Open Access BASE2016

Shakespeare Calderon e Racine: la tragedia dalla classicità alla prima modernità

Abstract

Il seguente lavoro ha lo scopo di tracciare l'evoluzione della tragedia, partendo dalla struttura che essa assume nella Grecia antica, per giungere alla sua forma nella prima modernità: specificamente nell'opera di Shakespeare, Calderòn de la Barca e Racine. Tale evoluzione argomentata seguendo le regole tracciate da Gyorgy Lukàcs nel suo saggio dal titolo Il dramma moderno (1923), con lo scopo di contestare il concetto di indefinibilità del tragico, teorizzato da Peter Szondi nel Saggio sul tragico (1972). Tale tesi è inoltre rintracciabile nell'Estetica hegeliana, nel passo dedicato alla Scomparsa del coro. Ai fini di una chiarezza espositiva, l'elaborato è diviso in due parti, esposte di seguito. Prima parte Attraverso l'analisi di alcuni drammi antichi, si esplorano le proprietà della tragedia greca che, in base a quanto già mostrato dagli studi di Jean Pierre Vernant e Pierre Vidal Naquet (1972), si basa essenzialmente sull'interazione fra gli attori e il Coro. I caratteri antichi infatti non avevano un reale controllo del loro destino: al contrario, proprio grazie alla'elemento del Coro, il loro agire e la loro volontà sono totalmente informati e schiacciati dalla ideologia sociopolitica del drammaturgo, di cui rappresentano una fedele rappresentazione (Loroux,1995). Successivamente viene mostrato come alcune opere del teatro di William Shakespeare, segnato dalla crisi della sovranità (Franco Moretti, 1979) possono essere interpretate come un venir meno - una messa in discussione strutturale- della forma deterministica che lega Attore e Coro in ambito antico. In questa chiave il King Lear può essere visto come la prima tragedia moderna, che preconizza le forme della tragedia successive mettendo in crisi irrimediabilmente la forma della tragedia antica. Seconda parte La seconda parte è essenzialmente un confronto fra due drammi: La vida es sueño e Phédre. L'argomentazione che sorregge tale confronto é che, venuta meno la forma del Coro, la struttura della tragedia -ovvero la peripezia - abbia una funzione simbolica precisa: quella di dare corpo alle contraddizioni ideolgiche, e al senso di paradosso della cultura aristocratica seicentesca, che si trovò schiacciata dalla monarchia assoluta con il crollare della gerarchia feudale (Perry Anderson, 1969). L'evoluzione della tragedia, dal dramma antico al dramma moderno è dunque tracciabile con precisione: quanto più si inaspriscono le contraddizioni dell'aristocrazia seicentesca, tanto più la forma della peripezia barocca é sottoposta ad un grave stress strutturale, cui reagisce con delle trasformazioni.In particolare si parte dal presupposto che la peripezia barocca nasca sempre dal tentativo di trovare, simbolicamente, una posizione di compromesso fra altre due posizioni opposte: una conservatrice ed una più aperta al dominio assolutista. Nel caso dell'opera calderoniana queste tre posizioni sono rintracciabili nell'opera di alcuni teorici della politica (J.de Mariana, F. Quevedo, D. Saavedra Fajardo). Nel caso di Racine esse sono rintracciabili in alcuni primari esponenti de giansenismo (M. de Barcos, A. Arnaud, Blaise Pascal; cfr. Lucien Goldmann,1972). Man mano che la condizione paradossale si inasprisce, quest'opera di compromesso diviene sempre più difficile e, per tutta conseguenza, la tragedia, da dramma dell'idelogia, diviene tragedia della soggettività, tendendo verso il dramma moderno.

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