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In: Polis: ricerche e studi su società e politica in Italia, Band 19, Heft 1, S. 31-57
ISSN: 1120-9488
Il ricorso alla forza militare come mezzo di contrasto della tratta o del traffico di esseri umani è escluso a seguito di esame delle misure consentite dalla Convenzione di Palermo del 15 dicembre 2000, sulla lotta alla criminalità organizzata, dai due Protocolli, rispettivamente, sulla tratta e sullo smuggling ad essa annessi, nonché dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 12 dicembre 1982. Eliminata ogni possibilità di analogia con la già discutibile prassi delle uccisioni mirate di terroristi tramite droni e precisate le condizioni e i presupposti della autorizzazione all'uso della forza nei confronti dei pirati somali da parte del Consiglio di sicurezza, si conclude che il ricorso alla forza militare contro gli "scafisti" che partono dalla Libia potrebbe integrare gli estremi della aggressione armata contro tale Stato e sicuramente sarebbe una violazione dell'intero sistema dei diritti umani e delle garanzie su cui è costruito lo Stato di diritto (principio di legalità del reato e della sanzione, tutela giurisdizionale, principi di personalità e colpevolezza, ecc.).
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In Italia, il settore agricolo e quello del lavoro domestico sono caratterizzati da un alto impiego di manodopera straniera, spesso sottoposta a gravi forme di sfruttamento. Questo rapporto, oltre a illustrare i fattori che contribuiscono a rendere vulnerabili le lavoratrici e i lavoratori migranti, esamina la normativa nazionale in materia di tratta e sfruttamento mettendo in luce l'inadeguata formulazione di alcune norme nonché la loro disomogenea applicazione. Il rapporto inoltre evidenzia i limiti delle attuali politiche riguardanti lo sfruttamento lavorativo e la tratta, denunciando la scarsa attenzione del governo al fenomeno e in particolare alla tutela delle vittime. Il rapporto si conclude proponendo alcune strategie d'intervento, sia sul piano normativo che politico, prendendo specificamente in considerazione il settore agricolo e quello del lavoro domestico. ; La ricerca presentata in questo rapporto è stata svolta nell'ambito del progetto di ricerca TRAFFICKO - Trafficking for Labour Exploitation. Assessing Anti-Trafficking Interventions in Italy, co-finanziata dalle Open Society Foundations.
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Cover -- Occhiello -- Indice -- Parte I I traffici illeciti: soggetti, tipologie, tecniche investigative -- I traffici illeciti nel Mediterraneo e le organizzazioni criminali transnazionali. Una introduzione alla ricerca NESMeS (Militello) -- I traffici illeciti nel Mediterraneo. Aspetti criminologici e tendenze evolutive (Punzo) -- The role of organized crime in illicit trades: drug trafficking, migrant smuggling, arms trafficking and cigarette smuggling (La Spina) -- Organizzazioni criminali transnazionali e traffico di migranti. L'esperienza nel Canale di Sicilia (La Chioma) -- Le tecniche investigative nel contrasto ai traffici di migranti, stupefacenti e sigarette (Mangiaracina) -- Parte II I singoli traffici illeciti -- L'incriminazione dello smuggling of migrants in Europa: una ricognizione comparatistica (Spena) -- I fondamenti normativi dell'incriminazione del favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Analisi delle problematiche linee di confine tra diritto europeo e diritto internazionale (Mitsilegas) -- Il traffico di migranti nel Mediterraneo in un ufficio giudiziario di frontiera. L'esperienza della Procura della Repubblica di Palermo (Ferrara) -- Il traffico di migranti nel Mediterraneo: validità della legge penale e tutela della persona (Orlando) -- Problemática de la trata de seres humanos en España. Regulación penal y tratamiento jurisprudencial (Corcoy) -- Política criminal multinivel en la trata y el tráfico de personas: especial consideración a los problemas de implementación del delito de trata en Alemania (Manzo Porto) -- Il traffico illecito di droghe leggere dal Mediterraneo all'Atlantico: punti fermi e questioni aperte (Siracusa) -- Il ruolo dell'organizzazione criminale nel contrasto al traffico illecito di tabacchi lavorati esteri (Omodei) -- Elenco degli autori -- Volumi pubblicati.
In recent years, trafficking in human beings has attracted an increasing media attention and the activism of civil society, as well as the efforts of international and intergovernmental organizations. With the so-called Palermo Protocol trafficking has entered into the political agenda and legislation of many countries and the number of studies have increased. Nevertheless, after almost fifteen years from the Palermo Protocol, there seems to be a lack of knowledge of the problem and a broad consensus on what is meant when we speak of human trafficking. Meanwhile, its representation refers constantly to its epochal dimensions as well as to its continued growth, involving primarily women and children. The acceptance and reproduction of these myths, rather than their critical analysis, seems to prevail along with the sensationalism of violent narratives presented as typical cases, especially with reference to cases of trafficking for sexual exploitation. These narratives seem to respond to a deliberate intention to maintain media attention, government support and, more generally, financing activities which contrast trafficking and support the victims. The international research on this theme has focused in particular on the victim, leaving apart the traffickers, exploiters and middle men. The paper traces myths and images of human trafficking that characterize recent years, focusing also on the most recent research perspectives and policy responses to the problem in the so-called trafficking destination countries, where the raising of border controls and the increased controls of the sex industry, in the case of trafficking for sexual exploitation, seem to feed the problem. ; info:eu-repo/semantics/acceptedVersion
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Il contrasto al traffico di migranti nel diritto internazionale ed europeo. L'operazione EUNAVFOR MED nel Mar Mediterraneo. Scopo della ricerca è l'analisi del fenomeno del traffico di migranti in tutti i suoi molteplici aspetti, a partire dalla definizione di "traffico di migranti" data dal Protocollo; alle forme di criminalizzazione dello stesso; passando per la prevenzione del crimine e la cooperazione tra gli Stati parte; fino all'assistenza e alla tutela dei migranti trafficati. Il fulcro centrale dello studio è il dispiegamento di EUNAVFOR MED Operazione SOPHIA nel Mar Mediterraneo: il primo caso di operazione navale militare dell'Unione europea, autorizzata ex post dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dotata di poteri di law enforcement, da un lato, e di polizia, dall'altro, nonché specificamente rivolta al contrasto al crimine organizzato transnazionale. Ci si è concentrati, in particolare, sul mandato e l'evoluzione dell'operazione dal momento della sua istituzione, nel maggio 2015, ad oggi, al fine di mettere in luce le criticità e le innovazioni che essa solleva alla luce del diritto internazionale ed europeo. Peculiare, poi, è il fatto che nell'ambito di EUNAVFOR MED sia stata creata una fitta rete di collaborazione tra Stati membri e agenzie dell'Unione europea, in particolare FRONTEX ed EUROPOL, sulla quale ci si è soffermati per comprendere come si applica, nella prassi, il coordinamento tra i vari organi. Infine, è stata rivolta un'attenzione particolare alla tutela effettiva dei migranti coinvolti in operazioni di traffico, a partire dai diritti fondamentali che trovano applicazione generale fino a quei diritti che vengono in rilievo in particolari situazioni, come il divieto di sfruttamento dei migranti e la protezione di coloro che hanno subito tortura o altri trattamenti inumani e degradanti. Una volta analizzati i punti critici dell'operazione da cui potenzialmente potrebbero scaturire violazioni di alcuni diritti fondamentali dei migranti, ci si è interrogati su chi, in tal caso, sarebbe da ritenersi responsabile per tali contravvenzioni, dal momento che la missione comprende azioni coercitive che si applicano in acque internazionali. Oltre a ciò, è stato necessario considerare, ai fini dell'attribuzione delle responsabilità, che gli Stati agiscono, nell'ambito dell'operazione Themis, prima Triton, coordinati dall'agenzia FRONTEX dell'Unione europea, e, nell'ambito dell'operazione SOPHIA, attraverso una decisione del Consiglio dell'Unione europea e sotto l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. ; The Fight against Migrant Smuggling in International and European Law. The EUNAVFOR MED Operation in the Mediterranean Sea. The international juridical context of reference on the contrast to migrant smuggling is extremely complex. In fact, it reconnects a dense network of rights, obligations and responsibilities which do not derive only from the Protocol against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air, but also from the Law of the Sea, Human Rights and Refugee Law. The research is focused on EUNAVFOR MED Operation SOPHIA in the Mediterranean Sea, as it was the very first case in which a military maritime operation was specifically adopted to tackle transnational organized crime and was provided with both law enforcement and police powers. Starting from the mandate of the operation, in May 2015, and its evolution up to now, the purpose of the analysis is to highlight the critical issues and the innovative features it entails under an International and European Law perspective. Furthermore, it worth noticing that around EUNAVFOR MED a dense net of intelligence and operational cooperation has been established between Member States and European Union agencies, such as EUROPOL and FRONTEX; so that, particular attention has been given to the juridical aspects related to the coordination issues between different institutions in this field. The last part of the research focus on the effective protection of migrants who are involved, at various levels, in migrant smuggling. After examining the critical issues, related to Operation SOPHIA, which may entail human rights violations of migrants, the controversial aspect of the allocation of responsibilities for such eventual violations has been questioned. In fact, it should be considered that States involved in the fight against migrant smuggling act both under the coordination of FRONTEX, as far ad Operation Themis is concerned, and in line with Resolution 2240 of the UNSC, in the field of Operation SOPHIA.
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In: Collana Di Studi Di Diritto Internaziona Ser v.4
Cover -- quartino -- Table of Contents -- Introduction. The Renewed Attention for the Protection of the Cultural Expressions in Crisis Areas -- Countering the Illicit Trafficking of Cultural Property. Implementation Experience in Argentina -- SESSION 1 Protecting Cultural Heritage to Maintain International Peace and Security: Key Points -- Antiquities Trafficking and Conflict Financing: The Fight Against Looting and Smuggling of Cultural Property Goods in a Global Perspective of Peace -- Assistance by Peacekeeping Forces to Protection of Cultural Heritage and International Criminal Responsibility -- SESSION 2 Protecting Diversity of Cultural Expression and Cultural Heritage to Maintain International Peace and Security: Contemporary Issues -- Cultural Protection Policy in the Syrian Arab Republic An International Law Perspective -- Contrasto del terrorismo e protezione dei beni e delle espressioni culturali: l'esperienza della Tunisia -- Cultural Heritage in Oman Forts, Castles and Fortifications as Models -- SESSION 3 Peacekeeping and Protection of Diversity of Cultural Expression and Cultural Heritage -- UN Security Council Approaches to the Global Safeguarding of Cultural Heritage: An Evolving Role in Preventing the Illicit Traffic of Cultural Objects -- Closing Remarks -- The Protection of Cultural Heritagein the Context of the Maintenance of Peaceand Security: The Way Ahead -- After the Workshop Steps Forwards -- Exploitation of Natural Resources in Timesof Armed Conflict: The Contributionof the United Nations and Peace Operationsin Addressing Resource-Related Conflicts -- The Relationship Between the Protection of Tangible and Intangible Cultural Heritage under International Law -- Reflecting on the Intentional Destruction of Cultural Heritage as a War Crime in Light of the ICC Judgement in the Al Mahdi Case -- Cultural Genocide
In questo lavoro di ricerca si cercano di comprendere, non solo i processi che inducono le ragazze e le donne migranti a finire nel diabolico tranello del mercato della prostituzione, ma anche le significative rinunce personali, lavorative, e sociali, che esse devono sopportare a causa di tale inganno. In particolare si è scelto di analizzare lo sfruttamento della prostituzione femminile migrante, anche minorile, e principalmente nigeriana. In primo luogo si procede ad un'analisi del fenomeno della migrazione, in modo specifico femminile, mettendone in evidenza i "push and pull factors" e il processo di femminilizzazione dei flussi migratori. In aggiunta, al fine di comprendere la relazione tra il fenomeno della migrazione femminile e il mercato dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante, si cerca di illustrare un parallelismo tra il funzionamento del mercato tradizionale e quello del mercato dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante. In secondo luogo nell'ambito del fenomeno dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante si prova a districare il concetto di "trafficking", discernendolo da quello di "smuggling", e si analizza la relazione che soggiace tra lo sfruttamento della prostituzione e la migrazione femminile. Un paragrafo più specificatamente dedicato al fenomeno dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante nei dei centri di accoglienza per richiedenti asilo, in particolare all'interno del centro di accoglienza (ex Cara) di Mineo. Infine si cercano di indicare alcune delle possibili soluzioni al fenomeno dello sfruttamento della prostituzione femminile migrante, nella prospettiva di un intervento sociale, che cerchi di risolvere o quantomeno di depotenziare questo fenomeno, che coinvolge ormai tutto il mondo e verso il quale non è più possibile rimanere indifferenti.
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Il saggio vuole proporre una riflessione sul tema del confine inteso non come barriera invalicabile oppure possibilità di fuga, ma quasi esso stesso come luogo di impunità. È il caso della situazione determinatasi, per ragioni storiche e geografiche, sul confine abruzzese fra il Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa così come emerge dalla documentazione d'archivio e cartografica relativa agli ultimi decenni del Seicento incentrata sul fenomeno del banditismo. Un confine geograficamente variegato − per questo offriva diverse soluzioni agli uomini ricercati dalla legge − che va dalle cime dell'Appennino compreso tra il versante nord-occidentale del Gran Sasso, quello meridionale dei Monti della Laga e la pianura costiera che degrada verso l'Adriatico. L'area montuosa rappresentava per i banditi un luogo sicuro dove rifugiarsi, dove potevano contare su appoggi ed aiuto; nei casi più estremi il confine diveniva una facile via di evasione perché sia gli impervi passi di montagna, che le colline del Subappennino aprutino e le pianure attraversate dal Fiume Vomano, rappresentavano per questi uomini un ambiente ben conosciuto. La frontiera era inoltre un'alternativa economica, perché il passaggio da uno stato all'altro permetteva di portare avanti lucrose attività di contrabbando. Il confine, o il confino, poteva divenire addirittura mezzo di riscatto sociale, perché i banditi indultati venivano inviati all'"estero" (ad esempio nella Repubblica di Venezia) a combattere per un tempo assai inferiore alle pene a cui scampavano nel Viceregno. ; The essay offers a reflection on the geographical and political border between the Kingdom of Naples and the State of the Church, in Abruzzo, not only as a crossed barrier and chance to escape, but like a place of impunity. A border where practiced smuggling and that could become tool of social redemption thanks to forced confinement. The idea is based on documents and historical maps of the sixteenth century.
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During the migration crisis European borders were overwhelmed by arriving people. People that made their way to the European Union after dangerous journeys. Many of them are displaced persons fleeing war and persecution in their place of origin. Because there are only few possibilities for them to arrive in Europe in a regular way, they often need to rely on smugglers in order to reach safety. In line with the obligations of international law, Europe should safeguard the rights of the people in need of protection. Strengthening legal ways to reach safe territory would decrease the dependency on smuggling networks and contribute to international responsibility sharing in dealing with humanitarian situations. In this thesis the different instruments for creating legal channels are explained and research is done on the implementation of these tools by the EU and its Member States. An analysis is made from a human rights point of view on the way in which the EU is safeguarding the rights and needs of persons in need of international protection against the background of the migration crisis. Durante la recente crisi migratoria i confini europei sono stati travolti dai flussi di migranti, queste persone hanno raggiunto l'Unione Europea dopo viaggi pericolosi. Molti di loro sono sfollati che hanno dovuto lasciare il loro paese di origine a causa di guerra e persecuzioni. Le possibilità di arrivare in Europa in modo regolare sono poche e perciò in molti casi ci si deve affidare a trafficanti per raggiungere i confini europei. In accordo con gli obblighi imposti dal diritto internazionale, l'Europa deve salvaguardare i diritti delle persone che necessitano protezione. Rafforzare i percorsi legali per raggiungere territori sicuri, diminuirebbe le dipendenze dai circuiti illegali e contribuirebbe alla condivisione delle responsabilità a livello internazionale in caso di emergenze umanitarie. In questa tesi verranno spiegati vari metodi per la creazione di canali di accesso legali, inoltre verrà esposto l'uso di questi strumenti e la loro implementazione da parte dell'UE e dei suoi stati membri. Verrà fatta un'analisi dal punto di vista dei diritti umani sul modo in cui l'Unione Europea sta proteggendo i diritti e i bisogni delle persone che necessitano protezione internazionale nel contesto della crisi migratoria.
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While dealing with the current migration challenges, the European Union is revealing the overall weakness of its institutional and political architecture, consequently failing to give practical implementation to all those fundamental rights, contained in several widely shared international and regional legal instruments, on which its own legitimacy and credibility as human rights protector are based. Instead of putting its common values and policies in practice through the elaboration of a coherent supranational strategy, the Union is diverting its action to a deal-making approach grounded on the collaboration with third countries or origin or transit, apparently directed to the externalization of its responsibilities in migration and asylum field. This approach risks however to undermine the protection of asylum seekers' rights and interests. The most indicative example of this tendency is given by the Statement that on 18 March 2016 the EU Heads of State or Government negotiated with the Turkish counterpart in order to manage the increasing influx of asylum seekers and irregular migrants coming mainly from the Middle East's States and reaching the Greek islands via Turkey, that masks, with the pretext of preventing the smuggling routes, a greater desire to halt the entries in the EU territory through a stronger control of borders and a semi-automatic return mechanism. This research is aimed in the first place at clarifying the legal nature of the Statement and more specifically whether it has to be considered or not as a binding deal and if yes who is/are the subject/s responsible for its enactment on the EU side. In the second place, the objective is that of putting in evidence the possible violations of human rights and European Migration Law that the execution of the commitments agreed would entail, the inherent deficiencies of the Greek asylum system and the necessity for the EU to develop a common strategy for migration management which is effectively compliant with its own rules and values. Moreover, the Statement is analysed in the light of the new proposed reform of the Common European Asylum System (CEAS) and in particular of the Asylum Procedures Directive (APD), that risks further jeopardise asylum seekers' guarantees through a massive application of the 'safe third country' and 'first country of asylum' concepts. This unavoidably leads to question whether Turkey, beyond the efforts made in the alignment of its domestic legislation to the EU acquis, can be considered in practice as a 'safe country' in accordance with the EU standards, to where Syrians and migrants of other nationalities can be returned without incurring in the violation of their fundamental rights, such as the non-refoulement principle and the prohibition of torture and inhuman or degrading treatment or punishment. In view of this current challenge, the EU should reflect on its role as a key unitary player on the international stage and build an alternative model of solidarity among Member States, which is fairer, more efficient and does not weaken asylum seekers' safeguard. Furthermore, also when acting on the external dimension the Union should endorse a strategy that is consistent with the principles and objectives affirmed by its primary Law, which should inspire not only Member States' policies at the internal level, but also the cooperation with third parties, ensuring a full respect of migrants' human rights.
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L'esodo della popolazione albanese vent' anni dopo i primi sbarchi Daniele Filipetto ABSTRACT La scelta dell'argomento di questa tesi è dovuta ad un personale interesse per l'area balcanica, a noi così vicina eppure così ignota, ed al desiderio di realizzare una ricerca che mi consentisse di coniugare in questa prova finale le conoscenze acquisite durante il corso di studi . L'intento è quello di ricostruire le varie fasi dell'immigrazione del popolo albanese in Italia ponendole in relazione all'evoluzione sociopolitica che i due Paesi hanno conosciuto nel decennio 1990-2000, periodo in cui l'Albania ha visto emigrare all'estero più del 25% della sua popolazione. Nel 2011 si è tenuta la commemorazione del ventennale dell'arrivo del mercantile "Vlora" giunto a Bari con il suo carico di cittadini albanesi l'8 agosto 1991, durante la fase di sgretolamento del quel regime comunista che, per mezzo scecolo, aveva estromesso il Paese dalla storia europea. Nella memoria collettiva italiana quella nave è divenuta simbolo dell'emigrazione albanese ed ha segnato l'ingresso dell'Italia nel gruppo dei paesi di immigrazione. In Albania determinò un sussulto nella coscienza della nazione, da un lato per le difficoltà del viaggio affrontato, dall'altro per il trattamento riservato dalle autorità ai primi albanesi che arrivavano in Italia. Rilevanti flussi migratori dall'Albania verso il nostro Paese iniziarono ad essere registrati nel 1990 con l'arrivo di coloro che si erano rifugiti nelle ambasciate europee a Tirana nel tentativo di espatriare ma è nel 1991 che si verificarono gli sbarchi più tragici e numericamente più consistenti (marzo-agosto). Tra il 1992 ed il 1996 l'arrivo di immigrati albanesi in Italia continua ma inizia a cambiare caratteristiche divenendo appannaggio di organizzazioni dedite allo smuggling. In seguito al crollo delle società di investimento piramidali e all'instabilità politica che ne conseguì, nel 1997, altre decine di migliaia di persone sbarcarono sulle nostre coste lasciandosi alle spalle un Paese lacerato dalle divisioni politiche. L'ultima fase dell'immigrazione verso l'Italia si aprì nel 1998 in occasione del conflitto etnico che dilaniò il kossovo e che spinse migliaia di persone di etnia albanese verso l'Europa. L'immigrazione avvenuta a seguito del processo di dissoluzione del regime comunista permette di indagare le strategie di integrazione che hanno consentito a questo popolo, dopo vent'anni di difficoltà, di essere portato come esempio di integrazione riuscita, nonstante lo stigma di "comunità cattiva" che ha esposto per anni la popolazione albanofona d'Italia ad atteggiamenti di marginalizzazione e discriminazione. Nell'esperienza albanese può essere riconosciuto il ruolo cardine svolto dai media: la televisione ha infatti ricoperto vari ruoli durante lo svolgimento della storia migratoria dell'Albania, dapprima erodendo le basi del regime e rinforzando il popolo nella propria convinzione di emigrare, successivamente in Italia, creando grossi problemi di integrazione a causa della gestione dell'argomento immigrazione nel discorso pubblico. La categorizzazione etnica che legava gli albanesi alle peggiori notizie di cronaca determinò lo sviluppo dello sterotipo "albanese uguale criminale". La particolare accezione negativa data agli eventi riguardanti la comunità albanese durante il decennio 1990-2000 viene ulteriormente in rilievo se si considera che nel periodo era in corso un processo di ridefinizione dell'identità italiana legato, da un lato, al riposizionamento in un contesto europeo che dopo la fine della logica dei blocchi chiedeva al Paese di mostrarsi interlocutore attendibile nella gestione delle frontiere Sud-Est dell'area Schengen, dall'altro, alla dinamica politica interna che vedeva la fine della Prima Repubblica con l'inchiesta "Mani Pulite" e il tentativo di ridurre la spesa pubblica per rispettare i parametri di Maastrich. A distanza di anni lo stigma è passato ad altre comunità di migranti lasciando però ancora oggi un marcato segno sulla percezione della comunità albanese. L'incapacità di superare il pregiudizio, l'importanza dei legami familiari nonchè la congiuntura economica negativa hanno portato alla nascita di un flusso di ritorno.
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