L'articolo non vuole affrontare il più vasto tema di "fascismo e biblioteche", la politica bibliotecaria e le realizzazioni del ventennio in questo campo, ma si propone lo scopo di iniziare una ricostruzione della presenza e delle posizioni dei bibliotecari in questa fase della storia della società italiana. Il periodo fascista è un periodo di modernizzazione tecnica delle biblioteche italiane ma anche di irrigidimento del sistema bibliotecario italiano. Nasce in questo periodo una rappresentanza professionale dei bibliotecari (l'Associazione dei bibliotecari italiani, nel 1930) e qualche anno prima era stato costituito un vertice amministrativo (la Direzione generale delle accademie e biblioteche, nata nel 1926 e rimasta sostanzialmente la stessa fino ad oggi) che agiva come filtro fra la politica e la professione.La presa del fascismo tra i bibliotecari italiani, negli anni intorno alla Marcia su Roma, è molto limitata. Molti liberali considerarono il fascismo come un "male minore" rispetto alle tensioni sociali del 1919-1920, ma sono pochissimi e di scarsa importanza i bibliotecari che aderirono al fascismo prima della Marcia su Roma, come il conte Giuseppe Lando Passerini (1858-1932), bibliotecario alla Nazionale di Firenze e alla Laurenziana, o Antonio Toschi, bibliotecario a Bologna. Nessuna personalità importante del mondo delle biblioteche aderì al Manifesto degli intellettuali del fascismo (1925) scritto da Giovanni Gentile; pochi sono anche gli aderenti alla risposta preparata da Benedetto Croce, ma fra questi troviamo Emidio Martini, direttore della Biblioteca nazionale di Napoli in pensione.Tra gli esponenti del Partito Fascista troviamo alcuni direttori di biblioteca, come Italo Lunelli (1891-1960) direttore della Biblioteca comunale di Trento e Leonardo D'Addabbo (1893-1958) direttore della Biblioteca consorziale di Bari, che però non ebbero un ruolo significativo nella professione. Il personaggio più interessante è Piero Zama (1886-1984), fondatore del Partito fascista a Faenza e direttore della Biblioteca comunale della città dal 1920 al 1957. Zama però si staccò dal fascismo per il suo carattere reazionario e venne poi perseguitato.Le biblioteche furono spesso, invece, dei rifugi relativamente tranquilli per le persone contrarie al Fascismo. Alla Biblioteca Vaticana lavorarono Gerardo Bruni (1896-1975) e Igino Giordani (1894-1980), che avevano collaborato con don Sturzo nel Partito popolare e che furono mandati dalla Biblioteca a studiare biblioteconomia in America, nel 1927. Più tardi lavorò alla Vaticana anche Alcide De Gasperi, presidente del Consiglio dopo la Liberazione. Nelle biblioteche statali venivano spesso destinati insegnanti di liceo e professoni universitari antifascisti che il Regime voleva togliere dall'insegnamento: per esempio Bianca Ceva ed Elena Valla alla Biblioteca nazionale di Milano, il filosofo Giuseppe Rensi alla Biblioteca universitaria di Genova e Pilo Albertelli (1907-1944), eroe della Resistenza, alla Biblioteca nazionale di Roma.Nel periodo fascista venne costituita, dopo il Congresso mondiale delle biblioteche e di bibliografia tenuto nel 1929 a Roma e Venezia, l'Associazione dei bibliotecari italiani (dal 1932 Associazione italiana per le biblioteche), controllata dal Ministero dell'educazione nazionale ma indipendente dal Partito. Il Partito fascista costituì una propria Sezione Bibliotecari nell'Associazione fascista del pubblico impiego e poi nell'Associazione fascista della scuola: queste associazioni ebbero larghe adesioni, per i vantaggi che offrivano, ma non svolsero attività significative nel campo delle biblioteche. La relativa autonomia dell'AIB dalla pressione del Fascismo fu resa possibile dal prestigio del presidente, l'uomo politico e professore Pier Silverio Leicht, e dalla Direzione generale delle accademie e biblioteche, che gestiva il settore delle biblioteche limitando per quanto possibile l'ingerenza politica e ideologica.I direttori delle biblioteche statali che non erano favorevoli al fascismo restarono di solito ai loro posti, ma negli anni Trenta la tessera del Partito nazionale fascista diventò necessaria per i funzionari dello Stato e alcuni bibliotecari antifascisti vennero destituiti, come Pietro Zorzanello dalla Biblioteca Palatina di Parma nel 1934 e Anita Mondolfo dalla Biblioteca nazionale di Firenze nel 1937. Nel 1938 vennero licenziati dallo Stato i bibliotecari ebrei. Parecchi bibliotecari antifascisti preferirono prendere la tessera del PNF e rimanere ai propri posti, dove potevano operare per le biblioteche e, dalla fine degli anni Trenta, per la loro protezione dai rischi e dai danni della guerra.Dal 1934 nei congressi dell'Associazione italiana biblioteche diventò obbligatorio portare la camicia nera, divisa del Partito fascista, ma le fotografie della sala del convegno nel 1934 e nel 1940 mostrano che solo pochi bibliotecari la indossavano, o indossavano l'uniforme degli impiegati dello Stato introdotta nel 1938, mentre la maggioranza continuava a indossare i propri abiti borghesi. La fascistizzazione del mondo delle biblioteche fu soprattutto burocratica e rituale, imposta dall'esterno ma limitata ai discorsi ufficiali nei congressi e sulla rivista del Ministero, non incise in maniera rilevante sulla cultura dei bibliotecari, che cercarono di contrastarla in maniera coperta o di ignorarla. ; The article does not try to deal with the more extensive theme of "fascism and libraries", library policy and the achievements of the fascist regime in this field, but aims at a understanding of the presence and positions of librarians in this stage of the history of Italian society. The fascist period is one of technical modernization of Italian libraries but also of fixation of the Italian library system. This period sees the birth, in 1930, of a professional representation of librarians (the Association of Italian librarians), and a few years earlier of a top government unit, the General Direction of Academies and Libraries (established in 1926 and still basically the same to this day), that acted as a filter between politics and the profession. The grasp of fascism among Italian librarians, in the years around the March on Rome (1922), was very limited. Many liberals considered fascism as a "lesser evil" with respect to the social tensions of 1919-1920, but the librarians who supported fascism before the March on Rome were few and of little importance. Among these were count Giuseppe Lando Passerini (1858-1932), librarian at the National Library of Florence and at the Laurenziana, and Antonio Toschi, librarian in Bologna. Not one important personality of the library world supported the Manifesto of the intellectuals of fascism (1925) written by Giovanni Gentile; few were also the supporters of the reply drafted by Benedetto Croce, but among these we find Emidio Martini, retired director of the National Library of Naples.Among the exponents of the Fascist Party we find some library administrators, such as Italo Lunelli (1891-1960) director of the Public Library of Trent and Leonardo D'Addabbo (1893-1958) director of the Consortium Library of Bari, who however did not have a significant role in the profession. The most interesting personality is Piero Zama (1886-1984), founder of the Fascist Party in Faenza and director of the Municipal Library of the city from 1920 to 1957. Zama, however, abandoned fascism because of his reactionary evolution and was subsequently persecuted.Libraries were often a sort of hideout for those contrary to fascism. Gerardo Bruni (1896-1975) and Igino Giordani (1894-1980), who had worked with don Sturzo in the Popular Party, were sent by the Vatican Library to study librarianship in America, in 1927, and later also Alcide De Gasperi, president of the Council of Ministers after the Liberation, worked in the Vatican Library. Anti-fascist high school teachers and university professors that the regime wanted to remove from teaching were often destined to state libraries: for example Bianca Ceva and Elena Valla to the National Library of Milan, the philosopher Giuseppe Rensi to the University Library of Genoa and Pilo Albertelli, Resistance hero, to the National Library of Rome.After the World Congress of Libraries and Bibliography held in Rome and Venice in 1929, the Association of Italian Librarians (from 1932 the Italian Association for Libraries, AIB) was founded, under the control of the Minister for National Education but independent of the Fascist Party. The Fascist Party formed its own Librarians' Section in the Fascist Association of Civil Servants and later in the Fascist School Association: these Associations were widely supported, due to the advantages that they offered, but they carried out no significant activities in the library field. The relative independence of the AIB from the pressure of Fascism was made possible through the prestige of its president, the politician and professor Pier Silverio Leicht, and through the General Direction of Academies and Libraries, that controlled the library sector and limited as much as possible any political and ideological interference.The directors of state libraries who were not in favour of fascism usually remained in their positions, but in the 1930s the membership card of the National Fascist party became necessary for civil servants and some anti-fascist librarians lost their posts. Among these were Pietro Zorzanello, director of the Palatine Library of Parma, in 1934 and Anita Mondolfo, director of the National Library of Florence, in 1937. Jewish librarians were dismissed by the State in 1938. Many anti-fascist librarians preferred to take out a membership card of the National Fascist Party and remain in their positions, where they were able to work for libraries and, from the end of the 1930s, for their protection from the risks and dangers of the war.From 1934 it became obligatory to wear a black shirt, the uniform of the Fascist Party, in the national conferences of the Italian Library Association, but photographs of the convention hall in 1934 and 1940 show that only a few librarians wore it. A number wore the uniform of the civil service, introduced in 1938, but the majority continued to wear their own civilian clothes. The fascistization of the library world was above all bureaucratic and ritual, imposed from the outside but limited to official speeches in congresses and on the Ministry journal. It did not leave much of a mark on the culture of the librarians, who sought to counter it in a veiled manner or at least to ignore it.
IntroductionThe Report that the AIB has decided to publish starting from this year aims at presenting, even if synthetically, the main characteristics of an overview of Italian libraries, each time pointing out the questions, tendencies and some of the events that are of most interest to those who are interested in the development of the library service in our country.When it is proposed to describe a national picture of the situation of the libraries of the various types (public, university, state, scholastic, ecclesiastic, private, etc.) one finds oneself before the almost total absence of comparable and trustworthy organic information. Using the various sources available, it is possible to estimate with a certain approximation that the over 15,000 Italian libraries (in which approximately 20,000 people work) possess almost 200 million documents, that they acquire annually almost 7 million books, that their annual users are little less than 10 million and the loans made are around 65 million. It is believed that in the year 2001 the running costs exceeded 1000 billion lire, of which a little more than 10% were destined to the purchase of documents.LegislationThe year 2001 was rich in new details with regard to the sector of legislation for libraries. This was also due to the effect of the constitutional reforms and the new scenarios relative to the responsibilities and federalist arrangement of the State.Regulations of particular importance for libraries and indirectly linked to the overall institutional situation are those contained in the law of 28 December 2001, no. 448 (finance law 2002). This prescribes that the management of services aimed at the improvement of the public use and development of the artistic patrimony (and therefore also of the state libraries) can be entrusted to subjects other than those of the state. It also introduces an art. 113 bis in the sole text of the laws on the organization of local bodies (legislative decree 18 August 2000, no. 267), on the basis of which "local public services without industrial importance are managed through direct entrusting to: a) institutions; b) special businesses, including consortiums; c) joint-stock companies" and only as a residual solution (paragraph 2) "is economic management permitted when, due to the small dimensions or the characteristics of the service, it is not opportune to proceed to entrusting it to subjects as described in paragraph 1". Awaited on many sides as the chance to respond to a number of the age-old problems that have afflicted the sector of state public libraries for decades, the new organization regulations of the Ministry for cultural and artistic heritage, issued with the Presidential Decree of 29 December 2000, no. 441, actually only indicate, without solving, some fundamental questions that regard the sector, postponing their settlement, without any time limits, to subsequent second degree regulations.As regards the more strictly library themes of interest, the necessity to solve the problems of the legal deposit drove the AIB to revive the bill proposal, which had already been discussed and had arrived at the threshold of final approval in Parliament in the 13th legislature.During the year 2001, moreover, the European Parliament and the European Union Council finally approved the Directive 2001/29/CE, that aims at integrating the laws of the member countries regarding reproduction rights, rights of communication of works to the public and distribution rights, in reference to those works, on every kind of medium, including digital medium, subject to authors' rights. Art. 5 provides the faculty of member states to order exceptions and limitations to the above mentioned rights, to guarantee the right balance between authors' rights and other social interests. This article furthermore contains the "exceptions" that are to the advantage of libraries or of didactics and scientific research.Cooperation and consortiumsThe last two years have shown considerable progress in the field of cooperation activities, confirming also in Italy the current tendencies at international level. These developments generally - but with different nuances - regard various types of libraries and involve different sectors of activity, from those already established (such as cataloguing and purchases) to emerging activities, more directly linked with the diffusion of Internet (management and development of digital resources, etc.).Access to information and the development of electronic collections are surely the areas that are most involved in the new cooperation initiatives. The university sector is that which demonstrates most vitality in this area, but a certain recent enterprise of state and public libraries should be noted. The initiatives promoted by two large university computer consortiums should also be mentioned: the Cilea and Caspur.The CiBit project for digitalisation, archiving and networking, with a special research interface for Italian literature texts should be noted.In Italian universities, as in other developed countries, the idea of creating alternative models of academic electronic publishing is being increasingly encouraged: in this field mention must be made of the initiative of the University of Florence with the Firenze University Press project.On-line cataloguesThe catalogues of Italian libraries available through Internet number 420. For the year 2001 growth stabilized around 15% and mainly regarded the local body systems, the libraries of which cover municipal or provincial areas.The Italian university OPACs (On line Public Access Catalog) form approximately 40% of the total.National Library Service (SBN) and national projectsIn the last two years the SBN network has been established as the largest public network of libraries in Italy, both due to the number of libraries participating and to the considerable increase in the information in the catalogue: at the end of the year 2001 the libraries numbered approximately 1400, the size of the national collective catalogue was 5,500,000 titles (corresponding to approximately 12 million localizations, that is mentions of the presence of the works in the participating libraries). Daily hits, also as a result of the availability on Internet of the catalogue, are currently on average 160,000 on weekdays, with high points on some days of over 200,000 hits.Other cooperation projects are underway in the field of antique books and manuscripts.The Anagrafe delle biblioteche italiane (Registry of Italian libraries) data base, it too available for consultation on Internet, provides an instrument of general information on the patrimonies, services to the public and specializations of approximately 12,500 libraries.But it is "SBN on line" that has really marked a further step forward towards the improvement of the services: from a single access point, with identical modalities, users can consult catalogues of different institutions (libraries, archives, museums); they can compile a bibliography according to their own specific requirements by integrating information sources; they can also locate documents and ask for them on loan or in reproduced form.Formation, occupation and professionItaly also considers university formation as the basis for the initial preparation of librarians. In the nineties especially, the degree course in Preservation of Cultural Heritage was a source of considerable attraction among young people and in the year 2000/01 it ended up having over 23,000 students registered in the 17 universities offering the course as well as almost 3,000 registered in various related diploma courses (Operators of Cultural Heritage), for a total of 26,339 students. As a whole this is a small sector with respect to all university education (1.6% of the total of students, 2% of those enrolled, 0.6% of those graduated or having obtained diplomas), but a large group with respect to the degree or diploma "arts" group into which it is statistically inserted (16% of those registered, 23% of those enrolled and 7% of those graduated or having obtained diplomas).In the year 2000/01, the first year of the "3+2" university reform, among the 42 first level degree classes, that in Sciences of Cultural Heritage is at the 12th place as regards number of enrolled (9079) and is generally in the first place among the characteristic courses in the Arts Faculty (in the order Arts, Sciences and technologies of figurative arts, of music, entertainment and fashion, Philosophy, Historical Sciences). Sixty-six percent of the students in the degree courses in the archive-library field are female.As a whole the number of students registered is certainly greatly increased with the new courses (9079 enrolled in 2001/02 as against the 5920 of the previous year, +53%). The current offer is of 71 courses in 41 universities: among these, 9 (in a like number of universities) are specifically dedicated to the formation of librarians and archivists, while 33, 2 of which by distance-learning, have a general nature (18 with a specialization for librarians and archivists), and 29 regard other specific sectors (artistic, archaeological, musical, etc., heritage ). Overall, there are therefore at least 27 courses aimed at the formation of librarians, in 26 universities and with locations in 25 different cities.Those who graduated in Cultural Heritage have up to now obtained rapid and effective insertion into the world of work, initially above all with assistance initiatives or contract jobs but also with permanent employment, demonstrating among other things their capacity to temporarily or permanently exploit employment opportunities even in related fields (publishing, multimedia production, Web services, communications, etc.).Generally speaking, the offer of long-term employment in public administration is about 180 positions per year. The main employers are the local bodies, with 64%, followed by the Universities with 27%. Absent for years now is the Ministry for Cultural Heritage (except for two small competitions in 1998 and 1999); some offers come from the sector of research (institutions of the CNR and other bodies, for 7% in the three-year period under consideration), and exceptionally from other public bodies.From the point of view of geographic distribution, the vast majority of the jobs offered is in the North (72%, as against 11% in the Centre and 17% in the South and in the islands), and the percentage exceeds 80% for places in the local bodies: about half of the jobs offered by Italian local bodies are in the region of Lombardy; this is followed at a great distance by Emilia Romagna and then the Veneto region. In the universities, the distribution is a little less unbalanced, again with Lombardy in the first place but with a good offer also in regions of the Centre (Lazio) or of the South (Campania, Puglia).The offer of contract employment or with assistance positions is very active, both through competitions and screening for contract jobs in public administrations and through the search for assistants by service companies, mainly in the field of cataloguing, and of library structures: we can consider that through these forms of selection approximately 300 persons per year find temporary employment.The Italian Libraries Association and the Professional RegisterAn indicator of the dynamism of the profession is given also by the activity of the Italian Libraries Association (AIB) which, during the year 2000 extended to include all twenty Italian regions and considerably increased its number of members: 4407 members (+2% with respect to the previous year). This shows a much larger and clearer growth than that of employment in the sector, which therefore testifies to a greater group thrust, of "self-recognition" and identification, while a considerable number of occasional registrations remain: these are not renewed with any continuity.Since 1998, the AIB manages the Italian Professional Register of librarians, a private register that was established along the lines indicated by the European directives on the recognition of professional titles and by the bills on the unrecognised professions presented in the last legislatures but not yet approved. On 31 December 2001 the Register had 566 qualified librarians enrolled, 160 of which enrolled during the last year.The following persons co-operated to this work: Giovanni Solimine (Introduction); Luca Bellingeri, Gianni Lazzari (Law); Anna Maria Mandillo (Law, SBN and national projects); Gabriele Mazzitelli, Serafina Spinelli (Academic library systems); Tommaso Giordano (Cooperation and consortia); Antonella De Robbio (Italian OPACs); Vanni Bertini (Automation systems in Italy); Alberto Petrucciani (Training, employment and profession). ; Hanno collaborato alla redazione del Rapporto: Giovanni Solimine (Introduzione); Luca Bellingeri, Gianni Lazzari (Legislazione); Anna Maria Mandillo (Legislazione, SBN e progetti nazionali); Gabriele Mazzitelli, Serafina Spinelli (Sistemi bibliotecari di ateneo); Tommaso Giordano (Cooperazione e consorzi); Antonella De Robbio (OPAC italiani); Vanni Bertini (Sistemi di automazione in Italia); Alberto Petrucciani (Formazione, occupazione e professione).
SENTIERI Project (Mortality study of residents in Italian polluted sites) studies mortality of residents in the sites of national interest for environmental remediation (Italian polluted sites, IPS). IPSs are located in the vicinity of industrial areas, either active or dismissed, near incinerators or dumping sites of industrial or hazardous waste. SENTIERI includes 44 out of 57 sites comprised in the "National environmental remediation programme". For each IPS contamination data were collected, both from the national and local environmental remediation programmes. Contamination data are mainly for private industrial areas; municipal and/or green and agricultural areas were poorly studied, therefore it is difficult to assess the environmental exposure of populations living inside and/or near IPSs. Each one of 44 SENTIERI IPSs includes one or more municipalities. Mortality in the period 1995-2002 was studied for 63 single or grouped causes at municipality level computing: crude rate, standardized rate, standardized mortality ratios (SMR), and SMR adjusted for an ad hoc deprivation index. Regional populations were used as reference for SMR calculation. The deprivation index was constructed using 2001 national census variables on the following socioeconomic domains: education, unemployment, dwelling ownership and overcrowding. A characterizing element of SENTIERI Project is the a priori evaluation of the epidemiological evidence of the causal association between cause of death and exposure. Exposures for which epidemiological evidence was assessed are divided into IPSs environmental exposures and other exposures. The former are defined on the basis of the decrees defining sites' boundaries; they are coded as chemicals, petrochemicals and refineries, steel plants, power plants, mines and/or quarries, harbour areas, asbestos or other mineral fibres, landfills and incinerators. The other exposures, considered for their ascertained adverse health effects are: air pollution, active and passive smoking, alcohol intake, occupational exposure and socioeconomic status. The epidemiologists in SENTIERI Working Group (WG) developed a procedure to examine the epidemiological literature published from 1998 to 2009; the WG identified a hierarchy in the literature examined to classify each combination of cause of death and exposure in terms of strength of causal inference. The selected epidemiological information included primary sources (handbooks and Monographs and Reports of international and national scientific institutions), statistical re-analyses, literature reviews, multi-centric studies and single investigations. This hierarchy relies on the epidemiological community consensus, on assessments based on the application of standardized criteria, weighting the studies design and the occurrence of biased results. Therefore, to put forward the assessment, the criteria firstly favoured primary sources and quantitative meta-analyses and, secondly, consistency among sources. The epidemiological evidence of the causal association was classified into one of these three categories: Sufficient (S), Limited (L), and Inadequate (I). The procedures and results of the evidence evaluation have been presented in a 2010 Supplement of Epidemiologia & Prevenzione devoted to SENTIERI. SENTIERI studied IPS-specific mortality and the overall mortality profile in all the IPSs combined. Some IPS-specific results are noteworthy and are herementioned. The presence of asbestos (or asbestiform fibres in Biancavilla) was the motivation for including six IPSs (Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fibronit, Biancavilla) in the "National environmental remediation programme". In these sites (with the only exception of Emarese) increases in malignant pleural neoplasm mortality were observed, in four of them the excess was in both genders. In six other sites (Pitelli, Massa Carrara, Aree del litorale vesuviano, Tito, Area industriale della Val Basento, Priolo), in which additional sources of environmental pollution were reported, mortality from malignant pleural neoplasm was increased in both genders in Pitelli, Massa Carrara, Priolo and Litorale vesuviano. In the twelve sites where asbestos was mentioned in the decree, a total of 416 extra cases of malignant pleural neoplasms were computed. Asbestos and pleural neoplasm represent an unique case. Unlike mesothelioma, most causes of death analyzed in SENTIERI have multifactorial etiology, furthermore in most IPSs multiple sources of different pollutants are present, sometimes concurrently with air pollution from urban areas: in these cases, drawing conclusions on the association between environmental exposures and specific health outcomes might be complicated. Notwithstanding these difficulties, in a number of cases an etiological role could be attributed to some environmental exposures. The attribution could be possible on the basis of increases observed in both genders and in different age classes, and the exclusion of a major role of occupational exposures was thus allowed. For example, a role of emissions fromrefineries and petrochemical plants was hypothesized for the observed increases in mortality from lung cancer and respiratory diseases in Gela and Porto Torres; a role of emissions frommetal industries was suggested to explain increased mortality from respiratory diseases in Taranto and in Sulcis-Iglesiente-Guspinese. An etiological role of air pollution in the raise in congenital anomalies and perinatal disorders was suggested in Falconara Marittima, Massa-Carrara,Milazzo and Porto Torres. A causal role of heavy metals, PAH's and halogenated compounds was suspected for mortality from renal failure in Massa Carrara, Piombino, Orbetello, Basso Bacino del fiume Chienti and Sulcis-Iglesiente- Guspinese. In Trento-Nord, Grado and Marano, and Basso bacino del fiume Chienti increases in neurological diseases, for which an etiological role of lead, mercury and organohalogenated solvents is possible, were reported. The increase for non- Hodgkin lymphomas in Brescia was associated with the widespread PCB pollution. SENTIERI Project assessed also the overall mortality profile in all the IPSs combined. The mortality for causes of death with a priori Sufficient or Limited evidence of causal association with the environmental exposure showed 3 508 excess deaths for all causes, corresponding to 439 per year; the number of excess deaths was 1 321 for respiratory diseases, 898 for lung cancer and 588 for pleural neoplasms. When considering excess mortality with no restriction to causes of death with a priori Sufficient or Limited evidence of causal association with the environmental exposure, the number of excess deaths for all causes was 9 969 (SMR 102.5, about 1 200 excess deaths per year; the excess was 4 309 for all neoplasms (SMR 103.8, about 538 excess deaths per year), 1 887 for circulatory systemdiseases, and 600 for respiratory systemdiseases. Most of these excesses were observed in IPSs located in Southern and Central Italy. The distribution of the causes of deaths showed that the excesses are not evenly distributed: cancer mortality accounts for 30% of all deaths, but it is 43.2% of the excess deaths (4 309 cases out of 9 969). Conversely, the percentage of excesses in noncancer causes is 19%, while their share of total mortality is 42%. SENTIERI is affected by some limitations, such as the ecological study design and a time window of observation possibly inappropriate to account for induction-latency time; the analyzed outcome (mortality instead than incidence) might be unsuitable as well. Despite its limitations, SENTIERI documented increased mortality for single IPSs and an overall burden of disease in residents in Italian polluted sites. These excesses could be attributed to multiple risk factors, that include also the environmental exposures. The study results will be shared with the Ministries of Health and Environment, Regional governments, Regional environmental protection agencies, Local health authorities and municipalities. A collaborative approach between institutions in charge of environmental protection and health promotion will foster, among else, a scientifically sound and transparent communication process with concerned populations. ; Il Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) riguarda l'analisi della mortalit? delle popolazioni residenti in prossimit? di una serie di grandi centri industriali attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali e/o pericolosi, che presentano un quadro di contaminazione ambientale e di rischio sanitario tale da avere determinato il riconoscimento di "siti di interesse nazionale per le bonifiche" (SIN). Lo studio ha preso in considerazione 44 dei 57 siti oggi compresi nel "Programma nazionale di bonifica", che coincidono con i maggiori agglomerati industriali nazionali; per ciascuno di essi si ? proceduto a una raccolta di dati di caratterizzazione, e successivamente a una loro sintesi. La maggior parte dei dati raccolti proviene dai progetti di bonifica ipotizzati per i diversi siti, da cui si evince che oggetto di caratterizzazione e di valutazione del rischio sono state prevalentemente le aree private industriali, quelle, cio?, ritenute causa delle diverse tipologie di inquinamento (definite in SENTIERI esposizioni ambientali). Le aree pubbliche cittadine e/o a verde pubblico e le aree agricole comprese all'interno dei SIN sono state poco investigate. I SIN studiati sono costituiti da uno o pi? Comuni. La mortalit? ? stata studiata per ogni sito, nel periodo 1995-2002, attraverso i seguenti indicatori: tasso grezzo, tasso standardizzato, rapporto standardizzato di mortalit? (SMR) e SMR corretto per un indice di deprivazione socioeconomica messo a punto ad hoc. Nella standardizzazione indiretta sono state utilizzate come riferimento le popolazioni regionali. L'indice di deprivazione ? stato calcolato sulla base di variabili censuarie appartenenti ai seguenti domini: istruzione, disoccupazione, propriet? dell'abitazione, densit? abitativa. Gli indicatori di mortalit? sono stati calcolati per 63 cause singole o gruppi di cause. La presenza di amianto (o di fibre asbestiformi a Biancavilla) ? stata la motivazione esclusiva per il riconoscimento di sei SIN (Balangero, Emarese, Casale Monferrato, Broni, Bari-Fibronit e Biancavilla). In tutti i siti (con l'esclusione di Emarese) si sono osservati incrementi della mortalit? per tumore maligno della pleura e in quattro siti i dati sono coerenti in entrambi i generi. In sei siti con presenza di altre sorgenti di inquinamento oltre all'amianto, la mortalit? per tumore maligno della pleura ? in eccesso in entrambi i generi a Pitelli, Massa Carrara, Priolo e nell'Area del litorale vesuviano. Nel periodo 1995-2002 nell'insieme dei dodici siti contaminati da amianto sono stati osservati un totale di 416 casi di tumore maligno della pleura in eccesso rispetto alle attese. Quando gli incrementi di mortalit? riguardano patologie con eziologia multifattoriale, e si ? in presenza di siti industriali con molteplici ed eterogenee sorgenti emissive, talvolta anche adiacenti ad aree urbane a forte antropizzazione, rapportare il profilo di mortalit? a fattori di rischio ambientali pu? risultare complesso. Tuttavia, in alcuni casi ? stato possibile attribuire un ruolo eziologico all'esposizione ambientale associata alle emissioni di impianti specifici (raffinerie, poli petrolchimici e industrie metallurgiche). Tale attribuzione viene rafforzata dalla presenza di eccessi di rischio in entrambi i generi, e in diverse classi di et?, elementi che consentono di escludere ragionevolmente un ruolo prevalente delle esposizioni professionali. Per esempio, per gli incrementi di mortalit? per tumore polmonare e malattie respiratorie non tumorali, a Gela e Porto Torres ? stato suggerito un ruolo delle emissioni di raffinerie e poli petrolchimici, a Taranto e nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese un ruolo delle emissioni degli stabilimenti metallurgici. Negli eccessi di mortalit? per malformazioni congenite e condizioni morbose perinatali ? stato valutato possibile un ruolo eziologico dell'inquinamento ambientale a Massa Carrara, Falconara, Milazzo e Porto Torres. Per le patologie del sistema urinario, in particolare per le insufficienze renali, un ruolo causale di metalli pesanti, IPA e composti alogenati ? stato ipotizzato a Massa Carrara, Piombino, Orbetello, nel Basso bacino del fiume Chienti e nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese. Incrementi di malattie neurologiche per i quali ? stato sospettato un ruolo eziologico di piombo, mercurio e solventi organo alogenati sono stati osservati rispettivamente a Trento Nord, Grado e Marano e nel Basso bacino del fiume Chienti. L'incremento dei linfomi non-Hodgkin a Brescia ? stato messo in relazione con la contaminazione diffusa da PCB. Ulteriori elementi di interesse sono stati forniti dalle stime globali della mortalit? nell'insieme dei siti oggetto del Progetto SENTIERI. In particolare, ? emerso che la mortalit? in tutti i SIN, per le cause di morte con evidenza a priori Sufficiente o Limitata per le esposizioni ambientali presenti supera l'atteso, con un SMR di 115.8 per gli uomini (IC 904.4-117.2, 2 439 decessi in eccesso) e 114.4 per le donne (IC 902.4-116.5; 1 069 decessi in eccesso). Tale sovramortalit? si riscontra anche estendendo l'analisi a tutte le cause di morte, cio? non solo per quelle con evidenza a priori Sufficiente o Limitata: il totale dei decessi, per uomini e donne, ? di 403 692, in eccesso rispetto all'atteso di 9 969 casi (SMR 102.5%; IC 902.3-102.8), con una media di oltre 1 200 casi annui. Si ritiene opportuno ricordare che il Progetto SENTIERI, per obiettivi, disegno e metodi, rappresenta uno strumento descrittivo che verifica, in prima istanza, se e quanto il profilo di mortalit? delle popolazioni che vivono nei territori inclusi in aree di interesse nazionale per le bonifiche si discosti da quello cause delle popolazioni di riferimento. Ai fini dell'interpretazione dei risultati, si ricorda che la presenza di eccessi di mortalit? pu? indicare un ruolo di esposizioni ambientali con un grado di persuasivit? scientifica che dipende dai diversi specifici contesti; invece, un quadro di mortalit? che non si discosti da quello di riferimento potrebbe riflettere l'assenza di esposizioni rilevanti, ma anche l'inadeguatezza dell'indicatore sanitario utilizzato (mortalit? invece di incidenza) rispetto al tipo di esposizioni presenti, o della finestra temporale nella quale si analizza la mortalit? rispetto a quella rilevante da un punto di vista dell'esposizione. La condivisione dei risultati con i ministeri della salute e dell'ambiente, le Regioni, le ASL, le ARPA e i Comuni interessati consentir? l'attivazione di sinergie fra le strutture pubbliche con competenze in materia di protezione dell'ambiente e di tutela della salute, e su questa base l'avvio di un processo di comunicazione con la popolazione scientificamente fondato e trasparente. Parole chiave: siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN), mortalit? geografica, impatto sanitario ambientale, Italia
Tese de Doutoramento em Urbanismo com a especialização em Urbanismo apresentada na Faculdade de Arquitetura da Universidade de Lisboa para obtenção do grau de Doutor. ; Premissa Em Arquitectura, o desenvolvimento, a confirmação ou a negação de alguns paradigmas culturais e teóricos deve ser antecedido pelo mesmo processo em relação ao mais básico e prioritário dos objetos em questão, ou seja, o veículo das mesmas conjeturas, o produto de estes três anos de formação de terceiro ciclo: a tese de doutoramento. Esta é precisamente uma pesquisa, uma investigação de carácter experimental, original e inédita, confrontada meticulosamente com capacidades e técnicas capazes de controlar o seu processo. Não constitui uma prática de deificação de verdade dogmática, não tem validade universal, não revela a soma absoluta do saber. Pelo contrário, quer gostemos quer não, a investigação, como atividade, é de natureza duplamente parcial: epistemológica e temporal. Por sua vez, derivado de visões anteriores e baseado em inúmeros estudos, é um segmento do saber com uma certa legitimidade, transmissível entre pensadores e operadores da comunidade científica. Ao mesmo tempo, não tem validade cronológica ilimitada e não constitui uma meta invejada, mas sim um ponto de partida para futuras pesquisas académicas, próprias e de outrem, para um avanço disciplinar contínuo. É também importante precisar que o objeto de estudo não é produto de um capricho, e a investigação que dele resulta não constitui um exercício ocioso. Persiste, no entanto, a convicção de que é necessário que sejamos comedidos, mantendo-nos o mais possível dentro do nosso campo disciplinar específico, agora cada vez mais adulterado por desvios e fascinações sócio-antropológicas, com as condições da contemporaneidade na esfera de um realismo saudável. Objeto da pesquisa O objeto desta pesquisa é, portanto, aquela paisagem moderna dos segmentos costeiros do sul da Europa feita de geografia e de objets trouves, formas e materiais comuns, arquiteturas ainda "não acreditadas", resultantes de práticas não muito claras – traços de cidades informais litorais, produtos de auto-construção, ilegalidades, e ambiguidade normativa – que têm normalmente origem, necessidade, sentido e uso autónomos, relativamente a eventuais leituras formais e convencionais, mas que podem interessar bastante a quem se ocupa do território contemporâneo antrópico. Quer se queira quer não, estes manufatos, pela presença cénica por vezes tão imponente e violenta, outras vezes insignificante e camuflada, representam uma quota consistente da paisagem contemporânea e das ocasiões profissionais de nós arquitetos, cada vez mais forçados a manipular, com o olhar e com as nossas obras, a transformar e a corrigir este tipo de situações complexas, em vez de enriquecer os nossos territórios com nova edificação. Só os edifícios abusivos em Itália chegam aos 17%, enquanto que a percentagem aumenta entre os 30% e os 40% se considerarmos as construções que persistem ao longo da costa; a vizinha Grécia evidencia práticas semelhantes; se considerarmos também os edifícios autorizados do ponto de vista normativo, mas nunca 'dirigidos' a quem os observa, é óbvio que falamos pelo menos de metade daquilo que há anos temos constantemente debaixo dos olhos. Um fenómeno de quantidades e dimensões tais que é legítimo, por um lado, reconhecer que o atual sistema positivista normativo é, resumidamente, bastante ineficaz, e, por outro, falar de situações inadiáveis, e não de dissertação teorética gratuita. Talvez tenhamos realmente passado um ponto sem retorno. É possível conjeturar a demolição de quilómetros e quilómetros de construção ao longo da costa? Como reutilizar e armazenar os milhares de restos de metros cúbicos de materiais de construção civil não recicláveis? É economicamente sustentável? É dialeticamente correto? É culturalmente sincrónico? Cada empreendimento demiúrgico, adequado a reimplantar uma hipotética idade de ouro ou o sublimado "ponto zero" do estado natural das coisas, arrisca a parecer mais arrogante e insensato – mesmo que não seja considerado assim pelo senso comum – que uma humilde e realista tentativa de reconhecer certas formas que adornam o território honestamente rejeitado na consciência da autonomia disciplinar e dos limites – dentro dos quais a nossa investigação pode definir-se, de um certo modo, como científica – das nossas competências de estudiosos de arquitetura, que não se confundem com as nossas aspirações vagas de cidadãos e utentes sociais. Trata-se, na verdade, de abandonar por um momento os impulsos políticos e sociológicos e a prática da "reportagem da degradação" – muito em voga hoje – para se limitar, e não se trata de limites, pelo contrário, a investigar, na qualidade de arquiteto, a forma, e compreender até que ponto, objetos e linguagem, não considerados áulicos e sem acreditação, possam constituir, pelo contrário, materiais de construção de interesse. Exatamente como outros, não só no campo arquitetónico, têm repetidamente tentado, ao longo da história, uma cultura nova de partilha. O significado de acreditação A tese de doutoramento entende, portanto, propor uma leitura da paisagem contemporânea, olhando a dinâmica da acreditação como o principal instrumento de reavaliação de alguns objetos e segmentos costeiros da nossa área geográfico-cultural, a fim de enfrentar mais adequadamente a complexidade da gestão de território. A pesquisa explora, portanto, algumas técnicas compositivas para a acreditação, ou seja, contextualiza o objeto, ou o conjunto de objetos, em novos e variados possíveis sistemas de relações funcionais da construção da paisagem, do espaço coletivo, da forma e da contemporaneidade. A acreditação de um objeto está ligada a características intrínsecas e extrínsecas ao mesmo. Esta reside seguramente em atributos formais – forma, dimensões, escala, relação com a paisagem, materiais utilizados – mas sobretudo, amaldiçoando um estéril e perigoso elenco numérico das qualidades a registar, evitando a redução da arquitetura a sistemas meramente quantitativos, em características extrínsecas ao próprio objeto. Em primeiro lugar, a capacidade de criação – aliás, compositiva - que descreve o objeto a ser acreditado, a partir da operação de lançar um olhar sobre este, que é já projeto, transformando-o e tornando evidente com a produção de uma forma (seja ela uma fotografia, uma colagem, um desenho, um poema, uma composição musical) esta transformação. Uma transformação que consiste sobretudo na ativação de novas relações entre o objeto e outros elementos e layers do território, sejam estes materiais ou imateriais. Método e resultados esperados A acumulação de fragmentos da contemporaneidade sobre a forma de um ábaco de elementos de um vocabulário possível, a abstração das formas que adornam a nossa geografia, o confronto sistemático entre "objetos encontrados", esquecimento de hoje, e casos do passado pelos quais existe uma clara e universal atribuição de qualidade, o desnivelamento de um diálogo organizado entre elementos de pontuação, geneticamente heterogéneos, de diversas frentes costeiras, pode constituir um exercício saudável de observação para poder superar o paradigma do pitoresco e da lente da retórica, principais limites da pesquisa de onde é sempre difícil libertar-se. Desta forma, os investigadores, estudiosos, e administradores que colocarem as lentes dadas por esta pesquisa, e através das quais observarem a paisagem, poderão dialogar, debater e criar avanços disciplinares significativos no sentido de compreender as formas do território, concentrando-se nos mecanismos de reconhecimento e acreditação dos elementos que contribuem para a definição da paisagem contemporânea. A utilidade da dissertação é modernizar e atualizar o paradigma em vez de forçar a realidade a uma evolução improvável de "regresso ao futuro", para constituir uma base disciplinar, seja para elaborar cenários possíveis, seja para estruturar sistemas de avaliação de propostas de criação, seja para uma articulação normativa territorial de nova geração para áreas distintas. ; ABSTRACT: Premises Before proceeding with the widening, confirming or retracting of a few cultural and theoretical archetypes in the field of architecture, it may come useful to do the same with the most basic and overriding of the subject matters under examination: that is the vehicle of the conjectures themselves, the result of a third level three year education program: the PhD thesis. Indeed, it is a research, an investigation carrying an experimental flair; original and unreleased, tackled thoroughly by means of skills and techniques able to control its process. It does not intend to be the deification of dogmatic truths, it is not valid all-round nor reveals the absolute summa of knowledge. On the contrary, whether liked or not, the research activity has a two natured incompleteness: of epistemological and temporal nature. In turn, it derives from previous points of view and is based on upstream studies. It is a section of knowledge having a certain validity domain, transmissible and interchangeable among thinkers and operators belonging to the scientific community. Moreover, and at the same time, it has no limits in its chronological validity and it is not the seeking for a target: rather, a starting point inspiring confidence for future academic researches – both of the writer and reader's – for an incessant disciplinary progress. It is also useful to point out that the subject matter of this study is not the result of a whim; the investigation that it prompted, not an idle exercise. Instead, it was the persisting need urging one to measure oneself – trying one's best to remain as much as possible within his specific educational field (now, more than ever, diluted by the many social-anthropological bewitching) – with a healthy realism at the core of the being contemporary. Object of research Therefore, the object of this research is the contemporary landscape of the coastal segments in Southern Europe, made of geography and objets trouvés, ordinary shapes and materials, unacknowledged architectures, often a result of not very straightforward practices – sections of informal coastal towns, products of self building, unauthorized development and regulation ambiguity – which normally are autonomous in their origin, needs, sense and use in respect to a conventional formal reading, but rising great interest in those who are involved in the field of contemporary anthropized environments. Whether we like it or not, these products (human crafts showing, at times, a brutal and imposing stage presence and at times an insignificant or minor and muffled one) represent a considerable part of contemporary landscapes and of professional chances for us architects, being ever more forced to manipulate, transform and correct, both with our gaze and action, the complexity of these set outs, rather than enriching our territories with new volumes. Abusive buildings in Italy cover over 17% of the gross, while the percentage increases reaching 30-40% if considering buildings along coastal areas. Nearby Greece shows similar routine. If, on the other then, one wishes to broaden the dissertation also to those buildings authorized under the regulation point of view, yet upsetting those who observe them, it is obvious that they cover at least half of what we have constantly observed for years. A phenomenon in terms of quantity according to which it is licit on one hand to recognize that the present positivistic regulatory framework is, basically, most useless, and on the other to speak of a compulsory situation, and not of an uncalled for theoretical disquisition. Perhaps we have truly reached the point of no return. Is it at all possible to hypothesize the demolition of whole stretches of buildings along the coastal areas? How to manage the clearing out and hoarding of further billions of square meters of non-recyclable rubble? Is it financially sustainable? Is it dialectically correct? Culturally synchronic? Any demiurgical activity undertaken in order to re-establish an hypothetical golden age or exalted "zero point" of the natural state of things could appear more presumptuous and senseless – although never considered as such by a very popular common sense – than a humble and realistic attempt to give value to certain shapes studding the territory, describing it honestly being aware of the freedom settled by the discipline and boundaries – within which our research may be defined almost nearer a scientific one – of our expertise as academics in architecture, which must not be confused with our aspirations as dwellers or social users. Indeed, it is all about leaving aside for a moment political or sociological drives and the now very popular "environmental degradation reports", to limit oneself – and that is no limit – to investigate as architects, as we are, the shape, understand to which extent objects and languages that are not accredited nor considered noble can instead represent building material tickling a certain interest. Exactly like others, who have experienced, over and over again and not only in the architectural field, the new culture of sharing. The Sense of acknowledging Therefore, the aim of this PhD thesis is to suggest a reading of contemporary landscape, using the dynamics of the acknowledging as a fundamental means to reassess some objects and coastal segments of our cultural and geographical area, with the final objective of tackling more appropriately the complexity of the managing this territory requires. This research investigates some compositional techniques for the accrediting (that is, the putting at stake) of the object itself - or of the objects if a plurality – in new and many possible ways functional to the setting of the landscape, of the collective space, of the shapes of contemporaneity. The inclination of an object to be accredited is connected to its intrinsic and express characteristics. For sure it may be found in its formal qualities – shape, dimension, scale, relation with the landscape, employed materials – but, above all, preventing a sterile and dangerous numerical list of its qualities (an appalling tendency afflicting our time is to reduce architecture to systems measuring mere quantities, in characteristics extrinsic to the object itself. First of all the ability to design – rather, of composition – of who is describing the object to be accredited; starting from the first gaze, which is already designing, transforming it and making that transformation evident by giving it a shape (whether with a photograph, a collage, a drawing, a poem or musical composition). A transformation mainly consisting in activating new relationships between the object and other elements and layers of the territory, both material and intangible. Method and expected results Exercising gathering fragments of contemporaneity, in the form of an abacus of elements composing a possible vocabulary, the abstraction of the forms that stud our geographies, the systematic comparing of disregarded "found objects" of the present and cases of the past for which there exists an established and universal awarding of quality; the unveiling of an orderly dialogue between punctuation elements - genetically heterogeneous – of the different coastal fronts, may represent a healthy training to observation in order to overcome the paradigm of picturesque and the lens of rhetoric; main limits to research, from the domination of which it is always hard to set free of. In this way researcher, academics and managers who will be seeing the landscape through the glasses of this research may converse, discuss and produce significant guideline improvements towards the understanding of the territory, focusing on the mechanisms of acknowledgement and accreditation of the elements concurring to the definition of the contemporary landscape. To update and modernize the paradigm instead of forcing reality in an unconvincing evolution recalling a "return to the future" could represent the disciplinary grounds for developing possible landscapes, for structuring evaluation models for creative proposals, and for the issuing of a new generation of territory laws and regulation dedicated to distinctive areas. ; N/A
Dottorato di ricerca in Diritto dei contratti pubblici e privati ; La persistente inefficienza nell'utilizzo delle risorse umane nel settore del lavoro pubblico impone l'attenzione sul come la pubblica amministrazione stia tentando di rispondere alle nuove complesse problematiche poste a livello nazionale, internazionale e globale. In un mercato del lavoro in rapido sviluppo il settore del lavoro pubblico mostra una scarsa dinamicità ed una certa resistenza ad accettare soluzioni innovative. Si parla da molto tempo della necessità di innovare il rapporto di lavoro nel settore pubblico "privatizzato" e la pubblica amministrazione in generale, ma solo da ultimo il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ha conosciuto uno stimolo all'uso dei fattori premiali e flessibili grazie all'introduzione della valutazione della performance. Innovare attraverso lo strumento della flessibilità contrattuale nel settore del lavoro pubblico significa raggiungere l'obiettivo dell'efficienza. Per questo bisogna indagare se il problema della mancata efficienza sia di carattere giuridico "contrattuale" o le ragioni vadano indagate anche rispetto ad una complessità progettuale che tenga conto della cultura e dei processi sociali. L'indagine, in questa sede, è finalizzata allo studio dell'adattabilità delle tipologie contrattuali di lavoro flessibile, utilizzabili per l'organizzazione e la gestione del personale nelle pubbliche amministrazioni. L'uso di tali tipologie è divenuto, combinato con la necessità di produttività ed efficienza, fondamentale per la politica di sviluppo delle pubbliche amministrazioni, ma soprattutto indispensabile per l'attuazione delle politiche di contenimento della spesa, (così dette di spending review), per il personale che, in modo particolare a partire dalla fine degli anni novanta, ha raggiunto un livello rilevante. Ciò ha generato una serie di provvedimenti limitativi tendenti a bloccare le nuove assunzioni nel tentativo di raggiungere nello stesso momento un contenimento dei costi ed una riduzione del personale ritenuto, non sempre a ragione, eccedente il fabbisogno, il tutto, ovviamente nel tentativo di incrementare l'efficienza dei servizi erogati. Per tipologie contrattuali flessibili di lavoro si intendono tutte quelle che differiscono dal contratto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato, disciplinato dall'art. 2094 cod. civ. e definito contratto di lavoro standard. Partendo dalle linee guida tracciate dalla legge n. 15 del 4 marzo 2009, di riforma del pubblico impiego, sono state analizzate le misure che disciplinano le modalità attraverso le quali le pubbliche amministrazioni possono avvalersi delle tipologie contrattuali di lavoro flessibile. Per meglio inquadrare l'attuale riforma del lavoro nel settore pubblico privatizzato (in questo studio indicata come Terza Riforma) è necessaria la ricostruzione storica della disciplina normativa del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, prendendo le mosse in un'ottica efficientistica e passando attraverso l'evoluzione dei modelli contrattuali che l'hanno caratterizzata, partendo dal modello unilaterale e autoritativo fino ad arrivare al modello contrattuale pattizio e paritario. Attraverso questa ricostruzione è possibile individuare i principi fondamentali, quali l'efficienza dell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'intangibilità dell'organizzazione e del potere datoriale e la relativa responsabilità dirigenziale, la specialità dell'accesso agli uffici pubblici (anche in attuazione del principio costituzionale di uguaglianza contenuto nell'art. 3 e dell'imposizione della stessa Costituzione all'art. 97, co. 3, del concorso pubblico, salvo i casi di deroga stabiliti dalla legge, quale forma di reclutamento a garanzia dell'imparzialità della pubblica amministrazione), che sono il presupposto essenziale posto alla base del possibile utilizzo per le pubbliche amministrazioni sia dei contratti di lavoro standard sia dei contratti di lavoro flessibile. L'uso dei contratti di lavoro flessibile rappresenta uno strumento idoneo, quando inserito tra i vari strumenti ed obiettivi primari delle pubbliche amministrazioni, a garantire la migliore organizzazione degli uffici se finalizzato a perseguire il buon andamento della pubblica amministrazione, così come previsto dall'art. 97 della Costituzione. Grazie ad un opportuno utilizzo delle risorse umane diviene possibile raggiungere anche l'ulteriore obiettivo, primario per le pubbliche amministrazioni, del controllo delle risorse finanziarie. Una conoscenza approfondita della gestione delle risorse umane (dipendenti con contratto di lavoro standard e non) ed una attenta analisi del contesto di riferimento possono favorire una efficiente razionalizzazione delle risorse, non solo in merito all'organizzazione degli uffici e del lavoro, ma anche sul piano politico, economico e sociale, piani con cui fino ad oggi si è dovuto scontrare il datore di lavoro pubblico nell'uso delle tipologie contrattuali di lavoro flessibile inserite nella gestione del personale e delle risorse delle pubbliche amministrazioni. Non a caso l'art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, Testo Unico del Pubblico Impiego, ed in particolare il comma 3, così come da ultimo modificato dall'art. 17, comma 26, del decreto legge n. 78 del 2009, ha evidenziato che un sistema che preveda l'uso delle predette tipologie contrattuali come strumento di gestione per le pubbliche amministrazioni deve essere finalizzato a combattere gli abusi derivanti dal suo uso distorto. L'abuso e l'uso distorto delle tipologie contrattuali flessibili ha dato vita ad un intenso precariato, sanato ciclicamente dalle norme dette di "stabilizzazione" (norme che sono state oggetto di valutazione di legittimità costituzionale). Attraverso una attenta analisi dell'attuale contenuto dell'art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 è possibile individuare, tenendo a mente la disciplina che regola il rapporto di lavoro nel settore privato, da una parte gli aspetti critici dell'impianto regolativo che consentono di verificare la distanza tracciata tra le discipline che permettono l'uso delle tipologie contrattuali di lavoro flessibile da applicarsi al datore di lavoro privato con quelle riservate al datore di lavoro pubblico, e dall'altra individuare quanto sia ancora presente nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni del modello unilaterale ed autoritativo che caratterizzava il rapporto di pubblico impiego prima della privatizzazione del rapporto di lavoro. Partendo dalla prima versione contenuta nel decreto legislativo n. 29 del 1993, dei primi due commi del citato art. 36, è possibile individuare il campo di applicazione dei rapporti giuridici derivanti dalla stipulazione dei contratti di lavoro flessibile ivi elencati. Sono così messe in risalto le diversità esistenti tra la disciplina prevista per i rapporti di lavoro alle dipendenze del privato datore di lavoro e la disciplina prevista per il pubblico impiego privatizzato. Grazie alla comparazione tra il contenuto delle norme che disciplinano ciascuna tipologia contrattuale flessibile inclusa nel contenuto dell'art. 36 d.lgs. n. 165/2001 ed il suo valore precettivo è stato possibile verificare la specialità che caratterizza il rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni e l'uso delle tipologie contrattuali flessibili. Il rinvio inserito nel secondo comma dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 al contenuto dei contratti collettivi nazionali di lavoro, che hanno il compito di disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della somministrazione di lavoro, del lavoro accessorio e dei lavoratori socialmente utili, mette in luce la possibilità per l'autonomia collettiva di regolare ed integrare i singoli schemi contrattuali, realizzando, se così fosse, lo schema del modello contrattuale pattizio, ed evidenziando, in realtà, il limite costituito dall'essere circoscritta alla sola individuazione dei contingenti di personale da utilizzare. Una piccola parte dell'indagine è dedicata al lavoro a tempo parziale ed agli incarichi dirigenziali del personale inquadrato con contratto standard che, seppur inseriti nel contesto del rapporto a tempo indeterminato, sono anch'essi espressione di flessibilità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni considerati nell'ottica efficientistica dell'organizzazione amministrativa. Gli incarichi di collaborazione coordinata e continuativa e gli incarichi dirigenziali a tempo determinato conferiti a dipendenti sia interni sia esterni all'amministrazione che pubblica il bando presentano degli aspetti critici che hanno avuto spazio per un breve sviluppo. L'analisi del comma 5, dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, ha permesso di sviluppare il tema della violazione delle disposizioni imperative; ipotesi che nel passato ha trovato scarsa applicazione ma oggi, grazie alla recente versione introdotta dalla legge n. 102 del 2009, ribadisce, con più forza, la misura disciplinare che prevede il recupero nei confronti dei responsabili dirigenti inosservanti delle somme erogate dall'Amministrazione per l'impiego di lavoratori assunti con contratti di lavoro flessibile illegittimi. Interessante, considerata l'abrogazione della conciliazione obbligatoria in materia lavoro, anche per gli esigui risultati ottenuti, risulta la possibile applicazione al settore pubblico privatizzato delle forme irrituali di deflazione del contenzioso quali l'arbitrato e la conciliazione alla luce delle recenti innovazioni introdotte con la legge n. 183 del 2010, cd. Collegato Lavoro e dalla disciplina emanata, da ultimo, in materia di mediazione con il D.Lgs. n. 28 del 2010 e il D.M. n. 180 del 2010, così come modificato ed integrato dal D.M. n. 145 del 2011. Ulteriori considerazioni giungono dalla previsione obbligatoria, per tutte le amministrazioni, di redigere ogni anno un rapporto informativo da trasmettere ai nuclei di valutazione nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate relativamente alla quantità numerica ed alla spesa relativa per tipologia. Tale rapporto informativo è uno strumento avente duplice finalità: la prima è quella di permettere di individuare il dirigente responsabile dell'irregolare utilizzo delle tipologie contrattuali non standard, attraverso la verifica degli atti gestionali posti in essere; la seconda si avvale della possibilità, offerta da una rapida conoscenza del fenomeno, di adottare misure mirate a migliorare sia l'aspetto normativo, sia quello organizzativo che di controllo della gestione delle risorse umane e finanziarie. Aspetti che rilevano la necessità di insediare in maniera efficace la cultura della buona amministrazione della cosa pubblica. Questa linea di condotta rappresenta la migliore politica per realizzare i principi di trasparenza ed imparzialità propri delle pubbliche amministrazioni. Principi idonei ad evitare che l'uso dei contratti di lavoro non standard degenerino in forme di precariato o realizzino una alternativa modalità di accesso ai ruoli professionali delle pubbliche amministrazioni, elusiva, grazie al collaudato ricorso a norme che introducono le procedure di stabilizzazione, dei previsti concorsi pubblici di accesso all'impiego pubblico per contratti di lavoro a tempo indeterminato. Alla luce dei recentissimi interventi normativi e giurisprudenziali, merita una trattazione il "caso" rappresentato dai rapporti di lavoro flessibili utilizzati dal Ministero della Pubblica istruzione, sia per il personale docente sia per il personale amministrativo definito ATA. Prendendo spunto dai testi normativi (legge n. 124 del 1999 e D.P.R. n. 430 del 2000), la ricerca ha evidenziato alcuni aspetti critici rispetto all'applicabilità della direttiva comunitaria in tema di contratti a termine. Nelle conclusioni vengono messi in luce i caratteri del modello contrattuale neo-autoritatio, attualmente utilizzato, nella Terza Riforma, dalle pubbliche amministrazioni. Ulteriori considerazioni finali sono orientate ad indagare gli effetti che la imminente riforma del mercato del lavoro, attualmente in discussione in Parlamento, avrà anche nel settore pubblico "privatizzato" ed in particolar modo quali novità introdurrà rispetto all'uso delle tipologie contrattuali di lavoro flessibile; e quali di queste saranno sviluppate nel tentativo di fornire una soluzione circa l'opportunità che la pubblica amministrazione utilizzi - ancora una volta - uno schema negoziale previsto nel settore privato ma "riadattato" alle esigenze di specialità, insite nel rapporto di lavoro del settore pubblico, comunque insuperabili. ; The persistent inefficiency in human resources management in the public sector draws our attention on how the public administration is currently trying to face the new, complex issues raised on a national, international and global level. In a fast-developing labour market, the public sector is showing a scarce dynamism and a certain resistance to accepting innovative solutions. The discussion about the need to innovate the "privatised" working relationship and the public administration in general has been going on for quite some time; still, only recently performance evaluation has been introduced for "privatised" jobs within public administrations. Contractual flexibility in the public sector is an innovation that typically equals to more efficiency. That is why it seems necessary to us to investigate the reasons behind the lack of efficiency: is it only due to contractual issues or are there more complex causes, linked to cultural and social processes? Our study aims to investigate the adaptability of flexible employment contracts – that could be used to handle the organisation and management of personnel in public administrations – within the neo-authoritative contract model's framework. The use of these types of contracts, together with the need for improved productivity and efficiency, has become fundamental to the development policy of public administrations. It is also essential for the implementation of cost containment policies - the so-called spending review – for the personnel who, starting from the late 1990s, reached high levels in the organization. Control measures have been previously taken: aiming at improving the efficiency of the services provided, by containing costs and reducing personnel – wrongly deemed redundant –, new employments were blocked. By flexible employment contracts we mean all those types of contracts which are different from a full-time, permanent contract of employment, disciplined by the Article 2094 of the Italian civil code and defined as standard employment contract. Starting from the guidelines outlined in law n.15 of 4th March 2009 – which reformed public employment – we analyse the measures which discipline the way public administrations can avail themselves of flexible work contracts. To better understand the third reform of labour in the privatised public sector, it is necessary to examine the historical reconstruction of the normative discipline that regulates the working relationship within the public administrations: starting from the assumption of performance improvement, through the evolution of contract types which characterised it, from the unilateral and authoritative model to the pactional and equal one. Thanks to this reconstruction it is possible to identify the fundamental principles which are the basis of a possible use, by public administrations, of both standard employment contracts and flexible ones. This principles are "the efficiency of public administrations' organizations", "the intangibility of the organization, of the employer's power and its relative managerial responsibility", "the access to public offices" (relating to the application of the constitutional principle of equality, included in art.3, and to the imposition with the art.97 co.3 of the Constitution of public competitive examinations as the hiring method, except for dispensations stated by the law, in order to guarantee the public administration's impartiality). When included among the several instruments and primary objectives of public administrations, the use of flexible employment contracts represents a suitable tool to guarantee an improved organization of the offices, especially if it is aimed at pursuing the overall public administration's good performance (according to art.97 of the Constitution). Thanks to an appropriate management of human resources, it also becomes possible to reach a further target of primary importance for public administrations: the control of financial resources. An in-depth knowledge of human resources management (be them either employed through a standard contract or a flexible one), combined with a detailed analysis of the relevant context could support an efficient rationalisation of resources, not only on an organizational level but also on a political, economical and social one. The latter ones being so far the most complicated to deal with when managers tried to use flexible types of contracts within public administrations. It is not a coincidence that art. 36 of legislative decree n.165 of 2001 (Testo Unico per il Pubblico Impiego) and especially paragraph 3, eventually modified by art. 17 paragraph 6 of legislative decree n.78 of 2009, highlights that a system which foresees the use of the above-mentioned types of contracts as a management instrument for public administrations must be aiming at fighting the abuse deriving from its own distorted use. The abuse and distorted use of flexible employment contracts generated a large number of temporary employees, who are being cyclically helped by the so-called "stabilization norms" (norms which themselves have been under scrutiny for their legal validity). Through a detailed analysis of article 36 of legislative decree n.165 of 2001, and bearing in mind the norms that regulate the working relationship within the private sector, it is possible to pinpoint all the critical aspects of the legislative apparatus, thus verifying the separation between disciplines which allow the application of flexible employment contracts by private employers and public ones. This analysis also shows that the "unilateral and authoritative model", which regulated the working relationship within public administration before its privatisation, is still very much applied in that context. Starting from the first revision of the first two paragraphs of the already mentioned article 36, included in legislative decree n.29 of 1993, we can determine the field of application of legal relationships deriving from the stipulation of flexible employment contracts here listed. All the discrepancies between the discipline that regulates the working relationship with a private employer and the one with a privatised public administration are easily highlighted. By comparing the contents of the norms which regulate every single type of flexible contract, included in article 36 of legislative decree n. 165/2001, and its perceptive value, it is possible to verify the specification that characterizes the working relationship within public administrations and how flexible contracts are there applied. The cross-reference - included in the second paragraph of article 36 of legislative decree n. 165/2001 - to the content of the National collective labour agreements, which regulate temporary contracts, "paid apprenticeships" (contratti di formazione e lavoro), other vocational training and supply contracts (altri rapporti formativi e somministrazione del lavoro), ancillary casual labour (lavoro accessorio) and socially useful workers (lavoratori socialmente utili), highlights the possibility for the "collective autonomy" to regulate and integrate single contractual schemes thus realizing the scheme of the pactional contract model and at the same time emphasizing its limit in indicating only the categories of employees to whom that can be applied. A small part of this analysis is dedicated to part-time jobs and managerial assignments for personnel employed through standard contracts which, although falling under the category of permanent jobs, are nevertheless an expression of a certain labour flexibility within public administration on the basis of improved performance and administrative organization. The analysis of article 36, paragraph 5 of the legislative degree n. 165/2001 develops the topic of violation of imperative provisions: rarely applied in the past, a new revision has been re introduced with law n. 102/2009 and now strongly reasserts the application of disciplinary measures against non compliant managers in order to recover funds used to hire employees through illegal types of flexible contracts. Further considerations come from the mandatory requirement, for all public administrations, to present every year to their relevant evaluation board and to the Presidenza del Consiglio dei Ministri an informative report on all the types of flexible employment contracts applied in relation to the number of personnel and the relevant expenditure per type. This informative report has a double purpose: on one side it allows the board to easily locate the manager responsible for misusing non-standard contract types, by checking the managerial decisions taken; on the other side - and on a more general level - it offers the opportunity to adopt measures aimed at improving the legislative and organizational management of human resources and finances. As if to say, it is essential to effectively promote a culture that encourages a good management of the res publica. This trend represents, in our opinion, the best strategy to fulfill the principles of transparency and impartiality peculiar to public administrations. These principles will help avoiding that the implementation of non-standard employment contracts either degenerates into new forms of temporary employment or creates a new, elusive method to access professional jobs within public administrations thanks to the proven resort to the so-called "stabilization norms" and public competitive examinations for permanent positions. In light of the recent regulatory and jurisprudential interventions, we will separately analyze the case of flexible employment contracts applied by the Ministry of Education both for teachers and administrative personnel (called ATA). Starting from law n.124/1999 and D.P.R. n.430/2000, this section highlights the relationship between school employees and the applicability of the EU directive concerning temporary contracts. In the conclusions, we will describe the main characteristics of the neo-authoritative contract model, now used in public administrations. Further final reflections consider the effects that the imminent reform of the labour market, currently being discussed in Parliament, will produce also in the privatised public sector and especially what innovations will introduce in the flexible contractual typologies, in the attempt to provide a solution about whether or not the public administration should or could once again use a contractual scheme different from the one implemented in the private sector.
2008/2009 ; Quella del consulente finanziario indipendente (Capitolo 1) è una figura professionale di elevato standing sviluppatasi a partire dagli anni '70 negli Stati Uniti, paese in cui l'attività è correntemente svolta da decine di migliaia di persone fisiche, iscritte ad associazioni di categoria, provviste di certificazioni anche di notevole spessore, come quella del Certified Financial Planner (CFP). Tale modello di consulenza in assenza di conflitto d'interessi è detto anche "fee-only" in virtù del suo principale tratto distintivo, ovvero che la remunerazione del professionista avviene esclusivamente a cura del cliente-investitore e non dalle società da cui sono promossi i prodotti e servizi finanziari consigliati. Rispetto al modello tradizionale di consulenza (consulenza strumentale alla vendita di prodotti finanziari: commission only), i professionisti del settore hanno dapprima iniziato ad applicare una parcella ai propri clienti (giustificata da un servizio di più ampio respiro: modello fee and commission), e successivamente a retrocedere al cliente le commissioni ricevute per il collocamento dei prodotti, secondo un maggior orientamento al cliente (modello fee offset); il modello fee only rappresenta il culmine del processo evolutivo con l'ampliamento dei contenuti del servizio offerto (da consulenza a pianificazione) e l'assunzione del carattere di piena indipendenza. Secondo l'approccio della MiFID, direttiva europea recepita in Italia nel tardo 2007, il modello fee-only è l'unica forma di consulenza in materia di investimenti che può essere condotta da persone fisiche, con particolari requisiti e secondo determinate regole (Delibera Consob n. 17130 del 12 gennaio 2010). Gli standard di qualità (ISO, 2008) tendono a definire i requisiti minimi nell'erogazione del servizio di pianificazione personale (indipendentemente dalla forma di remunerazione percepita). Questi approcci contribuiscono ad integrare a quelli emersi spontaneamente nella prassi (Sestina, 2000; Kapoor et al., 2004; Armellini et al., 2008) per quanto riguarda le competenze necessarie allo svolgimento dell'attività (tecniche, analitiche, relazionali) e la definizione delle fasi fondamentali del processo di pianificazione finanziaria personale, che in un'ottica integrata prevede: - Una prima fase riguardante gli aspetti preliminari e generali (illustrazione delle informazioni sul consulente e sui servizi offerti; definizione della relazione professionale); - Un'ampia fase relativa all'acquisizione delle informazioni dal cliente, alla verifica delle sue conoscenze ed esperienze in materia di investimenti, e alla definizione dei suoi obiettivi finanziari; l'analisi della situazione economico-finanziaria del cliente va attuata anche attraverso l'utilizzo di prospetti consuntivi e prospettici adattati al contesto (Banca d'Italia, 2009; Cannari et al., 2008; ECB, 2003); la definizione degli obiettivi e della tolleranza al rischio deve tener conto degli aspetti psicologici e di finanza comportamentale (Legrenzi, 2006; Rubaltelli, 2006; Shefrin e Statman, 2000; Motterlini, 2006; 2008); - Una terza fase relativa alla definizione tecnica del piano in un'ottica integrata (combinando vari aspetti di tipo previdenziale, assicurativo e legale), che preveda anche la formulazione dei "consigli" al cliente e la valutazione dell' "adeguatezza" degli strumenti finanziari, richiesta in particolare dalle norme di legge; - Una quarta fase relativa all'illustrazione e all'implementazione del piano, in cui il consulente affiancherà il cliente (senza, ovviamente, assumere deleghe né detenere somme di denaro); - Una quinta fase di monitoraggio che prevede degli obblighi di rendicontazione nei confronti dei clienti e la ricorsività dell'intero processo di pianificazione sulla base delle esigenze individuate. Non esistono ancora per l'Italia dati ufficiali sul numero di consulenti fee only attualmente in attività, però la crescita dell'interesse verso la professione è testimoniata dalla nascita di alcune associazioni di categoria, che contano su qualche centinaio di iscritti. Alla luce di questi dati l'impatto della consulenza indipendente nelle scelte di investimento delle famiglie italiane può considerarsi comunque molto limitato. Le statistiche per il 2008 (Banca d'Italia, 2009) confermano invece alcune caratteristiche tipiche del sistema finanziario italiano (Capitolo 2): - Oltre il 17% delle attività finanziarie detenute dalle famiglie risultano costituite da investimenti non intermediati in attività produttive, in forma di capitale di rischio, mentre la quota riferita ai mercati azionari risulta vicina al 4%; - Tra le attività a basso profilo di rischio privilegiate dai risparmiatori vi sono quelle destinate alla raccolta degli intermediari (depositi bancari e postali, obbligazioni bancarie); l'investimento in titoli pubblici risulta limitato rispetto al passato; - La "crisi" dei fondi comuni di investimento è evidente per il fatto che le quote detenute non superano il 5% del totale delle attività finanziarie. Nel complesso, l'esposizione delle famiglie verso le attività rischiose risulta limitata e caratterizzata da elevata rischiosità per effetto del modesto ricorso alla delega/diversificazione, come osservato da Barucci (2007). Tale caratteristica è confermata anche dal confronto con l'estero e si può spiegare anche attraverso la mancanza di fiducia nei mercati azionari, che può derivare sia da componenti "oggettive" che da altre "soggettive" (basate su fattori culturali), come osservato anche da Guiso et al. (2007). In generale, in senso dinamico, si rileva una forte influenza delle politiche di offerta delle banche, oltre che dell'andamento dei mercati e dei tassi di interesse, sulle scelte di investimento dei risparmiatori. Se il crollo dei rendimenti dei titoli di stato e l'andamento positivo nei mercati hanno certamente contribuito alla sottoscrizione di quote di fondi comuni nel periodo 1995-1999, in quelli successivi (2000-2005; 2005-2008) si nota un'evidente correlazione negativa tra queste e le riserve tecniche del ramo vita, nonché delle obbligazioni bancarie e di altri depositi, come osservato in (Spaventa, 2008; Banca d'Italia, 2009). Tra il 1999 ed il 2008 il peso dei fondi è sceso dal 16% a meno del 5% con una diminuzione quantificabile in oltre 300 miliardi di euro correnti, dei quali oltre la metà riferibili a flussi di riscatto secondo i dati di Assogestioni (2009). Il deflusso di capitali dai fondi comuni può essere ricondotto ad aspetti specifici quali: - La realizzazione di performance complessivamente negative a fronte di elevati costi di gestione (evidente anche negli studi di Barber et al., 2003; Jain e Wu, 2000; Nanda et al., 2004); nel periodo 1998-2008 l'extra-performance media dei fondi azionari italiani (indici Fideuram) è negativa di oltre 27 punti percentuali, al lordo degli effetti fiscali, rispetto ad un benchmark di azioni dell'Eurozona, mentre i fondi monetari ed obbligazionari cedono circa il 10% ed il 30% rispetto ai relativi benchmark; a risultati simili giungono anche Banca d'Italia (2009), Mediobanca (2009) e Armellini et al. (2008); la media dei Total Expense Ratio oscilla inoltre tra lo 0,74% dei fondi liquidità ed il 2,33% dei fondi azionari, e l'incidenza delle retrocessioni alle reti distributive sul TER è stabile nel tempo e superiore al 70%: viene dunque remunerata l'attività di vendita più che quella di effettiva gestione del patrimonio; - La concentrazione tra attività di asset management e di distribuzione, derivante dal fatto che in Italia le banche, oltre a collocare i prodotti del risparmio gestito, sono proprietarie delle SGR di riferimento: la quota di mercato attribuibile alle SGR indipendenti risulta pari a circa il 6,5% nel 2007, in diminuzione rispetto a quanto osservato tre anni prima; si tratta di un problema riconosciuto dalla stessa Assogestioni (Messori, 2008), e più volte richiamato dal Governatore della Banca d'Italia (Draghi, 2007; 2008); - Il "problema cognitivo", legato al comportamento non razionale degli investitori, eventualmente non supportati da un servizio di consulenza adeguato (Gualtieri e Petrella, 2006; Spaventa, 2008; Calvet et al., 2007; Legrenzi, 2005; 2006), e che determinerebbe, a livello soggettivo, l'accentuarsi delle performance negative a sfavore degli stessi. Dal punto di vista della consulenza indipendente, nell'analisi dei prodotti del risparmio gestito acquisisce notevole importanza il legame esistente tra commissioni applicate e performance netta (Cesarini e Gualtieri, 2005; Armellini et al., 2008), poiché i costi della gestione dovrebbero in larga parte remunerare il valore aggiunto conferito dagli asset manager, in una filosofia di gestione "attiva", ovvero che non si limiti alla mera replica di un paniere di attività finanziarie scambiate in un determinato settore/mercato di riferimento (Liera e Beltratti, 2005). Dal momento che ciò molto spesso non avviene, stanno acquisendo sempre maggiore interesse gli Exchange Traded Funds (Capitolo 3), fondi comuni a gestione "passiva" che presentano costi di gestione limitati rispetto a quelli dei fondi, e che sono quotati su mercati regolamentati (Tse, 2008; Lazzara, 2003). Essi rappresentano l'evoluzione degli strumenti di portfolio trading nati alla fine degli anni '70 nell'America del Nord (Gastineau, 2001). In Italia, le quote di ETF sono state ammesse alla negoziazione nel corso dell'ultimo decennio, in un apposito segmento dedicato di Borsa Italiana (il segmento ETFPlus). Al novembre 2009 risultavano quotati 336 ETF per un patrimonio superiore ai 10 miliardi di euro. Gli ETF sono negoziati in larga parte da investitori al dettaglio poiché il controvalore medio dei contratti risulta vicino a € 25.000 (dati Borsa Italiana). L'offerta di ETF in Italia risulta ampia e diversificata, con il 75% degli ETF di natura azionaria, il 19% di natura obbligazionaria, e la restante parte suddivisa tra liquidità ed indici di commodities. Inoltre, sono presenti anche ETF di tipo "strutturato", ovvero quelli che, in conformità con la direttiva UCITS III, realizzano strategie di investimento diverse dalla semplice replica passiva di un indice (ad esempio investimento con leva, replica inversa e strategie con opzioni). L'investimento in ETF presenta sostanziali differenze rispetto a quello in fondi comuni al riguardo di una serie di aspetti, e risulta particolarmente interessante dal punto di vista della consulenza indipendente, anche perché nel modello di business degli ETF non è previsto il collocamento diretto dei prodotti, per cui gli investitori normalmente non ricevono alcun tipo di consulenza al riguardo, al di fuori delle attività di comunicazione e di education (comunque non personalizzate) messe in atto direttamente dalle società di gestione. Il compito del consulente, nell'approccio integrato di pianificazione personale, può essere sintetizzato nella risoluzione di un problema di ottimizzazione di portafoglio, tenuto conto delle caratteristiche del cliente soprattutto in termini di capacità e di tolleranza al rischio, nonché dell'orizzonte temporale dell'investimento, nel pieno rispetto del principio di "adeguatezza" introdotto dal legislatore. Le fondamenta teoriche della moderna gestione di portafoglio (Capitolo 4) si devono al modello di ottimizzazione parametrica di Markowitz (1952), modello uniperiodale in cui il rendimento atteso di un portafoglio (così come di una qualunque attività) è definito dalla media della distribuzione dei rendimenti a scadenza dello stesso, ed il rischio è misurato dalla loro varianza. L'evoluzione della teoria del portafoglio e i numerosi contributi provenienti dalla letteratura (non solamente dalle discipline strettamente legate alla finanza dei mercati) hanno messo tuttavia in discussione il concetto di rischio "simmetrico" espresso dalla varianza, che considera alla pari sia i "pericoli" associati ad un investimento, che le "opportunità" che ne derivano. Sulla base del concetto di "downside risk", strettamente legato alla parte negativa di una distribuzione dei rendimenti, e di maggior intensità emotiva per gli investitori come dimostrato nella teoria del prospetto di Kahnemann e Tversky (1979), si sono proposte misure di rischio specifiche, tese a catturare taluni aspetti associati, ed utilizzabili anche in problemi di ottimizzazione (Chekhlov et al., 2003; Karatzas e Shreve, 1997; Magon-Ismail et al., 2004; Pritsker, 1997; Lucas e Klaasen, 1998). Per la verifica ex-post dell'efficienza dei portafogli attraverso l'analisi delle serie storiche vengono inoltre utilizzati particolari indicatori, detti di risk-adjusted performance (Sharpe, 1966; Treynor, 1965; Sortino e Price, 1994; Jensen, 1969; Modigliani, 1997; Keating e Shadwick, 2002), che sintetizzano in un unico indice una misura di rendimento ed una di rischiosità. Tali misure sono utilizzate in particolar modo nella valutazione dei fondi comuni (Caparrelli e Camerini, 2004; CFS Rating, 2009; Lipper, 2009) ed in generale delle gestioni patrimoniali, e si differenziano l'una dall'altra in particolare per la misura di rischio considerata (Eling e Schuhmacher, 2007; Pedersen e Rudholm-Alfvin, 2003). In generale, ci si aspetta che un qualunque indice di risk-adjusted performance, calcolato per qualunque coppia di portafogli distinti, assuma un valore maggiore per quello che tra i due risulta preferibile. Il modello di Markowitz, oltre che sul concetto di rischio "simmetrico", si fonda su alcune rilevanti semplificazioni del problema come quella che gli investitori non sostengono dei costi nel momento in cui essi debbono concludere le transazioni di acquisto e di vendita delle attività incluse nel portafoglio. Nel problema specifico introdotto in questa ricerca, la presenza dei costi di transazione di vario genere (Capitolo 5) può influire negativamente sull'efficienza gestionale del portafoglio, producendo effetti indesiderati e determinando la potenziale irrazionalità delle soluzioni. In particolare, all'investimento in ETF si devono associare i costi di negoziazione degli ordini (nella pratica spesso variabili con dei limiti minimi e massimi) e gli spread denaro/lettera (costi lineari rispetto al controvalore negoziato), che come per tutti i titoli quotati variano sia nello "spazio" (da ETF ad ETF) che nel "tempo" (in funzione soprattutto della volatilità degli indici sottostanti). Il problema si complica ulteriormente (Maringer, 2005) con l'introduzione di alcuni vincoli, per esempio sulla cardinalità e sulla composizione del portafoglio, tesi primariamente a riflettere le esigenze specifiche dell'investitore. A questo punto l'ottimizzazione del portafoglio non può essere risolta dalle tecniche tradizionali (basate ad esempio sull'MPT di Markowitz), ed è necessario ricorrere a metodi alternativi (Maringer, 2005; Scherer e Martin, 2005; Satchell e Scowcroft, 2003). Nel corso degli ultimi decenni si sono sviluppate ed hanno assunto sempre maggior rilevanza le tecniche di ottimizzazione euristica, metodi di ricerca (con scopi generali) che derivano le soluzioni ricercando iterativamente e testando le soluzioni migliorate, finché non viene soddisfatto un determinato criterio di convergenza. Gli algoritmi di ottimizzazione euristica si differenziano per una determinata serie di aspetti (Maringer, 2005; Silver, 2002; Winker e Gilli, 2004), ma un tratto comune frequentemente riscontrato è che essi traggono ispirazione da processi riscontrabili in natura, legati ad esempio alla fisica ed alla biologia (in particolare all'evoluzione degli esseri viventi, oppure al comportamento di gruppi di animali alla ricerca di nutrizione). In questa tesi si è scelto di fare particolare riferimento al metodo Particle Swarm Optimization (Kennedy ed Eberhart, 1995; Hernandez et al., 2007; Brits et al., 2002), tecnica basata sulle popolazioni largamente utilizzata, che si ispira al comportamento degli stormi di uccelli o dei banchi di pesci. Questi gruppi di animali rappresentano organizzazioni sociali il cui comportamento complessivo si fonda su una sorta di comunicazione e di cooperazione tra i propri membri. La scelta del PSO è stata effettuata anche in base al fatto che in letteratura l'applicazione di questa tecnica ai problemi di ottimizzazione del portafoglio è limitata a pochi contributi di recente divulgazione (Fischer e Roerhl, 2005; Kendall e Su, 2005; Thomaidis et al., 2008; Cura, 2009), pur essendo stata applicata con successo ad una serie di problemi finanziari (Gao et al., 2006; Nemortaite, 2007; Nemortaite et al., 2004; 2005) Sulla base delle considerazioni espresse finora e nell'obiettivo principale di verificare la concreta possibilità di sviluppo di un metodo efficace e coerente di ottimizzazione di portafogli di ETF, specifico per l'attività di consulenza indipendente, si è proceduto (Capitolo 6) adattando un algoritmo euristico basato sul Particle Swarm (Kaucic, 2010), con l'introduzione di: - Vincoli di cardinalità (minima e massima) del portafoglio e di peso (minimo e massimo) definiti per ciascun asset (generalizzando gli approcci di Gilli et al., 2006; Cura, 2009); - Una soglia di downside risk definita da una misura di Value-at-Risk coerente con l'orizzonte temporale di investimento, per rappresentare i vincoli di capacità ed attitudine al rischio (direttiva MiFID, UNI ISO, 2009); - Funzione obiettivo basata sulla massimizzazione di una misura di risk-adjusted performance basata sull'Expected Shortfall (similmente a Krink e Paterlini, 2009; in parte anche a Bertelli e Linguanti, 2008); - Considerazione di tutti i costi di transazione legati all'investimento in ETF (costi fissi e costi proporzionali diversi per ogni asset), adattando l'approccio di (Maringer, 2005; Scherer e Martin, 2005). I test si sono eseguiti con l'utilizzo di serie storiche e parametri realistici (incluse le statistiche sui bid/ask spread pubblicate da Borsa Italiana ed i TER minimi riscontrabili sul mercato) riferiti ad 89 ETF effettivamente negoziabili sul segmento di Borsa dedicato, con l'obiettivo di valutare: - la coerenza delle soluzioni rispetto alle condizioni poste; - l'impatto dei costi di transazione ed il trade-off con la frequenza di revisione del portafoglio; - la performance ex-post corretta per il rischio (in particolar modo al confronto di investimenti alternativi); - l'applicabilità a portafogli di dimensioni ridotte e con vincoli stringenti; - la coerenza rispetto alla soglia di rischiosità e all'orizzonte temporale definiti. Nel primo test si è simulata la gestione di un portafoglio di € 100.000 nel periodo di tre anni tra dicembre 2006 e dicembre 2009 per un investitore con elevata propensione al rischio ed orizzonte temporale pari al termine del periodo di gestione, restringendo la cardinalità del portafoglio ad un minimo di 5 ed un massimo di 10 asset. La strategia prevedeva una revisione mensile con progressiva riduzione sia della tolleranza al rischio che dell'orizzonte temporale dell'investimento. All'approssimarsi della "scadenza" dell'investimento l'algoritmo di ottimizzazione, in modo coerente rispetto alle ipotesi, ha privilegiato maggiormente gli ETF di tipo obbligazionario ed ha man mano ridotto le attività di effettivo intervento (negoziazione di titoli) per via della conseguente maggiore incidenza dei costi di transazione sui rendimenti attesi. Ciononostante, la performance ex-post della strategia è risultata non soddisfacente, primariamente a causa di un elevato expense ratio annuo (ulteriore rispetto ai TER degli ETF selezionati), superiore al 4% (oltre il 6,5% solo nel primo anno), dovuto all'elevata frequenza di revisione. Il test è stato ricondotto una seconda volta riducendo la frequenza di revisione a trimestrale, con conseguente riduzione dell'expense ratio di circa il 2,5% annuo. Il trade-off tra periodicità di revisione e costi di transazione ha migliorato in questo caso la performance ex-post ad eccezione dei momenti di particolare "turbolenza" dei mercati, quando cioè i benefici della revisione del portafoglio risultano con maggiore probabilità superiori ai costi che ne derivano. Sulla base delle stesse ipotesi, nella strategia si è introdotta pertanto un'ulteriore variante basata su un indice di volatilità implicita, ai fini di intensificare la revisione del portafoglio nei periodi di maggior "stress" dei mercati, riducendo nel contempo la soglia di rischio accettabile. La strategia così modificata si è rivelata in questo caso preferibile anche nei momenti di accentuata volatilità, migliorando ulteriormente la performance a termine di quasi 6 punti percentuali. Risultati migliori si sono riscontrati riducendo ulteriormente la frequenza di revisione programmata, mantenendo nel contempo il meccanismo di "controllo" introdotto in precedenza (nel tentativo cioè di limitare gli interventi al necessario). Per rendere inoltre comparabile la strategia proposta con altre alternative di investimento (quali ETF basati su indici globali e l'indice Fideuram della media dei fondi comuni italiani azionari) si è infine condotto nuovamente il test sulla base delle ipotesi precedenti, ad eccezione di quelle riguardanti orizzonte temporale e livello di rischio tollerato, mantenute costanti per tutto il periodo di osservazione, peraltro ampliato a 4,5 anni (giugno 2005-dicembre 2009). Dal punto di vista della performance, il test produce un extra-rendimento netto medio annuo dell'1% rispetto all'ETF MSCI World e del 3,2% rispetto alla media dei fondi azionari. La volatilità annualizzata, inoltre, risulta notevolmente inferiore a quella dell'ETF azionario globale, ed inferiore, seppur di poco, a quella della media dei fondi. Gli indicatori di downside risk confermano nel complesso la minore rischiosità attribuibile alla strategia proposta, con risultati notevoli soprattutto in termini di Maximum Drawdown e di VaR 95% a 1 e a 10 giorni. Considerando il sottoperiodo di due anni tra il dicembre 2005 ed il dicembre 2007 al fine di garantire un'opportunità di confronto per indici classici di risk-adjusted performance (altrimenti impossibile per via degli extra-rendimenti negativi rispetto al free-risk), la strategia risulta ex-post preferibile (secondo l'indice di Sharpe) a quella di 77 alternative (ETF e media dei fondi) ma inferiore rispetto a quella di altri 13 ETF, risultando perciò non efficiente in senso "classico". Nella seconda serie di test la strategia proposta ha confermato i risultati soddisfacenti rispetto ai fondi comuni pur riducendo la ricchezza del portafoglio iniziale e limitando l'universo degli asset investibili così come la cardinalità di portafoglio. Infine, nella terza serie di test si è mantenuto stabile l'istante temporale dell'ottimizzazione, facendo variare nel contempo orizzonte temporale e soglia di rischiosità tollerata. Il risultato delle 28 elaborazioni, valutato in termini di asset allocation (ed in particolare del peso ottimo della componente obbligazionaria suggerito dall'algoritmo) mostra la coerenza dell'output rispetto alle condizioni iniziali fissate per ipotesi, considerata anche alla luce dei vincoli imposti. In definitiva, i risultati dei test empirici appaiono soddisfacenti, con la dovuta cautela, e pur rimandando a futuri approfondimenti l'analisi particolareggiata di taluni aspetti, si è osservato che: - L'algoritmo ha prodotto risultati coerenti con le ipotesi assunte, in particolare per quanto attiene alle soglie di tolleranza al rischio e all'orizzonte dell'investimento; - Le strategie formulate hanno prodotto delle performance ex-post elevate in termini di rischio/rendimento rispetto ad investimenti alternativi comparabili (nonostante non si siano introdotte particolari metodologie di previsione per le serie storiche); - Il risultato precedente è confermato anche in presenza di portafogli di dimensioni ridotte, con vincoli particolarmente ristretti sulla cardinalità del portafoglio e con ridotti interventi di riallocazione delle risorse. Il processo di formulazione delle ipotesi, ed in particolare dei parametri relativi ai vincoli, risulta facilmente adattabile alle esigenze specifiche del processo di consulenza. In generale, l'impostazione soddisfa da un lato i requisiti normativi individuati dal Regolamento Consob in tema di consulenza in materia di investimenti, nonché l'approccio proposto dagli standard di qualità, e si colloca facilmente nella fase di definizione tecnica del piano (di cui il consulente è responsabile). L'applicazione degli strumenti richiede in ogni caso la massima sensibilità ed expertise da parte del consulente stesso nell'adattare i parametri del problema alle diverse fattispecie. La congruenza della parte tecnica con il servizio di consulenza finanziaria si fonda anche sulle caratteristiche di: - Ridotta complessità delle attività di negoziazione titoli e di gestione del portafoglio che le strategie proposte implicano; - Vasta accessibilità degli asset considerati; - Scalabilità ed adattabilità delle soluzioni anche nei casi di portafogli di minori dimensioni; - Corretta e completa considerazione dei costi di negoziazione. Se gli opportuni approfondimenti e verifiche confermeranno i risultati empirici ottenuti nella presente ricerca, l'impianto potrà essere ulteriormente sviluppato e migliorato per esempio attraverso: - l'implementazione di un solido ed efficace metodo di previsioni sulle serie storiche; - l'introduzione di elementi di stress testing (ad esempio su variazioni nella correlazione tra gli asset); - l'introduzione di ulteriori vincoli per permettere di introdurre alcuni elementi di formulazione a priori dell'asset allocation strategica desiderata (approccio top-down); - la considerazione di attività finanziarie diverse dagli ETF, sia per perfezionare i rendimenti della parte "non rischiosa" che gli aspetti di natura fiscale, legati in particolar modo alla gestione del credito d'imposta. ; XXII Ciclo ; 1979