La tesi di dottorato ivi presentata si pone come obbiettivo la ricostruzione come questo sapere scientifico (la scoperta del cambiamento climatico antropico sostanziata dalla comunità scientifica di 190 paesi) ha influenzato la ricerca, la politica e il discorso pubblico nel nostro paese, l'italia. Il titolo è indicativo quando riassuntivo: Il cambiamento climatico in Italia. Istituzioni scientifiche, politica e discorso pubblico (1988-2012). Esso definisce in maniera puntuale i temi che si tratteranno: una genealogia di fenomeni storici, politici, culturali nati in nuce alla scoperta di questo cambiamento che influenzerà in maniera determinante il modo in cui viviamo, l'ambiente intorno a noi, i modelli di sviluppo, la sicurezza del nostro abitare, la forma delle nostre città. In ogni paese questa complessa scoperta ha avuto impatti differenti, un portato differente sulla ricerca e sullo sviluppo economico. Quello che in queste pagine si tenta di analizzare è come l'Italia ha assimilato il discorso del cambiamento climatico , in continua evoluzione date le sue infinite ramificazioni, e come ha reagito a livello politico e di ricerca. ; How we have started talking about climate change? How policies has been shaped? How research has forced institutions and policy makers to act to cut greenhouse emission? The aim of this PhD dissertation is to trace the genealogy of the issue of climate change in Italy, in research institutions, politics and the public discourse. The author will analyze how research on anthropic climate change- related topics has arise, what measure has been taken from italian politicians, what role newspapers have played in forming the public opinion, which role has played the civil society in stressing the relevance of this phenomena. In particular the thesis use the archive of Umberto Colombo, president of ENEA, ministerial documents, and newspapers' archive, to reconstruct the history of science, politics and public discourse from 1998 to 2012. ; No Avalaible
Il dibattito sullo sviluppo, che caratterizza da anni i principali tavoli di discussione politica a livello internazionale, ha via via richiamato l'attenzione sul "locale" come dimensione ottimale a partire dalla quale implementare politiche volte al miglioramento delle condizioni di vita di molte popolazioni del mondo. L'allargamento a livello globale del già esistente gap tra i "poveri" – vecchi e nuovi – ed i "ricchi" del mondo ha reso la lotta e l'alleviamento della povertà uno degli obiettivi più urgenti dei nostri giorni, ma anche più difficili da raggiungere a livello mondiale. Gran parte della povertà mondiale è povertà rurale, ovvero quella povertà che caratterizza i tanti agricoltori (campesinos) del mondo, che continuano a vivere ai margini della società e ad essere scalzati fuori da ogni possibilità di accesso al mercato per via della mancanza strutturale di risorse nella quale versano. La necessità di sopravvivere, unita all'esigenza di incorporare i veloci cambiamenti imposti dal mondo globalizzato, ha portato nel tempo queste popolazioni a perdere o a contaminare, talvolta irreparabilmente, l' "antico" rapporto con l'ambiente e la natura, fonte di vita e sostentamento, ed anche molti dei propri ancestrali aspetti culturali tradizionali che, paradossalmente, sono stati proprio gli unici elementi dimostratisi in grado di rinsaldare i legami già esistenti all'interno delle comunità e di tenere unite queste fragili realtà di fronte alle continue sfide imposte dal "cambiamento". E' in questo contesto che si innesta l'esperienza di sviluppo proposta e presentata in questo lavoro; un'esperienza che nasce sulle Ande ecuadoriane, in un villaggio meticcio della Provincia di Bolívar, capoluogo parrocchiale di una più vasta comunità che raggruppa una trentina di villaggi, molti dei quali in toto o in prevalenza di etnia indigena quechua. Un'esperienza, quella di Salinas de Bolívar, che all'interno del panorama ecuadoriano si presenta come un esempio innovativo, coraggioso ed ambizioso di riconquista del protagonismo da parte della popolazione locale, divenendo "emblema" dello sviluppo e "immagine che guida". Questo, in un paese come l'Ecuador, dove l'assenza di politiche efficaci a supporto del settore agricolo, da un lato, e di politiche sociali efficienti atte a risollevare le precarie condizioni di vita in cui versa la maggior parte della popolazione, soprattutto campesina, dall'altro, rende obbligatorio riflettere sull'importanza e sull'esigenza insieme di restituire spazio e vigore alle compagini della società civile che, come nell'esperienza raccontata, attraverso particolari forme organizzative di tipo socio-economico, come la Cooperazione, sono andate a colmare, seppur solo in parte, i vuoti lasciati dallo Stato dando vita a iniziative alternative rispetto al ventaglio di proposte offerte dai consueti meccanismi di mercato, fortemente escludenti, ma comunque vicine agli attori locali e più rappresentative delle loro istanze, giustificando ed avallando ancora di più la netta separazione oramai riconosciuta tra mera "crescita" e "sviluppo", dove l'aspetto qualitativo, che va a misurare per l'appunto il benessere e la qualità di vita di una popolazione e del suo ambiente, non deve cioè cedere il passo a quello più strettamente quantitativo, a partire dal quale, se non vi è una equa redistribuzione delle risorse, quasi mai si potranno innescare processi di sviluppo duraturi e sostenibili nel tempo. L'accezione di "alternativo" sta quindi ad indicare, prima di ogni altra cosa, l'implementazione di processi di sviluppo che siano includenti e pertanto accessibili a tutti gli individui, indistintamente, e realmente concretizzabili partendo dalle risorse presenti in loco e nel rispetto di quell'insieme identitario – storico, sociale, culturale, politico, economico ed ambientale – che caratterizza ogni realtà ed ogni specifico contesto sociale ed economico del mondo. Di qui l'importanza di implementare alla base processi di governance che, attraverso la partecipazione di tutti gli attori del territorio si configurino come emanazione delle istanze degli stessi. Nel corso del lavoro si fornirà un breve ma incisivo identikit dell'Ecuador, come fondamentale cornice al caso di studio oggetto di indagine, supportata da una descrizione geografico-ambientale, sociale, culturale, politica ed economica della realtà nella quale esso si sviluppa, tanto a livello nazionale quanto più strettamente regionale. Questo esercizio sarà utile al fine di rendere più visibili e comprensibili i fattori che hanno determinato lo sviluppo e la continuità dell'esperienza dei Salineros nel lungo cammino, iniziato appena trent'anni fa, verso l'autodeterminazione e la riconquista di una libertà di scelta un tempo non lontano negata e successivamente ritrovata, che li ha resi di nuovo protagonisti del proprio presente e in grado di guardare ad un futuro diverso e possibile.
Partendo dalla descrizione del distretto industriale come modello di interpretazione della complessità territoriale, il presente saggio vuole fornire qualche spunto di riflessione sulla valenza scientifica di tale approccio nella sua applicazione ad altri settori dell'economia, rispetto a quelli più propriamente produttivi. La lettura del territorio e più precisamente delle potenzialità di sfruttamento efficiente delle sue risorse al fine di favorirne lo sviluppo, può passare attraverso l'applicazione di alcuni degli aspetti fondamentali del distretto industriale ad aree di interesse che recentemente hanno visto aumentare la loro importanza relativa nelle scelte di politica economica: la cultura ed il turismo. Saranno posti quindi in evidenza i punti di forza e di debolezza di questo modello nelle sue implicazioni territoriali, sociali ed economiche legate a questi due settori trasversali.
When I was young both the liberal and the marxist politicians and economists said that, to invest in culture, you had to make money before. Culture was at the end of the value chain; if you had got a welfare condition, then you could think to Art and Culture. Things changed actually a lot in the while. Culture-driven development, Creative classes and cities, Knowledge-based economies have become to-day new slogans and fashonable recepies, master keys for the local economic development. They seem a kind of revenge of the Culture on the Industrial production, now obliged to fully overturn the old style of thinking because of the need to make innovation and manufacturing cool products in the place of mass goods. This manual shows how long Culture and Cultural Heritage have been exploited in the economic and political world, in the building of the modern state nations, then to face to the first Western crisis of the Fordist paradigm in the Seventies of the last century, till to try inventing the new European Union cultural identity. The twenty-two chapters of this book also offer a shrewd path through many banal and simplifyng, sometimes too bright pictured approaches to the culture-led development and its satellite notions, clearifying the bad and good sides of this theory, to make able the reader, and possibly the planner, to find his/her original and site-specifc way in the always mobile and different on going territorial contexts.
This is a work realized for a national Italian program, named PRIN 2007, "Oltre la Linea di Costa. Aggregazioni Territoriali e Strategia Imprenditoriale nel Turismo Marittimo e Intercostiero", under the supervision of Prof. Asterio Savelli director of the University of Bologna group: "Strategie imprenditoriali e aggregazioni territoriali nel turismo intercostiero della regione adriatica". A plan from different departments has been made in order to evaluate the possibilities of a tourism integration among Western and Eastern countries, in particular along the two coasts of the Adriatic Sea. In a shrinking world, a new perspective is needed in order to re-discover the common values among two different concepts of life, one as a part of the free market, the other deriving from the communist era. In my opinion, the link between the two areas is the common cultural heritage deriving from the Roman Empire and later the Austrian Empire, now under the UNESCO protection. A special value is related to the natural richness of a wonderful landscape, where mountains parallel the coasts, enriched by marine and terrestrial parks, and hundreds of islands. Questo lavoro deriva da un programma nazionale PRIN 2007, "Oltre la Linea di Costa. Aggregazioni Territoriali e Strategia Imprenditoriale nel Turismo Marittimo e Intercostiero", diretto dal docente di Sociologia all'Università di Bologna, prof. Asterio Savelli, il cui piano di lavoro locale aveva titolo: "Strategie imprenditoriali e aggregazioni territoriali nel turismo intercostiero della regione adriatica". Il progetto mira a valutare i valori comuni dei paesi che si affacciano sulle due coste dell'Adriatico, per individuare una nuova tipologia di turismo geograficamente, socialmente ed economicamente integrato. Si può dire che dalle nostre ricerche sia emerso che i valori comuni, al di là delle diverse opzioni politiche seguite dai Paesi occidentali o orientali, consistano nell'eredità condivisa della tradizione storica, nella ricchezza del patrimonio culturale sotto l'egida dell' UNESCO e nell'incomparabile patrimonio naturale di rilievi che affiancano parchi terrestri e marini, lungo una costa arricchita da un'interminabile collana di isole su un mare che consente facilità di scambi come un fiume.
Rita Cannas presents a PhD thesis in Economics (Geo-Economic curriculum) which is titled "Public Policies for Seasonality in Tourism from a Territorial Perspective. Case Studies in Scotland and Sardinia". The specific area of the research is public policies for contrasting seasonality in tourism in peripheral areas. Seasonality has seen such as a problem in terms of social and economics patterns especially for those local communities which are situated in peripheral areas. The research explores what, how and for who, public policies, that have been in place in Scotland and Sardinia over the last 10-5 years, are working and what kind of results these have produced. The research has empirical and theoretical implications for studying tourism seasonality. It aims to highlight the local supply patterns of the phenomenon investigated, and to improve knowledge about the strategies and the policies that have been adopted in the two territorial contexts (Scotland and Sardinia) for contrasting or modifying seasonality in tourism. The type of subject and the research questions have suggested the adoption of an interpretative theoretical perspective and a qualitative methodological approach, although a set of quantitative secondary data is also required for understanding main tourism's characteristics and for analyzing the specificity of seasonality. Interview with key actors of the local system in Scotland and Sardinia is the method chosen to collect primary data. In total the researcher has done 20 interviews in deep. Case studies are chosen both as unity of analysis and research strategy. The main findings of the research show a different and complex scenario about quality and quantity of public policies and strategies in tourism in the two case studies. The role of local resources is quite strategic on delivering tourism services and on counteracting seasonality. Events, festival are the main demand-side strategies. From a supply-side the principles policies are focused on quality of services, technology, high skills, sustainability. Partnership between public and private sector seems to be a fundamental way to work in order to attain changes and outcomes. The research has a strong research design, provides coherent results, and it has been done paying attention to the validation of the whole process.
In questo lavoro di ricerca viene indagato il rapporto tra politiche pubbliche e gentrification attraverso la presa in esame della trasformazione fisica, sociale ed economica delle aree centrali di due importanti realtà urbane dell'Europa mediterranea: il Raval di Barcellona e il Centro Storico di Genova. Ciò che è avvenuto nelle due aree di studio è riconducile a quanto viene indicato in letteratura come policy-led gentrification o positive gentrification in quanto è a seguito dell'azione pubblica che si avvia il processo di ricambio sociale. Le autorità locali, con la trasformazione fisica e simbolica dello spazio, hanno perseguito l'inserimento di nuove funzioni e nuovi utenti al fine di superare le problematicità ivi presenti attraverso il conseguimento del social-balance. Pertanto, sia nel Raval che nel Centro Storico genovese, la gentrification è stata utilizzata come uno strumento per la rivitalizzazione sociale ed economica di due aree dall'importanza strategica per il successo dell'intera realtà urbana. La ricerca è suddivisa in tre parti. La prima è dedicata all'esposizione della letteratura sul tema al fine di dotare la ricerca di una solida base teorica. Seguono la seconda e terza parte nelle quali vengono affrontati i due casi di studio. Innanzitutto è verificata l'esistenza delle precondizioni necessarie all'avvio della gentrification a cui segue l'analisi e la descrizione della trasformazione dello spazio fisico. Il conseguente ricambio sociale viene indagato con la presa in esame dell'evoluzione delle caratteristiche della popolazione e attraverso l'interpretazione delle motivazioni alla base della strategia residenziale attuata dai gentrifier. L'analisi degli effetti del dispiegarsi del fenomeno mina la possibilità di etichettare come gentrification in senso strictu il processo di trasformazione che ha investito il Raval e il Centro Storico genovese. Dalla ricerca condotta si esclude, in entrambe le aree, la presenza di una gentrification che rispetti l'idealtipo individuato per le grandi città globali e si ritiene necessario ricorrere ad una disaggregazione concettuale. Ai fini dell'interpretazione di quanto avvenuto nel Raval e nel Centro Storico genovese sembra più utile ricorrere al concetto di marginal gentrification il quale prevede che in un'area degradata si verifichi un miglioramento delle condizioni strutturali ed estetiche degli edifici e un ricambio sociale ma senza che questo comporti un'elevazione al rango di quartiere esclusivo o elitario. La resilienza dimostrata dalle due aree ad un pieno processo di gentrification è imputabile tanto a specificità locali quanto riconducibile alla posizione occupata sulla gerarchia urbana internazionale dalla città di Barcellona e da quella di Genova
Il lavoro di tesi di dottorato, dal titolo "Turismo religioso: percorsi culturali-religiosi come leva di sviluppo territoriale", ha preso in esame in particolare il tema dei percorsi culturali/religiosi, considerati "strategici" in una prospettiva di ricomposizione territoriale e di sviluppo locale, e considerati importanti per la promozione di nuovi flussi turistici e valorizzazione delle risorse storiche, artistiche e culturali del Salento leccese. Il lavoro di tesi affronta il tema del turismo culturale legato all'offerta del bene religioso inteso come potenziale fattore di attrazione turistica ed importante risorsa per lo sviluppo sostenibile del territorio. L'attenzione a santuari e luoghi di culto costituisce, infatti, una valida occasione di interesse per le opere d'arte in essi presenti, e rappresenta anche una possibilità di conoscenza del territorio in cui essi insistono, diventando la destinazione di un turismo colto e di qualità. Il lavoro di tesi, si propone di dimostrare come l'attenzione al motivo religioso creando mobilità, flussi di popolazione, di turisti possa diventare occasione di promozione del prodotto locale, mettendo a sistema tutte le risorse economiche presenti nel territorio. Più in dettaglio, dopo un iniziale approccio teorico al concetto di turismo culturale, turismo religioso e marketing territoriale, esso analizza lo stato dell'arte nel territorio provinciale leccese, individuando possibili itinerari turistico-religiosi nel Salento leccese rapportati ai "Cammini d'Europa". Si propone l'itinerario turistico - e, in particolare, a quello Leucadense, noto come la "via della Perdonanza di Leuca", che segue la via dei pellegrinaggi medioevali che si suffragavano di luoghi di sosta in chiese e cappelle dedicate alla Vergine Maria - come strumento verso cui si orientano le recenti strategie di competitività territoriale, definibile come uno strumento d'offerta turistica che mira a valorizzare elementi-risorse del territorio. Si tratta di percorsi utili a promuovere un prodotto competitivo, che presuppone l'enucleazione dell'offerta turistica locale integrata e la costruzione intorno ad essi di un territorio dotato di infrastrutture, ricettività, politiche dell'accoglienza, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale materiale, immateriale ed ambientale. Non mancano nel lavoro preoccupazioni legate alla sostenibilità di un tipo di turismo, che, se di massa (come è il caso delle visite al santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo), produce gravi pressioni sull'ambiente e perciò necessita un forte impegno in termini di pubblicità, pianificazione investimenti e presume un'opportuna programmazione da parte degli enti locali in termini di offerta ricettiva, ristorativa e dotazione di infrastrutture. La coerenza degli interventi che promuovono il prodotto religioso non può prescindere da un'integrazione orizzontale tra il sistema territoriale (ambiente, paesaggio, sistemi socio-produttivi) e gli attori locali coinvolti, ai fini di un processo di valorizzazione del patrimonio culturale che produce sviluppo locale.
In the spring of 2014, one of the authors (Paolo) was visiting the Green Market on Union Square, NYC, one of the most renowned farmers' markets in the United States, performing a direct connection between producers and consumers of food, allegedly alternative to the mass retail channel (Tiemann, 2008), but also promoting what Sharon Zukin terms, from a critical standpoint, 'the consumption of authenticity' (2008). Exactly in the middle of the square, a farmer from Pennsylvania displayed a sign to attract customers claiming 'Piedmontese Only'. Less than half a mile away, on Madison Square, at Eataly – the sumptuous sanctuary of 'high-quality' Italian food – the sophisticated New York consumer could already purchase a taste of Piedmontese beef at the butcher's counter and at the Manzo restaurant (literally 'beef' in Italian) since the opening of the food mall, on 30 August 2010. The Piedmontese was officially recognized as a cattle breed in the 1850s. In 1996 it became the first presidium established by Slow Food in Bra, Piedmont.1 Its beef is now well renowned among gastronomists and listed in Michelin-starred restaurants (NAPA, 2010, p.6) and it is Eataly's official beef in Italy and the US. But, what is, exactly, the link connecting these moments and places and which establishes a relationship between an apparently endangered cattle breed in the motherland of Slow Food and the sophisticated consumption practices of the world elites in New York City? La Granda, in its twofold role as a sociocultural and economic actor, provides the most obvious nexus, which articulates the connection between the past and present of the Piedmontese breed and the refined New York City cosmopolitan consumer. La Granda is the name of the Slow Food presidium of the Piedmontese breed founded by veterinarian Sergio Capaldo in 1996 to summon a small number of breeders and preserve the rearing of this apparently endangered cattle breed. La Granda Trasformazione is the meat-processing company, owned by Capaldo and Eataly's founder Oscar Farinetti, established in 2004 to supply the Italian branches of the food mall with premium Piedmontese beef directly from the Slow Food presidium (Colombino and Giaccaria, 2013a).2 La Granda, rather obviously, does not directly supply the beef for Eataly New York. The beef sold at the butcher counter and used to cook at Manzo's is more simply called 'Piedmontese' and is supplied by North American companies. The breed has in fact been reared in the US since 1979.3 However, La Granda and its founder play a key role in maintaining the consortium's original quality conventions (Boltanski and Thevenot, 2006) – fixed and codified by the disciplinare di produzione (specifications of production), the document that establishes how exactly the cattle must be farmed, including strict rules on fodder and hygiene – by organizing workshops and training for Eataly's butchers. Importantly, as we claim in this chapter, La Granda is only the final outcome of a contested process, originated in the second half of the nineteenthcentury, which has radically modified the political ecology of the Piedmontese breed. In this chapter, we 'follow' (Cook et al., 2006) the Piedmontese starting with a peculiar event that took place in 1886 in Guarene d'Alba, a small locality in the province of Cuneo (in Piedmont, Northern Italy) and ending on the butcher's counter at Eataly, in contemporary New York City. In discussing some of the spatio-temporal trajectories of the Piedmontese, we bring to light the process that undergirds the transformation of a specific morphological feature – known today as the 'double muscle factor', and appearing randomly in some animals of this bovine population in the second half of the nineteenth century – from a (monstrous) anomaly to be eliminated into a key trait to be preserved. Consistently with a political ecology/actor-network theory approach (Bennett, 2010; Latour, 1999), we show how the current status of the Piedmontese, as a cattle breed that produces what is marketed as premium beef, is not a reflection of the animal's genetic characteristics (see Holloway et al., 2011; Morris and Holloway, 2013). Rather, it is a matter of 'natureculture' (Haraway 2008; see also Latimer and Miele, 2013), that is the result of the complicated negotiations among veterinarians, livestock technicians, farmers and butchers, which have taken place from the second half of the nineteenth century to the present day. This chapter is structured into three parts. First, we follow the development of the making of the Piedmontese breed from 1886 until the late 1950s. We bring into light how an intense and heated debate between experts and breeders focused on the 'nature' of the breed. Second, we move on to discuss how this contested negotiation between academics and practitioners eventually 'fixed' the purpose and 'nature' of the Piedmontese as a breed for meat, through the inclusion in this bovine population of animals previously constructed as 'anomalies', and the exclusion of other animals beforehand considered as 'normal'. The last part of this chapter deals with the shifting status of the Piedmontese breed from an apparently endangered local animal species in the mid-1990s into a food specialty for the cosmopolitan consumer in contemporary New York.
2004/2005 ; La televisione è in molti paesi il medium più utilizzato dai ragazzi. Guardare la TV è infatti divenuta nel tempo una delle attività preferite tra i più giovani. In molti Paesi, durante i weekend e le vacanze scolastiche, la media delle ore trascorse davanti alla TV sembra almeno raddoppiare se si paragona agli ascolti che si registrano durante la settimana. La somma delle ore che il ragazzo ha dedicato alla TV prima di arrivare alla scuola media superiore di secondo grado, varia leggermente da Paese a Paese, con poche eccezioni, e supera di gran lunga - nella maggior parte dei casi - il numero delle ore passate a scuola. Accanto alla televisione si sta diffondendo sempre più tra i bambini e i giovani un altro mezzo di comunicazione, internet, anche se non andrà sottovalutata nemmeno la diffusione dei videogiochi e della telefonia cellulare. La tesi si propone di analizzare e porre a confronto le politiche nazionali e questi due strumenti comunicativi (Tv e internet) verificando ruoli e impostazioni delle differenti società in relazione alla tutela dei minorenni. I bambini sotto i 12 anni passano in media dalle 20 alle 22 ore a settimana di fronte alla televisione e questo numero di ore è uguale a quelle che passano a scuola. Gli adolescenti - come del resto gli adulti - guardano più di 20 ore a settimana la tv e delle differenze si rilevano solo in relazione a una più limitata diffusione del mezzo televisivo in case di popolazioni più povere. Gli adolescenti - il 92% delle femmine e il 95% dei maschi - guardano la Tv da 1 a 3 ore al giorno pur essendoci una significativa differenza di genere rispetto alla scelta dei programmi: la preferenza dei ragazzi si orienta per lo più ai programmi sportivi (circa 58%), seguiti dalle sit-com comiche (circa 28.5%), mentre le scelte delle ragazze sono più indirizzate alle sit-com comiche (circa 43%) e alle Tv musicali (24%). Tuttavia, nonostante i dati sopra riportati sembrino esprimere un interesse primario da parte dei ragazzi net, confronti della televisione questa attività quasi mai preclude la possibilità di svolgerne delle altre a cominciare dalla navigazione in internet. I giovani sembrano sempre avere una naturale tendenza a seguire programmi di intrattenimento, sebbene abbiano poi una scarsa capacità di analizzare i programmi televisivi da un punto di vista artistico. Grazie ad una ricerca effettuata in Russia nel 1997 su alcuni studenti si riscontrò che 1'87.5% degli studenti preferiva i programmi di intrattenimento piuttosto che quelli di informazione, scelti solo dal 69.4%. Inoltre, 1'81.3% dei ragazzi mostrava un grande interesse per i programmi americani che trattavano argomenti come l'amore, le relazioni personali e l'avventura, mentre pochissimi (3%-8%) erano interessati ai programmi scientifici, di ecologia, di politica etc. Questa netta preferenza dei ragazzi nei confronti dell'intrattenimento rivela, non solo i tipici gusti degli adolescenti, ma ci rende ancora più consapevoli delle politiche perseguite dalla maggior parte dei programmi televisivi: intrattenere i telespettatori. Infatti, la televisione appare in molti casi come il medium di intrattenimento più pervasivo e guardare la Tv è il modo di rilassarsi e divertirsi più comune. Da un'altra ricerca effettuata sui bambini greci, emerge chiaramente quanto ai bambini piaccia seguire la narrazione di storie attraverso la televisione. Gli stessi bambini che guardano la Tv per quasi tre ore al giorno, amano anche farsi raccontare storie da un genitore o un insegnante e il 92% dei ragazzi intervistati dice di preferire di gran lunga ascoltare e seguire storie alla televisione poiché sono rese più vivaci dalla presenza dei personaggi, dal contesto che questi ultimi hanno attorno, etc. La tesi mira, quindi, a porre in luce la necessità di una programmazione televisiva specifica ed appropriata per i più piccoli. I contesti sociali nei quali i bambini ricevono i contenuti televisivi sono, infatti, importanti quanto i contenuti stessi. Se molti si concentrano sulle modalità del consumo televisivo, pochi sono interessati dallo studiare il contesto all'interno del quale avviene l'esperienza quotidiana della fruizione televisiva. La costruzione del significato di un particolare testo televisivo non consiste esclusivamente nel guardare materialmente il programma, ma dipende in gran parte dai conseguenti processi sociali di discussione ed elaborazione del materiale visto. La pratica del consumo televisivo è infatti legata a reti di rapporti e di interazioni sociali che costituiscono aspetti vitali nella ricerca su bambini e media. Una ricerca realizzata in Colombia nel 1992 nell'area urbana di Bucaramanga, dimostrava le influenze negative della televisione sulla vita dei bambini. Alle domande su quanto e che peso esercitasse la televisione sul loro comportamento sociale, sui loro valori e bisogni vitali, sull'identità personale e nazionale etc., hanno risposto che la TV implicava quattro conseguenze principali: l'americanismo dei programmi televisivi confezionati all'estero che non incoraggiano affatto un sentimento di identità nazionale per via dei modelli di vita e delle idee proposte e non ispirano decisamente un interesse verso la cultura e la musica del proprio Paese. Il secondo punto toccato era relativo alla violenza. Se naturalmente è necessario che i bambini siano consapevoli della violenza esistente nel loro e negli altri Paesi, tuttavia questa è spesso resa centrale all'interno di molti film e prodotti televisivi. Addirittura i cartoni sono pieni di elementi di aggressività. I programmi televisivi violenti possono, peraltro, rinforzare le tendenze aggressive dei bambini e suggerire loro che la violenza possa essere una percorribile - se non l'unica - via di risoluzione dei conflitti. La terza questione è stata il creare nei bambini bisogni artificiali. Una società consumistica crea bisogni artificiali e così i pubblicitari giocano sulle emozioni e sui sentimenti dei bambini con l'obiettivo di aumentare le vendite. Il modo per raggiungere questi obiettivi commerciali è, infatti, quello di sfruttare i bambini che possono essere facilmente persuasi. Il quarto tema toccato è quello del denaro come valore assoluto della vita. La televisione fa credere ai ragazzi che per essere intelligenti e felici nella vita bisogna possedere molte cose e soprattutto molto denaro. Difficilmente si fa riferimento a valori come il lavoro, la creatività, l'onestà e la solidarietà, che sono, invece, elementi essenziali per il progresso nella vita dei bambini. Anche una ricerca sulla realtà nigeriana, presentata al Summit di Toronto nell'anno 2000, solleva il caso su quanto i media influenzino la percezione che i bambini hanno dell'immagine femminile. Sebbene infatti non siano molte in Nigeria le famiglie con una TV in casa, l'esposizione dei bambini ai media è piuttosto alta nelle aree urbane. E nonostante l'immagine della donna sia proposta dai media in modo molto irrealistico, i più piccoli sembrano comunque influenzati da questa prospettiva nella percezione che hanno del contesto in cui vivono. L'esposizione ai media; Tv e internet in primis può, pertanto, provocare definizioni devianti della realtà che possono portare i bambini a percepire la realtà mediata come "normale". ; XVIII Ciclo ; 1962 ; Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
2006/2007 ; Il traffico degli stupefacenti correlato all'immigrazione analizzato attraverso i varchi aeroportuali di Milano/Malpensa e di Roma/Fiumicino ; XX Ciclo
Diversi studi e ricerche hanno evidenziato negli anni recenti la crescente rilevanza della "dimensione marittima" della struttura economica del Paese. Il Mare si sta configurando come un importantissimo, e per molti aspetti ancora poco valorizzato, driver di sviluppo socio-economico. Tra le varie filiere che interessano l'economia del mare un ruolo non di poco conto spetta alla marina militare. ; Several studies and researches highlighted in recent years the growing importance of the "maritime dimension" of a given country's economic structure. The Sea is becoming a very important, and in many ways still undervalued, driver of socio-economic development. Among the various supply chains that affect the economy of the sea, a important role is played by the Navy.
2006/2007 ; La competitività del territorio e la razionalizzazione dei sistemi produttivi e di trasporto dipendono dall'implementazione di una rete logistica che funga da volano per lo sviluppo economico e territoriale. Tuttavia, la realtà distrettuale delle PMI italiane mostra evidenti gap in termini di cooperazione e "messa a sistema" di fronte alla nuova competizione internazionale. A tal proposito sono riportate le problematiche infrastrutturali del Paese e le prospettive di modernizzazione mediante la messa a punto di piattaforme produttive territoriali, territori urbani di snodo e fasci infrastrutturali di connessione. In quest'ottica, è stato necessario analizzare i contenuti e gli obiettivi della programmazione nazionale per la logistica, che ha tentato di produrre negli ultimi anni diverse forme della logistica integrata, con focus specifico sulle piattaforme logistiche integrate, che si estendono sul territorio locale, passando dai corridoi transnazionali fino alle piattaforme territoriali finalizzate allo sviluppo delle imprese a rete. Si analizzano, quindi, le diverse scale della supply chain, in un mercato orientato al cliente e rispondente alle esigenze della puntualità, affidabilità e precisione. Un mercato in cui, anche le dinamiche distrettuali italiane si compongono di elementi tecnologici funzionali alla crescita dell'e-logistics, che coniuga la valenza logistica con l'ICT, al fine si definire un sistema reticolare, hub & spoke, funzionale alla crescita dei flussi materiali ed immateriali sul territorio locale e globale. Da qui, l'esigenza di connettere il sistema produttivo locale alle reti transnazionali mediante il fattore logistico, che rappresenta, oggi, la variabile imprescindibile per cogliere i vantaggi economici, diretti ed indiretti, derivanti dai flussi internazionali. In conclusione l'esperienza della Piattaforma Logistica di Latina Scalo, seppure in fase embrionale, manifesta la consapevolezza da parte degli attori pubblici e privati che lo sviluppo regionale è un insieme di processi relazionali, all'interno e all'esterno del territorio, in cui si integrano le prospettive di crescita locali, regionali, nazionali ed internazionali. ; XX Ciclo
Il contributo affronta il tema delle politiche urbane del cibo con particolare riferimento alle città dell'Africa sub-sahariana. Le politiche urbane del cibo sono azioni istituzionali di crescente importanza volte a costruire sistemi agro-alimentari più sostenibili nelle città contemporanee, attraverso strategie intersettoriali (pianificazione urbana, tutela ambientale, gestione delle acque e dei rifiuti, trasporti, educazione, salute e politiche del cibo). Il dibattito si è sviluppato in prima istanza nelle città del Nord del mondo, ma si è poi allargato alla scala globale ed è stato recepito, seppure parzialmente, anche nella Nuova Agenda Urbana approvata dalle Nazioni Unite nel 2016. In questo contesto, le città africane costituiscono un caso di particolare interesse perché le caratteristiche quantitative e qualitative del processo di urbanizzazione in Africa pongono sfide inedite sia in termini di pianificazione urbana che per quanto concerne la sicurezza e la sovranità alimentare. La costruzione di politiche del cibo nelle città africane contribuisce dunque a ridefinire l'idea stessa di città e del rapporto tra aree urbane e rurali. Un elemento di particolare interesse all'interno di questo quadro è costituito dai partenariati internazionali che si stanno sviluppando nel settore delle politiche urbane del cibo. Il contributo pertanto, dopo una panoramica delle politiche sviluppate nelle singole città africane, pone l'accento sulle esperienze di cooperazione internazionale, con particolare attenzione al recente Patto di Milano quale quadro di riferimento per la costruzione di partenariati territoriali in ambito agro-alimentare. L'analisi si concentra sul caso italiano, analizzando partenariati già in atto con città africane e valutando possibili sviluppi futuri in relazione alle strategie governative di cooperazione allo sviluppo. In conclusione, vengono identificati una serie di temi chiave (accesso e gestione della terra, cambiamento climatico, agricoltura urbana e periurbana, gestione dei rifiuti) al fine di mettere a confronto i diversi casi analizzati e porre in evidenza specificità ed elementi comuni.
2006/2007 ; L'elaborato affronta i problemi della criminalità e della sicurezza in Italia, con particolare riferimento a due città metropolitane: Roma e Napoli. ; XX Ciclo