La crisi del "teatro come servizio pubblico" degli Stabili, Piccolo Teatro in testa, si manifesta allo stadio di insoddisfazione interna già alla fine degli anni Cinquanta. Se dal punto di vista della pratica scenica, la prima faglia di rottura è pressoché unanimemente ricondotta alla comparsa delle primissime messe in scena –discusse, irritanti e provocatorie- di Carmelo Bene e Quartucci (1959-60) più difficile è individuare il corrispettivo di un critico-intellettuale apportatore di una altrettanto deflagrante rottura. I nomi di Arbasino e di Flaiano sono, in questo caso, i primi che vengono alla mente, ma, seppure portatori di una critica sensibile al "teatro ufficiale", così come viene ribattezzato dopo il Convegno di Ivrea (1967) il modello attuato dagli Stabili, essi non possono, a ben vedere, essere considerati i veri promotori di una modalità differente di fare critica che, a partire da quel Convegno, si accompagnerà stabilmente alla ricerca scenica del Nuovo Teatro. Ma in cosa consiste, allora, questa nuova "operatività" critica? Si tratta principalmente di una modalità capace di operare alle soglie della scrittura, abbracciando una progressiva, ma costante fuoriuscita dalla redazione di cronache teatrali, per ripensare radicalmente la propria attività in nuovi spazi operativi quali le riviste e l'editoria di settore, un rapporto sempre più stretto con i mass-media quali radio e televisione e la pratica organizzativa di momenti spettacolari e teorici al contempo -festival, convegni, rassegne e premi- per una forma di partecipazione poi identificata come "sporcarsi le mani". La seconda parte della tesi è una raccolta documentaria sull'oggi. A partire dal Manifesto dei Critici Impuri redatto nel 2003 a Prato da un gruppo di critici dell'ultima generazione, la tesi utilizza quella dichiarazione come punto di partenza per creare un piccolo archivio sull'oggi raccogliendo le elaborazioni di alcune delle esperienze più significative di questi dieci anni. Ricca appendice di materiali. ; The crisis of "theater as a public service" exemplified on the Piccolo Teatro experience, shows its internal dissatisfaction at the end of the fifties. The firsts who fights against this cultural politic was the artists, Carmelo Bene it's one of the first with his early and provocative performances. By critical side, otherwise, is more difficult to identify some critics or intellectuals bearing of a similar explosive rupture. We can recall Arbasino and Flaiano but, in this case, also if their sensitive criticism against "Theatre Established" were very important, they can not be regarded as promoters of that different way of criticism outgoing from Ivrea Conference (1967) and that accompanied New Theatre from the Sixties to Eighty . But definitively what's this new "operation" criticism? Primarily this criticism is focused on a new operative manner that located itself at the threshold of writing practices. It's a criticism embracing a gradual, but steady removal from the theatrical chronicles, a radically rethink about the critical function so it finds very interesting to create new operational areas on magazines and focused publishing, on mass-media like radio and television and as organization of festivals, conferences, exhibitions and awards - both performative both theoretical- who are identified as "the criticism that dirting its hands". The second part of the thesis is a documentary collection on today. From Manifesto del Critico Impuro written in 2003 in Prato by a group of critics of the last generation, the thesis uses that Statement as a starting point for creating a small record based on some elaboration by someone among the most significant critical experiences of these last ten years. Interesting Appendix based on rare materials.
Cet article retrace la perception du Moyen Âge à l'époque contemporaine en mettant en évidence les stéréotypes avec lesquels le Moyen Âge est proposé au grand public. Le but de cet article n'est pas de type philologique, comme celui d'indiquer des « erreurs » d'interprétation, mais plutôt d'essayer de comprendre les attitudes culturelles et idéologiques qui sous-tendent ces « erreurs ». Les sources de l'étude ont été choisies afin de couvrir une zone assez vaste, de la littérature scientifique (par exemple le fameux texte du politologue britannique Hedley Bull, 'La société anarchiste') à la littérature fantastique, des produits des médias traditionnels aux films et aux jeux de rôle. Une attention particulière a été accordée à l'analyse des thèmes liés aux Croisades. A cet égard, on a privilégié quelques films célèbres en essayant de montrer comment les topoi médiévaux peuvent être des indicateurs de la vision politique globale des auteurs et, plus précisément, un marqueur de leur vision de la relation entre l'Orient et l'Occident. ; This paper analyzes the cultural perception of the Middle Ages in the contemporary Age by highlighting the most successful stereotypes through which the Middle Ages has been proposed to the public. The aim of this essay is not to correct philologically the "errors" of interpretation, but rather to understand the cultural and ideological attitudes underlying these "errors". The sources of this study were chosen to cover a fairly large area: from scientific literature (for example the famous text of British political scientist Hedley Bull, "The anarchist society") to fantasy literature, from the products of traditional media to films and role-playing games. A particular attention has been paid to the analysis of the themes related to the Crusades; privileging the analysis of some famous films, showing how the medieval topoi used to represent the Middle Ages could be an indicator of the political ideas of the directors and, more precisely, a marker of their vision of the relationship between Western and Eastern civilizations. ; Il saggio ricostruisce la percezione del Medioevo nell'età contemporanea evidenziando quali sono gli stereotipi di maggior successo attraverso i quali viene proposto il Medioevo: lo scopo del saggio non è quello filologico di correggere gli "errori" di intepretazione ma, piuttosto, di comprendere quali atteggiamenti culturali e ideologici sono sottesi agli "errori" interpretativi. Le "fonti" sulle quali condurre lo studio sono state scelte in modo da coprire un ambito piuttosto vasto, dalla letteratura scientifica non medievistica (ad esempio il celebre testo del politologo britannico Hedley Bull "La società anarchica") alla letteratura fantasy, ai prodotti dei mass-media tradizionali, alla filmografia, ai giochi di ruolo. Una particolare attenzione è stata riservata, poi, all'analisi dei tematismi legati alle crociate, a questo proposito è stata privilegiata soprattutto la produzione cinematografica, ripercorrendo alcuni celebri film e cercando di mostrare come i topoi rappresentativi del Medioevo siano, in realtà e di volta in volta, una spia della visione politica globale degli autori e, più precisamente, un marker della loro visione del rapporto Occidente/Oriente.
L'oggetto della nostra ricerca riguarda le dinamiche sociologiche in materia di gestione del discredito a seguito dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica dal 2002 al 2010, prendendo in considerazione alcuni degli eventi mediaticamente più significativi che hanno caratterizzato l'intera vicenda. Il punto di partenza della ricerca è il 9 gennaio 2002, quando il quotidiano americano The Boston Globe ha pubblicato un'inchiesta relativa a un caso di abuso nell'arcidiocesi di Boston. In seguito abbiamo assistito a una propagazione del fenomeno non solo in altre diocesi del territorio, ma anche in alcuni Paesi europei; tra questi abbiamo incentrato la nostra analisi sulla situazione in Irlanda. Le ragioni di questa scelta sono state dettate dal fatto che dagli Stati Uniti è esploso mediaticamente il caso e per tutto il decorso della vicenda essi si sono posti nello scenario internazionale come opinion leaders, non solo a livello di politiche adottate per contrastare il fenomeno (tra tutte, la zero tolerance), ma anche per quanto riguarda l'adozione di prime specifiche norme in materia di tutela dei diritti dei minori. Il focus sull'Irlanda è invece dettato dalla forte tradizione cattolica presente nel Paese . La scelta degli Stati Uniti e dell'Irlanda, poi, è motivata da alcune ragioni di fondo che sembrano accumunare entrambi i Paesi; innanzitutto, la dimensione del fenomeno (ovvero, negli Stati Uniti dal 1950 al 2002 sono stati segnalati circa 4392 preti accusati di abuso sessuale sui minori ; in Irlanda, invece, tra il 1965 e il 2005 sono state registrate più di 100 denunce di abusi su ventuno preti che operavano nella sola diocesi di Ferns ). Un successivo aspetto fa riferimento, invece, all'interesse dei mass media americani (e irlandesi) circa le modalità di rappresentazione della vicenda, spesso presentata in "termini scandalistici", i cui fatti accaduti circa trent'anni fa sono riproposti all'opinione pubblica come se fossero fatti attuali. Infine, dall'America sono partiti anche i primi processi, che hanno portato in molti casi a gravi crisi finanziarie delle diocesi locali che hanno dovuto risarcire le vittime; inoltre, da qui sono scattate le denuncie contro il Vaticano e il Papa (nel settembre del 2011, infatti, lo SNAP , una delle maggiori associazioni delle vittime, ha presentato un'istanza al tribunale dell'Aja conto Benedetto XVI il cardinale Tarcisio Bertone, il cardinale Angelo Sodano e l'ex Prefetto della Congregazione, William Levada). In Irlanda si presenta uno scenario più o meno simile; i dati del Rapporto Ferns, infatti, hanno evidenziato lo stesso modus operandi delle diocesi locali che, in molti casi, hanno offerto alle vittime grossi risarcimenti monetari per evitare che i casi diventassero uno scandalo per la diocesi stessa o per la Chiesa in generale. Il lavoro è stato diviso in tre sezioni: una prima parte, di taglio sociologico, espone le matrici alla base del concetto di credibilità, prestando particolare attenzione alla credibilità delle istituzioni (con la Chiesa Cattolica) e dell'individuo (nello specifico, abbiamo parlato della relazione tra il sacerdote e il minore-vittima dell'abuso). Successivamente abbiamo analizzato le modalità di costruzione della notizia tenendo presenti gli aspetti caratterizzanti il processo del newsmaking e i valori notizia impiegati per la rappresentazione dei fatti da parte dei quotidiani stranieri ed italiani. Infine, abbiamo affrontato il problema del panico morale, sulla scorta dello studio di Griswold sulla costruzione di un problema sociale in relazione al ruolo e all'influenza mediatica in questo processo (Griswold 1997). Nella seconda parte del lavoro, abbiamo applicato le categorie dei valori notizia, delle strategie di tematizzazione dei quotidiani e del panico morale nella ricostruzione dei casi di abuso in America e in Irlanda. Al fine di offrire un quadro quanto più ampio dei singoli fatti, abbiamo elaborato una breve ricostruzione storica sulla base della documentazione prodotta da alcune fonti ufficiali, quali: il sito ufficiale della Santa Sede, referti medici, indagini governative e inchieste condotte dalle diocesi locali o da autorità giudiziarie. Nell'impossibilità di esaminare tutta l'enorme mole di materiale prodotto dagli organi di stampa durante questi anni, abbiamo selezionato due tipologie di articoli giornalistici: - Per i quotidiani stranieri abbiamo scelto l'editoriale, quale forma giornalistica capace di esprimere il punto di vista della direzione del giornale. Le testate impiegate come fonti sono così suddivise: a. Per gli Stati Uniti, ricordiamo: The Boston Globe e The New York Times; b. Per l'Irlanda, invece, abbiamo: The Irish Times; Per quanto riguarda l'analisi degli articoli italiani, invece, abbiamo selezionato i tre quotidiani più letti in Italia: Il Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa. In questa circostanza abbiamo optato per l'articolo di cronaca, come forma di esposizione di una notizia per eccellenza. Alla ricostruzione storica e mediatica dei principali casi di abusi sessuali abbiamo esaminato la risposta proveniente dalla Chiesa Cattolica nei suoi vari livelli, considerando gli interventi pubblici, le decisioni e i gesti significativi valutando le eventuali analogie e differenze di azione compiute nel corso degli anni da Papa Giovanni Paolo II e da Papa Benedetto XVI. In tal senso, abbiamo fatto riferimento a una fitta documentazione disponibile sul sito ufficiale del Vaticano. I risultati dell'analisi fanno riferimento a due precisi ambiti. In primo luogo, abbiamo preso in esame gli effetti prodotti dai media analizzandoli su due fronti: innanzitutto secondo un'ottica autoreferenziale, ovvero valutando eventuali cambiamenti di posizione rispetto all'avvicendarsi dei fatti e, infine, in relazione alla risposta dell'opinione pubblica prendendo come parametri di riferimento i sondaggi di popolarità e gli indici di fiducia e consenso rivolte alla Chiesa Cattolica. In secondo luogo, poi, abbiamo considerato sulla base delle statistiche e dei sondaggi elaborati, qual è stato il feedback dell'opinione pubblica estera in relazione alla risposta della Chiesa (locale e del Vaticano) e a quel preciso periodo temporale in cui la vicenda si stava evolvendo. Questa modalità riflette una questione fondamentale dell'intera vicenda, ovvero, non essendo ancora conclusa la questione degli abusi (sia da parte della Chiesa Cattolica sia in termini di risoluzione dei casi) al momento non si dispongono di cifre esatte per poter fare una stima circa l'efficacia (o meno) delle strategie di gestione del discredito applicate dalla Chiesa Cattolica. La metodologia impiegata per lo studio sugli articoli è di tipo qualitativo, ovvero, ricorrendo a un'analisi semantica e lessicale con cui abbiamo individuato le parole-chiave, le espressioni maggiormente ricorrenti e i temi (come il dibattito sull'istruzione della Crimen Sollicitationis) collegati alla vicenda; in tal senso, abbiamo applicato lo studio condotto da Dardano (1973) per l'analisi del linguaggio dei giornali. Tra le fonti impiegate per la nostra ricerca abbiamo tenuto conto, come già detto, della documentazione pubblicata on line (dai singoli quotidiani come approfondimenti agli articoli), di quella consultabile negli archivi digitali delle diocesi straniere e di quella reperibile nel sito del Vaticano. Inoltre per quanto concerne il materiale estrapolato dalla "rete" disponiamo: 1. Delle perizie psichiatriche, dei referti medici e delle lettere di corrispondenza tra i vari livelli delle gerarchie ecclesiastiche americane. 2. Dei rapporti delle varie commissioni di inchiesta, come ad esempio: il Rapporto Ryan (maggio 2009), il Rapporto Murphy (novembre 2009) e il Cloyne Report (luglio 2011) diffusi in Irlanda a seguito delle indagini condotte negli istituti religiosi, nelle diocesi del territorio sui casi di abusi sessuali contro i minori e impiegati come strumenti di repressione e prevenzione del fenomeno. Altro esempio è il John Jay Report, uno studio condotto dal John Jay College of Criminal Justice dell'Università di New York, commissionato dalla Conferenza Episcopale dei Vescovi d'America Abbiamo estrapolato i regolamenti, le normative promulgate dalle diocesi locali in materia di gestione dei casi di abuso e nell'ambito della tutela dei diritti dei minori. Alcuni esempi sono: il Framework Document del 1996 (dall'Irlanda), oppure, le Essential Norms promulgate nel 2002 dalla Conferenza Episcopale Americana. 3. Dei discorsi ufficiali, dei comunicati stampa e degli interventi pubblici di Papa Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto XVI e di alcuni esponenti del Vaticano. Abbiamo, inoltre, le trascrizioni degli interventi del Papa durante gli incontri con le vittime e durante i viaggi compiuti nei Paesi in cui si sono verificati gli episodi di abusi. 4. Delle normative e dei regolamenti canonici in materia di tutela dei minori dal 1962 ad oggi. Come approfondimento per valutare gli effetti che i casi hanno prodotto in Italia abbiamo raccolto anche una prima serie di interviste, realizzate in Italia e a New York e in Irlanda a giornalisti e vaticanisti che si sono interessati alla vicenda. Ricordiamo qualche nome dall'Italia: Marco Tosatti (La Stampa), Marco Politi (Il Fatto Quotidiano), Stefano Maria Paci (Skytg24) e Andrea Tornielli (La Stampa). Dagli Stati Uniti abbiamo invece: Luciano Clerico, Emanuele Riccardi e Alessandra Baldini (inviati dell'agenzia di stampa Ansa) e Monsignor Lorenzo Albacete (Teologo e giornalista del New Yorker ed editorialista del New York Times). Come testimonianza della situazione irlandese, abbiamo invece un'intervista a Gerard O'Connell (giornalista e collaboratore dell'Irish Times). ; The main theme of our project research is about the sociological dynamics of the discredit as a result of the sexual abuse scandal in the Catholic Church; in particular we consider the mass media coverage on the topic from January 2002 to March 2010. Our start point is January 9th, 2002 when the american newspaper, The Boston Globe published an investigation about a sexual abuse case in the Boston Archdiocese. Then, we considered the development of the issue in the american dioceses and in the other European countries too; from all the cases that happened, we decided to consider the Irish situation. The reasons that moved our decision depends on whether the case began in the United States by the newspaper and throughout the development of all the case, the american mass media played the part as opinion leader within international scenario, not only not only for the politics which have been adopted to contrast the phenomenon (among the many, the "zero tolerance" one), either for the adoption of first specific rules concerning the defense of child's rights. The focus in Ireland has been, whereas, set out by the strong Catholic tradition across the nation . The choice of both the USA and Ireland, is motivated by some major reasons seeming to pool the two countries together: first of all, the phenomenon size (namely in the USA from 1950 to 2002, 4392 cases of sexual abuse onto minors have been reported ; while in Ireland between 1965 and 1005, more than 100 sexual abuses complaints have been registered on 21 priests operating in the Ferns diocese itself ). Another following aspect, whereas, refers to the US mass media interest (and the Irish ones as well) about the representation of the occurrence, often presented in "tabloid terms" whose facts occurred over thirty years ago, are now presented as still topical Eventually, the first lawsuits started out in the US, which in several cases have brought the local dioceses to serious financial problems, as these were supposed to refund the victims; in addition there are allegations to the Vatican and the Pope (in fact, in September 2011 the "SNAP" one of the major victims' association submitted a petition to the Aia court against Benedict XVI, cardinals Tarcisio Bertone and Angelo Sodano and the former congregation chief officer, William Levada ). In Ireland the scenario is quite similar to the above mentioned one, the data from the Ferns Report highlighted the same modus operandi in the local dioceses, which, in most cases offered the victims generous monetary refunds to keep the cases from becoming a scandal for the diocese's sake or the entire Catholic church. The work is divided into three sections: in the first one we treated the theory of the credibility, in particular focusing the Catholic Church credibility and the relationship between the priest and the abused minors. Afterwards we analyzed the news' construction modes, considering the news making process and the news values either, employed for the representation of facts on the Italian and also foreign newspapers' behalf. At last, we talked about the construction of the moral panics and the relationship with the Griswold theory on the construction of the social problems by the mass media influence. Finally, we confronted the "moral panic" issue being spotted from Griswold's study about the construction of a social issue in relation to the media role and influence within this process (Griswold 1997). In the second part of this work we have applied the news values categories, newspapers thematization strategies and the moral panic in the reconstruction of the abuses in Ireland and in the USA. In order to offer a wider pattern of the single facts, we have elaborated a short historical reconstruction based on the documents produced and issued by some official sources such as: the Holy See official website, medical reports, governmental investigations and enquiries carried out by local dioceses and judiciary authorities. Due to the enormous amount of material produced by the press organs during all of these years, we have picked out two typologies of journalism articles: - For the foreign newspapers we have chosen the editorial, as the journalistic form able to express the newspaper's editorial management. The newspapers employed as sources are under this division: a. For the United States, we recall: The Boston Globe and The New York Times; b. For Ireland, we have : The Irish Times; As far as the analysis of the Italian articles, we have, whereas, selected the three Italian most read newspapers: Il Corriere della Sera, La Repubblica and La Stampa. Besides the historical and media reconstruction of the major abuse cases, we examined the response moving from the Roman Catholic church within its various levels, considering the public interventions, the decisions and the significant gestures by evaluating any analogy and difference in the action brought on over the years by the Popes John Paul II and Benedict XVI. In this acceptation we have referred to a voluminous documentation available on the Vatican official website. The outcomes of this analysis refer to two sharp fields. Firstly, we have examined the effects produced by the media, analyzing them onto two different hands: first of all through a self-referring perspective, either evaluating any change of position with respect to the occurrences following one another, and at the end, with respect to the public opinion, taking as standards the popularity surveys and the ratings of trust and consensus towards the Catholic church. Second to this, based on the statistics and the elaborated surveys we considered what was the feedback from the foreign public opinion related to the church's response (locally and from the Vatican either) and to that precise time lap where the deeds were taking turns. This modality reflects one fundamental question of the whole matter, that is, since the question of the abuses has not been resolved yet (both from the church behalf and in terms of resolution of the facts) at the moment there is no reliable numbers to estimate the efficiency or not of the discredit management strategies applied by the Catholic church. The methodology employed in this study is qualitative, namely a semantic and lexical analysis through we have found out the key words, the most redundant expressions and the themes (like the debate about the constitution of the "Crimen Sollicitationis") related to the occurrence; in this acceptation we have applied the study carried out by Dardano for the analysis of newspapers' language. Among the sources employed for our research we held in consideration, as previously said, the online edited documentation (by single newspapers as deeper examination on the articles) those available in the digital archives of the foreign dioceses as well the one at disposal on the Vatican website. In addition, as far as the material excerpted from the "web" we have: 1. psychiatric examinations, medical reports and mail letters exchanged among the various levels of the American clergy hierarchy. 2. Several reports from the enquiry boards, for instance: Ryan Report (May 2009), Murphy Report (November 2009), Cloyne Report (July 2011) released in Ireland after the investigations carried out in religious institutes and facilities, in the local diocese on sexual abuses cases onto minors and employed as repression and prevention means of the phenomenon. Another example is the John Jay Report, a study performed by the John Jay College of Criminal Justice, within the New York University, commissioned by the American Episcopal Conference. We have excepted regulations, rules enacted by local dioceses concerning the management of abuse cases and the safeguard of minors' rights. Some of the examples are the Framework Document, 1996, (from Ireland) and the Essential Norms promulgated in 2002 by the American Episcopal Conference. 3. Public speeches, press communications and public appearances by the Popes John Paul II and Benedict XVI, as well as by other Vatican exponents. Also we have the transcriptions from the Pope's statements during the meetings with the victims and the journeys in the countries where the abuses had occurred. 4. Canonical regulations and norms regarding the minors' rights safeguard from to 1962 up to our days. As a deeper examinations in order to evaluate the effects that these cases produced in Italy, we collected a series of interviews too, carried out in Italy, in New York and in Ireland to journalists and vaticanists getting interested in this occurrence. We recall some name from Italy: Marco Tosatti (La Stampa), Marco Politi (Il Fatto Quotidiano), Stefano Maria Paci (Skytg24) and Andrea Tornielli (La Stampa). From the United States we have: Luciano Clerico, Emanuele Riccardi and Alessandra Baldini (reporters from the press agency Ansa) and Monsignor Lorenzo Albacete (Teologist and journalist for New Yorker and editorialist for New York Times). As a testimony for the Irish situation we have an interview to Gerard O'Connell (journalist and collaborator for the Irish Times). ; Dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale (XXIV ciclo)
Il lavoro di tesi indaga, dal punto di vista delle scienze sociali, un oggetto di studio – l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e la sua attività di regolatore del settore delle comunicazioni in Italia – storicamente (e accademicamente) proprio delle scienze economiche e giuridiche. La letteratura politologica (in verità piuttosto scarsa) in materia di regolazione e autorità amministrative indipendenti, ma soprattutto l'ampio dibattito sociologico su mass media, sfera pubblica e, più di recente, su convergenza, digitale e social media hanno costituito l'apparato teorico di base grazie a cui portare avanti una riflessione originale sull'oggetto di ricerca, ancor di più in quanto strettamente legata a vicende e questioni di stretta attualità e di notevole impatto sullo sviluppo del settore. Un'ampia disamina teorica su sfera pubblica e modelli di governance, nel passaggio dall'universo mediatico tradizionale a quello digitale, ha permesso infatti di inquadrare in maniera netta e decisa le dinamiche e i conflitti principali che animano il settore delle comunicazioni, il suo rapporto con la realtà sociale, economica e politica attuale, ma soprattutto il rapporto con la sfera delle regole che si instaura nel complesso sistema di formazione delle politiche pubbliche in materia (capitoli 1 e 2). Allo stesso modo, con un resoconto documentato delle attuali dinamiche evolutive dei mercati delle comunicazioni (con particolare riferimento al comparto televisivo e dei contenuti digitali), sono state evidenziate le questioni più rilevanti allo stato attuale per chi si volesse impegnare nel delicato compito di regolare questo settore, contemperando regole nazionali e comunitarie, interessi economici e rinnovate esigenze sociali (e politiche) (capitolo 5). Parallelamente, un'analisi approfondita del quadro istituzionale nazionale, e una sintesi delle principali evidenze delle scienze sociali in materia di regolazione e autorità indipendenti, ha permesso di mettere in luce il concetto di co-regolamentazione, la sua utilità e le sue applicazioni nel settore di riferimento (capitoli 3 e 4). L'Autorità, intesa come istituzione, ma soprattutto come attore emergente nelle dinamiche di formazione delle decisioni pubbliche in materia di comunicazioni (e in particolare di televisione e contenuti digitali, con tutte le implicazioni sociali e politiche del caso), è stata infine "scomposta" secondo una schema di analisi multidimensionale, meno rigido delle classificazioni adottate dalla dottrina giuridica e dagli studi economici. L'osservazione delle concrete (e recenti) prassi regolamentare ha invece consentito, in ultima istanza, l'indicazione di un possibile percorso di rinnovamento della missione istituzionale dell'AGCOM, basata sul passaggio da regolatore a promotore di sviluppo ed elemento di stimolo proattivo del settore delle comunicazioni e della nuova economia digitale nazionale (capitolo 6). I 18 mesi di praticantato effettuati da chi scrive presso l'Autorità di Garanzie nelle Comunicazioni mi hanno consentito (oltre che l'accesso ad una mole considerevole di informazioni, documenti e bibliografia utile per la stesura concreta della tesi) di vivere da vicino problematiche, stimoli, spinte e difficoltà quotidiane che caratterizzano la complessa attività del regolatore del settore. Sicuramente l'esperienza di osservatore neutrale ma interessato dei meccanismi decisionali e delle prassi di lavoro dell'Autorità hanno da un lato provocato il profondo "imbarazzo" di chi si avvicina a quel mondo con schemi e griglie di interpretazioni completamente diverse, dall'altro hanno fatto emergere alcune riflessioni su statuti conoscitivi e modalità di confronto con il mondo della comunicazione. L'obiettivo finale di tutto il lavoro di ricerca e di stesura della tesi è stato infatti incominciare a decifrare con le griglie teoriche e di analisi della sociologia un oggetto fino ad oggi sottoposto ad analisi provenienti da altri ambiti conoscitivi come quello giuridico. In tal senso "l'affanno del regolatore" è stato analizzato non dal punto di vista della difficoltà "tecnica" a individuare le norme che regolano lo sviluppo quanto piuttosto nell'essenza stessa del dinamismo dei media, nella loro velocità e soprattutto nella loro connettività. Insomma partire dall'oggetto, e non dalla struttura che lo regola , si è rivelato un "metodo sociologico" che esamina i limiti dell'Authority non in termini di apparato giuridico quanto piuttosto di apparato conoscitivo. Ed è proprio lì che si annida "l'affanno del regolatore".
2011 has been a "rose" year for Open Access all over the world, as both the green and the gold ways met with great successes. Due to its social pervasiveness, Open Access is gaining ground within alternative economies and is opening new paths inside the social environment. In 2011 it was increasingly used for support and humanitarian aids worldwide, and acting as a real catalyst for information it involved people and cultures within the social media and the social networks. Its current ramifications are having great impact in the evolution of other open movements like the Open-Data movement, the e-Science's communities, the Open Education Resources (OER) and of newest and fascinating models of modern pedagogy like the so-called Massively Open Courses (MOOC), open online online university courses focused on open access and targeted to the masses. Nevertheless, due to the way scientific communication used to work until a few years ago, there are still a few critical points like the necessity to identify sustainable economic models for scientific publishing, and to find a proper rights' management model together with the consequent allocation of profits within the value chain. Thus, the projects of the Digital Innovation and the policy choices within the research programs of the Commission and the European Union will be strategic in promoting open access in the sense of open innovation, and in working out several critical issues. ; Il 2011 è stato un anno "rosa" per l'Open Access a livello internazionale, con dati di crescita più che confortanti: la via verde e la via d'oro si sono costellate di grandi successi. L'OA, grazie alla sua pervasività sociale, si sta muovendo verso economie alternative e si sta creando nuovi percorsi e nuovi spazi dentro l'ambiente sociale. Sempre più usato nel mondo per scopi di supporto e aiuto umanitario, sta coinvolgendo persone e culture entro social media e social network, agendo come un vero e proprio catalizzatore informativo. Le ramificazioni dell'OA stanno avendo ad oggi grande impatto nell'evoluzione di altri movimenti "open": dall'OpenData alle comunità e-Science, dalle Open Education Resources (OER) ai modelli di pedagogia aperta, nel quadro dell'affascinante mondo dei cosiddetti Massively Open Online Courses (MOOC), i corsi universitari online a libero accesso e rivolti alle masse. Tuttavia permangono alcune criticità, retaggio di meccanismi insiti nei processi di comunicazione scientifica, in primis l'individuazione e la sostenibilità di modelli economici per l'editoria scientifica, la gestione corretta dei diritti e la conseguente allocazione dei profitti entro la catena di valore. Le implicazioni nelle scelte politiche entro i programmi di ricerca della Commissione Europea e i progetti dell'Agenda digitale e dell'Unione dell'Innovazione saranno determinanti nel promuovere l'accesso aperto nel senso di open innovation, e nella risoluzione dei nodi critici.
2011 has been a "rose" year for Open Access all over the world, as both the green and the gold ways met with great successes. Due to its social pervasiveness, Open Access is gaining ground within alternative economies and is opening new paths inside the social environment. In 2011 it was increasingly used for support and humanitarian aids worldwide, and acting as a real catalyst for information it involved people and cultures within the social media and the social networks. Its current ramifications are having great impact in the evolution of other open movements like the Open- Data movement, the e-Science's communities, the Open Education Resources (OER) and of newest and fascinating models of modern pedagogy like the so-called Massively Open Courses (MOOC), open online online university courses focused on open access and targeted to the masses. Nevertheless, due to the way scientific communication used to work until a few years ago, there are still a few critical points like the necessity to identify sustainable economic models for scientific publishing, and to find a proper rights' management model together with the consequent allocation of profits within the value chain. Thus, the projects of the Digital Innovation and the policy choices within the research programs of the Commission and the European Union will be strategic in promoting open access in the sense of open innovation, and in working out several critical issues.
La cippatura è un processo produttivo fondamentale nella trasformazione della materia prima forestale in biomassa combustibile che coinvolgerà un numero sempre più crescente di operatori. Scopo dello studio è stato quantificare la produttività e il consumo di combustibile in 16 cantieri di cippatura e determinare i livelli di esposizione alla polvere di legno degli addetti alla cippatura, in funzione di condizioni operative differenti. Sono state identificate due tipologie di cantiere: uno industriale, con cippatrici di grossa taglia (300-400kW) dotate di cabina, e uno semi-industriale con cippatrici di piccola-media taglia (100-150kW) prive di cabina. In tutti i cantieri sono stati misurati i tempi di lavoro, i consumi di combustibile, l'esposizione alla polvere di legno e sono stati raccolti dei campioni di cippato per l'analisi qualitativa. Il cantiere industriale ha raggiunto una produttività media oraria di 25 Mg tal quali, ed è risultato 5 volte più produttivo di quello semi-industriale, che ha raggiunto una produttività media oraria di 5 Mg. Ipotizzando un utilizzo massimo annuo di 1500 ore, il cantiere semi-industriale raggiunge una produzione annua di 7.410 Mg, mentre quello industriale di 37.605 Mg. Il consumo specifico di gasolio (L per Mg di cippato) è risultato molto minore per il cantiere industriale, che consuma in media quasi la metà di quello semi-industriale. Riguardo all'esposizione degli operatori alla polvere di legno, tutti i campioni hanno riportato valori di esposizione inferiori a 5 mg/m3 (limite di legge previsto dal D.Lgs. 81/08). Nei cantieri semi-industriali il valore medio di esposizione è risultato di 1,35 mg/m3, con un valore massimo di 3,66 mg/m3. Nei cantieri industriali si è riscontrato che la cabina riduce drasticamente l'esposizione alle polveri di legno. I valori medi misurati all'esterno della cabina sono stati di 0,90 mg/m3 mentre quelli all'interno della cabina sono risultati pari a 0,20 mg/m3. ; This study examined 16 commercial chipping operations in order to determine: productivity, fuel consumption, cost and exposure to wood dust Operations were divided into industrial and semi-industrial, the former based on powerful chippers (300-400 kW) fitted with an enclosed cab, and the latter on smaller machines (100-150 kW) without enclosed cab. Field data was collected for time consumption, mass output, fuel use and exposure to wood dust. Chip samples were taken from all operations in order to determine moisture content and particle size distribution. During the tests, chipper operators wore special wood dust samplers. When the operators sat inside a cab, wood dust samplers were also placed outside the cab in order to determine the dust abatement benefit offered by the enclosed cab. As an average, industrial operations reached a productivity of 25 Mg fresh chips per hour, whereas semi-industrial operations produced only one fifth of this quantity (i.e. 5 Mg/h). Assuming 1500 hours as the maximum annual usage, industrial operations offer an annual production in excess of 37.000 Mg, whereas semi-industrial operations barely exceed 7.000 Mg. Cost-wise, semi-industrial operations are preferable to industrial operations only if the annual production is below 3.000 Mg. Specific fuel consumption (L per Mg of chips) is much lower for industrial operations, compared to semi-industrial operations. Concerning exposure to wood dust, all the sampled operations were within the 5 mg/m3 legal limit. Exposure was higher in semi-industrial operations, with average and maximum values of 1,35 and 3,66 mg/m3, respectively. Exposure was lower in industrial operations, where the recorded average values were 0,90 and 0,20 mg/m3 outside and inside the cab, respectively. If future legislation will reduce the maximum allowed exposure to 1 mg/m3, then semi-industrial operators may need to renounce manual chipper feeding and bring their operators inside the cab of a boom loader.
2010/2011 ; Sommario Il principio di legalità nel diritto penale sembra avere subito in tempi recenti quello che può definirsi il processo di eterogenesi dei fini. Quanto più esso ha trovato riconoscimento incontestato tra gi studiosi, affannati ad espungere le fonti secondarie, tanto più la fonte primaria ha smarrito i connotati che ne conclamavano il valore: per un verso, in attuazione del principio di uguaglianza, la generalità e l'astrattezza; per un altro verso, in attuazione del principio di garanzia statuito a vantaggio dei destinatari della norma, la descrizione precisa e pregnante del fatto illecito e delle conseguenze punitive. Se ben deve riconoscersi, come insegnato già da Aristotele, che spetta alla legge determinare "tutto quanto è possibile", restringendo il campo della libertà ai giudici soprattutto "perché il giudizio del legislatore non è particolare, ma riguarda il futuro e l'universale, mentre il componente dell'assemblea e il giudice giocano ogni volta su casi presenti e determinati", incorrendo così il rischio per "amicizia, odio o utilità particolare di non vedere sufficientemente la verità, ma il piacere o il dispiacere personale", allora è evidente come e quanto la fonte legislativa tenda attualmente a distaccarsi dai suoi fondamenti. Da un lato, la perdita di autorevolezza del legislatore determina un calo generalizzato della fiducia nella legge, vista come incapace di risolvere i nodi cruciali del diritto penale; dall'altro la giurisprudenza, "approfittando" di tale situazione, tende ad affermare la sua autorità mediante la correzione in via interpretativa dei supposti errori e delle lacune dei prodotti legislativi. Questi fattori determinano dubbi in ordine al valore oggi da attribuire alla legge, la cui supremazia dovrebbe derivare, non solo formalmente dall'organo rappresentativo che la emana, ma anche sostanzialmente da alcune peculiarità che dovrebbero caratterizzarla, quali generalità, astrattezza, stabilità, determinatezza, precisione, chiarezza, imperatività e razionalità. Tutte caratteristiche queste che sono state viste consuetamente come dirette a realizzare i valori di libertà, uguaglianza e sicurezza collettiva, di cui lo Stato si è fatto garante assoluto. Inoltre, la diluizione formale e sostanziale della sovranità, determinata, sul piano esterno, dalla moltiplicazione dei vincoli internazionali e comunitari e, su quello interno, dalla tendenza a sostituire, a livello di tecnica di regolazione giuridica, il precetto autoritario col metodo della negoziazione e del bilanciamento degli interessi dei rappresentanti dei poteri socialmente forti, solleva ulteriori perplessità sulla validità del principio di stretta legalità nel campo penale. Da non dimenticare, poi, come l'erosione del dogma, sempre alla base della legalità, della rigida sottoposizione del giudice alla legge, abbia favorito l'accrescersi dello spazio interpretativo lasciato alla giurisdizione. Procedendo con ordine, occorre subito rammentare che il senso più pregnante della garanzia apprestata dalla riserva di legge, come garantita dall'art. 25 Cost., nei confronti del c.d. potere punitivo non è solo quello della possibilità data all'individuo di regolare il proprio comportamento su una previa regola generale e astratta, ma è anche e soprattutto quello derivante dalla democraticità, che appunto individua nel procedimento legislativo il migliore sistema con cui prendere decisioni politiche. La crisi della riserva di legge consegue ad una crescente incapacità della stessa di dispiegare il suo ruolo di garanzia su entrambi i piani. Tralasciando i contorni davvero fittizi che ha assunto la garanzia della libertà di autodeterminazione offerta dalla legge al cittadino, ciò che qui rileva è la qualità della legge e della legislazione, pregiudicata dalla produzione quantitativamente inflazionistica e qualitativamente sciatta da rendere nulla più che una finzione la possibilità per il cittadino di orientare il proprio comportamento sulla base di una norma sufficientemente chiara. Ma l'aspetto che più preme è quello della garanzia recata della legge in ragione della sua democraticità, definibile come contenutistica. Su questo piano tre paiono le linee di caduta della legalità: la perdita di consistenza dello stesso principio democratico tradizionale; la trasformazione del sistema delle fonti e la loro proliferazione a scapito della legge; l'alterazione dell'originario equilibrio tra la legge e il potere giudiziario. Quanto al primo aspetto ci si interroga su quali siano i reali vettori che conducono la volontà popolare a trovare espressione nella legge, se i meccanismi della rappresentanza parlamentare o non, piuttosto, le interpretazioni che di tale volontà forniscono le concentrazioni massmediatiche e più in generale i potenti gruppi economici con la loro attività lobbistica; nel campo penale poi il carattere spesso emotivamente coinvolgente delle materie oggetto di disciplina penale finisce per accrescere il ruolo dei mass media nella formazione del necessario consenso sociale. Per quanto riguarda poi le conseguenze del passaggio al sistema maggioritario, è facile constatare come all'accentuato potere della maggioranza in sede parlamentare e governativa faccia riscontro la tendenza a protrarre il processo di formazione normativa presso gli organi di garanzia, quali Corte costituzionale e Presidente della Repubblica. Il fatto è poi che la democrazia non costituisce più l'unico asse su cui si regge il sistema istituzionale. In primo luogo si assiste al diffondersi dell'opera interpretativa dei giudici, per non parlare delle decisioni della Corte Costituzionale. Infatti, sebbene la Corte Costituzionale abbia consolidato un rigoroso self restreint quanto alle questioni di costituzionalità in malam partem, ciò non ha evitato, da parte della stessa, manipolazioni di disciplina talvolta davvero innovative e creative, con effetti favorevoli per il reo. Basti all'uopo pensare alle c.d. sentenze additive di principio, con cui la Corte dichiara l'incostituzionalità di una omissione legislativa: esse, enunciando anche il principio a cui dovrà ispirarsi il legislatore se e quando deciderà di provvedere, implicano, per un verso, forti limiti al quomodo dell'eventuale disciplina legislativa e, per altro verso, conferiscono da subito al giudice il potere-dovere di tradurre sul piano operativo il principio affermato. In secondo luogo, non è possibile non prendere d'atto che alla volontà e certezza alla base della legalità di stampo illuminista, in grado quindi di controllare previamente il conflitto di interessi, si è sostituita l'idea del diritto come strumento di governance dei plurimi interessi in gioco. Alla volontà unitaria del precetto penale si sostituiscono, più che le volontà dei giudici e delle parti chiamati a confrontarsi con la fattispecie, le valutazioni che essi opereranno per rendere la disciplina coerente con gli obiettivi strategici del sistema; dunque, governance al posto di volontà prescrittiva. Questo mutamento comporta nella pratica che alla rigidità descrittiva della fattispecie penale si sostituisca l'indicazione legislativa di parametri, criteri e obiettivi di disciplina; alla certezza della decisione giuridica, sintomo di onnipotenza del diritto, è subentrato l'equilibrio che è, invece, il risultato di un diritto che riconosce la molteplicità delle forze e la conseguente difficoltà delle scelte decisionali e per questo vi appresta degli strumenti per arrivarvi. In terzo luogo, non si può non osservare come la realtà, sempre più pervasa dalla tecnologia, abbia determinato lo spostamento del baricentro normativo dall'organo parlamentare all'apparato amministrativo, con tutta la fioritura di autorità indipendenti e organi tecnici dotati di specifiche competenze comprensive di poteri normativi. Quanto al secondo piano del discorso attinente alle fonti, si può osservare come la maggior parte degli atti parlamentari aventi un contenuto provvedimentale sono quelli elaborati all'esterno attraverso la c.d. contrattualizzazione del processo di formazione della decisione normativa, mentre le poche leggi di principio spesso assumono valore simbolico o si limitano a comporre il conflitto ideologico che sta alla loro base solo grazie a formulazioni ambigue e indeterminate, tali cioè da esprimere solo in apparenza una volontà parlamentare, rimettendo, nella realtà, la decisione agli organi dell'applicazione. Ma ciò che segna la crisi della legge penale è, come noto, l'incremento delle fonti primarie di origine governativa: dopo l'alt dato dalla Corte Costituzionale all'abuso del decreto legge, si è aperta la stagione del decreto delegato. I requisiti costituzionali della delegazione legislativa hanno subito un progressivo allentamento nella prassi, ma è soprattutto con l'invenzione dei decreti delegati correttivi che si è ottenuto il risultato di un prolungamento della delega che tende a stabilizzare nel Governo il potere di normazione primaria. In questo quadro si inserisce anche il procedimento di attuazione delle direttive comunitarie, affidato appunto ad un meccanismo che fa congiuntamente ricorso alla delegazione legislativa e alla delegificazione. In ogni caso, data la quantità di direttive che ormai condizionano la fisionomia attuale dell'ordinamento, ne risulta per questa via potenziato il ruolo delle fonti primarie di origine governativa. Naturalmente si potrebbe osservare, non senza fondamento, che la crisi della legge riguarda l'ordinamento nel suo complesso, mentre il diritto penale dovrebbe esserne immune stante la riserva di legge costituzionalmente sancita in materia. Ma è altrettanto vero che il diritto penale non può ritenersi avulso dalla realtà, condividendo, in misura maggiore o minore, le sorti dell'intero ordinamento, sollecitato com'è, anch'esso, ad aprirsi al pluralismo delle fonti da fattori sia interni che esterni. Invero, se il quadro sopra descritto concerne i fattori interni della crisi del principio della riserva di legge, non si può fare a meno di notare come elementi di minaccia promanino anche dall'esterno; all'uopo occorre distinguere tra diritto comunitario e quello internazionale. Nello scenario mondiale domina ancora lo strumento convenzionale, il quale fa salva la sovranità nazionale e il ruolo del Parlamento, chiamato ad autorizzare la ratifica delle sempre più numerose convenzioni internazionali multilaterali. Tuttavia la libertà dell'organo parlamentare appare piuttosto limitata: da un lato, le convenzioni concernenti la materia penale paiono sempre più dettagliate, perché si spingono non solo a formulare modelli minuziosi di fattispecie ma, non di rado, vincolano gli Stati anche a livello del trattamento sanzionatorio; dall'altro, l'oggetto di tali atti normativi è sempre più spesso tale da imporre obblighi sempre più difficilmente eludibili dagli Stati. Si assiste pertanto ad un fenomeno di grande interesse sul piano delle fonti, caratterizzato dalla riduzione del margine di discrezionalità del legislatore nazionale di fronte ad atti convenzionali e di fatto cogenti, i quali per un verso traggono origine da organi privi di legittimazione democratica e per altro verso si rivelano dotati di una particolare autorevolezza derivante da una legittimazione fattuale fondata sulla capacità di soddisfare bisogni di tutela ovunque condivisi. Passando all'ordinamento comunitario si assiste, oltre al già menzionato meccanismo di recepimento predisposto dalla legge comunitaria annuale, sia all'estensione della competenza penale dell'Unione europea ad opera del Trattato di Lisbona, che al sempre più ampio ricorso a direttive, a loro volta sempre più stringenti e dettagliate, anche riguardo al profilo sanzionatorio, così che anche qui il ruolo della volontà parlamentare nella produzione del diritto penale risulta ridotta. Il descritto stato di crisi del principio di legalità è costretto, altresì, a fare i conti con il diffondersi, nel nostro ordinamento, di un nuovo fenomeno di natura esogena: il (o anche la) soft law, locuzione traducibile in italiano come diritto leggero, ovvero morbido, ovvero soffice, ovvero attenuato. Con tale espressione si intende far riferimento ad una moltitudine variegata di atti latu sensu normativi, accomunati dall'assenza del requisito della forza cogente, che, appunto, sembrava essere l'essenza della nozione di norma giuridica. Alla luce di tale definizione risulta allora evidente come affrontare la tematica della soft law significhi affrontare un paradosso. Innanzitutto perché all'interno di tale categoria vengono ricompresi una congerie di atti che, seppur privi di efficacia obbligatoria, dispiegano comunque degli effetti giuridici. Secondariamente, ma non certo per importanza, tale ambiguità emerge, con immediatezza dall'accostamento dell'aggettivo soft al termine law: il diritto è, infatti, per tradizione considerato hard, ossia obbligatorio. Secondo l'impostazione maggioritaria, infatti, un soft law privo di effetti legali non è law, laddove un soft law fornito di essi è sicuramente hard law. Nonostante tale posizione tradizionale prevalente, alcuni studiosi, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso hanno cominciato, nell'ambito del diritto internazionale, a prospettare la possibilità di immaginare l'esistenza di un tertium genus di fonte di produzione del diritto, nascente in risposta alla complessità giuridica della globalizzazione. Lo sviluppo del diritto soffice testimonierebbe, in tal senso, la possibilità di ingresso nel circuito della giuridicità di soggetti nuovi, non sempre formalmente titolari delle competenze necessarie per produrre un diritto "a denominazione di origine controllata". Ciò implica anche la creazione di un circuito giuridico che attiva logiche e processi che superano il criterio essenziale dell'obbedienza. In pratica, non si tratta solo di un percorso di perdita del carattere verticale del diritto, ma anche in un certo senso di un rimodellamento del suo criterio di legittimazione, che non è più affidato alla forma, ma piuttosto ad un contenuto o a delle modalità che sappiano riscuotere l'adesione dei destinatari, indipendentemente dalla previsione di sanzioni. Alla luce delle descritte peculiarità della normativa attenuata, tutto il sistema penale, hard law per eccellenza, sembra muoversi in una direzione antitetica a quella della soft law. In particolare, questa antinomia si appalesa in tutta la sua chiarezza ove si mettano a confronto alcune caratteristiche fondamentali delle due normative: se l'unico organo di produzione abilitato in campo penale è, ai sensi dell'art. 25 Cost., il Parlamento, in quello attenuato gli enti legittimati sono plurimi e non sono solo statali, substatali o sovranazionali, ma anche espressivi di poteri non necessariamente a carattere territoriale; mentre le norme soffici possono anche limitarsi a porre degli obiettivi, quelle penali devono essere formulate quanto più possibile in modo chiaro e preciso, indicando inequivocabilmente i comportamenti vietati; laddove i destinatari delle norme attenuate coincidono spesso con i soggetti produttori delle stesse e si indirizzano solitamente a categorie ben individuate di soggetti, le norme penali generalmente si rivolgono in maniera indifferenziata a tutti gli individui presenti sul territorio statale; se il diritto debole costituisce un diritto meramente esortativo, diretto a persuadere più che ad obbligare, risultando pertanto privo di sanzioni, all'opposto il diritto penale è il ramo dell'ordinamento giuridico più di ogni altro vincolante; la normativa leggera prescinde dal tradizionale modello delle fonti kelseniano di tipo piramidale, su cui il sistema penale si fonda, per collocarsi all'interno di un modello improntato ad una logica reticolare, senza gerarchie; la soft law è per definizione destinata ad operare in ogni ambito, da quello angusto di una singola impresa a quello sconfinato del mercato globale, mentre il diritto penale è la branca meno universalizzabile, perché simbolizza la sovranità nazionale e la cultura di ciascun popolo; infine, se il diritto penale si caratterizza per un elevato tasso di rigidità e stabilità, dati i beni giuridici che va a tutelare, all'opposto il diritto morbido si esprime con strumenti non solo flessibili, ma anche mutevoli, per meglio rispondere alla rapida evoluzione della società. Tale insanabile antinomia tra diritto soffice e diritto penale pare però, ad un'attenta analisi del panorama giuridico attuale, più astratta che reale, ove solo si consideri quanto detto in apertura sulla crisi dei principi di legalità e della riserva di legge e sulla progressiva alterazione di alcuni tratti peculiari del diritto penale. ; XXIV Ciclo ; 1984