Metamorfosi è una potente parola-guida della contemporaneità. E' un impegno di cui numerosi segni ci facevano intravedere la necessità durante gli anni propulsivi della globalizzazione e molteplici indizi tracciavano la strada da percorrere. Ma, anestetizzati dalle aporie dello sviluppo, li abbiamo ignorati, emarginandoli nella ecosofia o reagendo in modo impulsivo con seducenti inni alla decrescita felice. Oggi invece gli anni recessivi di una crisi che non è una semplice stagione di attraversamento ci chiedono la responsabilità di un mutamento di paradigma che conduca alla metamorfosi ecologica, culturale, economica, sociale e politica. Ma il mutamento sarà soprattutto urbano, perché viviamo nella Urban Age in cui le città, forma prevalente dell'abitare, producono più del 50% del Pil globale, ma consumano anche il 90% delle risorse, producono l'80% delle emissioni di CO2 e domandano quasi l'80% del fabbisogno energetico nazionale dei paesi Ocse. La città al tempo della metamorfosi non solo dovrà essere una rinnovata growth machine, ma ha la responsabilità di essere generatrice di stili di vita più sostenibili, perché più intelligenti e creativi. Le città del futuro se vorranno rinnovare il patto sociale tra popolazione, territorio e sviluppo dovranno essere creative, smart and green ripensando il proprio ruolo di propulsori del mutamento.
Includes documents in Italian and Latin. ; Reprint. Originally published: Napoli : Stamperia simoniana, 1796. ; Includes bibliographical references. ; Mode of access: Internet.
Il dialogo con Gianluca Bocchi affronta i fenomeni che hanno segnato l'avvento della societŕ della conoscenza, offendo una prospettiva di lettura che ci permette di uscire da una rappresentazione semplicistica e riduttiva delle dinamiche di trasformazione che collegano in modo inedito i processi di apprendimento alla nostra vita quotidiana, al nostro modo di lavorare, al nostro essere cittadini. Ciň rende necessario rivedere strutture consolidate di rappresentazioni, prendendo le distanze da categorie che fanno riferimento a modalitŕ statiche di trasmissione di saperi e di mero possesso e privatizzazione della conoscenza, per collocarsi in una dimensione processuale, che valorizzi invece riflessivitŕ, generativitŕ, creativitŕ ed intersoggettivitŕ dei percorsi di apprendimento, la diffusione nei tempi e negli spazi di vita, l'integrazione tra attori con potenzialitŕ formative fino ad ora non sufficientemente esplorate, a partire da soggetti economici quali le imprese, per la promozione di personalitŕ evolutive costantemente in grado di intraprendere tracciati alternativi.
Ad un primo e sommario esame, nonostante l'obiettivo della riforma sia snellire il procedimento legislativo ed evitare dunque che le lungaggini derivanti dal bicameralismo perfetto si riproducano in altre sedi, si può essere indotti ad ipotizzare che il potere di controllo del Capo dello Stato in sede di promulgazione uscirà potenziato dalla introduzione, da parte del disegno di legge di revisione costituzionale , di tre macro-categorie di procedimenti legislativi (bicamerale, monocamerale, monocamerale con ruolo rinforzato del Senato), ulteriormente distinguibili al loro interno per un totale di nove varianti . L'alto grado di complessità insito in questa innovazione è infatti avvertito con preoccupazione dalla dottrina, che si sta interrogando prima di tutto sulla possibilità di far valere i vizi nella scelta del procedimento legislativo dinanzi alla Corte costituzionale . Serpeggia però una certa insoddisfazione per ipotetici controlli di costituzionalità di tipo successivo, in ragione della tendenza della Corte, riscontratasi sinora, ad intervenire con difficoltà nel caso della violazione di norme costituzionali sull'iter legis . Proprio per questo, si è guardato con interesse alla possibile introduzione, da attuarsi, verosimilmente con una modifica alla l. cost. n. 1 del 1948, di una nuova modalità di attivazione del giudizio di costituzionalità, da svolgersi in via preventiva su richiesta di una minoranza parlamentare . Altri invece, ragionando a partire dal testo della riforma, hanno soffermato l'attenzione proprio sull'esercizio della funzione presidenziale di controllo al momento della promulgazione . Oltre al carattere preventivo dell'intervento ex art. 74 Cost. si potrebbe addurre, a sostegno dell'affermazione del controllo presidenziale, che il Capo dello Stato è abituato a riscontrare problematiche relative alla forma di governo, tra cui potrebbero rientrare i conflitti tra Camera e Senato (tanto è vero che si annoverano, dal 1948 ad oggi, solo due rinvii motivati prevalentemente in ragione della violazione di norme su diritti costituzionali, mentre gli altri 58 sono supportati da valutazioni tendenzialmente riconducibili alla c. d. "logica ordinamentale") . Inoltre, una inedita lettura del multiforme concetto di unità nazionale potrebbe, forse, indurre il Presidente a rinviare leggi approvate in spregio alle norme costituzionali che richiedono il procedimento bicamerale o la maggioranza assoluta per discostarsi dalle richieste di emendamento Senato, divenuto sede per l'espressione del punto di vista delle istituzioni territoriali. Proseguendo nel ragionamento si potrebbe discorrere, in questa sede, del Capo dello Stato come organo preposto anche alla tutela della forma di stato. In queste pagine, più che abbozzare previsioni, senz'altro troppo aleatorie , ci si intende interrogare, alla luce degli spunti sinora pervenuti dalla dottrina, sulla "sostenibilità" di questi nuovi orizzonti del potere di rinvio alla luce del complessivo assetto della forma di governo scaturente dal disegno di legge di riforma costituzionale, cercando di comprendere, alla luce dei limiti connaturati a questo istituto, che ne hanno costretto la applicazione nella prassi ad ipotesi definibili come pur sempre eccezionali , se un intervento in tal senso sia necessario e, in caso positivo, se il Capo dello Stato possa essere davvero l'organo adatto per limitare eventuali abusi. Riflessioni ad hoc saranno dedicate poi ai nuovi profili del ruolo presidenziale nei procedimenti monocamerali che vedano la "soccombenza" delle proposte emendative del Senato, rigettate da parte della Camera, cui spetta la approvazione definitiva della legge: si metteranno in luce i rischi che la facoltà di scelta tra promulgazione e rinvio presenterà per il Quirinale nel caso in cui il Senato invochi il rinvio, associando al mancato accoglimento delle proprie richieste di modifica la violazione di norme costituzionali, tenuto conto di quanto avvenuto durante la vigenza del sistema di bicameralismo perfetto nel caso di forti contrasti tra maggioranza ed opposizione e tenuto anche conto che l'obiettivo principale della riforma è consegnare alla Camera dei Deputati regole sul procedimento legislativo più efficienti. Si ragionerà inoltre del possibile ruolo del Presidente, qualora la Camera inserisca diposizioni "nuove" dopo l'intervento del Senato, rendendo eventualmente necessaria una ri-sottoposizione al Senato stesso della legge, che invece la Camera ha approvato in via definitiva (tema familiare nella vigenza della originaria formulazione del Titolo V). Da ultimo, posto che il rinvio non viene mai esplicitamente escluso dal testo del disegno di legge di riforma, ci si soffermerà su questioni più specifiche, poste dalla "resa" del rinvio in procedimenti legislativi che presentano caratteristiche particolari e capaci di incidere sulla natura del controllo svolto in sede di promulgazione dal Capo dello Stato. In particolare, ci si interrogherà sul procedimento legislativo volto alla conversione dei decreti legge e sul significato e sulle ripercussioni della proroga del termine per la conversione medesima, in caso di rinvio presidenziale, operata dalla riforma costituzionale. Infine, sarà valutato se il controllo di costituzionalità preventivo sulla legge elettorale possa precludere il ricorso all'art. 74 Cost. da parte del Presidente della Repubblica o solo sconsigliarlo.