L'autore ricostruisce l'impatto del saggio di Max Weber sulla città nella storiografia tedesca a partire dalla fine degli anni Ottanta. Esso indica altresì il significato politico della "scoperta" weberiana della città come nucleo genetico della politica occidentale, con il suo universalismo che Weber data addirittura all'incontro tra gli apostoli Pietro e Paolo ad Antiochia. La "città" è per Weber la sede della possibilità teorica e fattuale di creare un diritto autonomo e nuovo. Essa è certamente il luogo di origine della predominanza politica della borghesia, ma nel paradigma weberiano basato sulla razionalizzazione come processo tipico della cultura occidentale, essa indica un percorso che prosegue ancora oggi nell'epoca delle migrazioni e della globalizzazione. ; The author reconstructs the impact of Max Weber's essay on the city in German historiography starting from the end of the Eighties. He also shows the political meaning of Weberian "discovery" of the city as the genetic nucleus of western politics, with its universalism that Weber dates back even to the meeting between the Apostles Pietro and Paolo in Antioch. The "city" is for Weber the site of theoretical and factual possibility of creating an autonomous and new right. It is certainly the birthplace of the political preponderance of the bourgeoisie, but in Weberian paradigm based on the rationalization as a typical process of western culture, it reveals a path that carries on still today in the epoch of migration and globalization.
The Modena History Institute, in the timespam 1969-1989, recevied regularly monographs and reviews published by the ISISP, the History Institute of the Central Committee of the Communist Party of Romania. The essay aims at explaining Romanian national-communist cultural politics by the analysis of historical discourse contained in the Romanian monographs and reviews stored by the "Romanian fund" at the Modena History Institute.
The relevance of Cherubino Ghirardacci's Historia di Bologna has been abundantly emphasized by Bolognese historiography. Nonetheless, its reception as a historiographical work has often been limited to consulting the large amount of documentation that the friar inserted to illustrate his narrative. With the aim of overcoming this limited perspective, the essay shows that the Historia has its own historiographical value, which is affected by the monastic formation of the author and the political and cultural context of its composition. It then focuses on the methods of work Ghirardacci adopted towards the Middle Ages of Bologna, through the examination of some focal points of the historical development of the early medieval city. What emerges is the profile of a historian who was much more than a simple compiler of documents. Ghirardacci wrote the Historia with the intention of magnifying the past of his city, opposing the freedom and autonomy of pre-communal times against the state of submission that Bologna suffered in his time by the papal dominion. ; La rilevanza dell'Historia di Bologna di Cherubino Ghirardacci è stata ampiamente sottolineata dalla storiografia bolognese. La sua ricezione come opera storiografica, tuttavia, è stata spesso limitata alla consultazione della grande quantità di documentazione che il frate inserì a completamento e illustrazione della sua ricostruzione storica. Con lo scopo di superare questa prospettiva limitata, il saggio mostra che l'Historia possiede una propria valenza storiografica che risente della formazione monastica dell'autore e del contesto politico e culturale in cui fu composta. Si sofferma poi sulle modalità di lavoro e di narrazione che Ghirardacci adottò nei confronti del medioevo bolognese, attraverso l'esame di alcuni punti focali dello sviluppo storico cittadino altomedievale. Ne emerge il profilo di uno storico che era ben altro che un semplice compilatore di documenti: Ghirardacci scrisse la Historia con l'intento di magnificare il passato della propria città, contrapponendo la libertà e l'autonomia dei tempi precomunali con lo stato di sottomissione che Bologna subiva ai suoi tempi da parte del dominio pontificio.
La storiografia statunitense, a partire dagli anni Cinquanta, vide l'affermarsi di una nuova interpretazione della politica estera americana. Archiviata la storia diplomatica come storia dei trattati o storia delle interazioni delle élites dominanti, abbandonata una visione incentrata sull'equilibrio di potenza, il dibattito storiografico si arricchì della cosiddetta interpretazione «revisionista», antitetica rispetto a quella che, fino a quel momento, aveva predominato. Soggetto di analisi storica restava sempre lo Stato ma l'enfasi maggiore era posta sui fattori economici che ne influenzavano l'azione: si metteva in rilievo l'interazione tra l'interesse privato e il soggetto statale. Capofila di questa nuova scuola fu William Appleman Williams. Questa ricerca si pone l'obiettivo di delineare il contesto storiografico dal quale emersero gli studi di Williams e di cui egli ne roviesciò alcuni assunti fondamentali. Si intende tracciare il suo percorso intellettuale – storiografico e pubblico – al fine di restituire la complessità di un personaggio che divenne un vero e proprio «intellettuale pubblico». I quesiti, a cui questa ricerca vuole dar risposta riguardano l'evoluzione del percorso intellettuale di Williams tanto in ambito storiografico quanto, più in generale, in quello pubblico; il contributo alla ridefinizione dell'identità statunitense e del suo ruolo internazionale; il lascito della sua riflessione nella storiografia. Prendendo le mosse dall'idea di frontiera proposta da Turner, Williams sostenne che la fine dell'espansione territoriale «interna» aveva obbligato gli Stati Uniti a cercare nuovi mercati per il proprio surplus. Era stata tale necessità a catalizzare la Open Door Diplomacy, guidata da ragioni economiche, che presto identificarono l'interesse nazionale per trasformarsi in una vera e propria ideologia nel XX secolo.L'esito di tale politica estera fu la creazione di un impero non più territoriale ma frutto dell'espansione economica. E proprio questa riflessione sull'impero influenzò, negli anni Sessanta, la protesta studentesca che chiese un ripensamento del ruolo internazionale degli Stati Uniti. ; The early Fifties saw the emergence of a new synthesis of the American diplomatic history, advanced by a young historian, William Appleman Williams. In the midst of what was called "consensus history" he proposed a different interpretation of American foreign policy, focusing on economic factors. Archiving a diplomatic history conceived as history of treaties or as the interactions between leading élites, abandoning a vision conceiving of the balance of power as the inspiring principle of States' actions, Williams placed major emphasis on the interplay between the private interest and the State in explaining Us foreign relations. The aim of this dissertation is threefold: - To analyze the evolution of Williams' intellectual career both in the historiographical field and in the public one, where he could be considered a "public intellectual"; - To evaluate Williams' contributions to the redefinition of Us identity and of its international role during the Sixties; - To delineate the legacies of Williams' ideas and interpretations within the historiographical field. The evolution of Williams' intellectual career is interpreted in terms of an analysis of his major books: The Tragedy of American Diplomacy, Contours of American History and Empire As a Way of Life. In all those volumes, it is possible to delineate the main ideas of Williams' interpretation of US foreign policy, that is, the maintenance of domestic democracy and prosperity was assured by and imperial drive. Nonetheless, I will also analyze his writings both on journals and on newspapers. Part of the thesis is dedicated to the connection between Williams and the student movement of the Sixties. He could be considered an inspiratory of the young dissenters who claim, as Williams did, a new definition of United States' identity.
El "Elogi degli uomini illustri" de Paolo Giovio es un buen ejemplo de ese uso actualizador del pasado, especialmente de la antigüedad, típico de la temprana Edad Moderna. Mediante el uso de la historiografía antigua, tanto griega como latina, hábilmente reelaborada a su manera, y con la mediación de la imagen, el humanista presenta a los dos fundadores de Roma, Rómulo, el rey guerrero, y Numa Pompilio, el rey sacerdote, como figura arquetípica, así como modelos a partir de los cuales extraer lecciones útiles para devolver a Roma al centro de la escena política internacional. ; Paolo Giovio's "Elogi degli uomini illustri" is a good example of that actualizing use of the past, especially of the ancient one, typical of the early modern age. Through the use of the ancient historiography, both Greek and Latin, skilfully reworked in its own way, and with the mediation of image, the comasco humanist presents the two founders of Rome, Romulus the warrior-king and Numa Pompilius the priest-king, as archetypical figure as well as models from which to draw for useful lessons to bring the city back to the centre of the international political scene. ; Gli "Elogi degli uomini illustri" di Paolo Giovio costituiscono un valido esempio di quell'uso attualizzante del passato, specie di quello antico, proprio della prima età moderna. Attraverso il ricorso alla storiografia antica, sia greca che latina, sapientemente rielaborata in maniera autonoma, e con la mediazione dell'immagine, l'umanista comasco presenta i due fondatori di Roma, Romolo re-guerriero e Numa re-sacerdote, come figure archetipiche nonché modelli a cui attingere per trarne lezioni utili a riportare l'Urbe al centro dello scacchiere politico internazionale. ; peerReviewed
In the last years Italian historiography has paid a pretty fair attention to the issue of censorship in Modern Age, especially by focusing on the relationship between the Indexes (Indici) of the Catholic Church and the Italian society. A few monographs, which since 2005 have started to deal with the topic related to 16th and 17th centuries, are here analyzed and compared to outline the directions and trends of the current historical research. This study presents a comparative review of the works of G. Fragnito, U. Rozzo, V. Frajese, F. Barbierato, E. Rebellato, M. Sabato, M. Cavarzere, S. Landi, R. Savelli, M. Infelise. Abandoned some fixed schemes that affected research in the 1900s, historians have opened up new paths to study the subject. This new approach highlights details not so deeply investigated before, such as the formation process of creating different Indici, the relationship with political powers in the Italian peninsula, the divergences within Congregations and the impact that proibitions had on the different social classes of the country. Attention has often been focused on the 'normalisation' phase rather than on violent repression occured in 16th century. A special place is here given to the study of the institutional system and the functioning of censorship. The classification of the reading public according to different levels of freedom is as well widely stressed. In the texts two mainstream tendencies have been noticed: the former describes the effort of the censorship structures conceived as a single coherent project to keep society under control; the latter instead, aims to show the divisions inside the Church itself about the goals and methods to follow for the censorship. It is expected therefore a greater openness to foreign historiography that could give important contributions and strength to Italian studies; the opening may also be extended to other history branches and not only those related to books. All the Italian monographs analyzed are enlisted in the appendix. ; Negli ultimi anni la storiografia italiana ha registrato una discreta attenzione al fenomeno della censura in epoca moderna, in particolar modo concentrandosi sul rapporto esistente tra gli Indici emanati dalla Chiesa e la società italiana. Sono qui analizzate e confrontate diverse monografie che a partire dal 2005 hanno trattato l'argomento rispetto ai secoli XVI-XVII, per delineare la direzione e le tendenze dell'indagine storica odierna. Si offre una rassegna comparata dei lavori di G. Fragnito, U. Rozzo, V. Frajese, F. Barbierato, E. Rebellato, M. Sabato, M. Cavarzere, S. Landi, R. Savelli, M. Infelise. Caduti alcuni schemi che avevano affetto la ricerca durante il '900, gli studiosi si sono aperti all'analisi seguendo forme nuove e dando risalto a particolari prima poco analizzati, come il processo di formazione dei diversi Indici, il rapporto con i poteri politici della penisola, le divergenze all'interno delle Congregazioni e l'effettiva incidenza che ebbero le proibizioni su diversi strati sociali del paese. Il centro dell'attenzione è spesso rivolto alla fase di 'normalizzazione' della situazione piuttosto che a quella della repressione violenta cinquecentesca; un posto particolare è riservato allo studio dei meccanismi istituzionali e al funzionamento della censura. Molto ribadita è la suddivisione in classi di lettori, con gradi di libertà differenti. Si sono notate due tendenze generali nei testi: una che descrive l'impegno delle strutture censorie come progetto unitario e coerente di controllo della società; l'altra che invece mostra le fratture all'interno della stessa Chiesa negli obiettivi e nei modi della censura. Si auspica una maggiore apertura alla storiografia straniera, il confronto con la quale potrebbe fornire apporti determinanti agli studi italiani; l'apertura potrebbe essere estesa anche ad altri rami della storia, non solo a quella del libro. In appendice si trova l'elenco delle monografie italiane analizzate.
En su edición número 39, el GIREA ha decidido abordar la cuestión de la historiografía de la esclavitud por varias razones. La paulatina generalización del relativismo cultural en los paradigmas interpretativos de las Humanidades y las Ciencias Sociales, la eliminación del concepto de clase entre los historiadores post-sociales, la generalización del pensamiento neoliberal y neoconservador, y el excesivo entusiasmo por la autonomía del individuo que prometen las nociones de democracia participativa y de sociedad civil han terminado por mermar la importancia que tiene la ideología de control inherente en cualquier sistema de valores colectivo, constantemente reproducido por la compleja arquitectura que constituyen las relaciones interpersonales, la familia y las instituciones
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Copertina -- Occhiello -- Indice -- Prefazione -- Diritto romano - la produzione didattica nell'ottocento: dalla restaurazione al 1885 -- Costruire strumenti e metodi per una disciplina nuova: la storia del diritto (italiano) nella seconda metà dell'ottocento -- Una stagione feconda nella storia del diritto (italiano) (1900-1950) -- Il problema dell'ordine giuridico nella didattica dell'italia repubblicana -- Il futuro è digitale? I manuali romanistici del xxi secolo fra tradizione e innovazione 221 -- L'evoluzione del "genere istituzionale" nella manualistica per l'insegnamento del diritto privato 251 -- La "materia" costituzionale, i modi della sua trattazione manualistica, i segni lasciati dal contesto politico-istituzionale sull'una e sugli altri (profili stori-co-teorici).
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