Open Access BASE2014

The protection of the Rom in Swiss and Italian law ; La tutela dei rom nel diritto svizzero ed italiano

Abstract

Criminology, since long time has highlighted the preventive role of the education in the nomadic population; it is also true that it is hard to expect good results(considered as the variation of the criminal behaviours) in short times but this kind of support could surely help to reach positive outcomes in a longer lapse. On the other hand, the efforts to assure social-aid support to Rom people have had to run foul of their culture and to accept narrow social conventions. For these reasons the Authors believe that coercive impositions of different codes of behaviour could bring to a dangerous fight of cultures as much as serious xenophobic tendencies more than to an historically wished integration. ; Inficiata da ideologie e slogans politici, l'opinione pubblica, sia in Svizzera che in Italia, tende ad obliare le ricche peculiarità della cultura gitana. Per tal via, si dimenticano, oltretutto, le violente persecuzioni cui furono sottoposti gli zingari da parte degli Ordinamenti nazi-fascisti del Novecento. Del pari, svariati schieramenti partitici elvetici assai raramente risultano disponibili a menzionare l'orrida epurazione etnica agìta, sino al 1973, dalla Pro Juventute in danno dei Rom di etnia Jenisch residenti nella Confederazione. Con questo articolo non si vuole né negare né sminuire il carattere criminogeno intrinseco ai campi-nomadi stanziati ormai in tutta l'Europa occidentale. P.e., è innegabile la propensione zingara verso reati quali il furto ed il maltrattamento di minori per fini di accattonaggio. Ciononostante, l'odierna Criminologia ha giustamente posto in risalto anche il ruolo preventivo della scolarizzazione, pur se, come dimostrato dalle Politiche socio-pedagogiche in Italia, sono necessari decenni di paziente lavoro al fine di percepire fruttuosi mutamenti nella Weltangschauung delle minoranze semi-nomadi. In special modo, risulta arduo e complicato far accettare alla Civiltà romanès la figura di un/a insegnante alternativa alla mater familiae zingara, cui, da secoli, pertiene l'assolvimento di ogni compito educativo nei confronti della prole. In tale contesto, si ponga mente anche, e soprattutto, all'inesistenza, nella cultura rom, di una fase pedagogica e psico-fisiologica intermedia quale l'adolescenza. In realtà, questo articolo, nella parte finale, evidenzia che, sotto il profilo statistico prima ancora che processualistico, dev'essere superato lo stereotipo lombrosiano dello zingaro delinquente e puzzolente. Infatti, mentre la gioventù italiana si distingue sempre più sovente per la commissione di violenti delitti, viceversa, i minorenni rom sono assai raramente protagonisti di crimini efferati e/o connessi all'uso di sostanze tossico-voluttuarie. Anzi, la comunità gitana reca un ferreo codice d'onore limitante la gravità degli episodi delinquenziali. Per cui, sotto il profilo sociologico, rimane innegabile la molestia pubblica provocata dalle condizioni igienico-sanitarie dei campi nomadi. Tuttavia, sotto il profilo strettamente giuridico, la devianza nomade si sostanzia in fattispecie penali di calibro bagatellare e, ad ogni modo, non attinenti a delitti contro la persona. Senza dubbio, lo svolgimento di un'attività lavorativa non precaria costituirebbe un fattore di redenzione sociale. Eppure, nella mentalità zingara, il lavoro viene evitato non per via di un'indole abulica o pigra, bensì perché reputato alla stregua di una convenzione sociale mortificante la maggiore libertà conferita dal perenne e gaio viaggio delle carovane. Anche a livello spazio-temporale, l'uomo rom non tollera gli spazi chiusi e monotoni di una casa, di un'aula scolastica o di un centro di accoglienza. In buona sostanza, il semi-nomade percepisce se stesso come un inguaribile cosmopolita. Sicché, per tal via, è netto il rifiuto di interventi socio-assistenziali mortificanti un'autonomia senz'altro atipica, ma storicamente giustificata, avvalorata e financo nobilitata da secoli. Ovverosia, lo zingaro non contesta il moderno Welfare democratico-sociale, bensì egli lo rigetta per rispetto ad un bizzarro stile di vita atavico, nonché interiorizzato quale condotta non bisognosa di mutamento alcuno. Alla luce di quanto testé esposto, gli Autori non propongono né miracolosi progetti d'integrazione né speranzose conclusioni. Infatti, la Civiltà gitana, allo stato attuale, può soltanto essere rispettata dall'esterno. Viceversa, l'imposizione coattiva di stili di vita sedentari recherebbe ad un pericoloso scontro di culture, unitamente al risveglio di quelle medesime tendenze xenofobe già responsabili del genocidio nazi-fascista degli zingari.

Languages

Italian

Publisher

ITALIAN JOURNAL OF CRIMINOLOGY; RASSEGNA ITALIANA DI CRIMINOLOGIA

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