Pluralism and its inner potential conflictuality is the main problem of political thought in the modern world, as the recent querelle between liberals and communitarians has significantly demonstrated. A different perspective emerges from the careful consideration of social interaction. The political body arises, when the pursuing of social communication itself is set as a common end - that is, when social communication institutes a permanent space of communication. Thus, a re-consideration of politics is possible through a re-thinking of human relationships. This opens the path to the possibility of a significative convergence towards the political aristotelism of the origins and with its notion of "natural sociality" of mankind: a tradition which indicates in the participation to the "useful" (a category which implies the virtue of justice) the proper ground for politics.
Originariamente pubblicato nella primavera del 1945, all'indomani della fine del secondo conflitto mondiale, questo libro racchiude un'efficace testimonianza dell'impeto «ricostruttivo» che animò La Pira in una stagione drammatica della storia italiana ed europea. Al tempo stesso il lavoro, frutto di una serie di riflessioni e considerazioni maturate negli anni di guerra, offre al lettore un'ideale sintesi tra il La Pira «sociale» degli anni Trenta e il La Pira «politico» degli anni Quaranta, attraverso un percorso che avrebbe riaffermato costantemente una profonda unità tra pensiero e azione. La nostra vocazione sociale è dunque un testo cruciale per afferrare il naturale filo di continuità esistente tra l'impegno lapiriano a fianco dei poveri, il suo ruolo di «resistente pacifico» negli anni di «Principi» e la sua attività di docente di diritto romano e nell'associazionismo cattolico, esperienze formative inscindibili in vista dei lavori «architettonici» che di lì a poco lo avrebbero visto protagonista della Costituente. L'approccio con cui La Pira affronta la «crisi del mondo» gli permette di analizzare i sistemi politici, filosofici e istituzionali dell'età moderna e contemporanea partendo dal presupposto della rottura di un'ideale «unità» dell'edificio sociale. La sua critica non approda però ad una risposta di ripiegamento bensì, declinando in modo originale rispetto per la tradizione e volontà di progresso, invita tutti a una positiva assunzione di responsabilità: a ricostruire insieme una gerarchia di valori che permetta il superamento della stagione dell'homo homini lupus, sulla base della riscoperta comune del «divino» che c'è in ogni essere, contrapposto al germe «razzista» implicito nei totalitarismi. Ne emerge quindi un'originale riaffermazione dei valori cristiani, con una particolare declinazione della lezione di Maritain e del «personalismo comunitario» (a partire dalla necessaria tutela dei «deboli» di fronti agli eccessi del liberismo) che spinge La Pira a sostenere l'esigenza di centrare la ricostruzione postbellica su una dimensione «sociale». La riaffermazione del valore della persona umana diventa dunque in queste pagine impegno di fede e progetto politico; insieme apre spiragli innovativi su quelli che negli anni a venire sarebbero stati i criteri orientativi dell'«interventismo pacifista» del sindaco di Firenze: la diplomazia «democratica», il ruolo delle città, il sogno dell'Onu «integrale». La scelta di ripubblicare questo testo, sessant'anni dopo il suo concepimento, ci riporta direttamente alla sua profonda e sorprendente attualità; al contempo offre a tutti, esperti di politica e non, una riflessione sull'uomo, sulle responsabilità dei cristiani e sulla centralità della pace e ripropone un invito deciso e universale a confrontarsi con la complessità del mondo e a cercare nel dialogo con l'altro i percorsi misteriosi della fede e della storia.
2002/2003 ; Il percorso di ricerca ha avuto l'obiettivo di operare una riflessione sul significato dello sport, sulle motivazioni per cui esso viene praticato ed il senso che assume nella vita sociale. Allo scopo è sembrata necessaria un'analisi della crescente domanda di sport, proveniente da fasce e settori diversi della popolazione, da organizzazioni e istituzioni, al fine di ricostruire rappresentazioni sociali, pratiche individuali e collettive, nuovi bisogni e nuove opportunità nell'ambito della prevenzione del disagio. In particolare, riguardo alla dimensione locale, sono state prese in considerazione e comparate alcune indagini che, unitamente ad alcune esperienze innovative di integrazione, offrissero un quadro di riferimento per l'avvio di progetti ed applicazioni all'ambito sportivo delle metodologie di rete. La prospettiva assunta è stata sin dall'inizio di tipo integrato, in quanto si è partiti dalle teorie di riferimento delle scienze psico . pedagogiche, sociologiche e del servizio sociale per giungere, attraverso l'analisi dello stato della ricerca sociale sullo sport nel nostro Paese, ad una proposta di progettazione in rete di interventi a carattere sportivo, che confermasse l'ipotesi di studio circa la possibile presenza di professionalità diverse impegnate nel lavoro di rete in una logica interdisciplianre. Tutto il percorso di ricerca, pertanto, è stato condotto su un triplice piano di riflessione, assumendo di volta in volta, per ogni aspetto della problematica esaminato, sia una prospettiva psicopedagogia, che sociologica, senza tralasciare un'analisi dal punto di vista del servzio sociale, nel tentativo di coniugare teorie e prassi proprie di campi disciplinari diversi . Il rapporto teoria-pratica è stato oggetto di osservazioni riguardanti sia l'ambito educativo che del Servizio sociale, in quanto per entrambe le discipline, si è visto che rappresenta uno snodo cruciale, in ordine alla natura e all'identità professionale dell'operatore. 1. Formazione ed educazione attraverso lo sport. Lo sport rappresenta uno strumento di formazione lungo tutto l'arco di vita, dal bambino, ali' adulto, all'anziano, in quanto attraverso l'attività motoria, sia individuale che di gruppo, sono più facilmente raggiungibili alcuni obiettivi educativi trasferibili sul piano esistenziale, a qualunque età: la capacità di proiettarsi verso un meta o un record, sviluppando un positivo atteggiamento progettuale nella vita; la capacità di 'atuodeterminazione ' e autocontrollo sulla propria vita, mediante il mantenimento della fiducia in se stesso; l'interiorizzazione di 'valori difficili', come la perseveranza, la rinuncia, la lealtà, il coraggio, la fermezza, etc; la capacità di conoscere i propri limiti ed autovalutarsi; la capacità di accettare gli altri e le regole del vivere sociale. In una prospettiva di educazione permanente, lo sport può essere, come si è visto, uno strumento prezioso per la conquista o la conferma della propria identità di adulto e di anziano, per il conseguimento di una migliore autonomia e per l'acquisizione di competenze non limitate all'ambito motorio. L'esame delle teorie dello sviluppo e dell'apprendimento applicate ali' ambito motorio, ha confermato il superamento di una visione dualistica della persona umana e la reciproca influenza delle dimensioni congnitiva, motoria, affettiva, morale e sociale della personalità. Tale visone unitaria risulta ampiamente riconosciuta dagli studiosi delle discipline psicologiche e pedagogiche e consente il superamento di una visione medicalizzata della salute ed essenzialmente fisiologica dell'attività motoria. Un tale approccio sembra essere più che attuale, come risulta da positive sinergie tra l'ambito sanitario, educativo e socio-assistenziale, realizzate anche in diversi ambiti locali mediante progettazioni in rete. 2. Il valore sociale dello sport L'alterità appare uno dei temi dominanti del dibattito culturale contemporaneo: rispetto, accoglienza, cooperazione, aiuto, rappresentano valori emergenti di riferimento. Oggi più che mai lo sport sembra potersi collocare collocarsi in orizzonti di senso che facciano propri tali valori e li realizzino quotidianamente nella pratica sportiva sia essa di tipo educativo, amatoriale, agonistico, riabilitativo, e quant'altro. Lo sport si colloca in molteplici contesti della vita quotidiana nelle sue varie forme di espressione: praticato o seguito, diffuso dai media, ma in ogni caso facente parte del nostro sistema sociale che molto spesso ne assume emblematicamente i modelli. Purtoppo non sempre è l'immagine giusta dello sport quella che ci viene offerta: competizione esasperata, conflittualità, doping, violenza, etc. In tal modo il rispetto dell'altro che fa parte del sistema sociale, viene a mancare, ed i valori a i quali si desidera fare riferimento vengono spesso disattesi. In una prospettiva che considera la salute e benessere come valori fondati sulla reciprocità sembra possibile raggiungere attraverso lo sport, modelli e stili di vita, per i quali l'elemento indispensabile a realizzare il "gioco" sportivo, come quello della vita, è dato da un passaggio dalla dimensione intrapsicologica della persona a quella interpsicologica, da una dimensione individuale ad una collettiva. Ciò comporta un'equilibrata attenzione da un lato al benessere della persona che fa sport, dall'altro ai gruppi, alla comunità, (runici, familiari, compagni, dirigenti, allenatori, insegnanti, associazioni, società sportive, etc.), valorizzando in particolare il ruolo della famiglia. La salute appare allora in una dimensione etica che necessariamente rimanda all'altro, e non solo alle norme da rispettare che condizionano i momenti di vita sportiva, ma soprattutto al benessere che può derivare dal condividere esperienze, creare relazioni tra persone, gruppi, popoli. Lo sport allora non è solo il mantenersi in forma, il divertimento, lo sfogo, è molto di più, come risulta dalle indagini che sono state prese in esame: è un servizio sociale in quanto attraverso le sue pratiche, nei diversi contesti , offre un servizio richiesto dalla comunità. Un servizio che implica specifiche professionalità chiamate ad operare sinergicamente nella comunità, a partire dalla famiglia, rete infonnale di sostegno in condizioni normali e di bisogno, fino alla comunità locale, contesto di partecipazione attiva socio-comunitaria. 3. La ricerca sociale sullo sport L'esame della letteratura riferita all'ambito nazionale ha messo in luce un certo ritardo rispetto al contesto europeo, dello stato della ricerca sociale sullo sport nel nostro Paese. A questo si aggiunge la difficoltà a trovare un autonomo campo d'indagine. Emerge inoltre la necessità di interpretare il fenomeno sportivo, piuttosto che quantificarlo sulla base di dati numerici (ad esempio, il numero di palestre presenti in Italia o il numero di frequentanti), peraltro risultanti da diverse e numerose ricerche condotte da Enti preposti (ad es. l'ISTAT) o commissioni nell'ambito del CONI. Tale bisogno di esplorazione dei 'nodi discorsivi' riguardanti le caratteristiche dello sport a partire da una dimensione micro (la vita quotidiana di un quartiere cittadino o delle rappresentazioni e dei significati che gli intervistati danno al fenomeno), emerge vieppiù in settori come quello educativo e sociale, l'uno caratterizzato prevalentemente da ricerche condotte con la metodologia della ricerca-intervento, l'altro da ricerche sia quantitative che qualitative. E' risultata inoltre una certa inadeguatezza dei grandi paradigmi di studio e di analisi applicati indistintamente allo sport, il quale richiede un ambito autonomo d'indagine, che comprenda e si interroghi su logiche interne ed organizzazioni. Tuttavia, non sembra doversi escludere un'integrazione di metodi di ricerca quantiqualitativi, che richiedano tuttavia il padroneggiamento di metodologie e strumenti rigorosi, in relazione ai quali sembrerebbe necessario, piuttosto, l'evolversi di una cultura scientifica e metodologica, a partire dagli ambiti accademici deputati alla formazione dei laureati in Scienze motorie e Sociologia, sino agli ambiti di ricerca propriamente detti. In particolare sembra praticabile, alla luce delle nuove possibilità offerte dai metodi di ricerca non-standard, utilizzare metodologie e strumenti come l'intervista biografica per integrare la già numerosa presenza di ricerche quantitative in materia, ed offrire la possibilità di comprendere le rappresentazioni di senso comune sui diversi aspetti del fenomeno sportivo da parte di soggetti individuali e collettivi. Quanto al raffronto tra le indagini condotte nella Provincia di Gorizia, avviate a partire dal 1998, che hanno permesso di studiare l'intera popolazione giovanile scolarizzata, dalla scuola materna alla scuola superiore, si è visto come lo sport rappresenti un esigenza di vita per bambini, giovani, famiglie e insegnanti. Tali studi, diversificati per fasce d'età hanno raggiunto l'obiettivo di dimensionare il fenomeno della pratica sportiva dei giovani dell'isontino, ed hanno permesso di comprendere motivazioni e atteggiamenti degli attori intervistati. La funzionalità delle ricerche effettuate e la ricaduta sociale sulla realtà territoriale locale è stata dimostrata dal fatto che tali indagini hanno dato avvio e sviluppo ad alcuni progetti condotti in rete sul territorio isontino, con la concreta integrazione delle azioni di diversi soggetti istituzionali e sociali operanti in ambito educativo, sanitario e sportivo. Nei casi presi in esame si è riscontrata una partecipazione all'attività sportiva di giovani e famiglie, che si potrebbe definire ampia, tenendo in considerazione i dati nazionali, forniti dall'Istat, con le indagini multiscopo, e quelli elaborati dal CONI. La soluzione ai problemi di una società esasperata dalla competizione che sta decisamente perdendo il senso del valore della persona, può venire anche dallo sport. Luoghi e modi delle dinamiche educative sportive, sembrano essere molteplici e lo sport nelle sue forme, contribuisce a rimettere in discussione la visone tradizionale del rapporto tra educazione e tempo, diventando oggetto di rivendicazione alla pratica sportiva, come diritto allo sport lungo tutto l'arco di vita. 4. Sport e Servizio Sociale La manifestazione di nuovi bisogni da parte delle famiglie e della comunità e la conseguente aumentata richiesta di servizi sportivi da parte di diverse fasce della popolazione, hanno determinato una valorizzazione dello sport, in particolare nei suoi aspetti educativi/rieducativi, anche nell'ambito del Servizio Sociale. Con l'affermarsi del concetto di "rete sociale" e del lavoro di rete, ovvero dei legami che si instaurano tra gli individui coinvolti in sistemi relazionali e reti sociali, è stato possibile anche nel servizio sociale, nell'ambito delle politiche sociali e dell'intervento sociale, con particolare riferimento a quello italiano, individuare interventi ed azioni che hanno strutturalmente riguardato lo sport in progettazioni ed interventi specifici. Dalle esame delle fonti normative di riferimento, in particolare delle leggi considerate maggiormente significative in funzione dello sviluppo di progettazioni comuni tra gli ambiti scolastico, sanitario e socio-assistenziale, sono state tratte alcune considerazioni che sembrano legittimare una proposta metodologicaoperativa che integri logiche professionali proprie dei campi disciplinari citati e solleciti un processo di inclusione dello sport e delle possibilità offerte dalle attività motorie di diverso genere, nell'elaborazione dei Piani di zona. In tal senso sono stati individuati molteplici contesti e best- practises, nei quali lo sport è stato concepito come strumento, all'interno del lavoro di rete, in funzione sociale, in particolari aree di intervento previste dalle programmazioni territoriali di alcuni Comuni e Province. Sono stati inoltre prese in considerazione alcune categorie di soggetti 'socialmente deboli' e si è visto come in tutti gli ambiti esaminati lo sport venga inserito in funzione preventiva e/o riabilitativa. ; XVI Ciclo ; 1957 ; Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea. Nell'originale cartaceo mancano le pagg. 168, 169
Il bilancio sociale ed il bilancio ambientale sono strumenti di gestione dei rapporti con gli stakeholders. Il loro utilizzo è legato ad adozione volontaria e i contenuti sono svincolati da obblighi legislativi. per questo è necessario riferirsi a standard riconosciuti.
Liuc Papers n. 143, Serie Etica, Diritto ed Economia 11, suppl. a febbraio 2004. Questo saggio propone una definizione di responsabilità sociale dell'impresa come modello di corporate governance "estesa" e chiarisce l'idea di approccio volontario alla CSR, inteso come osservanza volontaria a standard di gestione strategica volti alla CSR, sulla base di una teoria economica dell''autoregolazione. In primo luogo si argomenta che i doveri fiduciari verso gli stakeholder sono necessari proprio a causa dell'analisi neo-istituzionalista dell'impresa intesa come sistema di governo unificato delle transazioni basato sull'autorità e il diritto residuale di controllo. Il concetto chiave è qui quello di abuso di autorità nei confronti di stakeholder legati all'impresa da contatti incompleti . In secondo luogo i doveri fiduciari sono ricavati dal modello del contratto sociale dell'impresa tra i suoi stakeholder. Questo consente di dedurre un criterio di gestione strategica e governo non meno capace di fissare il termine di giudizio per la gestione dell'impresa di quanto lo sia la massimizzazione del profitto e al contempo in grado di rispondere alle legittime pretese dei diversi stakeholder dell'impresa. Ciò è permesso da un'applicazione della teoria dei giochi di contrattazione al contatto sciale dell'impresa, che permette di usare la soluzione di Nash-Harsanyi come criterio normativo per la gestione strategica e il governo dell'impresa e consente di rispondere con una soluzione calcolabile alla critica circa la mancanza di un criterio univoco, sollevata da Jensen (2001) contro l'idea di stakeholder value. Terzo, si distingue tra due modelli di autoregolazione (quello discrezionale e quello dell'adesione volontaria a norme esplicite) e si argomenta che mentre l'incompletezza contrattuale e la conoscenza imperfetta escludono il ricorso agli effetti di reputazione nel caso della autoregolazione discrezionale, al contrario uno standard esplicito di gestione strategica volta alla CSR, basato su principi generali espliciti di etica degli affari e su protocolli precauzionali e regole di condotta preventive -tutti pubblicamente condivisi tra stakeholder e impresa sulla base del dialogo sociale - consentono di riattivare il meccanismo reputazione inducendo incentivi endogeni alla loro osservanza. A questo punto si offre una spiegazione della logica che presiede a uno standard di CSR per la gestione strategica (basata sulle logiche fuzzy e dei default) grazie alla quale esso opera come un gap filling cognitivo rispetto agli impegni dell'impresa e alle aspettative degli stakeholder in presenza di informazione incompleta. Inoltre la recente teoria delle preferenze conformiste e non puramente autointeressate aggiunge ulteriore forza motivazionale al risultato base circa l'auto-imposizione di uno standard di CSR. Il saggio si conclude con il progetto di un istituzione multi-stakeholder a prova di collusione , intesa come corpo intermedio della società, in grado di rispondere alla domanda di credibilità e di verifica esterna, da parte di soggetti indipendenti di terza parte, circa l'osservanza degli standard di CSR .
Il dibattito scientifico e culturale che si è sviluppato anche in Italia a partire dalla metà degli anni '80 sul terzo settore, le sue caratteristiche, il suo ruolo economico e sociale, ha prodotto una grande quantità di ricerche, riflessioni teoriche e proposte politiche. Il terzo settore è diventato per sociologi, analisti delle politiche pubbliche ed economisti un osservatorio privilegiato per analizzare le trasformazioni degli obiettivi e delle forme di regolazione delle politiche sociali, in rapporto anche alle metamorfosi del lavoro e della struttura produttiva. Pur nella eterogeneità e relativa incoerenza che caratterizzano questo campo di studi, in termini di definizioni e classificazioni, di frames interpretativi e di intenzioni politiche sottese 1, vi è in generale un consenso di fondo nel considerare strategico il ruolo del 3° settore nella riorganizzazione dei sistemi di welfare, in particolare rispetto all'obiettivo di ricostituire sinergie rinnovate tra sviluppo economico e benessere sociale (.).
Il dibattito scientifico e culturale che si è sviluppato anche in Italia a partire dalla metà degli anni '80 sul terzo settore, le sue caratteristiche, il suo ruolo economico e sociale, ha prodotto una grande quantità di ricerche, riflessioni teoriche e proposte politiche. Il terzo settore è diventato per sociologi, analisti delle politiche pubbliche ed economisti un osservatorio privilegiato per analizzare le trasformazioni degli obiettivi e delle forme di regolazione delle politiche sociali, in rapporto anche alle metamorfosi del lavoro e della struttura produttiva. Pur nella eterogeneità e relativa incoerenza che caratterizzano questo campo di studi, in termini di definizioni e classificazioni, di frames interpretativi e di intenzioni politiche sottese 1, vi è in generale un consenso di fondo nel considerare strategico il ruolo del 3° settore nella riorganizzazione dei sistemi di welfare, in particolare rispetto all'obiettivo di ricostituire sinergie rinnovate tra sviluppo economico e benessere sociale (.).
2001/2002 ; Negli ultimi anni si è manifestata anche in Italia una crescente attenzione nei confronti della valutazione. Le opere in tema già presenti sulla scena editoriale italiana si concentravano su alcuni aspetti specifici della pratica della valutazione, dando spesso per scontati i presupposti teorici di riferimento, da rintracciare tra la copiosa letteratura straniera - prevalentemente statunitense. Il processo di avvicinamento di studiosi afferenti a discipline diverse ad un tema multidisciplinare qual è la valutazione è passato attraverso numerosi convegni e pubblicazioni, che hanno favorito la divulgazione delle tematiche proprie della valutazione, senza però giungere ad una vera e propria diffusione di conoscenze comuni o- quanto meno- ad un linguaggio condiviso. Tale lacuna sembra colmata, almeno in parte, da alcuni volumi recentemente pubblicati da autori che hanno percepito l'assenza - o per lo meno la carenza - di una base di appoggio, di un humus concettuale e termino logico. Gli sviluppi - anche recenti - della ricerca valutativa si sono tuttavia limitati all'ambito prevalentemente empirico, al concreto funzionamento e agli esiti ed effetti prodotti dai vari interventi, trascurando l'ambito normativo ed il riferimento a princìpi e corsi di azione da intraprendere per raggiungere finalità diverse. Proprio il notevole successo - accademico e non - riportato dalla valutazione in Italia negli ultimi anni, apre un ulteriore orizzonte di studi: quello della valutazione applicata alle organizzazioni di volontariato che erogano servizi radicati a livello comunitario. L'importanza di tali organizzazioni nei processi di ridefinizione del welfare state, la scarsità delle risorse disponibili e la necessità di rendicontare gli investimenti effettuati, fanno sì che sempre più spesso si conducano ricerche valutative su azioni organizzative che mal si adattano a quella che spesso è considerata dai principali attori sociali coinvolti poco più di una moda passeggera. D'altronde, ci si potrebbe chiedere, perché valutare dei volontari? Non è sufficiente il loro impegno? O che aiutino la crescita della comunità, attraverso la creazione o la diffusione di capitale sociale? Il presente lavoro è stato pensato per rispondere - tra le altre che verranno esplicitate successivamente - a tali domande. Non ci si pone l'obiettivo di valutare una o più organizzazioni di volontariato, di terzo settore, non-profit o di privato sociale - si vedranno oltre le implicazioni e gli assunti della scelta di una di queste espressioni. Si vogliono definire, sebbene non esaustivamente, le linee epistemologiche e metodologiche secondo le quali condurre una valutazione nel campo sociale così delineato, capaci di cogliere le specificità relazionali del 'prodotto'. Nel primo capitolo si sono esaminate questioni di ordine prettamente metodologico, considerazioni orientate, tuttavia, dalle domande che sorgono dallo specifico campo di ricerca: quali le conseguenze della predominanza di processi cognitivi basati sulla conoscenza tacita, della non-esplicitazione degli obiettivi e dell'incidenza degli effetti inattesi. Si è ritenuto necessario esaminare i vari disegni e stili di ricerca, così come le diverse classificazioni presenti in letteratura relative all'attività valutati va. Si è poi avanzata una classificazione relativa alle tecniche di analisi solitamente usate nella ricerca (non solo valutativa), per giungere alla proposta nota come triangolazione. Il secondo capitolo è destinato a chiarire alcuni aspetti sostantivi relativi al ruolo ed alle specificità di quanto è comunemente denominato volontariato ed alle sue Paolo P arra Saiani- Strategie per la ricerca valutativa nel privato sociale - Abstract ripercussioni sul capitale sociale. La complessità e la multidimensionalità dei referenti del processo valutativo hanno ancor più intense ripercussioni sulla valutazione dei servizi relazionali. Nell'ambito delle politiche sociali si scontano molte confusioni concettuali, terminologiche ed operative che certo non facilitano l'avvio di un ripensamento complessivo, di ampio respiro, sull'area nel suo complesso. Si riscontra una consistente carenza d'informazione tanto che è arduo identificare l'esito dei servizi alla persona ed esplicitarlo senza ridondanze o indebiti riduzionismi. La peculiarità dei servizi alla persona consiste nella loro immaterialità ed intangibilità; da questa prima caratteristica ne seguono altre: coincidenza tra prodotto e servizio; - negoziabilità dei criteri; scarsità delle risorse economiche, temporali e umane; - dipendenza da riconoscimenti, giudizi e abilità taciti. Le specificità dei servizi alla persona sono ancora più accentuate se sono coinvolti gli attori del privato sociale, il cui operato è necessario valutare quando la fruizione dei beni e servizi prodotti dall'organizzazione è non più solo interna, ma esterna, sottoposta alla valutazione di finanziatori e utenti. La necessità di operativizzare concetti dai confini estremamente labili e - spesso - caratterizzati da una certa qual confusione a livello teorico, ha richiesto un approfondimento delle sue varie dimensioni attraverso più tecniche e strumenti di ricerca, concretizzando sul piano empirico ed operativo l'ormai 'leggendaria' triangolazione delle tecniche di ricerca. Per approfondire tali temi sul piano empirico, il terzo capitolo riporta i risultati dell'indagine condotta sulle organizzazioni di volontariato operanti nell'ambito della promozione culturale con attività rivolte - in particolare ma non in via esclusiva - alla popolazione anziana. A tal fine, ci si è soffermati su alcuni interrogativi ritenuti fondamentali per comprendere quali elementi dovrebbero essere considerati nella 'normale' attività valutativa: a) motivazioni e modalità di costituzione delle Università della terza età, individuando gli elementi strutturali e contestuali alla base della storia delle associazioni ed i fattori che hanno contribuito alla loro affermazione; b) secondo quali percorsi le diverse associazioni si sono sviluppate, attraverso quali trasformazioni sono riuscite a realizzare i propri obiettivi: al di là dell'eterogeneità delle esperienze associative, emergono linee di sviluppo tipiche dell'associazionismo culturale, capaci di accomunare tali esperienze, diversificandole da altri fenomeni associativi simili? c) dinamiche istituzionali all'interno delle associazioni e nei loro rapporti con l'esterno; d) punti di svolta e di criticità della vita delle associazioni, con particolare attenzione alla loro capacità progettuale; e) capacità di promuovere capitale sociale attraverso il contatto con altri enti, associazioni, ed attraverso la capacità di stimolare i singoli individui ad attivarsi nella propria comunità. Per condurre gli studi di caso sono state selezionate quattordici realtà associative per disporre di una visione ampia e differenziata delle Università della terza età. Non ci si è proposti di descrivere esaustivamente e nei minimi dettagli la realtà delle UTE, Paolo P arra Saiani- Strategie per la ricerca valutativa nel privato sociale - Abstract quanto - attraverso i quattordici studi di caso - individuare le tendenze evolutive emergenti che possano offrire indicazioni significative all'analisi teorica e valutativa. Le organizzazioni di privato sociale esaminate - pur agendo secondo modalità d'intervento promozionale - a differenza di quanto rilevabile in altri settori non sembrano proporsi come promotori di un network, di un circuito di rapporti stabili, se non totalmente circoscritto all'ambito di uno stesso settore d'intervento. Per la maggior parte delle esperienze considerate, le relazioni con le istituzioni pubbliche si limitano alla contrattazione per la concessione dei locali nei quali operare, la collaborazione con altre organizzazioni di volontariato e di terzo settore sono pressoché inesistenti, il contributo dal mondo accademico si concretizza solo attraverso l'impegno di singoli docenti. Pur in assenza di un processo di costruzione di network dall'alto, tuttavia, si crea una sorta di fiducia diffusa, dal basso: la fiducia che transita all'interno di queste organizzazioni di comunità tende a estendersi anche ai membri di altre realtà con le quali si è stabilito il dialogo e la cooperazione, qualificando le associazioni di volontariato come 'diffusori di fiducia', come entità che attraverso la propria azione rendono possibile l'espandersi dei principi di reciprocità anche a sfere a sé esterne. ; XV Ciclo ; 1969 ; Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
Lo sviluppo dello Stato sociale in Spagna ha attirato poca attentzione da parte degli accademici e degli studiosi nel campo delle politiche sociali. Questa mancanza di interessi è probabilmente dovuta al fatto che il paese iberico è rimasto sotto il governo del generale Franco per un periodo di quasi quarant'anni (1939-1975). Nessuna delle grandi ricerche comparative sulle politiche sociali svolte negli anni Ottanta, nei suoi sofisticati esercizi statisticie nell sue formulazioni tipologiche, ha preso in considerazione il caso della Spagna o dello Stato sociale meridionale nel suo complesso. ; Peer reviewed
Dopo la morte di Tito ed il crollo della contrapposizione tra i blocchi, l'identificazione del nemico appare prima confusa poi definitivamente cambiata. Alla vigilia della disgregazione della federazione jugoslava, il nemico assume le sembianze "interne" o di chi, per interessi economici e politici, minaccia l'unità dello stato-federazione o, alternativamente, di chi vuole rafforzare i propri privilegi e interessi, politici ed economici, a scapito di gruppi che si auto-percepiscono come dominati. Della più ampia identificazione con una identità jugoslava sovraordinata ed inclusiva, non sembrano essere rimaste molte testimonianze. La rafforzata identità etnica sembra caratterizzata da una nuova interpretazione della memoria storica del gruppo etnico, da sentimenti più acuti di minaccia percepita e da un nazionalismo etnico risvegliato e rinvigorito da meccanismi di esclusione e conflitto sociale rispetto agli altri gruppi etnici presenti sul territorio.
Cet article porte sur l'identité imaginée du mouvement altermondialiste italien du début du XXIe siècle, en décrivant le double caractère de son horizon politique: à la fois utopique et dystopique, et en rupture conceptuelle avec l'histoire du mouvement ouvrier du XIXe et du XXe siècle, le tout en faveur d'un mouvement de révolte mytique et atemporel.
Non è facile conciliare la vastità enciclopedica dell'informazione con il rigore espositivo del saggio. A tanto mostra peraltro di saper giungere G. de Landsheere in questo libre, che ricostruisce cento anni di sperirnentazione pedagogica a tutto campo, associando il criteria storico con quelle sistematico. Lo studioso belga offre cosi allettore un bilancio completa suJle controversie e sulle conquiste di un secolo di indagini in campo educativo, risalendo agli esordi della psicologia scientifica (Fechner, Wundt, Galton) e ai primi tenta ti vi della pedagogia, ne! Elima tardo-positivistico di fine Ottocento, di elevarsi allo status di scienza esatta (W. Laye E. Meumann, S. Hall, A. Binet, E. Claparède). Agli inizi del nostro secolo, in base all'assioma che «tutte ciO che esiste, esiste in una quantità determinata e puè essere misurato», E. Thorndike ha difeso un metodo scientifico «dura» nella ricerca pedagogica, contribuendo ad avviare la lunga querelle tra fautori dell'approccio quantitativo e dell'approccio qualitativo. Oggi tale dibattito tende a quelle soluzioni di sintesi, additate dall'autore, che garantiscano il rigore di generalizzazioni fonda te su dati empirici, senza rinunciare all'analisi fine delle differenze locali e individuali in agni ambito di rice:rca e di valutazione: dalla riforma di sistemi educativi, alla costruzione di curricoli e di test, all'ottimizzazione di rnetodi didattici, all'affinamento di tecniche docimologiche. Ogni spunto tematico si presenta qui allettore in una luce nuova e, cornunque, più precisa, in quanta occupa il pasto che esattarnente gli spetta nella concatenazione sincronica e diacronica delle acquisizioni pedagogiche. Per questo illibro giustamente si propane, corne strurnento prezioso, ai responsabili di politiche scolastiche, ai ricercatori pedagogici, agli educatori rnilitanti. GILBERT de LANDSHEERE, da 25 anni direttore del Laboratoire de Pédagogie expérimentale dell'Università di Liegi, è consulente ed esperto delle principali organizzazioni internazionali. Tra le sue nurnerose pubblicazioni, La formazione degli insegnantï domani, 1978, in queste stesse edizioni.
International audience ; Sulla base della frequentazione tra Machiavelli e Leonardo, indirettamente ma inequivocabilmente documentata al principio del XVI sec., questo contributo si propone una inedita analisi comparata del loro pensiero. Tale raffronto parte da una duplice premessa: da un lato il superamento del pregiudizio sull'indifferenza di Leonardo al mondo politico e, dall'altro, l'evidenziazione, attraverso un calibrato confronto tra i rispettivi testi, dello stimolante intreccio di ingegno e fantasia (Machiavelli, Ghiribizzi al Soderini, 1507 ca.), sinora trascurato ai fini di una ricostruzione dell'interscambio intellettuale tra i due grandi. Sin dalla celebre analogia posta da Machiavelli tra coloro che disegnano e' paesi e chi deve conoscere bene la natura de' popoli così come quella de' principi (Il Principe, dedica, § 5), emerge la peculiarità di un naturalismo proto-scientifico, che si avvale proficuamente anche di una dimensione immaginifica e figurativa, quale veicolo di riflessione sui principali temi della politica (la condizione pre-statuale dell'uomo, la nascita dello spazio politico, il dilemma della conservazione del potere, il momento di rottura della guerra). Si tratta del ricorso a immagini metaforiche, che, attinte spesso a un mondo di "creature politiche" sospese tra allusioni "meta-ferine" ed elevatezza di acume intellettivo (si pensi al tema degli homines bestiales, declinato secondo i congiunti apporti delle suggestioni scientizzanti di matrice medico-anatomica - la dottrina "umorale" e le sue implicazioni fisiognomiche e zoomorfe - e del retaggio mitografico - l'immagine centaurina del principe), consentono sia a Machiavelli che a Leonardo di ribaltare la tradizionale prospettiva antropocentrica nella differenziazione filosofica tra uomo e bestia, individuando una compenetrazione fluida e "sfumata" tra le due condizioni, grazie alla quale si precisa anche l'importanza dello strumento della dissimulazione nel "gran teatro" della politica. La ricomposizione di una concezione della ...
International audience ; This paper studies the strongly affirmed territorial dimension characterizing the cults of village gods and goddesses in a region of the Indian Himalayas. The logic behind such ritual territories is examined in its relationship to the various political powers that hold sway successively in the region: Hindu kingdoms, British colonial administration, and India's modern democratic State. By using oral narratives, colonial manuscripts, and ethnographic data, the author brings to light the way territories have been conceived, organized and transformed throughout these periods, following a multiplicity of often interrelated logics-ritual, political, fiscal, administrative and electoral ones. ; La pioggia negli otto villaggi. Giurisdizioni divine e forme di governo in Himachal Pradesh (India del nord) 1 Daniela Berti /p.117/ Come i fiori di una ghirlanda, gli abitanti di una hār [territorio di un dio] sono legati insieme (Vidyachand Thakur, Kullu, 2001) Percorrendo le strade del distretto di Kullu, in quello che è oggi lo Stato himalayano dell'Himachal Pradesh, è possibile percepire un primo segno che indica l'esistenza di una suddivisione del territorio in giurisdizioni divine: più ci si addentra in una giurisdizione più aumenta il numero di veicoli sul cui vetro è scritto, per mezzo di lettere adesive, il nome della divinità che la domina. I legami che le divinità di villaggio intrattengono con territori delimitati, di dimensioni variabili, è un tratto comune a gran parte del mondo indiano. In particolare, gli studi effettuati nelle regioni himalayane hanno messo in evidenza la rilevanza politica, amministrativa, o economica dei culti offerti a tali divinità. Per la regione del Tehri Garhwhal, nell'attuale stato di Uttaranchal, Sax (1991) nota come le processioni effettuate con i palanchini delle divinità all'interno dei territori precedentemente inclusi nel regno «cancellano nella pratica la distinzione accademica tra politica, economia e rituale» (Sax, 1991, p. 203). In una prospettiva ...
La legge 328/2000 riconosce i servizi "a bassa soglia", ed in particolare quelli per persone senza dimora, come uno degli strumenti per innovare le politiche sociali. L'espressione "bassa soglia" che oggi, quindi, gode di un formale riconoscimento istituzionale, nasce dalle pratiche e dagli obiettivi delle esperienze di innovazione e deistituzionalizzazione dei servizi sociali per le persone senza dimora, ma anche nel settore dei minori, della psichiatria e delle dipendenze. Nel dibattito corrente i servizi a bassa soglia sono quelli in cui non c'è una rigida predefinizione del target e delle regole di accesso: possono essere centri diurni, unità mobili, case di ospitalità notturna, unità di strada, "boe urbane", centri crisi, spazi di tregua, presidi sanitari di emergenza (cfr. A.A. V.V. 2003). Sono organizzazioni che offrono diversi tipi d'intervento e di risposta sociale a condizioni di disagio, strutturati in forma di progetti da realizzare, più che in forma di strutture e sistemi di prestazioni da erogare in modo standardizzato. I servizi a bassa soglia sono recenti, poco codificati e intorno al loro funzionamento non si è ancora sviluppato un corpus consistente di valutazioni e di riflessioni critiche. Tendenzialmente sono servizi sperimentali, diffusi a macchia di leopardo sul territorio nazionale e sottoposti ad una regolazione frammentata (.).