AbstractPolitical theory scholarship tends to resist guilt, and especially collective guilt, as a framework for thinking about wrongs committed in the past or still enduring. The voices and experiences of those wronged, however, often imply that they are attributing guilt, and they are attributing it to a collectivity. I follow their lead and think through the potential of political guilt in motivating reparation and redress. Drawing on insights that Karl Jaspers fails to fully develop, I appropriate his notion of political guilt as situation, and read it as something that is contested among victims, perpetrators, and bystanders. Through contestation political guilt creates political spaces for reckoning with the past, and can be instrumental in making space for marginalized voices. I apply my framework to race relations in the contemporary United States, but guilt could be a catalyst to rethink postcolonial relations as well.
Este artículo presenta un acercamiento inédito a los procesos de cambios y continuidades de los usos y funciones de la guitarra y/o vihuela patentizados dentro de la élite ―religiosa y civil― y los grupos populares en el espacio urbano y rural de Durango, entre el periodo correspondiente a la primera etapa del Obispado en el siglo XVII y finales del XIX durante el Porfiriato. Este artículo quiere mostrar que, a lo largo del periodo señalado, los usos de esos cordófonos se configuraron en funciones comunes relativas a la transmisión de los sentimientos humanos, a la consolidación de los objetivos políticos establecidos por el grupo hegemónico y a una sociabilidad que puso en comunicación a la "alta" y la "baja" cultura y estuvo al alcance del prestigio social. Palabras clave: Durango, usos y funciones, guitarra, vihuela, cultura.
Con una decisione assunta all'esito della camera di consiglio del 9 giugno 2020, la Corte costituzionale ha affrontato la questione della legittimità costituzionale, in rapporto agli artt. 21, 117, co. 1 e 10 Cedu, della comminatoria della pena detentiva per il delitto di diffamazione a mezzo stampa. La questione è stata sollevata con due diverse ordinanze, che qui possono leggersi in allegato, da parte del Tribunale di Salerno e del Tribunale di Bari. Essa riguarda, in particolare, gli artt. 595, co. 3 c.p. e 13 l. 8 febbraio 1948, n. 47, che puniscono la diffamazione a mezzo stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, con le pene congiunte della reclusione da uno a sei anni e della multa non inferiore a euro 250 (se difetta l'attribuzione di un fatto determinato, l'art. 595, co. 3 c.p. commina la pena, in questo caso alternativa, della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro). Le questioni portate all'attenzione della Corte costituzionale pongono il problema della compatibilità con il principio della libertà di espressione di una normativa che minacci il carcere per i giornalisti, in ipotesi di offesa alla reputazione altrui ritenuta non giustificata dal diritto di cronaca/critica. E' un problema ormai annoso, che come è noto ha le sue premesse nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. Dal 2004 (Grande Camera, Cumpana e Mazare c. Romania), si è infatti consolidato nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo il principio secondo cui, al di fuori di casi eccezionali, rappresentati dai discorsi d'odio e dall'incitazione alla violenza, l'applicazione di una pena detentiva rappresenta un'ingerenza sproporzionata e non necessaria nella libertà di espressione tutelata dall'art. 10 Cedu, che attraverso un chilling effect inibisce l'esercizio della libertà di stampa e limita l'essenziale funzione svolta dai giornalisti quali cani da guardia (watchdogs) della democrazia. Il principio è stato affermato, tra l'altro, in tre fondamentali sentenze relative all'Italia: Belpietro c. Italia (2013), Ricci c. Italia (2013), Sallusti c. Italia (2019).
E' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale di ieri, 16 luglio 2019, ed è in vigore da oggi, il 'decreto semplificazioni' (d.l. 16 luglio 2020, n. 76). Si tratta, secondo la sintesi del comunicato stampa diffuso subito dopo l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, lo scorso 7 luglio, di "un intervento organico volto alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, all'eliminazione e alla velocizzazione di adempimenti burocratici, alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, al sostegno all'economia verde e all'attività di impresa. Il decreto interviene, in particolare, in quattro ambiti principali: semplificazioni in materia di contratti pubblici ed edilizia, semplificazioni procedimentali e responsabilità, misure di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell'amministrazione digitale, semplificazioni in materia di attività di impresa, ambiente e green economy". Sul versante delle responsabilità degli amministratori pubblici, l'idea (e la corrispondente scelta politica) di fondo è che la ripresa del Paese – questo il nesso con l'emergenza Covid-19 – possa essere facilitata da un allentamento delle responsabilità. Il concetto è espresso benissimo nel titolo di una slide mostrata durante la conferenza stampa del Presidente Conte (minuto 8:05 del video), che in proposito ha parlato di "una piccola rivoluzione": "funzionari pubblici: basta paura, conviene sbloccare". E in effetti, anche solo a voler considerare il messaggio di moralizzazione veicolato a funzionari ed amministratori pubblici – in un paese che continua a fare i conti quotidianamente con il malaffare nella pubblica amministrazione – di rivoluzione si tratta: dal volto feroce della legge 'spazza-corrotti' si passa al più mite e comprensivo decreto-semplificazioni. L'impressione, per quanto si dirà, è che da un eccesso - di penalizzazione - si passi a un altro - di depenalizzazione. Le responsabilità interessate dal provvedimento d'urgenza, in chiave limitativa, sono quella erariale e quella penale. Chi conosce la pubblica amministrazione sa che la responsabilità erariale è particolarmente temuta, a differenza della responsabilità disciplinare, raramente affermata, e della responsabilità penale, che ha spesso il volto di una tigre di carta, scontando elevati tassi di ineffettività in buona parte imputabili alla mannaia della prescrizione del reato. Si comprende allora perché il Governo, ponendosi l'obiettivo di allentare le responsabilità degli amministratori pubblici, sia intervenuto, anzitutto, sulla responsabilità erariale: una forma di responsabilità che, unitamente a quella disciplinare, meriterebbe maggiore attenzione da parte dei penalisti, come suggerisce anche e proprio la riforma in commento.
La riforma dell'abuso d'ufficio, ad opera del decreto-semplificazioni (art. 23 d.l. 16 luglio 2020, n. 76, conv. In l. 11 settembre 2020, n. 120), solleva questioni di diritto intertemporale complesse; ben più di quel che si potrebbe pensare limitandosi a considerare le univoche intenzioni del legislatore, preoccupato di far venir meno la 'paura della firma' e di limitare la responsabilità penale degli amministratori pubblici per facilitare la ripresa delle opere pubbliche e il rilancio dell'economia del paese. Se si resta in superficie, l'impressione è di un'estesa abolitio criminis, conseguente alla scelta di ritenere irrilevante l'abuso in violazione di norme di regolamento o di norme di legge che delineano ambiti di discrezionalità. Se però si considera più da vicino il fenomeno di diritto intertemporale determinato dalla riforma, la sensazione è che la portata dell'abolitio criminis, in qualche misura, sia più limitata, per quanto di indubbio rilievo.
La presente ricerca ha come suo principale intento quello di seguire, in anni di grande fermento culturale e di non meno importanti, conseguenti trasformazioni politico-sociali, tra XIX e XX secolo, la assimilazione progressiva della cultura filosofica occidentale da parte della Cina attraverso l'introduzione, nella lingua cinese, di termini nuovi, espressione di un diverso approccio ai problemi generali oggetto della filosofia nella accezione occidentale della disciplina. L'assunto da cui si prende le mosse è che, nella situazione data, i fattori linguistici svolgano un ruolo determinante per ampliare gli orizzonti culturali e abbiano una incidenza diretta sulle trasformazioni culturali, politiche e sociali. Tale approccio non vuole essere in alcun caso un modo indiretto di sottovalutazione del patrimonio culturale cinese, legata al pregiudizio che l'unico modo valido di filosofare sia quello che è andato progressivamente affermandosi nel mondo occidentale. Al contrario, l'incontro tra le due culture filosofiche rappresenta un indubbio arricchimento, con effetti positivi sulla conoscenza reciproca di due mondi a lungo distanti l'uno dall'altro. Nel primo capitolo si esamina la lenta e progressiva assimilazione nel lessico cinese del termine filosofia, grazie per ultimo alla mediazione nipponica. Nono-stante il fatto che il termine oggi in uso per indicare la disciplina sia un conio giapponese importato in Cina nei primi anni del XX secolo, è interessante seguire i tentativi di traduzione in lingua cinese della parola avviata dai missionari gesuiti nel XVII secolo e susseguitisi ininterrotti fino all'inizio del '900, a dimostrare l'attenzione che i cinesi subito avvertono per una disciplina che riconoscono affine alle proprie riflessioni sugli stessi temi. E lo dimostra anche il fatto che tra questi tentativi non manchi il richiamo di termini già in uso nel cinese classico e nella letteratura confuciana. Che la parola che si è imposta alla fine come soluzione standard non corrisponda all'etimo originario del termine greco significa soltanto che quel termine, nato per caso intorno al VI secolo A.C., preso alla lettera è solo indicativo di una tensione soggettiva verso la sapienza, ma non dà alcuna definizione dell'oggetto della disciplina. Nel secondo capitolo, si parte dall'indicazione dei principi in base ai quali i termini vengono generalmente classificati, facendo riferimento alla letteratura sull'argomento; si procede quindi coll'indicare i termini esaminati, non prima di aver giustificato i motivi in base ai quali la scelta è stata operata. Si è ritenuto di poter scegliere termini di uso molto comune nella produzione filosofica occidentale, appellandosi all'autorevolezza dell'opera di Immanuel Kant, in particolare della Critica della ragion pura (1781 e 1787), motivandone le ragioni, sia quelle di ordine filosofico generale che di ordine specificamente lessicale. Si è pensato inoltre che fosse opportuno introdurre i termini prescelti con una breve indicazione del loro significato generale. Nel terzo ed ultimo capitolo si è dedicata una parte iniziale a delineare per linee generali la fortuna di Kant in Cina, segnatamente nei primi decenni del XX secolo, con riferimento ad alcuni studiosi tra i più rappresentativi del panorama cinese di quegli anni. Ne emerge un quadro molto variegato e, soprattutto, indicativo del modo in cui gli studiosi cinesi, in generale, si avvicinano alla letteratura filosofica occidentale. Si può, seppure cautamente, affermare che lo sguardo cinese sulla cultura filosofica occidentale, almeno nella fase del rapporto iniziale, sia caratterizzato da una mentalità che tende a riconoscere nel pensiero occidentale concetti e temi della propria tradizione culturale e a valutarla di conseguenza: non diversamente da quanto avviene negli intellettuali occidentali che ritengono di poter valutare la riflessione filosofica cinese, a partire da Confucio, con gli stessi criteri utilizzati per valutare la propria tradizione filosofica. Per ultimo vengono esaminate le varianti esistenti, tra le diverse traduzione cinesi della Critica della ragion pura, di alcuni termini tra i più significativi del criticismo kantiano, richiamando in molti casi il testo kantiano anche in lingua inglese, in considerazione del largo utilizzo della traduzione della Critica di Kemp Smith da parte di alcuni traduttori.
Over the past few decades, globalisation, international trade, cross-border investments, travel, and economic and personal relationships between citizens of different countries have had a profound impact on law. An increase in international relationships is inevitably followed by a growth in international and cross-border litigation. Therefore, several initiatives have been launched with the aim of unifying, harmonising, and internationalising civil procedure. Today, the international harmonisation of civil procedure is mainly achieved through soft law instruments, such as the numerous Hague Conventions dedicated to this legal field and the ALI/UNIDROIT Principles of Transnational Civil Procedure. Moreover, in the European Union, harmonisation of civil procedure has reached even more advanced levels across member states. Any party who becomes involved in an international or cross-border dispute naturally needs to understand what is happening around them. Hence, translation is attributed a major role in international civil procedure. This paper will look at translation in civil proceedings, with particular regard to international and transnational disputes which fall under the Italian jurisdiction¬. Its purpose is twofold: 1) the first aim is to propose a potential resource which could facilitate translation in Italian civil proceedings, i.e. multilingual civil court document templates; 2) the second aim is to raise awareness on the importance of translation in international and cross-border disputes and highlight the peculiarities which characterise this particular type of translation and differentiate it from other areas of both general and legal translation. Chapter 1 offers an overview of Italian civil proceedings. Chapter 2 is dedicated to legal translation. Chapter 3 focuses on Italian civil court documents and the use of templates in Italian proceedings. Finally, Chapter 4 presents the German and English translations of six Italian sample templates.
A proposito della delega legislativa in materia di riforma delle misure di sicurezza personali contenuta nella c.d. legge Orlando (l. 23 giugno 2017, n. 103)
Abstract The article will discuss the uneven path of the bottom-up Museum of Migration Project in Lampedusa, involving local and national associations, as well as the Town Council. In recounting this failed experience, this text will particularly try to grasp the use and 'property' of the objects and personal documents lost or taken away from migrants, the degree of involvement of the subjects directly concerned, and the ideological and political rifts that occurred around this project.
La legge Cirinnà (l. n. 76/2016) ha istituito le "unioni civili tra persone dello stesso sesso" e ha disciplinato le "convivenze di fatto". Si tratta di una riforma tanto discussa quanto epocale, che promette di ripercuotere i propri effetti non solo nella sfera del diritto civile - indubbiamente in primo piano - ma anche negli altri rami dell'ordinamento. Non potrebbe d'altra parte che essere così, a fronte del riconoscimento, ad ampio spettro, di diritti e obblighi connessi a rapporti di coppia ulteriori e diversi rispetto a quello, tradizionale, del matrimonio. Il presente lavoro prende in esame i plurimi effetti che la legge Cirinnà produrrà anche sul versante penalistico dell'ordinamento; effetti in buona misura indiretti e non opportunamente ponderati dal legislatore.
L'A. svolge alcune considerazioni a margine della sentenza con la quale la Corte di cassazione, nell'ambito della vicenda giudiziaria nota come 'caso Ruby' (o Rubygate), ormai entrata nella storia degli scandali della vita politica italiana, ha assolto l'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dai reati di concussione e prostituzione minorile. La Cassazione ha in particolare escluso la concussione, difettando una condotta costrittiva, e, in particolare, una vera e propria minaccia rivolta al Capo di Gabinetto del Questore di Milano affinché procurasse il rilascio della ragazza da parte della polizia; ha altresì escluso la prostituzione minorile perché il fatto, pur accertato nella sua materialità, non costituisce reato in quanto realizzato senza la consapevolezza dell'età minore dell'avvenente ragazza. Nel commentare la decisione, l'A. coglie e distingue, nella vicenda, il piano delle valutazioni giuridiche da quello delle implicazioni politico-'morali'.
In which way is urbanism confronting both the evolution taking place in contemporary urban movements and the simultaneous growth of political rhetoric concerning sustainable, participatory development? The present thesis stems from the observation of an ongoing process of institutionalization, begun in the seventies, of social movements and critical theories that emphasize the role and importance of city residents in the construction of their city. This process is analyzed through an ethnography conducted in the Parisian northeastern metropolitan area, thus situating it in an illustrative context of significant recent transformation. The challenge of this work is in studying a number of situations in which actors who are generally considered separately, interact: organizations involved in the development of communal urban participation, groups actively occupying abandoned urban spaces, the technicians and decision-makers of large-scale renovation projects, collectives of artists and architects advocating urban art and participation. Through an analysis of the explanations and (mis)understandings these actors use and reach while discussing projects in progress, what appears is a specific form of control of social counter-powers. This process is framed by apparatus attributing value to the idea of uncertainty in the urban imagination, asserting the "inhabitant" as an ambiguous subject-object of urban transformation, conceiving the intermittent progression of events and temporalities as a new paradigm of urban planning. What follows from this analysis is a questioning into where libertarian self-governance and urban neoliberalism converge, and into the evolving relationship between technical and critical urbanism. ; De quelle manière l'urbanisme opérationnel se confronte-t-il aux les évolutions contemporaines des mouvements urbains de contestation et des rhétoriques politiques sur le développement durable et participatif ? Cette thèse part du constat d'un processus d'institutionnalisation en cours depuis les années ...