La ricerca sulla narrativa di regime nella rivista "Primato" nasce dalla comparazione con la coeva rivista di movimento "Legioni e falangi". In questa prospettiva sono stati messi a fuoco aspetti poco discussi e contributi meno noti come le tre puntate (nei numeri 6, 7, 9) del "Diario spagnolo" di Giuseppe Lombrassa, colui che fonderà mesi dopo "Legioni e Falangi". L'apparizione della firma di Lombrassa su "Primato" mostra come le due riviste abbiano assolto funzioni complementari nell'eco- nomia politico-culturale del regime. Quanto avanzata progettualmente, sebbene problematica e contraddittoria, fu questa, tanto circoscritta e ideologicamente definita, fu l'altra, soddisfacendo ciascuna in tal modo una diversa esigenza di gestione del consenso in un momento particolarmente critico. Il saggio si conclude con l'esame puntuale del racconto diaristico di Lombrassa mostrando che la creazione della rivista italo spagnola non fu solo frutto di un calcolo politico-culturale, ma fu alimentata da una esperienza che lo coinvolse profondamente e da un vissuto per lui autentico.
Negli ultimi 25 anni il Sistema Sanitario ha assistito, a livello mondiale, ad un esponenziale incremento del numero e della complessità delle Tecnologie Biomediche (elettromedicali e non) in utilizzo presso le Aziende Sanitarie. Tecnologie considerate "avveneristiche" negli anni 90', risultano oggi essere non solo di utilizzo routinario ma anche capillarmente diffuse ad ogni livello diagnostico ed assistenziale. Il corretto, sicuro e continuo utilizzo delle Tecnologie Biomediche rappresenta una priorità assoluta nel processo di gestione delle stesse. La gestione delle Tecnologie Biomediche rappresenta quindi un elemento fondamentale all'interno di una qualsiasi Organizzazione Sanitaria. L' Ingegneria Clinica nasce e si evolve proprio a partire da queste considerazioni, dapprima nei paesi anglosassoni (anni 60') per poi diffondersi anche in Italia, soprattutto a partire dagli anni 80', attraverso un percorso di riconoscimento e consolidamento ancora oggi in atto. Nell'attesa che anche a livello normo legislativo la figura dell'Ingegnere Clinico sia prevista e riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale, l'A.O.U. Federico II, dopo aver istituito a livello aziendale la Struttura di Ingegneria Clinica e averne avviato le attività in via sperimentale attraverso la stipula di una Convenzione con il Dipartimento di Ingegneria Elettrica e delle Tecnologie dell'Informazione dell'Università degl Studi di Napoli Federico II, ha previsto e programmato nei prossimi 36 mesi il consolidamento dello stesso. Nel presente progetto di ricerca, a seguito di un'approfondita disamina della letteratura disponibile di settore, viene presentato il progetto del Nuovo Servizio di Ingegneria Clinica dell'A.O.U. Federico II. Con l'obiettivo di ottenere l'ottimizzazione di tutti i punti di forza dei modelli trovati in letteratura, è stato così definito il Modello Misto Integrativo (MMI). Il MMI prevede la realizzazione delle attività afferenti all'Ingegneria Clinica attraverso forme di partnership tra l'Azienda Sanitaria, le Ditte Produttrici (o ditte manutentive autorizzate) e le Ditte terze erogatrici di servizi di manutenzione ed assistenza tecnica. Alla base del MODELLO MISTO INTEGRATIVO sta la gestione di tre differenti tipologie di contratto: - Contratto tipo 1: servizio integrativo in cui la componente tecnico manutentiva del contratto ha l'onere di svolgere ed integrare tutta una serie di attività tecniche (da capitolato) in partnership: - con l'Azienda Sanitaria: per la bassa tecnologia; - con Ditte produttrici e/o autorizzate che l'Azienda appositamente contrattualizza con contratti di tipo partner (vedi Contratto di tipo 2), per la media e l'alta tecnologia; - Contratto tipo 2: a copertura delle attività di manutenzione ad assistenza tecnica sull'alta tecnologia, l'AOU gestisce una rete di contratti di manutenzione su più livelli gestiti, ove possibile e conveniente, in forma partner tra le ditte produttrici o autorizzate ed il personale interno (o dipendente o residente attraverso il contratto integrativo di tipo 1); - Contratto tipo 3: supporto ingegneristico continuativo o on demand di alto livello. Al fine di coprire le eventuali attività ingegneristiche che ricadono nelle seguenti accezioni: - l'attività richiesta non rientra nel Know How interno e, data la sua elevata complessità, l'acquisizione di tale Know How risulta essere troppo onerosa per l'Azienda e/o vincolata a tempi di apprendimento non compatibili con le esigenze aziendali; - l'attività richiesta rientra nel Know How interno ma, essendo combinata con una serie di attività contemporanee ed altrettanto importanti, non può essere svolta nei tempi richiesti dall'Azienda. L'Azienda Sanitaria mantiene in ogni caso il controllo ed il governo dell'intero servizio, compreso il controllo del budget manutentivo (non si tratta, di fatti, di servizi di Global Service); è quindi necessario che la medesima abbia a disposizione almeno un piccolo nucleo di personale interno. Il modello MMI è poi supportato da un pacchetto di progetti collaterali a supporto dell'intero progetto. Per la realizzazione dell'intero progetto si è ipotizzato un iter di 36 mesi, al termine dei quali tutte le attività ad esso afferenti dovranno essere portate a regime.
Terreno di tensioni e logiche di compromesso, la questione del giudizio di legittimità delle modificazioni penali in bonam partem ha da sempre rappresentato nella giustizia costituzionale un luogo di bilanciamento tra valori. Per quanto già oggetto di numerosi studi e contributi scientifici da parte dei più autorevoli interpreti, il tema affrontato presenta, in effetti, ancora non pochi punti "oscuri", che attendono tuttora una sistemazione più razionale. Si pensi, in questo senso, alla difficile convivenza tra il principio di retroattività della lex mitior ed il requisito della rilevanza, alla discutibile distinzione tra norme penali di favore e norme più favorevoli condotta dalla Corte costituzionale nell'ambito del sindacato delle modifiche penali in bonam partem, al permanere di alcune zone d'ombra della giustizia costituzionale nel sindacato in via incidentale delle leggi. Affrontando questi temi è stato possibile svolgere, da una prospettiva privilegiata, alcune considerazioni più generali sul delicato rapporto tra Corte e Parlamento nel procedimento di formazione legislativo. Si è ritenuto opportuno suddividere la trattazione in tre parti – autonome ma conseguenti –, alla ricerca di un inquadramento organico che desse conto dell'interferenza tra le tematiche strettamente legate al giudizio di costituzionalità e quelle più propriamente attinenti alle peculiarità del petitum. Nella prima parte, vengono esaminati i presupposti logici della questione, ossia la disciplina temporale come premessa propedeutica al merito della trattazione. In particolare, sono due gli antecedenti logici sui cui l'elaborato si sofferma: da un lato, sotto il profilo costituzionalistico, si analizzano gli effetti ratione temporis delle pronunce di incostituzionalità, anche alla luce delle tecniche "manipolative" adottate dalla Corte costituzionale per limitare l'effetto retroattivo delle sentenze. Attraverso l'ampliamento del novero delle formule decisionali, la manipolazione dell'elemento temporale esprime l'esigenza della Corte di disporre di strumenti "duttili" per affrontare il pericolo dell'horror vacui conseguente all'eventuale dichiarazione di incostituzionalità, in modo da consentire l'ulteriore applicazione (anche se in via transitoria) della norma dichiarata incostituzionale e ad evitare la creazione di pericolosi vuoti normativi. Tale riflessione si rivela particolarmente importante sul terreno della dichiarazione di incostituzionalità delle modificazioni penali in bonam partem, giacchè l'eventuale limitazione al dogma della piena retroattività delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale offre un interessante spunto di riflessione, sebbene non sfugga il rischio di riconoscere in capo alla Corte un margine di discrezionalità troppo ampio. Dall'altro lato, sotto un profilo più squisitamente penalistico, si analizza la disciplina intertemporale nel caso di successione di leggi penali. Quale indice dello «spirito del tempo» , il diritto penale intertemporale è da alcuni anni al centro di un vivace dibattito giurisprudenziale e dottrinale e rappresenta il banco di prova dell'effettivo rispetto dei principi costituzionali in materia penale. Sotto quest'ultimo profilo, muovendo dalla ben nota distinzione tra irretroattività della norma incriminatrice e retroattività della norma in mitius, è stato messo a fuoco il lento e progressivo riconoscimento costituzionale ed internazionale di quest'ultimo principio, alla luce soprattutto dell'overlapping consensus che si è potuto registrare in merito nel dialogo tra la Corte costituzionale, la Corte di giustizia e la Corte di Strasburgo. Le Corti convergono nell'individuare un'intima connessione tra il principio di retroattività ed il principio della proporzionalità della pena. Tale connessione deriva dalla concezione illuministica secondo cui il principio del nullum crimen sine lege costituisce il "mezzo" attraverso cui garantire lo "scopo" ultimo dello ius punendi. La proporzione è quindi lo scopo, mentre la legalità (tra cui rientra anche il principio di retroattività) è il mezzo: questo è il legame tra i due principi, che trovano fondamento e giustificazione reciproca, ma al contempo reciprocamente si "controllano", essendo uno il limite dell'altro e viceversa. La riconduzione della regola della retroattività al principio di ragionevolezza con il limite di un "margine di apprezzamento e di adeguamento" in capo alla Consulta ha posto, tuttavia, non pochi problemi di cui si è dovuto dar conto sia in termini di adeguamento alla normativa CEDU sia in termini di eccessiva discrezionalità in capo ai giudici costituzionali. Alla luce dell'incertezza, infatti, sulla possibilità o meno di introdurre delle deroghe al principio di retroattività per il mancato allineamento tra la posizione della nostra Corte costituzionale e quella della giurisprudenza di Strasburgo, sembrerebbe doversi escludere la possibilità di applicare al giudizio a quo, per difetto del requisitio di prevedibilità e di accessibilità, gli effetti sfavorevoli che derivano dalla sentenza di incostituzionalità su di una norma penale in bonam partem. La seconda parte della trattazione si concentra sugli ostacoli interpretativi al controllo di costituzionalità delle norme penali in bonam partem, ossia sul parametro della rilevanza per valutare l'ammissibilità del sindacato costituzionale e sul principio della riserva di legge in materia penale. La messa a confronto della disciplina temporale delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale e della disciplina temporale nel caso di successione di leggi penali è, infatti, la precondizione della trattazione della questione sull'ammissibilità, sugli effetti e sui limiti del controllo di costituzionalità delle norme penali in bonam partem e consente, inoltre, di mettere in luce chiaramente i punti di contrasto tra le due discipline. Dopo aver evidenziato il contrasto tra la disciplina temporale delle sentenze di incostituzionalità e il regime temporale nel caso di successione di leggi penali, è stato possibile trarne le conclusioni in ordine all'inammissibilità del petitum nel giudizio costituzionale e al difetto "teorico" di rilevanza. Dopo una breve disamina del parametro invocato nella sua evoluzione ermeneutica dalla "mera applicabilità" alla "necessaria influenza", ci si è soffermati sulla progressiva apertura della Corte costituzionale in tema di ammissibilità, in un primo momento limitatamente ai fatti pregressi, per poi allargare le 'maglie' della rilevanza anche al caso dei fatti concomitanti, sulla base di una lettura interpretativa della disciplina temporale delle leggi penali. Il costante raffronto con la riflessione dottrinale in materia e con l'elaborazione giurisprudenziale formatasi in questi anni, anche sul piano comunitario, ha permesso non solo di offrire un quadro riassuntivo degli istituti che regolano la materia, ma anche di fornire criteri di orientamento teorico per la soluzione dei problemi pratici ed applicativi che la normativa pone in questo preciso momento storico. Il secondo ostacolo interpretativo al giudizio costituzionale sulla norme penali in bonam partem su cui ci si è soffermati concerne la riserva di legge in materia penale ed il pericolo di un potere normativo "creativo" in capo ai giudici delle leggi. Infatti, in quanto organo di garanzia che esercita una funzione obiettiva nel ricomporre dialetticamente il rapporto tra attività legislativa e limiti costituzionali, la Corte non è libera, ma è obbligata a non ricorrere a valutazioni politiche e a non invadere la discrezionalità legislativa. Oggi, tuttavia, la "crisi della legalità" (in senso formale), provocata sia da fattori esterni che da fattori endogeni, ha comportato gravi alterazioni dell'originario equilibrio tra legge e potere giudiziario, fino alla tendenza a recuperare presso gli organi di garanzia - prima fra tutti la Corte costituzionale - il terreno perduto nella sede parlamentare. Ciò ha impresso una nuova spinta a fondamento delle scelte parlamentari, alla ricerca di basi diverse dalla semplicistica identificazione tra idea democratica e principio maggioritario. Attraverso il discrimen tra "specialità sincronica" e "specialità diacronica" delle norme penali, il superamento della riserva di legge è passato attraverso l'introduzione ad opera della Corte costituzionale della distinzione di categoria tra "norme penali di favore" e "norme più favorevoli", pervenendo così al risultato di ammettere almeno la sindacabilità delle prime. In relazione alla distinzione operata dalla Corte, sono state mosse tuttavia alcune critiche, per ovviare alle quali si è ritenuto di dover ricorrere – in via integrativa – al criterio di "ragionevolezza" della modifica in mitius per poter valutare l'ammissibilità del sindacato. Un sindacato sul merito delle scelte legislative sarebbe possibile solo ove esse trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio, come avviene allorquando la sperequazione normativa tra fattispecie omogenee assuma aspetti e dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione. Allo scopo di allontanare i sospetti di uno "sconfinamento" delle competenze costituzionali e di evitare che la Corte possa svolgere liberamente valutazioni di politica del diritto in sostituzione del Parlamento si dovrebbe più opportunamente optare per un'accezione "oggettivizzata" del giudizio sulla ragionevolezza, articolato nella messa a fuoco della ratio legis della disposizione, nell'individuazione del tertium comparationis e nel confronto tra fattispecie impugnata e tertium comparationis. Nella terza parte ed ultima parte, infine, si analizzano gli effetti e i limiti del controllo di costituzionalità sulle norme penali in bonam partem. Per quel che concerne gli effetti delle sentenze di incostituzionalità nei giudizi a quibus, dopo aver distinto le due macro-categorie dei fatti concomitanti e dei fatti pregressi, vengono esaminati gli effetti a seconda della natura della norma dichiarata incostituzionale (abrogatrice, modificatrice, scriminante, estintiva), soprattutto in relazione all'eventuale effetto di "reviviscenza" in malam partem della normativa previgente. Analizzati gli effetti del sindacato costituzionale a seconda delle varie tipologie delle norme penali dichiarate incostituzionali, ci si è soffermati sulla possibilità, stante il principio di interpretazione conforme, di introdurre nel nostro ordinamento, attraverso il diritto sovannazionale e le sentenze interpretative della Corte di giustizia, effetti in malam partem in materia penale. Nonostante la disapplicazione automatica della normativa contrastante operi solo in bonam partem, ci si è chiesti se in seguito all'ampliamento delle competenze in materia penale, anche grazie all'adozone del Trattato di Lisbona, potrebbe essere ormai maturo il tempo per ammettere da parte degli organi comunitari il potere di ricorrere all'interpretazione estensiva, almeno nel caso in cui essa ricada solo di un elemento normativo, in conformità delle fonti europee e nei limiti del rispetto del principio di tassatività e del divieto di analogia in materia penale. Per quanto riguarda, invece, i limiti del controllo di costituzionalità, l'analisi prende il via da una riflessione sulle restanti 'zone d'ombra' della giustizia costituzionale per la categoria delle norme penali più favorevoli, in una dialettica tra il principio della riserva di legge e della discrezionalità legislativa ed il contrapposto obbligo costituzionale di penalizzazione, in considerazione della sua esegesi anche a livello comunitario, secondo la visione europeistica dell'ordinamento penale nella sua identità costituzionale. Infatti, la tesi dell'ammissibilità del giudizio costituzionale sulle norme più favorevoli è legata a doppio filo al riconoscimento nel nostro ordinamento dell'esistenza per determinati beni giuridici di obblighi costituzionali di penalizzazione, i quali presuppongono la compresenza nell'ordinamento, secondo le teorie del reato, di due diversi elementi: da un lato, la valutazione sulla "meritevolezza" della pena (Strafwürdigkeit), e dall'altro lato, il giudizio sul "bisogno" della stessa (Strafbedürftigkeit), con conseguente esclusione, ove il mandato sia univoco, di ogni forma di regolamentazione diversa, ritenuta inadeguata già a monte dalla stessa Carta costituzionale. A termine dell'indagine, si è cercato quindi di trarre alcune conclusioni circa l'attuale status controversiae della questione, valutando se nel nostro ordinamento ancora oggi persistano del limiti (e in che misura) al sindacato delle modificazioni penali in bonam partem. Il riconoscimento di una "democrazia costituzionale", la progressiva "crisi" della riserva di legge nella sua dimensione formale, l'ammissibilità del sindacato sulle norme di favore, la fragilità della distinzione tra norme di favore e norme più favorevoli sono forse il primo timido segnale che è ormai giunto il momento di avviare un nuovo dialogo tra Corte e Palamento in vista di una prospective overrulling in relazione alla sindacabilità delle norme penali che prevedono un trattamento in mitius, almeno nei casi in cui la discrezionalità legislativa sia già a monte "compressa" dall'esistenza di un obbligo costituzionale di penalizzazione. È difficile pensare che, nell'attuale dialettica istituzionale, la "gestione" dei principi possa prescindere dall'opera mediatrice della Corte, alla ricerca di un complesso equilibrio tra prerogativa politica e ruolo del (contro)-potere giudiziario. Una tale istanza di rivalutazione della giustizia costituzionale, e dei suoi custodi, non dovrebbe apparire allora come un indebito sacrificio del principio di legalità, giacchè quest'ultimo riflette un'istanza garantistica che non si arresta solo alla certezza del diritto, ma attinge alla stessa qualità valoriale dello ius puniendi.
El presente trabajo toma como punto de referencia el auto del Tribunal Constitucional n. 90/2010 de 14 de julio, que ha rechazado la solicitud de suspensión en vía cautelar de determinadas disposiciones de la Ley Orgánica 2/2010, del 3 de marzo sobre el aborto, después de un amplio y acalorado debate en la literatura española. El mencionado auto invita a una reflexión más amplia sobre el tema de la suspensión de una ley sospechosa de inconstitucionalidad, sobre la espera de la decisión del Tribunal Constitucional y, más en general, sobre los poderes cautelares atribuidos a los jueces comunes y al órgano de justicia constitucional. El presente trabajo centra su estudio en el derecho comparado, de la legislación española e italiana, destacando las diferencias y las similitudes entre estos dos países de la Unión Europea. En ambos Estados, se ha abierto progresivamente camino la idea de ampliar la tutela cautelar –hasta considerarla "implícita"–, para evitar que a la espera de la decisión del órgano constitucional se puedan producir daños graves e irreversibles, especialmente en lo que se refiere a los derechos fundamentales y, como en este caso, al bien jurídico protegido de la vida humana. This paper takes as a point of reference decision No. 90/2010 of the Constitutional Court of 14 July, rejecting the application for the precautionary suspension of certain provisions of Organic Law 2/2010 of 3 March, on abortion, after a lengthy and heated debate in Spain's literature. The mentioned decision raises the need for a broader analysis of the suspension of a law suspected of being unconstitutional, the wait for the Constitutional Court's decision and, more generally, the precautionary powers conferred on common judges and the constitutional justice authority. This paper focuses its analysis on comparative law, comparing Spanish and Italian legislation and highlighting the differences and similarities between both EU countries. In both States, the idea of broadening interim judicial protection –to the point of considering it "implicit"– has gradually gained ground to prevent causing serious and irreversible damage whilst waiting for the decision of the constitutional authority, especially with regard to fundamental rights and, as in this case, to the legally-protected right of human life.
This thesis investigates the patterns of theater location and organization in Barcelona between 1840 and 1923. The theater, with its signs and structures, influenced the city's transformation and existence during the change of the century, marked by the transition between modernism and noucentism. To this end, the investigation focuses on the relation between the theater of the period, the city and society, with a special emphasis on two projects very much linked with that period's culture: the Teatre de Natura (Natural Theater) and the Teatre de la Ciutat (City Theater). The interest in the Barcelona case is due to its singularity with respect to other European capitals, because of the political and cultural conditioning elements that defined this era. Barcelona's theater system, characterized by expansion lines and connection zones -La Rambla, Passeig de Gràcia, Paral•lel and Plaça de Catalunya-, is structured as a result of private capital investments and the appropriation of spaces for collective use by city residents, as well as the lack of political effort to institutionalize it. The working hypothesis is an attempt to understand and explain this system based on its spatial, social and cultural values with respect to the city's evolution ; La presente tesis investiga las modalidades de localización y organización de los teatros en Barcelona entre 1840 y 1923. El teatro, con sus signos y sus estructuras, influyó en la transformación y en la vida de la ciudad durante el cambio de siglo, marcado por la transición entre modernisme y noucentisme. Para ello se indaga la correspondencia entre el teatro y la época, la ciudad y la sociedad, asignando especial protagonismo a dos proyectos muy vinculados a la cultura del momento: el Teatre de Natura y el Teatre de la Ciutat. El interés en el caso de Barcelona reside en su singularidad respecto a otras capitales europeas por los condicionantes políticos y culturales que definieron esa época. El sistema teatral de Barcelona, caracterizado por ejes de expansión y zonas de conexión –La Rambla, el Passeig de Gràcia, el Paral∙lel y la Plaça de Catalunya–, se estructura gracias a la iniciativa privada y a la apropiación de espacios de uso colectivo por parte de los ciudadanos, a falta de una voluntad política de institucionalización. La hipótesis de trabajo es poder entender y explicar este sistema a partir de su valor espacial, social y cultural respecto a la evolución de la ciudad. ; Postprint (published version)
This thesis investigates the patterns of theater location and organization in Barcelona between 1840 and 1923. The theater, with its signs and structures, influenced the city's transformation and existence during the change of the century, marked by the transition between modernism and noucentism. To this end, the investigation focuses on the relation between the theater of the period, the city and society, with a special emphasis on two projects very much linked with that period's culture: the Teatre de Natura (Natural Theater) and the Teatre de la Ciutat (City Theater). The interest in the Barcelona case is due to its singularity with respect to other European capitals, because of the political and cultural conditioning elements that defined this era. Barcelona's theater system, characterized by expansion lines and connection zones -La Rambla, Passeig de Gràcia, Paral•lel and Plaça de Catalunya-, is structured as a result of private capital investments and the appropriation of spaces for collective use by city residents, as well as the lack of political effort to institutionalize it. The working hypothesis is an attempt to understand and explain this system based on its spatial, social and cultural values with respect to the city's evolution ; La presente tesis investiga las modalidades de localización y organización de los teatros en Barcelona entre 1840 y 1923. El teatro, con sus signos y sus estructuras, influyó en la transformación y en la vida de la ciudad durante el cambio de siglo, marcado por la transición entre modernisme y noucentisme. Para ello se indaga la correspondencia entre el teatro y la época, la ciudad y la sociedad, asignando especial protagonismo a dos proyectos muy vinculados a la cultura del momento: el Teatre de Natura y el Teatre de la Ciutat. El interés en el caso de Barcelona reside en su singularidad respecto a otras capitales europeas por los condicionantes políticos y culturales que definieron esa época. El sistema teatral de Barcelona, caracterizado por ejes de expansión y zonas ...
This thesis investigates the patterns of theater location and organization in Barcelona between 1840 and 1923. The theater, with its signs and structures, influenced the city's transformation and existence during the change of the century, marked by the transition between modernism and noucentism. To this end, the investigation focuses on the relation between the theater of the period, the city and society, with a special emphasis on two projects very much linked with that period's culture: the Teatre de Natura (Natural Theater) and the Teatre de la Ciutat (City Theater). The interest in the Barcelona case is due to its singularity with respect to other European capitals, because of the political and cultural conditioning elements that defined this era. Barcelona's theater system, characterized by expansion lines and connection zones -La Rambla, Passeig de Gràcia, Paral•lel and Plaça de Catalunya-, is structured as a result of private capital investments and the appropriation of spaces for collective use by city residents, as well as the lack of political effort to institutionalize it. The working hypothesis is an attempt to understand and explain this system based on its spatial, social and cultural values with respect to the city's evolution ; La presente tesis investiga las modalidades de localización y organización de los teatros en Barcelona entre 1840 y 1923. El teatro, con sus signos y sus estructuras, influyó en la transformación y en la vida de la ciudad durante el cambio de siglo, marcado por la transición entre modernisme y noucentisme. Para ello se indaga la correspondencia entre el teatro y la época, la ciudad y la sociedad, asignando especial protagonismo a dos proyectos muy vinculados a la cultura del momento: el Teatre de Natura y el Teatre de la Ciutat. El interés en el caso de Barcelona reside en su singularidad respecto a otras capitales europeas por los condicionantes políticos y culturales que definieron esa época. El sistema teatral de Barcelona, caracterizado por ejes de expansión y zonas de conexión –La Rambla, el Passeig de Gràcia, el Paral∙lel y la Plaça de Catalunya–, se estructura gracias a la iniciativa privada y a la apropiación de espacios de uso colectivo por parte de los ciudadanos, a falta de una voluntad política de institucionalización. La hipótesis de trabajo es poder entender y explicar este sistema a partir de su valor espacial, social y cultural respecto a la evolución de la ciudad. ; Postprint (published version)
¿Cómo prevenir o atenuar las ineficiencias informativas alojadas en el mercado de capitales y que redundan en un incorrecta formación de los precios? Concretamente, ¿cómo evitar que las empresas cotizantes en bolsa o los intermediarios bursátiles mientan u omitan entregar información relevante al mercado? ¿Qué rol desempeñan las autorregulaciones de mercado y las regulaciones estatales en este contexto? El artículo aborda estos problemas pasando revista por los diversos "remedios" propuestos al efecto - dando fundamentalmente cuenta de la abundante literatura estadounidense en lo pertinente - y pronunciándose en definitiva por una propuesta intermedia, que combina autorregulación de mercado y regulación estatal (no sin denunciar la inexistencia de "modelos perfectos", que prescindan de la libertad del agente). En fin, se detiene especialmente en el aporte preventivo de las sanciones (civiles y penales), ofreciendo una visión desde la perspectiva de análisis costo-beneficio, propia de los modelos clásicos de la law and economics theory. How to prevent or ameliorate informative inefficiencies in capital markets that result in an improper price formation? Specifically, how to avoid the possibility of public companies or stockbrokers lying or not providing relevant information to the market? What role do market self-regulation and government regulation play in this context? The article strives to answer these questions by analyzing the diverse available remedies - by reviewing the abundant specific American doctrine - and finally proposing an intermediate solution, combining market self-regulation with government regulation (by also denouncing the inexistence of "perfect models", that ignore the agent's liberty). The preventive contribution of (civil and criminal) sanctions is especially reviewed, offering a cost-benefit analysis, typical of classic models of law and economics theory.