ABSTRACT La produzione di carne bovina è un elemento chiave del settore agro-alimentare brasiliano. Attualmente, infatti, il Paese è il secondo produttore mondiale ed il più grande esportatore di questo prodotto nel mondo. La possibilità di esportate verso i mercati internazionali è stata tuttavia condizionata dall'adeguamento degli standard brasiliani a quelli dei paesi importatori la cui implementazione è stata effettua sia nell'ottica di proteggere la salute dei consumatori sia di promuovere e rafforzare i rapporti commerciali nell'import-export. Pertanto, la normativa dei paesi importatori è stata spesso un modello di sviluppo per la definizione dei nuovi standard brasiliani. In particolare, considerando che a partire dal 1990 l'Europa è stato il principale importatore di carne bovina dal Brasile, la legislazione europea è stata spesso utilizzata per adeguarne o, addirittura, svilupparne la normativa. Nel presente lavoro sono state affrontate le problematiche ispettive e commerciali che caratterizzano la filiera bovina brasiliana, focalizzando l'attenzione sulla normativa che regola gli scambi con l'Unione Europea, con lo scopo di effettuare un confronto tra le rispettive legislazioni in materia di sicurezza alimentare. Alla luce del nostro lavoro è possibile vedere come, nonostante gli adeguamenti verificatisi negli ultimi anni, la normativa Brasiliana risulti ancora frammentaria e lontana dal nuovo approccio europeo alla sicurezza alimentare. The brazilian beef production is a key element of the agriculture sector in Brazil. Nowadays, the country is the second largest producer and the largest exporter of this product in the world. The ability to export to international markets however, was conditional upon conformity of brazilian standards to those of the importing countries.The implementation of these standards has been made both in order to protect the health of consumers and to promote and strengthen business relationships in the import – export market. Thus, the legislation of the importing countries has often been a development model for the definition of the new brazilian standards. In particular, considering that since 1990 Europe has benn the main importer of brazilian beef, the European legislation has often been used to adapt or even develop the legislation. In this paper, the commercial and inspection issues which characterize the brazilian beef industry have been addressed. Focusing attention on legislation that regulates the trade with the European Union has allowed a comparison between the respective laws on food. In this dissertation it is possible to see how in spite of the adjustments that have occurred in recent years, the brazilian legislation is still fragmented and remains far from the new European approach to food safety.
Il senso dell'identità personale è forse il prodotto sociale più significativo del processo di modernizzazione/secolarizzazione che ha investito la società occidentale almeno a partire dal XV secolo. Il Soggetto moderno ha conosciuto più di un momento di crisi. Due di questi sembrano particolarmente cruciali: il primo, nel periodo di passaggio dal XIX secolo al XX, il secondo nel passaggio dal secondo al terzo millennio. La prima di queste crisi si verifica ad inizio Novecento; la seconda al volgere del millennio – quest'ultima con un significativo anticipo verso la fine degli anni Sessanta del XX secolo. Questi momenti di "catastrofe" del Soggetto sono in relazione a fasi in cui si agglutinano e precipitano gli effetti del mutamento sociale, negli ultimi cento anni grazie anche agli sviluppi e alle trasformazioni nelle tecnologie della comunicazione, e in cui si incrina la coerenza fra i sistemi di senso affermati socialmente e i significati percepiti individualmente; di questo ne danno prova e sintomo le produzioni estetiche, oltre che quelle critiche. Ci siamo rivolti alle une e alle altre per provare a tracciare una mappa del percorso del Soggetto, facendo particolarmente attenzione al ruolo che le tecnologie della comunicazione hanno avuto e continuano ad avere. In questa prospettiva gli anni a cavallo fra XIX e XX secolo sono stati il periodo in cui il romanzo come forma elettiva della narrazione moderna del Sé ha raggiunto i suoi apici e si è avviato verso al sua dissoluzione. Mettendo fra parentesi opere capitali come l'Ulisse di James Joyce o la Recherche di Marcel Proust è stata la cultura di lingua tedesca a produrre la maggiore quantità di opere significative. Opere che mettono – tutte, probabilmente per una serie di condizioni "privilegiate" – al centro la profonda crisi vissuta dalla società e dall'individuo dell'epoca. Alcuni scrittori, come Franz Werfel o Stefan Zweig, hanno scritto del crollo di un sistema politico e dell'intero universo simbolico di cui questo faceva parte. Altri, come Thomas Mann, Robert Musil, Hermann Broch, Franz Kafka, Robert Walser, si sono interrogati attraverso i personaggi messi in scena direttamente del destino dell'individuo loro contemporaneo. Di seguito, Elias Canetti, Gottfried Benn hanno esplorato percorsi che conducono ad esiti di incomunicabilità e di annullamento del Soggetto come approdo estremo della crisi del Sé moderno. La dissoluzione del romanzo borghese come forma specifica di espressione del Soggetto moderno – che riflette la crisi di questo – lascia il posto ed è generata dall'affermarsi di altri formati comunicativi, in particolare quelli audiovisivi: cinema, radio, fumetto, ma prima di tutto il cinema, poi quelli in cui si esprime la dimensione della serialità, anche se naturalmente la forma romanzo non sparisce. È in queste dimensioni, in parte "nuove", in parte rimediazioni di quelle classiche, che ritroviamo le riflessioni – più o meno consapevoli, esplicite – sulla condizione del Sé nel contemporaneo, un periodo che parte dagli anni immediatamente successivi alla II guerra mondiale per spingersi fino ad oggi. Abbiamo provato a trovare nella narrativa contemporanea di lingua tedesca, in autori come Friedrich Dürrenmatt e Max Frisch, nei romanzi della science fiction di Philip K. Dick e James G. Ballard e ancora, nella narrativa postmoderna di David Foster Wallace e in alcune pellicole la conferma dei possibili parallelismi, delle eventuali analogie nella percezione dell'identità e della sua relazione con la realtà sociale circostante fra i due periodi – o, in alternativa, eventuali differenze. Oggi, come all'inizio del XX secolo, si sommano per alcuni di noi, i nati dopo la II guerra mondiale, due accelerazioni del tempo, quella sociale e quella personale, che si traducono però in una compressione dello stesso, e quindi nel rischio di percepire una stasi assoluta, cieca. Una palude temporale stagnante, sterile, terminale. Perso – insieme alle "grandi narrazioni" della tradizione sopravvissuta (la religione) e dell'utopia modernista (la rivoluzione, il progresso), se vogliamo proprio offrirci una sponda al malessere che viviamo – il senso del "vivere in prospettiva", privi di direzione, percepiamo una crisi radicale, insanabile. Ci rendiamo conto che questa condizione è – anche – il riflesso di una perdita, quella della prospettiva di un mondo più egualitario, "giusto", "libero". Che la propria "visione del mondo" provenga da una prospettiva religiosa o laica, liberale o marxista, si percepisce comunque il fallimento delle promesse implicite nelle "grandi narrazioni". Dal modello dell'uomo nato dall'Umanesimo, Amleto, al campione della tarda modernità descritto in tanti romanzi e film, intravediamo un unico filo di un lungo crepuscolo, ormai diventato tramonto, che marca il fallimento dell'illusione della libertà e della potenza dei moderni, sul piano individuale quanto su quello collettivo. Umanesimo, illuminismo, liberalismo, marxismo come forme di emancipazione collettiva ed individuale si ribaltano e si abbattono sulla considerazione di sé dei rappresentanti delle élite intellettuali, inermi e rassegnati di fronte al disastro delle loro aspettative e illusioni. Possiamo considerare questo aspetto come un'ulteriore articolazione del senso di alienazione che provano gli intellettuali, anche in questo separati da un ruolo che hanno sentito a lungo come proprio: l'impossibilità ad agire nei confronti della sofferenza, del dolore, dell'ingiustizia – di cui il proprio disagio esistenziale è una declinazione, forse anche imbarazzante di fronte all'abisso dell'oppressione, dello sfruttamento, della schiavitù. L'essenza della condizione umana rimanda comunque alla parabola del soggetto moderno e ai suoi esiti terminali, così come sono stati espressi attraverso la saggistica e la letteratura del Novecento, di cui noi abbiamo preso a prestito alcuni protagonisti come idealtipi, come casi paragonabili a individui reali da interrogare sulla propria vita, sulla curva discendente percorsa dal soggetto moderno, sulla sua caduta. Assistiamo quindi a come il senso di questa caduta si rappresenta nella consapevolezza di coloro che la descrivono attraverso i personaggi che mettono sulla scena dei loro romanzi e dei loro film. Sfumato l'orizzonte del sacro, partecipando della condizione del dolore e dello sterminio che sembra di tutto l'umano, rimane ben poco cui far riferimento, cui ancorarsi. Di qui la possibile tentazione di "sparire a se stessi", di risolvere l'enigma della morte con un rilancio sulla posta in gioco, attraverso la trasformazione in qualcos'altro. Da qui, forse, arrivati al traguardo di un pressoché completo di dissipazione dell'individualità e di "disincantamento del mondo", sembra di leggere gli indizi di un suo "reincanto": attraverso le declinazioni triviali, superficiali, certo, delle varie articolazioni della galassia New Age, o la dimensione decisamente più profonda delle interazioni con il mondo digitale, la Rete e gli universi sintetici che questi alimentano e propongono; ma, ancor di più, attraverso il ritorno del tutto laicizzato, "disincantato", all'uso di categorie arcaiche, primordiali, come il caso, il destino, la necessità, ma rese impersonali, astratte, aliene, per spiegarsi e giustificare gli eventi percepiti come significativi nelle biografie individuali. Forze cieche, prive di intenzioni e di scopo – e per questo a maggior ragione incontrollabili, imprevedibili, fatali. Ma utili a imbastire una plausibile, forse rassicurante, "narrazione del Sé" che ridia "senso" a posteriori agli eventi di cui è stata costellata la nostra vicenda personale e allontanino l'incombere della morte, che rimane comunque inesorabile sullo sfondo della nostra consapevolezza, irriducibile, indecifrabile, eterna.