La ricerca ha approfondito la politica dell'Unione europea nel settore della gestione delle frontiere esterne. La prima parte dello studio si occupa in particolare delle misure di contrasto dell'immigrazione irregolare, specie alle frontiere marittime. Nel capitolo I si analizza l'origine e lo sviluppo della politica dell'Unione in materia, in particolare riguardo al fenomeno dell'esternalizzazione dei controlli oltre le frontiere. Nel capitolo II si analizza il diritto internazionale, convenzionale e consuetudinario, in materia di intercettazione di navi in mare e relativo obbligo di salvataggio. In tale contesto, oggetto di analisi sono stati anche gli accordi tra Stati costieri di delimitazione delle rispettive zone SAR (acronimo di search and rescue) e la questione giuridica centrale del place of safety, vale a dire del luogo sicuro di sbarco dei migranti intercettati. A tale riguardo lo studio ha analizzato dal punto di vista del diritto internazionale e del diritto dell'Unione il contenzioso diplomatico che negli anni più recenti ha opposto Italia e Malta nelle operazioni di intercettazione dei migranti alla deriva nel Mar Mediterraneo. Tale parte delle ricerca infine analizza la recente decisione 2010/252/UE, la quale ha dettato regole vincolanti per le operazioni alle frontiere marittime coordinate dall'Agenzia e norme di soft law per le situazioni di ricerca e soccorso e per lo sbarco dei migranti. Il capitolo III della ricerca analizza i poteri dello Stato costiero in materia di misure di contrasto al traffico illegale di migranti via mare previsti dal diritto internazionale nei vari tratti di mare, specie nei riguardi di navi stateless, vale a dire prive di nazionalità, come spesso e imbarcazioni utilizzate dai migranti ai fini dell'attraversamento del Mar Mediterraneo. Oggetto di valutazione dal punto di vista del diritto internazionale, convenzionale e consuetudinario, è stata altresì la prassi italiana della intercettazione di imbarcazioni in mare e relativa deviazione verso il Paese di partenza adottata nel 2009, sulla legittimità della quale non si è ancora espressa la Corte europea dei diritti umani. Tuttavia in tale contesto oggetto di analisi sono state le posizioni assunte a riguardo dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa e dall'UNCHR. Il Capitolo IV della ricerca approfondisce le norme volte al contrasto dell'immigrazione irregolare previste dalla prima misura adottata sulla base della procedura di codecisione in materia di immigrazione irregolare, vale a dire la controversa direttiva 2008/115/CE sui rimpatri, mediante la quale l'Unione europea ha introdotto norme e procedure comuni in materia di espulsione dei migranti irregolari, sebbene la decisione di rimpatrio o il provvedimento di allontanamento restino atti di competenza esclusiva degli Stati membri. Nel lavoro sono posti in rilievo le ragioni per cui la direttiva in parola è stata oggetto di critiche in dottrina, vale a dire l'eccessivo sbilanciamento a favore dell'espulsione forzata dei migranti rispetto all'originario intento di favorire l'allontanamento volontario; la fissazione di un periodo massimo di detenzione cautelare, il quale in alcuni casi ha condotto all'innalzamento del periodo in parola negli ordinamenti nazionali. Dunque lo studio giunge alla conclusione che l'impulso dell'UE allo sviluppo di norme comuni in materia di rimpatrio da parte degli Stati membri non sia stato accompagnato da forme di controllo sulla compatibilità di tali misure con i diritti fondamentali degli individui. La Parte II della tesi analizza la questione della tutela dei diritti umani dei migranti irregolari nell'Unione europea, soprattutto alla luce della più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. A tale riguardo, il capitolo I affronta il tema fondamentale relativo all'esercizio della giurisdizione extra-territoriale, ai fini dell'applicazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ex art. 1 Cedu) specie alle operazioni di intercettazione di migranti in alto mare o addirittura nelle acque territoriali di Stati terzi. A tal fine lo studio ricorre all'analisi del concetto di giurisdizione in dottrina (specie De Sena) e sulla base della più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Infatti, il riconoscimento della giurisdizione in alto mare è divenuto oggi una questione centrale, vista la prassi degli Stati di adottare ivi sempre più spesso misure di contrasto dell'immigrazione illegale. Fino ad ora non vi sono state pronunce sull'applicazione della Cedu alle operazioni in parola. Tuttavia, dalla sua giurisprudenza, si ricavano dei principi sull'applicazione extra-territoriale della Cedu che, mutatis mutandis, possono trovare applicazione a situazioni di intercettazione in mare. Il capitolo II si occupa dell'analisi delle tutele riconosciute ai migranti irregolari contro l'espulsione nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, le quali vanno ad aggiungersi alle tutele del diritto interno degli Stati contraenti e del diritto dell'Unione europea. Tale analisi si svolge sotto vari punti di vista che corrispondono ad altrettante norme previste dalla Cedu, vale a dire dal punto di vista del divieto di tortura (art. 3), del diritto alla vita (art. 2) e della proibizione della schiavitù e del lavoro forzato (art. 4); sotto il profilo del diritto del migrante ad un ricorso effettivo contro il provvedimento di espulsione (art. 13); per ciò che riguarda la privazione della libertà nella fase di ammissione o espulsione (art. 5). Il capitolo si conclude con l'analisi della tutela accordata sulla base della giurisprudenza della Corte in caso di trasferimento dei richiedenti-asilo verso il Paese di primo ingresso e del sistema di garanzie di tipo sostanziale nei confronti dell'espulsione, che fa leva sulla protezione della vita privata e familiare (art. 8) dei migranti oggetto di misure espulsive. Il capitolo III analizza un aspetto particolare ma di fondamentale importanza nell'ambito del trattamento dei migranti irregolari, vale a dire quello relativo alla tutela nell'UE del loro diritto alla salute. Anche in questo caso l'analisi delle normative ha luogo alla luce della più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani. Sotto tale profilo, lo studio giunge alla conclusione che gli Stati membri dell'Unione europea riconoscono il diritto umano di accesso alle cure da parte dei migranti irregolari in maniera disomogenea e in assenza di uno standard comune.
Il presente lavoro di tesi si pone l'obiettivo di esaminare il contributo delle missioni PESD impiegate per l'attività di contrasto all'immigrazione irregolare. Dopo un primo periodo di ricerca presso l'Universidad de Càdiz, lo studio, strutturato per blocchi tematici, è proseguito a Pisa sfociando nella redazione di tre capitoli e le considerazioni conclusive. Come si potrà constatare, nel seguente elaborato si farà particolare riferimento agli atti e ai documenti - frutto dei processi decisionali della politica estera di sicurezza comune e della politica europea di sicurezza e di difesa dell'Unione europea - che attribuiscono, solo di recente e in modo esplicito, nel mandato delle missioni PESD, il compito di contrasto all'immigrazione irregolare. Il capitolo I riguarderà le cause prime e le questioni generali che hanno portato a varare, negli anni più recenti, missioni civili e militari in ambito PESD e il cui mandato contempla l'attività di contrasto all'immigrazione irregolare; ovvero verrà evidenziata la crisi migratoria che sta affrontando l'Europa dopo la cosiddetta primavera araba e i conflitti seguiti in Siria, Egitto, Libia e nei paesi dell'Africa sub-sahariana. Significativa potrà risultare l'analisi delle variazioni dei flussi migratori degli ultimi cinque anni che segnala lo spostamento delle rotte migratorie in correlazione alle situazioni di crisi dei paesi di origine e di approdo dei migranti. Gli Stati membri dell'UE più colpiti dalla crisi economica, come l'Italia e la Grecia, dal 2013 sono diventati i principali punti di ingresso per migranti e rifugiati; quindi la prima parte della tesi evidenzierà l'impegno richiesto all'Unione europea per il controllo delle frontiere, la gestione dei flussi migratori, le politiche in materia di asilo, di non refoulement e di accoglienza connesse all'immigrazione irregolare. Per superare queste criticità la politica europea si è posta obiettivi precisi con l'Agenda Europea sulla migrazione del 2015 che definisce un nuovo approccio strategico per gestire i flussi migratori a medio e lungo termine. Verranno descritti i vari piani operativi per il controllo delle frontiere, da Mare Nostrum al piano operativo Triton, fino al più recente piano operativo Themis varato il 1° febbraio del 2018 che sostituisce Triton nel Mediterraneo centrale Nel capitolo II verranno ricercate e analizzate le radici storiche e normative della politica estera di sicurezza comune (PESC) e della politica europea di sicurezza e difesa comune (PESD) dell'Ue a partire dalla nascita, nel 1948, dell'Unione Europea Occidentale (UEO) le cui residue attività sono cessate il 1° luglio del 2011. Fu il Consiglio europeo di Colonia del 1999 che segnò la nascita della Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) - parte integrante della PESC- ai sensi dell'articolo 24 del Trattato di Lisbona del 2007 che prevede altresì il passaggio progressivo da una politica di difesa comune ad una [effettiva] difesa comune. Tra le modifiche strutturali più importanti apportate dal Trattato di Lisbona vi è l'istituzione dell'Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, inteso come mandatario del Consiglio e assistito dal Servizio Europeo per l'Azione Esterna (SEAE). Nonostante il Trattato abbia inteso riunire sotto un'unica anima l'Azione Esterna dell'Unione e integrare la PESC nella sua architettura costituzionale, in termini giuridici si è raggiunta solamente un'unità apparente, in quanto rimangono impregiudicate le competenze degli Stati membri nella loro politica estera. Nei paragrafi del Capitolo II verranno incluse le forme di cooperazione tra Unione europea e ONU nella gestione delle crisi internazionali - in correlazione con la PESD- descrivendo i sei possibili scenari di partenership sul campo. Analogamente per le forme di cooperazione tra la Unione europea e la NATO. Le prime cooperazioni con la NATO si sono avute grazie all'adozione degli Accordi di Berlino Plus del 2003, da cui è scaturita per esempio la missione EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina. Attualmente sono 17 le missioni PESD in corso - 11 civili e sei militari - nei tre continenti (Europa, Africa e Asia); e si tratta in larga parte di azioni a sostegno di riforme della polizia, del sistema giudiziario e di rafforzamento-addestramento delle Forze armate ovvero della capacity building, che facilitano accordi di cessazione delle ostilità e ne assicurano il rispetto. Nella parte finale del capitolo II, verranno analizzate nello specifico le singole missioni PESD in corso, ma senza compiti espliciti di contrasto all'immigrazione irregolare. Il capitolo III affronterà il nodo centrale del contributo delle missioni PESD impiegate nell'attività di contrasto all'immigrazione irregolare, con particolare attenzione ai teatri operativi lungo la rotta del mediterraneo centrale dove si registra, nella composizione per nazionalità, un flusso costante di migranti proveniente dall'Africa sub-sahariana mentre la Libia è il principale paese di partenza per quasi il 90% dei migranti. Dopo la perdita di centinaia di vite umane in un naufragio al largo di Lampedusa nell'aprile del 2015 è stata creata in tempi record la missione EUNAVFORMED (forza navale diretta dall'Unione europea nel Mediterraneo) ovvero un'operazione militare di peace-keeping con sede operativa situata a Roma. La Risoluzione 2240 del Consiglio di sicurezza amplia, rispetto a quanto contenuto nel mandato di EUNAVFORMED-Operazione Sophia, la gamma di azioni esperibili dalla missione, prevedendo eccezioni alla Convezione di Montego Bay in materia di diritto di visita e consenso dello Stato di bandiera così come la possibilità di ricorrere all'uso della forza. Lasciando immutato il perimetro operativo limitato alle acque internazionali. Sempre nel capitolo III verranno analizzate le Decisioni adottate dal Consiglio con le quali si attribuiscono ad altre missioni PESD compiti correlati all'attività di contrasto all'immigrazione irregolare come la missione di assistenza alle frontiere, EUBAM Libia ovvero compiti espliciti come per le missioni EUCAP Sahel in Mali e Niger: paesi dell'Africa sub-sahariana dove sono presenti conflitti violenti e situazioni economiche che originano flussi migratori. Un paragrafo ad hoc inoltre tratterà il contributo dell'Italia alle missioni PESD nell'attività di contrasto all'immigrazione irregolare. Analogamente un paragrafo verterà sul contributo della Spagna, con cenni alla sua esperienza (meno recente) nella protezione delle sue frontiere e il differente interesse di partecipare alle missioni PESD impiegate nell'attività di contrasto all'immigrazione irregolare. Nelle conclusioni verranno svolte considerazioni sui progressi compiuti nel quadro dell'agenda sulla migrazione facendo riferimento alla Relazione comunicata dalla Commissione europea il 14 marzo 2018 e rintracciando le azioni chiave che l'Unione europea intende intraprendere per il raggiungimento di un accordo globale in materia di immigrazione. Considerando che le Decisioni in ambito di politica europea di sicurezza e di difesa dell'Unione europea sono frequenti, in correlazione con esse, si evidenzierà il contributo delle missioni PESD impiegate per l'attività di contrasto all'immigrazione irregolare, ovvero verrà compiuta una valutazione conclusiva in termini di efficacia, alla luce delle situazioni più recenti.
Questa tesi contribuisce al dibattito sulla Europeizzazione delle preferenze di policy dei cittadini. Questa forma di Europeizzazione si sostanzia nel sostegno dei cittadini per una governance Europea in strategici settori di policy. Utilizzando dati di sondaggio provenienti dalla ricerca Intune 2009 e da Eurobarometro, questo lavoro studia la struttura del sostegno per una governance Europea, distinguendo tra una generica preferenza per una maggiore governance e una specifica preferenza che varia tra i diversi settori di policy. Inoltre, questa tesi analizza quali sono i fattori che influenzano lo sviluppo di questi due tipi di sostegno. Nel Capitolo 1 attraverso uno studio della letteratura sulle macro teorie dell'integrazione Europea vengono presentati tre modelli alternativi che definiscono la struttura del sostegno per una governance politica Europea. Questi tre modelli sono in seguito testati e dibattuti nel prosieguo della tesi. Il Capitolo 2 fornisce una definizione del concetto di 'EU support' basata su precedenti studi teorici e empirici. Questa definizione identifica quattro dimensioni che sottostanno al concetto di 'EU support': • 'Output legitimacy': sostegno per gli output prodotti dall'Unione Europea; • 'EU governance legitimacy': sostegno come generica propensione ad affidare le decisioni di policy all'Unione Europea; • 'European identification': sostegno inteso come identificazione nella comunità politica europea; • 'EU democracy': sostegno inteso come percezione di rappresentanza politica a livello europeo. Il Capitolo 3 misura queste quattro dimensioni attraverso un modello a dimensioni latenti sui dati della ricerca Intune 2009, confermando che queste dimensioni sono sufficientemente stabili e invarianti attraverso i diversi paesi dell'Unione Europea. Il Capitolo 4 affronta l'analisi delle determinanti di queste quattro dimensioni del sostegno. I risultati dimostrano che quattro fattori influenzano in modo significativo il sostegno all'UE: 1) 'identificazione nazionale esclusiva' 2) 'attaccamento alla nazione' 3) 'fiducia nelle istituzioni nazionali' 4) 'valori politici'. Questi fattori influenzano il sostegno all'UE in tutti i paesi (quindici) oggetto dell'indagine, ma il loro effetto varia in base a quale dimensione del sostegno si considera: la propensione ad affidare le decisioni di policy all'UE ('EU governance legitimacy') viene influenzata solamente dal fattore 'identificazione nazionale esclusiva'. Inoltre, questo capitolo indaga anche la presenza di una gerarchia tra le quattro dimensioni del sostegno, derivando questa ipotesi dalle teorie neo e post-funzionaliste e da alcuni studi empirici. Tuttavia, i risultati provano che le dimensioni di 'Output legitimacy', 'European identification' e 'EU democracy' non influenzano in modo considerevole e diffuso quella di 'EU governance legitimacy'. Partendo da questo risultato, il Capitolo 5 esplora un percorso diverso, facendo un'analisi policy per policy. Infatti si concentra sull'influenza di questi ed altri fattori sulla propensione ad affidare le decisioni di policy all'Unione Europea in specifici settori politici. Da questa analisi emerge che fattori legati all'utilità soggettiva, all'identità europea e alla rappresentanza politica giocano un ruolo differente nei diversi settori: 'Output legitimacy' e 'European identification' sono le più importanti determinanti della propensione a sostenere una governance europea, ma i loro effetti sono rafforzati (o depotenziati) dalle specifiche caratteristiche delle diverse aree di policy. 'Output legitimacy' ha l'influenza maggiore nelle aree dove la governance europea è più efficiente rispetto ad una nazionale o locale (spiegazione funzionale), mentre 'European identification' ha l'effetto più consistente nelle aree politiche dove l'azione europea può correggere gli effetti della globalizzazione (spiegazione modello sociale). Ulteriori analisi evidenziano come gli intervistati tendano a preferire il livello nazionale a quello europeo per le aree di policy che richiedono ingenti investimenti economici e per quelle in cui l'Unione Europea già possiede estese competenze. Questo ultimo meccanismo evidenzia come un maggiore livello di integrazione europea non porti di per sé ad una ulteriore richiesta di governance europea (come sostenuto dai neo-funzionalisti), ma, anzi, conduca alla richiesta di ridiscutere l'attuale allocazione delle competenze. Utilizzando dati raccolti nel 2009, queste analisi non confermano l'influenza della dimensione di rappresentanza politica ('EU democracy'). Tuttavia, aggregando dati derivanti da Eurobarometro 86.2 e raccolti nel novembre del 2016 emerge come la percezione di rappresentanza politica diventi una importante e significativa determinante del sostegno per una governance europea delle politiche di immigrazione e della politica estera. Inoltre, il sostegno per una governance europea di queste due aree di policy viene anche influenzato direttamente dal numero di richiedenti asilo ospitati da ciascun paese. Infatti, maggiore è il numero di richiedenti asilo, maggiore è la richiesta di un'iniziativa politica europea che affronti questo tema. Considerando insieme questi due risultati (aumento dell'influenza della rappresentanza politica e del numero dei richiedenti asilo) viene confermata l'idea che le recenti crisi Europee (economica e dei migranti) abbiano profondamente modificato il modo attraverso cui i cittadini guardano all'Unione europea, e i motivi per cui sostengano o rifiutino una (maggiore) governance europea. In conclusione, il Capitolo 6 indaga i significati di identità nazionale ed europea per scoprire come questi influenzino il supporto per una governance europea di specifiche aree di policy. Utilizzando dati della ricerca Intune 2009, l'identità nazionale ed europea viene scomposta in quattro componenti costitutive: 'European Civility', 'National Civility', 'Ancestry', e 'Citizenship'. I risultati dimostrano come gli intervistati che ricostruiscono la propria identità nazionale sulla base delle specifiche tradizioni culturali nazionali (componente di 'National Civility') siano portati a rifiutare una governance europea. All'opposto, il sostegno per una governance europea è più probabile per quelli che qualificano l'identità europea come una forma di europeismo 'banale', dove il significato di europeismo discende dalla condivisione delle esperienze quotidiane ed ordinarie come cittadini dell'Europa (componente di 'European Civility'). Le analisi mostrano l'assenza di influenza sul sostegno da parte sia della componente pre-politica ('Ancestry') dell'identità nazionale ed europea, sia di quella politica ('Citizenship' intesa come esercitare i diritti di cittadinanza). Complessivamente, questi risultati corroborano l'idea che più l'Unione Europea è percepita come presente all'interno dell'ordinaria esperienza di vita dei cittadini, più probabile è il supporto per una maggiore integrazione politica. Tuttavia, a parità di condizioni, i significati di identità nazionale esercitano una decisa influenza sul sostegno. Infatti, maggiore è l'enfasi sulle tradizioni culturali nazionali e sul loro ruolo nella definizione di identità nazionale, minore è il sostegno per una governance europea. Questo è determinato dal fatto che le tradizioni culturali sono incorporate anche nelle leggi e nelle istituzioni politiche nazionali, ed un trasferimento di competenze all'Unione Europea ridurrebbe il ruolo e l'importanza di tali istituzioni, influenzando indirettamente l'identità nazionale. ; This dissertation contributes to the debate on Europeanization of citizen policy preferences. This form of Europeanization is defined as the support for a EU level governance instead of a national or sub-national governance of strategic policy domains. Using survey data from the Intune 2009 project and Eurobarometer surveys, this work studies how citizen support for EU policy governance is structured. It distinguishes a generic preference for more EU policy governance from a specific support for EU governance of distinct policy sectors. Moreover, this thesis analyses what influences the development of these two types of support for EU policy governance. Chapter 1 surveys the literature on macro theories of European integration and provides three alternative models of support for EU policy governance. These models are tested and debated in the proceeding of the dissertation to study the structure of support for EU policy governance. Chapters 2 provides a conceptual definition of EU support grounded in earlier theoretical and empirical works. Four dimensions of EU support are identified: • 'Output legitimacy': support as subjective utility of European integration; • 'EU governance legitimacy': support as a generic preference for EU policy governance; • 'European identification': support as identification (we-feeling) with the European political community; • 'EU democracy': support as political representation at the EU level. Chapter 3 measures these four dimensions of EU support, modelling them as latent dimensions using individual-level survey data. This chapter confirms that these dimensions are rather stable and invariant across EU member countries. Chapter 4 analyses the determinants of these four dimensions. Results demonstrate that 'exclusive national identification', 'national attachment', 'confidence in national institutions', and 'political values' exert a significant influence on the levels of EU support across Europe, but their effects vary across the four dimensions of EU support. Notably, only 'exclusive national identification' influences the generic support for EU policy governance ('EU governance legitimacy'). This chapter also investigates the presence of a hierarchy among the four dimensions of EU support testing whether generic support for EU policy governance depends upon holding one of the other three forms of EU support, following some suggestions included in theories of European integration (mainly neo and post-functionalism) and in empirical studies on EU support. However, results demonstrate that 'Output legitimacy', 'European identification', and 'EU democracy' do not have consistent effects on 'EU governance legitimacy' across European countries. Chapter 5 explores this result performing a policy by policy analysis. It emerges that 'Output legitimacy', 'European identification', and 'EU democracy' play a role in driving support for EU governance of distinct policy domains. 'Output legitimacy' and 'European identification' are the most important determinants, but their effects are strengthened (or weakened) by specific policy domain characteristics. 'Output legitimacy' has the greatest influence on support for EU governance of policies where the EU governance is more effective (functional interdependence explanation); whereas 'European identification' has the highest effect on policies that work as market-correcting policies (social-model explanation) that guarantee a EU level protection from market and globalisation failures. Further analyses show that respondents tend to prefer high-expenditure policy to be governed at the national level, and, ceteris paribus, they are likely to oppose further EU integration in policy domains where EU governance is already high. This last mechanism is telling because it shows that EU governance does not lead to further integration (as argued by neo-functionalists), but on the contrary respondents favour a retrenchment from prior agreements on EU policy competencies. The analyses with 2009 data do not confirm the influence of political representation ('EU democracy'), but pooling data from November 2016 (Eurobarometer 86.2), respondents' perception of political representation within the EU becomes a highly significant determinant of support for EU governance of Immigration and Foreign policies. Moreover, the number of asylum seekers within each country contributes to explain individual-level support. These two findings confirm the idea that the recent European refugees and economic crises have profoundly modified how European citizens look to the EU, and why they support or reject EU policy governance. Finally, Chapter 6 investigates the meanings of national and European identities and their influence on support for EU governance of specific policy domains. Using Intune 2009 data, national and European identities are unpacked in four constitutive components: 'European Civility', 'National Civility', 'Ancestry', and 'Citizenship'. The results show that respondents who conceive their national identity as something rooted in national cultural traditions ('National Civility' component) are likely to reject EU policy governance. On the contrary, those who qualify European identity as a form of banal Europeanism where Europeanness is a matter of common and ordinary experiences as Europeans that forms a European way of life ('European Civility' component) are, ceteris paribus, more likely to support EU governance. Both pre-political ('Ancestry') and political (exercising 'Citizenship' rights) components do not have a consistent impact on this form of EU support. Overall, this corroborates the idea that the more the EU is present in ordinary experiences, the greater is support for EU policy governance. Conversely, a respondents' strong emphasis on national cultural traditions - also embedded in national laws and political institutions - hampers support for EU governance, since a transfer of competencies to the EU affects national laws and institutions, and, indirectly, national identities.
In Italy, Protection System for Asylum Seekers and Refugees (SPRAR) manages the second reception of forced migrants. This organization was founded by the Bossi-Fini law n. 189/2002 and is composed by the network of local governments, which uses the available resources of National Fund for Asylum Policies and Services provided by Government finance law and managed by the Ministry of Interior. Its principal goal is to realize integrated reception projects for refugees, asylum seekers, subsidiary and humanitarian protection holders in order to ensure their socio-economic inclusion within local contexts in cooperation with voluntary and third sector organizations. On 10th July 2014, local governments were signed an agreement between national and regional executive to create a national reception system to face the growing number of people who have arrived on the Italian coasts. The main goal of this system is to overcome only a material reception (food and lodging), in order to offer a "widespread reception" within urban areas. The strategy is to create an individual project and an accompaniment to ensure the integration of each person in the local community. The services provided consist in inclusion of migrants in the national health and scholastic system, orientation and access to other local services, professional training, job placement, legal assistance and social and housing integration . Indeed, it is crucial to emphasize that the Italian reception system is characterized by extreme fragmentation. Only SPRAR provides these services with the goal of enabling social and economic inclusion of hosted people in local context, which is why we talk about second reception centres. In Italy, there are, however, many different types of first and extraordinary reception centres for migrants . They are managed by the prefectures and differ in terms of goals, structural characteristics, services and receptive capacity. Only 18.7% of migrants are hosted in the SPRAR structures, while the remainder incurs the possibility of carrying out the entire procedure of the asylum application in the centres of first and extraordinary reception (IDOS, 2017). In recent years, the Italian reception structures have undergone a reorganization and redenomination phase, in which the SPRAR should have become a reference standard. In fact, this system has positively distinguished itself for its objectives, the structuring of his interventions and many best practices. This did not prevent bad reception occurrences even within SPRAR structures, as well as a large number of violent and verbal conflicts, some of which carried out by Italian citizens to the detriment of asylum seekers and owners of a status of international protection. These episodes, exacerbated by a political and media discourse that represents migrants as a threat (Battistelli et al., 2016), are the consequence and symbol of the fragmentary and contradictory reception policies adopted at a European level, in the individual countries and at a local level (IDOS, 2016). Instability and political, economic and social uncertainty, rulers in this historical period, are manifested in an emergency approach that is characterized by insufficient planning and a lack of coordination between the reception agencies. This orientation, supported by many and incongruent legislative changes, deprives the system of a strong structure and facilitates the overturning of the same principles of "widespread reception" of migrants in local communities. Moreover, this facilitates the affirmation of nationalist, xenophobic and localist drifts, as well as reception situations in which human rights are violated and which do not provide real opportunities for inclusion in the territories in a safe and dignified manner. Therefore, the conceptual distinction of the terms danger, risk and threat, used as the interpretative line of this work, appears fundamental to understand why subjective responses, in terms of perception and actions, differ according to the situations, as well as to manage the effects that derive in a consistent manner (Battistelli e Galantino, 2018). In order to realize the analysis, I decided to use an ethnographic approach that is traced back to the constructivist philosophical paradigm, where the vision of facts is investigated locally. Ethnographers, indeed, study subjects, artefacts and actions in their interactions, from an interpretative-dialectical point of view, without the claim of absolute objectivity of the results (Piccardo and Benozzo, 1996). Then, I have chosen to use focused narrative interviews because they turn to individuals, they aim for their "understanding", and this is part of the renewed interest in the subject's centrality and in the "deliberately intentional" social action (Weber, 1922). It is also an approach that allows investigating deeply the phenomena. It is very interactive, flexible and able to empathize in the perspective of the subject being studied. This makes it easier to interview marginal subjects neglected by "official knowledge" and to rediscover the social function of research, which is "giving voice to those who do not have it" (Crespi, 1985, pp. 351) In addition, observation and fieldwork are supported by a strong theoretical basis that offers its help to the researcher for the understanding of the social world, providing an order that supports they in their critical analysis of the facts. So, empirical work and theory support each other (Silverman, 2002). Then, narrative approach is highly adaptable to the study of organizations and to analyse the collected data. In fact, this approach is characterized for attention given to concrete situations and not to general theorizations (Czarniawska, 2000). Hence, the empirical research carried out in 2016-2018 can be summarized in the following phases: 1- Analysis of secondary data and documents produced by European and national statistical institutes, private associations, protection bodies and by SPRAR itself. 2- Participant observation in: - a political protest demonstration against the opening of a SPRAR centre in XIII Town Hall, on the north-western suburb of Rome; - nine meetings of social operators working in SPRAR network of Rome and in the national CARA and CAS reception centres; - a SPRAR centre (20 reception places increased to 40 in the south-eastern suburbs of Rome, VII Town Hall). One year of observation and shadowing of operators: 16th January 2017 – 22th January 2018; - a SPRAR apartment (14 reception places for families in the residential area of Monte Sacro neighbourhood, Town Hall III). Five days of observation and shadowing of operators in January 2018; - a seminar of reflection organized by SPRAR and ANCI on the reception system in Lazio, focused on the role of the Regions and Municipalities. 3- Forty-one narrative focused interviews: - Twenty-four SPRAR operators working in SPRAR centres of Rome; - Seventeen asylum seekers and refugees from SPRAR centre observed in Town Hall VII of Rome. The intent behind this ethnographic research started in a restructuring phase aimed to make the SPRAR a reference standard of reception for all asylum seekers who came to our country. But it was characterized, as still today, by speculative situations, the high presence on the territory of large collective reception centres and managing bodies without the necessary experience (Olivieri, 2011; Lunaria 2016). Therefore, the analysis of the risk management and the operators perception of the SPRAR of Rome has the objective to unveil and analyse the contradictions and weaknesses that may arise within this model due to a reckless management that produces specific factors of risk. The hypothesis underlying the case study is that, although the SPRAR has been recognized as an ordinary model, it can also be reproduced in a distorted manner, not respecting the reference guidelines. The alteration between SPRAR in books, the theoretical expression of a principle, and SPRAR in action, its implementation (Pound, 1910), is caused by specific factors that can cause significant effects from several points of view. To bring to light these aspects, closely related to the risk management and the perception that its operators have, I achieve a classification of the risks that I applied to three different types of SPRAR structures (large, medium and single apartment). Then, I identified a series of outcomes involving the people hosted, the operators, the local community and the SPRAR organization itself. The decision to draw the case study at the SPRAR of the city of Rome is driven by the complexity that distinguishes this territory on a social, cultural and political level. In fact, I believe it can bring out the contradictions of the model as new forms of confinement compared to territories with reduced complexity. However, allowing a glimpse of a reception of asylum seekers and holders of a protection status also possible within urban and metropolitan areas. The empirical survey shows that an increase in the distortion compared to the assumptions of an integrated and widespread reception in the territories corresponds to a greater possibility that specific risk factors are produced. Which in their turn, crystallizing into unhealthy forms, can involve the people hosted, the operators, the local community and the SPRAR organization itself. The case study and the application of the risk classification, which I achieved based on the evidence revealed from the field, reveal how the identified risk areas (socio-spatial context, production of the service, recipients) and the corresponding categories, do not produce in itself a negative result. However, this can occur if a short-sighted management acts on these aspects and does not align with the proposed guidelines. Therefore, this classification appears to be a useful tool to identify problems and to develop preventive measures, aimed to improve the management of SPRAR centres in metropolitan cities such as Rome (and other contexts), by intervening on the identified risk categories and reducing the factors that eventually emerge. The analysis, focused on three different types of SPRAR structure (large, medium, single apartment) of the Capital, shows how this alteration occurs in a disruptive way in the large collective centres, the most represented in Rome. Meanwhile, greater adherence to the model is shown, with a modality proportional to the size, in the medium-sized structure and in the apartment. The distortion detected in the large SPRAR collective centres of Rome and partly also in the medium-sized centre, reflects the ambivalence of the general reception system. It promotes on the one hand the principles of a good reception that respects human rights and the autonomy of people and by another implements foreclosure practices and new forms of borders (Vacchiano, 2011; Van Haken, 2008). The field research shows that this happens on different levels due to specific material factors (location and capacity of the centres, management of internal spaces, activation of the services provided, etc.) and through the daily practices of the operators who, in a more or less assenting, controlling and disciplining the people hosted, shape their conduct. Therefore, in the daily life of the structures in which the situations described are involved, the principles of freedom, inclusion and autonomy supported by the rhetoric of reception system are governed by a neoliberal logic of citizenship that suggests the criteria to distinguish, in the same integration paths, who is more worthy than other beneficiaries (Van Haken, 2008). Although the case study highlights strong contradictions and weaknesses that come to life in the implementation of the SPRAR model, it also shows the realization of a good reception. That which, despite being included in an extremely complex context such as Rome, attempts to oppose the "logic of large numbers and profits" of large cooperatives and which implements functional inclusion paths to achieve the objectives. Alignment and consistency with the guidelines and the SPRAR operating manual, in fact, allow the construction of a real project of individualized socio-economic integration for the person hosted. Only by acting in a widespread manner on the territory, in apartments or small centres, the genesis of new forms of borders beyond those already present is avoided. In fact, through this management most of the risks identified are eliminated or at least reduced, precisely because the "trajectory of opportunities" of risk (Reason, 1997) towards unfavourable outcomes generally develops within large collective centres. References Battistelli Fabrizio, Farruggia Francesca, Galantino Maria Grazia and Ricotta Giuseppe. 2016. "Affrontarsi o Confrontarsi? Il "Rischio" Immigrati sulla Stampa Italiana e nella Periferia di Tor Sapienza a Roma". Sicurezza e Scienze Sociali 1:86-112. Battistelli Fabrizio e Galantino Maria Grazia. 2018. "Dangers, Risks and Threats: An Alternative Conceptualization to the Catch-All Concept of Risk". Current Sociology 1-15. Czarniawska Barbara. 2000. Narrare l'organizzazione. La costruzione dell'identità istituzionale. Tr.it. Torino: Edizioni di Comunità. Crespi Franco. 1985. Le vie della sociologia. Bologna: Il Mulino. IDOS in partnership with Confronti. 2017. Dossier Statistico Immigrazione 2017. Roma: Inprinting srl. IDOS. 2016. "INTRA MOENIA. Il Sistema di Accoglienza per Rifugiati e Richiedenti Asilo in Italia nei Rapporti di Monitoraggio Indipendenti". Affari Sociali Internazionali IV (1-4). Lunaria. 2016. Il mondo di dentro. Il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati a Roma. (https://www.lunaria.org/wp-content/uploads/2016/10/Il_mondo_di_dentro.pdf). Olivieri Maria Silvia. 2011. "L'accoglienza frantumata sotto il peso dell'«emergenza»", pp. 35-44 in Lunaria. 2011. Cronache di ordinario razzismo. Secondo libro bianco sul razzismo in Italia. Roma: Edizioni dell'Asino. Piccardo Claudia and Benozzo Angelo. 1996. Etnografia organizzativa. Una proposta di metodo per l'analisi delle organizzazioni come culture. Milano: Raffaello Cortina Editore. Reason James. 1997. Managing the Risks of Organisational Accidents. London: Ashgate Publishing Company. Vacchiano Francesco. 2011. "Discipline della Scarsità e del Sospetto: Rifugiati e Accoglienza nel Regime di Frontiera". Lares LXXVII (1): 181-198. Van Aken Mauro. 2008. Rifugio Milano. Vie di fuga e vita quotidiana dei richiedenti asilo. Roma: Carta. Weber Max. 1922. Economia e Società. Tr.it. Milano: Edizioni di Comunità.
La nozione di "dati personali" è particolarmente ampia nel diritto dell'Unione. La Corte di giustizia ha precisato che comprende, per esempio, "il nome di una persona accostato al suo recapito telefonico o ad informazioni relative alla sua situazione lavorativa o ai suoi passatempi", il suo indirizzo i suoi periodi di lavoro e di riposo nonché le relative interruzioni o pause, gli stipendi corrisposti da taluni enti ed i loro beneficiari, i dati sui redditi da lavoro e da capitale nonché sul patrimonio delle persone fisiche, le banche date sugli stranieri presenti sul territorio. Nei limiti in cui le informazioni riguardano una persona fisica identificata o identificabile, il loro contenuto può riguardare tutti gli aspetti relativi alla vita privata o professionale in una sfera pubblica. La forma può essere scritta, sonora o visiva. Un'altra nozione importante è quella della nozione di "flusso transfrontaliero dei dati" che riguarda la comunicazione diretta "a destinatari specifici". Da questo concetto, è esclusa la semplice pubblicazione online (di dati personali) quali i registri pubblici o i mezzi di comunicazione di massa (giornali elettronici e televisione). In un primo periodo della sua giurisprudenza sulla Carta, la Corte di giustizia si riferisce alla protezione della privacy con un riferimento spesso cumulativo agli artt. 7 e 8 senza riconoscere l'autonomia del "diritto alla protezione dei dati personali"rispetto al "diritto al rispetto della vita privata". Inoltre, sino al momento in cui è emersa la questione delle limitazioni consentite ai diritti previsti dagli artt. 7 e 8, con riferimento all'applicazione dell'art. 52 Carta, la Corte non ha distinto il profilo relativo all'applicazione del principio di proporzionalità, da quello riguardante la violazione dei "contenuti essenziali" dei diritti in gioco. In questo senso particolarmente significativa è il ragionamento della Corte nella sentenza Volker del 2010: si deve ritenere, da un lato, che il rispetto del diritto alla vita privata con riguardo al trattamento dei dati personali, riconosciuto dagli artt.7 e 8 della Carta, sia riferito ad ogni informazione relativa ad una persona fisica identificata o identificabile e, dall'altro, che le limitazioni che possono essere legittimamente apportate al diritto alla protezione dei dati personali corrispondano a quelle tollerate nell'ambito dell'art. 8 della CEDU". Il riferimento all'art. 8 della CEDU sottolinea come il diritto alla protezione dei dati sia considerato semplicemente quale accessorio rispetto al diritto al rispetto alla vita privata previsto dall'art. 7 della Carta. La conservazione dei dati può costituire una limitazione del diritto al rispetto della vita privata e del diritto alla protezione dei dati personali. In parallelo con l'art. 8, par. 2, della CEDU, la Carta riconosce che l'ingerenza di un'autorità pubblica nell'esercizio del diritto al rispetto della vita privata può essere giustificata se necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza e alla prevenzione dei reati. In particolare ai sensi dell'art. 52, par. 1 della Carta, tali limitazioni devono essere "previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti […] nel rispetto del principio di proporzionalità," ed essere necessarie e rispondere a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. In pratica, ciò significa che le eventuali limitazioni devono essere: formulate con precisione e prevedibilità; necessarie per realizzare una finalità di interesse generale o per proteggere i diritti e le libertà altrui; proporzionate alla finalità perseguita; e conformi al contenuto essenziale dei diritti fondamentali in questione. Pertanto, la protezione dei dati personali prevista dall'obbligo prescritto dall'articolo 8 par. 1 della Carta risulta particolarmente importante per il diritto al rispetto della vita privata di cui all'articolo 7 della stessa Carta. La Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) stabilisce un elevato livello di protezione dei dati personali. Secondo l'art. 8, ogni persona è titolare del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Sulla base di un'interpretazione estensiva della nozione di "vita privata", sono stati individuati dalla Corte europea principi o diritti propri della materia. In base alla giurisprudenza della Corte EDU, la protezione dei dati ex art. 8 CEDU ha ad oggetto il loro trattamento, che può comprendere diverse operazioni (raccolta, registrazione, conservazione, impiego, trasferimento, divulgazione, rettifica o cancellazione). Il trattamento deve essere compiuto nel rispetto dei principi di legalità, legittimità, temporaneità e proporzionalità. Per ciò che attiene alle limitazioni ammissibili, il requisito fondamentale è la "prevedibilità" e "accessibilità" della legge. L'accertamento di una violazione può dipendere da fattori, quali la qualità, la modalità e la tipologia dei dati e dal diritto di esercitare il diritto di accesso e dalla possibilità di richiesta, di rettifica e cancellazione da parte del soggetto interessato. Sono ammissibili deroghe relative alla sicurezza nazionale o alla prevenzione o alla repressione del crimine. Una particolare categoria è costituita dai dati sensibili (ad esempio stato di salute ed origini etniche) che richiedono specifiche garanzie per evitare qualsiasi forma di discriminazione. Per quanto riguarda la possibilità di interpretare estensivamente la nozione di vita rivata la Corte ha più volte ribadito che: "Private life is a broad term not susceptible to exhaustive definition". Si tratta di un termine ampio non suscettibile di definizione esaustiva. La Corte ha più volte statuito che elementi quali il sesso, il nome, l'orientamento sessuale e la vita sessuale sono elementi importanti della sfera personale (ex art. 8 CEDU). Vi è però anche una zona di interazione di una persona con gli altri, anche in un contesto pubblico, che può rientrare nell'ambito dell'applicazione della "vita privata". Il diritto di identità e sviluppo personale, e il diritto di stabilire e sviluppare relazioni con altri esseri umani può persino consentire di estendere l'ambito di applicazione alle attività di natura professionale o commerciale. Il Trattato di Lisbona ha creato per la prima volta una nuova base giuridica per la protezione dei dati personali nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia, utilizzabile sia per l'armonizzazione legislativa del mercato, che per la cooperazione giudiziaria civile e penale (ex terzo pilastro). Tuttavia, la base giuridica dell'art. 16 del TFUE consente all'Unione europea di adottare direttive e regolamenti per la cooperazione di polizia solo dopo la fine del periodo transitorio di cinque anni, vale a dire alla fine del 2014. La competenza prevista dall'art. 16 del TFUE è una competenza concorrente dell'Unione con gli Stati membri come per tutto lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (cooperazione in materia di immigrazione, cooperazione civile e penale). In quest'ultimo settore potranno comunque essere previste norme specifiche (Dichiarazione 21 Allegata al Trattato di Lisbona). Infatti, le informazioni nel settore della libertà, della sicurezza e della giustizia vengono scambiate anche per analizzare le minacce alla sicurezza, identificare i trend delle attività criminali o valutare i rischi nei settori correlati. La seconda base giuridica riguarda il settore della politica estera e di sicurezza comune, in cui il TFUE prevede invece solo l'adozione di una decisione ad hoc del Consiglio. La direttiva 95/46/CE costituisce la parte principale della normativa secondaria sulla protezione dei dati personali nel mercato che contiene gli elementi principali della tutela, concretizzando e ampliando il contenuto della Convenzione 108. La direttiva rappresenta un quadro generale completato da strumenti normativi specifici quali il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari e la direttiva 2002/58/CE relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche nonchè la libera circolazione di tali dati (in particolare l'art. 41) La direttiva 95/46/CE prevede di promuovere la libera circolazione delle informazioni nel mercato interno; l'armonizzazione di disposizioni essenziali del diritto nazionale; esprime la fiducia reciproca degli Stati membri nei rispettivi sistemi giuridici nazionali. Le disposizioni della direttiva non si applicano ai trattamenti di dati personali effettuati per l'esercizio di attività che non rientravano nel campo di applicazione del diritto comunitario e, comunque, ai trattamenti aventi come oggetto la pubblica sicurezza, la difesa, la sicurezza dello Stato e in materia di diritto penale. A livello del diritto comunitario, la conservazione e l'uso di dati a fini di contrasto dei reati sono stati affrontati per la prima volta dalla direttiva 97/66/CE sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni. Detta direttiva ha stabilito, per la prima volta, che gli Stati membri possono adottare le disposizioni legislative che considerano necessarie per la salvaguardia della pubblica sicurezza, della difesa o dell'ordine pubblico (compreso il benessere economico dello Stato ove le attività siano connesse a questioni di sicurezza dello Stato), e per l'applicazione del diritto penale. La direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche riguarda principalmente il trattamento dei dati personali nel quadro della fornitura dei servizi di telecomunicazione. La direttiva contiene norme fondamentali destinate a garantire la fiducia degli utilizzatori nei servizi e nelle tecnologie delle comunicazioni elettroniche. Esse riguardano in particolare il divieto di "spam", il sistema di consenso preventivo dell'utilizzatore (opt–in) e l'installazione di marcatori (cookies). Si accresce la tutela contro i trattamenti invisibili di dati che si attivano ogniqualvolta si accede ad un sito internet. Le norme in materia di Privacy online si rafforzano, quindi, in merito all'uso dei cookies (stringhe di testo che possono anche memorizzare le scelte di navigazione degli utenti) e simili sistemi. Gli utenti di internet dovranno essere maggiormente informati sull'esistenza di tali sistemi e su ciò che accade ai loro dati, potendo così controllarli più facilmente. Anche per i "cookies" devono valere i concetti di informativa e consenso. Ai fini dell'espressione del consenso possono essere utilizzate specifiche configurazioni di programmi informatici o di dispositivi che siano di facile e chiara utilizzabilità per il contraente o l'utente. La direttiva stabilisce come principio di base, che gli Stati membri devono garantire, tramite la legislazione nazionale, la riservatezza delle comunicazioni effettuate tramite una rete pubblica di comunicazioni elettroniche. In particolare, devono proibire ad ogni altra persona di ascoltare, intercettare, memorizzare le comunicazioni senza il consenso degli utenti interessati. Per quanto riguarda la sicurezza dei servizi, il fornitore di un servizio di comunicazione elettronica deve garantire che i dati personali siano accessibili soltanto al personale autorizzato; tutelati dalla distruzione, perdita o alterazione accidentale. Eventuali violazioni devono essere comunicate alla persona interessata, nonché all'autorità nazionale di regolamentazione (ANR). Per garantire la disponibilità dei dati di comunicazione per la ricerca, l'accertamento e il perseguimento di reati, la direttiva stabilisce un regime di conservazione dei dati. La direttiva adotta l'approccio di libera scelta (opt–in) in relazione alle comunicazioni elettroniche commerciali indesiderate, cioè gli utenti devono dare il loro accordo preliminare prima di ricevere queste comunicazioni. Questo sistema di opt–in copre anche i messaggi SMS e altri messaggi elettronici ricevuti su qualsiasi terminale fisso o mobile. Sono tuttavia previste deroghe. A norma della direttiva 2002/58/CE relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche in linea di principio tali dati relativi al traffico, generati dall'uso dei servizi di comunicazione elettronica, devono essere cancellati o resi anonimi quando non sono più necessari ai fini della trasmissione di una comunicazione, salvo i casi in cui risultino necessari per la fatturazione, e solo per il periodo necessario a tal fine, o in cui sia stato ottenuto il consenso dell'abbonato o utente. I dati relativi all'ubicazione possono essere trattati soltanto se sono resi anonimi o con il consenso dell'utente interessato, nella misura e per il periodo necessari alla fornitura di un servizio a valore aggiunto. Le modifiche introdotte dalla direttiva 2009/136/CE, in materia di trattamento dei dati personali e tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche sono finalizzate a promuovere una maggiore tutela dei consumatori contro le violazioni dei dati personali, le comunicazioni indesiderate e lo "spam". A questo proposito, il soggetto tutelato dalle comunicazioni indesiderate e dallo spam viene definito in modo nuovo: "contraente" o "utente" (in sostituzione del concetto di interessato o abbonato). La direttiva data retention ha modificato l'art. 15, par. 1, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, inserendo un paragrafo che esclude che tale normativa si applichi ai dati conservati in base alla direttiva data retention. Secondo tale direttiva (art. 11) gli Stati membri possono adottare disposizioni legislative in deroga al principio della riservatezza delle comunicazioni, tra cui, a talune condizioni, la conservazione, l'accesso e il ricorso ai dati a fini di contrasto. L'art. 15, par. 1, permette agli Stati membri di limitare i diritti e gli obblighi attinenti alla vita privata, anche mediante la conservazione di dati per un periodo di tempo limitato, qualora la misura sia "necessaria, opportuna e proporzionata all'interno di una società democratica per la salvaguardia della sicurezza nazionale (cioè della sicurezza dello Stato), della difesa, della sicurezza pubblica; e la prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento dei reati, ovvero dell'uso non autorizzato del sistema di comunicazione elettronica". La giurisprudenza della Corte di Strasburgo riguardante il bilanciamento della tutela dei dati personali con l'interesse pubblico alla sicurezza in materia di dati conservati dai servizi d'intelligence ha avuto per oggetto i seguenti casi: Rotaru v. Romania; Haralambie v. Romania; Turek v. Slovakia; Segerstedt-Wiberg and O. v. Sweden e Shimovolos v. Russia. In materia di conservazione del DNA: S. and Marper v. United Kingdom e Peruzzo and Martens v. Germany. In materia di conservazione dei dati in speciali banche dati: Bouchacourt; Gardel e M.B. v. France; Khelili v. Switzerland; M.K. v. France; Dalea v. France; E.B v. Austria e Bernh Larsen v. Norway. In materia di controlli e videosorveglianza: Peck v. the United Kingdom; Vetter v. France; Kopke v. Germany e Van Vondel v. Netherlands. La Corte EDU si è occupata di bilanciamento con la tutela della salute nelle sentenze: Armonas v. Lithuania; Gillberg v. Sweden e Avilkina and Others v. Russia. Mentre il bilanciamento con la libertà di espressione e il diritto di reputazione è stato affrontato nelle sentenze: Von Hannover v. Germany; Axel Springer AG v. Germany; Mosley v. United Kingdom e Nagla v. Lettonia. La giurisprudenza della Corte di giustizia in relazione all'esercizio di poteri pubblici si è occupata dei casi: Österreichischer Rundfunk, Huber e YS. Nelle sentenze Commissione c. Germania, Commissione c. Austria e ommissione c. Ungheria, il giudice dell'Unione si è occupato del ruolo delle autorità indipendenti di controllo sui dati e in Volker und Markus Schecke e Commissione c. Bavarian Lager della problematica relativa all'accesso agli atti. In particolar modo le questioni interpretative della direttiva 95/46/CE sono state affrontate nelle sentenze Asociación Nacional de Establecimientos Financieros de Crédito; Deutsche Telekom AG; Institut immobiliere e Ryneš. Copiosa è stata la giurisprudenza sia della Corte di Strasburgo (KU v. Finland; Editorial Board di Pravoye Delo e Shtekel v. Ukraina; Ahmet Yildirim v. Turkey; Animal Defenders International v. United Kingdom; Delfi AS v. Estonia; Times Newspapers Limited v. United Kingdom e Ashby Donald e Neij e Sunde Kolmisoppi) e della Corte di Lussemburgo sulle problematiche poste da internet in relazione alla tutela dei dati personali (SABAM, Promusicae, UPC Telekabel Wien, Digital Rights, Google Spain).
2009/2010 ; Lo scopo di questa ricerca di dottorato è l'analisi geopolitica di una regione transfrontaliera dell'Asia centrale: la valle del Fergana. Tre anni di ricerca sul campo: l'analisi delle frontiere di questa regione attualmente divisa politicamente tra Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan, la cartografia analitica, le osservazioni, le interviste alla popolazione e agli esperti, la ricerca nelle biblioteche della regione, nella capitale dell'Uzbekistan, Tashkent (presso l'Istituto Francese di Studi sull'Asia centrale – IFEAC) e la ricerca svolta in Francia principalmente presso l'Istituto Francese di Geopolitica (IFG) e la Biblioteca Nazionale di Francia (BNF), sono gli strumenti che hanno permesso lo studio di questo territorio. Il principale obiettivo del lavoro è l'analisi delle rivalità di potere della valle del Fergana. Grazie alla sua fertilità e alla sua importante posizione strategica all'interno del contesto geopolitico centrasiatico, il bacino del Fergana è stato e continua tuttora ad essere una posta in gioco ambita da differenti attori territoriali. La rivalità di potere tra i diversi attori si gioca soprattutto sullo scenario transfrontaliero della regione. Il secondo scopo di questa ricerca è la presentazione e la valutazione di un particolare attore territoriale della valle, il Regionalismo culturale. La parte introduttiva della ricerca si concentrerà su una presentazione del contesto centrasiatico e sulle peculiarità derivanti dalle sue frontiere. In seguito verrà introdotta la "posta in gioco" Fergana con le sue risorse fisiche ed economiche al fine di legittimare l'importanza del territorio. Infine l'introduzione si concluderà con la teoria geopolitica: il perché della scelta della scuola di geopolitica del geografo francese Yves Lacoste per questa ricerca e una prima analisi dello spazio Fergana come regione divisa tra confine e frontiera. Il lavoro è strutturato in due grandi parti. La prima, più teorica, è relativa all'analisi dei tre attori territoriali. Le rappresentazioni dei differenti attori che verranno presentate, non seguiranno un ordine cronologico, ma un ordine concettuale: eventi simultanei verranno dunque analizzati non nello stesso momento, perché relativi a rappresentazioni differenti del territorio Fergana. Il primo capitolo è consacrato all'attore Nazione. Con questa espressione si intende non solo l'attore Stato-Nazione in sé, o meglio gli Stati-Nazione (Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan), ma anche la Nazione come idea, come politica nazionalistica applicata ad un territorio. La valle del Fergana è diventata una regione transfrontaliera da quando, negli anni '20, fu divisa tra i tre Stati, allora all'interno della Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS). Negli anni '90, in seguito alla caduta dell'URSS, il Fergana divenne una regione divisa da frontiere non più interne ma internazionali. Questo capitolo ha come scopo l'analisi di tutte le rappresentazioni dell'attore Nazione per quanto riguarda il contesto Fergana, dalla sua nascita (anni '20) fino all'indipendenza delle Repubbliche (anni '90). Sicuramente la rappresentazione più importante da analizzare è quella della creazione delle sue frontiere. L'attore Nazione è senza dubbio l'attore geopolitico più importante anche perché quello più legittimato in questo contesto territoriale. Il capitolo approfondirà anche le relazioni tra i differenti Stati-Nazione che rappresentano allo stesso tempo: un unico attore (contro la Religione e il Regionalismo culturale) e tre attori differenti quando competono tra loro per il territorio Fergana. Il secondo attore è la Religione. La valle del Fergana è una delle aree centrasiatiche più credenti e praticanti e la religione islamica ha sempre avuto un ruolo importante nella gestione della società ferganiana. Verrà proposta un'analisi di tutte le rappresentazioni della religione nel Fergana: il sufismo autoctono con un'analisi sulla geografia sacra dei luoghi ferganiani importanti per questa corrente dell'Islam; l'Islam tradizionale del periodo sovietico, divenuto un'arma legale utilizzata da Mosca per combattere l'ortodossia religiosa sufi del Fergana; il fondamentalismo wahabbita degli ultimi anni importato dall'Afghanistan, dal Pakistan, dall'Arabia Saudita, come conseguenza dell'invasione sovietica dell'Afghanistan del 1979 e dunque in seguito all'incontro tra i musulmani sovietici e i mujaheddin afgani. In seguito verrà analizzato come le differenti varianti dell'attore Religione si sono opposte, negli anni, all'attore Nazione per il controllo del potere e delle risorse del territorio Fergana. Un fenomeno particolarmente analizzato sarà la politicizzazione dell'attore Religione e come questa politicizzazione ha portato l'attore in questione ad essere l'elemento protagonista di numerosi eventi nel Fergana. Il terzo attore è il Regionalismo culturale. Con questa espressione si fa riferimento all'identità geo-culturale di questo insieme regionale che persiste nonostante le pressioni nazionalistiche e religiose. La valle del Fergana è sempre stata un insieme geografico, politico, sociale, malgrado negli ultimi secoli la sua popolazione si è sempre distinta per il suo alto livello di multietnicità e di disomogeneità linguistica. Questo però, non ha impedito un'amalgamazione sociale di tale popolazione che ha sempre considerato la multietnicità come la normalità e ha sempre attribuito ad ogni "etnia" un ruolo sociale integrato all'interno del sistema Fergana. Popolazioni di lingua e cultura persiana e sedentaria e popolazioni di lingua e cultura turca, sedentaria o nomade hanno sempre condiviso, ognuna con il proprio ruolo sociale, una vita comunitaria all'interno della regione e questa è sicuramente la caratteristica principale del Regionalismo culturale del Fergana. Questo equilibrio cambiò con la perdita di sovranità politica della regione, con l'istituzione dei nazionalismi e la conseguente spartizione della regione tra tre dei cinque nuovi Stati nazionali dell'Asia centrale sovietica. In questo capitolo verranno analizzate le principali rappresentazioni nel tempo dell'attore Regionalismo culturale e come esso si sia opposto agli altri attori territoriali, soprattutto all'attore Nazione. La seconda parte di questo lavoro è stata dedicata all'impatto che gli attori territoriali hanno oggi nella valle del Fergana, soprattutto nelle sue aree di frontiera. Questa parte è il risultato delle interviste e delle osservazioni sul campo effettuate in Asia centrale e in particolare nel Fergana nelle spedizioni del 2007, 2009 e del 2010. Nel primo capitolo verrà analizzata la frontiera di questa regione dal punto di vista teorico, in particolar modo con l'analisi del Fergana come" prima o ultima linea di difesa". Nel secondo capitolo, all'interno di un contesto di base: la differenza tra la frontiera all'epoca sovietica e all'epoca dell'indipendenza, ci sarà un approfondimento della definizione di frontiera centrasiatica, l'esame della burocrazia di frontiera, del posto di blocco e dei documenti del soggetto transfrontaliero. Saranno trattate, inoltre, le tematiche relative alle relazioni commerciali transfrontaliere, come i "tre" Fergana riescono ancora ad interagire malgrado la crescente rigidità delle frontiere e verranno studiate le relazioni sociali transfrontaliere sempre all'interno del panorama ferganiano di oggi. In questo contesto, verranno considerate le interviste svolte nel Fergana, le opinioni riguardo le difficoltà di passaggio e di comunicazione nella valle ed analizzeremo la presenza dei tre attori geopolitici che tuttora giocano un ruolo fondamentale nelle relazioni e nei conflitti di frontiera. Il terzo capitolo sarà dedicato ai centri urbani del Fergana; la loro storia, il rapporto dei ferganiani con le città e soprattutto le rappresentazioni interne ed esterne che i centri urbani hanno assunto all'interno di una regione oggi del tutto transfrontaliera. Il quarto capitolo si concentrerà sulle evoluzioni demografiche della popolazione: il Fergana, che durante gli anni zaristi e sovietici era terra di immigrazione, con l'indipendenza e dunque con la concretizzazione delle frontiere, si ritrova terra di emigrazione. Il quinto capitolo sarà dedicato al Fergana delle infrastrutture: come la strada ferrata e la rete stradale influiscono e sono influenzate dalle mutazioni frontaliere di questa regione. Il sesto capitolo riprenderà degli interrogativi teorici posti all'inizio del lavoro, con un analisi conclusiva sull'odierno "Fergana delle frontiere". La conclusione di questa ricerca, in realtà, è una vero e proprio capitolo di analisi, dove si farà il punto della situazione e si constaterà la persistenza dell'attore Regionalismo culturale, la sua evoluzione e il suo rapporto attuale con gli altri attori geopolitici. Un punto di arrivo fondamentale della ricerca è il fatto che la regione Fergana è cambiata, sotto differenti punti di vista e la popolazione ferganiana ha nuovi punti di riferimento culturali, politici e sociali. Differenti forme politiche e nuove strutture culturali hanno portato la popolazione del Fergana, nel tempo, a mutare la propria immagine e la propria identità: "russa, musulmana, ferganiana", in seguito "sovietica, uzbeca (o tagica o kirghiza), atea, ferganiana" e infine "uzbeca (o tagica o kirghiza), laica, ferganiana". Il territorio, le sue frontiere e la società che lo abita sono cambiati, ma vedremo che, nonostante i forti ostacoli posti dall'attore Nazione, il Regionalismo culturale riuscirà a sopravvivere, adattandosi alle nuove tendenze e ai nuovi modi di interpretare il Fergana. Come ultimo studio sul territorio, faremo degli esempi riguardanti gli eventi più recenti concernenti il Fergana (massacro di Andijan nel 2005, scontri ad Osh nel giugno 2010) ed analizzeremo questi fenomeni alla luce delle rivalità di potere geopolitiche che ancora persistono nella regione. ; Cette thèse de Doctorat propose une analyse géopolitique d'une région transfrontalière de l'Asie centrale, la vallée du Ferghana, aujourd'hui divisée entre les Républiques d'Ouzbékistan, du Tadjikistan et du Kirghizistan. Des séjours sur le terrain répartis sur trois ans ont constitué la base de la recherche, au travers de l'analyse des frontières, de la cartographie analytique, d'entretiens qualitatifs avec experts et habitants, et de recherches bibliographiques dans le Ferghana ainsi que dans la capitale ouzbèke Tachkent – notamment près l'Institut Français d'Etudes sur l'Asie Centrale (IFEAC). Ces périodes de terrain ont été complétées par un séjour de recherche en France, articulé principalement autour d'un approfondissement théorique à l'Institut Français de Géopolitique (IFG) de l'Université Paris VIII-Vincennes et de recherches bibliographiques à la Bibliothèque Nationale de France. L'objet de ce travail est donc l'analyse des rivalités de pouvoir entre les acteurs territoriaux sur l'enjeu territorial de la vallée du Ferghana, bassin fertile à la position stratégique dans le contexte géopolitique centrasiatique élargi. Si le Ferghana a toujours constitué un enjeu disputé par différents acteurs territoriaux, les rivalités des acteurs actuels jouent aujourd'hui surtout au niveau frontalier et transfrontalier. Ce faisant, cette thèse introduit un nouvel acteur dans le schéma d'analyse géopolitique classique: le Régionalisme culturel. Le Régionalisme culturel en tant qu'acteur territorial y fait donc l'objet d'une présentation approfondie ainsi que d'une évaluation de son importance passée et actuelle. Concentrée d'abord sur le contexte centrasiatique et les particularités qui découlent de ses frontières, l'introduction présente ensuite « l'enjeu » Ferghana et ses ressources physiques et économiques, qui expliquent l'importance de ce territoire. Elle se poursuit sur un rapide point théorique sur la géopolitique et la justification du choix de l'école de pensée géopolitique de Yves Lacoste comme cadre théorique de cette recherche, avant de s'achever sur une première analyse de l'espace Ferghana à l'aune des catégories de frontières et de confins. La thèse est structurée en deux grandes parties. La première, à dominante théorique, analyse à tour de rôle les trois acteurs territoriaux qui rivalisent pour le pouvoir sur le Ferghana: il s'agit de la Nation, de la Religion, et du Régionalisme culturel. La présentation des acteurs, de leurs différentes incarnations et de leurs représentations respectives du territoire ferghanien sont ainsi abordés selon un ordre conceptuel ; des évènements s'étant produits simultanément ne sont ainsi pas analysés chronologiquement mais séparément, en tant qu'ils se rapportent aux acteurs évoqués. Le premier chapitre est consacré à l'acteur Nation. Par cette expression nous entendons non seulement l'entité effective Etat-Nation et ses trois incarnations (Ouzbékistan, Tadjikistan, Kirghizistan), mais aussi la Nation comme idéologie qui agit sur le territoire au travers de politiques nationalistes. La force de légitimation de l'acteur Nation n'est pas étrangère à l'accroissement de son importance sur ce territoire, qui l'a sans aucun doute mené au sommet de la hiérarchie des acteurs géopolitiques dans cette région. Ce chapitre analyse les représentations du Ferghana définies et mises en oeuvres par l'acteur Nation depuis son apparition dans les années 1920. La vallée du Ferghana est en effet devenue une région transfrontalière à cette époque, avec son intégration à l'Union des Républiques Socialistes Soviétiques (URSS) et sa partition entre trois des cinq Républiques Socialistes Soviétiques nouvellement créées en Asie Centrale. Dans les années 1990, avec la chute de l'URSS et l'indépendance des trois Républiques, les frontières qui divisaient le Ferghana ne sont plus simplement internes, mais deviennent bel et bien internationales. Parmi les représentations majeures qui font l'objet d'une étude dans ce chapitre, une attention particulière est portée aux frontières nationales, leur création et leur évolution. Le chapitre s'intéresse également aux relations entre les différents Etats-Nations, qui constituent un acteur unique lorsqu'ils rivalisent contre les autres acteurs territoriaux – la Religion et le Régionalisme culturel – mais aussi trois acteurs différenciés lorsqu'ils se disputent le territoire Ferghana entre eux. Le deuxième chapitre est consacré au deuxième acteur territorial, la Religion. La vallée du Ferghana est l'une des régions d'Asie centrale les plus croyantes et pratiquantes, et la religion islamique y a toujours eu un rôle important dans la gestion de la société. Ce chapitre propose d'abord une analyse des représentations de la religion dans le Ferghana : le soufisme autochtone et la "géographie sacrée" des hauts lieux de ce courant de l'Islam dans le Ferghana ; l'Islam traditionnel de la période soviétique, devenu une arme légale utilisée par Moscou pour combattre l'orthodoxie soufie du Ferghana ; le fondamentalisme wahabbite récemment apparu, importé d'Afghanistan, du Pakistan et d'Arabie Saoudite à la suite de l'invasion de l'Afghanistan par les Soviétiques en 1979 et de la rencontre qui s'en est ensuivie entre les musulmans soviétiques et les moudjahiddines afghans. Ensuite est examinée la manière dont les différentes variantes de l'acteur Religion se sont opposées, au cours des années, à l'acteur Nation pour le contrôle du pouvoir et des ressources du territoire Ferghana. Nous y voyons comment la rivalité géopolitique entre deux acteurs varie du tout au tout selon que l'on parle de l'acteur Nation au cours de la période Soviétique ou bien au cours de l'ère ayant succédé à l'indépendance. Une attention particulière est portée au phénomène de politisation de l'acteur Religion et à la manière dont cette politisation a amené la Religion à assumer un rôle de protagoniste dans de nombreux évènements du Ferghana. Le troisième acteur est le Régionalisme culturel. Avec cette expression nous faisons référence à l'identité géo-culturelle de cet ensemble régional, qui persiste malgré les pressions nationalistes et religieuses. Car aussi loin que remonte son existence en tant que lieu, la vallée du Ferghana a toujours constitué un ensemble géographique, politique et social à part entière. Bien que sa population se soit distinguée au cours des derniers siècles par une grande multiethnicité et hétérogénéité linguistique, cela n'a pas empêché un amalgame sociétal de cette population qui a toujours considéré la multiethnicité comme normale, et toujours a attribué à chaque « ethnie » un rôle social déterminé au sein du système Ferghana. Qu'elles soient de langue et de culture persane et sédentaire, de langue et de culture turque et sédentaire, ou bien de langue et de culture turque et nomade, ces populations ont toujours partagé, chacune dans son propre rôle social, une vie communautaire au sein de la région, et ce phénomène est la caractéristique principale de ce que nous appelons le Régionalisme culturel du Ferghana. Cependant, cet équilibre change avec la perte de souveraineté politique de la région, l'avènement du nationalisme sous l'action de l'URSS, et la partition de l'espace entre trois Etats nations de l'Asie centrale soviétique. Ce chapitre analyse ainsi les principales représentations de l'acteur Régionalisme culturel au cours du temps, et comment il s'est opposé aux autres acteurs territoriaux, en particulier à l'acteur Nation. La seconde partie de ce travail est dédiée aux manifestations actuelles des acteurs territoriaux dans la vallée du Ferghana, plus spécialement dans ses zones de frontière. Cette partie est le résultat des entretiens et des observations de terrain réalisés en Asie centrale et dans le Ferghana au cours de séjours en 2007, 2009 et 2010. Le premier chapitre analyse la frontière de cette région du point de vue théorique, à la lumière notamment des catégories géostratégiques de "première ligne de défense" ou "dernière ligne de défense". Dans le contexte d'une modification de la frontière entre l'époque soviétique et celle de l'indépendance, le deuxième chapitre approfondit la définition de frontière centrasiatique, au travers principalement de l'analyse de la bureaucratie de frontière, des postes de contrôle et des documents requis pour le passage de la frontière. Les thématiques liées aux relations commerciales transfrontalières y sont examinées : comment les "trois" Ferghana parviennent encore à interagir malgré la rigidité croissante des frontières, quelles relations sociales transfrontalières subsistent au sein du Ferghana d'aujourd'hui. Les entretiens qualitatifs réalisés dans le Ferghana jouent un rôle majeur pour recenser les difficultés de passage et de communication dans la vallée et déceler, dans les descriptions et jugements recueillis, la présence des trois acteurs géopolitiques qui toujours jouent un rôle fondamental dans les relations et conflits de frontière. Le troisième chapitre est dédié aux centres urbains du Ferghana : leur histoire, le rapport que les Ferghaniens entretiennent avec eux, et surtout les représentations internes et externes que les centres urbains assument au sein d'une région désormais tout à fait transfrontalière. Le quatrième chapitre se concentre sur les évolutions démographiques de la population. Jusque là terre d'immigration tout au long des années tsaristes et soviétiques, le Ferghana est devenu une terre d'émigration avec l'indépendance et la concrétisation des frontières. Le cinquième chapitre s'intéresse au Ferghana des infrastructures, notamment les réseaux ferré et routier, et leur rapport d'influence réciproque mutations frontalières de cette région. Le sixième chapitre reprend les interrogations théoriques posées dans l'introduction et développe une analyse conclusive sur le Ferghana des frontières aujourd'hui. La conclusion de cette recherche dresse le bilan actuel du Ferghana et des rapports entre les différents acteurs géopolitiques, et observe la persistance de l'acteur Régionalisme culturel. Force est de constater l'existence de changements dans la région Ferghana à différents points de vue. La population ferghanienne dispose de nouveaux cadres de référence culturels, politiques et sociaux qui ont pris une importance majeure. Des nouvelles formes politiques et de structures culturelles ont eu un impact sur son image d'elle-même, sur son identité: "russe, musulmane,ferghanienne", puis "soviétique, ouzbèke (ou tadjike ou kirghiz), athée, ferghanienne", et enfin "ouzbèke (ou tadjike ou kirghiz), laïque, ferghanienne". Cependant, bien que le territoire, ses frontières et la société qui l'habite aient changé, et malgré les obstacles forts posés par l'acteur Nation, que Régionalisme culturel a réussi à survivre, en s'adaptant aux nouvelles tendances et aux nouveaux modes d'interprétation du Ferghana. La conclusion s'achève sur les évènements les plus récents du Ferghana; massacre d'Andijan en 2005 et affrontements à Osh en juin 2010, qui sont analysés à la lumière des rivalités de pouvoir géopolitique qui persistent encore dans la région. ; This PhD dissertation proposes a geopolitical analysis of a centrasiatic transborder region, the Ferghana Valley, which is today divided between the Republics of Uzbekistan, Tajikistan and Kyrgyzstan. A basis of the research, field trips spread over the past three years enabled the development of instruments such as border analysis, analytical cartography, qualitative interviews with experts and inhabitants, and bibliographical research in the Ferghana as well as the Uzbek capital city Tashkent – noticeably at the French Institute for Central Asian Studies (IFEAC). As a complement to the field trips in Central Asia, a research period in France permitted both a consolidation in geopolitical theory at the French Institute of Geopolitics (IFG) of the University of Paris 8-Vincennes, and additional bibliographical research at the French National Library (BNF). The topic of the research is hence the analysis of power rivalries between "territorial actors" over the "territorial stake" of the Fergana Valley, a fertile basin of strategical location within the larger geopolitical context of Central Asia. Always a stake disputed by various territorial actors over time, the Fergana Valley now experiences power rivalries from contemporaneous territorial actors first and foremost on the border and transborder levels. By doing so, the dissertation introduces a new actor in the classical geopolitical pattern of analysis: the cultural regionalism. The dissertation hence offers a detailed presentation of the cultural regionalism as well as an evaluation of its past and current importance. First focusing on the centrasiatic context and the peculiarities which stem from its borders, the introduction presents the "stake" Fergana and its economic and physical resources which explain its importance as a territory. A rapid summary of the theory of geopolitics follows, with the justification of the choice of the French Lacostian school as the theoretical frame of this work. The introduction closes on a first analysis of the Fergana as a space of border or frontier. The thesis is structured in two main parts. The first, more theoretical, analyses each of the three territorial actors which aim for power over the Fergana: the Nation, the Religion, and the Cultural Regionalism. The presentation of the actors, of their respective embodiments and of their manifestations within the ferganian territory is organised according to a conceptual rationale; events that occurred simultaneously are thus not considered following a chronological order, but separately, according to their respective relations with the actors evoked. The first chapter focuses on the actor Nation. By this word we understand not only the effective entity of the Nation-State, and its three embodiments (Uzbekistan, Tajikistan, Kyrgyzstan), but also the Nation as an ideology which acts upon the territory through nationalistic policies. The force of legitimation of the actor Nation did certainly not have a neutral role in the rise of this actor in the Ferganian landscape, a process which led the Nation to the top of the geopolitical actors' hierarchy in the region. This chapter also analyses the representations of the Fergana which are defined and implemented by the actor Nation since its birth in the 1920s. In fact, the Fergana valley first became a transborder region only in these years, through its integration to the Union of the Socialist Soviet Republics (USSR) and its partition between three of the five newly created Socialist Soviet Republics in Central Asia. In the 1990s, following the fall of the USSR and the independence of the three Republics, the borders which divided the Ferghana stopped being only internal, but became real and proper international borders. Among the main representations that this study looks at, a particular attention is devoted to the study of the national borders , their creation and their evolution. The chapter also looks at the relations between the different Nation-States, which form a unique actor when they rival against the other territorial actors – the Religion and the Cultural Regionalism –, but three well different ones when they rival among themselves. The second chapter concentrates upon the second territorial actor, the Religion. The Fergana valley is one of the most pious and practicing region of Central Asia, and the Islamic religion always played a major role in the society's administration and organization. The chapter proposes first an analysis of the religion's representations in the Fergana: the autochthonous sufism and its sacred geography within the Fergana valley ; the traditional Islam of the soviet times, which became a legal weapon used by Moscow to fight the sufi orthodoxy in the Fergana ; the recently appeared wahabbite fundamentalism, imported from Afghanistan, Pakistan and Saudi Arabia following the Soviet invasion of Afghanistan in 1979 and the encounter it induced between the soviet muslims and the afghan mujaheddins. It is then examined how the different variations of the actor opposed themselves to the actor Nation, over the years, for the control over the power and the resources of the Fergana. We look at how the geopolitical rivalries vary dramatically from the soviet era to that of the independence. A special attention is devoted to the phenomenon of politization of the actor Religion and the way this led the Religion to endorse a role of protagonist in many of the Fergana's events. The third actor is the Cultural Regionalism. It is hereby referred to the geo-cultural identity of this regional entity, which persists in spite of nationalistic and religious pressures. In fact, as long as the Fergana has existed as a place, it has always constituted a geographical, political and social whole. Although its population has been characterized during the past centuries by high levels of multiethnicity and linguistic heterogeneity, this did not prevent the societal amalgamation of populations which always held multiethnicity as normality, and always attributed to each "group" a specific social role within the system Fergana. Be they of language and culture persian and sedentary, turk and sedentary or turk and nomadic, these populations always shared, each in its own social role, a common life within the region. This very phenomenon is the main characteristic of what we call the Cultural Regionalism of the Fergana. However, this equilibrium changes with the loss of political sovereignty of the region and the rise of nationalism under the soviet sovereignty. This chapter analyzes the main representation of the actor Cultural Regionalism over time, and how it took stand against the other territorial actors, especially the Nation. The second part of the dissertation as dedicated to the current manifestations of the territorial actors in the Fergana valley, particularly in its border zones. This part results from the interviews and field observation undertaken in Central Asia and the Fergana in 2007, 2009 and 2010. The first chapter analyzes the border of this region from a theoretical point of view, especially in the light of the geostrategical categories of "first line of defence" or "last line of defence". In the context of a transformation of the border from the soviet era to that of the independence, the second chapter explores the definition of the centrasiatic border, mainly through the analysis of border bureaucracy, control posts and documents required to cross the border. The chapter looks at themes connected to the commercial transborder relations : how the "three" Fergana still manage to interact despite growing border rigidity, which social relationships subsist today. The qualitative interviews led in the Fergana are a major source in this process of reviewing the difficulties of passage and communication within the valley, and of tracking the actual presence of the three geopolitical actors which play a major role in the border relations and conflicts. The third chapter focuses on the Ferganian urban centres: their history, the relations that the Ferganians have with them, et above all the internal and external representations of these centres in a now fully transborder region. The fourth chapter concentrates on the demographical evolutions of the Ferganian population. Up until then a land of immigration, the Fergana became a land of emigration following the independence and the materialization of the borders. The fifth chapter deals with the Ferganian infrastructures, especially the rail and road networks, and their relationship of reciprocal influence with the mutation of the borders in the region. The sixth chapter builds on the theoretical interrogations evoked in the introduction of the dissertation and develops a conclusive analysis of the Fergana of the borders nowadays. The conclusion of this research depicts the current Fergana, the relations between the different geopolitical actors and underscores the persistence of the actor Cultural Regionalism. It establishes the existence of tremendous changes in the region Fergana from various viewpoints: the Ferganian population has new frames of cultural, political and social reference whose importance increased dramatically ; new political forms and cultural structures influenced its self-image, its very identity: "russian, muslim, ferganian", then "soviet, uzbek (or tajik or kyrgyz), atheist, ferganian", finally "uzbek (or tajik or kyrgyz), secular, ferganian". However, although the territory, its borders and inhabitants changed, and despite the strong obstacles set by the actor Nation, the cultural regionalism succeeded in maintaining itself, by adapting to the new tendencies and ways of interpretation of the Fergana. The conclusion ends with the most recent events of the Fergana, the Andjian massacre in 2005 and the Osh clash in 2010, which are both analysed in the light of the geopolitical power rivalries which persist in the region. ; XXIII Ciclo