The Islamic State: A Clash within the Muslim Civilization for the New Caliphate
In: Studies in conflict and terrorism, Band 39, Heft 2, S. 85-105
ISSN: 1521-0731
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In: Studies in conflict and terrorism, Band 39, Heft 2, S. 85-105
ISSN: 1521-0731
ITALIAN - Le minacce transnazionali sorte dopo l'11 settembre 2001, impongono agli Stati di rivedere l'organizzazione e la politica di sicurezza. La difficile congiuntura economica e finanziaria, sopravvenuta nel 2008, obbliga i governi a tagli di bilancio, nell'ottica di maggiori risparmi ed efficienze di sistema, attraverso l'uso di strutture e mezzi comuni, e il coordinamento delle forze e dei servizi di sicurezza. Il dibattito sulla militarizzazione della sicurezza, mentre da un lato preoccupa il potere politico e la società civile, sembra essere l'unica risposta in grado di prevenire, e eventualmente intervenire efficacemente, in caso di attacchi e minacce globali. Si tratta di passare da una visione dualistica di sicurezza interna e difesa nazionale, a una visione monistica di national security. Il Portogallo, dopo la difficile fase seguita alla Rivoluzione dei garofani del 25 aprile 1974, che ha posto fine al regime dell'Estado Novo, ha aspettato 10 anni prima di mettere mano all'organizzazione della sicurezza interna, a causa degli abusi perpetrati dalla PIDE/DGS, e questa attesa ha permesso una serie di attentati terroristici tra il 1979 e il 1983. Già nel 1982, i militari sono stati esclusi dalla vita politica del paese, tramite leggi di riforma costituzionale. Alla luce del mutato quadro internazionale, e delle nuove minacce, le Forze Armate chiedono, in vista dell'approvazione dell'8° Revisione costituzionale, che vengano rimossi i paletti che ne impediscono l'utilizzo in caso di crisi, sottraendole altresì alla subordinazione al potere civile. ENGLISH - Transnational threats that arose after 9/11 require states to review their security policy. The difficult economic situation and financial obliges governments to to budget cuts, in order to achieve higher savings and efficiencies of system through the use of common facilities and resources, and coordination of forces and security services. The debate over the militarization of security, while on the one hand worries political power and civil society, ...
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This study analyzes the political reasons that allowed the Islamic State to expand successfully in Syria and Iraq, by enabling to 'franchise' worldwide, and the role of the regional governments in this issue. The essay provides a different explanation from the classic approach of the "clash of civilizations" theorized by Samuel P. Huntington, ascribing responsibility for the growth and expansion of the Islamic State to the complex framework of geopolitical alliances within the Muslim civilization and the Arab world. The paper highlights the attempt by Turkey to establish itself as a regional power and guidance of the Islamic world, by resurrecting the Caliphate, and, based on this, explains the contrast with the Islamic State, which goal is the foundation of a globalized Caliphate. The plans of the Turkish President Erdoğan for a Great Turkey, allied with Egypt, have foundered with the coup that ousted the Muslim Brotherhood from power. The study relates the connection of Ankara with the Kurds, regarding the management of the crisis in Syria and Iraq, and the Turkish liaison with regional powers (Iran, Egypt, Saudi Arabia and Israel) and other powers (Russia, Cina and USA). ; Both pre-print version and published version of the paper available here. Firs published online on 9 November 2015. Studies in Conflict & Terrorism, Vol. 39-2 (2016), pp. 85-105. ISSN 1057-610X (Print), 1521-0731 (Online). DOI:10.1080/1057610X.2015.1100010. Available online: http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/1057610X.2015.1100010. This paper was awarded with the ISCTE-IUL Scientific Prize 2016.
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ITALIAN - Le minacce transnazionali sorte dopo l'11 settembre 2001, impongono agli Stati di rivedere l'organizzazione e la politica di sicurezza. La difficile congiuntura economica e finanziaria, sopravvenuta nel 2008, obbliga i governi a tagli di bilancio, nell'ottica di maggiori risparmi ed efficienze di sistema, attraverso l'uso di strutture e mezzi comuni, e il coordinamento delle forze e dei servizi di sicurezza. Il dibattito sulla militarizzazione della sicurezza, mentre da un lato preoccupa il potere politico e la società civile, sembra essere l'unica risposta in grado di prevenire, e eventualmente intervenire efficacemente, in caso di attacchi e minacce globali. Si tratta di passare da una visione dualistica di sicurezza interna e difesa nazionale, a una visione monistica di national security. Il Portogallo, dopo la difficile fase seguita alla Rivoluzione dei garofani del 25 aprile 1974, che ha posto fine al regime dell'Estado Novo, ha aspettato 10 anni prima di mettere mano all'organizzazione della sicurezza interna, a causa degli abusi perpetrati dalla PIDE/DGS, e questa attesa ha permesso una serie di attentati terroristici tra il 1979 e il 1983. Già nel 1982, i militari sono stati esclusi dalla vita politica del paese, tramite leggi di riforma costituzionale. Alla luce del mutato quadro internazionale, e delle nuove minacce, le Forze Armate chiedono, in vista dell'approvazione dell'8° Revisione costituzionale, che vengano rimossi i paletti che ne impediscono l'utilizzo in caso di crisi, sottraendole altresì alla subordinazione al potere civile. ENGLISH - Transnational threats that arose after 9/11 require states to review their security policy. The difficult economic situation and financial obliges governments to to budget cuts, in order to achieve higher savings and efficiencies of system through the use of common facilities and resources, and coordination of forces and security services. The debate over the militarization of security, while on the one hand worries political power and civil society, ...
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The article is a little research, carried out in the seminars of International Relations of the Ph.D. program in History, Studies of Security and Defense. The aim of the work is to highlight the role of propaganda during the conflicts in the contemporary age, particularly during the two World Wars. The propaganda developed during two major conflicts of the '900 as a 'true weapon' and instrument of government policy in international relations, has perfected the techniques of 'news management', and today is a real and relished 'art' applied to guide public opinion in favor of government decisions. ; Vozes dos Vales: Revista Multidisciplinar de Publicações Acadêmicas, No. 7–Year IV (05/2015) - Pesquisas Doutorais
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La crisi finanziaria scoppiata nell'autunno 2008 ha sancito il successo di coloro che ne sono stati gli artefici. In Italia e Grecia sono andati al potere tecnocrati e banchieri, gli stessi che, fino al giorno prima, hanno lavorato per le istituzioni responsabili del crollo dell'economia. Ai vertici dei governi europei, delle istituzioni internazionali, dell'Unione europea (un «super Leviatano»), siedono i referenti delle banche e della finanza, nelle mani dei quali una classe politica incapace e inadeguata ha affidato le speranze di ripresa. Essi continuano a perseguire le politiche di impoverimento di 720 milioni di europei, con l'unico scòpo di trasformare il Vecchio Continente in un immenso lager di schiavi moderni: tagli, flessibilità, liberalizzazioni, privatizzazioni, queste le «ricette» per raggiungere falsi obiettivi: la riduzione del deficit ed il pareggio di bilancio (tecnicamente impossibile). Con la «privatizzazione» (svendita) delle ultime società pubbliche completeranno il disegno, raggiungendo l'obiettivo di distruzione degli Stati e della privazione dei più elementari diritti di cittadinanza. Sono politici, banchieri, economisti, editori, controllano i media, e attraverso essi ci tranquillizzano. Non possiamo illuderci che, coloro che hanno appiccato l'incendio, si trasformino improvvisamente in pompieri. Guardando i dati, viene spontaneo domandarsi come sia possibile che in soli tre anni dall'autunno 2008, il debito pubblico di alcuni Stati (Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda) sia sensibilmente peggiorato. La risposta è semplice: la colpa è delle misure anti-crisi legate alle operazioni di sostegno al sistema bancario. Con i soldi dati alle banche a interessi irrisori (1.200 miliardi in Europa, e altrettanti negli Usa), queste non fanno altro che rifinanziare le loro obbligazioni o acquistare a loro volta il debito degli Stati, che è divenuto nel frattempo più oneroso da sostenere perchè è aumentato, e il rating è peggiorato. Le banche, quindi, chiedono interessi più alti agli Stati, e la ...
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La crisi finanziaria scoppiata nell'autunno 2008 ha sancito il successo di coloro che ne sono stati gli artefici. In Italia e Grecia sono andati al potere tecnocrati e banchieri, gli stessi che, fino al giorno prima, hanno lavorato per le istituzioni responsabili del crollo dell'economia. Ai vertici dei governi europei, delle istituzioni internazionali, dell'Unione europea (un «super Leviatano»), siedono i referenti delle banche e della finanza, nelle mani dei quali una classe politica incapace e inadeguata ha affidato le speranze di ripresa. Essi continuano a perseguire le politiche di impoverimento di 720 milioni di europei, con l'unico scòpo di trasformare il Vecchio Continente in un immenso lager di schiavi moderni: tagli, flessibilità, liberalizzazioni, privatizzazioni, queste le «ricette» per raggiungere falsi obiettivi: la riduzione del deficit ed il pareggio di bilancio (tecnicamente impossibile). Con la «privatizzazione» (svendita) delle ultime società pubbliche completeranno il disegno, raggiungendo l'obiettivo di distruzione degli Stati e della privazione dei più elementari diritti di cittadinanza. Sono politici, banchieri, economisti, editori, controllano i media, e attraverso essi ci tranquillizzano. Non possiamo illuderci che, coloro che hanno appiccato l'incendio, si trasformino improvvisamente in pompieri. Guardando i dati, viene spontaneo domandarsi come sia possibile che in soli tre anni dall'autunno 2008, il debito pubblico di alcuni Stati (Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda) sia sensibilmente peggiorato. La risposta è semplice: la colpa è delle misure anti-crisi legate alle operazioni di sostegno al sistema bancario. Con i soldi dati alle banche a interessi irrisori (1.200 miliardi in Europa, e altrettanti negli Usa), queste non fanno altro che rifinanziare le loro obbligazioni o acquistare a loro volta il debito degli Stati, che è divenuto nel frattempo più oneroso da sostenere perchè è aumentato, e il rating è peggiorato. Le banche, quindi, chiedono interessi più alti agli Stati, e la ...
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La storia della P2 e dei suoi affiliati si intreccia con quella dei servizi deviati, dello stragismo di stato (frutto della strategia della tensione e della contrapposizione Est-Ovest), delle Br e del rapimento Moro; riguarda i rapporti tra imprenditori, politica, mafia, massoneria e Vaticano, passando dal «piano Solo» al golpe Borghese, dal crack del Banco ambrosiano alla morte di Calvi e Sindona, dalla banda della Magliana all'Opus Dei, da Tangentopoli al dossier Mitrokhin; eventi successivi ma legati ai personaggi della loggia segreta. Storie di un'Italia oscura che si intrecciano, e che, spesso, intersecano la strada di Silvio Berlusconi e dei suoi sodali. Dalla P2 alla P4. Trent'anni di politica e affari all'ombra di Berlusconi (Termidoro edizioni, Milano, pagg. 397, euro 18), di Marco Marsili, in libreria dal 6 luglio, non vuole essere l'ennesima pubblicazione sulla storia della P2 e dei suoi iscritti, ma si propone di svelare come i membri della loggia segreta, che il Maestro Venerabile Licio Gelli chiamava «l'Istituzione», siano sopravvissuti allo scandalo degli anni '80, e abbiano trovato lavoro, aiuto e protezione all'ombra dell'impero di Berlusconi, che si fece strada come imprenditore, prima come costruttore, poi come editore, poi come politico, finendo per occuparsi infine pressochè di tutto, partendo proprio dal periodo di massima espansione della loggia di Licio Gelli. Dopo le prime saltuarie esperienze lavorative giovanili come cantante e intrattenitore sulle navi da crociera insieme all'amico Fedele Confalonieri, e come venditore porta a porta di scope elettriche insieme all'amico Guido Possa, Berlusconi iniziò l'attività di agente immobiliare, per poi mettersi in proprio grazie ad anonimi ed ingenti capitali provenienti da misteriose finanziarie e fiduciarie svizzere legate all'Opus Dei e al Vaticano. L'attività di costruttore del Cavaliere, tuttavia, incontra non poche difficoltà, finchè non entra nel nel giro della P2 di Calvi e Sindona, che riciclano il denaro di Cosa nostra attraverso la ...
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L'art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 26 agosto 1789 afferma: «Una società, nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata e la separazione dei poteri fissata, non ha una Costituzione». Non per questo la Rivoluzione francese riuscì a garantirli, essendo priva di un organismo, indipendente dalle maggioranze temporanee e provvisorie, che potesse impedire abusi e oppressione da parte di tali maggioranze. Secondo i giacobini, che seguivano le teorie illuministiche di Jean-Jacques Rousseau sulla «volontà generale», essa non poteva che manifestarsi attraverso l'Assemblea nazionale, intesa come corpo rappresentativo dell'intera cittadinanza. I princìpi della Rivoluzione francese continuarono a diffondersi con Napoleone, seppure il condottiero corso sia stato autore di una svolta autoritaria, e la Restaurazione non riuscì ad impedirne la rivendicazione popolare, fino alla concessione di costituzioni ottriate ed al definitivo avvento delle democrazie parlamentari, che pongono la libertà di espressione tra i diritti fondamentali che lo stato ha l'obbligo di garantire. Risalendo il fiume della storia ritroviamo sempre una contrapposizione tra diritto e forza o tra legge positiva (nomos) e legge della natura (physis), ma constatiamo che entrambe le prospettive e le pratiche del diritto sono efficaci, se è vero che gli esseri umani non hanno sino ad ora abbandonato né l'una né l'altra prospettiva argomentativa sull'origine e sul fondamento della legge. Ma da dove viene il diritto? È possibile tentare di giustificare i diritti umani a partire da Dio, dalla Natura, dallo stato, persino dalla Storia o dalle consuetudini. Forse una più modesta argomentazione potrebbe individuare nei diritti costituzionalmente garantiti e protetti un rimedio, uno strumento di difesa nei confronti di abusi che si sono storicamente realizzati. Nulla di sacro o naturale, dunque, bensì una debole, ma imprescindibile, forma di difesa, la quale andrà a sua volta difesa contro i tentativi di utilizzarla per fini ...
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In diverse nazioni – in testa gli Stati Uniti – le rivelazioni di WikiLeaks hanno tolto il sonno ai responsabili dell'intelligence e generato un acceso dibattito sul conflitto tra libera informazione e ragione di Stato. L'Italia ha proseguito nella sua infelice eccezione: la ricezione dei cablogrammi sul nostro Paese ha scatenato la solita opposizione tra berlusconiani e antiberlusconiani, facendo sì che tutto, ancora una volta, ruotasse intorno al grande one man show. Eppure l'antologia di WikiLeaks che viene qui presentata solleva un'unica tragica domanda: com'è stata possibile l'egemonia totale di un uomo così tanto potente in Italia, quanto grottesco, kitsch e impresentabile in qualsiasi altra parte del mondo? Si possono certo scomodare le lucide profezie di Guy Debord sulla "società dello spettacolo" o la surreale congiunzione di re e giullare dell'Ubu Roi di Alfred Jarry. Ma lo spaccato italiano che emerge da questi cablogrammi ci parla anche delle connivenze di numerosissimi cortigiani, figure di primo e di secondo piano che hanno agito per i loro interessi, protetti dal grande spettacolo del loro Capo. Marco Marsili, giornalista, politologo e docente di giornalismo presso l'Università degli Studi dell'Insubria a Varese, spiega la storia di WikiLeaks e del suo leader Julian Assange, e guida il lettore attraverso la comprensione dei dispacci inviati a Washington dall'ambasciatore a Roma Mel Sembler (2001-2005) e dal suo successore Ronald Spogli (2005 - 2009). Ne Il Clown. Il meglio di Wikileaks sull'anomalia italiana (Mimesis Entropie, Milano, 2011, 10 euro) Berlusconi viene definito un leader "incapace, vanitoso e inefficace come moderno leader europeo", intento a spendere le sue energie in feste notturne, le quali non gli permetterebbero di riposarsi abbastanza. Critiche per una politica estera inefficace e ondivaga, basata sui rapporti personali di Berlusconi, anche con dittatori come Gheddafi o il leader bielorusso Lukashenko. Il rapporto tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin è oggetto di una attenta ...
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Il volume ripercorre la genesi e l'evoluzione delle libertà di manifestazione del pensiero negli ordinamenti politici, a partire del V secolo a.C., analizzando, nel contesto storico, gli aspetti filosofici e giuridici di quello che è divenuto oggi un diritto fondamentale riconosciuto a livello internazionale. L'opera analizza, quindi, il connubio indissolubile tra libertà di stampa e costituzionalismo ed limiti alla libertà di manifestazione del pensiero, in particolare in relazione all'istituto della privacy. L'evoluzione millenaria del pensiero filosofico, politico e del diritto, a partire dalla pòlis greca, ha portato a considerare il diritto a manifestare liberamente il pensiero con la parola, con lo scritto e con ogni altro mezzo di comunicazione (art. 21 Cost. italiana), tra i diritti naturali (e per questo fondamentali). Non si tratta di un diritto riconosciuto ai soli cittadini di uno Stato, ma a tutti gli uomini. La libertà di manifestazione del pensiero è riconosciuta da tutte le moderne Costituzioni adottate degli Stati democratici, sancita dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dell'Onu del 1948 e tutelata dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950 e dal Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici del 1966. L'affermazione di questo diritto è frutto di un percorso durato duemila e cinquecento anni, a partire dalla Grecia del V secolo a.C. (contrapposizione nomos e physis), passando per la Rivoluzione francese ed il periodo napoleonico, che hanno segnato la conquista definitiva della libertà di opinione, divenuta nel frattempo libertà di stampa.
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Sono passati 15 anni dal crollo del muro di Berlino, l'evento che ha sancito la fine di un'epoca, e della suddivisione del Mondo in due sfere d'influenza. Con la dissoluzione dell'Unione Sovietica e dei regimi comunisti dell'Europa dell'Est si aprono nuovi ed inediti scenari geopolitici. Le cause strutturali di quel collasso improvviso, risiedono nel confronto insostenibile con le democrazie occidentali, e sono da ricercarsi nelle origini stesse della natura di quei regimi. Lo scioglimento del Pcus e la mutata situazione, hanno costretto il Pci a cambiare ragione sociale, trasformandosi in Pds, e coltivando la speranza che, dopo oltre 40 anni, in Italia fosse finalmente possibile un governo senza la Dc. Ma il crollo travolge tutti, spazzando via, con l'ausilio dei giudici del pool di «Mani pulite», i partiti di governo, e favorendo la crescita di movimenti di protesta, estranei al sistema, come la Lega di Umberto Bossi, che diviene il secondo partito al Nord, e conquista anche l'ex roccaforte socialista di Milano. In questo contesto entra il vigore il trattato di Maastricht, probabilmente l'agente esogeno che è servito per implementare politiche economiche rigorose, volte al contenimento della spesa pubblica e del deficit, nonchè alla riduzione dell'inflazione. A proposito degli avvenimenti di questo periodo si è parlato di fine della «Prima Repubblica». In realtà, non è avvenuto un mutamento della forma sostanziale dello Stato, tale da poterlo considerare rifondato, come avvenne con la Quinta Repubblica francese del 1958. Molti protagonisti di questo periodo sono allegramente transitati nella nuova era grazie all'aiuto di nuove formazioni politiche (in primis Forza Italia, che ha dato rifugio a numerosissimi orfani del pentapartito), altri, come Silvio Berlusconi, hanno approfittato del vuoto lasciato dalla scomparsa dei partiti tradizionali per fare il loro ingresso in politica, investendo risorse personali accumulate in attività extrapolitiche. Mutatis mutandis, è bastato cambiare il formato dei partiti per ...
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