Open Access BASE2006

Colonialismo e geografia: la costruzione del Marocco coloniale attraverso gli scritti di G. Hardy e J. Célérier

Abstract

International audience ; Edward Said ha sottolineato (Said, 1991 e 1998) il ruolo fondamentale e tutt'altro che innocente svolto dagli intellettuali nella legittimazione e nella perpetuazione dei rapporti di potere sia all'interno degli Stati (tra governanti e governati) sia tra Stati (tra il centro dell'Impero e le nazioni colonizzate; tra i poteri dell'Occidente e le loro ex colonie, o tra il 'nord' prospero e il 'sud' impoverito). Nonostante le sue conclamate pretese di obiettività e distacco, infatti, il lavoro intellettuale è una fondamentale forza in campo, in grado, in modo più o meno consapevole, di costruire le condizioni culturali che orientano interpretazioni e letture delle dinamiche politiche e territoriali. Questa riflessione, riconducibile al più generale tema della posizionalità e contestualità degli intellettuali (Minca e Bialasiewicz, 2004), appare particolarmente appropriata - per le poste economiche, politiche, sociali e culturali in gioco - nel processo di formazione e affinamento dei discorsi coloniali, spesso propensi ad enfatizzare l'ineluttabilità, la naturalità, la necessità (se non addirittura il bisogno di un popolo di essere colonizzato) delle imprese coloniali. In questo quadro, il presente articolo considera il ruolo di due geografi, Jean Célérier e George Hardy, nella formazione del discorso coloniale francese rispetto al Marocco. Si vuole qui ritrovare le tracce, ricostruire le operazioni, definire i principali attori che hanno contribuito a dare coerenza (pur con numerose ambiguità e punti deboli) alla retorica coloniale francese e alla legittimazione del suo discorso imperiale.

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