Mediante l'inserimento, all'interno della fattispecie di infedeltà patrimoniale, della previsione normativa dei vantaggi compensativi la tematica dei gruppi di società ha ricevuto una dignità espressa anche nel settore del diritto penale dell'economia. La scelta di politica legislativa, che si inserisce più genericamente nell'obiettivo politico criminale del legislatore novellante di costruire un diritto penale societario minimo, permeato dal necessario rispetto dei canoni di concreta offensività, è stata salutata con favore dalla letteratura penalistica la quale, all'indomani della novella, ha rinnovato l'interesse per il tema. La disciplina dei gruppi, infatti, oltre a rivestire primario interesse per la sua notevole applicazione, costituisce anche un importante banco di prova per verificare la coerenza delle soluzioni legislative rispetto al piano del dover essere della legislazione penale; per verificare, cioè, in un ottica di stampo teleologico, la conformità della disciplina settoriale, rispetto ad un sistema assiologicamente orientato. Sotto tale profilo, il rapporto tra la disciplina civile dei gruppi e quella penale, consente di evidenziare come la normativa penale sia effettivamente conforme al volto di un sistema penale orientato dai valori di sussidiarietà ed extrema ratio, in quanto la portata empirica della fattispecie penale risulta arretrata rispetto ai presidi risarcitori di ordine civilistico: la attribuita rilevanza ai vantaggi fondatamente prevedibili, ai fini della esclusione della responsabilità penale, e la loro irrilevanza, per converso, ai fini della esclusione della responsabilità civile, fa sì che nella tutela del patrimonio sociale la fattispecie di diritto penale societario occupi uno spazio solamente residuale. Se tali sono i profili di pregio della disciplina penale dei gruppi di società, non pochi sono, tuttavia, gli spunti critici che lascia aperti all'interprete. Sul piano della bontà delle scelte legislative, residuano margini di dubbio sull'opportunità di una scelta di carattere settoriale, che pone il rischio di limitarne la portata applicativa alla sola fattispecie di infedeltà patrimoniale, unica per la quale risulta espressamente prevista; creando, così, non poche distonie applicative nell'ambito dello stesso sottosettore del diritto penale dell'economia. Di non poco rilievo appaiono, poi, le censure da muovere alla 'disciplina penale dei gruppi' sul piano della determinatezza della fattispecie penale dovute al mancato coordinamento della riforma dei reati societari con quella del diritto societario. Mentre il legislatore societario è stato capace di creare una disciplina armonica e idonea a perseguire gli obiettivi di tutela, occupandosi dei gruppi tanto nella patologia, quanto nella fisiologia, l'approccio del legislatore penale è stato ben più approssimativo e minimalista: sul versante penale societario, infatti, all'abuso di direzione unitaria non si è collegata una ipotesi di responsabilità né degli organi amministrativi della holding, né della controllante con il d.lgs. 231/2001. Di qui la necessità di provare a recuperare la responsabilità penale del vero centro decisionale (gli organi della holding), attraverso l'applicazione delle clausole generali di estensione della tipicità di cui agli artt. 110 e 113 c.p., tanto per la responsabilità concorsuale delle persone fisiche, quanto per quella amministrativa da reato delle persone giuridiche. ; By inserting, in the case of infidelity sheet, the legislative provision of compensatory benefits to the thematic groups of companies has received a dignity expressed also in the field of economic criminal law. The legislative policy choice, which is part of more general political objective of the criminal reform legislature to build a corporate criminal law at least, permeated by the need to respect the canons of concrete offensiveness, was welcomed by the criminal law literature which, at day after the news, has renewed interest in the topic. The discipline of the groups, in addition to covering the primary interest for its remarkable application, is also an important test to verify the consistency of legislative solutions to the plane having to be the criminal law, to verify, in an optical teleological mold, compliance with the legislation, and compared to a value-free system oriented. In this respect, the relationship between the discipline of civil groups and the penal, it highlights how the criminal law is actually conforms to the face of a criminal justice system-oriented values of proportionality and last resort, because the scope of the empirical case is criminal back with respect to a compensation order statutory safeguards: the importance attributed to the benefits legitimately expected, for the purposes of exemption from criminal liability, and their irrelevance, conversely, for the purposes of the exclusion of liability, means that the protection of the assets case of corporate criminal law occupy a space only residual. If these profiles are the valuable discipline of criminal groups of companies, many are, however, the critical insights that leaves open the interpreter. In terms of the goodness of legislative choices, remaining margin of doubt regarding the appropriateness of the choice of a sectoral nature, which poses the risk of limiting the scope of application to the single case of infidelity sheet, only one for which is expressly provided, creating, thus, not a few dystonias application within the same sub-sector of economic criminal law. Of no little importance appear, then, the complaints to be moved to the 'rules of criminal groups' in terms of determination of the criminal case due to lack of coordination of the reform of corporate crimes with that of corporate law. While the legislature company was able to create a harmonious and appropriate discipline to pursue the objectives of protection, taking care of both groups in pathology, as in physiology, the approach of the criminal legislature was much more rough and minimalist: on the side of corporate criminal, in fact, the abuse of centralized management is not connected to a theory of liability or administrative bodies of the holding company or parent of the Leg. 231/2001. Hence the need to try to retrieve the criminal liability of the real center of decision (the organs of the holding company), through the application of the general conditions of the typicality of the extension of articles 110 and 113 c.p., the responsibility for the insolvency of individuals, and for the administrative offenses by legal persons. ; Dottorato di ricerca in Diritto ed economia: interessi rilevanti e tutele (XXIV ciclo)
La tesi sostiene che, mentre molte teorie di pianificazione si sono concentrate sulle differenze, il multiculturalismo e risoluzione dei conflitti sociali, non c'è ancora sufficiente approfondimento su come queste differenze possano restare profondamente irrisolte e come questa debolezza possa essere fortemente legata a razionalità contrastanti e a una sorta di "slittamento dei livelli di senso" o "equivoci" cognitivi tra i soggetti coinvolti (Bourdieu e Wacquant, 1992). Soprattutto in termini di conflitti urbani espliciti, generati non da opposti interessi economici o differenti volontà politiche, ma semplicemente da differenti background culturali e comportamentali, il livello cognitivo di com-prensione tra le persone coinvolte ha un ruolo fondamentale in termini di consapevolezza e di effi-cacia delle scelte. Dunque il legame tra pianificazione, governance, contesti istituzionali e partecipazione delle comu-nità è, prima di tutto, una questione di reciproca, profonda e vera comprensione, piuttosto che la continua ricerca di nuovi strumenti e politiche. Partendo dalla convinzione che i conflitti siano una fonte incredibile di soluzioni creative e inaspet-tate all'interno dei contesti urbani, dei sistemi di pianificazione e di condivisione di valori, questo lavoro si propone di sondare come la Mobilitazione Cognitiva (Dalton, 1984), per la cura e la prote-zione di un bene comune, può essere in grado di guidare una comunità nella lotta per i propri diritti, permettendo l'acquisizione di conoscenze politiche e abilità specifiche per il raggiungimento di decisioni condivise collettivamente, la costruzione di nuove forme di azione politica dal basso, nuove processi di educazione (Dolci, 1974) e ampliamento culturale contro il prevaricare di Egemonie politiche e sociali (Gramsci, 2007). Utilizzando metodi quantitativi e qualitativi, l'autore presenta due esperienze di pratiche insorgenti provenienti dall' Europa meridionale: (1) un tradizionale Caso-Studio nell' area marina protetta dell' Arrábida, in Portogallo, per illustrare come la mobilitazione cognitiva, volta alla genuina e profonda comprensione delle istanze portate avanti dalla collettività, può realizzare forme di partecipazione che, guardando ai problemi in termini di risorse, permettono alla comunità di collaborare democra-ticamente cercando soluzioni nuove e condivise in grado di modificare profondamente un piano isti-tuzionale il quale, a causa di una profonda contrapposizione tra poteri gioco e valori espressi, ha ge-nerato forme di conflitto dichiarato, ma anche latente; (2) un caso di Participatory Action Research nella valle del fiume Simeto, in Italia, dove le comunità locali, attraverso una forte mobilitazione collettiva, sono state in grado di difendere e curare il fiume Simeto, il più grande in termini di bacino idrogeologico in un territorio caratterizzato da scarsità idrica come la Sicilia, minacciato dalla scelta istituzionale di collocare un inceneritore proprio in un area fortemente incentrata sull'agricoltura, per il suo sostentamento economico, e profondamente legata al paesaggio circostante, in termini di riconoscimento e senso di appartenenza. Questo lavoro può avere importanti implicazioni sia per la teoria, che per la pratica di pianificazione. La scelta di un approccio multi-disciplinare, inoltre, aiuta nella comprensione di come sia possibile trasformare l'antagonismo in spirito competitivo tra soggetti, diversi per natura e per cultura, concentrandosi principalmente sul rispetto e l'apprendimento reciproco, sulla costruzione di processi veramente inclusivi e sulla scelta di soluzioni davvero condivise. ; The thesis argues that while many planning theories have focused the sight on the social differences, multiculturalism and conflicts resolution, there is not yet sufficient acknowledgement on how these differences can be deeply unsolved and how this weakness could be strongly linked with conflicting rationalities and with a 'cognitive slipping' planes of meaning (Bourdieu & Wacquant, 1992). Especially in terms of inexplicit urban conflicts, generated by not opposite economic interests or political will, but by simply and natural differences of the cultural and behavioral baggage, the cognitive level of understanding between people involved plays a fundamental role in terms of awareness and choices efficacy. So this works wants underlines that the link between planning, governance, institutional adjustments and community engagement is, first of all, a matter of mutual deep and real understanding, rather than new form of tools and policies. Starting from the persuasion that conflicts are an incredible source of unexpected creative solution for urban contexts, planning systems and sharing values, this paper aims to probe how a 'cognitive mobilization' (Dalton, 1984) of a community, for the care and the protection of a common good, can be able to "fight for a right" in terms of acquiring political resource and skills to reach own decisions, and constructing new form of genuine power through education (Dolci, 1974) and culture against a 'dominant discourse' (Gramsci, 2007). Using quantitative and qualitative methods, the author presents two field experiences of insurgent practices in the southern Europe: (1) a traditional Case-Study of a Marine Protected Area in Arrábida, Portugal, to illustrate how a community mobilization, that aims to understand really every form of instance and claim, can realize forms of participation that, first of all, sight problems in term of resources, and then allowed people to work democratically together building new and shared solutions able to modify deeply an institutional plan that, due to a displacement between powers and values, generated forms of conflicts between stakeholders, especially in terms of economic and decision making point of view; (2) a case of Participatory Action Research in the Simeto river valley, Italy, where local communities through a strong mobilization were able to defend and took care the river, the biggest in terms of basin in a scarcity water territory, threatened by the institutional choice to collocated an incinerator in a valley strongly based on agriculture, for its economic sustenance, and deeply linked with the landscape, for its recognition and sense of belonging to . This understanding, it is suggested, has important implications for both planning theory and practice. Choosing a multi-disciplinary approach, this work attempts to explore if and how it is possible to transform the antagonism between enemies in competitive spirit among subjects, different for nature and culture, focusing on respect and mutual learning and on the building up of processes really inclusive and choices really shared
L'oggetto della nostra ricerca riguarda le dinamiche sociologiche in materia di gestione del discredito a seguito dello scandalo degli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica dal 2002 al 2010, prendendo in considerazione alcuni degli eventi mediaticamente più significativi che hanno caratterizzato l'intera vicenda. Il punto di partenza della ricerca è il 9 gennaio 2002, quando il quotidiano americano The Boston Globe ha pubblicato un'inchiesta relativa a un caso di abuso nell'arcidiocesi di Boston. In seguito abbiamo assistito a una propagazione del fenomeno non solo in altre diocesi del territorio, ma anche in alcuni Paesi europei; tra questi abbiamo incentrato la nostra analisi sulla situazione in Irlanda. Le ragioni di questa scelta sono state dettate dal fatto che dagli Stati Uniti è esploso mediaticamente il caso e per tutto il decorso della vicenda essi si sono posti nello scenario internazionale come opinion leaders, non solo a livello di politiche adottate per contrastare il fenomeno (tra tutte, la zero tolerance), ma anche per quanto riguarda l'adozione di prime specifiche norme in materia di tutela dei diritti dei minori. Il focus sull'Irlanda è invece dettato dalla forte tradizione cattolica presente nel Paese . La scelta degli Stati Uniti e dell'Irlanda, poi, è motivata da alcune ragioni di fondo che sembrano accumunare entrambi i Paesi; innanzitutto, la dimensione del fenomeno (ovvero, negli Stati Uniti dal 1950 al 2002 sono stati segnalati circa 4392 preti accusati di abuso sessuale sui minori ; in Irlanda, invece, tra il 1965 e il 2005 sono state registrate più di 100 denunce di abusi su ventuno preti che operavano nella sola diocesi di Ferns ). Un successivo aspetto fa riferimento, invece, all'interesse dei mass media americani (e irlandesi) circa le modalità di rappresentazione della vicenda, spesso presentata in "termini scandalistici", i cui fatti accaduti circa trent'anni fa sono riproposti all'opinione pubblica come se fossero fatti attuali. Infine, dall'America sono partiti anche i primi processi, che hanno portato in molti casi a gravi crisi finanziarie delle diocesi locali che hanno dovuto risarcire le vittime; inoltre, da qui sono scattate le denuncie contro il Vaticano e il Papa (nel settembre del 2011, infatti, lo SNAP , una delle maggiori associazioni delle vittime, ha presentato un'istanza al tribunale dell'Aja conto Benedetto XVI il cardinale Tarcisio Bertone, il cardinale Angelo Sodano e l'ex Prefetto della Congregazione, William Levada). In Irlanda si presenta uno scenario più o meno simile; i dati del Rapporto Ferns, infatti, hanno evidenziato lo stesso modus operandi delle diocesi locali che, in molti casi, hanno offerto alle vittime grossi risarcimenti monetari per evitare che i casi diventassero uno scandalo per la diocesi stessa o per la Chiesa in generale. Il lavoro è stato diviso in tre sezioni: una prima parte, di taglio sociologico, espone le matrici alla base del concetto di credibilità, prestando particolare attenzione alla credibilità delle istituzioni (con la Chiesa Cattolica) e dell'individuo (nello specifico, abbiamo parlato della relazione tra il sacerdote e il minore-vittima dell'abuso). Successivamente abbiamo analizzato le modalità di costruzione della notizia tenendo presenti gli aspetti caratterizzanti il processo del newsmaking e i valori notizia impiegati per la rappresentazione dei fatti da parte dei quotidiani stranieri ed italiani. Infine, abbiamo affrontato il problema del panico morale, sulla scorta dello studio di Griswold sulla costruzione di un problema sociale in relazione al ruolo e all'influenza mediatica in questo processo (Griswold 1997). Nella seconda parte del lavoro, abbiamo applicato le categorie dei valori notizia, delle strategie di tematizzazione dei quotidiani e del panico morale nella ricostruzione dei casi di abuso in America e in Irlanda. Al fine di offrire un quadro quanto più ampio dei singoli fatti, abbiamo elaborato una breve ricostruzione storica sulla base della documentazione prodotta da alcune fonti ufficiali, quali: il sito ufficiale della Santa Sede, referti medici, indagini governative e inchieste condotte dalle diocesi locali o da autorità giudiziarie. Nell'impossibilità di esaminare tutta l'enorme mole di materiale prodotto dagli organi di stampa durante questi anni, abbiamo selezionato due tipologie di articoli giornalistici: - Per i quotidiani stranieri abbiamo scelto l'editoriale, quale forma giornalistica capace di esprimere il punto di vista della direzione del giornale. Le testate impiegate come fonti sono così suddivise: a. Per gli Stati Uniti, ricordiamo: The Boston Globe e The New York Times; b. Per l'Irlanda, invece, abbiamo: The Irish Times; Per quanto riguarda l'analisi degli articoli italiani, invece, abbiamo selezionato i tre quotidiani più letti in Italia: Il Corriere della Sera, La Repubblica e La Stampa. In questa circostanza abbiamo optato per l'articolo di cronaca, come forma di esposizione di una notizia per eccellenza. Alla ricostruzione storica e mediatica dei principali casi di abusi sessuali abbiamo esaminato la risposta proveniente dalla Chiesa Cattolica nei suoi vari livelli, considerando gli interventi pubblici, le decisioni e i gesti significativi valutando le eventuali analogie e differenze di azione compiute nel corso degli anni da Papa Giovanni Paolo II e da Papa Benedetto XVI. In tal senso, abbiamo fatto riferimento a una fitta documentazione disponibile sul sito ufficiale del Vaticano. I risultati dell'analisi fanno riferimento a due precisi ambiti. In primo luogo, abbiamo preso in esame gli effetti prodotti dai media analizzandoli su due fronti: innanzitutto secondo un'ottica autoreferenziale, ovvero valutando eventuali cambiamenti di posizione rispetto all'avvicendarsi dei fatti e, infine, in relazione alla risposta dell'opinione pubblica prendendo come parametri di riferimento i sondaggi di popolarità e gli indici di fiducia e consenso rivolte alla Chiesa Cattolica. In secondo luogo, poi, abbiamo considerato sulla base delle statistiche e dei sondaggi elaborati, qual è stato il feedback dell'opinione pubblica estera in relazione alla risposta della Chiesa (locale e del Vaticano) e a quel preciso periodo temporale in cui la vicenda si stava evolvendo. Questa modalità riflette una questione fondamentale dell'intera vicenda, ovvero, non essendo ancora conclusa la questione degli abusi (sia da parte della Chiesa Cattolica sia in termini di risoluzione dei casi) al momento non si dispongono di cifre esatte per poter fare una stima circa l'efficacia (o meno) delle strategie di gestione del discredito applicate dalla Chiesa Cattolica. La metodologia impiegata per lo studio sugli articoli è di tipo qualitativo, ovvero, ricorrendo a un'analisi semantica e lessicale con cui abbiamo individuato le parole-chiave, le espressioni maggiormente ricorrenti e i temi (come il dibattito sull'istruzione della Crimen Sollicitationis) collegati alla vicenda; in tal senso, abbiamo applicato lo studio condotto da Dardano (1973) per l'analisi del linguaggio dei giornali. Tra le fonti impiegate per la nostra ricerca abbiamo tenuto conto, come già detto, della documentazione pubblicata on line (dai singoli quotidiani come approfondimenti agli articoli), di quella consultabile negli archivi digitali delle diocesi straniere e di quella reperibile nel sito del Vaticano. Inoltre per quanto concerne il materiale estrapolato dalla "rete" disponiamo: 1. Delle perizie psichiatriche, dei referti medici e delle lettere di corrispondenza tra i vari livelli delle gerarchie ecclesiastiche americane. 2. Dei rapporti delle varie commissioni di inchiesta, come ad esempio: il Rapporto Ryan (maggio 2009), il Rapporto Murphy (novembre 2009) e il Cloyne Report (luglio 2011) diffusi in Irlanda a seguito delle indagini condotte negli istituti religiosi, nelle diocesi del territorio sui casi di abusi sessuali contro i minori e impiegati come strumenti di repressione e prevenzione del fenomeno. Altro esempio è il John Jay Report, uno studio condotto dal John Jay College of Criminal Justice dell'Università di New York, commissionato dalla Conferenza Episcopale dei Vescovi d'America Abbiamo estrapolato i regolamenti, le normative promulgate dalle diocesi locali in materia di gestione dei casi di abuso e nell'ambito della tutela dei diritti dei minori. Alcuni esempi sono: il Framework Document del 1996 (dall'Irlanda), oppure, le Essential Norms promulgate nel 2002 dalla Conferenza Episcopale Americana. 3. Dei discorsi ufficiali, dei comunicati stampa e degli interventi pubblici di Papa Giovanni Paolo II, di Papa Benedetto XVI e di alcuni esponenti del Vaticano. Abbiamo, inoltre, le trascrizioni degli interventi del Papa durante gli incontri con le vittime e durante i viaggi compiuti nei Paesi in cui si sono verificati gli episodi di abusi. 4. Delle normative e dei regolamenti canonici in materia di tutela dei minori dal 1962 ad oggi. Come approfondimento per valutare gli effetti che i casi hanno prodotto in Italia abbiamo raccolto anche una prima serie di interviste, realizzate in Italia e a New York e in Irlanda a giornalisti e vaticanisti che si sono interessati alla vicenda. Ricordiamo qualche nome dall'Italia: Marco Tosatti (La Stampa), Marco Politi (Il Fatto Quotidiano), Stefano Maria Paci (Skytg24) e Andrea Tornielli (La Stampa). Dagli Stati Uniti abbiamo invece: Luciano Clerico, Emanuele Riccardi e Alessandra Baldini (inviati dell'agenzia di stampa Ansa) e Monsignor Lorenzo Albacete (Teologo e giornalista del New Yorker ed editorialista del New York Times). Come testimonianza della situazione irlandese, abbiamo invece un'intervista a Gerard O'Connell (giornalista e collaboratore dell'Irish Times). ; The main theme of our project research is about the sociological dynamics of the discredit as a result of the sexual abuse scandal in the Catholic Church; in particular we consider the mass media coverage on the topic from January 2002 to March 2010. Our start point is January 9th, 2002 when the american newspaper, The Boston Globe published an investigation about a sexual abuse case in the Boston Archdiocese. Then, we considered the development of the issue in the american dioceses and in the other European countries too; from all the cases that happened, we decided to consider the Irish situation. The reasons that moved our decision depends on whether the case began in the United States by the newspaper and throughout the development of all the case, the american mass media played the part as opinion leader within international scenario, not only not only for the politics which have been adopted to contrast the phenomenon (among the many, the "zero tolerance" one), either for the adoption of first specific rules concerning the defense of child's rights. The focus in Ireland has been, whereas, set out by the strong Catholic tradition across the nation . The choice of both the USA and Ireland, is motivated by some major reasons seeming to pool the two countries together: first of all, the phenomenon size (namely in the USA from 1950 to 2002, 4392 cases of sexual abuse onto minors have been reported ; while in Ireland between 1965 and 1005, more than 100 sexual abuses complaints have been registered on 21 priests operating in the Ferns diocese itself ). Another following aspect, whereas, refers to the US mass media interest (and the Irish ones as well) about the representation of the occurrence, often presented in "tabloid terms" whose facts occurred over thirty years ago, are now presented as still topical Eventually, the first lawsuits started out in the US, which in several cases have brought the local dioceses to serious financial problems, as these were supposed to refund the victims; in addition there are allegations to the Vatican and the Pope (in fact, in September 2011 the "SNAP" one of the major victims' association submitted a petition to the Aia court against Benedict XVI, cardinals Tarcisio Bertone and Angelo Sodano and the former congregation chief officer, William Levada ). In Ireland the scenario is quite similar to the above mentioned one, the data from the Ferns Report highlighted the same modus operandi in the local dioceses, which, in most cases offered the victims generous monetary refunds to keep the cases from becoming a scandal for the diocese's sake or the entire Catholic church. The work is divided into three sections: in the first one we treated the theory of the credibility, in particular focusing the Catholic Church credibility and the relationship between the priest and the abused minors. Afterwards we analyzed the news' construction modes, considering the news making process and the news values either, employed for the representation of facts on the Italian and also foreign newspapers' behalf. At last, we talked about the construction of the moral panics and the relationship with the Griswold theory on the construction of the social problems by the mass media influence. Finally, we confronted the "moral panic" issue being spotted from Griswold's study about the construction of a social issue in relation to the media role and influence within this process (Griswold 1997). In the second part of this work we have applied the news values categories, newspapers thematization strategies and the moral panic in the reconstruction of the abuses in Ireland and in the USA. In order to offer a wider pattern of the single facts, we have elaborated a short historical reconstruction based on the documents produced and issued by some official sources such as: the Holy See official website, medical reports, governmental investigations and enquiries carried out by local dioceses and judiciary authorities. Due to the enormous amount of material produced by the press organs during all of these years, we have picked out two typologies of journalism articles: - For the foreign newspapers we have chosen the editorial, as the journalistic form able to express the newspaper's editorial management. The newspapers employed as sources are under this division: a. For the United States, we recall: The Boston Globe and The New York Times; b. For Ireland, we have : The Irish Times; As far as the analysis of the Italian articles, we have, whereas, selected the three Italian most read newspapers: Il Corriere della Sera, La Repubblica and La Stampa. Besides the historical and media reconstruction of the major abuse cases, we examined the response moving from the Roman Catholic church within its various levels, considering the public interventions, the decisions and the significant gestures by evaluating any analogy and difference in the action brought on over the years by the Popes John Paul II and Benedict XVI. In this acceptation we have referred to a voluminous documentation available on the Vatican official website. The outcomes of this analysis refer to two sharp fields. Firstly, we have examined the effects produced by the media, analyzing them onto two different hands: first of all through a self-referring perspective, either evaluating any change of position with respect to the occurrences following one another, and at the end, with respect to the public opinion, taking as standards the popularity surveys and the ratings of trust and consensus towards the Catholic church. Second to this, based on the statistics and the elaborated surveys we considered what was the feedback from the foreign public opinion related to the church's response (locally and from the Vatican either) and to that precise time lap where the deeds were taking turns. This modality reflects one fundamental question of the whole matter, that is, since the question of the abuses has not been resolved yet (both from the church behalf and in terms of resolution of the facts) at the moment there is no reliable numbers to estimate the efficiency or not of the discredit management strategies applied by the Catholic church. The methodology employed in this study is qualitative, namely a semantic and lexical analysis through we have found out the key words, the most redundant expressions and the themes (like the debate about the constitution of the "Crimen Sollicitationis") related to the occurrence; in this acceptation we have applied the study carried out by Dardano for the analysis of newspapers' language. Among the sources employed for our research we held in consideration, as previously said, the online edited documentation (by single newspapers as deeper examination on the articles) those available in the digital archives of the foreign dioceses as well the one at disposal on the Vatican website. In addition, as far as the material excerpted from the "web" we have: 1. psychiatric examinations, medical reports and mail letters exchanged among the various levels of the American clergy hierarchy. 2. Several reports from the enquiry boards, for instance: Ryan Report (May 2009), Murphy Report (November 2009), Cloyne Report (July 2011) released in Ireland after the investigations carried out in religious institutes and facilities, in the local diocese on sexual abuses cases onto minors and employed as repression and prevention means of the phenomenon. Another example is the John Jay Report, a study performed by the John Jay College of Criminal Justice, within the New York University, commissioned by the American Episcopal Conference. We have excepted regulations, rules enacted by local dioceses concerning the management of abuse cases and the safeguard of minors' rights. Some of the examples are the Framework Document, 1996, (from Ireland) and the Essential Norms promulgated in 2002 by the American Episcopal Conference. 3. Public speeches, press communications and public appearances by the Popes John Paul II and Benedict XVI, as well as by other Vatican exponents. Also we have the transcriptions from the Pope's statements during the meetings with the victims and the journeys in the countries where the abuses had occurred. 4. Canonical regulations and norms regarding the minors' rights safeguard from to 1962 up to our days. As a deeper examinations in order to evaluate the effects that these cases produced in Italy, we collected a series of interviews too, carried out in Italy, in New York and in Ireland to journalists and vaticanists getting interested in this occurrence. We recall some name from Italy: Marco Tosatti (La Stampa), Marco Politi (Il Fatto Quotidiano), Stefano Maria Paci (Skytg24) and Andrea Tornielli (La Stampa). From the United States we have: Luciano Clerico, Emanuele Riccardi and Alessandra Baldini (reporters from the press agency Ansa) and Monsignor Lorenzo Albacete (Teologist and journalist for New Yorker and editorialist for New York Times). As a testimony for the Irish situation we have an interview to Gerard O'Connell (journalist and collaborator for the Irish Times). ; Dottorato di ricerca in Sociologia e Ricerca Sociale (XXIV ciclo)
"O weary Champion of the Cross, lie still": così Christina Rossetti apre un sonetto del 1890 intitolato Cardinal Newman, composto in occasione della dipartita del cardinale e dedicato alla memoria di uno dei più influenti pensatori, teologi e uomini di lettere dell'epoca. L'accorato canto di Rossetti sottolinea la potenza del pensiero newmaniano assimilando le azioni e gli scritti del cardinale all'impeto delle acque di marea, metaforizzandoli poi in un'alluvione che va a sconvolgere il tranquillo corso di un ruscelletto: "Thy tides were springtides, set against the neap/ Of calmer souls: thy flood rebuked their rill (7-8). La metafora acquatica impiegata da Rossetti sintetizza in modo efficace le qualità trasformatrici proprie della lunga parabola esistenziale di John Henry Newman (1801-1890), la quale lascia profondi solchi nel tessuto ideologico e storico di quello che gli studiosi hanno identificato come "very long nineteenth-century". Gran parte di questi solchi sono stati tracciati da Newman percorrendo una strada faticosa e mai lineare, che lo studioso oggi può seguire attingendo al voluminoso corpus delle opere e all'altrettanto ricco apparato critico e biografico andato formandosi negli anni a commento dei suoi scritti. Assieme a John Keble e Hurrel Froude, Newman fondò le basi di quello che passa alla storia come Oxford Movement, un'esperienza intellettuale nata fra i Colleges dell'Università di Oxford che mirava a ricostruire le basi cattoliche della Chiesa Anglicana, in un contesto di generale inquietudine nei confronti dell'istituzione ecclesiastica e dei modi da questa adottati per declinare la professione di fede all'interno del tessuto sociale dell'epoca. Gli uomini del Movement concentrarono i propri sforzi teorici nella stesura e pubblicazione di numerosi Tracts for the Times, nei quali si affrontavano i temi ecclesiologici più disparati, col fine di attivare un dialogo riformatore in seno alla Chiesa d'Inghilterra. La pubblicazione dei Tracts fu di breve durata (1833-1845) ma foriera di importanti conseguenze per la società inglese e per l'esistenza di Newman, coincidendo la sua conversione al cattolicesimo con la cessazione delle pubblicazioni (1845). La conversione di Newman fece enorme impressione sull'opinione pubblica, specie per il forte sentimento antiromano che circolava nelle fila dell'establishment inglese. Il motto "No Popery" costituiva un refrain udibile in molte delle produzioni culturali dell'epoca e in special modo nei romanzi a tema religioso, fra le cui pagine il cattolico si muove come personaggio intriso di caratteristiche negative proprie del villain: "a spy, a secret agent, suave, supercilious and satanically unscrupulous, laying his cunning plots for the submission of England to 'Jesuitocracy'". Falsità, propensione all'inganno, sete di potere, assenza di scrupoli erano tutti connotati che l'immaginazione protestante associava alla Chiesa di Roma: la conversione procurò a Newman accuse dello stesso segno che il futuro cardinale cercò di dissipare nei suoi scritti, impegnandosi ad arrivare a una fetta di pubblico il più vasta possibile mediante due romanzi e la celebre autobiografia spirituale Apologia Pro Vita Sua (1864). Le opere letterarie di Newman conobbero un dilagante successo, intrise com'erano di istanze culturali associate alla vita religiosa e di elementi autobiografici che andavano a soddisfare la curiosità del pubblico per la vicenda personale di uno degli uomini più in vista del regno di Vittoria. La peculiare intersecazione fra la determinante storico-culturale e quella autobiografica nella testualizzazione letteraria newmaniana è l'oggetto di studio qui proposto. La ricerca prende il via da un iniziale progetto su biografia e romanzo in relazione alla cosiddetta "crisi religiosa" che caratterizza gli anni vittoriani. Nel considerare i vari aspetti della questione assieme al mio tutor Prof. Enrico Reggiani, si è constatato come non fosse opportuno inscrivere la figura di Newman in uno studio tematico e pluritestuale, metodologicamente orientato a una prospettiva storico-culturale: l'influenza del cardinale sulle lettere di derivazione anglofona appare caratterizzata da un'imponente, multilivellare pervasività che echeggia sia nelle pratiche artistiche dell'epoca, ossia nell'opera della già citata Rossetti, nell'estetica della Pre-Raphaelite Brotherhood, nella poesia di Gerald Manley Hopkins, che in quelle novecentesche, come il sistema testuale joyciano. Se il ruolo determinante del pensiero newmaniano è riconosciuto e analizzato dalla critica nel dettaglio dei suoi aspetti teologico-religiosi, altrettanto non può dirsi dei suoi scritti più specificamente letterari: il lavoro qui presentato sarà da intendersi pertanto come un dispositivo di avvicinamento a questi aspetti dell'opera di Newman. A tal fine si è deciso di concentrare lo studio sulla close-reading di uno dei due romanzi newmaniani, Loss and Gain (1848), la cui testualità sarà investigata mediante un selezionato apparato metodologico afferente in primis al macrotesto dell'autore e in secundis a più recenti formulazioni teoriche di taglio narratologico. ; In an 1890 composition dedicated to the memory of John Henry Newman, Christina Rossetti metaphorized his legacy into "springtides, set against the neap/ Of calmer souls: thy flood rebuked their rill". She so sought to synthesize the transformative qualities of Newman's existence (1801-1890) in the context of the "very long nineteenth century", as defined by Margot Finn. Along with John Keble and Hurrell Froude, Newman founded the Tractarian Movement, an Oxford-based intellectual movement intending to rebuild the Catholic foundation of the Anglican Church, which at the time was facing an ever growing disquiet on behalf of its affiliates, for both ecclesiological and political reasons. In order to ignite a reformative dialogue within the Church of England, the Tractarians published a relevant number of Tracts from 1833 to 1845, when Newman converted to Catholicism. Newman's conversion sparked a huge controversy within the public opinion, catholics at the time being subjected to a heavy cultural stigma within the establishment. Falsity, a propension to deceit and thirst for power connoted the catholic character in numerous religious novels in the Victorian period, thus prompting Newman to defend himself from similar allegations in various writings such as the Apologia Pro Vita Sua (1864). Newman's literary writings were extremely successful, since they put on display a peculiar intersection between religious cultural issues and his own autobiography. Such intersection is the object of my thesis, which will articulate around a close-reading of Newman's novel Loss and Gain (1848) in order to highlight the main features of the Cardinal's literary theory and practice in relation to his overall theological views, and to project them on a synchronic and diacronic perspective to attest Newman's legacy on Eighteenth and Nineteenth century literature.
The analysis of the relationship between architecture, the territory and modern tourism, the subject of this research, is part of the interpretation of the tourist phenomenon as a spatial phenomenon at the basis of new urban scenarios, capable of influencing the processes of the urbanization of places and their perception, of generating renewed urban metaphors contributing to modify social forms and methods of communication. In this sense the initial frame of reference within which research is developed, refers to the theory of space aimed at understanding the phenomenon of tourism.The study of the "space tourist" has so far placed itself within the scientific debate regarding the geographical knowledge, of which two tasks have been traditionally assigned: the first was to provide representations, the second to translate the reading and interpretation of the territory into operational tools in order to transform it according to the needs of society. The latest spatial manifestations of tourism have therefore represented significant areas whereby to draft the features of a possible postmodern geography. But the analysis of space tourism, in recent decades, has taken on a new dimension and with it, a new relevance in terms of social and cultural aspects, in fact tourist images of places have contributed in an ever more consistent way to feed the mind maps of individuals and thus their vision of space, of the territory and of the world. The horizon of tourist research was broadened enormously by the research of the last ten ye- ars, and tourism has thus become an important key for interpreting significant phenomena, starting with the process of nation building, the Americanization of consumer styles and production patterns, the elaboration of the con- cept of heritage, the courses of development of backward economies, up until the most recent studies on the relationship between tourism and urbanism. And it is precisely on contemporary urban horizon which I intend to focus on in this work, thanks to more recent research trends of the French school, in particular in the transition from the study of geography of tourism to the study of the relationship between tourism and urban themes and by the research carried out by the MIT team (MIT Team – Mobilités, Itinéraires, Territoires). Today we can speak of hyper-tourist phase- a definition that may be useful to distinguish first generation tourism from the current one - for the fact that the relationship which has been established between tourist industry, urban are as and local systems is typically post-modern. In fact, both in terms of territorial transformation and economic and cultural terms, many cities have taken tourism as the reference model and, in turn, tourist spots and places have adopted dynamics which are typically urban even when pre-existing urban settlements are not mentioned. These premises are the basis of the objectives of this research that by analyzing the contemporary tourist phenomenon in its architectural and urban spatial dimension, intends to bring materials and methodologies for interpreting it as a phenomenon that generates "urbanity". The concept of urbanity thus allows us to approach tourism in a different way than just studying a set of practices which have incre- ased exponentially: rural tourism, ecological tourism, seaside tourism, urban tourism, etc., allowing us to highlight the properties common to the tourist phenomenon and what forms it may take on. At the same time, the concept of urbanity allows us to bring out the urban characteristics produced through tourism. The concept of "urbanity" is then referred to the transformations of the territory tied to tourism: from the evolutionary trends of the settlement, which also fits the role and orientation of planning, up to the current processes of restructuring the territory. In this sense it was deemed necessary to distinguish two reference scales: the extra-territorial dimension of the phenomenon where, in the dynamics of contemporary flows, it is possible to identify a sort of macroplace (destination) that includes all the spaces where people come to and which they often share, and bringing us to a phenomenology of generalized de-localisation and de-territorialization. - the territorial dimension, the one where in the concrete relationship with places, tourism leaves deep traces in space, produces urban substance becoming the generator of urbanity forms, which often defy the rules of the city in the consolidated or traditional sense, and for which it is necessary to define critical issues and politics of intervention . Starting from the need to bring the attention to the territorial dimension, in which analysis and formalization of the relationship between territory-tourism-urbanity can lead to theoretical and operational outcomes, the developments of this research thesis are then referred to the specific case study of Sardinia. This research is structured into three main sections. The first is dedicated to the analysis of space tourism, where, starting from the modern-post modern dichotomy as identified by Minca (1996), an in-depth examination is carried out, on the one hand, a kind of tourist space explo- sion, with the acquisition of new and increasingly large territories and, on the other hand, a genuine tourist space implosion with the concentration inside closed or semi-closed areas in a series of images and pure, stylized tourist landscapes. The focus is placed on the territory: the tourist territory - namely the spatial organization (or space-time) tourism, which presents itself since its origins as a consumer-driven system, because it is moulded favouring methods of access to resources and exchange, that today becomes the paroxysmal place of the flows both in terms of material consumption of goods – starting with the territory - in terms of geographical mobility (movement) and in terms of symbolic exchange (communication). The analysis of the first section focuses, as indicated in the introduction, focuses on the interpretation of the tourist phenomenon as a spatial phenomenon which causes space tran- sformations through the construction of images and landscapes, creating forms of urbanity in terms of urban 'products' and architecture 'products'. With reference to specific case studies and analysis we will then refer to the alternation in time of genuine models tied to the courses of differentiation and approval, related to the creation and organization of tourist area in which fundamental interpretations regard the formulations of Battilani (2007) and the research contribution of Trillo (2003). This type of analysis is supported by a further comparison, the one with the specialised 'manuals' and its contents compared to the reflections and attempts to define guidelines for the space tourist project. Therefore those elements emerge - which is the basis and where the thesis is oriented towards with the ability to confer quality to the project of tourist spots, with a significant contribution in the Italian case, consisting of a lecture by Gio Ponti entitled "Architettura e turismo" (Architecture and Tourism), held in 1942 for the Directorate General for tourism and ENIT (National Tourist Agency), which widens the horizon of the debate, from the manual type of debate to the more complex one: the context. The following paragraphs relate to a specific analysis of spatial transformations induced by tourism and in particular to the phenomena of cultural and physical de-location and de-territorialization, up to the analysis of urban dynamics- related processes, in which often the concept of city is represented, made into a utopia, or subverted. If in the first section of the thesis tourism has been identified as a spatial phenomenon, which begins with a project, an intention tied to the use of places, it is evident to steer this research within a framework of analysis on the relationship between tourism and the theme of urban, introducing the second section with an interpretation of Tourism as a generator of urbanity. The possibility to analyze and identify the specific characters of urbanity, referring to the evolutionary dynamics of a given territory, can constitute a conceptual tool that allows us to receive the tourist dimension as a component of the ur- ban aspect. This is formalized through the interpretation of three different dimensions: that of urban monuments, urban public spaces and mobility, deepening the analysis on the relations between tourist spots and the differentials of urbanity, illustrating the issues whereby that tourist aspect is featured as "relative urbanity". Consequently a second analysis scenario is introduced, the one that refers to the relationship between Tourists and Urbanists, hence between tourism and planning. Some a few fundamental references, Oddi (2011) with regard to the study of the relationship between tourism and urban planning, we start with the fundamental differences that exist between the two scopes: the town is basically a technique and an art2 ; while tourism is – just as with all the "isms" - a movement, a flow, even before a pure and simple activity. In this sense the town is the tourism object but it does not deplete its interests and interferes only partially with its reasons strongly tied to moving. That which unites urban planning and tourism, however, is the need for design, planning and programming of transformations that generate in the territory in order to ensure the control and quality of interventions. It is clear that the town planning technique (more rarely art) has established the necessary instrument for implementing tourist settle- ments, but the goals have strongly come apart, producing a sort of mutual distrust that under lies many still pervasive attitudes.
1.Introduzione Nel 2014, nell'ambito dell'Agenzia Europea Frontex, prese avvio l'operazione Triton, coordinata dall'Italia. Da quel momento e fino al 2018, tutte le persone soccorse in mare dovevano essere portate in salvo sulle coste italiane. Una volta arrivate sul territorio, queste persone dovevano essere messe nella condizione di potere avanzare una richiesta di asilo o di protezione internazionale. Il già esistente sistema di accoglienza dedicato alle persone richiedenti asilo (SPRAR) si basava sulla disponibilità volontaria degli enti locali e non era in grado di gestire l'elevato numero di persone in arrivo. Furono per questa ragione istituiti (art. 11 Dlgs. n.142/2015) i Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) sotto la diretta gestione degli Uffici Territoriali del Governo (Prefetture). I CAS erano quindi pensati come strutture temporanee ed emergenziali. Le azioni messe in atto dai CAS dovevano, innanzitutto, rispondere ai bisogni primari delle persone accolte, in termini di vitto, alloggio e assistenza sanitaria. Ma, a dispetto del loro carattere temporaneo, e alla stregua dello SPRAR, i CAS avevano l'obbligo di svolgere attività (apprendimento della lingua italiana, istruzione, formazione, inserimento nel mondo del lavoro e nel territorio, assistenza legale e psicosociale) finalizzate all'acquisizione di strumenti di base per favorire i migranti accolti nei processi di integrazione, di autonomia e di acquisizione di una cittadinanza consapevole. 1.1 I richiedenti asilo: L'accoglienza in Italia e una possibile traiettoria resiliente La maggior parte dei richiedenti asilo proveniva dall'Africa subsahariana o dall'Asia Meridionale (Afghanistan e Bangladesh e Pakistan) e aveva alle spalle un lungo viaggio di cui la traversata mortifera via mare o attraverso i Balcani o il Caucaso era solo l'ultima tappa. La durata media del viaggio dal paese di origine era di venti mesi, che si svolgevano quasi sempre al limite della soglia di sopravvivenza. È ormai ben documentato il fatto che la privazione di cibo, di ripari, l'affaticamento estremo, il senso di minaccia, i maltrattamenti ripetuti, i lutti dovuti alla perdita di persone care durante gli spostamenti sono condizioni che accomunavano tutti questi percorsi migratori. A queste, si aggiungeva, per la maggior parte di loro, un periodo di reclusione, che poteva superare l'anno, nei centri di detenzione della Libia dove le condizioni disumane, la pratica sistematica della tortura e della violenza sessuale sono state rese note e denunciate dalle principali organizzazioni internazionali, come Medici Senza Frontiere e Amnesty International (Fondazione Migrantes, 2018). Inoltre, l'alto potenziale traumatico di queste esperienze si aggiunge a vissuti altrettanto tragici legati alle circostanze di vita nel paese di partenza che aumentano la vulnerabilità dei migranti. Infatti, questi sono il più delle volte costretti a scappare da condizioni di instabilità politica, di gravi conflitti interni civili e di estrema povertà. È per quanto fin qui descritto che si può affermare che le persone in arrivo nei CAS sono portatrici di storie potenzialmente traumatiche e ad alta complessità psicosociale che richiedono un'attenzione particolare. Le pratiche d'accoglienza che vengono messe in atto nei centri devono tenere conto di tale complessità nel rispondere ai bisogni di ogni persona, sia nella dimensione psicologica sia in quella sociale. In questo modo, nel cercare di raggiungere l'obiettivo ultimo dell'integrazione dei richiedenti accolti, i progetti d'accoglienza potrebbero favorire la definizione di un loro processo di resilienza che li porti a vivere una condizione socialmente accettabile e di benessere. Il concetto di resilienza ha suscitato molto interesse in letteratura negli ultimi decenni. Un primo dato storico nell'evoluzione della teorizzazione di questo concetto (Cicchetti & Garmezy,1993) è lo spostamento dell'interesse dalla patologia e dalla vulnerabilità alla resilienza, che si può ricondurre alla diffusione di una prospettiva positiva e salutogena nella ricerca e nella pratica clinica e psicosociale (Bonanno & Diminitch, 2013; Bonanno, Westphal, & Mancini, 2011; Cicchetti, 2013; Cyrulnik & Malaguti,2015; Walsh, 2016). Negli anni il concetto di resilienza è stato indagato a partire da diversi approcci. Da alcuni autori (Costa & McRae, 1980) è stato studiato come un tratto di personalità, stabile e fisso, da altri (Wagnild & Young, 1993) come l'abilità di fronteggiare e adattarsi positivamente a eventi stressanti o avversivi. Cicchetti (2013), concettualizzando la resilienza come un processo, ha concentrato l'attenzione sui fattori che lo determinano, con particolare interesse a quelli genetici e neurali. Bonanno e Diminitch (2013) si sono, invece, concentrati su quei fattori di rischio o quelle condizioni esistenziali potenzialmente vulnerabili che possono determinare il processo e che gli autori (Bonanno et al., 2011) definiscono come eventi potenzialmente traumatici (EPT). Rutter (2012), da parte sua, ha teorizzato la resilienza come un concetto dinamico dato dalla continua interazione tra i fattori protettivi e di rischio, portando all'attenzione l'influenza ambientale. Tuttavia, sebbene l'autore (Rutter, 2012) abbia messo in luce la funzione dell'ambiente nel processo di resilienza, sono gli approcci più ecologici e sociali (Anaut, 2005; Cyrulnik, 2001; Cyrulnik & Malaguti, 2015; Malaguti, 2012; Walsh, 2016) che hanno enfatizzato e dato maggiore importanza ai fattori contestuali, sociali, familiari e relazionali nella definizione del processo di resilienza. In particolare, secondo Cyrulnik (2001), posti i fattori di protezione, il processo non può avvenire che nell'ambito di relazioni significative. Nello specifico, l'autore distingue tre elementi fondamentali che rendono conto, nell'insieme, del processo: 1- le esperienze pregresse nell'infanzia e nella storia personale dell'individuo, la qualità dei legami di attaccamento e la capacità di mentalizzazione; 2- il trauma e le sue caratteristiche (strutturali, contingenti ed emotive e sociali); 3- la possibilità di risignificare la tragedia avvenuta attraverso il sostegno affettivo e la relazione d'aiuto, descritta, genericamente come l'incontro con l'Altro. Secondo l'autore, la persona costruisce nel proprio passato, in particolar modo durante l'infanzia, attraverso il legame di attaccamento sufficientemente sicuro, le risorse e la capacità di mentalizzazione utili per affrontare e risignificare il trauma. È in questo spazio relazionale quindi che la persona forma una rappresentazione di Sé come persona amabile, capace di affidarsi e di costruire relazioni forti e significative anche in futuro. La capacità e la possibilità di costruire queste relazioni sono viste come le condizioni che possono aiutare la persona a riconoscere le risorse da attivare per superare la profonda ferita incisa dall'esperienza traumatica e per ristabilire un equilibrio nella propria esistenza. Nell'ultima fase della sua teoria l'autore specifica l'importanza di una figura che chiama tutore di sviluppo o di resilienza, le cui caratteristiche e funzioni sono approfonditamente delineate nella pubblicazione di Lighezzolo, Marchal, & Theis (2003). Secondo gli autori, il tutore di resilienza deve favorire un processo di autonomia e ri-strutturazione del sé, trasmettere sapere, fornire esempi e modelli che permettano e legittimino l'errore; non deve quindi ricoprire un ruolo insostituibile e onnipotente. Il tutore di resilienza, sia esso una persona adulta informale o una figura istituzionalizzata nel sistema di cura e presa in carico della persona, è una risorsa esterna che coadiuva nel processo di resilienza. In questo ultimo caso, la formazione e la definizione del ruolo dell'operatore nel processo di presa in carico contribuiranno alla costruzione di un efficace intervento sociale e clinico per la promozione della resilienza nell'assistito (Manciaux, 2001). Negli ultimi anni, una serie di rassegne internazionali (Agaibi & Wilson, 2005; Siriwardhana, Ali, Roberts, & Stewart, 2014; Sleijpen, Boeije, Kleber, & Mooren. 2016) e in Italia (Tessitore & Margherita, 2017), hanno tentato di sistematizzare i risultati degli studi sul processo di resilienza nell'esperienza potenzialmente pluritraumatica della migrazione, con particolare attenzione alla condizione esistenziale di rifugiato. I risultati evidenziano e si concentrano, soprattutto, sui principali fattori di rischio e quelli protettivi che possono intervenire nel processo di resilienza a seguito di queste esperienze pluritraumatiche. In questi lavori emerge, tuttavia, la necessità per la ricerca di individuare strategie e procedure per interventi e pratiche mirati ed efficaci a promuovere il processo di resilienza nei contesti dell'accoglienza. In particolare, rispetto al contesto italiano si riscontra che sono stati svolti pochi studi sul tema, ancora da approfondire (Tessitore & Margherita, 2017). L'analisi approfondita delle pratiche costruite e messe in atto nell'ambito dell'accoglienza negli ultimi anni in Italia risulta rilevante per una sistematizzazione di conoscenze e competenze e utili per la progettazione di interventi psicosociali efficaci. La presente ricerca si poneva l'obiettivo di studiare, se e in che misura, le pratiche dell'accoglienza e le strategie di intervento messe in atto nel sistema CAS di Parma e Provincia abbiano favorito un processo di resilienza nei richiedenti asilo accolti. Inoltre, si poneva l'obiettivo di comprendere se e in che modo l'operatore dell'accoglienza potesse svolgere una funzione di tutore di resilienza. Poiché basandosi sulla teorizzazione di Cyrulnik (2001), l'esito del processo di resilienza è dato dall'interazione dei fattori protettivi individuali, dalla qualità/intensità del trauma e/o comunque delle situazioni avverse e dall'incontro con i possibili tutori di resilienza, il progetto si è sviluppato in due fasi e ha tenuto conto sia dell'esperienza dei richiedenti asilo sia di quella degli operatori. Rispettivamente, nella prima fase l'obiettivo della ricerca si proponeva di individuare le risorse/vincoli personali presenti nella biografia dei richiedenti asilo, i vissuti emotivi e la qualità dei legami stabiliti nel passato, di individuare le risorse/vincoli messe in gioco durante il viaggio e, infine, di individuare le risorse/vincoli con funzione protettiva dal momento dell'arrivo in Italia e in particolare nel CAS di residenza e nella relazione con gli operatori. Nella seconda fase, la ricerca mirava a individuare le risorse e le competenze, rintracciabili nelle biografie degli operatori dei CAS messe in gioco nella pratica professionale e di conoscere le loro motivazioni alla base della scelta professionale, e a comprendere il significato e l'uso consapevole della relazione con i richiedenti asilo nella loro pratica professionale e, infine, a valutare la qualità della loro vita professionale tenendo conto del forte carico emotivo dovuto alla relazione con i richiedenti asilo e il loro vissuti traumatici. 2. Migrazione ed Europa: Una revisione sistematica sulla promozione della resilienza dei richiedenti asilo negli Stati membri dell'Unione Europea. La migrazione è un fenomeno complesso determinato dall'interazione di fattori di espulsione e di attrazione. L'Europa ha sempre svolto un ruolo di attrazione nei flussi migratori. Negli ultimi anni, le direttive per gli Stati membri hanno mirato a promuovere il benessere dei richiedenti asilo. È importante sviluppare la resilienza per raggiungere il benessere delle persone. L'obiettivo della revisione sistematica è stato quello di esplorare come viene studiata la resilienza nei richiedenti asilo nei paesi dell'UE. Sono stati consultati i database internazionali PsycINFO, PubMed, Web of science, Scopus, MEDLINE, Psychology e behavioural collection. Gli articoli sono stati analizzati secondo i criteri PRISMA. Sono stati ottenuti 12 articoli. Dall'analisi qualitativa sono emersi tre approcci principali e quattro principi teorici fondamentali che potrebbero guidare lo studio della resilienza in contesti migratori. Lo studio della resilienza può essere orientato verso un approccio clinico, clinico e sociale o psicosociale. Inoltre, la ricerca ha tenuto conto della necessità di costruire una nuova narrazione di sé e della propria storia nei richiedenti asilo, di restituire agency ai richiedenti asilo, di valorizzare il proprio contesto culturale e quello del paese ospitante e di promuovere una democratizzazione del sistema istituzionale di accoglienza. Si suggeriscono implicazioni per le politiche degli Stati membri dell'UE coinvolti in prima linea nella gestione dell'accoglienza in Europa. Data la limitata letteratura sull'argomento, questa rassegna suggerisce una nuova e originale visione di presa in carico dei richiedenti asilo attraverso una maggiore implementazione di interventi focalizzati sull'individuo e sulle sue risorse. 3. Promozione della salute psicosociale nei migranti: una revisione sistematica della ricerca e degli interventi sulla resilienza nei contesti migratori. La resilienza è identificata come una capacità chiave per prosperare di fronte a esperienze avverse e dolorose e raggiungere un buono stato di salute psicosociale equilibrato. Questa revisione mirava ad indagare come la resilienza è intesa nel contesto della ricerca sul benessere dei migranti e come gli interventi psicosociali sono progettati per migliorare la resilienza dei migranti. Le domande della ricerca hanno riguardato la concettualizzazione della resilienza, le conseguenti scelte metodologiche e quali programmi di intervento sono stati indirizzati ai migranti. Nei 63 articoli inclusi, è emersa una classica dicotomia tra la resilienza concettualizzata come capacità individuale o come risultato di un processo dinamico. È anche emerso che l'importanza delle diverse esperienze migratorie non è adeguatamente considerata nella selezione dei partecipanti. Gli interventi hanno descritto la procedura ma meno la misura della loro efficacia. 4. Il sistema d'accoglienza straordinaria di Parma e provincia: soddisfazione e benessere percepito dai migranti accolti. I servizi e le progettualità messi in atto nei CAS mirano a favorire integrazione, autonomia e benessere. Questi obiettivi si strutturano sull'attivazione e promozione di risorse dei richiedenti asilo. Nello specifico, vanno ad innestarsi sulle loro abilità, sulle conoscenze, sulle competenze, sulla loro agency e sulla capacità di proiettarsi verso un futuro. Poiché i richiedenti asilo sono i principali attori e fruitori di questi servizi, la valutazione di efficacia e di raggiungimento degli obiettivi preposti deve tenere conto necessariamente del loro punto di vista. I richiedenti asilo che hanno partecipato allo studio erano circa il 20% della popolazione dei richiedenti asilo adulti presenti nel territorio di Parma e provincia. Per la stratificazione del campione si è tenuto conto della variabile del paese di origine, della collocazione sul territorio provinciale (distretto) e il tempo di permanenza nel sistema CAS. È stato costruito un questionario ad hoc che mirava ad indagare la percezione di autonomia, di benessere personale, di soddisfazione verso sé stesso, la percezione di essere rispettato nelle proprie tradizioni culturali e la soddisfazione verso il servizio. Il questionario constava di una parte introduttiva, che forniva una breve descrizione al partecipante delle finalità d'indagine, e di diverse sezioni, che indagavano e approfondivano specifiche aree (temi) di interesse. Le prime due aree hanno rilevato i dati socio-anagrafici e il viaggio dei richiedenti asilo. La terza e la quarta area hanno indagato l'accoglienza nel centro e la struttura in cui risiedeva il beneficiario. Le altre aree si sono concentrate sui servizi primari (beni e servizi di prima necessità, assistenza medica) e servizi secondari (assistenza legale, lingua italiana, sostegno psicosociale, lavoro, mediazione culturale, orientamento al territorio e tempo libero) che gli venivano offerti. Le ultime sezioni si focalizzavano sul rapporto con gli operatori, sul progetto individualizzato e sui propri piani futuri. Alla fine del questionario vi era una breve sezione che mirava ad indagare la soddisfazione generale verso l'intero processo di accoglienza in Italia e la specifica esperienza nel territorio di Parma e provincia. Sono state effettuate delle analisi ed elaborazioni statistiche descrittive tramite il software SPSS. Dal questionario è emerso un quadro complessivo dei servizi offerti e una mappatura delle pratiche messe in atto all'interno delle strutture a partire dal punto di vista dei richiedenti asilo. Questi hanno espresso una generale soddisfazione del sistema accoglienza in Italia e in particolare di quella ricevuta a Parma. Hanno riportato un senso di protezione e sicurezza e una generale percezione di capacità e autonomia raggiunta in molti dei servizi e ambiti della quotidianità. Le aree più critiche sono risultate essere l'assistenza legale, l'avviamento lavorativo, la creazione di relazioni sociali con italiani nel tempo libero, la progettazione individualizzata e in particolare il sostegno psicosociale e, infine, la progettazione futura. In queste aree i richiedenti asilo hanno espresso una bassa soddisfazione verso il servizio di sostegno ricevuto, una scarsa consapevolezza di sé e delle proprie capacità e una bassa percezione di un'autonomia conquistata dal singolo servizio e, più in generale, dalla struttura d'accoglienza. 5. Vissuti, fattori di protezione e fattori di rischio nelle biografie dei richiedenti asilo: la definizione di traiettorie di resilienza nei Centri d'Accoglienza Straordinaria. I richiedenti asilo sono portatori di storie potenzialmente traumatiche a seguito delle quali possono vivere distress psicologico e PTSD nel paese d'accoglienza. Qui vengono inseriti in programmi che mirano a favorire benessere psicologico e integrazione. Tale processo è definito resilienza, La resilienza è un processo che vede le persone impegnate a guarire da esperienze dolorose, a prendersi cura della propria vita per continuare a svilupparsi positivamente in modo socialmente accettabile. Il presente studio mira a comprendere i fattori di protezione e le risorse personali e sociali che possono favorire il superamento dei traumi e un processo di resilienza nei richiedenti asilo. Sono stati somministrati 29 test CORE-10 e questionari costruiti ad hoc per il sostegno sociale percepito e condotte altrettante interviste in profondità. Con risultati moderati e gravi di distress psicologico nei partecipanti, sono emersi fattori protettivi e risorse già nella fase pre-migratoria. I legami di accudimento sembrano svolgere una funzione protettiva anche durante l'accoglienza, favorendo la costruzione di rapporti di fiducia. Il supporto sociale della comunità d'accoglienza e quello degli operatori nei centri possono influenzare la definizione di traiettorie resilienti. Lo studio solleva implicazioni di tipo clinico e sociale. Nei suoi limiti lo studio vuole essere un'apertura a nuovi approfondimenti di ricerca. 6. La qualità della vita professionale di chi lavora con i richiedenti asilo: Compassion Staisfaction, Burnout e Secondary Traumatic Stress negli operatori dell'accoglienza In Italia negli ultimi anni sono stati strutturati Centri di Accoglienza Straordinaria per rispondere ai bisogni primari e secondari dei richiedenti asilo approdati sulle coste mediterranee. A seguito dell'apertura dei CAS, sul territorio nazionale si è formato un nuovo corpo professionale, i professionisti dell'accoglienza. Poiché inizialmente non è stata richiesta una formazione specifica in base al contesto e agli obiettivi posti, il loro profilo professionale derivava tendenzialmente dai diversi percorsi formativi e lavorativi precedenti. Considerando il mandato istituzionale del loro lavoro, quale favorire l'accoglienza e una completa presa in carico dei richiedenti asilo, i professionisti dell'accoglienza sono quotidianamente coinvolti nella relazione con gli accolti ed esposti ai racconti traumatici o ai sintomi agiti di questi. Infatti, i richiedenti asilo sono persone spesso profondamente traumatizzate dalle esperienze passate, dal viaggio, ma anche disorientate e impreparate per la complessa esperienza dell'accoglienza e dell'integrazione. Questo aspetto del lavoro con i richiedenti asilo può influenzare il clima e la qualità della vita professionale dei professionisti dell'accoglienza. Infatti, come nelle altre professioni d'aiuto continuamente esposte a eventi stressanti o traumatici, anche nel lavoro di cura e accoglienza dei richiedenti asilo è alto il rischio di sviluppare i sintomi negativi associati al burnout e al trauma vicario. Sebbene, negli ultimi venti anni, la qualità della vita professionale sia stata ampiamente approfondita in diversi settori, non risultano studi che esplorino questo tema tra i professionisti del settore dell'accoglienza. In questo studio è stato sottoposto il questionario ProQOL 5 ai professionisti dell'accoglienza dei Centri di Accoglienza Straordinaria di Parma e provincia, attivamente coinvolti nella relazione d'aiuto con i richiedenti asilo, con lo scopo di definire lo stato di benessere psicosociale rispetto alla loro qualità di vita professionale. Anche se si è dimostrato che mediamente i professionisti dell'accoglienza riportano una buona soddisfazione nello svolgere il proprio lavoro, sono emersi tre profili. Il primo gruppo sembra esprimere soprattutto Burnout, il secondo gruppo una maggiore Compassion Satisfaction e il terzo gruppo un malessere evidente sia per il Burnout che per il Secondary Traumatic Stress. I dati ottenuti permettono di colmare parzialmente un vuoto nella letteratura di settore. Inoltre, la rilevanza dei dati spinge alla riflessione sulla possibilità di incoraggiare interventi efficaci di prevenzione e management delle organizzazioni, al fine di favorire il benessere psicosociale di questo corpo professionale emergente. 7. Essere professionisti dell'accoglienza: l'importanza di un uso consapevole del Se' nella relazione d'aiuto e la funzione del tutore di resilienza. All'interno dei CAS sono stati impiegati professionisti di differenti background formativi ed esperienziali. Appannaggio degli operatori è l'attivazione dei servizi interni ed esterni e il monitoraggio di tutte le fasi del progetto di accoglienza. La presa in carico si configurerebbe come una relazione d'aiuto possibile attraverso la compresenza di diversi aspetti di Sé. Chi lavora con i richiedenti asilo deve affrontare e gestire vissuti potenzialmente traumatici che influenzano il buon esito dell'intervento clinico-sociale. Nel favorire benessere psicologico nei beneficiari, gli operatori svolgono funzioni che richiamano quelle del tutore di resilienza. In questo studio si è esplorata la rappresentazione dei professionisti dell'accoglienza e la consapevolezza di Sé a partire dal loro punto di vista. Sono stati condotti tre focus group e le trascrizioni verbatim sono state analizzate secondo l'approccio IPA. Sono emersi tre aspetti del Sé (Sé personale, Sé professionale e Sé burocrate). Il Tempo e il Contesto sociale sono risultate possibili variabili che influenzano la relazione d'aiuto. Lo studio propone implicazioni di ricerche future e di policy. 8. Conclusioni Negli anni il sistema italiano dell'accoglienza si era ormai rodato e formalizzato su due principali dispositivi: il sistema SPRAR e i cosiddetti Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS). Tuttavia, negli ultimi due anni, con il cosiddetto decreto Salvini (D.lg. 4/19/2018 n° 113), si è assistito ad un graduale ridimensionamento dei numeri degli accolti e ad una conseguente chiusura di strutture del sistema CAS. Pertanto, assume rilevanza e importanza capitalizzare le esperienze di accoglienza e comprenderne maggiormente le potenzialità e i limiti. Con la presente ricerca e le analisi delle pratiche d'accoglienza e delle progettualità messe in atto all'interno del sistema CAS sono emersi due risultati principali. Il primo risultato emerso è che i richiedenti asilo accolti abbiano consapevolezza delle risorse e dei fattori protettivi che hanno acquisito nell'arco di vita. Inoltre, si è evidenziata una forte e imprescindibile interdipendenza tra i vissuti psicologici, i bisogni e le risorse dei richiedenti asilo e la funzione relazionale dell'operatore dell'accoglienza. Dalla ricerca è emerso che il valore di tale interdipendenza, non essendo riconosciuto formalmente e quindi esplicitamente richiamato nelle norme e regolamentazioni, era dipeso da un reciproco riconoscimento dei richiedenti asilo accolti e degli operatori. Tuttavia, questa relazione, se opportunamente strutturata e formalizzata, può favorire la definizione di traiettorie di resilienza e il raggiungimento degli obiettivi di integrazione, autonomia e benessere psicosociale. Al momento in cui è stata condotta la ricerca, questi obiettivi erano parzialmente raggiunti. Infatti, sebbene nel sistema d'accoglienza i richiedenti asilo abbiano percepito di essere in un luogo sicuro e protetto e fossero generalmente soddisfatti dei servizi offerti, hanno riportato livelli medio-alti di disagio psicologico. Il valore traumatico delle loro esperienze di vita è stato esplorato e compreso nella sua diacronicità, in quanto i vissuti traumatici sono rintracciabili non solo durante il viaggio ma già nelle esperienze pre-migratorie. Le biografie dei richiedenti asilo sono segnate da profonde ferite, che spesso risalgono a perdite, lutti o tradimenti da parte delle figure significative dell'infanzia o della comunità allargata, fino a sentirsi espulsi dalle politiche disattente degli Stati d'appartenenza. Anche l'arrivo in Italia e l'inserimento nel sistema d'accoglienza comportano sfide esistenziali, che in alcuni casi arrivano a reiterare esperienze traumatiche passate. Nonostante questo, i richiedenti asilo hanno mostrato consapevolezza delle proprie risorse e dei fattori di protezione acquisiti già durante l'infanzia, attraverso le relazioni significative e di accudimento. Queste risorse hanno svolto una funzione di protezione e sostegno nel loro sforzo psicologico di fronteggiare e sopravvivere alle avversità incontrate in tutto l'arco di vita. Nonostante la loro consapevolezza e tenuto conto della permanenza relativamente lunga nel sistema d'accoglienza, è risultato che le esperienze traumatiche non trovano uno spazio adeguato di ascolto e di ri-significazione una volta inseriti nei progetti di accoglienza. Le caratteristiche strutturali e organizzative del sistema non sembrano favorire quell'incontro con l'Altro che può garantire la rielaborazione delle esperienze passate e riattribuire senso e agency alla propria vita, anche nella quotidianità. Al contrario, i richiedenti asilo sono consapevoli di ritrovarsi in una posizione di svantaggio rispetto al potere decisionale sui loro progetti di vita. Non sono coinvolti nelle scelte progettuali e non percepiscono una crescita personale nelle competenze e nelle capacità necessarie per rendersi autonomi. Tuttavia, i richiedenti asilo riconoscono negli operatori degli interlocutori diretti che svolgono un ruolo di congiunzione con la società ospitante. Nello svolgimento del proprio ruolo, gli operatori possono aprirsi ad un ascolto attivo di tutte le parti della biografia dei richiedenti asilo per costruire un rapporto di fiducia. Al fine di favorire la costruzione di tale rapporto, è importante che gli operatori nella loro pratica quotidiana mirino a riattribuire agency ai richiedenti asilo, coinvolgendoli nella progettazione individualizzata. Ciò favorirebbe la valorizzazione e l'attivazione delle risorse dei richiedenti asilo, l'instaurarsi di relazioni di fiducia che consentano la ricostruzione di significato delle proprie esperienze traumatiche di vita e la restituzione di una rappresentazione di Sé attiva e agente. In generale, si otterrebbe una maggiore adesione al progetto d'accoglienza. Inoltre, la valorizzazione della funzione relazionale degli operatori dell'accoglienza favorirebbe una maggiore qualità di vita professionale. I professionisti avrebbero così la possibilità di riconoscere e far riconoscere il proprio ruolo, che è stato profondamente messo in discussione dalla comunità e dalle politiche degli ultimi anni. Quindi, l'ascolto attivo, la riattribuzione di agency e l'esempio nella quotidianità da parte degli operatori favorirebbero il riconoscimento del loro ruolo come tutori di resilienza e promuoverebbero la definizione di traiettorie di resilienza. In questo modo si faciliterebbe il raggiungimento di uno stato di salute psicosociale nei richiedenti asilo. La legittimazione del ruolo funzionale della relazione tra i richiedenti asilo e gli operatori dell'accoglienza da parte del contesto sociale e istituzionale diventa un fattore necessario allo sviluppo di buone pratiche d'accoglienza e alla promozione di traiettorie di resilienza. 9. Riferimenti bibliografici Agaibi, E. C., & Wilson, J.P. (2005). Trauma, PSTD and resilience. A Review of the Literature. Trauma, Violence & Abuse, 6(3), 195-216. doi:10.1177/1524838005277438 Anaut, M. (2005). Le concept de résilience et ses applications cliniques. Recherche en soins infirmiers, 82(3), 4-11. doi.org/10.3917/rsi.082.0004 Berkham, M., Bewick, B., Mullin, T., Gilbody, S., Connell, J., Cahill, J., …Evans, C. (2013). The CORE-10: A short measure of psychological distress for routine use in the psychological therapies. Counselling and Psychotherapy Research, 13(1), 3-13. doi.org/10.1080/14733145.2012.729069 Bonanno, G., & Diminich, E. D. (2013). Annual Research Review. Positive adjustment to adversity – trajectories of minimal- impact resilience and emergent resilience. Journal of child psychology and psychiatry, 54(4), 378-401. doi:10.1111/jcpp.12021 Bonanno, A. G., Westphal, M., & Mancini, A. D. (2011). Resilience to loss and potential trauma. 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THE TITLE OF MY THESIS IS THE ROLE OF THE IDEAS AND THEIR CHANGE IN HIGHER EDUCATION POLICY-MAKING PROCESSES FROM THE EIGHTIES TO PRESENT-DAY: THE CASES OF ENGLAND AND NEW ZEALAND IN COMPARATIVE PERSPECTIVE UNDER A THEORETICAL POINT OF VIEW, THE AIM OF MY WORK IS TO CARRY OUT A RESEARCH MODELLED ON THE CONSTRUCTIVIST THEORY. IT FOCUSES ON THE ANALYSIS OF THE IMPACT OF IDEAS ON THE PROCESSES OF POLICY MAKING BY MEANS OF EPISTEMIC COMMUNITIES, THINK TANKS AND VARIOUS SOCIOECONOMIC CONTEXTS THAT MAY HAVE PLAYED A KEY ROLE IN THE CONSTRUCTION OF THE DIFFERENT PATHS. FROM MY POINT OF VIEW IDEAS CONSTITUTE A PRIORITY RESEARCH FIELD WHICH IS WORTH ANALYSING SINCE THEIR ROLE IN POLICY MAKING PROCESSES HAS BEEN TRADITIONALLY RATHER UNEXPLORED. IN THIS CONTEXT AND WITH THE AIM OF DEVELOPING A RESEARCH STRAND BASED ON THE ROLE OF IDEAS, I INTEND TO CARRY ON MY STUDY UNDER THE PERSPECTIVE OF CHANGE. DEPENDING ON THE DATA AND INFORMATION THAT I COLLECTED I EVALUATED THE WEIGHT OF EACH OF THESE VARIABLES AND MAYBE OTHERS SUCH AS THE INSTITUTIONS AND THE INDIVIDUAL INTERESTS, WHICH MAY HAVE INFLUENCED THE FORMATION OF THE POLICY MAKING PROCESSES. UNDER THIS LIGHT, I PLANNED TO ADOPT THE QUALITATIVE METHODOLOGY OF RESEARCH WHICH I BELIEVE TO BE VERY EFFECTIVE AGAINST THE MORE DIFFICULT AND POSSIBLY REDUCTIVE APPLICATION OF QUANTITIVE DATA SETS. I RECKON THEREFORE THAT THE MOST APPROPRIATE TOOLS FOR INFORMATION PROCESSING INCLUDE CONTENT ANALYSIS, AND IN-DEPTH INTERVIEWS TO PERSONALITIES OF THE POLITICAL PANORAMA (ÉLITE OR NOT) WHO HAVE PARTICIPATED IN THE PROCESS OF HIGHER EDUCATION REFORM FROM THE EIGHTIES TO PRESENT-DAY. THE TWO CASES TAKEN INTO CONSIDERATION SURELY SET AN EXAMPLE OF RADICAL REFORM PROCESSES WHICH HAVE OCCURRED IN QUITE DIFFERENT CONTEXTS DETERMINED BY THE SOCIOECONOMIC CHARACTERISTICS AND THE TRAITS OF THE ÉLITE. IN NEW ZEALAND THE DESCRIBED PROCESS HAS TAKEN PLACE WITH A STEADY PACE AND A GOOD GRADE OF CONSEQUANTIALITY, IN LINE WTH THE REFORMS IN OTHER STATE DIVISIONS DRIVEN BY THE IDEAS OF THE NEW PUBLIC MANAGEMENT. CONTRARILY IN ENGLAND THE REFORMATIVE ACTION OF MARGARET THATCHER HAS ACQUIRED A VERY RADICAL CONNOTATION AS IT HAS BROUGHT INTO THE AMBIT OF HIGHER EDUCATION POLICY CONCEPTS LIKE EFFICIENCY, EXCELLENCE, RATIONALIZATION THAT WOULD CONTRAST WITH THE GENERALISTIC AND MASS-ORIENTED IDEAS THAT WERE FASHIONABLE DURING THE SEVENTIES. THE MISSION I INTEND TO ACCOMPLISH THORUGHOUT MY RESEARCH IS TO INVESTIGATE AND ANALYSE INTO MORE DEPTH THE DIFFERENCES THAT SEEM TO EMERGE FROM TWO CONTEXTS WHICH MOST OF THE LITERATURE REGARDS AS A SINGLE MODEL: THE ANGLO-SAXON MODEL. UNDER THIS LIGHT, THE DENSE ANALYSIS OF POLICY PROCESSES ALLOWED TO BRING OUT BOTH THE CONTROVERSIAL AND CONTRASTING ASPECTS OF THE TWO REALITIES COMPARED, AND THE ROLE AND WEIGHT OF VARIABLES SUCH AS IDEAS (MAIN VARIABLE), INSTITUTIONAL SETTINGS AND INDIVIDUAL INTERESTS ACTING IN EACH CONTEXT. THE CASES I MEAN TO ATTEND PRESENT PECULIAR ASPECTS WORTH DEVELOPING AN IN-DEPTH ANALYSIS, AN OUTLINE OF WHICH WILL BE PROVIDED IN THIS ABSTRACT. ENGLAND THE CONSERVATIVE GOVERNMENT, SINCE 1981, INTRODUCED RADICAL CHANGES IN THE SECTOR OF HIGHER EDUCATION: FIRST CUTTING DOWN ON STATE FUNDINGS AND THEN WITH THE CREATION OF AN INSTITUTION FOR THE PLANNING AND LEADERSHIP OF THE POLYTECHNICS (NON-UNIVERSITY SECTOR). AFTERWARDS THE SCHOOL REFORM BY MARGARET THATCHER IN 1988 RAISED TO A GREAT STIR ALL OVER EUROPE DUE TO BOTH ITS CONSIDERABLE INNOVATIVE IMPRINT AND THE STRONG ATTACK AGAINST THE PEDAGOGY OF THE 'ACTIVE' SCHOOLING AND PROGRESSIVE EDUCATION, UNTIL THEN RECOGNIZED AS A MERIT OF THE BRITISH PUBLIC SCHOOL. IN THE AMBIT OF UNIVERSITY EDUCATION THIS REFORM, TOGETHER WITH SIMILAR MEASURES BROUGHT IN DURING 1992, PUT INTO PRACTICE THE CONSERVATIVE PRINCIPLES THROUGH A SERIES OF ACTIONS THAT INCLUDED: THE SUPPRESSION OF THE IRREMOVABILITY PRINCIPLE FOR UNIVERSITY TEACHERS; THE INTRODUCTION OF STUDENT LOANS FOR LOW-INCOME STUDENTS AND THE CANCELLATION OF THE CLEAR DISTINCTION BETWEEN UNIVERSITIES AND POLYTECHNICS. THE POLICIES OF THE LABOUR MAJORITY OF MR BLAIR DID NOT QUITE DIVERGE FROM THE CONSERVATIVES' POSITION. IN 2003 BLAIR'S CABINET RISKED TO BECOME A MINORITY RIGHT ON THE OCCASION OF AN IMPORTANT UNIVERSITY REFORM PROPOSAL. THIS PROPOSAL WOULD FORESEE THE AUTONOMY FOR THE UNIVERSITIES TO RAISE UP TO 3.000 POUNDS THE ENROLMENT FEES FOR STUDENTS (WHILE FORMERLY THE CEILING WAS 1.125 POUNDS). BLAIR HAD TO FACE INTERNAL OPPOSITION WITHIN HIS OWN PARTY IN RELATION TO A MEASURE THAT, ACCORDING TO THE 150 MPS PROMOTERS OF AN ADVERSE MOTION, HAD NOT BEEN INCLUDED IN THE ELECTORAL PROGRAMME AND WOULD RISK CREATING INCOME-BASED DISCRIMINATION AMONG STUDENTS. AS A MATTER OF FACT THE BILL FOCUSED ON THE INTRODUCTION OF VERY LOW-INTEREST STUDENT LOANS TO BE SETTLED ONLY WHEN THE STUDENT WOULD HAVE FOUND A REMUNERATED OCCUPATION (A SYSTEM ALREADY PROVIDED FOR BY THE AUSTRALIAN LEGISLATION). NEW ZEALAND CONTRARILY TO MANY OTHER COUNTRIES, NEW ZEALAND HAS ADOPTED A VERY WIDE VISION OF THE TERTIARY EDUCATION. IT INCLUDES IN FACT THE FULL EDUCATIONAL PROGRAMME THAT IS INTERNATIONALLY RECOGNIZED AS THE POST-SECONDARY EDUCATION. SHOULD WE SPOTLIGHT A PECULIARITY OF THE NEW ZEALAND TERTIARY EDUCATION POLICY THEN IT WOULD BE 'CHANGE'. LOOKING AT THE REFORM HISTORY RELATED TO THE TERTIARY EDUCATION SYSTEM, WE CAN CLEARLY IDENTIFY FOUR 'SUB-PERIODS' FROM THE EIGHTIES TO PRESENT-DAY: 1. BEFORE THE 80S': AN ELITARIAN SYSTEM CHARACTERIZED BY LOW PARTICIPATION RATES. 2. BETWEEN MID AND LATE 80S': A TREND TOWARDS THE ENLARGEMENT OF PARTICIPATION ASSOCIATED TO A GREATER COMPETITION. 3. 1990-1999: A FUTHER STEP TOWARDS A COMPETITIVE MODEL BASED ON THE MARKET-ORIENTED SYSTEM. 4. FROM 2000 TO TODAY: A CONTINUOUS EVOLUTION TOWARDS A MORE COMPETITIVE MODEL BASED ON THE MARKET-ORIENTED SYSTEM TOGETHER WITH A GROWING ATTENTION TO STATE CONTROL FOR SOCIAL AND ECONOMIC DEVELOPMENT OF THE NATION. AT PRESENT THE GOVERNMENT OF NEW ZEALAND OPERATES TO STRENGHTHEN THIS PROCESS, PRIMARILY IN RELATION TO THE ROLE OF TERTIARY EDUCATION AS A STEADY FACTOR OF NATIONAL WALFARE, WHERE PROFESSIONAL DEVELOPMENT CONTRIBUTES ACTIVELY TO THE GROWTH OF THE NATIONAL ECONOMIC SYSTEM5. THE CASES OF ENGLAND AND NEW ZEALAND ARE THE FOCUS OF AN IN-DEPTH INVESTIGATION THAT STARTS FROM AN ANALYSIS OF THE POLICIES OF EACH NATION AND DEVELOP INTO A COMPARATIVE STUDY. AT THIS POINT I ATTEMPT TO DRAW SOME PRELIMINARY IMPRESSIONS ON THE FACTS ESSENTIALLY DECRIBED ABOVE. THE UNIVERSITY POLICIES IN ENGLAND AND NEW ZEALAND HAVE BOTH UNDERGONE A SIGNIFICANT REFORMATORY PROCESS SINCE THE EARLY EIGHTIES; IN BOTH CONTEXTS THE IMPORTANCE OF IDEAS THAT CONSTITUTED THE BASE OF POLITICS UNTIL 1980 WAS QUITE RELEVANT. GENERALLY SPEAKING, IN BOTH CASES THE PRE-REFORM POLICIES WERE INSPIRED BY EGALITARIANISM AND EXPANSION OF THE STUDENT POPULATION WHILE THOSE BROUGHT IN BY THE REFORM WOULD PURSUE EFFICIENCY, QUALITY AND COMPETITIVENESS. UNDOUBTEDLY, IN LINE WITH THIS GENERAL TENDENCY THAT REFLECTS THE HYPOTHESIS PROPOSED, THE TWO UNIVERSITY SYSTEMS PRESENT SEVERAL DIFFERENCES. THE UNIVERSITY SYSTEM IN NEW ZEALAND PROCEEDED STEADILY TOWARDS THE IMPLEMENTATION OF A MANAGERIAL CONCEPTION OF TERTIARY EDUCATION, ESPECIALLY FROM 1996 ONWARDS, IN ACCORDANCE WITH THE REFORMATORY PROCESS OF THE WHOLE PUBLIC SECTOR. IN THE UNITED KINGDOM, AS IN THE REST OF EUROPE, THE NEW APPROACH TO UNIVERSITY POLICY-MAKING HAD TO CONFRONT A DEEP-ROOTED TRADITION OF PROGRESSIVE EDUCATION AND THE IDEA OF EDUCATION EXPANSION THAT IN FACT DOMINATED UNTIL THE EIGHTIES. FROM THIS VIEW POINT THE GOVERNING ACTION OF MARGARET THATCHER GAVE RISE TO A RADICAL CHANGE THAT REVOLUTIONIZED THE OBJECTIVES AND KEY VALUES OF THE WHOLE EDUCATIONAL SYSTEM, IN PARTICULAR IN THE HIGHER EDUCATION SECTOR. IDEAS AS EFFICIENCY, EXCELLENCE AND CONTROL OF THE PERFORMANCE BECAME DECISIVE. THE LABOUR CABINETS OF BLAIR DEVELOPED IN THE WAKE OF CONSERVATIVE REFORMS. THIS APPEARS TO BE A FOCAL POINT OF THIS STUDY THAT OBSERVES HOW ALSO IN NEW ZEALAND THE REFORMING PROCESS OCCURRED TRANSVERSELY DURING PROGRESSIVE AND CONSERVATIVE ADMINISTRATIONS. THE PRELIMINARY IMPRESSION IS THEREFORE THAT IDEAS DEEPLY MARK THE REFORMATIVE PROCESSES: THE AIM OF MY RESEARCH IS TO VERIFY TO WHICH EXTENT THIS STATEMENT IS TRUE. IN ORDER TO BUILD A COMPREHENSIVE ANALYLIS, FURTHER SIGNIFICANT FACTORS WILL HAVE TO BE INVESTIGATED: THE WAY IDEAS ARE PERCEIVED AND IMPLEMENTED BY THE DIFFERENT POLITICAL ELITES; HOW THE VARIOUS SOCIOECONOMIC CONTEXTS INFLUENCE THE REFORMATIVE PROCESS; HOW THE INSTITUTIONAL STRUCTURES CONDITION THE POLICY-MAKING PROCESSES; WHETHER INDIVIDUAL INTERESTS PLAY A ROLE AND, IF YES, TO WHICH EXTENT.
Abstract tesi IL FUNZIONAMENTO DEL SISTEMA DI GOVERNANCE EUROPEA ED IL RUOLO DELLE ISTITUZIONI "POLITICHE" NELL'INTEGRAZIONE EUROPEA Il mio lavoro di ricerca, sul tema della governance europea, del processo di integrazione europea e dello sviluppo della mia ricerca, è stato quello di studiare ed analizzare come il concetto di governance, che fino a non molti anni fa era praticamente inutilizzato, ha conosciuto un così largo e rapido sviluppo? Come primo paso ho tentato di fare chiarezza sul campo di applicazione di questo concetto e del suo sviluppo, con particolare attenzione alla sfera delle relazioni politiche tra i vari attori della politica europea. Per capire le cause che hanno fatto emergere il concetto di governance a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, ho fatto riferimento all'assetto istituzionale creatosi nel dopo guerra ed ai modelli politici che si sono susseguiti tra i quali: il modello welfarista-keynesiano del dopo guerra, il modello neo-corporativo, il modello neo-liberale fino ad arrivare all'uso del concetto di governance come modello di implementazione delle politiche. Il lavoro di ricerca intrapreso, sul funzionamento del sistema di governance europea ed il ruolo delle istituzioni 'politiche' dell'Unione europea (Ue) nel processo di integrazione, è diviso in quattro parti. Prima parte La prima parte del lavoro di ricerca ho offre una chiara versione dell'insorgere del concetto di governance come modello-approccio per il processo di integrazione europea. Come punto di partenza è lo studio delle teorie classiche dell'integrazione europea: la teoria del federalismo, il funzionalismo, il neofunzionalismo, l'istituzionalismo, l'intergovernativismo e della governance multilivello la quale rappresenta il carattere dell'Unione europea e con riferimento al processo di integrazione europea, si fa riferimento alla divisione delle competenze tra UE e Stati membri. Il concetto di multilevel governance designa l'articolarsi della divisione di competenze e di rapporti non più soltanto tra UE e Stati membri, ma anche con il coinvolgimento dei livelli sub-nazionali insediando a Bruxelles uffici di rappresentanza, segnando una partecipazione delle autonomie locali all'integrazione europea, intesa come processo capace al tempo stesso di ridurre le disparità socio-economiche territoriali e rispettare le specificità locali. Si fornisce una panoramica delle teorie dell'integrazione europea evidenziando il contributo che ciascun approccio teorico ha fornito alla compressione del processo di integrazione nelle diverse fasi di sviluppo. La lettura esistente sulle teorie dell'integrazione europea è ampia e variegata ma nonostante ciò non è ancora emersa una grand theory che spieghi l'integrazione europea in complesso e spesso si è allontanati dal campo d'indagine dell'integrazione e che in un certo modo gli studi sulla governance hanno tentato di portare al centro dell'attenzione mirando a cogliere il processo di integrazione nella sua funzionalità e nei diversi livelli di manifestazione. Seconda parte Nella seconda parte del lavoro, ho concentrato lo studio di ricerca sull'evoluzione del quadro istituzionale e sulla modalità di produzione ed implementazione delle politiche nell'Unione europea facendo una comparazione interpretativa del governo dell'Unione europea, ho messo in evidenza i limiti ed i meriti delle modalità d'azione dell'originaria Comunità economica (Ce) e dell'attuale Unione europea. Ho concentrato i campi di indagine sul cambiamento del quadro politico istituzionale avvenuto con l'attuazione dei trattati, dal Trattato di Roma fino al Trattato di Lisbona, la ripartizione delle competenze istituzionali e dell'equilibrio istituzionale creato con l'adozione del Trattato di Lisbona. Ho approfondito lo studio sui ruoli e le competenze delle quattro Istituzioni "politiche" (Parlamento europeo (Pe), Commissione europea, Consiglio europeo e Consiglio) del quadro istituzionale europeo. Da questa analisi ho dedotto che l'Unione europea, nella sua evoluzione verso il rafforzamento del processo di integrazione è stata istituzionalizzata, politicizzata ed ha ottenuto una costituzionalizzazione dei Trattati. Ma comunque le sfide che l'Unione europea ha affrontato e sta affrontando hanno messo in evidenza i limiti del metodo classico dell'integrazione europea, facendo crescere l'insoddisfazione nella capacità di problem solving dell'UE e richiedendo una nuova fase della governance europea. Terza parte Nella terza parte del lavoro ho focalizzato l'analisi sullo studio del sistema di governance europea e del suo sviluppo nei meccanismi decisionali e di implementazione delle politiche dell'Unione europea. Il concetto di governance ha contrassegnato una svolta nella riflessione sulle istituzioni europee, ed ha posto l'accento sull'esistenza di un sistema di regole, di procedure e di poteri che ormai prescinde dalla volontà degli stati membri. Il contenuto e gli obiettivi del "Libro bianco sulla governance europea" pubblicato dalla Commissione europea nel luglio 2001, ha definiti i principi a partire dai quali ri-articolare il processo di policy making europeo dando inizio a quel processo di implementazione ed attuazione delle politiche. Visto il sistema creatasi, ho analizzato il sistema di governance europea dopo il trattato di Lisbona, concentrandomi sul processo decisionale, il ruolo delle istituzioni nell'influenzare il processo e dei metodi decisionali della governance europea quali: il metodo comunitario, quello intergovernativo e di coordinamento aperto. Ho comparato l'utilizzo e i risultati ottenuti da questi metodi al riguardo del processo di integrazione. Ho concluso con un'analisi del ruolo delle istituzioni e dei modelli decisionali, quello intergovernativo e sovranazionale, e la governance economica europea. Quarta parte La quarta parte e conclusiva del mio lavoro, l'ho agli sviluppi recenti dell'Unione europea. Ho analizzato le conseguenze della crisi finanziaria, che ha portato ad un arresto del processo di integrazione, le risposte che il sistema di governance ha dato ed il ruolo delle istituzioni europee nella crisi finanziaria. Ho affrontato anche il tema di legittimità e democrazia nel sistema di governance, la nuova governance europea secondo le teorie dei "nuovi intergovernamentalisti", dei "nuovi sovranazionalisti" e dei "nuovi parlamentaristi". Infine, ho tracciato una linea su alcuni sviluppi e proposte per far ripartire il processo di integrazione in quanto, l'Unione europea si è trasformata radicalmente nel corso della crisi dell'euro che si è sviluppata a partire dal 2008. Questa crisi ha messo in discussione l'equilibrio tra le due costituzioni previsto dal Trattato di Lisbona (intergovernativa e sovranazionale), rafforzando impetuosamente la costituzione intergovernativa a cui il Trattato ha affidato la gestione della politica economica e finanziaria. Quando esplose la crisi, l'UE aveva a disposizione il framework decisionale per affrontarla all'interno del quale quindi individuare gli strumenti necessari per governarla. Per questo motivo è improprio sostenere che l'UE si sia trovata impreparata ad affrontare le sfide della crisi finanziaria. Tuttavia, anche gli strumenti di cui ha potuto disporre non hanno funzionato come ci si aspettava. Tant'è che la crisi finanziaria si è protratta come mai era successo nel passato. Le decisioni prese sono risultate regolarmente troppo limitate e sono arrivate sempre molto in ritardo. La difficoltà nel gestire la crisi finanziaria ha accentuato le divisioni all'interno dell'Eurozona, tra gli stati debitori del Sud e gli stati creditori del Nord. La costituzione intergovernativa non ha funzionato a dare risposte e soluzioni alla crisi ed ha prodotto una mancanza di democraticità e legittimazione delle sue decisioni. Per far fronte al problema di democraticità e legittimazione delle decisioni molti analisti sono di comune accordo col fatto di rivedere i Trattati per ridurre il potere acquisito dal Consiglio europeo nel recente periodo. I risultati dell'analisi di ricerca dimostrano che la storia dell'integrazione europea ha avuto come principale strumento l'economia che però ha trovato nella politica il suo promotore, e che nella politica cerca nuovi traguardi e un nuovo rilancio. Gli eventi in questi anni di storia di integrazione europea hanno mostrato che il processo d'integrazione europea necessita di essere alimentato in continuazione, che mantiene un equilibrio fino a quanto risulta in movimento, mentre frana appena si ferma. Visto le difficoltà che l'Unione europea sta oggi incontrando sia nel implementare il processo di integrazione sia al interno del quadro politico istituzionale, e inevitabile una rivisitazione del processo di integrazione ove le sfide da affrontare sono enormi: dal prevalere della regola del consenso in ambiti chiave come la politica estera e quella di difesa, all'apparente rinazionalizzazione delle politiche, dalla crescente diffidenza del pubblico verso le istituzioni europee all'incapacità dell'Unione europea di fornire risposte adeguate ai bisogni sociali ed economici della popolazione dei suoi Stati membri. Dalla ricerca effettuata si sono presentati alcuni scenari che propongono soluzioni diverse ad un futuro sviluppo dell'Unione europea: dalla scelta di "integrazione intergovernativa" passando da quella funzionalista di un'"integrazione differenziata" fino ad un concetto di integrazione a più livelli con i caratteri forti di un nucleo centrale unitario di carattere sovranazionale e democratico. Fondamentale è partire dalle esigenze economiche, politiche, sociali e di sicurezza di un futuro sistema di governance dell'Unione europea, dove i termini di riferimento principali devono essere il governo, i valori e le finalità di quest'ultima. La crisi economica e finanziaria ha determinato un contesto sociale, economico e finanziario molto problematico, mettendo in contrasto l'efficienza del processo decisionale con il rispetto delle prerogative previste dal Trattato attuale. Durante la crisi finanziaria gli interessi differenti degli Stati membri e le difficoltà incontrate nell'apertura di un dibattito sulla revisione dei trattati hanno comportato un ritorno del ricorso all'integrazione differenziata come strumento per risolvere la dualità tra gli Stati membri sostenitori della scelta intergovernativa e quelli che invece propendevano per una soluzione sovrannazionale. Lo strumento dell'integrazione differenziata si è dimostrato indispensabile per il raggiungimento di una vera unione economica. Essa si può attuare, basandosi sul quadro istituzionale e giuridico esistente oppure, attraverso una revisione dei trattati e nell'ultimo dei casi, adottando soluzioni intergovernative. Tuttavia, la crisi economica e finanziaria ha favorito, su impulso del Consiglio europeo, il ricorso a meccanismi esterni ai trattati adottando soluzioni intergovernative. L'articolo 136 del TFUE che fornisce la base giuridica introdotto con il Trattato di Lisbona per approfondire l'integrazione della zona euro, è stata utilizzata solamente per l'adozione di alcune misure della governance economica come il six-pack e successivamente il two-pack, mentre il Meccanismo europeo di stabilità (MES) e il Fiscal Compact (il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (TSCG)), sono stati conclusi all'esterno ai trattati, seguendo il metodo intergovernativo. Dall'analisi svolta, si rileva che il Consiglio europeo ha svolto un efficace ruolo nel raggiungere una posizione consensuale sugli orientamenti generali dell'azione dell'Unione. Sembra tuttavia legittimo domandarsi se in ragione del carattere intergovernativo del suo status e del metodo decisionale, il Consiglio europeo possa rallentare l'evoluzione della costruzione europea. Inoltre, si evidenzia anche uno scarso livello cooperazione istituzionale. In particolare, nonostante in molti casi le negoziazioni tra le istituzioni riguardanti atti legislativi siano state caratterizzate dalle difficoltà di raggiungere una posizione comune in seno al Consiglio, il Consiglio europeo non ha fatto ricorso agli strumenti previsti dai trattati nel quadro della procedura di revisione semplificata. Si rileva infine, che la pratica istituzionale ha gradualmente modificato la distribuzione dei poteri stabilita dalle disposizioni del nuovo trattato, in seguito all'istituzionalizzazione del Consiglio europeo, e questo quest'ultimo ha saputo avvalersi della necessità di una forte governance dell'Unione europea e affermare una solida cooperazione con il Consiglio (a volte anche scavalcandolo), con cui condivide interessi e priorità in virtù della comune natura intergovernativa. Si è avuto una involuzione centralistica dell'Unione europea dovuta alle trasformazioni indotte sul funzionamento dell'Unione europea dalle crisi e dalla Brexit che hanno sollevano nuovi problemi istituzionali. L'Unione europea di impronta intergovernativa che è emersa dalle crisi ha poco a che fare con l'Unione europea sovranazionale che organizza il funzionamento del mercato unico. I governi nazionali si sono insediati al centro del processo decisionale, anche se non hanno potuto escludere da quest'ultimo la Commissione (anche se il suo ruolo è diventato marginale). Abbiamo assistito all'istituzionalizzazione di un sistema decisionale che ha accentuato le divisioni tra gli stati che ne fanno parte, ognuno di essi preoccupato di difendere o di imporre i propri interessi. Tuttavia, non vi è dubbio che la gestione delle crisi multiple ha fatto emergere divisioni tra stati che non sono coerenti con l'ispirazione che ha dato vita al processo di integrazione. In realtà in quelle crisi si sono viste gerarchie tra gli stati, divisioni tra stati, accentuate dalla governance intergovernativa, che hanno riflettuto profonde divergenze sullo scopo del processo di integrazione. È a queste differenti prospettive che occorre rivolgere l'attenzione.
L'affermazione delle cosiddette "democrazie costituzionali" dotate di costituzioni rigide, ha portato a compimento un complesso processo storico ed ha condotto alla realizzazione quasi completa del "costituzionalismo", dove la legge, per la prima volta, viene sottoposta ad un giudizio di tipo assiologico. In tale contesto è di notevole importanza il complicato e delicato lavoro del giudice costituzionale, il quale deve interpretare la Costituzione, nel cui tessuto sono introdotti direttamente una serie di principi contenenti valori etico-politici , la cui applicazione non assume più la forma classica sillogistica della sussunzione, bensì della ponderazione. Le più note teorie giuscostituzionaliste e dell'argomentazione giuridica hanno dedotto che i principi sono delle norme di ottimizzazione che descrivono un valore da realizzare il più possibile, con riguardo a quanto risulta effettivamente realizzabile, sia sotto il profilo fattuale che giuridico, talché il loro adempimento non dipende soltanto dalle possibilità reali, ma anche da quelle giuridiche, oltre che da regole e da principi controversi. Nell'interpretazione costituzionale, seguendo il metodo argomentativo, la gerarchia assiologica, la scala di priorità tra i principi costituzionali diversi si rende necessaria, perché essa si riferisce a particolari tipi di norme date da una stessa fonte del diritto, ossia la Costituzione: nel balancing test tra diritti concorrenti la Corte Suprema americana parla di preferred position per taluni diritti riconducibili ad un valore costituzionale primario, come la libertà di espressione e di associazione, la libertà religiosa, i diritti della personalità e di partecipazione politica. Ma anche la nostra Corte Costituzionale è continuamente costretta a scegliere nel caso da decidere, con ragionevolezza e proporzionalità, non solo nell'ipotesi di giudizi di eguaglianza, alla luce dell'art. 3 della costituzione, ma anche quando, nel reperire la norma parametro, deve scegliere tra principi, diritti e valori contrastanti, come ad esempio tra diritto di libertà individuale e diritto alla salute o tra diritto di proprietà e di impresa e riconoscimento del valore "primario" del paesaggio. La difficile ricerca di una gerarchia tra i valori costituzionalmente tutelati esige un'opera continua e incessante di ridefinizione e di ri-armonizzazione dei principi costituzionali sulla base degli elementi specifici forniti dai casi da decidere. Gli enunciati costituzionali debbono perciò tener fermo un nucleo identificativo del valore originariamente tutelato, domandando, nel contempo, attraverso una ragionevole varietà di interpretazioni e di applicazioni, di essere continuamente rimodellati ed adeguati alla storia e alla politica, nonché al mutare delle assunzioni di senso e dei significati sociali. I principi che si trovano alla base delle costituzioni, e attorno ai quali i documenti costituzionali si sono formati, con l'aprirsi di nuovi orizzonti e di nuovi problemi, debbono continuamente essere aggiornati, rielaborati e ricomposti in un insieme dotato di senso. Essi hanno bisogno di rinnovata giustificazione da un interprete dotato di un peculiare ed elevato habitus giuridico, idoneo a rendere un giudizio complesso e articolato come quello di costituzionalità. . Dal punto di vista della metodologia ermeneutica, l'habitus del giudice costituzionale corrisponde alla precomprensione critica, attraverso la quale si può individuare se il giudizio costituzionale sia stato effettuato da un giudice privo di habitus e invalidare tale giudizio, anche a prescindere dalla corretta motivazione del giudice stesso. Se poi si tiene presente che la Costituzione è essa stessa il risultato dell'interpretazione dei principi costituzionali, risulta di tutta evidenza l'importanza di un "circolo ermeneutico" tra i principi conformatori della società e valutazioni della società stessa. Nel giudizio costituzionale la circolarità ermeneutica è molto accentuata, infatti, tra il giudice interprete, la collettività e la Costituzione, oggetto interpretato, si instaura un intimo rapporto circolare diacronico, dal momento che la Costituzione contiene dei principi e dei valori appartenenti alla società della quale lo stesso giudice costituzionale fa parte. Nell'attività giudiziale della Corte costituzionale italiana è possibile riscontrare l'accezione scettica dell'interpretazione giuridica, tipica dei sistemi di common law: laddove, sul piano della creatività, le sentenze interpretative di rigetto, sentenze additive e sentenze manipolative sono tutte varianti suggerite o imposte dalla necessità nei singoli casi di un unico modello di pronuncia del giudice delle leggi, che in presenza di determinate condizioni, consente di superare i confini prestabiliti dai canoni legali dell'interpretazione giudiziaria per addentrarsi verso una funzione che non è solo etero-integrativa del diritto ordinamentale e costituzionale, ma anche suppletiva del potere legislativo. L'utilizzo dell'ermeneutica giuridica, come metodo d'interpretazione, trova particolare rilievo dinanzi alle Corti de-statalizzate operanti in ambiti giuridici ad ordinamento pluristatale come la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e dinanzi alle Corti Costituzionali di diversi Stati, riconoscendo l'attività creativa ed etero-integrativa da parte del giudice costituzionale di civil law. Tramite la precomprensione critica e la circolarità tradica e diadica, l'ermeneutica giuridica si pone sempre più come metodo interpretativo indispensabile per l'interpretazione dei principi fondamentali, preesistenti al testo Costituzionale, e per la costruzione e l'impiego dei cosiddetti "parametri non scritti", utilizzati, a volte, dai giudici costituzionali italiani, al di là dei limiti tracciati dal metodo giuridico argomentativo: dove il punto di partenza del ragionamento deduttivo-assiologico dovrà sempre esser il testo scritto, dal quale l'interprete potrà denotare il valore del principio. Pur riconoscendosi nell'alveo delle teorie scettiche dell'interpretazione giudiziale, la metodologia ermeneutica offre una valutazione della decisione di costituzionalità capace di non lasciare alla discrezionalità del giudice uno spazio illimitato, dal momento che precomprensione critica e circolarità ermeneutica, dalle quali discende la canonistica ermeneutica, garantisce un metodo per la controllabilità del giudizio, senza che possa sfociare in decisioni arbitrarie o di opportunità politica. Dopo la riforma del titolo V, con il novellato art.117, primo comma, della Costituzione, la dottrina giuscostituzionalista ha parlato di una possibile estensione della legalità costituzionale, qualora i principi discendenti dal diritto comunitario-europeo ed internazionale andrebbero ad integrare i parametri ermeneutici utilizzati nel giudizio di costituzionalità: nel caso in cui il giudice a quo, in via incidentale, e lo Stato e le Regioni, in via diretta, sollevassero la questione di costituzionalità, per violazione del suddetto articolo della Costituzione. L'estensione della legalità costituzionale, tuttavia ha, anche, il suo risvolto "inverso", nel caso in cui fossero i principi esterni a ledere i principi fondamentali dell'ordinamento Costituzionale Repubblicano. Nel contemporaneo costituzionalismo europeo, che accomuna più vicende ordinamentali diverse, risulta essere di peculiare interesse l'esperienza giuridica della Svezia, una delle più solide ed efficienti democrazie mondiali, caratterizzata da un' antica tradizione costituzionale e da una lunga vaganza del controllo di costituzionalità delle leggi. Quest'ultime, fino a poco tempo fa, venivano interpretate dalle Corti nell'assoluto rispetto e subordinazione alla volontà storica del legislatore. Ultimamente, con l'entrata della Svezia nell'Unione Europea, a seguito delle recenti riforme costituzionali ed attraverso l'introduzione di un controllo di costituzionalità diffuso, le corti svedesi stanno gradualmente cambiando i loro tradizionali criteri interpretativi, per una più ampia ed efficace tutela dei diritti umani, nell'ambito giuridico costituzionale ed europeo. ; The claim of so-called "constitutional democracy" with rigid constitutions has completed a complex historical process and has led to the almost complete implementation of "constitutionalism", where for the first time the law is submitted to a value judgment. In this context, it is of great importance to the complicated and delicate work of the Constitutional Judge, who must interpret the Constitution, whose tissue directly holds a set of principles containing ethical and political values, and whose application does have the classic syllogistic form of subsumption, but that of weighting. Most of the Laws are rules, i.e. require something to run to the occurrence of specific conditions, and, therefore, one can refer to them as "conditional rules". In addition, rules can take a categorical form, such as total ban on access. If the rule is valid and applicable, it is absolutely crucial to impose the exact performance means that the rule prescribes. If this happens, one can determine whether the provisions were complied with or not. For the theories of constitutionalism and of the legal argumentation, principles, however, are rules that require that some value shall be fully accomplished with regard to what is actually feasible, both at the legal and factual levels. Consequently, principles are "rules of optimization", thus characterized by the fact that these can be viewed in differing degrees, and because the measurement of their performance depends not only on real possibilities, but also on legal ones, as well as issues on rules and principles. Following the method of the legal argumentation, in the constitution interpretation, hierarchy, the priorities among the various constitutional principles, is necessary so that it refers to specific types of norms laid down by the same source of law, the Constitution: in the balancing test between competing interests, the U.S. Supreme Court talks about preferred position for certain rights related to a primary constitutional value, such as freedom of expression and association, religious freedom, personal rights, and political participation. But even Italian Constitutional Court is constantly forced to choose according to what is being decided on, not only in the event of equality judgments according to Article 3 of the Constitution, but also when, in raising the standard parameter, it must choose - for example - between the right to individual freedom and right to health, or between property and company rights and recognition of the value of "primary" value of the context. The difficult search for a hierarchy of constitutionally protected values requires constant work and constant redefining and re-harmonizing of constitutional principles on the basis of the details provided by the cases to be decided upon. The statements should therefore take constitutional firm identification of an originally protected core value, requiring at the same time, through a variety of reasonable interpretations and applications, to be continually reshaped and adapted to history and politics, and to the effect of changing assumptions and of social meanings. The principles that lie at the heart of constitutions and upon which constitutional documents were formed, with the opening of new horizons and new challenges, must be continually updated, revised and put back together reasonably. They require renewed justification by judge with particular juridical habitus and critical pre-understending: he/she must have acquired, throughout his/her legal career, technical skills needed to make appropriate assessments in constitutional judgment. From the prospective of hermeneutic methodology, the habitus of the Constitutional Judge corresponds to critical pre-understanding through which one can identify whether the constitutional judgment was conducted by a judge lacking a habitus and invalidate that judgment, even regardless of proper motivation presented by the Judge. If one bears in mind that the Constitution itself is the result of the interpretation of constitutional principles, the importance of a "hermeneutic circle" between the principles in accordance with assessments of society and society itself is quite evident. In Constitutional judgement, hermeneutic circularity is highly stressed, in fact, between the court interpreter and the Constitution, the subject interpreted; it establishes a circular diachronic relationship, since the Constitution contains the principles and values belonging to the society which the constitutional Judge is part of. In the activity of the Italian Constitutional Court, it is possible to find the skeptical conception of legal interpretation, typical of common law systems: where, in terms of creativity, the Constitutional Court, through the "manipulative decisions", exceeding the legal boundaries of legal interpretation, integrates the constitutional law and carries a substitute function of the State legislature. The use of the "juridical hermeneutic" as a method of interpretation is particularly relevant before de-nationalized courts operating in legal fields having multi-state regulations, as the Court of Justice of the European Union and before the Constitutional Courts of several countries, recognizing the creative activity by the constitutional judges of civil law. Through the pre-comprehension and the circularity triadic and dyadic , the juridical hermeneutic, has became an indispensable element for interpretation of fundamental principles and for the construction and use of so-called "unwritten parameters" used, sometimes, by Italian constitutional Judges, leaping the methods based on logical argumentation techniques, for which the judge-interpreter must begin his/her legal reasoning always from the written text, to denote the value of the principle. Although the methodology hermeneutic belongs to the skeptical theory of the judicial interpretation, it provides an assessment of constitutional decision without leaving unlimited space to the will of the Judge, since hermeneutics secures a method for the controllability of the interpretive process, to prevent to the judgment of constitutionality is arbitrary or political. After the constitutional reform of 2001, the doctrine has spoken of a possible extension of constitutional legality, because the new Article 117, first paragraph, of the Constitution allows the principles descendants from European Union law and international conventions of integrate parameters of the constitutional control on the State laws. The extension of constitutional legality could have its inverse implication in the case some international law violates the fundamental principles of Italian Republican Constitution. In the contemporary European constitutionalism, that unites various juridical cultures, it appears to be of particular interest the juridical experience of Sweden: one of the most solid and efficient democracies in the world, characterized by an old constitutional tradition and a long absence of a control of constitutionality over state laws. Until recently, all the laws were interpreted by the swedish courts in full compliance and subordination to the will of the historical legislator. Lately, with the entry of Sweden in the European Union, following the recent constitutional reforms and through the introduction of a more stronger "widespread" control of constitutionality, the Swedish courts are gradually changing their traditional interpretation criteria for a more comprehensive and effective protection of human rights. ; Dottorato di ricerca in Persona, impresa e lavoro: dal diritto interno a quello internazionale (XXVIII ciclo)