Ser. 1, no. 1. Toynbee, P.J. Ricerche e note dantesche -- Serie prima, no. 2-3. Boccaccio, Giovanni, supposed author. La vita di Dante -- no. 4. Zingarelli, Nicola. La personalità storica di Folchetto di Marsiglia nella Commedia di Dante -- no. 5. Gorra, Egidio. Il soggettivismo di Dante -- no. 6. Tocco, Felice. Quel che non c'è nella Divina commedia; o, Donte e l'eresia -- no. 7-8. Torraca, Francesco. Di un commento nuovo alla Divina commedia -- no. 9-10. Novati, Francesco. Indagini e postille dantesche -- no. 11. Armstrong, Edward. L'ideale politico di Dante. John Earle. La "Vita nova" di Dante -- no. 12. Moore, Edwardo. L'autenticita' della Quaestio de aqua et terra -- Ser. 2, no. 1. Picciòla, Giuseppe. Matelda, studio dantesco -- no. 2. Toynbee, Paget. Ricerche e note dantesche -- Serie seconda, no. 3. Capetti, Vittorio. Studi sul Paradiso dantesco -- no. 4. Busnelli, Giovanni. L'etica nicomachea e l'ordinamento morale dell' "Infferno" di Dante. ; Mode of access: Internet.
All'inizio del XX secolo, le riviste letterarie arabe dedicarono numerosi articoli ad autori occidentali che avevano viaggiato nel mondo arabo e lo avevano poi descritto in romanzi e racconti con cui avevano contribuito alla nascita di quella che venne definita la "letteratura orientale europea". Gli autori di questi articoli notano come, nella maggior parte dei casi, gli scrittori-viaggiatori europei avessero contribuito a diffondere un'immagine non reale ma fortemente stereotipata del mondo arabo, per ragioni di natura politica.
L'articolo presenta un inquadramento teorico riguardante la riflessione di Wilhelm Dilthey sulla letteratura. Si considereranno, in particolare, la proposta metodologica della Poetik del 1887 e la concezione dell'opera letteraria che compare negli scritti della maturità successivi al 1905, quando la teoria della conoscenza diltheyana è aggiornata sulla base del rapporto fra Erleben, espressione e comprensione. Si noterà in tal modo come Dilthey dalla sua fase di riflessione mediana a quella matura passa da un proposito di studio normativo della facoltà immaginativa a un discorso descrittivo sulle potenzialità conoscitive che l'opera letteraria riserba per relazionarsi a un'esperienza soggettiva ulteriore rispetto a quella personale, sulla scorta della rilevanza attribuita nei suoi ultimi scritti al concetto di comprensione riproducente.
L'influenza esercitata dalle nuove tecnologie dell'informazione sulla creazione e sulla pratica letteraria, così come le evoluzioni e i mutamenti dei modi di comunicazione e di produzione delle opere, conducono ad analizzare il grande laboratorio che è il web e il rapporto che esso intrattiene con la letteratura. Dopo più di vent'anni, questa relazione sembra entrare in una fase più istituzionalizzata, in cui l'entusiasmo lascia il posto a posizioni più prudenti, anche da parte di autori integrati. Per tale ragione, lo scopo di questa riflessione è l'analisi dello sguardo che alcuni autori portano sulla rete e sulle dinamiche socio-culturali a cui dà vita. Partendo dalla riflessione condotta dal collettivo Wu Ming sul blog Giap e prendendo in esame Panorama di Tommaso Pincio e Anteprima Mondiale di Aldo Nove, si cercherà di analizzare le trasformazioni prodotte nel campo socio-letterario dall'uso delle nuove tecnologie e di capire le critiche mosse alla mediasfera e alle sue pratiche comunicative nella società contemporanea.
I nomi propri, che si tratti di antroponimi, di toponimi o di altri tipi di denominazioni, fanno parte di una categoria a sé, benché essi stessi traggano le loro origini dal lessico comune. Essi sono inoltre in grado di offrire ben più di una funzione identificativa, in quanto possono trasmettere tutta una serie di informazioni di tipo anche extra-linguistico sui loro portatori. Si può ad es. desumere con buona approssimazione il periodo in cui un individuo è nato, i gusti dei suoi genitori, la loro confessione religiosa o ideologia politica. Dal cognome si può risalire alla provenienza geografica degli antenati, o anche al loro status sociale. Nomi o cognomi "impegnativi", quali quello della scrivente, possono aver condizionato, specie in età giovanile, l'atteggiamento del portatore nei confronti della propria stessa identità. Nomi ibridi, cioè che appartengono a lingue e culture diverse, possono essere il segnale di una scissione interiore o aver rappresentato problemi di adattamento. Per quel che riguarda i toponimi, è spesso possibile ricostruire caratteristiche del territorio che possono addirittura essere scomparse, o momenti della storia di un luogo, o ancora l'appartenenza a ben precise tradizioni. Per quel che riguarda i nomi propri che sono calati in un testo letterario, il discorso si complica ulteriormente, perché si presume che ogni nome sia stato scelto dal suo "creatore" in base a ben precise e attente considerazioni, non sempre rintracciabili non solo da parte del lettore, che anzi tende spesso ad ignorarle, bensì anche da parte del critico, che è invece interessato a tutto quel che si nasconde nel retrobottega di un autore. L'onomastica letteraria come disciplina nasce in epoca relativamente recente, non solo in Italia, ma anche a livello internazionale. Maria Giovanna Arcamone, nel suo saggio L'Onomastica letteraria oltralpe, ricostruisce l'itinerario percorso dagli studiosi di onomastica letteraria e individua la data di nascita ufficiale di questo settore di ricerca nel 1970, "quando nella rivista di ICOS "Onoma" venne attivata la sezione bibliografica Literary Onomastics." Attualmente la ricerca in questo campo viene portata avanti principalmente in Italia grazie all'attività dell'associazione "Onomastica e Letteratura" (=O&L), fondata a Pisa nel 1994, che organizza annualmente un convegno, i cui atti sono regolarmente pubblicati nella rivista "il Nome nel testo", oltre a curare una collana di studi di onomastica letteraria dal nome Nominatio. Il crescente interesse nei confronti dell'onomastica letteraria ha condotto gli studiosi anche all'approfondimento di singoli aspetti teorici, fra i quali il problema della traduzione dei nomi. Laura Salmon Kovarski, che unisce alla propria attività di ricerca quella di traduttrice di testi dal russo in italiano, è stata, in Italia, nell'ambito dei congressi di O&L, fra i primi, nel 1997, ad affrontare la questione, aprendo la strada ad altri studi riguardanti l'onomastica letteraria in chiave traduttiva, fra i quali il ricco volume Denominazioni proprie e traduzione di Maurizio Viezzi, pubblicato nel non lontano 2010. L'oggetto di questa tesi è costituito appunto dal problema della resa in altre lingue dei nomi propri letterari. Nella prima parte del mio lavoro ho effettuato ricerche e elaborato un Forschungsbericht, individuando trattazioni di linguisti e critici letterari comparse in articoli di riviste, in atti di convegni, in volumi dedicati alla traduzione e alla mediazione culturale. Ho privilegiato le trattazioni che si occupavano prevalentemente di testi tedeschi tradotti in italiano, ma ho preso in considerazione, quando mi è sembrato opportuno, anche contributi in cui si faceva riferimento a testi in lingua inglese, francese e spagnola. Nella seconda parte della tesi ho effettuato una sorta di verifica relativamente alle metodologie e strategie che sono state messe in pratica dai traduttori tedeschi di alcune delle opere di quattro autori italiani che occupano una posizione di rilievo nel campo della letteratura per l'infanzia: Italo Calvino, Gianni Rodari, Luigi Capuana e Mario Lodi.
Abstract: Nei primi decenni repubblicani la letteratura parascolastica ha svolto, come raccomandava José Veríssimo, l'importante funzione di contribuire all'«integrazione dello spirito nazionale». Ma oltre a combattere il «campanilismo» delle diverse regioni del paese, i libri scolastici si proponevano di fronteggiare il «pericolo straniero» rappresentato dall'immigrazione incontrollata e dall'imperialismo economico e militare. Una breve analisi dei Contos pátrios (1894) e A Pátria brasileira (1909), scritti a quattro mani da Olavo Bilac e Coelho Neto, e di Porque me ufano do meu país (1901), del conte de Afonso Celso, rivela alcuni strumenti utilizzati dagli autori per suscitare il sentimento di fratellanza, di solidarietà e di vincolo collettivo fra i bambini brasiliani, scongiurando le minacce che sovrastavano il paese. Si evidenzia anche come l'interpretazione del passato nazionale, dal quale provenivano eroi, martiri e leader che dovevano essere venerati e imitati dai bambini, contrapponesse radicalmente il monarchico Afonso Celso e i repubblicani Bilac e Coelho Neto. Abstract:In the early decades of Brazilian Republic, didactic literature played an important role in contributing to the «spirit of national integration», as José Veríssimo recommended. But, in addition to fighting the «parochialism» of different regions of the vast country, didactic literary works intended to combat the «foreign threat» represented by uncontrolled immigration and the economic and military imperialism. Brief analysis of Contos Pátrios (1894) and A Pátria Brasileira (1909), written by Olavo Bilac and Coelho Neto, and Porque Me Ufano do Meu País (1901), by earl of Afonso Celso, aims to reveal some of the resources used by the authors to elicit the feeling of brotherhood, solidarity and collective bond among Brazilian children, driving away threats that hung over the country. It also indicates that the interpretation of the national past, from which came the heroes, martyrs and leaders to be worshiped and imitated by children, radically opposed the monarchist Afonso Celso and the republicans Bilac and Coelho Neto.
In the early decades of Brazilian Republic, didactic literature played an important role in contributing to the «spirit of national integration», as José Veríssimo recommended. But, in addition to fighting the «parochialism» of different regions of the vast country, didactic literary works intended to combat the «foreign threat» represented by uncontrolled immigration and the economic and military imperialism. Brief analysis of Contos Pátrios (1894) and A Pátria Brasileira (1909), written by Olavo Bilac and Coelho Neto, and Porque Me Ufano do Meu País (1901), by earl of Afonso Celso, aims to reveal some of the resources used by the authors to elicit the feeling of brotherhood, solidarity and collective bond among Brazilian children, driving away threats that hung over the country. It also indicates that the interpretation of the national past, from which came the heroes, martyrs and leaders to be worshiped and imitated by children, radically opposed the monarchist Afonso Celso and the republicans Bilac and Coelho Neto. ; Nei primi decenni repubblicani la letteratura parascolastica ha svolto, come raccomandava José Veríssimo, l'importante funzione di contribuire all'«integrazione dello spirito nazionale». Ma oltre a combattere il «campanilismo» delle diverse regioni del paese, i libri scolastici si proponevano di fronteggiare il «pericolo straniero» rappresentato dall'immigrazione incontrollata e dall'imperialismo economico e militare. Una breve analisi dei Contos pátrios (1894) e A Pátria brasileira (1909), scritti a quattro mani da Olavo Bilac e Coelho Neto, e di Porque me ufano do meu país (1901), del conte de Afonso Celso, rivela alcuni strumenti utilizzati dagli autori per suscitare il sentimento di fratellanza, di solidarietà e di vincolo collettivo fra i bambini brasiliani, scongiurando le minacce che sovrastavano il paese. Si evidenzia anche come l'interpretazione del passato nazionale, dal quale provenivano eroi, martiri e leader che dovevano essere venerati e imitati dai bambini, contrapponesse radicalmente il monarchico Afonso Celso e i repubblicani Bilac e Coelho Neto.