Ri-presentare il secolarismo
In: Iride: filosofia e discussione pubblica, Band 25, Heft 66, S. 335-348
ISSN: 1122-7893
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In: Iride: filosofia e discussione pubblica, Band 25, Heft 66, S. 335-348
ISSN: 1122-7893
In: Iride: filosofia e discussione pubblica, Band 25, Heft 66, S. 331-334
ISSN: 1122-7893
In: Filosofia. Testi e studi 121
In: Il politico: rivista italiana di scienze politiche ; rivista quardrimestrale, Band 258, Heft 1, S. 194-196
ISSN: 2239-611X
Non disponibile.
In: Saggi 732
In: Difforme 14
In: Il pensiero politico: rivista di storia delle idee politiche e sociali, Heft 1, S. 113-122
ISSN: 0031-4846
Riconoscere che i concetti di laicità e secolarismo possiedono un'origine e uno sviluppo condizionato dalla cultura occidentale e dal cristianesimo significa prendere in considerazione l'eventualità di un ripensamento della distinzione tra ordine politico, religione e diritto nelle democrazie multiculturali e multireligiose. L'obiettivo di questo lavoro è mettere in discussione una concezione neutralista del secolarismo, alla cui base vi è il convincimento per cui l'esclusione dell'elemento religioso dalla sfera pubblica e normativa sono garanzia di eguaglianza in un contesto caratterizzato dal 'fatto del pluralismo'. Pertanto abbiamo analizzato il pensiero di due fra i più influenti filosofi politici, John Rawls e Jürgen Habermas, portavoci di una visione neutralista del secolarismo, e le critiche a essi rivolte da alcuni teorici del multiculturalismo – Bikhu Parekh e Tariq Modood –, che propongono, invece, l'abbandono della retorica della neutralità nella costruzione della sfera politica e normativa. Di conseguenza questi ultimi si rivolgono con maggiore apertura rispetto alle richieste provenienti dagli individui appartenenti a minoranze religiose e culturali, senza respingerle sulla base della loro natura culturale o religiosa. Al contrario, in particolare quando tali richieste di riconoscimento riguardano aree rilevanti della vita degli individui, come possono essere la famiglia, il matrimonio, le questioni ereditarie ecc., ossia aree in cui la natura culturalmente condizionata di alcune istituzioni è maggiormente visibile, viene presa qui in considerazione la possibilità che esse possano essere regolate e gestite in maniera differente. A tal proposito si è approfondita la proposta di far fronte a queste richieste attraverso l'adozione di sistemi di pluralismo normativo, con una particolare attenzione a un esperimento avviato in Gran Bretagna, che prevede per le comunità religiose la possibilità del risolvere le proprie controversie in materia di diritto di famiglia in tribunali arbitrali religiosi, che tuttavia operano sotto il controllo indiretto delle corti inglesi. La descrizione di questo caso è stata finalizzata a mettere in luce la necessità di ricercare nuovi strumenti coerenti con la visione del secolarismo che abbiamo cercato di proporre, ossia di una laicità che di fronte alle nuove istanze presenti nei contesti culturalmente e religiosamente plurali, piuttosto che arroccarsi dietro la convinzione che si possa garantire uguaglianza solo se si dà una sfera pubblica e normativa neutrale e che vi sia una soluzione razionale ai conflitti tra valori, tenta di accogliere la diversità nei suoi propri termini, andando alla ricerca di nuovi strumenti teorico-politici. Infatti, i canali di partecipazione attraverso i quali i sistemi democratici hanno cercato d'integrare la diversità non sembrano riuscire a far fronte alle richieste provenienti da individui che non si riconoscono a pieno titolo nella cultura della maggioranza. Ciò significa pensare a nuove strategie d'inclusione – di cui il pluralismo normativo può essere un esempio –, se si vogliono garantire proprio quei presupposti di valore che la democrazia promuove, ossia il pluralismo e l'eguale libertà di tutti i cittadini. ; If we recognize that the concept of secularism originates and develops from the influence of Western culture and Christianity, we must take into account the possibility to rethink the distinction between politics, religion and law in multicultural and multireligious democracies. The aim of this work is to question the neutralist conception of secularism, which is characterized by the belief that the exclusion of religious elements from public sphere and legislation to guarantee of equality in a context characterized by religious pluralism. At this aim, I analyze the thought of two of the most influential political philosophers, John Rawls and Jürgen Habermas, who represent the neutralist view of secularism, as well as the criticism addressed to them by multiculturalist theorists – Bhikhu Parekh and Tariq Modood –, who suggest giving up the abandon of the rhetoric of neutrality in the construction of the political sphere and regulations, to pay more attention to the demands coming from individuals belonging to religious and cultural minorities. Indeed, particularly when these issues involve significant areas where the culturally conditioned nature of some institutions is more visible – family, marriage, hereditary issues – the possibility that they can be regulated in a different way is also taken into account. Therefore, a detailed analysis of the proposal is given to adopt a system of legal pluralism, with a special attention to an experiment started in the UK, which provides religious communities the possibility to go to religious arbitration tribunals, operating under the indirect control of the English courts, related to family law. The description of this case aims at emphasizing the need to seek for new consistent means with the idea of secularism I have tried to suggest. Such a secularism is based upon the belief that only a neutral public sphere and legislation can guarantee equality, but tries to embrace diversity and to suggest new political theories. As matter of fact, the channels of participation through which democratic systems have tried to integrate diversity do not seem to be able to face the requests from individuals who do not fully identify into the majority culture, which means thinking about new strategies of inclusion – for example legal pluralism – so to ensure the very value assumptions promoted by democracy, that is to say pluralism and equal liberty. ; Dottorato di ricerca in Relazioni e processi interculturali (XXV ciclo)
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In: Politeia. Notizie di Politeia, Band 23, Heft 87, S. 21-26
ISSN: 1128-2401
In: Filosofia politica: riv. semestrale, Band 24, Heft 3, S. 413-430
ISSN: 0394-7297
Il sistema politico Iraniano, basato dal 1979 sulla legge islamica (la legge della Shari'a), così come il suo governo in carica, stanno affrontando numerose sfide e vere e proprie crisi esistenziali, tipiche di una società segnata dalle contraddizioni delle società in transizione. In questo caso, una delle contraddizioni principali riguarda il rispetto dei principi giuridicomorali islamici, che erano l'obiettivo fondamentale della Repubblica Islamica dell'Iran. Questo articolo intende mettere in discussione, almeno in par t e, le radici profonde degli attuali problemi attraverso analisi approfondite del potere politico iraniano e della sua evoluzione, ritornando al primo movimento popolare moderno del paese e al fallimento della rivoluzione costituzionale del 1906, i cui effetti durano fino ad oggi. In questo quadro, anche una riflessione sul ruolo degli intellettuali secolari e degli scienziati religiosi iraniani e sulla loro influenza nel dibattito pubblico sarà considerato. Infine, è opportuno concentrarsi sulla carta costituzionale attuale e su come venne stabilita, in particolare sul principio del velāyat-e faqih (tutela del giurisperito) e sulle sue conseguenze teorico-pratiche, dopo che il popolo iraniano è stato governato da un governo laico come quello di Pahalvi (1925- 1979) per quasi mezzo secolo. ; The Iranian political system, based on Islamic law (Shari'a law) since 1979, as well as its current government, are facing various challenges typical of a society marked by the contradictions of societies in transition. One of the main such contradictions concerns the respect of Islamic legalmoral principles, which were the fundamental aim behind the rise of the Islamic Republic of Iran. This article intends to question, at least in part, the deep roots of the current problems through an analysis of the Iranian political power and its evolution, returning to the country's first modern popular movement and the failure of the first Persian constitution of 1907, the effects of which continue to today. In this framework, a reflection on the role of the Iranian secular intellectuals and religious scholars and their influence on the public debate will be considered. Finally, the current constitutional charter and on how it was established will be examined, in particular the principle of velāyat-e faqih (guardianship of the jurist) and its theoretical-practical consequences, after the Iranian people had been governed by a secular government like Pahalvi (1925 -1979) for almost half a century
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In: http://hdl.handle.net/10280/122310
L'obiettivo del presente lavoro è l'analisi dell'approccio che le istituzioni dell'Unione Europea hanno adottato fino ad oggi nei confronti del fenomeno religioso, indagando se l'applicazione fattuale degli strumenti regolatori dell'UE in materia di discriminazione religiosa sul luogo di lavoro sia adeguata al contesto post-secolare e pluralistico contemporaneo. Per raggiungere tale obiettivo, dopo aver discusso della nascita del concetto di post-secolarismo e aver indagato a livello preliminare se gli strumenti normativi europei in materia religiosa possano essere considerati adeguati all'attuale scenario post-secolare, il presente lavoro analizza e discute le sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea riguardanti sia l'esibizione di simboli e abbigliamento religioso sul luogo di lavoro che il grado di autonomia riconosciuto agli Stati Membri nell'organizzare le proprie relazioni con le organizzazioni religiose. In aggiunta, verrà analizzata nel dettaglio la giurisprudenza sviluppata dalla Corte Europea dei Diritti Umani in materia di utilizzo di capi d'abbigliamento religiosamente connotati e di autonomia delle organizzazioni religiose. ; The aim of the present work is to analyse the approach that the institutions of the European Union have developed so far with regards to the management of religion, evaluating whether the concrete application of EU regulatory instruments in matters of religious discrimination in the workplace can be considered adequate to a post-secular and pluralistic context. In order to answer such question, after having discussed the emergence of post-secularism and having conducted a preliminary assessment of whether or not the EU normative instruments concerning religion can be considered appropriate to the contemporary post-secular context, the present work analyses and makes considerations on the CJEU judgments concerning both the exhibition of religious apparel in the workplace and the degree of autonomy left to Member States in organizing their relations with religious ...
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Sono diversi anni che la dicitura Eretz Yisrael (Terra di Israele) ambisce a soppiantare Medinat Yisrael (Stato di Israele) nel lessico politico israeliano. Nella prima è implicito un rimando al territorio biblico del Popolo Eletto, di contro al secolarismo del concetto di Stato, il che suggerisce come le due espressioni non siano, a rigore, reciprocamente fungibili.
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This article reconstructs the main political tensions inside the Italian Catholic movement during the two pontificates of Pius IX and Pius X, therefore between the end of the nineteenth Century and the beginning of the twentieth Century. The approach outlined is historical and critical-analytical. The main currents of Catholicism, socialism and Italian liberalism are reviewed: social Catholicism, trade unionism, the positions of Luigi Sturzo, Filippo Meda, Arturo Labriola and Benedetto Croce are enlightened. In the conclusion, it is argued that, from the early years of Giovanni Giolitti's government and of the liberal phase of the Italian post-unification history, the clerical idea of building a state without secularism becomes unreal. ; Questo articolo ricostruisce le principali tensioni e vicende del movimento cattolico italiano nel corso dei due pontificati di Pio IX e Pio X, dunque tra la fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo. L'approccio delineato è storico e critico-analitico. Vengono prese in rassegna le principali correnti del cattolicesimo, del socialismo e del liberalismo italiano: il cattolicesimo sociale, il sindacalismo, sono analizzate le posizioni di Luigi Sturzo, Filippo Meda, Arturo Labriola e Benedetto Croce. Nella conclusione si argomenta come, a partire dai primi anni di governo di Antonio Giolitti e della fase liberale della storia italiana postunificazione, l'idea clericale della costruzione di uno stato senza laicismo diventi irreale.
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