Le attività di ricerca descritte in questa tesi si focalizzano sullo sviluppo dei quartieri ad energia netta zero (NZE settlements) in un caso di studio reale in Italia. Questo studio fa parte di un più ampio progetto di ricerca chiamato ZERO-PLUS (acronimo di "Achieving near Zero and Positive Energy Settlements in Europe using Advanced Energy Technology"), che fa a sua volta riferimento al programma internazionale Horizon 2020. Il progetto prevede la costruzione di quattro quartieri NZE in casi di studio reali in Europa, cioè in Italia, Francia, Cipro e Regno. In particolare, l'insediamento italiano è composto da soluzioni avanzate per l'involucro edilizio, sistemi innovativi di produzione di energia e gestione integrata delle risorse energetiche a livello di quartiere. Tuttavia, l'obiettivo di ottenere edifici ad alte prestazioni energetiche può essere raggiunto solo se si considera l'influenza contemporanea delle caratteristiche tecniche e dell'occupazione. Studi recenti riportano che, man mano che gli edifici diventano più efficienti dal punto di vista energetico, il comportamento degli occupanti gioca un ruolo sempre più importante nel consumo. Pertanto, una costruzione progettata per essere un "Net Zero Energy Building" (NZEB) potrebbe generare un consumo maggiore del previsto se le ipotesi fatte nel processo di simulazione non sono rispettate durante l'uso reale. D'altra parte, le prestazioni effettive di tecnologie innovative e ad alta efficienza devono essere verificate rispetto alle prestazioni previste. In quest'ottica, uno degli obiettivi di questo studio è quello di evidenziare i punti critici che possono influenzare le prestazioni energetiche, reali e attese, di nuovi edifici volti a soddisfare lo standard di energia netta zero. L'analisi è stata quindi eseguita attraverso la simulazione dinamica calibrata di un edificio continuamente monitorato. Nel dettaglio, le impostazioni dei parametri di comfort da parte degli occupanti e la loro interazione con l'involucro e i sistemi influenzano direttamente il funzionamento degli edifici e i relativi usi energetici. Gli strumenti di simulazione (EnergyPlus e DesignBuilder) sono stati impiegati per dimostrare il potenziale impatto degli stili di vita degli occupanti e delle diverse composizioni domestiche sull'uso di energia e sulle condizioni di comfort termico. I risultati rivelano chiaramente il loro impatto. I risparmi in termini di consumo annuale di energia possono arrivare fino al 60% nel passaggio da comportamenti errati a "verdi". Infatti, questo studio mira a focalizzare l'attenzione sull'urgente bisogno di modelli di riferimento relativi a problemi comportamentali umani che influenzano l'uso di energia negli edifici, in particolare negli NZEB. Infine, l'importanza dei fattori psicologici viene sempre più riconosciuta nel guidare il movimento NZEB. Questo studio sviluppa un esteso "Technology Acceptance Model" (TAM) per spiegare l'intenzione dei consumatori di adottare gli NZEB nel contesto dei quartieri NZE lo esamina attraverso un'ampia indagine condotta attraverso i canali dei social media. I risultati mostrano che la conoscenza soggettiva, l'utilità percepita, i cambiamenti climatici percepiti, l'atteggiamento nei confronti degli NZEB nel contesto dei quartieri NZE e le preoccupazioni ambientali generali misurate dalla scala "New Ecological Paradigm" (NEP), sono i determinanti psicologici significativi dell'intenzione di adottare gli NZEB nel contesto dei quartieri NZE. Si è anche riscontrato che la mancanza di conoscenze soggettive relative agli NZEB, e in particolare ai quartieri NZE, potrebbe costituire una potenziale barriera psicologica tra i consumatori intervistati. I fattori psicologici identificati forniscono riferimenti ai responsabili politici per sviluppare efficacemente strategie di intervento comportamentale per i consumatori e allocare risorse negli schemi di promozione dei quartieri NZE. This thesis focus on research activities within the context of the development of a Near Zero Energy (NZE) settlement in a real case study in Italy. This study is part of a wider research project called ZERO-PLUS (acronym of "Achieving near Zero and Positive Energy Settlements in Europe using Advanced Energy Technology"), which is in the International Horizon 2020 programme. The project involves the construction of four real-life case study NZE settlements in Europe, i.e. in Italy, France, Cyprus, and UK. In particular, the Italian settlement is composed of advanced solutions for the building envelope, innovative energy production systems, and integrated resources energy management at the settlement level. However, the objective of obtaining high performance energy buildings can be reached only if considering the contemporaneous influence of technical characteristics and occupancy. Recent studies report that as buildings become more energy efficient, the behavior of occupants plays an increasing role in energy consumption. Therefore, a construction designed to be a Net Zero Energy Building (NZEB) might consume higher than expected if the occupant behavior assumptions made in the simulation process are not respected during the real use. On the other hand, the effective performance of innovative and high efficiency technologies must be checked against predicted performance. In this view, one of the goals of this study is to highlight the critical points that may affect the energy performance, real and expected, of new buildings aimed at meeting the net zero energy standard. The analysis has, therefore, been performed through calibrated dynamic simulation of a continuously monitored building. In detail, indoor comfort settings by the occupants and their interaction with the envelope and the systems directly affect the operation of buildings and related energy uses. Simulation tools (EnergyPlus and DesignBuilder) were employed to demonstrate the potential impact of occupant behavior lifestyles and different household compositions on energy use and thermal comfort conditions. The results clearly reveal their impact. The savings in terms of annual energy consumption can reach up to 60% in the transition from wrong to "green" behaviour. Indeed, this study aims at focusing the attention on the urgent need of reference models related to human behaviors that influence the energy use in buildings, especially in NZEBs. Finally, the importance of psychological factors is also increasingly being recognized in driving the NZEB movement. This study develops an extended Technology Acceptance Model (TAM) to explain consumers' intention to adopt NZEBs in NZE settlement framework and examines it through an extensive survey conducted via social media channels. The results show that subjective knowledge, perceived usefulness, perceived climate change, attitude towards NZEBs in NZE settlement framework and general environmental concern measured by the New Ecological Paradigm (NEP) scale, are the significant psychological determinants of intention to adopt NZEBs in NZE settlement framework. It is also found that lacking subjective knowledge related to NZEBs, and in particular NZE settlements, could be a potential psychological barriers among the surveyed consumers. The identified psychological factors provide references for policymakers to effectively develop consumers' behavioral intervention strategies and allocate resources in NZE settlements promoting schemes.
El Il presente saggio vuole evidenziare l¿evoluzione nel sindacato giudiziale sull¿equilibrio contrattuale avutosi nell¿ordinamento italiano tanto per effetto dei principi sovranazionali, quanto per l¿operare della clausola di solidarietà sociale, sancita all¿art. 2 della Costituzione italiana, la quale, ponendosi come norma non meramente programmatica bensì immediatamente precettiva, sta avendo un impatto dirompente nel sistema italiano. Essa impone alle parti di un contratto divenuto squilibrato obblighi di rinegoziazione anche atipici e altresì al di fuori dei casi espressamente previsti dal legislatore.L¿utilizzo giurisprudenziale della clausola stessa, come si avrà modo di vedere a proposito del potere giudiziale di riduzione della caparra confirmatoria eccessiva, nonché l¿obbligo di rinegoziare un contratto di mutuo divenuto usurario per la variazione del tasso soglia degli interessi, se certo scardina completamente il principio di certezza del diritto, incidendo sull¿autonomia contrattuale ancorché lecitamente esplicatasi, rappresenta talvolta una valvola di salvezza per adattare un sistema pressoché rigido alle sopravvenienze che, comportando la caducazione del contratto, costituirebbero un grave pregiudizio per la parte che le deve sopportare. Si pensi ad esempio ad un contratto di mutuo divenuto usurario in un momento successivo alla sua pattuizione. Ancorché la stessa sia stata lecita in quanto originariamente contenuta nei limiti del c.d. tasso soglia, per effetto del superamento dello stesso a causa di una riduzione sopravvenuta del limite oltre il quale gli interessi sono considerati usurari, diventando usuraria potrebbe essere colpita da nullità, con conseguente obbligo immediato di restituire l¿intera somma data a mutuo.Se certo non può dirsi nuovo l¿obbligo di rinegoziare, certamente una novità è rappresentata dai poteri di intervento giudiziali non solo cassatori bensì anche correttivi, i quali permettono di ¿correggere¿ la volontà delle parti al fine del permanere del vincolo contrattuale, e ciò in un senso non solo normativo bensì anche economico. Per altro verso si fa sempre più largo l¿idea che gli obblighi di rinegoziazione delle parti possano essere, ove non spontaneamente adempiuti, ottenuti in via coercitiva attraverso l¿operare dell¿art. 2932 c.c., salvo valutare i problemi che al riguardo si porrebbero in termini di ¿compiutezza¿ del programma negoziale.Dopo avere evidenziato dunque l¿evoluzione avutasi all¿interno dell¿ordinamento italiano, mediante uno sguardo anche comparatistico alla stessa problematica, si affronteranno due casi specifici: l¿ipotesi della caparra confirmatoria, che in Italia non prevede espressamente un rimedio volto ad una sua riduzione, ove pattuita in misura eccessiva, analogamente a quanto invece si prevede per la penale, e successivamente si affronterà la problematica della così detta ¿usura sopravvenuta¿. Entrambe le fattispecie hanno trovato una soluzione grazie appunto all¿operare dell¿art. 2 Cost., che ha permesso il permanere in vita della pattuizione mediante un suo riequilibrio, non già ad opera della parte, bensì in ultima istanza ad opera del giudice ove la prima non vi provveda da sé.Il crescente potere giudiziale di incidere sul regolamento contrattuale, per effetto del citato principio costituzionale, se certo può incidere in termini di certezza del diritto e di autonomia contrattuale, talvolta rappresenta l¿unico strumento di tutela per la parte debole del rapporto. --- This essay aims to underline the evolution of the judicial power of examination on the issue of contractual balance as a result of the international principles introduced in the Italian judicial system and of the social solidarity clause provided by article 2 of the Italian Constitution. The latter, as it is a mandatory and not merely a programmatic rule, has been having a shattering impact on the Italian system as it prescribes to the parties of a contract that has become unbalanced obligations that are atypical and not expressly provided by law.As we will analyze in regards of the power of the judge to reduce a disproportionate commitment deposit and on the topic of the obligation to renegotiate a loan that became usurious through the increasing variation of interests, the use in the courts of the solidarity clause, even if it completely dismantles the principle of legal certainty by affecting the contractual autonomy already legitimately performed by the parties, it represents a safety valve for re-adjusting a system that is rigid towards unexpected occurrences. Differently, this situation would lead to a voidable contract and consequently to jeopardize the party that has to bear these unexpected occurrences. For instance, we can consider as the case in point a loan contract that has afterwards become usurious. Whether the agreement was at first legitimate since originally contained in the legal interest rate limit, in case of a subsequent decreasing of this limit above which the interest are considered usurious, the original agreement, by exceeding it, would be nullified and the party would be forced to immediately return the entire amount of money loaned.Although the obligation to renegotiate is not news, the power of intervention granted to the judge, who is enabled not only to annul but also to adjust the terms of the contract, is for sure something new. This power allows the correction of the will of the parties in order to save the contractual obligation from both a legal and an economical point of view. From another perspective, the idea of applying article 2932 of the Civil Code in order to enforce the obligation to renegotiate in case the parties do not spontaneously comply, always taking in consideration any kind of issues could arise in terms of the completeness of the negotiation, has made its way into the Italian judicial system too. After underlining the evolution occurred in the Italian judicial system, two specific cases will be analyzed throughout a comparative perspective of the issue. First, the case of the commitment deposit: in Italy it is not expressly provided with a remedy that enables to decrease it in case the amount the parties agreed on, is disproportionate (as it happens instead with the penalty clause); secondly, the issue of the so-called ¿supervened usury¿. Both cases have found a solution through the application of the above-mentioned article 2 of the Italian Constitution: the agreement can survive throughout a new balance applied not by the party of the contract, but by the judge as last resort, in case the first do not provide for it.In conclusion, the increasing power of the judge to affect the contractual agreement, granted by the constitutional principle, although it weighs in terms of legal certainty, sometimes is the only instrument able to protect the weak party of the contractual relation ; Artículo revisado por pares
2012/2013 ; Between 1991 and 1995, close to three hundred thousand people were killed in the former Yugoslavia. The international responses to this catastrophe was at best uncertain and at worst appalling. While both the United States and the European Union initially viewed the Balkan wars as a European problem, the Europeans chose not to take a strong stand, restricting themselves to dispatching U.N. "peacekeepers" to a country where there was no peace keep, and withholding from them the means and the authority to stop the fighting. In Bosnia the Europe sought to avoid military involvement, citing every excuse she could think of not to intervene to prevent the genocide of 250.000 Bosnian Muslims, who ultimately died at the hands of their Serbian tormentors. The British and French, too, who had primarily responsibility for dealing with this European problem, had persuaded the United Nations to impose an arms embargo on both sides in the Bosnian war. As often happens, the embargo did little damage to Serbia's military capacities, since their army had inherited the extensive military hardware Yugoslavia had amassed under its former Communist regime. But the embargo did deny the means of self-defense to the poorly equipped majority Muslim population in Bosnia. Unarmed, they could do little to repel the invaders or to protect their villages. Some European leaders were not eager to have a Muslim state in the heart of the Balkans, fearing it might become a base for exporting extremism, a result that their neglect made more, not less, likely. However, from the beginning of Yugoslavia's collapse, Americans divided into two groups, broadly defined: those who thought that Americans should intervene for either moral or strategic reasons, and those who feared that if they did, they would become entangled in a Vietnam-like quagmire. As awareness of ethnic cleansing and genocide spread, the proportion of those who wanted the United States to "do something" increased, but they probably never constituted a majority. Nevertheless, when the situation seemed most hopeless in July 1995 - the United States put its prestige on the line with a rapid and dramatic series of high-risk actions: an all-out diplomatic effort in August, heavy NATO bombing in September, a cease-fire in October, Dayton in November, and, in December, the deployment of twenty thousand American troops to Bosnia. Finally, in late 1995, in the face of growing atrocities and new Bosnian Serb threats, the United States decided to take part in Bosnia, the war was over and the America's role in post-Cold War Europe redefined. There is a lesson here to be learned by Europe that Bosnian Muslims are the best Christians in the world. The policy-makers cannot have a double heart, one for love and other for hate because some European leaders were not eager to have a Muslim state in the heart of Europe. They spoke of a painful but realistic restoration of Christian Europe. Of course Christianity, like any other religion has nothing to do with the barbarities and the greatest collective failure of Europe. The lesson that Western civilization thought it had drawn from the genocide of World War II – "Never again!"- must now be qualified to read: "except when politically inconvenient." ; La tragedia della ex-Jugoslavia e al suo interno quella della Bosnia Erzegovina riguardano pagine straordinariamente sconvolgenti della storia del mondo posto-Ottantanove, addirittura — si può dire — la conseguenza più grave, anche se non diretta, della dissoluzione dell'Unione Sovietica e conseguentemente di quel bipolarismo che aveva "ingessato" tutte le ipotesi o i tentativi di trasformazione degli esiti e delle conseguenze della seconda guerra mondiale. In un'impostazione sostanzialmente di storia politico-sociale, il candidato ricostruisce le vicende che vanno dal 1990 al 1995, ovvero da quella che il candidato chiama "la morte della Jugoslavia" fino all'intervento, decisivo in termini militari, della NATO nel conflitto, che aveva già visto negli anni precedenti emergere la guerra in Slovenia, in Croazia, prima di colpire anche la Bosnia Erzegovina, con la finale Conferenza che porta agli Accordi di Dayton. L'attore centrale di tutta questa vicenda è naturalmente la Serbia di Milosevic, ricordare il quale non fa che aiutarci a veder riapparire i fantasmi di vicende atroci di sterminio di civili, di stupro etnico, di "pulizia etnica", di genocidio. Il candidato fa opportunamente precedere la sua analisi da una cronologia, piuttosto lunga, che consente di scandire con precisione i diversi passaggi di una storia eccezionalmente drammatica. Segue il programma del suo lavoro, con l'indicazione del metodo di ricerca e degli strumenti di cui si è valso. Le cinque parti sostanziali in cui si suddivide il lavoro riguardano la dissoluzione della Jugoslavia, a partire dai falliti tentativi di Tito di salvaguardare l'integrità di quella Federazione, e analizzando attentamente i due "scivolamenti" della guerra in Slovenia dapprima e in Croazia poi. Il candidato analizza la società e la storia della Bosnia Erzegovina, condizione ovviamente preliminare per comprendere gli eventi successivi. Le tre categorie alle quali il candidato riconduce quella vicenda sono il multiculturalismo, la multietnicità e il multiconfessionalismo — tre dimensioni che potrebbero poter essere rispettate e addirittura apprezzate e che invece, in ogni parte del mondo, e più che altrove in Bosnia trovano ostacoli e resistenze violente e sanguinose. Risulta, come il candidato fa notare, adottare l'arma del nazionalismo e delle sue retoriche, impedendo così a ogni pur volenteroso tentativo di portare la democrazia nel proprio paese di trionfare. Il candidato chiarisce, in questo quadro, che la cosiddetta "balcanizzazione" che si fa discendere da quella parte del mondo, non deve essere intesa come un termine negativo ma come la pura e semplice conseguenza dei frequenti interventi esterni che là si sono realizzati. Il candidato dedica non poca attenzione al ruolo degli Stati Uniti nella vicenda, e alle diverse strategie — politiche e militari — adottate: con i devastanti risultati che tuttavia, purtroppo, conosciamo. L'Unione Europea non esce ovviamente meglio dell'alleato d'oltre Atlantico dalla ricostruzione del candidato, che poi giunge anche a ripercorrere le vicende di alcuni importanti uomini politici locali, sopra tutti Izebegovic e Karadzic, l'un contro l'altro schierati. Né sono passate sotto silenzio le vicende di alcune delle pagine più drammatiche: il massacro di Srebrenica, i bombardamenti su Sarajevo e in particolare il secondo bombardamento sul mercato. La risoluzione della crisi giunse, come per incanto, quando la NATO accolse l'invito ONU di intervenire: l'intervento fece tacere le armi, portò agli accordi di Dayton, ma non alla riconciliazione, che dal 1995 ha comunque incominciato il suo lento, ma — sperabilmente — solido cammino. ; XXV Ciclo ; 1982
Unanimously the international research recognizes the fundamental role of the media in the affirmation of the phenomenon of stalking in the U.S.A., beginning from its same labelling. Star-stalking cases, accomplice the notoriety of the victims, has represented a starting point of the media interest that next has allowed to discover the prevalence of these conducts among the general population. The progressive social visibility of the phenomenon, promoted through the media, has produced the recognition of the stalking as a criminal problem, pushing the common law countries legislators to the creation of specific anti-stalking legislation. The research intends to investigate the role of the Italian media in the process of social and juridical affirmation of stalking, ended with the approval of the DL 23 February 2009 n.11 and the consequent introduction of the article 612-bis c.p. "Atti persecutori". The relationship between stalking and media in Italy, the relevance and the importance of the progressive change of social visibility, considering the particular way of working of the media, has been investigated through the collection and the analysis of the articles published since 1992 to November 2009 on Corriere della Sera, main national diffusion daily paper, and on Quotidiano.net, that brings the news of different local journalistic headings (Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno). The 506 selected articles, 293 published on Corriere della Sera (57,9%) e 213 on Quotidiano.net (42,1%), have globally been submitted to a first level of analysis based on the context of the article, the typology of content, the ability of recognition and the language used to define the behaviors. The second level of analysis has involved only news articles, studied through valutative analysis grids about victims, stalkers, typology of relationship, star-stalking cases and presence of violent behaviors. The typology of article mostly diffused on newspapers results to be the chronicle, that represents the 84,6% of the total. Popular and/or scientific ones represent the 7,7% of the total as medium value of the period, but their diffusion results constant only starting from 2001. The political news are the 5,7% of the total and they are recognisable starting from 2006. The use of the term stalking appears constantly among the media from 2002 with a progressive increasement in the next years (44% in 2007; 52,1% in 2008; 94% in 2009), representing by now the defining term of the phenomenon. Among 449 victims, found from 1992 to 2009, 372 (82,9%) are women. Among 440 stalker, found from 1992 to 2009, 84,3% are men and only 15,7% women. More than half of the stalkers was an ex-partner of the victim (51,2%). The stalker results to be an acquaintance in 24,3% of the cases and a perfect stranger in 24,5%. On 428 chronicle articles selected since 1992 to 2009, more than the half (51,4%) describes stories of stalking connotated by violent behaviors: physical injuries, assaults (also sexual), tempted and consumed homicides. ; La ricerca internazionale concordemente riconosce il ruolo determinante dei media nel percorso di affermazione del fenomeno dello stalking in U.S.A., a partire dal suo stesso "etichettamento". I casi di star-stalking, complice la notorietà delle vittime, hanno rappresentato un iniziale polarizzatore mediatico che ha successivamente permesso la riconoscibilità delle condotte di molestie a danno della popolazione comune. La progressiva visibilità sociale del fenomeno, promossa per via mediale, ha poi determinato il riconoscimento dello stalking quale problematica di rilevanza penale, spingendo il legislatore anglosassone all'emanazione di apposite leggi anti-stalking. Alla luce di queste considerazioni, lo studio qui presentato intende indagare il ruolo dei media italiani nel processo di affermazione sociale e giuridica dello stalking, culminato con l'approvazione del DL 23 febbraio 2009 n.11 e la conseguente introduzione dell'art. 612-bis c.p. "Atti persecutori". Alla luce di queste considerazioni, lo studio qui presentato intende indagare il ruolo dei media italiani nel processo di affermazione sociale e giuridica dello stalking, culminato con l'approvazione del DL 23 febbraio 2009 n.11 e la conseguente introduzione dell'art. 612-bis c.p. "Atti persecutori". Il rapporto tra stalking e mass media in Italia, l'entità e l'importanza del progressivo mutamento della sua osservabilità sociale, anche, e soprattutto, alla luce del peculiare funzionamento dei media è stato indagato mediante la raccolta e l'analisi degli articoli pubblicati dal gennaio 1992 all'aprile 2009 sul Corriere della Sera, principale quotidiano a diffusione nazionale, e su Quotidiano.net, che riporta le notizie di diverse testate giornalistiche a diffusione locale (Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno). I 506 articoli selezionati, 293 pubblicati sul Corriere della Sera (pari al 57,9%) e 213 su Quotidiano.net (pari al 42,1%), sono stati globalmente sottoposti a un primo livello di analisi basato sul contesto dell'articolo, ovvero la tipologia di contenuto, la capacità di riconoscimento e il linguaggio utilizzato per la definizione delle condotte. Il secondo livello di analisi ha coinvolto i soli articoli di cronaca, sottoposti a griglie valutative riguardanti le vittime, gli stalker, la tipologia di relazione intercorrente tra gli stessi, i casi di star-stalking e la ricorrenza di condotte violente. La tipologia di articolo maggiormente diffusa sui quotidiani risulta essere la cronaca, che rappresenta l'84,6% del totale.Gli articoli di tipo divulgativo e/o scientifico rappresentano il 7,7% del totale quale media del periodo, ma la loro diffusione sui quotidiani risulta costante solo a partire dal 2001. Le notizie di tipo politico rappresentano il 5,7% del totale e sono rintracciabili solo a partire dal 2006. L'uso del termine stalking da parte dei media risulta costante a partire dal 2002 con un aumento progressivo negli anni successivi (44% nel 2007; 52,1% nel 2008; 94% nel 2009) tanto da rappresentare, ormai, il termine di riferimento del fenomeno. Su 449 vittime individuate dal 1992 al 2009, ben 372 (pari all'82,9%) sono donne. Su 440 stalker individuati tra il 1992 e il 2009 l'84,3% sono uomini e solo il 15,7% donne. Più della metà degli stalker era un ex-partner della vittima (51,2%). Lo stalker risulta essere un conoscente della vittima nel 24,3% dei casi e un perfetto sconosciuto nel 24,5%. Su 428 articoli di cronaca selezionati dal 1992 al 2009, più della metà (51,4%) riportano vicende di stalking marcatamente connotate da condotte violente: percosse, lesioni personali, aggressioni (anche sessuali), omicidi tentati e consumati.
Dottorato di ricerca in Memoria e materia delle opere d'arte attraverso i processi di produzione, storicizzazione, conservazione, musealizzazione ; Il lavoro di ricerca, condotto in un intreccio serrato tra teoria e prassi che si è voluto evidenziare fin dalla scelta del titolo, si rivolge al complesso ed ampio fenomeno della Public art nell'intento di precisarne i contorni all'interno del più ampio orizzonte dell'arte contemporanea degli ultimi due decenni, di cui costituisce uno dei fenomeni maggiormente vitali. Le contemporanee forme artistiche, con l'inclusione di interventi che vedono in essere pratiche che esulano dai tradizionali spazi deputati, si sono fatte contaminazione, abbandonando quel solipsismo che per troppo tempo l'arte si è tenuta addosso. I confini tra spazio pubblico, vita quotidiana e fare artistico sono divenuti sempre più labili, infranti dal superamento dell'idea di arte come 'separazione', con conseguenti cambiamenti in atto che hanno portato l'arte a legarsi sempre di più al concetto di riqualificazione urbana. Essa ha così cercato di riciclare quel "terzo paesaggio"1 fatto di vuoti urbani privi di identità, costituendo supporto e corollario per investitori pubblici e privati o per semplici cittadini, che si sono ritrovati ad operare in periferie e luoghi dismessi, di colpo divenuti occasione storica di trasformazione concreta2. In questa sede è stata quindi lasciata da parte l'arte pubblica nella sua accezione più glamour, di arte da collocare in spazi sviluppati e già profondamente connotati (arte pubblica come dispositivo di carattere estetico) considerandola nella sua valenza sociale, etica, di arte relazionale che viaggia nel sommerso, pratica i territori della residualità, gli interstizi, si muove lungo i limiti, allontanandola da quella dimensione estetica che la riporterebbe nell'ambito dell'urban forniture e del monumento. Partendo da una riflessione su come sia cambiata la città (indefinibile e impraticabile metafora del tempo presente), si constata che la diffusione dell'arte pubblica, con le sue pratiche site specific, sia andata di pari passo con la perdita di senso e di segno del territorio e del palinsesto città. In questo contesto l'arte non solo è processo, ma innesca processi in luoghi altri, irrituali, dai centri storici alla periferia fino agli spazi interstiziali (quelli abbandonati, dimenticati, desolati) e l'artista produce oper-azioni tra estetica ed etica, mentre il pubblico non solo è partecipe, ma perfino coautore di tali processi. Contemporaneamente, con uno sguardo storico, viene ripercorsa l'evoluzione del significato di Public Art dagli anni '70 ad oggi, restituendone tutta la complessità attraverso un'analisi del pensiero critico espresso da autori internazionali di tante e diverse discipline (dalla sociologia, alla geografia, all'urbanistica, all'architettura, alla legislazione) interconnesse a questo particolare fenomeno artistico. Dopo aver colto le dimensioni in cui l'arte pubblica si manifesta, l'indagine si concentra sulla dimensione etico-sociale di rigenerazione urbana della Public Art, sia attraverso una riflessione sul ruolo dell'arte in questo 1 G. Clement, Il manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata 2005. 2 Cfr. V. Gregotti, Editoriale, "Rassegna", 42, 1990, numero monografico su "I territori abbandonati". contesto, sia attraverso un serrato confronto tra alcuni casi studio europei (in Italia, Germania, Olanda, Svezia, Francia, Inghilterra, Spagna, Danimarca), casi che restituiscono un panorama diversificato, ma per certi versi attraversato da linee comuni. Dopo aver dato conto di quella legislazione che regola la commissione di un'opera d'arte pubblica a livello italiano ed europeo, messa a confronto con disposizioni e regolamenti statunitensi, il lavoro si conclude con significative interviste ad artisti e ad addetti ai lavori. ; Public art. Theories and practice, between critical analysis and urban regeneration. European case studies. The research, that mingles both theory and practice, as the title itself underlines, deals with the wide and complex phenomenon of Public art in order to define its boundaries within the wider horizon of contemporary art (of which it is one of the most vital phenomena), during the last two decades. The contemporary forms of art, with actions that go beyond the traditional delegated spaces, have abandoned the solipsism that has characterized art for a long time. The boundaries between public space, daily life and art have become increasingly fragile, overtaking the concept of art as "separation", and creating new stronger connections between art and urban re-qualification. The idea of "third landscape"1, made of empty urban spaces with no identity, has been recycled and became the support for public and private investors to operate in suburbs and dismissed areas that offered a chance for a tangible transformation2. Thus the glamorous connotation of public art (art as an aesthetic device) has been put aside to enhance its social value, its ethic and its capability to move along the boarders and the interstices, far from the concepts of urban furniture and monument. Starting with considerations about the changes in the city (seen as a metaphor of the present), it is observed that the diffusion of public art, with its site-specific practices, has followed the loss of meaning of the territory and the city scene. In this context art is not just process itself, but it activates different processes in diverse and non-ritual places, from the inner city to the suburbs and desolated, abandoned and forgotten areas; the artist produces actions between aesthetics and ethics and the public is not only participating, but even the coauthor of such processes. At the same time, the evolution of Public art meaning is investigated through an historical overview from the Seventies until nowadays, through an analysis of the critical thought expressed by international authors involved in several disciplines (from sociology to geography, architecture, city planning, legislation) connected to this particular art phenomenon. After describing the dimensions in which public art reveals itself, the research focuses on the ethical-social aspects of urban regeneration of public art, both reflecting on the art's role in this context, and through a dense debate between different European case studies (in Italy, Germany, Holland, Sweden, France, England, Spain, Denmark). Analyses about the legislation that governs the commission of public artworks in Italy and Europe have been also carried out, comparing them with American regulations and dispositions; the project ends with significant interviews to artists and experts of the field. 1 G. Clement, Il manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, Macerata 2005. 2 Cfr. V. Gregotti, Editoriale, "Rassegna", 42, 1990, numero monografico su "I territori abbandonati".
Le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia offrono anche l'occasione per interrogarsi sulla storia e lo sviluppo di questo Paese, in particolare in riferimento alla cultura del mare e al sistema dei trasporti via acqua. In un paese peninsulare come l'Italia, con i suoi 7.500 chilometri di fronte d'acqua, la presenza dei porti è sempre stata elemento determinante per la crescita economica e per la sua affermazione sui mercati internazionali. Ma, dalla seconda metà del Novecento, le città e i loro porti sono andati progressivamente separandosi, determinando situazioni di forti contrasti e di continue tensioni. Solo più recentemente – a seguito della legge n. 84 del 1994 – nuove forme di 'dialogo' hanno consentito, in talune occasioni, di riavviare politiche di concertazione sui piani di sviluppo delle aree portuali e sul miglioramento della situazione delle zone urbane prossime ai porti. Per tutti questi motivi, l'occasione del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia può rappresentare un momento significativo per riprendere la riflessione sul ruolo dei porti italiani nella storia del nostro paese, ed, eventualmente, sul potenziale rafforzamento che essi possono subire, alla luce dei dati positivi ed incoraggianti dell'intero cluster marittimo in questi ultimi anni, almeno fino alla crisi congiunturale del 2008.Al tempo stesso, si può analizzare la complessa relazione porto-città, in un'ottica di mutuo riconoscimento delle rispettive esigenze e della volontà di sviluppare le proprie attività in un quadro di concreto ed efficace spirito di collaborazione, che richiede sia una maggiore conoscenza reciproca, così come una più efficace definizione degli obiettivi per il raggiungimento di una qualità urbana sostenibile e duratura.La progressiva globalizzazione dell'economia e la liberalizzazione del mercato hanno determinato una generale crescita degli scambi commerciali a livello mondiale e in particolare il bacino del Mediterraneo è diventato un centro di flussi di traffico Est-Ovest e Nord-Sud. L'Italia, posta al centro del bacino del Mediterraneo, è tornata ad essere oggi il crocevia delle più importanti direttrici di collegamento mondiale di merci e passeggeri, vivendo una stagione di intensa crescita nei traffici marittimi. Ad eccezione per quei porti caratterizzati da una forte presenza del segmento crocieristico che ha registrato livelli di crescita interessanti, la crisi congiunturale e globale del 2008 ha avuto effetti molto pesanti anche in questo settore (traffico merci su mezzi pesanti e traffico container). Si pagano alcune lacune storiche della portualità del Mediterraneo, e di quella adriatica in particolare, quali la mancanza di collegamenti terrestri via ferrovia da e per i porti, anche se le Autorità Portuali stanno cercando di colmare il ritardo sia dal punto di vista infrastrutturale che di sostenibilità ambientale, attraverso politiche di condivisione e convivenza tra il porto e il territorio circostante e in una rinnovata e diffusa 'cultura del mare' e del ruolo attivo e 'creativo' dei porti. Solo attraverso un approccio culturale e una reciproca educazione potrà emergere una nuova percezione del porto in città e della città nel porto. In realtà, esistono già segnali incoraggianti di una recente appropriazione – o ri-appropriazione – del porto in chiave positiva e di un recupero della cultura del mare in alcune città portuali italiane. Attraverso un processo lento e complesso, articolato in eventi diversi, sta maturando un nuovo 'sentire' nei confronti dei porti, visti in chiave di risorsa e di parte integrante di una città, purché essi rispettino alcune regole necessarie per una vita urbana sostenibile. ; The celebrations for the 150th anniversary of the Unification of Italy also offer the opportunity to question the history and development of this country, particularly in reference to the maritime culture and the system of water transport. In a peninsular country like Italy, with its 7,500 km of waterfront, the presence of ports has always been crucial to economic growth and its success in international markets. But the second half of the twentieth century, cities and their ports have been gradually separated, resulting in situation of conflict and ongoing tensions. Only recently – following the Law 84, 1994 - new forms of 'dialogue' have allowed, on certain occasions, to restart political consultation on the development plans of the port areas and on improving the situation of urban areas close to ports. For all these reasons, the occasion of the 150th anniversary of the Unification of Italy can be a significant moment to resume the debate on the role of Italian ports in the history of our country, and possibly increase the potential that they may have, according to the positive and encouraging data of the entire maritime cluster in recent years, at least until the economic crisis of 2008. At the same time, the complex relationship port-city can be analyzed, with a view to mutual recognition of their needs and to the development of their activities in a framework of practical and effective, cooperative spirit, which requires both a greater mutual understanding as well as a more effective targeting to achieve a lasting and sustainable urban quality. The gradual economic globalization and market liberalization have led to a general increase in trade globally and in particular the Mediterranean has become a centre of traffic flows East-West and North-South. Italy, located in the middle of the Mediterranean basin, is now once again become the crossroads of the most important lines of goods and passengers connected world, experiencing a period of intense growth in maritime trade. Except for those ports with a strong presence of the cruise segment, which recorded growth rates of interest, the global economic crisis of 2008 has had very heavy in this sector (freight traffic to trucks and containers). This is also due to some historical gaps of the Mediterranean ports, such as the lack of rail connections to and from the ports, although Port Authorities are trying to bridge the gap both in terms of infrastructural interventions and environmental sustainability, through policies of sharing and coexistence between the port and the surrounding area and through a renewed and widespread 'culture of the sea'. Since only through a cultural approach and mutual education will emerge a new perception of the port in the city and the city in the port. In fact, there are already encouraging signs of a recent appropriation of the port in a positive light and of a recovery of marine culture in several Italian port cities. Through a slow and complex process, articulated through different events, is gaining a new 'feeling' in relation to ports, seen in the key of a resource and as an integral part of a city, provided they respect certain rules necessary for sustainable urban living.
Le celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia offrono anche l'occasione per interrogarsi sulla storia e lo sviluppo di questo Paese, in particolare in riferimento alla cultura del mare e al sistema dei trasporti via acqua. In un paese peninsulare come l'Italia, con i suoi 7.500 chilometri di fronte d'acqua, la presenza dei porti è sempre stata elemento determinante per la crescita economica e per la sua affermazione sui mercati internazionali. Ma, dalla seconda metà del Novecento, le città e i loro porti sono andati progressivamente separandosi, determinando situazioni di forti contrasti e di continue tensioni. Solo più recentemente – a seguito della legge n. 84 del 1994 – nuove forme di 'dialogo' hanno consentito, in talune occasioni, di riavviare politiche di concertazione sui piani di sviluppo delle aree portuali e sul miglioramento della situazione delle zone urbane prossime ai porti. Per tutti questi motivi, l'occasione del 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia può rappresentare un momento significativo per riprendere la riflessione sul ruolo dei porti italiani nella storia del nostro paese, ed, eventualmente, sul potenziale rafforzamento che essi possono subire, alla luce dei dati positivi ed incoraggianti dell'intero cluster marittimo in questi ultimi anni, almeno fino alla crisi congiunturale del 2008.Al tempo stesso, si può analizzare la complessa relazione porto-città, in un'ottica di mutuo riconoscimento delle rispettive esigenze e della volontà di sviluppare le proprie attività in un quadro di concreto ed efficace spirito di collaborazione, che richiede sia una maggiore conoscenza reciproca, così come una più efficace definizione degli obiettivi per il raggiungimento di una qualità urbana sostenibile e duratura.La progressiva globalizzazione dell'economia e la liberalizzazione del mercato hanno determinato una generale crescita degli scambi commerciali a livello mondiale e in particolare il bacino del Mediterraneo è diventato un centro di flussi di traffico Est-Ovest e Nord-Sud. L'Italia, posta al centro del bacino del Mediterraneo, è tornata ad essere oggi il crocevia delle più importanti direttrici di collegamento mondiale di merci e passeggeri, vivendo una stagione di intensa crescita nei traffici marittimi. Ad eccezione per quei porti caratterizzati da una forte presenza del segmento crocieristico che ha registrato livelli di crescita interessanti, la crisi congiunturale e globale del 2008 ha avuto effetti molto pesanti anche in questo settore (traffico merci su mezzi pesanti e traffico container). Si pagano alcune lacune storiche della portualità del Mediterraneo, e di quella adriatica in particolare, quali la mancanza di collegamenti terrestri via ferrovia da e per i porti, anche se le Autorità Portuali stanno cercando di colmare il ritardo sia dal punto di vista infrastrutturale che di sostenibilità ambientale, attraverso politiche di condivisione e convivenza tra il porto e il territorio circostante e in una rinnovata e diffusa 'cultura del mare' e del ruolo attivo e 'creativo' dei porti. Solo attraverso un approccio culturale e una reciproca educazione potrà emergere una nuova percezione del porto in città e della città nel porto. In realtà, esistono già segnali incoraggianti di una recente appropriazione – o ri-appropriazione – del porto in chiave positiva e di un recupero della cultura del mare in alcune città portuali italiane. Attraverso un processo lento e complesso, articolato in eventi diversi, sta maturando un nuovo 'sentire' nei confronti dei porti, visti in chiave di risorsa e di parte integrante di una città, purché essi rispettino alcune regole necessarie per una vita urbana sostenibile. ; The celebrations for the 150th anniversary of the Unification of Italy also offer the opportunity to question the history and development of this country, particularly in reference to the maritime culture and the system of water transport. In a peninsular country like Italy, with its 7,500 km of waterfront, the presence of ports has always been crucial to economic growth and its success in international markets. But the second half of the twentieth century, cities and their ports have been gradually separated, resulting in situation of conflict and ongoing tensions. Only recently – following the Law 84, 1994 - new forms of 'dialogue' have allowed, on certain occasions, to restart political consultation on the development plans of the port areas and on improving the situation of urban areas close to ports. For all these reasons, the occasion of the 150th anniversary of the Unification of Italy can be a significant moment to resume the debate on the role of Italian ports in the history of our country, and possibly increase the potential that they may have, according to the positive and encouraging data of the entire maritime cluster in recent years, at least until the economic crisis of 2008. At the same time, the complex relationship port-city can be analyzed, with a view to mutual recognition of their needs and to the development of their activities in a framework of practical and effective, cooperative spirit, which requires both a greater mutual understanding as well as a more effective targeting to achieve a lasting and sustainable urban quality. The gradual economic globalization and market liberalization have led to a general increase in trade globally and in particular the Mediterranean has become a centre of traffic flows East-West and North-South. Italy, located in the middle of the Mediterranean basin, is now once again become the crossroads of the most important lines of goods and passengers connected world, experiencing a period of intense growth in maritime trade. Except for those ports with a strong presence of the cruise segment, which recorded growth rates of interest, the global economic crisis of 2008 has had very heavy in this sector (freight traffic to trucks and containers). This is also due to some historical gaps of the Mediterranean ports, such as the lack of rail connections to and from the ports, although Port Authorities are trying to bridge the gap both in terms of infrastructural interventions and environmental sustainability, through policies of sharing and coexistence between the port and the surrounding area and through a renewed and widespread 'culture of the sea'. Since only through a cultural approach and mutual education will emerge a new perception of the port in the city and the city in the port. In fact, there are already encouraging signs of a recent appropriation of the port in a positive light and of a recovery of marine culture in several Italian port cities. Through a slow and complex process, articulated through different events, is gaining a new 'feeling' in relation to ports, seen in the key of a resource and as an integral part of a city, provided they respect certain rules necessary for sustainable urban living.
Dottorato di ricerca in Diritto dei contratti pubblici e privati ; La Comunità europea ha cominciato ad interessarsi degli appalti nel 1971, con la prima direttiva sui lavori pubblici, proprio a causa del notevole impatto che questi avevano sul mercato unico. Inizialmente, l'attenzione del legislatore comunitario era volta, in particolare, ad introdurre in questo settore alcuni principi generali, quali quelli di libera concorrenza, non discriminazione, parità di trattamento e trasparenza. La ragion d'essere della politica degli appalti era, infatti, quella di creare a livello europeo le condizioni di concorrenza necessarie affinché i contratti pubblici fossero attribuiti in modo non discriminatorio e il denaro pubblico fosse utilizzato razionalmente attraverso la scelta della migliore offerta presentata. A tale scopo, tutte le direttive comunitarie, che si sono succedute dal 1971 in poi, si sono preoccupate esclusivamente di dettare precise regole per quanto riguarda: la definizione dell'oggetto dell'appalto, la selezione dei candidati e, in particolare, l'aggiudicazione del contratto sulla base di criteri esclusivamente economici, obiettivi e facilmente misurabili. Per molti anni, dunque, la normativa comunitaria non ha previsto alcun riferimento alla possibilità di integrare considerazioni di natura non economica nel settore degli appalti pubblici, limitandosi alla trattazione degli aspetti tradizionalmente più attinenti agli obiettivi del mercato interno. Negli ultimi anni, tuttavia, con l'affermarsi a livello internazionale del concetto di "sviluppo sostenibile", le istituzioni comunitarie hanno gradualmente iniziato a prendere in considerazione le istanze etiche ed ambientali, integrandole con le altre politiche comuni. È da questo fenomeno di integrazione che si è sviluppata, anche a livello europeo, la pratica del Sustainable Public Procurement (SPP), ovvero la possibilità di introdurre criteri sostenibili, quali appunto le valutazioni etico-sociali ed ambientali, in una delle 4 politiche comunitarie più importanti tra quelle relative al mercato interno, ovvero quella in materia di appalti pubblici. In questa sede interessa, appunto, esaminare le origini e gli sviluppi degli "Acquisti pubblici sostenibili" nel contesto dell'Unione europea. In particolare, lo studio si propone di rispondere ai seguenti interrogativi: quali conseguenze ha comportato l'introduzione di considerazioni di secondary policies nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinate dal diritto comunitario?; Fino a che punto e in che modo le istituzioni dell'Unione sono riuscite a conciliare la tutela dell'ambiente e la politica sociale con i principi generali di libera concorrenza, trasparenza, imparzialità e non discriminazione, da sempre posti alla base della politica comune degli appalti pubblici? A tale fine, in primo luogo, si analizzerà, attraverso lo studio delle comunicazioni della Commissione, della giurisprudenza della Corte di giustizia e degli interventi normativi del legislatore comunitario, il dibattito istituzionale che si è sviluppato nell'Unione europea in merito alla possibilità di integrare considerazioni di natura ecologica e sociale nella disciplina degli appalti pubblici. In terzo luogo, dopo aver effettuato una panoramica generale delle esperienze di Sustainable Public Procurement attuate a livello internazionale, nazionale e locale, si esamineranno le origini, i contenuti ed i benefici degli "Acquisti pubblici sostenibili", così come recentemente sottolineati anche dalla Commissione europea. Infine, un'ultima riflessione sarà dedicata al modo con il quale la Comunità europea ed i suoi Stati membri, in quanto parti del Government Procurement Agreement (GPA), potranno continuare ad integrare considerazioni ambientali e sociali nella disciplina degli appalti pubblici senza porsi in contrasto con le finalità strettamente commerciali ed economiche perseguite dalla World Trade Organization (WTO). ; The interest of the European community towards pubic procurements started in 1971 with the directive on public works, due to their serious impact on the unique market. At first, the attention of the community legislator was focused, in particular, on the implementation in such sector of a number of general principles such as free competition, non- discrimination, transparency and fair and equitable treatment. The reason of the procurement policy was the creation at the European level of a number of competitive conditions in order to award public contracts without discrimination and to use public assets rationally through the choice of the best bid. For such a purpose, all the European directives issued since 1971 have only provided particular rules on the definition of the subject matter of procurements, the selection procedures of bidders and , in particular, the award of the contract on the basis of economic, objective and easy-to-measure criteria. For many years, then, European legislation has not provided any reference to the possibility of introducing elements of non-economic nature in the sector of public procurements, limiting the analysis to the aspects traditionally connected to the objectives of the internal market. Anyhow, during the last years, as the concept of " sustainable development" was becoming popular, the community institutions have gradually started to consider the ethical and environmental issues, combining them with the other common policies. From such combination has derived, also at the European level, the policy named Sustainable Public Procurement (SPP), that is the possibility to implement sustainable criteria such as ethical, social and environmental evaluations in one of the main community policies among those of the internal market: this is the public procurements policy. We hereby analyze the origins and development of the "Sustainable Public Procurement" within the European Union. 6 The study aims to responding to the following questions: what are the consequences of the implementation of some issues belonging to secondary policies in the public procurements regulated by European law? To which extent and how the EU institutions have succeeded in the combination of environment protection and social policy to the general principles of free competition, transparency, non discrimination that have always been at the grounds of the common policy of public procurements? Through the communications of the Commission, the cases of the Court of Justice and the European provisions, we will firstly examine the institutional debate held at the community level regarding the possibility to implement environmental and social issues in the public procurements legislation. Secondly, after having summarized the Sustainable Public Procurement experience carried out at the international, domestic and local level, we will analyze the origins, the contents and the benefits of the "Sustainable Public procurements" as recently outlined by the European Commission. At the end, we will describe how the European Community and its Member States, as parties in the Government Procurement Agreement (GPA), will be constantly implementing social and environmental issues in the legislation of public procurements avoiding any conflict with the economic and trading goals pursued by the World Trade Organization (WTO).
L'affermazione delle cosiddette "democrazie costituzionali" dotate di costituzioni rigide, ha portato a compimento un complesso processo storico ed ha condotto alla realizzazione quasi completa del "costituzionalismo", dove la legge, per la prima volta, viene sottoposta ad un giudizio di tipo assiologico. In tale contesto è di notevole importanza il complicato e delicato lavoro del giudice costituzionale, il quale deve interpretare la Costituzione, nel cui tessuto sono introdotti direttamente una serie di principi contenenti valori etico-politici , la cui applicazione non assume più la forma classica sillogistica della sussunzione, bensì della ponderazione. Le più note teorie giuscostituzionaliste e dell'argomentazione giuridica hanno dedotto che i principi sono delle norme di ottimizzazione che descrivono un valore da realizzare il più possibile, con riguardo a quanto risulta effettivamente realizzabile, sia sotto il profilo fattuale che giuridico, talché il loro adempimento non dipende soltanto dalle possibilità reali, ma anche da quelle giuridiche, oltre che da regole e da principi controversi. Nell'interpretazione costituzionale, seguendo il metodo argomentativo, la gerarchia assiologica, la scala di priorità tra i principi costituzionali diversi si rende necessaria, perché essa si riferisce a particolari tipi di norme date da una stessa fonte del diritto, ossia la Costituzione: nel balancing test tra diritti concorrenti la Corte Suprema americana parla di preferred position per taluni diritti riconducibili ad un valore costituzionale primario, come la libertà di espressione e di associazione, la libertà religiosa, i diritti della personalità e di partecipazione politica. Ma anche la nostra Corte Costituzionale è continuamente costretta a scegliere nel caso da decidere, con ragionevolezza e proporzionalità, non solo nell'ipotesi di giudizi di eguaglianza, alla luce dell'art. 3 della costituzione, ma anche quando, nel reperire la norma parametro, deve scegliere tra principi, diritti e valori contrastanti, come ad esempio tra diritto di libertà individuale e diritto alla salute o tra diritto di proprietà e di impresa e riconoscimento del valore "primario" del paesaggio. La difficile ricerca di una gerarchia tra i valori costituzionalmente tutelati esige un'opera continua e incessante di ridefinizione e di ri-armonizzazione dei principi costituzionali sulla base degli elementi specifici forniti dai casi da decidere. Gli enunciati costituzionali debbono perciò tener fermo un nucleo identificativo del valore originariamente tutelato, domandando, nel contempo, attraverso una ragionevole varietà di interpretazioni e di applicazioni, di essere continuamente rimodellati ed adeguati alla storia e alla politica, nonché al mutare delle assunzioni di senso e dei significati sociali. I principi che si trovano alla base delle costituzioni, e attorno ai quali i documenti costituzionali si sono formati, con l'aprirsi di nuovi orizzonti e di nuovi problemi, debbono continuamente essere aggiornati, rielaborati e ricomposti in un insieme dotato di senso. Essi hanno bisogno di rinnovata giustificazione da un interprete dotato di un peculiare ed elevato habitus giuridico, idoneo a rendere un giudizio complesso e articolato come quello di costituzionalità. . Dal punto di vista della metodologia ermeneutica, l'habitus del giudice costituzionale corrisponde alla precomprensione critica, attraverso la quale si può individuare se il giudizio costituzionale sia stato effettuato da un giudice privo di habitus e invalidare tale giudizio, anche a prescindere dalla corretta motivazione del giudice stesso. Se poi si tiene presente che la Costituzione è essa stessa il risultato dell'interpretazione dei principi costituzionali, risulta di tutta evidenza l'importanza di un "circolo ermeneutico" tra i principi conformatori della società e valutazioni della società stessa. Nel giudizio costituzionale la circolarità ermeneutica è molto accentuata, infatti, tra il giudice interprete, la collettività e la Costituzione, oggetto interpretato, si instaura un intimo rapporto circolare diacronico, dal momento che la Costituzione contiene dei principi e dei valori appartenenti alla società della quale lo stesso giudice costituzionale fa parte. Nell'attività giudiziale della Corte costituzionale italiana è possibile riscontrare l'accezione scettica dell'interpretazione giuridica, tipica dei sistemi di common law: laddove, sul piano della creatività, le sentenze interpretative di rigetto, sentenze additive e sentenze manipolative sono tutte varianti suggerite o imposte dalla necessità nei singoli casi di un unico modello di pronuncia del giudice delle leggi, che in presenza di determinate condizioni, consente di superare i confini prestabiliti dai canoni legali dell'interpretazione giudiziaria per addentrarsi verso una funzione che non è solo etero-integrativa del diritto ordinamentale e costituzionale, ma anche suppletiva del potere legislativo. L'utilizzo dell'ermeneutica giuridica, come metodo d'interpretazione, trova particolare rilievo dinanzi alle Corti de-statalizzate operanti in ambiti giuridici ad ordinamento pluristatale come la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e dinanzi alle Corti Costituzionali di diversi Stati, riconoscendo l'attività creativa ed etero-integrativa da parte del giudice costituzionale di civil law. Tramite la precomprensione critica e la circolarità tradica e diadica, l'ermeneutica giuridica si pone sempre più come metodo interpretativo indispensabile per l'interpretazione dei principi fondamentali, preesistenti al testo Costituzionale, e per la costruzione e l'impiego dei cosiddetti "parametri non scritti", utilizzati, a volte, dai giudici costituzionali italiani, al di là dei limiti tracciati dal metodo giuridico argomentativo: dove il punto di partenza del ragionamento deduttivo-assiologico dovrà sempre esser il testo scritto, dal quale l'interprete potrà denotare il valore del principio. Pur riconoscendosi nell'alveo delle teorie scettiche dell'interpretazione giudiziale, la metodologia ermeneutica offre una valutazione della decisione di costituzionalità capace di non lasciare alla discrezionalità del giudice uno spazio illimitato, dal momento che precomprensione critica e circolarità ermeneutica, dalle quali discende la canonistica ermeneutica, garantisce un metodo per la controllabilità del giudizio, senza che possa sfociare in decisioni arbitrarie o di opportunità politica. Dopo la riforma del titolo V, con il novellato art.117, primo comma, della Costituzione, la dottrina giuscostituzionalista ha parlato di una possibile estensione della legalità costituzionale, qualora i principi discendenti dal diritto comunitario-europeo ed internazionale andrebbero ad integrare i parametri ermeneutici utilizzati nel giudizio di costituzionalità: nel caso in cui il giudice a quo, in via incidentale, e lo Stato e le Regioni, in via diretta, sollevassero la questione di costituzionalità, per violazione del suddetto articolo della Costituzione. L'estensione della legalità costituzionale, tuttavia ha, anche, il suo risvolto "inverso", nel caso in cui fossero i principi esterni a ledere i principi fondamentali dell'ordinamento Costituzionale Repubblicano. Nel contemporaneo costituzionalismo europeo, che accomuna più vicende ordinamentali diverse, risulta essere di peculiare interesse l'esperienza giuridica della Svezia, una delle più solide ed efficienti democrazie mondiali, caratterizzata da un' antica tradizione costituzionale e da una lunga vaganza del controllo di costituzionalità delle leggi. Quest'ultime, fino a poco tempo fa, venivano interpretate dalle Corti nell'assoluto rispetto e subordinazione alla volontà storica del legislatore. Ultimamente, con l'entrata della Svezia nell'Unione Europea, a seguito delle recenti riforme costituzionali ed attraverso l'introduzione di un controllo di costituzionalità diffuso, le corti svedesi stanno gradualmente cambiando i loro tradizionali criteri interpretativi, per una più ampia ed efficace tutela dei diritti umani, nell'ambito giuridico costituzionale ed europeo. ; The claim of so-called "constitutional democracy" with rigid constitutions has completed a complex historical process and has led to the almost complete implementation of "constitutionalism", where for the first time the law is submitted to a value judgment. In this context, it is of great importance to the complicated and delicate work of the Constitutional Judge, who must interpret the Constitution, whose tissue directly holds a set of principles containing ethical and political values, and whose application does have the classic syllogistic form of subsumption, but that of weighting. Most of the Laws are rules, i.e. require something to run to the occurrence of specific conditions, and, therefore, one can refer to them as "conditional rules". In addition, rules can take a categorical form, such as total ban on access. If the rule is valid and applicable, it is absolutely crucial to impose the exact performance means that the rule prescribes. If this happens, one can determine whether the provisions were complied with or not. For the theories of constitutionalism and of the legal argumentation, principles, however, are rules that require that some value shall be fully accomplished with regard to what is actually feasible, both at the legal and factual levels. Consequently, principles are "rules of optimization", thus characterized by the fact that these can be viewed in differing degrees, and because the measurement of their performance depends not only on real possibilities, but also on legal ones, as well as issues on rules and principles. Following the method of the legal argumentation, in the constitution interpretation, hierarchy, the priorities among the various constitutional principles, is necessary so that it refers to specific types of norms laid down by the same source of law, the Constitution: in the balancing test between competing interests, the U.S. Supreme Court talks about preferred position for certain rights related to a primary constitutional value, such as freedom of expression and association, religious freedom, personal rights, and political participation. But even Italian Constitutional Court is constantly forced to choose according to what is being decided on, not only in the event of equality judgments according to Article 3 of the Constitution, but also when, in raising the standard parameter, it must choose - for example - between the right to individual freedom and right to health, or between property and company rights and recognition of the value of "primary" value of the context. The difficult search for a hierarchy of constitutionally protected values requires constant work and constant redefining and re-harmonizing of constitutional principles on the basis of the details provided by the cases to be decided upon. The statements should therefore take constitutional firm identification of an originally protected core value, requiring at the same time, through a variety of reasonable interpretations and applications, to be continually reshaped and adapted to history and politics, and to the effect of changing assumptions and of social meanings. The principles that lie at the heart of constitutions and upon which constitutional documents were formed, with the opening of new horizons and new challenges, must be continually updated, revised and put back together reasonably. They require renewed justification by judge with particular juridical habitus and critical pre-understending: he/she must have acquired, throughout his/her legal career, technical skills needed to make appropriate assessments in constitutional judgment. From the prospective of hermeneutic methodology, the habitus of the Constitutional Judge corresponds to critical pre-understanding through which one can identify whether the constitutional judgment was conducted by a judge lacking a habitus and invalidate that judgment, even regardless of proper motivation presented by the Judge. If one bears in mind that the Constitution itself is the result of the interpretation of constitutional principles, the importance of a "hermeneutic circle" between the principles in accordance with assessments of society and society itself is quite evident. In Constitutional judgement, hermeneutic circularity is highly stressed, in fact, between the court interpreter and the Constitution, the subject interpreted; it establishes a circular diachronic relationship, since the Constitution contains the principles and values belonging to the society which the constitutional Judge is part of. In the activity of the Italian Constitutional Court, it is possible to find the skeptical conception of legal interpretation, typical of common law systems: where, in terms of creativity, the Constitutional Court, through the "manipulative decisions", exceeding the legal boundaries of legal interpretation, integrates the constitutional law and carries a substitute function of the State legislature. The use of the "juridical hermeneutic" as a method of interpretation is particularly relevant before de-nationalized courts operating in legal fields having multi-state regulations, as the Court of Justice of the European Union and before the Constitutional Courts of several countries, recognizing the creative activity by the constitutional judges of civil law. Through the pre-comprehension and the circularity triadic and dyadic , the juridical hermeneutic, has became an indispensable element for interpretation of fundamental principles and for the construction and use of so-called "unwritten parameters" used, sometimes, by Italian constitutional Judges, leaping the methods based on logical argumentation techniques, for which the judge-interpreter must begin his/her legal reasoning always from the written text, to denote the value of the principle. Although the methodology hermeneutic belongs to the skeptical theory of the judicial interpretation, it provides an assessment of constitutional decision without leaving unlimited space to the will of the Judge, since hermeneutics secures a method for the controllability of the interpretive process, to prevent to the judgment of constitutionality is arbitrary or political. After the constitutional reform of 2001, the doctrine has spoken of a possible extension of constitutional legality, because the new Article 117, first paragraph, of the Constitution allows the principles descendants from European Union law and international conventions of integrate parameters of the constitutional control on the State laws. The extension of constitutional legality could have its inverse implication in the case some international law violates the fundamental principles of Italian Republican Constitution. In the contemporary European constitutionalism, that unites various juridical cultures, it appears to be of particular interest the juridical experience of Sweden: one of the most solid and efficient democracies in the world, characterized by an old constitutional tradition and a long absence of a control of constitutionality over state laws. Until recently, all the laws were interpreted by the swedish courts in full compliance and subordination to the will of the historical legislator. Lately, with the entry of Sweden in the European Union, following the recent constitutional reforms and through the introduction of a more stronger "widespread" control of constitutionality, the Swedish courts are gradually changing their traditional interpretation criteria for a more comprehensive and effective protection of human rights. ; Dottorato di ricerca in Persona, impresa e lavoro: dal diritto interno a quello internazionale (XXVIII ciclo)
In Europa e soprattutto in Italia si è assistito negli ultimi decenni a un progressivo invecchiamento della popolazione, conseguente a un calo della natalità e a un contemporaneo aumento della speranza di vita. Ne deriva una crescente attenzione da parte degli organismi politici internazionali e della comunità scientifica verso la popolazione in età avanzata, motivata dalle fondamentali trasformazioni socioeconomiche e organizzative che hanno interessato tutti i paesi a sviluppo avanzato. Questo fenomeno ha fatto sì che il tema dell'invecchiamento attivo assumesse un'importanza crescente non solo in ambito lavorativo ma anche in quello sanitario, economico e sociale. Anche la ricerca educativa ha sviluppato una nuova attenzione verso gli individui in età avanzata ripensando il concetto stesso di vecchiaia. Questo progetto di ricerca è stato l'occasione per raccogliere, analizzare e confrontare i programmi, le leggi, i decreti e i piani d'azione nel campo della formazione permanente in Sicilia a favore dell'invecchiamento attivo. L'OMS ha delineato un quadro strategico, indicato con il nome di Active Aging, per far fronte all'invecchiamento della popolazione. La strategia ha come obiettivo primario la creazione e il rafforzamento delle condizioni per un invecchiamento attivo le cui basi devono essere poste ben prima della vecchiaia. I pilastri dell'invecchiamento attivo devono essere: la salute, la partecipazione e la sicurezza delle persone in età avanzata. In Italia questo trend demografico si registra precocemente con le sue differenze regionali. In particolare, alcune realtà territoriali, come la Sicilia, in cui il trend mostra maggiore intensità. Il fenomeno dell'invecchiamento attivo e la necessità di costruire una società capace, non solo di prendersi cura ma anche di favorire l'autorealizzazione per l'intero arco della vita, richiede un'attenta pianificazione strategica da parte di tutte le istituzioni politiche, sociali ed economiche. Oggi, a causa della repentina trasformazione economica, sociale e culturale, il modello educativo-formativo deve essere distribuito ed esteso su un periodo di tempo molto più lungo. Il concetto di invecchiamento attivo si estende quindi all'idea di perseguire una vita sana e una qualità di vita per tutte le persone che invecchiano. Di conseguenza, il mantenimento dell'autonomia della persona anziana diventa un obiettivo fondamentale. L'educazione all'invecchiamento è un prerequisito per migliorare la qualità della vita degli anziani e dell'intera società. ; En Europa, y especialmente en Italia, las últimas décadas han sido testigo de un progresivo envejecimiento de la población, como consecuencia de un descenso de la natalidad y un aumento simultáneo de la esperanza de vida. Esto ha provocado una creciente atención por parte de los organismos políticos internacionales y de la comunidad científica hacia la población de edad avanzada, motivada por las transformaciones socioeconómicas y organizativas fundamentales que han afectado a todos los países de desarrollo avanzado. Este fenómeno ha hecho que el tema del envejecimiento activo adquiera una importancia creciente no sólo en el ámbito laboral, sino también en las esferas sanitaria, económica y social. También la investigación educativa ha desarrollado una nueva atención hacia los individuos en la vejez replanteando el propio concepto de vejez. Este proyecto de investigación ha sido una oportunidad para recopilar, analizar y comparar programas, leyes, decretos y planes de acción en el ámbito del aprendizaje permanente en Sicilia a favor del envejecimiento activo. La Organización Mundial de la Salud ha esbozado un marco estratégico, indicado bajo el nombre de Envejecimiento Activo, para hacer frente al envejecimiento de la población. La estrategia tiene como objetivo primordial la creación y el fortalecimiento de las condiciones para el envejecimiento activo, cuyas bases deben sentarse mucho antes de la vejez. Los pilares del envejecimiento activo deben ser: la salud, la participación y la seguridad de las personas en la vejez. En Italia, esta tendencia demográfica se registra tempranamente con sus diferencias regionales. En particular, hay algunas realidades territoriales, como Sicilia, donde la tendencia muestra una mayor intensidad. El fenómeno del envejecimiento activo y la necesidad de construir una sociedad capaz no sólo de cuidar sino también de fomentar la autorrealización a lo largo de la vida, requiere una cuidadosa planificación estratégica por parte de todas las instituciones políticas, sociales y económicas. Hoy en día, debido a la repentina transformación económica, social y cultural, el modelo educativo-formativo debe distribuirse y extenderse durante un periodo de tiempo mucho más largo. El concepto de envejecimiento activo se extiende, por tanto, a la idea de perseguir una vida sana y una calidad de vida para todas las personas a medida que envejecen. En consecuencia, mantener la autonomía de la persona mayor se convierte en un objetivo clave. La educación para el envejecimiento es un requisito previo para mejorar la calidad de vida de las personas mayores y de la sociedad en su conjunto. ; In Europe, and especially in Italy, the last few decades have seen a progressive aging of the population, as a result of a drop in the birth rate and a simultaneous increase in life expectancy. This has led to a growing attention on the part of international political bodies and the scientific community towards the population in old age, motivated by the fundamental socio-economic and organizational transformations that have affected all countries with advanced development. This phenomenon has ensured that the topic of active aging has become increasingly important not only in the working environment but also in the health, economic and social spheres. Educational research has also developed a new focus on older people and has rethought the very concept of old age. This research project was an opportunity to collect, analyze and compare programs, laws, decrees and action plans in the field of lifelong learning in Sicily in favor of active aging. The WHO has outlined a strategic framework, referred to as Active Aging, to deal with the aging of the population. The strategy has as its primary objective the creation and strengthening of conditions for active aging whose foundations must be laid well before old age. The pillars of active aging must be health, participation and security of people in old age. In Italy this demographic trend is registered early with its regional differences. In particular, there are some territorial realities, such as Sicily, where the trend shows greater intensity. The phenomenon of active aging and the need to build a society capable not only of caring but also of fostering self-fulfillment throughout life, requires careful strategic planning by all political, social and economic institutions. Today, due to the sudden economic, social and cultural transformation, the education and training model has to be distributed and extended over a much longer period of time. The concept of active aging therefore extends to the idea of pursuing a healthy life and quality of life for all aging people. Consequently, maintaining the autonomy of the elderly person becomes a key objective. Education for aging is a prerequisite for improving the quality of life of older people and of society as a whole.
La tesi sviluppa il tema del processo all'imputato assente. Il presente lavoro trae spunto dalla riforma operata con la legge 28 aprile 2014, n. 67. Esso si prefigge l'obiettivo di analizzare, da un lato, il contenuto della nuova disciplina – sia sotto il profilo statico, sia sotto quello dinamico - con particolare riferimento all'imputato assente e all'irreperibile e, dall'altro lato, di verificare se il nuovo assetto normativo italiano possa dirsi conforme ai dicta sovranazionali. Il primo capitolo è dedicato allo studio delle fonti sovranazionali e alla ricostruzione degli status processuali connessi alla mancata presenza dell'imputato vigenti nell'ordinamento interno prima dell'entrata in vigore della riforma del 2014. In particolare, nella prima sezione, vengono analizzate le fonti internazionali (Nazioni Unite) ed "europee" (Consiglio d'Europa ed Unione Europea), oltre alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'Uomo e del Comitato dei diritti umani dell'O.N.U. Viene illustrato il contenuto degli atti normativi e delle sentenze al fine di delineare le caratteristiche del processo all'assente così come emerge in sede sovranazionale. La seconda sezione è, invece, dedicata alla disciplina italiana pre-riforma. In essa vengono, in particolare, descritti gli istituti della contumacia e dell'assenza, nonché le problematiche ad essi connesse e le critiche che - in particolar modo a margine della contumacia - la dottrina aveva sollevato, per giungere alle figure dell'imputato latitante e dell'imputato irreperibile. Descritta la situazione previgente ed evidenziate criticità e proposte di riforma, si passa al secondo capitolo in cui vengono analizzati i profili statici della riforma. Si prendono, tra gli altri, in esame gli art. 420-bis - 420-quater c.p.p., individuando i presupposti applicativi sia della dichiarazione dell'assenza dell'imputato, sia della sospensione del processo per irreperibilità dell'imputato. Vengono inoltre analizzati i profili problematici: il rapporto tra conoscenza legale e conoscenza effettiva; le intersezioni tra consapevolezza e diritto ad una corretta informazione; la trasformazione del diritto ad essere informato in dovere di informarsi; nonché il difetto di coordinamento evidenziato dalla permanenza del termine "contumacia" – anche dopo la riforma – in alcuni ambiti dell'ordinamento processuale. Il capitolo si conclude con la valutazione della disciplina italiana alla luce dei precetti sovranazionali. Si passa poi, nel terzo capitolo, allo studio dei profili dinamici del processo in absentia, analizzandone l'iter in udienza preliminare - con particolare riferimento alla revoca dell'ordinanza dichiarativa dell'assenza - e in dibattimento. Lo studio prosegue con l'analisi delle impugnazioni, con particolare riguardo al giudizio di secondo grado, all'annullamento con rinvio della Corte di Cassazione e alla rescissione del giudicato. Il capitolo si conclude con l'esame della disciplina transitoria conseguente all'entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67 e con il confronto tra i profili dinamici del processo in assenza dell'imputato e i dicta sovranazionali. Nel quarto capitolo, si analizzano le ricadute che la riforma del processo in absentia manifesta su delle specifiche branche del sistema processuale. In particolare, si prendono in esame gli effetti derivanti dall'abolizione della contumacia e della conseguente introduzione della figura dell'assente e dell'irreperibile sul processo penale a carico degli enti, sul processo dinanzi al Tribunale per i Minorenni, sul giudizio dinanzi al giudice di pace e sul processo penale militare. Il quarto capitolo si conclude con un'analisi dei riflessi che la legge 28 aprile 2014, n. 67 ha avuto sulla cooperazione giudiziaria in materia penale, con specifico riferimento all'estradizione, al mandato d'arresto europeo e al reciproco riconoscimento delle sentenze. ; The topic of this thesis is the trial in absentia. The starting point of the analysis is the reform introduced with Act 28 April 2014, No. 67. The objective of the thesis is to analyse the content of the new rules – from both the static and the dynamic point of view - with special reference to defendants who fail to appear and those who are untraceable- and to assess whether the new Italian legislation complies with supranational dicta. The first chapter contains a review of supranational sources and the description of the procedural status deriving from non-appearance of the defendant as defined in the Italian legislation before the entry into force of the reform in 2014. Specifically, in the first section, I analyse the international (United Nations) and "European" (Council of Europe and European Union) sources, as well as the decisions of the European Court of Human Rights and the Human Rights Committee of the United Nations. I describe the content of the legislation and court decisions in order to identify the characteristics of the trial in absentia as specified at the supranational level. The second section focuses on Italian legislation before the reform. Here I specifically describe the institutions of "contumacia" [non-appearance without legitimate impediment] and "assenza" [defendant waiving the right to be present], as well as the related issues and the objections - in particular those concerning "contumacia" - levelled by the jurisprudence, to arrive to the case of the defendant who wilfully absconds and the one who is untraceable. After describing the pre-existing situation and pointing out problems and reform proposals, in the second chapter I analyse the static aspects of the reform. I review, among others, art. 420-bis to 420-quater of the Code of Criminal Procedure, identifying the conditions for the application of the declaration of non-appearance by the defendant and the suspension of the trial when the defendant is untraceable. The problematic aspects are also analysed: the relationship between legal and actual information; the overlap of awareness and right to be properly informed; the transformation of the right to be informed in duty to become informed; and the lack of consistency shown by the continued use of the term "contumacia" in some parts of the procedural system, even after the reform. The chapter ends with an assessment of the Italian legislation in the light of the supranational rules. In the third chapter, I then review the dynamic aspects of the trial in absentia, analysing its iter at the preliminary hearing - particularly with regard to the revocation of the declaration of non-appearance - and at the trial. This is followed by an analysis of the appellate process, particularly with regard to the judgement of second instance, the nullification with judicial review of the Court of Cassation, the highest appeal court in Italy, and the breach of res iudicata. The chapter ends with an analysis of the transitory rules applied after the entry into force of Act 28 April 2014, No. 67, and with the comparison of the dynamic aspects of the trial in absentia with the supranational dicta. In the fourth chapter, I analyse the repercussions of the reform of the trial in absentia on some specific areas of the procedural system. Specifically, I review the effects of the elimination of the concept of "contumacia", and the resulting introduction of the categories of the non-appearing and untraceable defendant, on criminal trials against organisations, trials in the Tribunale per i Minorenni (the Italian Youth Court), judgements by the Giudice di pace (Justice of the Peace), and military criminal trials. The fourth chapter ends with an analysis of the implications of Act 28 April 2014, No. 67 on judicial cooperation in criminal law issues, with specific reference to extraditions, European arrest warrant, and reciprocal recognition of judgements.
Dottorato di ricerca in Memoria e materia dell'opera d'arte attraverso i processi di produzione, storicizzazione, conservazione, musealizzazione ; Il progetto Gabriele Galantara. Illustratore, editore e grafico in Italia (1892 – 1937) propone l'analisi e la critica dell'attività italiana di Gabriele Galantara negli anni compresi tra il 1892 e il 1937. Esso ha origine dagli studi degli ultimi due decenni nel campo dell'illustrazione, caratterizzati da tagli cronologici, iconografici e stilistici e più raramente biografici. La monografia Gabriele Galantara. Il morso dell'Asino edita nel 1965 e i più recenti contributi hanno condiviso l'identificazione dell'autore con il periodico «l'Asino», da questi fondato, soffermandosi sugli accenti socialista ed anticlericale. Da questa focalizzazione e dall'assenza di un archivio personale è stata avviata l'indagine, imperniata su di una pluralità di punti di osservazione, anche antitetici. Si è effettuata la ricerca dei documenti procedendo alla loro successiva catalogazione e disamina e in parallelo si è operato filologicamente sia sulle fonti archivistiche che sul materiale figurato, per ricostruire il vissuto personale e i contesti artistici, culturali e politici. Si è rivelato un ampio orizzonte che ha reso necessaria una determinazione geografica e cronologica, pertanto sono divenute oggetto di trattazione le creazioni per il mercato italiano realizzate dal 1892, data del trasferimento romano, sino al 1937. Le collaborazioni estere e la precedente esperienza bolognese rappresentano i confronti e le fonti iconografiche e documentarie. A dispetto dell'omogeneità descritta in passato è emersa una ricchezza interdisciplinare e il materiale è stato diviso in tre sezioni: le prime due analitiche, dedicate alle differenti attività editoriali, e la terza critica, impostata sui raccordi iconografici e stilistici della produzione. Anzitutto si è operato l'approfondimento dell'appartenenza socialista, attraverso l'analisi della militanza attiva nella strutturazione romana del partito e della produzione per lo stesso e per il quotidiano «Avanti!» (almanacchi, manifesti e tessere). In seguito si è indagata la collaborazione con la Libreria Editrice Luigi Mongini ed infine si è ricostruita la vicenda della Libreria Editrice Podrecca & Galantara. Il secondo capitolo è un'analisi della produzione periodica illustrata realizzata durante i detti anni e destinata al mercato editoriale italiano, condotta su basi formali, in relazione a dimensioni, mise en page, connessione con i contributi e differenze linguistiche. Perciò si presentano come aree di investigazione: le copertine, le illustrazioni caricaturali, i pupazzetti, le vignette e le strisce satiriche. Nel terzo capitolo il materiale è stato sottoposto a una mappatura tematica che ha evidenziato categorie di soggetti utilizzati in modalità trasversale sui differenti media: la rappresentazione del proletariato, la trattazione della figura femminile, l'approccio con il concetto di alterità e il rapporto 4 con la religione cattolica. La disamina dei modelli proposti è basata su di una eterogeneità delle aree di interesse e di destinazione, dei supporti (con un focus sulla grafica pubblicitaria e di propaganda) e delle cronologie. L'obiettivo primigenio è stato realizzare una ricognizione il più ampia possibile, attraverso documenti noti, meno conosciuti e inediti, conservati presso istituzioni pubbliche e private. Secondo fine è stato dimostrare un'attività più composita di quanto sino ad ora proposto, della quale l'illustrazione satirica è risultata solo una porzione. Infine si è proposta una lettura trasversale della produzione presentata, evidenziandone l'omogeneità iconografica e linguistica. A fianco di ciò si sono proposti confronti e paragoni su scala nazionale e internazionale, sia fra i contemporanei sia attingendo alla storia dell'arte. ; The project Gabriele Galantara. Illustrator, publisher and graphic designer in Italy (1892 – 1937) deals with the analysis and the critic of Gabriele Galantara's italian activities in the years between 1892 and 1937. It arises from the studies over the past two decades in the field of illustration, researches marked out by chronological, iconographic and stylistic slants, and more rarely by biographical angles. The monograph Gabriele Galantara. Il morso dell'Asino (The bite of the Donkey), published in 1965, and some more recent essays have shared the author's identification with the newspaper he has founded, «l'Asino» («the Donkey»), focusing on socialist and anticlerical perspectives. Starting from these focuses and from the lack of the artist's personal archive, this work has been set on a multiplicity of point of view, even antithetical. On one hand, first of all the practice research of documents and then their classification and close examination; on the other hand, a philological study about archive sources and at the same time around the graphic materials, in order to recreate non only the personal life but also the artistic, cultural and political backgrounds. The research has recognised a large reference point and it has required a geographical and cronological determination, therefore only the creations for the italian market between 1892 (in connection with the roman transfer) and 1937 have been processed. The foreign collaborations and the previous experience in Bologna have become comparisons and iconographic sources. In spite of the uniformity welldescribed in the past, a cross-curricular profusion stands out, and the documents have been divided into three section: the first two sections are analytic and dedicated to different editorial activities, the third is a consideration above the iconographic and stilistic connections shared by the whole production. In the first chapter the socialist membership has been analyzed thanks to the examination of the political militancy in the roman organization of the party and to the production dedicated to this and to the newspaper «Avanti!» (such as almanacs, posters and cards). After that the collaboration with the Libreria Editrice Luigi Mongini (Bookshop Publisher Luigi Mongini) has been inquired and finally the problematic affair of the Libreria Editrice Podrecca & Galantara (Bookshop Publisher Podrecca & Galantara) has been retraced. The second chapter is an analysis of the illustrated periodical production for the italian market during the described years, realized through figurative features, dimensions, mise en page, interaction with subjects and style differences. The research areas are: covers, satirical illustrations, cartoons and satirical strips. In the last chapter the material has been examined through a subject mapping which has underlined some topics used across different media: the proletarian portrayal, the development of the female figure, the approach with the idea of otherness and the relationship with the catholic religion. The patterns belong to different destinations, supports, media (with a particular focus on commercial and political-propagandistic art) and times. The first aim has been a survey as broad as possible through famous, known, and unknown documents, preserved in public and private institutions. The second purpose has been disclosed a mixed production, different from the one described and exhibited since now, in order to show how the satirical illustration is only a portion of Galantara's complex universe. Finally a cross-out interpretation has been proposed, underlining an iconographic and linguistic homogeneity, also with national and international comparisons, both between contemporary artists and beloging to art history.
Dottorato di ricerca in Diritto dei contratti pubblici e privati ; In data 11 maggio 2005, il Parlamento europeo e la Commissione hanno adottato la direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali poste in essere tra imprese e consumatori nel mercato interno. La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l'armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali. Scopo del presente lavoro vuole essere quello di indagare la fattispecie in commento, avendo particolare riguardo alle disposizioni nazionali di recepimento della suddetta direttiva comunitaria (D.Lgs., n. 146 del 2 agosto 2007). Ove si volesse sinteticamente rievocare la recente evoluzione normativa che ha condotto all'affermazione di un diritto dei consumatori anche nel nostro Paese, sarebbe possibile configurarla come un tentativo di superamento dell'inadeguatezza della disciplina codicistica e delle tecniche di tutela dei diritti basate sull'azione in giudizio del singolo interessato. Il fine è quello di attribuire al consumatore e, oggi, anche alle microimprese, una posizione giuridicamente più forte per compensare la loro intrinseca debolezza sul piano sostanziale. La disciplina relativa alle pratiche commerciali scorrette estende la tutela del consumatore - oltre la soglia stessa del contratto - all'intero rapporto di consumo. Il complesso di questa normativa, elaborata proprio per superare la constatata inadeguatezza della tutela "formale" garantita dal codice civile, determina una necessaria esigenza di adeguamento del sistema e degli stessi abiti mentali degli operatori del diritto, aprendo una serie di questioni su cui è utile soffermarsi. Si tratta di individuare il nuovo punto di equilibrio nei rapporti tra autonomia dei privati e ordinamento. In tale contesto, occorre ricostituire un bilanciamento degli interessi e degli adeguati criteri di giudizio volti a chiarire se la normativa a tutela dei consumatori esprima un'istanza di tipo dirigista oppure si configuri come una nuova frontiera dell'affermazione della libertà dell'individuo. Si può proporre un primo tentativo di risposta che ruota intorno alla consapevolezza e all'autonomia della scelta di consumo. Queste devono essere garantite nella loro effettività in quanto divengono, nel quadro del mercato concorrenziale, un momento altrettanto essenziale come quello della competizione tra le imprese. Il consumatore, infatti, potendo scegliere tra le varie offerte induce una pressione nei confronti delle imprese che devono sforzarsi di offrire beni e servizi sempre migliori. La volontà e la capacità di giudizio del consumatore devono essere protette da abusive pressioni esterne, senza però essere annullate o sostituite integralmente da determinazioni eteronome di natura amministrativa o giudiziale. In questo contesto assume un ruolo rilevante l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la quale, chiamata a vigilare anche in materia di pratiche commerciali scorrette, ha il delicato compito di rendere operativo l'insieme delle tutele previste in astratto dalla legge senza pregiudicare la libera e consapevole scelta del consumatore nonché la libertà di impresa. Seguendo tali linee programmatiche sarà possibile individuare i punti di forza e nello stesso tempo di debolezza che potrebbero rilevare in sede di tutela civilistica delle ragioni del consumatore non trascurando il fatto che, da un lato, la disciplina delle pratiche commerciali scorrette non è stata disegnata dalla direttiva 2005/29/CE in funzione della produzione di effetti inerenti ai rapporti contrattuali tra il professionista e il consumatore, dall'altro, è la prassi che impone di approfondire tale interessante profilo di indagine. Tra gli obiettivi del presente lavoro si inseriscono, altresì, talune necessarie considerazioni in merito alla disciplina statunitense delle unfair commercial practices – frutto di un periodo di ricerca che, colui che scrive, ha avuto l'onore e il piacere di svolgere negli Stati Uniti d'America presso la Fordham University School of Law (New York City). ; The Directive on Unfair Commercial Practices was adopted on May 2005. Commercial practice refers to activities linked to the promotion, sale or supply of a product to consumers. It covers any act, omission, course of conduct, representation or commercial communication – including advertising and marketing – which is carried out by a trader. If it is unfair, this means it is deemed to be unacceptable with regards to the consumer, according to specified criteria. The Directive has been passed to strengthen the confidence of European consumers in cross-border transactions. Evidence showed that citizens were unsure if their rights would be adequately protected in international purchases and were therefore not taking advantage of the European Internal Market. The Directive aims to clarify consumers' rights and to simplify cross-border trade. Common rules and principles will give consumers the same protection against unfair practices and rogue traders whether they are buying from their corner shop or purchasing from a website based abroad. The Directive brings harmonization and mutual recognition between states, bringing down internal market barriers. On September 21, 2007, Legislative Decrees n. 145/2007 and 146/2007 entered into force, transposing Community Directive 2005/29/EC into the Italian law. These decrees modify the rules on misleading and unlawful comparative advertising (by modifying the Legislative Decree no. 206/2005 - Consumer Code) and introduce a new set of rules on improper or unfair commercial practices, entrusting its implementation to the Antitrust Authority. Commercial practices are considered unfair if they run "contrary to the requirements of professional diligence and materially distorts or is likely to materially distort the economic behaviour with regard to the product of the average consumer whom it reaches or to whom it is addressed, or of the average member of the group when a commercial practice is directed to a particular group of consumers. " (Section 20(2) of the Consumer Code). Two different types of unfair commercial practices have been distinguished. One concerns "misleading practices," which may involve " misleading actions" or " misleading omissions." Actions or omissions are considered misleading to the extent that they induce average consumers to make decisions they would not have made otherwise. Another type of unfair commercial practices concerns "Aggressive practices" wich are practices that employ harassment, coercion or other undue forms of influence to pressure the average consumer into making commercial decisions they would not have made otherwise. The new set of rules also identifies commercial practices which are in all circumstances considered misleading or aggressive and no additional burden of proof is necessary to demonstrate their capacity to misguide consumer choices. About unfair commercial practices, misleading and unlawful comparative advertising, the new rules empower the Antitrust Authority to launch proceedings also ex-officio (i.e. even when no complaints have been received from external sources). It is endowed with investigatory powers, including the ability to gain access to any pertinent document and to request pertinent documents or information from anyone, the capacity to sanction refusals to cooperate or the transmission of untruthful documentation or information, to conduct inspections, to receive assistance from the Italian Tax Police and to conduct surveys and economic analyses. From the studies relating to the Italian law discipline it has emerged that the discussion about unfair commercial practices finds a significant example in unfair practices regulated from Federal Trade Commission Act wich is even worth analyzing. The Phd thesis also investigates the likely impact of the consumer regulation on the private law of contract and the consumer's right of redress.
La presente ricerca ha avuto ad oggetto l'analisi della criminalità culturale di matrice immigratoria nel contesto europeo contemporaneo. Tradizionalmente con il termine reato culturalmente orientato o motivato si intende quel comportamento realizzato dal membro di una cultura minoritaria che è considerato reato dall'ordinamento giuridico della cultura dominante, ma che viene accettato, condonato, o addirittura incoraggiato all'interno del gruppo culturale del soggetto agente. Dedicare la ricerca esclusivamente alla criminalità culturale di matrice immigratoria significa restringere il campo dell'analisi ai reati culturali commessi da immigrati, escludendo i reati culturali commessi da minoranze autoctone. Esulano, tra l'altro, dall'analisi i reati riconducibili all'immigrazione clandestina e le forme di terrorismo transnazionale di matrice ideologica. Il particolare tipo di reato culturale di cui si è occupata la presente ricerca può dunque essere definito come il comportamento che l'immigrato pone in essere in quanto normale, approvato, o incoraggiato dalla propria cultura e che, invece, è considerato reato nello Stato di residenza. Alla nozione di reato culturale e di cultural defence, nonché alla delimitazione dell'ambito di indagine è dedicato il primo capitolo della tesi, nell'ambito del quale vengono spiegate le difficoltà che si incontrano nel definire il concetto di cultura e di pratica culturale. La ricerca è volta a valutare la possibile rilevanza penale da riconoscere al condizionamento esercitato sul reo dall'appartenenza a una determinata cultura, ossia al c.d. fattore culturale. La definizione di reato culturale è tale da comprendere situazioni molto diverse tra loro, rispetto alle quali è necessario trovare un equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e diritto – o, meglio, diritti – alla specificità. Vengono alla mente pratiche riconducibili alle tradizioni di determinati gruppi etnici, quali la mutilazione degli organi genitali femminili, lo stupro che precede il matrimonio, l'impiego di minori nell'accattonaggio, o i matrimoni poligamici. Con ogni evidenza, si tratta di comportamenti che – ammesso e non concesso che siano (ancora) legittimamente praticati nei Paesi di provenienza dell'immigrato – rappresentano un problema nel momento in cui vengono posti in essere in uno Stato ospitante che ne riconosce la rilevanza penale. I flussi migratori che negli anni hanno accompagnato il processo di integrazione europea ed internazionale hanno messo in contatto persone portatrici di tradizioni culturali estremamente distanti tra loro, facendo della c.d. criminalità culturale uno dei temi più complessi, discussi e controversi del panorama giuridico contemporaneo. Dal punto di vista comunitario, tra l'altro, la nascita dell'area Schengen e il progressivo enlargement europeo hanno incrementato il fenomeno migratorio, imponendo anche a Paesi che non avevano vissuto in passato esperienze immigratorie di confrontarsi con le sfide del multiculturalismo. Spesso si pensa all'immigrazione e alla società multiculturale come una sfida per il diritto penale statale. L'area penale è, infatti, la più resistente alla sottrazione della sovranità che il processo di integrazione europea ed internazionale comporta perché rappresenta uno degli ambiti in cui maggiormente si riflette l'identità costituzionale degli Stati. La norma penale è una delle più alte manifestazioni dei valori prevalenti in una determinata area culturale. Da un lato, questo significa che l'ordinamento nazionale si riserva gelosamente la potestà di decidere quali comportamenti costituiscono reato all'interno del proprio territorio. Dall'altro lato, proprio per questo suo essere espressione della cultura di appartenenza di un determinato soggetto, la norma penale fa parte del bagaglio del migrante: l'individuo percepisce come reato ciò che per la propria cultura è reato e potrebbe non comprendere, e magari neanche percepire, le fattispecie vigenti nel territorio in cui emigra. Sullo sfondo dei reati culturali vi è una forma di conflitto culturale tra Paese ospitante e individuo ospite, che porta con sé la necessità di stabilire come devono essere giudicate le condotte poste in essere da chi appartiene a culture diverse da quella ritenuta dominante. Nell'ambito della ricerca che ha portato alla presente tesi è stato analizzato il trattamento dei culturally motivated crimes con particolare riferimento al sistema italiano e a quello del Regno Unito. L'Italia, alla quale è dedicato il secondo capitolo della tesi, storicamente è stata il punto di partenza dei migranti; soltanto nell'ultimo trentennio è divenuta una meta per gli immigrati e si è dovuta confrontare con la criminalità culturale di matrice immigratoria. Il modello italiano di gestione della diversità culturale, oltre ad essere particolarmente giovane, è considerato di stampo assimilazionista. La legislazione italiana non chiarisce la rilevanza penale da attribuire al fattore culturale, né tantomeno codifica una qualche forma di cultural defence. La strategia che, soprattutto negli ultimi anni, il nostro legislatore penale sembra portare avanti è quella di introdurre alcuni singoli reati culturalmente orientati, spesso con interventi caratterizzati da una decisa reazione sanzionatoria. In questo senso dal punto di vista legislativo vengono in particolare in rilievo due recenti interventi normativi: la legge n. 7 del 2006, con la quale è stato introdotto il delitto di mutilazioni genitali femminili e la legge n. 94 del 2009, con la quale è stato innalzata a delitto la contravvenzione di impiego dei minori nell'accattonaggio. Dal punto di vista giurisprudenziale in Italia si registra una mancanza di coerenza nelle decisioni che hanno ad oggetto i reati culturali. Per quanto attiene il sistema italiano vengono inoltre analizzate le sentenze pronunciate da tribunali esteri nell'ambito di procedimenti che hanno riguardato italiani accusati di reati culturalmente motivati. Si tratta di un'ottica molto interessante perché permette di superare l'atteggiamento paternalista mascherato da tolleranza che spesso accompagna il tema della diversità culturale. Il Regno Unito è stato scelto come secondo modello di riferimento e gli viene dedicato il terzo capitolo della tesi. Oltre ad aver vissuto un'esperienza immigratoria precedente rispetto all'Italia, la Gran Bretagna nel contesto europeo è considerata portatrice del modello c.d. multiculturalista di gestione della diversità culturale, che si contrappone al modello c.d. assimilazionista, al quale è invece riconducibile il sistema italiano. L'approccio multiculturalista è ispirato da una logica di uguaglianza sostanziale e tradizionalmente si caratterizza per il riconoscimento delle diversità culturali e l'elaborazione di politiche volte alla loro tutela. Nel Regno Unito l'appartenenza a una determinata minoranza culturale giustifica un diverso trattamento giuridico: si pensi al Road Traffic Act e all'Employment Act, che esonerano gli indiani sikh dall'uso del casco nei cantieri di lavoro e in moto, consentendo loro di indossare il tradizionale turbante. Espressione del multiculturalismo all'inglese sono anche gli Sharia Councils, pseudo-Corti formate da membri autorevoli della comunità islamica alle quali può rivolgersi la popolazione britannica musulmana affinché determinate controversie vengano risolte in applicazione della shari'a, la legge islamica. Lo studio degli Sharia Councils è stato una parte fondamentale del percorso di ricerca, svolto anche grazie alla partecipazione all'attività del Council di Londra. Questi organismi operano nell'alveo dell'Arbitration Act e sono oggi al centro di un fervente dibattito per due principali motivi. Prima di tutto nel Regno Unito si discute molto di parallel legal systems, ossia della possibilità di istituire per soggetti culturalmente diversi degli ordinamenti paralleli. Alcuni Autori ritengono che gli Sharia Councils esercitino una vera e propria competenza di carattere giurisdizionale. Assumendo questa tesi - invero minoritaria - il multiculturalismo all'inglese raggiungerebbe il cuore dell'ordinamento, all'interno del quale creerebbe una vera e propria spaccatura: ogni cittadino avrebbe la "sua" legge e il "suo" tribunale. Un altro problema fondamentale è quello dell'esercizio da parte dei Councils di una competenza di carattere penale: l'accusa rivolta a queste istituzioni è, infatti, quella di essersi arrogate una competenza in tema di violenza domestica forzando le maglie delle decisioni in tema di divorzio. Accanto all'analisi dedicata al sistema italiano e a quello inglese, per la ricerca si sono rivelate fondamentali anche le esperienze di Francia, Stati Uniti e Canada. Il sistema francese è considerato nel panorama europeo il principale modello assimilazionista: a questo proposito si parla di processo di francesizzazione degli immigrati, o anche cittadinizzazione senza integrazione. Gli Stati Uniti, spesso considerati la società multiculturale per eccellenza, sono la patria del dibattito sulla cultural defence, la strategia difensiva fondata sul fattore culturale come causa di giustificazione o come causa di diminuzione della pena. Il Canada, infine, è il portatore nel contesto internazionale del modello multiculturalista inglese: il multiculturalismo è espressamente previsto come principio nella Carta dei diritti e delle libertà, a partire dall'inizio degli anni novanta è stato reintrodotto per gli Inuit il circle sentencing, grazie al quale le decisioni, anche in materia penale, vengono adottate da una sorta di collegio composto dal giudice e da membri delle comunità interessate. Tra l'altro, è stata la Corte costituzionale canadese a formalizzare per la prima volta il c.d. test culturale, negli anni novanta. L'analisi del modello italiano, giovane e di stampo assimilazionista, e di quello multiculturalista inglese consente, anche grazie ai continui riferimenti ai sistemi adottati negli Stati Uniti, in Canada e in Francia, di assumere un punto di vista più generale sul trattamento dei reati culturali. I processi che riguardano vicende di criminalità culturale testimoniano spesso una difficoltà di integrazione degli immigrati che non è solo culturale, ma prima di tutto sociale. Sotto questo punto di vista ciò che accade nelle aule dei tribunali diventa il metro di valutazione della politica legislativa statale in tema di immigrazione. Obiettivo della ricerca è stato quello di identificare gli strumenti per gestire la criminalità culturale, individuando le strade che si possono concretamente percorrere per superare le tensioni tra società multiculturale e sistema penale, alla ricerca di un equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e diritti alla diversità che non metta in discussione principi cardine dell'ordinamento penale quali quello di eguaglianza e quello di proporzionalità della pena. Preso atto della complessità del problema, la prima conclusione cui si giunge all'esito della ricerca è l'impossibilità di conferire una rilevanza penale generale al fattore culturale. Non è possibile introdurre nella parte generale del Codice penale una causa di giustificazione culturale, così come non è possibile codificare una circostanza attraverso la quale dare un rilievo sanzionatorio predefinito e generale alla componente culturale che porta il reo a delinquere. Più volte tra le pagine del lavoro si sottolinea che rientrano nella nozione di reato culturale condotte che non sono neanche lontanamente paragonabili dal punto di vista del disvalore sociale che le connota e rispetto alle quali non è possibile fare un discorso di carattere generale. Così come non è possibile lavorare sulla parte generale del Codice penale, anche la scelta di introdurre fattispecie di reato create ad hoc per incriminare specifiche pratiche culturali non è condivisibile. Ed infatti, da un lato identificare e tipizzare una pratica culturale è spesso realmente difficile – e nel codice penale non c'è spazio per l'indeterminatezza – e dall'altro le esperienze italiana e inglese rivelano che l'operazione è alquanto inutile. A livello legislativo l'unica strada valutabile sembra essere quella di prevedere delle specifiche cause di non punibilità che permettano di dare una rilevanza – in maniera controllata – al fattore culturale in determinate ipotesi. Questa opzione consente di prendere in considerazione determinate pratiche culturali e di cucire su di esse la non punibilità, senza che questo implichi una scelta ordinamentale di carattere generale. Sembra, tuttavia, che sia una strada difficilmente praticabile: tra l'altro, un tema delicato come quello della criminalità culturale potrebbe non trovare facilmente una maggioranza parlamentare tale da consentire di legiferare e, comunque, ciò potrebbe avvenire in tempi decisamente lunghi. Ebbene, allo stato la chiave della questione è nel trattamento delle singole e concrete vicende di criminalità culturale e, dunque, nel ruolo del giudice. Anche in questo caso sorgono dei problemi: basti pensare che nel momento in cui il legislatore penale si astiene dal prevedere in via generale una forma di cultural defence, il fattore culturale potrebbe anche essere preso in considerazione contra reum, ad esempio a fini deterrenti, per chiarire inequivocabilmente l'intollerabilità di un determinato comportamento, o per prevenire una vendetta da parte del gruppo di appartenenza culturale della vittima. Il dato è preoccupante perché, come sottolineano gli Autori che si occupano di criminalità culturale, in presenza di un reato culturalmente orientato o motivato il grado di rimproverabilità dell'autore si attenua in conseguenza di una minore esigibilità della conformazione al precetto penale. Per arginare il rischio che il fattore culturale venga preso in considerazione per aggravare il giudizio di responsabilità del reo è dunque indispensabile sensibilizzare i giudici e munirli degli strumenti adatti per gestire la diversità culturale. In tale ottica la ricerca presenta l'analisi di alcuni strumenti che vengono utilizzati nei Paesi analizzati e dai quali è possibile prendere spunto: vengono così in rilievo l'Equal Treatment Bench Book inglese, il circle sentencing canadese, e la possibilità, sul modello francese, di integrare l'organo chiamato a giudicare un reato culturale. Di queste strade quella concretamente più praticabile è l'Equal Treatment Bench Book, un vademecum destinato agli operatori giudiziari nell'ambito del quale si rinvengono linee guida per la gestione pratica delle diversità culturali. Si tratta di un prodotto non immediatamente importabile, poiché non sarebbe sufficiente tradurlo per applicarlo, ad esempio, in Italia. È dunque necessario che i singoli Paesi adottino il proprio Bench Book; in quest'ottica la ricerca presenta alcune indicazioni da prendere in considerazione sia per quanto attiene chi potrebbe essere chiamato a scrivere il vademecum, sia per quanto attiene il contenuto del documento. In conclusione va richiamata una riflessione di carattere più generale: il modo corretto di affrontare la criminalità culturale di matrice immigratoria si basa sulla consapevolezza che prevenire è meglio che reprimere. Sicuramente, l'attenzione al ruolo del giudice e agli strumenti di concreta gestione della diversità culturale sono molto importanti, ma lo sono ancor di più le politiche per l'integrazione della società multiculturale, nella quale si assiste a un processo di scambio e di fusione culturale che si rivela il momento privilegiato per determinare l'equilibrio tra valori indiscutibili e diritti alla diversità. ; The research focuses on culturally motivated crimes related to migratory flows in the European area. A cultural offence is defined as an act by a member of a minority culture, which is considered an offence by the legal system of the dominant culture; that same act is nevertheless, within the cultural group of the offender, condoned, accepted as normal behaviour and approved or even endorsed and promoted in the given situation. The specific focus on immigration means that the research does not analyse crimes committed by native minorities. Moreover, crimes related to illegal immigration and transnational terrorism are not part of the dissertation. Thus, the specific type of cultural offences analysed in the research can be defined as the immigrant's behaviours that is normal, approved or promoted in his/her culture, but is considered offences in the State where he/she lives. The first chapter of the thesis is devoted to defining the notion of cultural crimes and cultural defence, and to outline the research analysis. This chapter acknowledges the difficulties encountered in defining the concepts of culture and cultural custom. The purpose of the research is to evaluate to what extent the fact that the defendant based his/her actions on a cultural norm can be taken into account in determining his/her responsibility within the criminal legal system of the country where the action takes place. Many different behaviours can be linked to cultural crimes and in all these circumstances there is the need to find a balance between fundamental rights protected by the domestic legal system and the specificity rights of minority groups. Consider the case of female genital mutilations, rape before wedding, or polygamy. These acts – even if they are (still) permitted in the country of the immigrant – may be considered offences in the country where the immigrant lives. Due to the immigration phenomenon related to the process of European and international integration, people coming from really different cultural backgrounds live together and nowadays the cultural crime rate has become one of the most problematic and debated legal issues. Furthermore with the gradual European enlargement more and more countries have had to face with problems related to multiculturalism. Immigration and multicultural society are often considered as a challenge for the criminal law, which is one of the more resistant areas of the whole legal system and opposes the process of European and international integration. This happens because the criminal law mirrors the essential nature of a country through the choice of the acts that are considered offences in the national territory. This choice is deeply influenced by the cultural background of the country and the criminal law is part of the cultural baggage of the immigrant. When people immigrate they bring with themselves the awareness that a behaviour is considered an offence in their country and they may not know or understand what is considered an offence in the country where they decide to live. Culturally motivated crimes stem from a conflict between the immigrant and the legal system of the country where he/she decides to live, between a cultural norm and a legal standard. With this regard, Van Broeck noted that the cultural offence has to be caused directly by the fact that the minority group the offender is a member of uses a different set of moral norms when dealing with the situation in which the offender was placed when he committed the offence: the conflict of divergent legal cultures has to be the direct cause of the offence. The research analyses how legislator and judges deal with cultural offences in Italy (Chapter II) and in the United Kingdom (Chapter III). For a long time Italy has been the starting point for immigrants and only in the last thirty years it has become their destination. For this reason the problem of determining the relevance of the cultural factor on the structure of an offence is more recent in Italy than in the United Kingdom, where the multicultural society is the result of the long story of the colonialism and the Commonwealth of Nations. Furthermore, the Italian system of handling cultural diversity is basically considered an example of assimilationism while the English one is considered an example of multiculturalism. This means that in the United Kingdom, more than in Italy, the legislation aims at preserving minority customs. In addition to the analysis of the Italian and the English systems, also the experience of France, of the United States and of Canada has been essential for the research. In the European context the French system is considered the best example of assimilationism. The law banning the wearing of a niqab or full-face veil in public is the clearest instance of this approach to different cultures which is usually regarded as gallicization of immigrants. The United States, often considered the multicultural society par excellence, are the birthplace of the debate about the cultural defence. In the international context Canada is considered an example of a multicultural system: multiculturalism is mentioned in the Canadian Charter of Rights and Freedoms of 1982 and since the 90's the circle sentencing can be used to solve disputes in the Inuit group with the participation of members of the community in addition to the judges. Furthermore, in the same period the Canadian court formalized for the first time the distinctive cultural test. The comparison between the Italian and the English systems in handling cultural differences deriving from immigration and all the references to the American, Canadian and French systems allow the research to adopt a more general point of view in analysing cultural crimes. Trials concerning culturally motivated crimes often give evidence of a difficulty in immigrants' integration; an issue that is not only a cultural problem, but primarily a social dilemma. From this point of view what happens in courtrooms becomes a device to evaluate a state immigration policy. The purpose of the research is to identify useful tools to manage cultural offences, finding a balance between victims' fundamental rights and the cultural specificity of a minority group. The first conclusion reached in the dissertation regards the impossibility to provide a general relevance to the cultural factor in the criminal system, so that it is not possible to introduce a cultural defence. Many different behaviours can be considered cultural offences and it is not possible to treat as homogeneous a broad range of acts. At the same time, also the introduction of type of offences to criminalize a specific cultural practice is not the right way to solve the problem of the cultural factor in the structure of the offence. First of all there would be many problems in identifying a cultural practice, because it is really hard to recognize which behaviour can be related to the cultural background of the minority group of the defendant. Moreover, as can be noticed when problems concerning the criminalization of the female genital mutilation in Italy and the United Kingdom are analysed, this way seems almost useless. A good option is to adopt methods which do not impose a penalty to the defendant, taking into account his/her cultural background in certain circumstances. This can be done using the absolute discharge of the English legal system or the category of the cause di non punibilità of the Italian one. In this case the chance not to impose a penalty to an immigrant defendant can be achieved without any consequence on the nature of offence of the behaviour in the legal system of the country where he/she decides to live. In a similar way in the Italian system it could be difficult to find the parliamentary majority to approve a legislation introducing the specific causa di non punibilità. Thus, the more practicable solution concerns the judges' activity. In this case, there is the need to avoid that the cultural factor is used contra reum worsening, for instance, the penalty. This modus operandi would not be fair because in the case of actions determined by a cultural norm commonly accepted by a minority group, the degree of reproach of these behaviours should be alleviated. In order to avoid that the cultural factor could be taken into account contra reum the first thing to do is to sensitize judges to the problems of the criminal law in a multicultural society. With this regard, the research analyses some tools used in the analised systems: in particular, the English Equal Treatment Bench Book, the Canadian system of the circle sentencing and the possibility, as in the French legislation, to integrate the judging body with lay judges in trials concerning cultural offences. The most workable solution is the Equal Treatment Bench Book, a guide for judges, magistrates, and all other judicial office-holders to handle cultural differences in trials. This English vademecum is not immediately importable in other European countries. In fact, it is not enough to translate it to solve the problem of sensitizing judges in so different legal systems. Thus, it is necessary to adopt a document like the English Bench Book in every country where immigration puts cultural offences on the agenda. From this point of view the research gives some hints about the drawing up of this vademecum. In conclusion it is possible to affirm that the correct way to approach cultural offences committed by immigrants is to understand that prevention is better than cure. Surely, it is important to pay attention to the role of judges and to the tools they can use in handling criminal offences. It is even truer that all the policies for the integration of the multicultural society are the most important instrument to determine the balance between fundamental rights and specificity rights of minority groups, that is also the key to handle cultural crimes.
La tesi affronta la ricostruzione critica del Diario di Prigionia scritto da Siro Terreni nel periodo 8 settembre 1943- 8 settembre 1945 durante la sua permanenza a Berlino come Internato Militare Italiano e la sua attività di memorialistica nel campo della didattica per le scuole del circondario Empolese Valdelsa dal 1997 al 2012. Precede l'analisi del diario una parte di ricerca bibliografica sul contesto di guerra italiano alla data dell'8 settembre 1943 ponendo ampio risalto sulle scelte condotte dalla classe dirigente e come queste impattarono sul destino dei reparti dell'esercito che in quel momento si trovavano dislocati sui vari fronti di guerra. L'8 settembre 1943 è raccontato come visto da entrambe le parti, l'Italia che dovette operare delle scelte per ottenere una pace separata con gli Alleati anglo-americani e la Wehrmacht che in vista dell'uscita dell'Italia dalla loro alleanza dovette compiere delle scelte e occupare il territorio italiano. la storia dei cosiddetti I.M.I. Internati Militari Italiani cominciano qui, prima sottoposti alla Convenzione di Ginevra e trattati come nuovi di guerra, successivamente etichettati con una qualifica che arginava la legislazione internazionale e metteva il destino di questi uomini nelle mani degli ex alleati tedeschi. Un capitolo è infatti interamente dedicato, cercando di tracciare delle linee guida per comprendere la storia degli I.M.I. per tematiche, dalla cattura, alla richiesta di collaborazione con la Wehrmacht, all'arrivo nei lager, il lavoro coatto, fino al ritorno a casa. l'utilizzo delle memorie per ricostruire l'impatto che ebbe su di loro il sistema concentrazionario nazista è stata di fondamentale importanza, senza di queste non sarebbe possibile oggi ricostruirne le vicende. Successivamente si restringe il campo sulla Toscana, trattando il tema dell'occupazione nazifascista del territorio e la nascita della Resistenza, armata e civile, analizzando ogni capoluogo di provincia e le relative formazioni e avendo cura di riservare parte della narrazione agli eventi di violenza che si verificarono durante il passaggio del fronte dalla Linea Gustav alla Linea Gotica e che hanno portato alla messa in pratica della violenza sommaria. Viene trattato anche il contesto di guerra che si viene a creare a Empoli, città natale di Siro Terreni, la nascita della resistenza e l'importanza che la città di Empoli assunse per la costituzione di una coscienza sociale improntata sulla Resistenza e l'Antifascismo tutt 'oggi presente e che ha fornito terreno fertile per una particolare attenzione e dedizione per la memoria e la storia. Siro Terreni è stato tra coloro che sono riusciti a tornare a casa dopo la fine della guerra e non ha mai smesso di raccontare quelle vicende che lo hanno accompagnato tutta la vita. La tesi tutto il suo percorso attraversato per cercare di la presenza di quest'uomo che appare psicologia costantemente impegnato in una lotta interiore ed esteriore con la memoria, testimonianza di quanto l'internamento la guerra ha segnato nel profondo, arrivando a dettare ogni sua azione. Negli anni Novanta poi, quando torna in auge l'Era del Testimone, Siro la incarna perfettamente e inizia un percorso didattico con i ragazzi delle scuole empolesi e del circondario. Si reca da loro per raccontagli le sue esperienze vissute nella sua città e quelle dell'internamento. Dal tema della prigionia, agli antichi mestieri, ai giochi della sua infanzia, all'alluvione del sessantasei. Il suo lavoro solleva nuovamente l'eterno conflitto tra storia e memoria che affligge la ricerca storica e la porta a domandarsi fino a che punto le memorie potrebbero essere ritenute valide. E quando queste persone non saranno più in vita per raccontare a chi spetterà il dovere di divulgarle? questa tesi propone una soluzione alternativa per l'imminente ingresso nella Post-memoria, lo sguardo vicino al parente come portatore di una tradizione storica antropologica fondamentale per il futuro che con consapevolezza può portare alla storia un nuovo punto di vista che fino a questo momento non c'era mai stato. The thesis deals with the critical reconstruction of the Diary of Prison written by Siro Terreni in the period 8 September 1943 - 8 September 1945 during his stay in Berlin as an Italian Military Internship and his memorial activities in the field of teaching for the schools of the Empolese Valdelsa district. from 1997 to 2012. The analysis of the diary is preceded by a part of bibliographic research on the Italian war context on the date of 8 September 1943, placing ample emphasis on the choices made by the ruling class and how these impacted on the fate of the army units that were located at that time. on the various war fronts. On 8 September 1943 it is told as seen by both sides, Italy which had to make choices to obtain a separate peace with the Anglo-American Allies and the Wehrmacht which, in view of Italy's exit from their alliance, had to make of choices and occupy the Italian territory. the history of the so-called I.M.I. Italian military internees begin here, first subjected to the Geneva Convention and treated as new to war, subsequently labeled with a qualification that stemmed international law and placed the fate of these men in the hands of former German allies. A chapter is in fact entirely dedicated, trying to draw guidelines for understanding the history of the I.M.I. for themes, from capture, to the request for collaboration with the Wehrmacht, to the arrival in the concentration camps, forced labor, up to the return home. the use of memories to reconstruct the impact that the Nazi concentration system had on them was of fundamental importance, without them it would not be possible today to reconstruct the events. Subsequently the field on Tuscany is narrowed, dealing with the theme of the Nazi-Fascist occupation of the territory and the birth of the Resistance, armed and civil, analyzing each provincial capital and its related formations and taking care to reserve part of the narration for the events of violence that occur. occurred during the passage of the front from the Gustav Line to the Gothic Line and which led to the practice of summary violence. It also deals with the context of war that is created in Empoli, the birthplace of Siro Terreni, the birth of the resistance and the importance that the city of Empoli assumed for the constitution of a social conscience based on Resistance and Anti-Fascism. present today and which has provided fertile ground for a particular attention and dedication to memory and history. Siro Terreni was among those who managed to return home after the end of the war and he never stopped recounting those events that have accompanied him throughout his life. The thesis has crossed all its path to try to find the presence of this man who appears to be psychology constantly engaged in an internal and external struggle with memory, testimony of how much internment the war has deeply marked, coming to dictate every action of he. Then in the nineties, when the Age of the Witness returns, Siro embodies it perfectly and begins an educational path with the students of the Empoli and surrounding schools. He goes to them to tell him about his experiences in his city and those of his internment. From the theme of imprisonment, to the ancient crafts, to the games of his childhood, to the flood of sixty-six. His work again raises the eternal conflict between history and memory that plagues historical research and leads her to wonder to what extent the memories could be considered valid. And when these people are no longer alive to tell who will have the duty to disclose them? this thesis proposes an alternative solution for the imminent entry into the Post-memory, the close gaze to the relative as the bearer of a fundamental historical anthropological tradition for the future which with awareness can bring to history a new point of view that up to now has not been had ever been.