavorano o studiano, vi hanno installato negozi e altri esercizi. Tutti, migranti e non, vitalizzano un'area con reperti archeologici, Basiliche Vaticane, Scuole, Università e centri di ricerca, ma anche con rilevanti segni di degrado urbano e destrutturazione sociale. La presenza di migranti cinesi a Roma rimanda nel libro all'evoluzione di flussi migratori avviati a fine XIX secolo, interdetti nella RPC di Mao Zedong e ripresi con la leadership Deng Xiaoping. Il loro arrivo in Italia prende rilievo da fine XX secolo con l'inserimento nel paese di cittadini RPC, lavoratori, imprenditori di aziende -connesse a volte a imprese locali- anche partecipi dell'espansione planetaria dell'economia cinese. Presenze di cittadini e aziende di cui si analizzano in Italia e a Esquilino senso e significati prodotti nel costruire la vita sociale. Lo stesso intento perseguito nel libro presentando i flussi migratori bangladesi, che hanno per meta prima -nel periodo postcoloniale- soprattutto il Regno Unito e, poi, anche aree petrolifere dell'Asia o altri paesi dell'Europa Occidentale. I primi significati arrivi in Italia si registrano a fine XX secolo, avviando la presenza di lavoratori, di imprese, luoghi associativi e di culto di bangladesi in aree urbane come Roma. La loro presenza a Esquilino, inclusiva anche di residenti, suscita, come nel caso dei cinesi, l'ostilità di una parte degli italiani e l'interesse di altri intenzionati a stabilire relazioni comunicative proprie di società multiculturale. Gli italiani sono la larga maggioranza dei residenti di Esquilino, dove negozi ed esercizi di diverso tipo connotati come italiani sono più numerosi dei riconducibili ad altre nazionalità. Un contesto di cui sono partecipi iniziative e asserzioni di segno contrapposto che, dedicate a temi come gli assetti urbani e la presenza di migranti, si svelano nei discorsi e nelle iniziative di singoli, associazioni, centri di supporto sanitario e di altro tipo, comitati e altre organizzazioni condotte da italiani. In un'area centrale di Roma si palesano in questo modo forme espressive di componenti costitutive della vita sociale da considerare attraverso nuovi paradigmi interpretativi della costruzione, non priva di tensioni e conflitti, della realtà sociale contemporanea.
L'articolo propone una riflessione sulla necessità di un approfondimento scientifico sulle prospettive di cambiamento necessarie a qualsiasi modello di sostenibilità.Nello scenario attuale, la prospettiva della sostenibilità, infatti, sembra sempre più orientata a modificare o quantomeno a mettere in discussione gli attuali modelli di crescita socioeconomica.A voler sintetizzare all'estremo, si tratta di prendere coscienza del fatto che gli attuali stili di vita debbano necessariamente modificarsi, se realmente si vuole tentare di ammortizzare gli effetti dell'irresponsabile gestione del territorio e delle città sulle generazioni che seguiranno la nostra.La questione non è affatto semplice e non è avulsa da polemiche e contrasti politici, sostanzialmente pronti ad individuare nella cultura occidentale e nell'economia capitalista conseguente la fonte di tutti i mali.Obiettivo di questo articolo è provare a riflettere sulle modalità che potrebbero contrastare le criticità derivanti da stili di vita negativamente incidenti sugli elementi territoriali ed ambientali.A tale scopo nell'articolo vengono esaminati report ed iniziative (bottom-up o top down) particolarmente significativi nella ricerca di stili di vita sostenibili.Gli esempi esaminati nell'articolo hanno obiettivi comuni sostanzialmente riconducibili da un lato all'urgenza di rispondere al cambiamento climatico globale, dall'altro di ridurre l'eccessiva dipendenza dal petrolio e dalle economie connesse al suo consumo. Differente è la metodologia per verificare quale e quanto sia l'impegno dei governi e dei singoli individui per raccogliere questa sfida.Ciò che emerge è il peso, ma soprattutto il ruolo attivo dell'azione collettiva nell'individuazione delle possibilità di fronteggiare l'emergenza ambientale che coinvolge tutte le città attuali.Le nostre città, tra l'altro, si avviano ad essere megalopoli di milioni di abitanti, come prospettano gli scenari messi a punto dal centro di ricerca britannico Forum for the Future. Per governare il cambiamento inevitabile di questi sistemi urbani dalle grandi dimensioni sarà necessario che i poteri amministrativi siano sempre più diretti, come evidenzia il rapporto del Cities Climate Leadership Group. Così come sarà necessaria una revisione degli stili di vita per "migrare" verso condizioni di vivibilità più "sostenibili" come dimostra l'esperienza delle transition town.I segnali del cambiamento ci sono, seppure in maniera ancora a volte isolata e circoscritta e non sufficientemente sostenuti da approfondimenti scientifici né da strategie politiche.La possibilità di sviluppare un percorso di ricerca in tale direzione andrebbe valutata. ; "If you think green you move green". This could be the slogan to summarize the goal this article try to affirm. Green mobility should be a new way of thinking and living tending to state a new culture of moving. Making people aware of environmental and social impacts of unsustainable travel choise and educating people are the key of success for any sustanable policy. Starting from this consideration this article selects and examimes some reports and documents that are particularly significant in research for greener ways of living. As shown in Ifort report on Usance of italian in mobility, car trips are always predominant over other ways of moving even though an inclination towards the change in using the car has been pointed out. Transport is the fastest growing sector in term of energy use and it is also the sector producing about 300 million tonnes of CO2 per year in the cities. The european commitment to achive at least a 20% reduction in greenhouse gas emissions in 2020 calls to do something about this situation.Somethings is happening at least at social level. People seem to be more conscious and disposable to modify own lifestyle, at same time is hard to please and less patient toward timimg of governmental procedures. This is "the social capital" able to govern the changement towards more livable cities.The experience of transition towns for example shows a "bottom down" solution based on engagement in changing actual development model strongly dependent on oil. The experiment involves about seven hundred cities around the world and is also expanding in Italy. It is a cultural movement that involves the community in accordance with local government. In the transition town model, collective action plays both a significant and active role in identifying the possibility to address the environmental emergency that involves all the existing cities.Other examples discussed in this article refer to "bottom up" solutions to tackle climate change in which the transport sector bears a heavy responsibility. These reports have all the same target - the urgency to respond to global climate change in urban centers- but different methodology to test how and how much is the commitment of govern and people to meet this challenge.What stands out is the awareness that current lifestyles must necessarily change in order to assure vivibility to the future generations.This article attempts to stimulate the attention of the scientific field about the possibilities that an in-depth study dealing with signals of changement may have.
"If you think green you move green". This could be the slogan to summarize the goal this article try to affirm. Green mobility should be a new way of thinking and living tending to state a new culture of moving. Making people aware of environmental and social impacts of unsustainable travel choise and educating people are the key of success for any sustanable policy. Starting from this consideration this article selects and examimes some reports and documents that are particularly significant in research for greener ways of living. As shown in Ifort report on Usance of italian in mobility, car trips are always predominant over other ways of moving even though an inclination towards the change in using the car has been pointed out. Transport is the fastest growing sector in term of energy use and it is also the sector producing about 300 million tonnes of CO2 per year in the cities. The european commitment to achive at least a 20% reduction in greenhouse gas emissions in 2020 calls to do something about this situation.Somethings is happening at least at social level. People seem to be more conscious and disposable to modify own lifestyle, at same time is hard to please and less patient toward timimg of governmental procedures. This is "the social capital" able to govern the changement towards more livable cities.The experience of transition towns for example shows a "bottom down" solution based on engagement in changing actual development model strongly dependent on oil. The experiment involves about seven hundred cities around the world and is also expanding in Italy. It is a cultural movement that involves the community in accordance with local government. In the transition town model, collective action plays both a significant and active role in identifying the possibility to address the environmental emergency that involves all the existing cities.Other examples discussed in this article refer to "bottom up" solutions to tackle climate change in which the transport sector bears a heavy responsibility. These reports have all the same target - the urgency to respond to global climate change in urban centers- but different methodology to test how and how much is the commitment of govern and people to meet this challenge.What stands out is the awareness that current lifestyles must necessarily change in order to assure vivibility to the future generations.This article attempts to stimulate the attention of the scientific field about the possibilities that an in-depth study dealing with signals of changement may have. ; L'articolo propone una riflessione sulla necessità di un approfondimento scientifico sulle prospettive di cambiamento necessarie a qualsiasi modello di sostenibilità.Nello scenario attuale, la prospettiva della sostenibilità, infatti, sembra sempre più orientata a modificare o quantomeno a mettere in discussione gli attuali modelli di crescita socioeconomica.A voler sintetizzare all'estremo, si tratta di prendere coscienza del fatto che gli attuali stili di vita debbano necessariamente modificarsi, se realmente si vuole tentare di ammortizzare gli effetti dell'irresponsabile gestione del territorio e delle città sulle generazioni che seguiranno la nostra.La questione non è affatto semplice e non è avulsa da polemiche e contrasti politici, sostanzialmente pronti ad individuare nella cultura occidentale e nell'economia capitalista conseguente la fonte di tutti i mali.Obiettivo di questo articolo è provare a riflettere sulle modalità che potrebbero contrastare le criticità derivanti da stili di vita negativamente incidenti sugli elementi territoriali ed ambientali.A tale scopo nell'articolo vengono esaminati report ed iniziative (bottom-up o top down) particolarmente significativi nella ricerca di stili di vita sostenibili.Gli esempi esaminati nell'articolo hanno obiettivi comuni sostanzialmente riconducibili da un lato all'urgenza di rispondere al cambiamento climatico globale, dall'altro di ridurre l'eccessiva dipendenza dal petrolio e dalle economie connesse al suo consumo. Differente è la metodologia per verificare quale e quanto sia l'impegno dei governi e dei singoli individui per raccogliere questa sfida.Ciò che emerge è il peso, ma soprattutto il ruolo attivo dell'azione collettiva nell'individuazione delle possibilità di fronteggiare l'emergenza ambientale che coinvolge tutte le città attuali.Le nostre città, tra l'altro, si avviano ad essere megalopoli di milioni di abitanti, come prospettano gli scenari messi a punto dal centro di ricerca britannico Forum for the Future. Per governare il cambiamento inevitabile di questi sistemi urbani dalle grandi dimensioni sarà necessario che i poteri amministrativi siano sempre più diretti, come evidenzia il rapporto del Cities Climate Leadership Group. Così come sarà necessaria una revisione degli stili di vita per "migrare" verso condizioni di vivibilità più "sostenibili" come dimostra l'esperienza delle transition town.I segnali del cambiamento ci sono, seppure in maniera ancora a volte isolata e circoscritta e non sufficientemente sostenuti da approfondimenti scientifici né da strategie politiche.La possibilità di sviluppare un percorso di ricerca in tale direzione andrebbe valutata.
Dottorato di ricerca in Storia d'Europa: società, politica, istituzioni (XIX - XX secolo) ; La ricerca realizzata ha inteso studiare, in un'ottica di lungo periodo e in una prospettiva complessiva, ciò che ha rappresentato l'esperienza del fascismo in un contesto territoriale periferico e non omogeneo, di cui è espressione quel segmento dell'Umbria meridionale costituito in provincia nel gennaio 1927. Tale area si è rivelata un case study esemplare, in grado di offrire interessanti spunti interpretativi. In effetti, all'unico grande polo industriale della provincia, compreso nel territorio della conca ternana, si contrappone la restante parte del territorio provinciale, comprendente città come Orvieto e Amelia, contrassegnate da consolidate relazioni con le regioni limitrofe, espressione di un'Umbria verde, agricola e mezzadrile, ma anche francescana, terra d'arte, di misticismo, ritenuta dalla pubblicistica di regime "cuore" dell'Italia fascista. A partire da ciò, si è creduto opportuno impostare la ricerca attorno a tre questioni principali, ritenute essenziali per cogliere aspetti e dinamiche della società locale nel ventennio mussoliniano. Per fare questo è stata definita una griglia interpretativa funzionale a verificare il ruolo del Pnf nel quadro del rapporto centro-periferia, continuità-rottura. Si è così puntato a esaminare come il fascismo abbia influito sui processi di formazione e consolidamento dei ceti dirigenti locali, verificandone la capacità di rapportarsi con le vecchie élites, di promuoverne di nuove o, magari, di fare coesistere entrambe. Si è poi cercato di approfondire il ruolo che il partito ha svolto in ambito locale, la sua capacità di inserirsi nelle diverse dinamiche territoriali, di creare e controllare reti clientelari e, soprattutto, di rapportarsi con le due realtà che rimangono fuori dal suo controllo, il grande gruppo polisettoriale rappresentato dalla "Terni" polisettoriale di Bocciardo e la Chiesa locale, il tutto al fine di conseguire i propri obiettivi totalitari. Infine, si è affrontata la questione del consenso. In questo senso, è stato preso in considerazione non soltanto il ruolo della violenza attuata dal fascismo per conquistare il potere e la stessa azione repressiva dispiegatasi negli anni del regime, che si dimostra concreta e reale come è normale in una situazione di dittatura, ma si è provato a fare luce sul dissenso e sulle aree di rassegnazione o di consenso tiepido che sembrano persistere nella società locale. Nel procedere si è poi cercato di coniugare la storia politicoistituzionale con quella sociale e in parte economica, attraverso un costante lavoro di analisi e incrocio delle fonti studiate, scelta ritenuta utile per conseguire gli obiettivi prefissati. Certamente, la riflessione sulle origini, l'affermazione, il consolidamento del fascismo in provincia di Terni, offre sostanziali conferme a quanto una parte della storiografia aveva proposto. Nell'Umbria meridionale il fascismo, nei suoi vertici, sorge e si afferma come punto d'incontro dei ceti dominanti tradizionali. Esso si afferma in quanto strumento della reazione agraria e dei gruppi industriali monopolistici di 2 fronte alla conflittualità contadina e operaia e al dilagare del socialismo. La sconfitta delle élites politiche tradizionali alle elezioni politiche del 1919 e a quelle amministrative del 1920, che seguiva l'effervescenza sociale del biennio rosso; la stipula del patto colonico del 1920 sfavorevole per gli agrari; la stessa esperienza, sebbene breve e contraddittoria, dell'occupazione delle fabbriche, sullo sfondo di una situazione economica difficile, ne determina la reazione, che si concretizza per l'appunto nell'adesione al fascismo. Dapprima nella versione squadrista, capace di sconfiggere sul piano militare gli oppositori, anche grazie al diffuso sostegno degli apparati di sicurezza dello Stato, quindi come blocco elettorale e nuova struttura politica in grado di conquistare il potere, il fascismo si configura come una sorta di union sacrée contro il "bolscevismo", in cui confluiscono conservatorismo agrario ma anche impulsi industrialisti e modernizzatori. Più concretamente, esso viene accorpando tutte quelle correnti politiche, contrapposte tra loro nel primo quindicennio del secolo, che avevano costituito il frastagliato universo giolittiano. In questo senso, come l'analisi dei vertici del Pnf provinciale e degli amministratori locali ha permesso di verificare, sino al 1927 a essere protagonisti sulla scena politica locale sono le forze che tradizionalmente facevano parte del blocco agrario. In primo luogo i proprietari terrieri, molti dei quali appartenenti alla nobiltà, a cui si affiancano esponenti della borghesia delle professioni, le cui proprietà erano cresciute a cavallo tra Ottocento e Novecento, nonché alcuni settori espressione diretta del mondo rurale, come gli agenti di campagna, i fattori, ma anche quei contadini che nei primi anni venti erano riusciti ad accedere alla proprietà della terra. In provincia di Terni quindi, dalla conquista fascista sino all'introduzione della riforma podestarile ma, in gran parte, anche dopo, la presenza ai vertici delle amministrazioni municipali e di quella provinciale di esponenti del notabilato locale, essenzialmente aristocratici, proprietari terrieri, professionisti, si rivela dato costante che permette di accomunare la provincia di Terni a realtà come la Toscana, l'Emilia-Romagna e, anche, a parte dell'Italia meridionale. L'attuazione della riforma podestarile, con le prerogative concesse al prefetto nella nomina dei vertici delle amministrazioni comunali, non sembra variare di molto la situazione, almeno nella prima fase di attuazione della riforma. Come è emerso nei comuni della provincia di Terni, il criterio seguito dai prefetti per l'individuazione dei podestà era connesso con la rilevanza sociale ed economica riconosciuta in una comunità ai candidati alla carica che, senza dubbio, un titolo nobiliare e una professione adeguata erano in grado di assicurare, anche magari a scapito della mancanza di qualche requisito previsto dalla legge istitutiva della riforma podestarile. In questo senso, sembra dunque perpetuarsi un modello burocratico e ottimatizio insieme, grazie al quale il fascismo intendeva presentarsi alle comunità locali con un volto rassicurante, al fine di accattivarsi il favore della popolazione. L'analisi prosopografica dei profili relativi a presidi, consultori provinciali, podestà, membri delle consulte municipali, per il periodo 1926-1943, ha reso possibile definire un quadro che vede sostanzialmente confermata l'analisi fatta in una prospettiva nazionale da Luca Baldissara ormai più di una decina di anni 3 fa1. E' cosi emerso il carattere di classe della rappresentanza politico-amministrativa fascista in questi anni, sebbene con alcune differenze effetto delle specificità socioeconomiche caratterizzanti l'area esaminata. Nello specifico, l'esame condotto sul corpus di 147 amministratori (78 podestà e 69 commissari prefettizi) che si succedono nei Comuni della provincia nell'arco di tempo considerato, ha permesso di tracciare l'identikit di un funzionario con un'età compresa tra i quaranta e i cinquanta anni; in possesso di un titolo di studio elevato (laurea o diploma di scuola superiore); in cui la proprietà della terra riveste un ruolo essenziale, coerentemente al tessuto socio-economico prevalente in provincia, e in cui dal punto di vista della professione esercitata appare predominante la figura del libero professionista (in genere avvocato e notaio). Forte è poi il legame dei podestà con il Pnf, più della metà del campione individuato risulta nel partito dal biennio 1920-1922; al tempo stesso, la maggioranza delle designazioni effettuate dai prefetti avviene in accordo con la federazione provinciale fascista. Sembra quindi delinearsi un quadro d'assieme che nel corso degli anni trenta, in gran parte della provincia, vede la predominanza delle gerarchie notabilari nella gestione del potere locale. Da tale situazione si discosta in parte l'area industriale compresa tra Terni e Narni, in cui come avviene in altri contesti urbani o regionali, attraverso il Pnf si assiste all'ascesa di personalità espressione della media e piccola borghesia urbana, per i quali l'istituto podestarile diventa uno strumento di promozione sociale e di affermazione nella gerarchia del potere locale. L'immagine del governo locale che si profila non è però statica, appare invece dinamica e contrassegnata da una forte conflittualità che, a vari livelli, si dimostra uno dei tratti comuni percepibili sotto l'apparente pacificazione realizzata dal fascismo. La forte instabilità presente nelle amministrazioni comunali della provincia di Terni, attestata dall'elevato numero di commissari prefettizi e di podestà retribuiti che si succedono, è testimonianza non solo delle difficoltà incontrate dai prefetti nella selezione di un ceto dirigente adeguato ma, soprattutto, del tentativo delle élites tradizionali, attraversate da interessi diversi e relazioni clientelari e familiari molteplici, di resistere all'azione omologatrice del regime. Indubbiamente, lo Stato fascista, attraverso la promozione di un modello di podestà fondato su competenza, capacità di agire, allineamento alle direttive dei vertici, in nome della proclamata modernizzazione puntava a ricondurre le periferie sotto il controllo del centro. Ecco allora che la ricerca di una concreta azione di governo delle amministrazioni locali, frequentemente sollecitata dal prefetto, da perseguire, ad esempio, attraverso la realizzazione di opere pubbliche funzionali alla mobilitazione di settori diversi della società, diventava il riferimento attraverso cui misurare l'efficienza e, soprattutto, "l'operosità" degli amministratori locali. L'elevato turnover dei podestà rappresenta pertanto una spia che si presta a misurare significativamente le difficoltà incontrate dal regime nell'affermare la propria azione in periferia. Non di rado tuttavia l'intervento del prefetto sui podestà si rendeva necessario per stroncare le lotte intestine e di fazione che si scatenavano all'interno delle élites locali per la gestione del potere. Le modalità attraverso cui tali scontri si manifestano sembrano esprimere dinamiche del conflitto omogenee a quanto accertato da altri studi 1 Luca Baldissara, Tecnica e politica nell'amministrazione. Saggio sulle culture amministrative e di governo municipale fra anni Trenta e Cinquanta, Il Mulino, Bologna 1998. 4 riguardanti realtà comunali, provinciali e regionali diverse. Esse assumono la forma di lettere, esposti, denunzie anonime, che divengono lo strumento di lotta principale tra le fazioni in una dimensione comunale ma, come è stato accertato in chiave provinciale, anche tra i rappresentanti dei diversi poteri locali, oltre che all'interno degli stessi vertici della federazione fascista ternana. A partire dal 1927, con la nascita della Provincia e l'insediamento di istituzioni politiche e amministrative nella città capoluogo, anche per il fascismo locale inizia una fase nuova, l'esame della quale ha permesso di meglio comprendere come in questa realtà si viene definendo il rapporto con il centro. La genesi della nuova entità territoriale è frutto di una serie di variabili legate, da un lato, alle esigenze politiche amministrative dello Stato fascista divenuto regime; a cui si sovrappongono le dinamiche conflittuali interne al fascismo regionale, che portano alla pacificazione dello stesso e alla nascita della federazione provinciale del Pnf. Infine, un ruolo determinante lo ha l'affermazione della "Terni" polisettoriale, vero e proprio potere forte nella nuova provincia, in grado di dare vita a un originale sistema di fabbrica a metà strada tra paternalismo assistenziale e truck-system. Con essa il regime dialoga direttamente, baypassando la neonata federazione provinciale del Pnf e, se necessario, intervenendo per normalizzarla, come dimostra esemplarmente la vicenda politica e personale di Elia Rossi Passavanti, primo federale e podestà di Terni. In questo senso, la ricostruzione dei percorsi personali e professionali dei vertici dell'amministrazione statale (prefetti e questori), degli organi politici (federali, vicefederali, segretari amministrativi, componenti del Direttorio della federazione fascista) ed economici (membri del consiglio provinciale dell'economia, di quello delle corporazioni e del principale istituto bancario del capoluogo), è stata preziosa per le riflessioni che permette di realizzare rispetto al ruolo avuto dal Pnf in provincia e, specialmente, alle dinamiche politiche che si innescano nei rapporti che il partito instaura con le altre autorità, a cominciare da quella prefettizia. Proprio con riferimento ai prefetti, si è potuto osservare che sui nove che si succedono in provincia di Terni nel periodo considerato, ben sei provengono dal Pnf. Tale fatto non sottende necessariamente un'automatica collaborazione con la federazione fascista, quanto piuttosto sembra rispondere all'esigenza del centro di superare i contrasti esistenti tra la federazione fascista e la prefettura che, invece, è situazione ricorrente in provincia. Nel contempo, il succedersi di dodici federali alla guida del partito è prova di una significativa instabilità, dato peraltro ulteriormente confermato dalla netta prevalenza di personalità estranee all'ambiente locale, ben nove. Questo fatto non esprime solo una certa debolezza del fascismo locale, incapace di fornire un ceto dirigente adeguato, ma dimostra la stessa evoluzione che subisce la figura del segretario federale, nei termini di una spiccata professionalizzazione inquadrabile nel più generale contesto di crescente burocratizzazione del Pnf funzionale a consolidarne il ruolo di mediazione e di intervento nell'amministrazione dello Stato, che si rivela uno dei tratti tipici del Pnf staraciano. In questo senso, le guerre che si scatenano tra prefetto e federale nel corso degli anni trenta, ad esempio per la questione delle nomine dei podestà, in cui ruolo determinante lo acquista ancora una volta l'arma dell'esposto e della lettera anonima, attestano il tentativo portato avanti dal partito di far sentire il proprio peso al fine se non di sovrapporsi, quanto meno di affiancare lo Stato in periferia. Affiora così quella di5 mensione policratica che si configura come uno degli elementi caratterizzanti la politica in periferia negli anni del regime. Nonostante i contrasti che si scatenano tra i poteri, le lotte intestine all'interno del Pnf, la cronica debolezza dimostrata dai ceti dirigenti, la federazione provinciale fascista nel corso degli anni trenta riesce comunque a essere vitale e in grado di esercitare il proprio ruolo ai fini della fascistizzazione della società locale. D'altra parte, ai vertici del partito se si escludono i federali e i loro più stretti collaboratori, le restanti cariche continuano a essere gestite in larga parte dal medesimo nucleo originario fascista, fatto di appartenenti al ceto agrario e alla borghesia delle professioni provenienti, per la maggior parte, dall'area ternana. Ciò attesta lo scarso ricambio generazionale esistente all'interno della federazione, ma anche il peso politico ed economico ricoperto dal capoluogo rispetto all'intera provincia. Questi dirigenti fanno parte dei diversi Direttori federali che si succedono e, talvolta, ricoprono contemporaneamente, laddove la legislazione lo consente, incarichi in organismi quali il Consiglio provinciale dell'economia o, anche, alla guida della principale banca locale. Ai vertici del partito il peso degli appartenenti a settori della piccola borghesia e del ceto operaio è invece minore. Soltanto con l'approssimarsi del secondo conflitto mondiale, si fanno strada figure espressione del ceto impiegatizio, ma anche tecnici e qualche sindacalista con alle spalle una carriera nell'apparato burocratico della federazione provinciale, i quali assumono incarichi di un certo peso, come quello di segretario amministrativo o di componente del Direttorio. In questo modo sembra prefigurarsi, sebbene in maniera timida e non paragonabile a quanto accade in altre province, l'affermazione «dal basso e dalle periferie [di] una nuova classe dirigente del regime totalitario»2. Nel corso degli anni trenta dunque, sebbene tra molteplici difficoltà di natura anche economica, il Pnf riesce a dare vita in provincia a una struttura organizzativa in grado di penetrare e inquadrare la società locale. Peraltro, l'afflusso costante di contributi concessi da enti pubblici diversi (amministrazioni provinciali, comunali, Consiglio provinciale dell'economia) e soggetti privati (la Società "Terni" in primo luogo, ma anche altre aziende) a un partito alla continua ricerca di risorse, che la documentazione amministrativa della federazione ternana ha permesso di verificare, rappresenta testimonianza esemplare degli sforzi profusi dal regime per rendere il Pnf un volano di sviluppo del peculiare welfare funzionale alla fascistizzazione della società locale. In questa prospettiva, il rapporto con la Società "Terni" si è rivelato una chiave di lettura che non è possibile trascurare se si vuole comprendere la natura dell'esperienza fascista in provincia di Terni. Si è visto che la stessa nascita della nuova Provincia è connessa alla questione del controllo delle acque del sistema Nera-Velino, presupposto essenziale per la creazione dell'impresa polisettoriale; così come la stipula della convenzione tra il Comune di Terni e la società guidata da Bocciardo, sanziona di fatto in maniera prepotente la forza non solo della grande azienda, ma l'affermazione dello stesso "centro" sulla "periferia". Da quel momento e anche dopo l'inserimento della "Terni" nel sistema delle partecipazioni statali attra- 2 Marco Palla, Il partito e le classi dirigenti, in Renato Camurri, Stefano Cavazza, Id. (a cura di), Fascismi locali, "Ricerche di Storia politica", a. X, nuova serie, dicembre 2010, 3/10, p. 296. 6 verso l'Iri, operazione che garantì allo Stato il controllo pubblico sull'azienda e sul suo assetto produttivo, la grande impresa per il fascismo ma, più in generale, per la stessa società locale diventa emblematicamente una madre-matrigna. Essa viene percepita come un complesso capitalistico che invade la città e, con i suoi vertici, in grado di dialogare con il centro e, anche, direttamente con il duce, si pone rispetto al Pnf locale in una situazione super partes. Non è così casuale che i federali presentino come risultato della loro azione politica i buoni rapporti che riescono a intrattenere con i vertici aziendali, i quali peraltro si dimostrano costantemente impermeabili all'influenza della federazione fascista. D'altra parte, a partire dalla stipula della convenzione del 1927 e per tutto il decennio successivo la "Terni", insieme al partito, appare senza alcun dubbio uno dei pilastri del regime in provincia. Non soltanto sostiene la federazione provinciale con contributi costanti, essenziali per assicurargli la possibilità di svolgere la propria azione sul territorio; ma, più in generale, con tutto il suo peso di grande gruppo polisettoriale sposa in pieno le politiche economiche, sindacali, sociali del regime, garantendo allo stesso le condizioni per affermare «un sistema di aggregazione/costruzione del consenso/controllo sociale e politico che si adegua al modello del regime reazionario di massa»3. In queste dinamiche si inserisce anche, per quanto è stato possibile accertare in relazione alle fonti disponibili, l'atteggiamento tenuto dalla Chiesa cattolica locale nei riguardi del fascismo. L'analisi condotta con riferimento specifico alla diocesi di Terni-Narni e al vescovo Cesare Boccoleri che la guida nel Ventennio fascista, ha permesso di accertare che, come succede in altre diocesi italiane e coerentemente con le scelte fatte dai vertici vaticani, la Chiesa ternana sembra tenere una posizione di sostanziale appoggio al fascismo e di collaborazione con il Pnf. Ciò emerge in maniera evidente in alcuni momenti: ad esempio, in occasione delle campagne promosse dal regime sul terreno economico e sociale, come per la Battaglia del grano e, soprattutto, dopo la stipula del Concordato, o nel corso della guerra d'Etiopia e di Spagna. Al tempo stesso, anche quando si hanno tensioni nei rapporti tra Stato e Chiesa (per effetto della crisi del 1931 sulle prerogative dell'Azione cattolica o in occasione dell'introduzione delle leggi razziali), le conseguenze concrete per la Chiesa locale sono di scarso rilievo e, comunque, tali da non incidere sostanzialmente sulla natura dei rapporti esistenti con la federazione fascista. Anche la Chiesa locale quindi, sebbene con l'obiettivo di preservare e, per quanto possibile, incrementare la presenza cattolica nella società locale, contribuisce nella sostanza a consolidare e, anche, ampliare il consenso al regime. In particolare, essa si dimostra attiva nel favorire, specialmente nelle aree rurali, quell'azione di «modernizzazione politica» di natura reazionaria, conseguenza del tentativo di organizzazione della società italiana secondo criteri gerarchici e accentratori, che il fascismo è impegnato a portare avanti in periferia. Certamente, un ruolo essenziale ai fini della creazione e, soprattutto, del mantenimento del consenso lo esercita anche la costante opera di vigilanza e repressione di ogni forma di dissenso organizzato e di attività politica di opposizione, che si attua in provincia per opera degli apparati di sicurezza dello Stato fascista. Tale azione si rivela particolarmente efficace se negli anni del regime solo i comunisti, essenzial- 3 Renato Covino, L'invenzione di una regione, Quattroemme, Perugia 1995, p. 58. 7 mente nell'area industriale ternana, riescono a mantenere in vita, per quanto a fatica e in misura ridotta, una forma di opposizione organizzata. E tuttavia, il fatto che continuamente le autorità, sebbene nell'ambito del riconoscimento di quanto fatto dalle diverse organizzazioni del partito a favore del ceto operaio, lamentassero l'inadeguato grado di "comprensione fascista", quando non la scarsa fascistizzazione dei lavoratori delle industrie ternane e la loro "pericolosità" politica, sembra essere la conferma implicita di come in provincia, non solo non scompare l'insofferenza e il dissenso, anche politicamente organizzato, ma, più in generale, sotto la camicia nera, a prescindere dalla propaganda e dall'attività delle differenti istituzioni del regime, non vengono meno nemmeno gli interessi molteplici che contrassegnano la società locale e le diverse realtà presenti sul territorio. In ultima analisi, il fascismo locale appare in grado di esercitare un ruolo attivo nel disegno di fascistizzazione della società, coerentemente con l'accelerazione nel processo di creazione dello Stato totalitario di cui è strumento il Pnf staraciano. Il partito si rivela dunque un vero e proprio centro di potere, espressione di un regime autoritario e tendenzialmente totalitario, con cui, inevitabilmente, tutti i cittadini si trovano a confrontarsi per le necessità della vita quotidiana: in altre parole, a dover essere, almeno una volta nella vita, fascisti. ; This research project is an in-depth study, in a comprehensive and long-term perspective, of what Fascism represented at a local level in a peripheral and non-homogeneous context, as in the case of the Southern Umbria areas, established as an administrative province in 1927. This specific geographical district flagged-up all the prerequisites for an exemplary case study, featuring several significant explanatory points. To this unique large provincial administrative industrial hub located within the Terni basin, other districts, part of the same province, remained juxtaposed. Within their respective areas, these districts included towns such as Orvieto and Amelia, which had strong links with the neighbouring communities, representing the rural, agricultural and mezzadrile aspects of Umbria, land of Saint Francis of Assisi, rich in art and religious meanings, which the Fascist Regime came to proclaim officially as the "heart" of Fascist Italy. On the basis of these introductory remarks, the study focuses its scope of research on three main points, all but essential to understand fully the aspects and dynamics of the local society during the Fascist period, also referred to as the ventennio mussoliniano. An interpretative functional grid has been designed with a view to describe the role of the National Fascist Party (Nfp) within the centre-periphery and continuity-innovation relationships with the previous regime. The study seeks to investigate how Fascism exerted its influence on the establishment and process of strengthening of the local ruling ranks, attesting its ability to relate with the old dominant élites, or promote the emerging of new ones or, in addition, facilitate and support the coexistence of both. Furthermore, the research focuses on the role exerted by the Nfp at a local level, its capability to affect the various localised dynamics of power, to create and control networks of affiliates and, above all, to relate with the two main subjects which remained independent from its control, the important industrial group represented by "Terni" of Bocciardo and the local Catholic Church, with an overarching aim to achieve its totalitarian objectives. Finally, the question of popular consent has also been scrutinised. At one level, the study analyses the 2 role of fascist violence deployed to obtain power and the repressive actions carried out under the Regime, which were highly effective, as one might expect under a dictatorship. At another level, it investigates the popular dissent and the grey areas of passive acceptance and weak consent which were common among strata of the local population. Additionally, in a broader perspective, political and institutional historical analysis has been coupled with social and economic investigation, through a systematic scrutiny and cross-examination of the main sources, as a methodological approach needful to the achievement of the final outcomes of the research. Findings on the origins, development, and strengthening of Fascism within the Terni province appear to concur with the conclusions reached by previous historical research. In the Southern areas of Umbria, Fascism, at its highest level, was brought into power and successfully established by the traditional ruling classes. The establishment of Fascism was supported and facilitated by the agrarian reaction and the monopolistic industrial groups threatened by the discontent of the rural and working classes and the rapid advancement of Socialism. The political defeat of the traditional ruling élites at the 1919 general election and the 1920 local elections, which followed the social turmoil of the so-called red biennium; the agreement of the 1920 patto colonico, disadvantageous to landowners; the occupation of factories, though a brief and contradictory experience, against a background of economic difficulty, caused their reaction and prompted their acceptance and support for Fascism. Firstly, Fascism, in the form of Fascist action squads and their capability of defeating its opponents militarily, with the extensive assistance of the State security services, then as an electoral block and political force capable to achieve power, presented itself as a sort of union sacrée against the threat of Bolshevism into which various groups appear to converge: the agrarian conservatism but also industrial and more modern forces. Undoubtedly, Fascism drew together different political forces, which during the first decade of the twentieth-century had been mutually antagonistic, and segments of the complex and divided political establishment of the Giolitti era. The scrutiny of the highest levels of the local Nfp and civil servants has revealed that, at least till 1927, the main political figures belonged to those forces already part of the agrarian block. Firstly, the landowners, many of whom belonged to the local nobility, supported by members of the professional bourgeoisie, whose estates and wealth had augmented during the nineteenth- and twentieth-century, and other sectors which were the direct expression of the rural milieus, such as the rural agents, farmers, but also those peasants whom, during the first two decades of the twentieth-century, had succeeded in becoming landowners themselves. Therefore in the Terni province, from the establishment of the Fascist regime to the introduction of the office of podestà and, for some time even after, 3 the highest offices of the municipal and provincial administration were held by members of the local nobility, primarily aristocrats, landowners and professionals. This is an invariable characteristic which put the Terni province in alignment with similar situations in Tuscany, Emilia Romagna and other areas of Southern Italy. The administrative reform and the establishment of the podestà authority, together with the prerogatives of the prefectures in appointing members of the highest offices within the municipal administrations, did not radically change, at least during the early phases of the reform, established practice. A survey of the municipalities located within the Terni province, shows that the prefects in the selection process to appoint the podestà took greatly into account the candidates' social and economic status of and, without doubt, a honorific title and tenure of highly considered profession were often sufficient criteria for a candidate to be nominated even when lacking some of the prescribed requisites as outlined by the administrative reform. The Fascist regime therefore, in perpetuating a bureaucratic and grandees system, showed an intention to reassure the existing ruling élites and obtain the support of the local population. A prosopographical analysis of the biographical profiles of headmasters, members of the provincial advice bureaus, podestà, members of the municipal advisory councils, during the 1926-1943 period, has made it possible to outline a summary framework which strongly corroborates the analysis carried out at a national level by Luca Baldissarra over a decade ago.1 What has emerged from this analysis is the class-based character of the Fascist political and administrative representation during those years, though presenting various differences linked to the social and economic specificity of the area scrutinised. In more depth, the study carried out on a corpus of 147 civil servants (78 podestà and 69 prefectural officers) employed by the municipalities of the province during the examined period, made it possible to draw up a profile of the typical officer: between forty and fifty years of age; highly educated (having achieved a high-school or university degree); often a landowner, a characteristic consistent with the social and economic structure prevailing throughout the province, and among whom the status of self-employed (generally lawyer or public notary) represented the most frequent professional position held. Relations between the podestà and the Nfp appear to have been particularly close, over half of the sample identified is composed by individuals who had joined the Fascist Party at an early stage, during 1920-1922; additionally, the majority of the appointments made by the prefects were agreed in advance with the Provincial Fascist Federation. It would therefore appear that during the 1930s, in 1 Luca Baldissara, Tecnica e politica nell'amministrazione. Saggio sulle culture amministrative e di governo municipale fra anni Trenta e Cinquanta, Il Mulino, Bologna 1998. 4 large areas of the province, the highest hierarchies of grandees were the prominent figures holding local high office. The industrial area comprised within the administrative territories of the two municipalities of Terni and Narni, however, appears to contrast with other districts of the province. In this area, as for similar cases in other municipalities or other regional administrations, the Nfp supported the emergence of members of the small and medium local urban bourgeoisie, as the office of podestà became a vehicle of social advancement and an opportunity to climb up the local hierarchy of power. Despite the apparent pacification established forcibly by the Fascist regime, the dynamics of power within the local government remained characterised by extreme unrest and strong conflict at various levels. The sizeable number of prefectural commissioners and remunerated podestà who succeeded in office, often in rapid succession, bears witness to the instability which marred almost all the municipal administrations of Terni province. This is evidence of the obstacles encountered by the prefects during the selection process of a qualified managerial class but, above all, of the resistance put up by the traditional élites of power, motivated by divergent interests and loyalty to various networks of familial and personal relations, to the process of homologation pursued by the Fascist regime. Undoubtedly, the Fascist regime, in implementing a model of podestà based on competence, on the energetic ability to act, on its alignment to official directives, and in order to achieve a modernisation of the administrative system, aimed at placing the local authorities under the prescriptive control of a centralised State. The actual administrative actions implemented by the local administrative offices, frequently under the guidance and pressure of the Prefects, as for example in the case of the accomplishment of public works functional to the civil mobilisation of various segments of the local community, became a measure of their efficiency and, above all, a measurement of how industrious the local administrators should be. The high turn-over of podestà is a clear indication of how difficult it was for the Fascist regime to implement its plans of action in peripheral areas. Additionally, direct intervention by the Prefects was often necessary to put an end to rivalries and internal power struggles which frequently broke out among local élites. These clashes and their manifestations appear to be similar in their dynamics, as pointed out by previous studies, to other cases occurred in different municipalities, provinces and regions. Resorting to anonymous letters, official complaints, accusations, came to represent the instrument to attack and weaken the opposite factions at a local level, within the municipalities, but also within the provincial administration, among the various representatives of the local administration and even the highest offices of the Terni Fascist Federation. From 1927, following the establishment of the 5 Province and the set up of political and administrative authorities in Terni, now seat of local government, a new phase emerged for the local Fascist Party too. The study of this new province has facilitated the understanding of its relations with central authorities. The establishment of this new local administration was the result of various circumstances linked to the political requirements of the Fascist State following the transition to a totalitarian regime. Additionally, the internal conflict dynamics of the regional Fascist Party played an important role. These led to the inner pacification of the Party and the set up of a Nfp Provincial Federation. Finally, the establishment of "Terni" had a pivotal role too. "Società Terni" (also referred to as "La Terni") came to represent the real "strong power" of the province, capable of imposing a factory regimen based partially on paternalistic assistance and partially on a truck-system model. The Fascist regime dealt directly with "Terni", bypassing the newly-established Nfp Provincial Federation and, where necessary, intervened to impose its authority, as the political and personal vicissitudes of Elia Rossi Passavanti, the first Federal secretary and podestà of Terni, exemplified. In this perspective, drawing together personal and professional career paths of the highest officers (prefects and police commissioners), of both political (federals, deputy federals, administrative secretaries, members of the Fascist Federation Federal Bureau) and economic authorities (members of the Provincial Economic Council, members of the Provincial Corporations Council and of the main bank) has represented an invaluable study, conducive to the understanding of the Nfp's role within the province and, in addition, of the political dynamics at play among the Fascist Party and other authorities, such as the prefectures. With specific reference to the prefects, it is worth noticing that of the nine prefects in office in the Terni province during the period under scrutiny, as many as six were Nfp members. This situation, however, did not necessarily imply a spontaneous collaboration between the prefectures and the Fascist Federation, but it would appear to have been a response to the need of overcoming the conflictual antinomy between the two authorities, which was a recurrent event throughout the Terni province. In addition, the succession of twelve Federals as leaders of the Fascist Party bears witness to a pervasive instability, a fact which is also confirmed by the noticeable preference given to individuals, as many as nine, unconnected with the local milieu. This is certainly a clear manifestation of the local Fascist Party's weakness - which appeared unable to express and produce capable managerial ranks - and of the evolution of the Federal Secretary's role, becoming more and more a professional one, in the context of the remarkable bureaucratisation of the Nfp, aimed at strengthening its mediatory and interventional role on the local administration, one of the main characteristics of the Nfp 6 under the leadership of Starace. Within this framework, the contrast between the prefects and the Fascist Federal secretaries during the 1930s, with regard, as a case in point, to the appointments of the podestà, and the crucial utilisation of official complaints and anonymous letters, bears witness to the Party's attempt to impose its decisions or, at least, to influence the administration at a local level. This, in turn, resulted in a situation of polycracy, which was one of the factors denoting local politics during the Fascist regime. During the 1930s, despite deep rooted conflict among the authorities, the internal power struggles within the Nfp and the endemic ineptitudes of the ruling class, the Fascist Provincial Federation was successful in exerting and promoting the fascistisation of the local community. It is manifest that the highest authorities within the National Fascist Party, with the exception of the Federals and their closest advisors, remained the domain of the original Fascist core, composed by members of the rural class and the bourgeoisie originating primarily from the Terni area. This explains the inadequate generational change within the Fascist Federation and, in addition, the political and economic importance of the Terni area in comparison to the entire province. These political figures were part of the various Federal Bureau and, in some cases at the same time, if the law permitted, held additional offices in different institutional bodies, such as the Economic Provincial Council or were in charge of the main local bank. On the contrary, the influence exerted on the high levels of the National Fascist Party by the small bourgeoisie or by members of the working class remained negligible. It was only with the approach of the Second World War that members of the clerical class, but also technicians and a few tradeunionists already employed within the bureaucratic structure of the Provincial Federation, acquired an enhanced importance and gained access to higher office, such as administrative secretaries or members of the Federal Bureau. The Terni area too, though in a more limited way, which bears not comparison with other provinces, saw the rising «from the bottom and the periphery of a new ruling class within the totalitarian regime»2. During the 1930s therefore, despite various difficulties, including economic issues, the Nfp was successful in creating at a provincial level an organisational structure capable of influencing and organising the local community. Additionally, the regular flow of financial contributions bestowed by various public authorities (provincial administrations, municipalities, Provincial Economic Council) and private companies ("La Terni", first of all, but other businesses too) to a political party constantly seeking financial backing, as thoroughly documented by records of the Terni Fascist Federation, bears witness to the outstanding efforts the Regime made to 2 Marco Palla, Il partito e le classi dirigenti, in Renato Camurri, Stefano Cavazza, Id. (a cura di), Fascismi locali, "Ricerche di Storia politica", a. X, nuova serie, dicembre 2010, 3/10, p. 296. 7 successfully present the Nfp as a conducive mean to the development of this specific welfare model, with a view to promote the fascistisation of the local community. In this perspective, the Nfp's relation with the "Società Terni" is key to understanding the nature of the Fascist Regime and its role within the Terni province. The establishment of a Province was connected to the control of the water-system of the two rivers Nera-Velino, essential to create an industrial hub; similar reasons were behind the agreement stipulated between the Terni municipality and the Bocciardo Company, which came to sanction resolutely the importance of the Company and, additionally, the supremacy of the "centre" over the "periphery". It was from this period and following the inclusion of "Società Terni" within the system of state-controlled industries through the Institute for Industrial Reconstruction, a transaction which secured State control over the Company and its productive branches, that "La Terni" became firmly linked to Fascism and, more in general, to the local community, though in a controversial and ambivalent mutual relation. The Company was perceived as a capitalistic enterprise which took over the city, its directors being able to negotiate with the central Government directly and with the Duce himself, taking a super partes position in relation to the local Nfp. It was not a fortuitous occurrence that the Federal secretaries gauged their political influence against the effectiveness and strength of the relations they were able to maintain with the executive directors of "Società Terni", whom, on their part, appeared to be impenetrable to any influence exerted by the local Fascist Federation. Additionally, following the 1927 agreement and during the ensuing decade, "La Terni", in conjunction with the Fascist Party, appeared to become, without doubt, one of the main pillars of the province. At one level, it supported the Fascist Provincial Federation through a constant flow of financial contributions, vital to bankroll the Federation's activities within the province; but, at a more general level, asserting its influence as a large industrial group, it was capable of shaping the economic, trade-union and social policies of the Fascist regime, creating those conditions to establish «a system of aggregation/disaggregation of the social and political consensus/control conforming to the mass reactionary regime model»3. Within this dynamic interactions, and on the basis of documents available, the local Catholic Church played a significant role in relation to the Fascist Party. With reference to the specific case of the Terni-Narni dioceses and bishop Cesare Boccoleri, the Church's main leader during the Fascist ventennio, this research has showed that, as in the case of other Italian 3 Renato Covino, L'invenzione di una regione, Quattroemme, Perugia 1995, p. 58. 8 dioceses and in alignment with the decisions taken by the Vatican, the Church authorities in Terni supported the Fascist apparatus and adhered to a policy of collaboration with the Nfp. This was particularly manifest on specific occasions: for example during the economic and social campaigns promoted by the Regime, as a case in point the so-called "Battle of the wheat" and, above all, following the 1929 Concordat with the Catholic Church, or during the Ethiopian and Spanish conflicts. At the same time, even when tensions arose and marred the relations between the Fascist regime and the Catholic Church (following the 1931 crisis caused by the limitations imposed on the prerogatives of Azione Cattolica or the adoption of the 1938 racial laws), the consequences for the local Church were negligible and did not appear to affect the on-going relations with the local Fascist Federation. The local Church therefore in pursuing the aim of preserving and, wherever possible, augmenting the Church's influence on the local community, contributed to reinforce and widen consensus for the Fascist regime. More specifically, the Church's actions were particularly effective in encouraging, especially in rural areas, that precise process of "political modernisation", though reactionary at its core, based on organising the entire Italian society on hierarchical and centralising criteria, which Fascism was promoting particularly at a local level. Additionally, and without doubt, the important function to create and, above all, to maintain a high level of consensus was exerted by the pervasive surveillance and repression of any form of dissent and political opposition, enforced within the province by the Fascist security services. A repressive action which was extremely effective and, during the dictatorship, only the Communist Party, despite being hemmed in to the Terni industrial area, was able to maintain, albeit with great difficulty and in a limited way, a form of organised resistance. The fact that the Fascist authorities continuously, though recognising what had been achieved by the Party's multifarious organisations to favour and support the working classes, lamented the feeble "fascistisation" of the Terni industrial workforce and their being "politically dangerous", would appear to confirm implicitly that throughout the province the opposition and political dissent had not completely ceased. More in general, under the "black shirts", despite the propaganda and the activities of various Fascist authorities and institutions, it remained evident that the diversified interests which characterised the local society and the different realities rooted at local level persisted. Ultimately, the local Fascist Party appeared capable of exerting an active role in the "fascistisation" process of society, in alignment with the creation and implementation of a totalitarian state, being the main objective of the National Fascist Party under the leadership of Starace. The Nfp was therefore a real centre of power, expression of an authoritarian 9 regime leaning toward totalitarianism. A regime against which all citizens had to relate for their everyday life needs: that is to say, all citizens had to act, at least outwardly, as fascists.