Takashi Murakami è l'artista contemporaneo giapponese più influente al mondo. A confermarlo non sono solo i suoi oltre due milioni di followers su Instagram, ma anche una carriera che a più di trent'anni dal suo esordio continua ad arricchirsi di nuovi successi. A garantirgli una fama così duratura è stata senza dubbio la sua capacità di reinventarsi e stare al passo con i tempi, rimanendo tuttavia sempre fedele alla propria poetica artistica e alla propria etica lavorativa. Ciò gli ha permesso non solo di accrescere la sua popolarità a livello globale, ma anche di espandere il suo operato e la sua influenza in molti settori extra-artistici, tra cui la moda, il cinema e la musica, dando voce e risalto internazionale alla cultura popolare nipponica. A partire dall'analisi del contesto socioculturale del Giappone odierno, necessario per comprendere forma e contenuti della sua arte, emergono i molteplici aspetti che rendono Takashi Murakami una delle personalità più rilevanti della scena culturale mondiale. Il bilanciato dualismo arte-commercio e la capacità di diversificare la sua produzione e di rispondere ai bisogni della società contemporanea rendono questo artista autenticamente pop un punto di riferimento imprescindibile per un'arte contemporanea accessibile, democratica e trasversale, in cui il labile e obsoleto confine tra high art e low art finalmente si assottiglia fino a scomparire del tutto.
Fra la prima età del Liberty in Sicilia, interamente dominata fino allo scadere del primo biennio del XX secolo dalla figura di Ernesto Basile (Palermo 1857-1932), e la sua lunga ultima stagione, caratterizzata da epigoni (divenuti poi del tutto impermeabili al "nuovo") e anonimi progettisti e decoratori, si svolgono i due decenni della fase di maggiore incidenza di questa tendenza stilistica nel processo di rinnovamento dei centri urbani siciliani (e in maniera più circoscritta anche di ambiti suburbani e rurali); è un periodo che vede come protagonisti lo stesso Basile, i migliori esponenti della sua "scuola" (sia quelli provenienti dalla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri ed Architetti dell'Ateneo di Palermo sia quelli del Corso Speciale di Architettura del Regio Istituto di Belle Arti, sempre di Palermo) e un novero di architetti, ingegneri e geometri, attivi in tutta la Sicilia, autonomi (rispetto ai codici basiliani) o solo occasionalmente impegnati ad operare in chiave Liberty (talvolta influenzati dai "modi" formali di Basile, talvolta ecletticamente ricettivi di altre tendenze continentali, prevalentemente d'oltralpe); fra questi ultimi emergono Vincenzo Alagna, Emanuele Arangi, Gaetano Avolio, Paolo Bonci, Filippo Cusano, Saro Cutrufelli, Francesco Donati Scibona, Michele La Cavera, Paolo Lanzerotti, Filippo La Porta, Fabio Majorana, Tommaso Malerba, Salvatore Mazzarella, Giuseppe Manzo, Salvatore Marascia, Giuseppe Nicolai, Giuseppe Piccione, Francesco Paolo Rivas, Achille Patricolo, Giovanni Pernice, Giovanni Tamburello, Nicolò Tripiciano, Gaetano Vinci, Antonio Zanca. Si trattò di un'eccezionale proliferazione di realizzazioni proprio nel campo della produzione edilizia (ancor più che nelle arti figurative), verificatasi in gran parte del territorio dell'isola. Il protrarsi decisamente fuori tempo massimo della fortuna di quest'esperienza ha la sua manifestazione più eclatante nelle derivazioni di provincia prevalentemente influenzate dalla "cellula" propulsiva dell'Arte Nuova palermitana attivata da Ernesto Basile (a meno di Messina, per la cui ricostruzione il filone della "maniera" di Basile dovette fare i conti con i nuovi equilibri nazionali delle forze finanziarie, e dell'area di Siracusa, orientata ad un ubertoso florealismo dovuto alla esemplare direzione, di orientamento boitiano, del piemontese Giovanni Fusero della locale Regia Scuola d'Arte Applicata all'Industria). Ma non bisogna dimenticare che in Sicilia continua ad operare con grande qualità, quantomeno fino alla prima guerra mondiale, un irriducibile filone tradizionalista, del tutto impermeabile alla linea estetica modernista (ma anche alle sue derive di "consumo") e tuttavia portatore di specifici valori culturali; ne sono paladini Carlo Sada e i suoi bravi epigoni in area catanese e Giuseppe Damiani Almeyda con i suoi più validi allievi (fra cui Nicolò Mineo e Antonio Zanca) attivi a Palermo come del resto anche Francesco Paolo Palazzotto, una delle personalità più interessanti del tardo eclettismo italiano. È questa l'altra tendenza rispetto all'idea di Basile di coinvolgere artisti, progettisti e intellettuali in un'azione culturale collettiva tesa al raggiungimento di una "via latina" del programma di generale "riorganizzazione del visibile" propugnato dalla migliore cultura modernista internazionale. Un proposito che Basile, soprattutto a partire dal 1905, riesce a perseguire anche a livello regionale (e non solo) grazie alla presenza di significative figure della sua "scuola" nelle più dinamiche realtà urbane dell'isola: a Palermo con Ernesto Armò, Salvatore Benfratello, Enrico Calandra, Giuseppe Capitò, Salvatore Caronia Roberti, Giuseppe Di Giovanni, Salvatore Li Volsi Palmigiano, Antonio Lo Bianco, Giovan Battista Santangelo, Pietro Scibilia; a Catania con Francesco Fichera; a Messina con Camillo Autore e poi con Enrico Calandra (raggiunto successivamente da Giuseppe Samonà, anch'egli allievo di Basile ma della sua ultima stagione di docenza); a Caltagirone con Saverio Fragapane; a Licata con Filippo Re Grillo; a Trapani con Francesco La Grassa. Alcuni degli allievi di Basile operarono, con successo, anche in ambito continentale: Leonardo Paterna Baldizzi fu tra i primi a realizzare opere Liberty a Roma e a Napoli; sempre a Roma , oltre allo stesso Basile (che realizza significative architetture, fra cui l'ampliamento di Palazzo Montecitorio, la palazzina Vanoni, la villa di Rudinì e il Gran Cafè Faraglia), opera lungamente Francesco La Grassa; a Milano è attivo, per un periodo della sua carriera professionale, Giuseppe Di Giovanni; a Reggio Calabria e dintorni svolge parte della propria attività Camillo Autore; a Pisa si trasferisce per lungo tempo Salvatore Benfratello quale cattedratico del locale Ateneo. Le migliori espressioni dell'arte e dell'architettura (e principalmente di quest'ultima) del periodo Liberty in Sicilia sono conseguenza di un dialogo a distanza con correnti internazionali (ma solo se ritenute affini) instaurato dall'alveo di una locale tradizione di ricerca del nuovo (ne è esemplificativa l'eredità dell'eclettismo sperimentale di Giovan Battista Filippo Basile, padre di Ernesto, e le sue ascendenze, fino a risalire al periodo neoclassico, con il fondatore della cultura architettonica innovativa d'età contemporanea in Sicilia, Giuseppe Venanzio Marvuglia). Allo stesso modo l'intera società siciliana della fase finale della Belle Èpoque e dei primi Anni Ruggenti si sente depositaria di solide tradizioni ottocentesche. Una consapevolezza, questa, che contraddistingue i pur diversi modi di operare: nel campo imprenditoriale, con l'ultima generazione dei Florio e dei Whitaker, e con i Chiaramonte Bordonaro, i D'Alì, i Favitta, i Lanza di Scalea, i Lombardo Gangitano, i Majorca di Francavilla, i Manganelli, i Sanderson, i Tasca, i Trabia, i Verderame, ma anche con nuovi imprenditori, come Amoroso, Averna, Biondo, Castellano, Ducrot, Favara, Finocchiaro, Orlando, Pecoraino, Rutelli, Sandron, Sangiorgi, Scaglia, Utveggio, Velis coscienti della propria appartenenza ad una classe sociale dalla quale la collettività si aspettava molto. Sono soprattutto i Florio con Ignazio e la consorte Franca Iacona di Notarbartolo, contessa di San Giuliano, (coppia dotata, oltre che di una incalcolabile fortuna, di opportuni fascino, buon gusto e physique du rôle) e con Vincenzo, fratello minore del primo (tombeur de femmes e prototipo dello sportman di quegli anni), a fare della modernità una propria cifra distintiva. I Florio perseguono, infatti, una precisa "politica dell'immagine" (da qui il legame con Basile, con il mobiliere Ducrot, con pittori come De Maria, Cortegiani, Gregorietti, e con scultori come Civiletti, Ximenes e Ugo); tutte le loro azioni sociali (da quelle mondane a quelle filantropiche, da quelle promozionali a quelle politiche), il loro apparire, il loro intessere rapporti economici ma anche "diplomatici" (come nel caso dei reali d'Inghilterra, di Russia e di Germania) riflettono l'ideale di porsi come modello di una nuova Sicilia che, non più semplice fornitrice di materie prime, si proponeva nel nuovo circuito delle aree emergenti (pur con il permanere di drammatiche sperequazioni e sacche di miseria) come esportatrice di prodotti finiti e, quindi, anche di nuovi modelli comportamentali. Fra gli artisti, pittori come Abate, Catti, Cercone, Cortegiani, De Gregorio, De Maria Bergler, Di Giovanni, Enea, Gregorietti, Liotta Cristaldi, Lentini, Leto, Lojacono, Mirabella, Reina, Spina, Tomaselli, Vetri, Vicari, e scultori come Balistreri, Civiletti, Costantino, Delisi, Gangeri, Garufi, Geraci, Moschetti, Nicolini, Ragusa, Rutelli, Trentacoste, Ugo e Ximenes traghettano felicemente, anche se con disomogenee intensità e motivazioni, le loro precedenti esperienze nell'alveo della tendenza modernista, senza tuttavia rimanerne coinvolti fino in fondo (a meno di un circoscritto periodo artistico del nucleo riunitosi nel "cenacolo di Basile", formato da De Maria, Enea, Geraci, Gregorietti, Rutelli, Ugo e Ximenes). Altrimenti pittori come Corona, De Francisco, Rizzo, Terzi, Trombadori e scultori come Campini, D'Amore, Li Muli muovono solo i primi passi in ambito modernista per poi maturare significativi percorsi in altre direzioni della cultura artistica novecentesca. Alla compagine di intellettuali, artisti, imprenditori, statisti, scienziati e pensatori va aggiunta, infine, quella delle maestranze specializzate, che negli opifici e nelle miniere, così come nei cantieri edilizi e nelle botteghe artigiane dettero un contributo determinante allo sviluppo e alla fisionimia moderna della società siciliana di quel periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento. Dunque, anche in considerazione della débâcle, avviata nella tarda fase dell'età giolittiana e drammaticamente maturata durante il Ventennio fascista, della propositività economica della Sicilia e quindi del conseguente declino della sua "società civile", era inevitabile una massiccia dispersione dei "documenti" (nell'accezione più ampia del termine) relativi alla cultura modernista in Sicilia; una condizione che nei tre decenni successivi alla Ricostruzione andrà drammaticamente di pari passo con indiscriminate manomissioni (soprattutto negli interni) e demolizioni che hanno pervicacemente aggredito l'integrità di un patrimonio culturale davvero considerevole.
The art market is rapidly developing along the ways of globalisation, digitalisation, and democratisation. Yet, it has several characteristics that favour market manipulation, such as lack of transparency and conflicts of interest. Despite substantial advancements, it is acknowledged that sector regulation does not address such limitations properly. In the light of US, EU, and national case-law, this article assesses the role that competition law could play in the art sector, also in conjunction with civil liability. It is found that competition law enforcement in the art market has been scarce so far. It provided for effective reaction tools against few, significant market manipulation strategies carried out by key auction houses. On those occasions, competition authorities and undertakings set shared, basic rules of conduct through commitments. Such cases also seem to have inspired recent self- and heteroregulatory initiatives. All in all, competition law seems to play the residual role of a sentinel in the secondary art market. In contrast, whether or not competition law will be enforced in the authentication service sector mainly depends on how private enforcement will develop in the EU and the US.
Si introduce la teoria dell'asta di arte o all'inglese, si approfondiscono le performance dei leader del mercato e si introduce il concetto di mercato/fiera di arte.
This article discusses the countercultural artistic expressions of the late 1960s as a transcultural phenomenon. These artistic expressions are the result of a network of ideas and trends, with an aesthetic born from the interchange among its participants. Despite its innovative character and the impact at the time, the relation of countercultural artistic practices within Art History is complex, not fitting into any precise artistic category or style. The 1960s, stage of several social and political revolutions around the world, saw the rise of manifestations such as Psychedelia. The decade was also noted for an increment on migrations, with more people being able to travel overseas, leading to the fading of geographical, social, and mental barriers. With more connections and means for traveling, more countercultural artists and young participants, from all social ranges, had the opportunity to go abroad and overseas. That increased the attendance at events, from rallies to psychedelic gatherings, influencing music and other countercultural artistic performances, including graphic design, painting, or light shows. Following the border-crossing tradition of the Beat Generation that got inputs from places such as Mexico, France, and even Russia years before, counterculture's participants created a multicultural mosaic composed by music, poetry, visual arts, and graphic design. From the analysis of the mobility of prominent counterculture figures such as Allen Ginsberg, Timothy Leary or the Beatles, as well as of the artistic expressions, it is possible to map the countercultural artistic flows during the late 1960s between the United States, Britain, and beyond. However, the transcultural combination of influences and trends, often boosted by hallucinatory substances, may explain why countercultural artistic practices such as Psychedelia got distant from Art History. ; L'articolo affronta l'analisi delle espressioni artistiche controculturali della fine degli anni '60 in quanto fenomeno transculturale. Tali espressioni sono il risultato di una rete di idee e tendenze fondata su un'estetica nata proprio dall'interscambio tra i suoi protagonisti. La relazione tra le pratiche artistiche controculturali e la storia dell'arte è complessa, poiché esse non si adattano ad alcuna categoria artistica o stile, nonostante il loro carattere innovativo e l'impatto che hanno avuto sul contesto. Gli anni '60, teatro di numerose rivoluzioni politiche e sociali in tutto il mondo, hanno visto l'avvento di manifestazioni come Psychedelia. Il decennio è stato anche importante per l'incremento delle migrazioni che ha influito sull'attenuazione delle barriere geografiche, sociali e mentali. L'aumento di collegamenti e di mezzi di trasporto ha consentito ad un numero maggiore di artisti, appartenenti a contesti sociali differenti, di viaggiare e di andare all'estero. Ciò ha aumentato la partecipazione a eventi, dai raduni agli incontri psichedelici, influenzando la musica e altri ambiti affini tra i quali il graphic design e l'illuminotecnica. Seguendo la tradizione del passaggio di frontiera della Beat Generation, la controcultura ha creato un mosaico multiculturale nel quale musica, poesia, arti visive, grafica si sono intrecciate. Dall'analisi di figure della controcultura, come Allen Ginsberg, Timothy Leary o i Beatles, così come delle espressioni artistiche, è possibile ricostruire i flussi artistici controculturali della fine degli anni '60 tra Stati Uniti, Gran Bretagna e altrove. Tuttavia, la combinazione transculturale di influenze e tendenze, spesso amplificata da sostanze allucinatorie, può spiegare perché le pratiche artistiche controculturali come Psychedeliaabbiano preso le distanze dalla storia dell'arte istituzionale.