È oggetto del presente lavoro di ricerca il pensiero filosofico-politico e giuridico di frate Bartolomé de Las Casas. Senza pretese di completezza e con il solo scopo di fornire linee guida per la sua valutazione critica, ho analizzato la complessa struttura intellettuale di Las Casas, le cui idee non si manifestano come rispondenti a un'unica e specifica scuola di pensiero, ma si avvicinano a diverse correnti di opinione e si collocano in una posizione d'avanguardia rispetto alla cultura medievale. Pur richiamandosi spesso ai maestri della Scuola di Salamanca e rifacendosi a numerosi fonti tradizionali del diritto, Las Casas riesce a organizzare il materiale così ricavato in maniera coerente, adattandolo a una situazione inedita e rendendolo effettivamente originale. Senza intento di dare risposte definitive, ho provato a offrire uno schema lineare e completo dell'apparato ideologico lascasiano, al fine di dimostrare l'importanza del suo contributo nell'ambito della Filosofia del diritto e della Filosofia politica. Ho scelto di studiare e approfondire le tre opere portanti del pensiero lascasiano: l'Apologética Historia Sumaria, il De Unico Vocationis Modo e il De Regia Potestate, nell'intento di fornire una visione d'insieme del progetto intellettuale di Las Casas e dare una spiegazione organica delle sue tendenze antropologiche, religiose, politiche e giuridiche, tra loro strettamente connesse. Dalla lettura critica dell'Apologética Historia Sumaria si ricava che: 1. in Las Casas esiste l'idea portante di unità del genere umano e da detta idea prende spunto l'intera sua speculazione filosofica: tutti gli uomini, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche, dalle condizioni sociali e dal livello culturale, sono uguali, in quanto dotati di ragione. Di conseguenza, tutti gli uomini, di qualsiasi nazione, godono degli stessi diritti naturali, inalienabili e inviolabili e devono essere rispettati allo stesso modo; 2. Las Casas crede nell'ideale evolutivo della società: non esistono società superiori o inferiori per definizione, ma esistono società temporalmente più antiche, che hanno accumulato una maggiore esperienza storica e che, per questo motivo, possono fungere da modello di civilizzazione, come nel caso della società europea. D'altra parte, tutte le società, finanche quella indigena, possiedono la capacità di giungere al livello più alto della cultura mediante l'educazione; 3. infine, Las Casas riprende criticamente il concetto aristotelico di "servo di natura" per interpretarlo mediante gli strumenti fornitigli dal cristianesimo: tutti gli uomini sono ugualmente degni e non esistono servi di natura se non per cause puramente accidentali. Di conseguenza, tutti gli uomini godono dei diritti naturali fondamentali, che non possono essere violati in nessun caso, neppure in nome di una presunta superiorità. Dalla lettura critica del De Unico Vocationis Modo si ricava che: 1. la religione è la colonna portante del pensiero lascasiano, tanto è vero che la fonte più citata nelle sue opere, salvo che nel De Regia Potestate, è la Sacra Scrittura. Pur mantenendo un'impostazione prevalentemente ortodossa, Las Casas mostra degli elementi di avanguardia, schierandosi contro l'assolutismo etico e dicendosi consapevole del fatto che neppure l'universalismo del cattolicesimo può appiattire le differenze; 2. Las Casas è un deciso difensore del rispetto delle credenze, delle culture e dei costumi, anche se diversi da quelli europei. Pur sostenendo che la verità è unica e appartiene alla sola religione cristiana, egli lotta per l'autodeterminazione religiosa dei popoli, i quali devono decidere autonomamente se aderire alle idee evangeliche o meno. Si colloca fuori dalla grazia di Dio chi tenta di imporre il Vangelo mediante la violenza e la sopraffazione, perché l'unico modo per attrarre gli uomini alla vera religione è quello persuasivo dell'intelletto e attrattivo della volontà. Solo il metodo pacifico è legittimo e conduce gli uomini sulla via della giustizia; 3. dunque, secondo Las Casas non è possibile imporre un sistema di valori, in generale, e una religione, in particolare, per quanto detentrice della verità. Nello specifico, egli si schiera contro l'uso della guerra al fine di evangelizzare: essa è iniqua, tirannica e ingiusta e costituisce un grave attentato contro il diritto naturale; 4. infine, Las Casas getta le fondamenta perché si possa incominciare a parlare di libertà religiosa, intesa non solo come un tentativo di non forzare i popoli a convertirsi al cristianesimo, ma anche e soprattutto come impegno a rispettare le culture e le credenze religiose diverse e proprie di ciascun popolo. Dalla lettura critica del De Regia Potestate si ricava che: 1. in Las Casas è preponderante la visione contrattualista: l'uomo è un soggetto comunicativo e l'insicurezza, il bisogno e la precarietà lo inducono a riconoscere l'altro, a stringere con lui patti certi e a rispettarli; 2. il pensiero di Las Casas è democratico e anticipa la modernità, basti pensare ad alcuni principi tipici del giusnaturalismo posteriore: il popolo come unica fonte del potere sovrano, il patto sociale come costitutivo del potere, il carattere volontario dell'associazione politica, il potere del principe come giurisdizione e non come dominio, il governo delle leggi e non delle persone, le libertà originarie e l'uguaglianza di tutti i popoli; 3. i principi sopra elencati diventano costitutivi dell'identità e autonomia di ciascun popolo e da essi nasce il concetto di libertà politica, intesa come la possibilità di godere e di esercitare nella pratica i propri diritti. Las Casas è chiaro nell'affermare che i cittadini, nell'assoggettarsi a un'autorità non perdono la loro sovranità, né tantomeno le loro libertà primigenie. Infatti, il grado di perfezione di una comunità è direttamente proporzionale alla libertà di cui godono i suoi cittadini: a maggiore libertà corrisponde maggiore perfezione; 4. infine, il nucleo centrale del trattato consiste nell'ammonizione dei governanti che compiono fatti o atti lesivi degli interessi e dei diritti dei cittadini. Nella pratica, afferma Las Casas, il governante non può alienare la giurisdizione, i beni fiscali o le proprietà del regno e dei privati. Egli, infatti, è solo un mandatario della comunità e non può agire se non avallato dal consenso di tutti i componenti. Esponendo l'idea del dominium, cioè della proprietà su se stessi e sui propri beni, Las Casas denuncia le prevaricazioni degli spagnoli sugli indios e, in particolare, la pratica dell'encomienda. Come è evidente, l'originalità del pensiero di Las Casas non risiede nelle idee singolarmente considerate, facilmente riconducibili a correnti filosofiche a lui precedenti, quanto nel loro congiunto: studiate organicamente, esse rappresentano un armonico inno alla libertà, alla democrazia e alla pace e fanno di Las Casas il filosofo dei diritti. Partendo da fonti tradizionali e ricorrendo a dottrine che non destano il sospetto di eterodossia, Las Casas propone qualcosa di nuovo, che servirà da spinta verso la modernità. Egli riprende i materiali intellettuali tipici del medioevo e della cristianità per disporli in maniera originale, così che possano essere adattati ai prima inimmaginabili scenari, che con l'incontro dell'America si prospettano reali per l'umanità. In tal senso, non bisogna dimenticare che Las Casas vive e scrive in un periodo di transizione epocale, in cui si verificano episodi cruciali per il passaggio dalla tradizione alla modernità. Egli opera in un periodo in cui un nuovo mondo può essere costruito, oltre che immaginato: infatti, l'originalità del progetto lascasiano diventa ancora più pregnante se si considera il suo impegno nel realizzarlo nel contesto delle Indie. Oltre a dimostrare coraggio morale e forza intellettuale, Las Casas è esempio di attivismo; infatti, la sua produzione, che si compone di una grande quantità di opere, è interamente finalizzata all'applicazione pratica. Con le sue teorie Las Casas vuole riuscire a gestire l'incontro tra Vecchio e Nuovo Mondo e a mediare tra gli interessi di popoli diversi, che adottano universi simbolici in gran parte discordanti tra loro. Egli prova ad affrontare la difficile transizione storica che l'Europa si trova a vivere dopo la scoperta dell'America, senza cadere in logiche imperialiste e in ideologie belliciste, ma piuttosto proponendo un modello che, ante litteram, potrebbe definirsi di pluralismo pacifista. Con un atteggiamento che non ha precedenti nella cultura europea, Las Casas inaugura un approccio plurale alla realtà prospettatasi dopo il 1492: egli abbandona il triviale pregiudizio razzista e incomincia ad ascoltare il punto di vista degli "altri", anche se infedeli, e tenta di accogliere serenamente le diversità. Las Casas non propone l'immagine della superpotenza europea destinata a governare il mondo, ma sottolinea la reciprocità di diritti e doveri tra spagnoli e indigeni autoctoni, insistendo sul doveroso rispetto dei costumi altrui. Egli è convinto sostenitore che ciascun popolo possiede una propria storia, un proprio destino e propri valori di riferimento, che devono essere rispettati. In altri termini, ogni popolo possiede una propria cultura, le cui caratteristiche dipendono dalle precondizioni antropologiche e sociologiche in cui si forma e che, di conseguenza, è particolare, contingente e provvisoria. Las Casas, dunque, si schiera contro il monismo culturale e pur riconoscendo la possibilità dell'esistenza di culture temporalmente più avanzate, come quella europea, non conferisce loro una funzione egemonica, ma anzi si prodiga perché le diverse culture possano rispettarsi e dialogare tra loro al fine di migliorarsi vicendevolmente. Ad esempio, così come gli spagnoli possono insegnare agli indigeni l'arte della dialettica, gli indigeni possono insegnare agli spagnoli l'arte del vivere secondo natura, ed entrambi trarne beneficio. Dunque, Las Casas denuncia il carattere ingannevole delle visioni imperialiste e propone un modello socio-politico meno ambizioso e presuntuoso, capace di accettare senza scandalo le diversità culturali, le discontinuità storiche e la frammentazione dei saperi. Egli promuove ante tempora gli ideali di solidarietà, fratellanza e uguaglianza e, in virtù di questi, combatte l'aggressività degli europei che nel XVI sec. vengono totalmente travolti dalla logica bellicista della conquista. Egli condanna gli spagnoli che, in nome di una presunta eccellenza morale, inneggiano alla guerra e benedicono idoli sanguinari, degradando uomini già deboli e sconfitti. Essi emettono sistematicamente sentenze di morte collettiva contro uomini che non hanno compiuto alcun illecito: la loro unica colpa è essere indios. Las Casas denuncia la magniloquenza e la violenza omicida degli aggressori e, da buon cristiano, si schiera dalla parte dei deboli, degli indigeni, dei poveri, dei vinti e di tutti quei soggetti che sono oppressi da una struttura sociale ingiusta. Egli condanna l'ideologia della "guerra giusta" e la considera solo una supina legittimazione a posteriori delle sistematiche prevaricazioni perpetrate dagli europei a discapito degli aborigeni americani: infatti, la guerra che gli spagnoli conducono contro gli indios è una vera e propria guerra di aggressione, asimmetrica e impari, in cui il potere degli aggressori è irresistibile e la difesa degli aggrediti senza speranza. In questo senso, l'unica "guerra giusta" è la guerra di difesa condotta dai popoli autoctoni continuamente vessati. Las Casas è lontano dall'intendere la guerra che ha come scenario le terre americane come una guerra del bene contro l'asse del male: nessuna civiltà, come nessun uomo, è detentrice del puro bene o del puro male. Tutte le civiltà, come tutti gli uomini, presentano in sé una parte di bene e una parte di male e, perciò, perché sia possibile un miglioramento, devono procedere insieme, dialogando e confrontandosi tra loro. Quindi, Las Casas propone un nobile ideale comunitario, basato sulla collaborazione tra popoli e sul rispetto e l'integrazione del diverso. Disegna il suggestivo quadro di un nuovo mondo fondato sulla giustizia, in cui è possibile la convivenza pacifica e in cui tutti gli uomini possono considerarsi ugualmente liberi. Questo è ciò che fa di Las Casas un pensatore straordinariamente e drammaticamente attuale. Non è un caso che ancora oggi la sua figura continui a suscitare molto interesse e numerose controversie interpretative: basti pensare che, a distanza di cinquecento anni, i movimenti che in Latino America si ispirano alla teologia della liberazione e perseguono l'obiettivo del rinnovamento cattolico, ufficialmente esposto per la prima volta dal Concilio Vaticano II, riprendono benevolmente la figura di Bartolomé de Las Casas. A titolo di esempio, si consideri la diocesi del Chapas, in cui Las Casas ha svolto la funzione di vescovo, che ancora oggi è impegnata nella lotta degli indios nella selva Lacandona e nella diffusione della dottrina cattolica-sociale. Las Casas ha proposto e affrontato questioni che nei nostri giorni rimangono aperte: egli ha vissuto e descritto tragici eventi, attribuendo loro una portata universale che va ben oltre alla questione indigena e coinvolge tutti gli uomini, di ogni luogo e tempo. In particolare, è stupefacente constatare la continuità che esiste tra gli argomenti utilizzati da Las Casas nel XVI sec. e quelli utilizzati oggi dai critici della politica espansionista dell'Occidente: in un'epoca in cui l'Occidente tenta di esportare i propri valori, in virtù di una presunta maggiore razionalità, e il mondo islamico non riesce a rispondere se non con lo strumento del terrorismo, la figura di Bartolomé de Las Casas ritorna di estrema attualità. In un mondo in cui a governare è l'economia di mercato e la politica incentiva la conflittualità tra popoli, Las Casas ritorna a ricordare i principi cattolici di fratellanza e uguaglianza, si erge nuovamente a simbolo di tolleranza, difende rigorosamente il pacifismo e riconosce l'alterità in nome della comune condizione umana.
Il diritto a un minimo decente di assistenza sanitaria – spesso chiamato, più semplicemente, diritto alla salute – fa parte dei cosiddetti diritti di seconda generazione, cioè quelli che richiedono un impegno attivo da parte dello stato per assicurare ad ogni cittadino la possibilità di una vita dignitosa. Il diritto alla salute si trova enunciato nei più importanti documenti internazionali, a partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), e nella maggior parte delle costituzioni nazionali, compresa quella italiana. Tuttavia, nel Sud del mondo, la sua applicazione è ostacolata da un gran numero di fattori (povertà, guerre, corruzione politica, ecc.); cosicché la maggior parte degli esseri umani vive in società prive di un sistema sanitario nazionale, cadendo vittima di malattie facilmente curabili o prevenibili. Per affrontare questo problema, la cooperazione sanitaria internazionale ha sperimentato nel tempo due diverse forme di intervento: una incentrata sulla diffusione dell'assistenza sanitaria di base (come raccomandato dalla Conferenza di Alma-Ata del 1978), l'altra sui cosiddetti "programmi verticali", i quali agiscono su singole malattie o branche della sanità. Nessuno dei due approcci però ha prodotto i risultati sperati. L'Ong italiana Emergency propone un modello di cooperazione sanitaria per molti aspetti innovativo: esso si fonda su progetti autogestiti e totalmente gratuiti (che vanno dalla pediatria alla chirurgia di guerra alla cardiochirurgia) ed è capace di incidere sul tessuto sociale nel quale si inserisce, fino ad influenzare le scelte politiche delle autorità locali. Solamente intervenendo in un modo simile sui determinanti sociali della salute, sembra possibile migliorare realmente lo stato di salute delle popolazioni più povere e garantire così la prima delle condizioni necessarie perché ogni persona abbia la possibilità di vivere una vita decente. ; The right to a minimum health care – often referred to as the right to health – is part of the so called second generation rights, that is, those rights which would necessitate active state efforts in order to guarantee every citizen a dignified standard of living. The right to health is recognised in all the most important international documents, the first being the 1948 Universal Declaration of Human Rights, and in the majority of national constitutions, including the Italian one. Nevertheless, in the southern hemisphere, its application is still facing many obstacles (e.g. poverty, wars, political corruption, etc.), to such an extent that the greater number of people live in society without National healthcare service, and they are likely to fall victims at easy-to-cure or preventable diseases. In order to cope with this problem, international cooperative forces for health care has experimented with two different strategies of intervention. Whereas the first one has been focused on diffusing primary health care (as recalled during 1978 Alma-Ata Conference), the second one has tried to put into action the so called vertical programs, whose goal is to act against specific disease or on health care branches. However, it seems that neither strategy has so far reached the desired aims. An innovative cooperation model is offered by the NGO Emergency. Their way of intervention is based on self-managed and free health care projects (concerning paediatrics, emergency war surgery, cardiovascular surgery, etc.) which can exert a considerable influence not only on the social tissue they develop within, but also on political decisions taken at local level. To take action on the social determiners of health seems to be the only way to actually improve poor people's health condition and to assure them the basis for a decent standard of living.
La questione energetica ha assunto, negli ultimi anni, un ruolo centrale nel dibattito mondiale in relazione a quattro fattori principali: la non riproducibilità delle risorse naturali, l'aumento esponenziale dei consumi, gli interessi economici e la salvaguardia dell'equilibrio ambientale e climatico del nostro Pianeta. E' necessario, dunque, cambiare il modello di produzione e consumo dell'energia soprattutto nelle città, dove si ha la massima concentrazione dei consumi energetici. Per queste ragioni, il ricorso alle Fonti Energetiche Rinnovabili (FER) si configura ormai come una misura necessaria, opportuna ed urgente anche nella pianificazione urbanistica. Per migliorare la prestazione energetica complessiva del sistema città bisogna implementare politiche di governo delle trasformazioni che escano da una logica operativa "edificio-centrica" e ricomprendano, oltre al singolo manufatto, le aggregazioni di manufatti e le loro relazioni/ interazioni in termini di input e output materico-energetiche. La sostituzione generalizzata del patrimonio edilizio esistente con nuovi edifici iper-tecnologici, è improponibile. In che modo quindi, è possibile ridefinire la normativa e la prassi urbanistica per generare tessuti edilizi energeticamente efficienti? La presente ricerca propone l'integrazione tra la nascente pianificazione energetica del territorio e le più consolidate norme urbanistiche, nella generazione di tessuti urbani "energy saving" che aggiungano alle prestazioni energetico-ambientali dei singoli manufatti quelle del contesto, in un bilancio energetico complessivo. Questo studio, dopo aver descritto e confrontato le principali FER oggi disponibili, suggerisce una metodologia per una valutazione preliminare del mix di tecnologie e di FER più adatto per ciascun sito configurato come "distretto energetico". I risultati di tale processo forniscono gli elementi basilari per predisporre le azioni necessarie all'integrazione della materia energetica nei Piani Urbanistici attraverso l'applicazione dei principi della perequazione nella definizione di requisiti prestazionali alla scala insediativa, indispensabili per un corretto passaggio alla progettazione degli "oggetti" e dei "sistemi" urbani. ; The energy issue has recently become crucial in the global debate in relation to four main factors: the non-reproducibility of natural resources, the exponential increase in consumption, the economic interests and the preservation of the environment and climate of our Planet. It is therefore necessary to change the pattern of production and consumption of energy, especially in cities where the highest consumption of energy is concentrated. For these reasons, the use of Renewable Energy Sources (RES) is now beginning to look as essential, appropriate and urgent even in urban planning. To improve the overall energy performance of the city system the government policies should come out of a "building-centric" operative logic covering, in addition to individual estates, the aggregations of buildings and their relationships/interactions in terms of input and output of matter-energy. The widespread replacement of existing estates with new hyper-technology buildings, is unlikely. So how, can we redefine rules and practices to create energetically efficient urban fabric building? This research proposes the integration of the emerging territorial energy planning and the more established zoning in the generation of the urban fabric "energy saving", adding to the energy and environmental performance of individual buildings those of the context, in a global energy balance. This study, describing and comparing the main RES available today, suggests a methodology for preliminary assessment of the mix of technologies and RES best suited for each site, configured as a "district energy". The results of this process provide the basics to prepare the necessary actions related to the integration of the energy efficiency in Town Planning through the application of the principles of equalization in the definition of performance requirements to the scale of settlements, which are essential for a correct transfer in the design of the urban "objects" and "systems".
Il carattere probabilistico delle leggi scientifiche e la più generale incertezza che sempre circonda l'implementazione sociale delle nuove tecnologie è stata all'origine di prospettive di policy diverse nei contesti normativi statunitense ed europeo. In ambito europeo, pur nella coesistenza di molteplici modelli di science policy, le riflessioni sull'incertezza sono state all'origine, anche nel settore della sicurezza alimentare, di nuovi strumenti giuridici che collegano l'allocazione delle conoscenze rilevanti a forme differenziate di responsabilità rispetto alle conoscenze medesime o alle loro conseguenze. In tali nuove forme di responsabilità si mescolano approcci innovativi1 e soluzioni che ripropongono in nuova veste il modello della certezza e dell'oggettività della scienza e dei suoi esperti. "Prendere sul serio" la società della conoscenza e il ruolo dei cittadini europei significa approfondire prospettive di ricerca epistemica, di valorizzazione di tutta la conoscenza rilevante e di riforma democratica 3 per ora più evocate che praticate dalle istituzioni comunitarie. ; In democratic knowledge-based societies the reference to scientific evidence as a source for objectivity and certainty has become a major tool to make law and policy more reliable and legitimate. However, as unforeseen risk in connection with science-based policies (especially in the health and food sector) can hardly be reduced and controlled, new legal concepts to deal with uncertainty in science policy have been shaped in different legal systems. The construction of a safe market both through certification bodies and the right to information for responsible citizens framed by Regulations 765/2008 and 1169/2011 belong to this theoretical framework. After having presented the main characters of the US and EU science policy, the paper argues in favor of a radical approach to uncertainty as a normal condition. This approach encompasses democratizing policy-making processes by assembling all relevant knowledge from citizens, and a two-ways communications between experts and nonexperts. In order to rebuild citizens' trust towards scientific and political institutions, and to establish sound forms of responsibility towards unexpected impacts of innovation, new interactions between science and society should take place
Con l'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto1 e l'avvento delle recenti direttive comunitarie che prevedono una drastica riduzione delle emissioni di GAS serra per il 20202, il tema dell'efficienza energetica è diventato una delle priorità dei governi nazionali. Il settore residenziale, al quale nei paesi europei è riferibile circa il 40% delle emissioni, è uno dei settori strategici per il perseguimento dell'obiettivo comunitario. Se da una parte le tecnologie esistenti rendono già possibile la realizzazione di nuovi edifici a consumo quasi zero, nel declinare questo paradigma negli ambiti urbani consolidati si incontrano ancora notevoli difficoltà tecniche, normative e culturali. Dal punto di vista tecnico lo sviluppo delle nuove tecnologie in edifici già esistenti può semplicemente non essere possibile o può generare costi non proporzionati ai benefici; mentre sotto il profilo normativo si può scontrare con le istanze di tutela del paesaggio e dei beni culturali o con regolamenti edilizi non adeguati alle nuove esigenze. La tematica dell'efficienza energetica degli edifici può essere divisa in due filoni profondamente differenti per approccio e metodologie utilizzabili: il progetto di nuovi insediamenti ed il recupero del patrimonio esistente. I nuovi edifici, o la realizzazione ex novo di interi complessi, costituiscono un'occasione privilegiata per applicare i criteri di sostenibilità energetica fin dalle prime fasi del progetto integrando le tecnologie disponibili in maniera ottimale. In questo caso il problema diventa squisitamente progettuale incentrandosi sulla sperimentazione di tecnologie e materiali o sullo studio di modelli insediativi sostenibili. Al contrario Il miglioramento della sostenibilità del patrimonio edificato esistente non è solo una problematica di ottimizzazione tecnico-architettonica ma ha tutte le caratteristiche di un problema decisionale non strutturato3 che coinvolge a più livelli planner, decisori e cittadini. In questo caso, tanto i dati di input del problema, ossia lo stato attuale delle caratteristiche del patrimonio edificato, quanto le metodologie per la sua risoluzione hanno un forte grado di indeterminatezza; ciò rende difficile valutare tra diverse ipotesi di trasformazione urbana. Attualmente è possibile conoscere i consumi del settore residenziale ricavandoli dalle vendite di combustibile e dalle bollette, ma il dato non è sempre disponibile e comunque fornisce un'informazione aggregata alla scala urbana dalla quale non è possibile esplicitare direttamente i legami con le caratteristiche del patrimonio edificato. Al contrario, per definire efficacemente un programma di trasformazione urbana in chiave sostenibile, si ha la necessità di esplicitare le differenze che intercorrono tra le diverse parti della città. Il protocollo di Kyōto è stato sottoscritto nella città giapponese di Kyōto l'11 dicembre 1997 ed è entrato ufficialmente in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da parte della Russia. I consumi reali del settore residenziale, ossia quelli misurati, non sono solo il risultato delle caratteristiche fisico-impiantistiche degli edifici, ma contengono una forte influenza della componente umana che con i suoi comportamenti incide notevolmente sul fabbisogno energetico. L'esplicitazione di questi due contributi è di primario interesse per la definizione mirata delle azioni rivolte alla parte fisica della città e per il progetto di efficaci campagne di educazione della cittadinanza. Per definire il fabbisogno energetico è necessario conoscere le caratteristiche fisico-geometriche degli edifici e quelle tecniche degli impianti; la mancanza di data base territoriali che possano fornire queste informazioni con completezza ed adeguato riferimento spaziale rende particolarmente difficile tracciare un quadro della conoscenza sufficientemente rappresentativo della realtà. Esistono in letteratura più esperienze che utilizzano metodi analitici, statistici o misti per definire il fabbisogno energetico del patrimonio edificato in maniera funzionale ai propri scopi, ma tutte, per superare la forte indeterminatezza dei dati iniziali, compiono assunzioni e semplificazioni, più o meno arbitrarie, che ne limitano la precisione e l'utilità dei risultati. Nel recupero sostenibile del patrimonio costruito, la sostanziale mancanza dei dati di partenza e la difficoltà di comunicazione tra il sapere tecnico di alcuni portatori di interesse e quello, meno specialistico, di decisori e cittadinanza complicano il processo di sintesi della conoscenza che è alla base di un'azione di piano efficace. I decisori, perciò si trovano a dover effettuare scelte in contesti conflittuali, caricati di forti aspettative economiche e politiche, su aspetti di natura tecnica non sempre facilmente comprensibili ed integrabili con le tematiche tradizionalmente inerenti la pianificazione urbana. In questo quadro teorico lo studio si pone l'obiettivo di definire una metodologia per l'implementazione di un sistema di aiuto alla decisione finalizzato all'integrazione dell'efficienza energetica nei processi di formulazione e valutazione di politiche, piani o programmi di trasformazione urbana. Il cuore della metodologia è un tool GIS che, integrando i dati disponibili con l'apporto della conoscenza esperta degli attori del processo decisionale, è capace di calcolare il fabbisogno energetico del patrimonio edificato (calcolo Standard UNI 11300) e simulare gli effetti di possibili alternative progettuali contribuendo alla definizione del quadro della conoscenza del piano. Lo scopo non è tanto ottenere una stima accurata dei fabbisogni energetici, quanto proporre una procedura che, utilizzando il linguaggio ormai acquisito della Certificazione Energetica, sia di supporto a decisori ed esperti nella sintesi della conoscenza per la formulazione e la valutazione delle politiche urbane. Il lavoro di tesi si articolerà in tre parti: la prima (Cap 1- Cap 5), a carattere più teorico, affronta alcuni temi che fanno da sfondo all'approccio metodologico di questo lavoro, che, pur entrando in argomenti piuttosto tecnici, ha l'obiettivo di 2 fornire uno strumento utile alla costruzione della conoscenza condivisa in un processo decisionale inerente le trasformazioni urbane in chiave di sostenibilità energetica; la seconda (Cap 6-7), vero cuore dello studio, descrive come il metodo proposto possa sia definire lo Stato Attuale del patrimonio edificato, calcolandone i Fabbisogni netti e di Energia Primaria (calcolo standard della UNI 11300), che simulare scenari progettuali inerenti l'efficienza energetica degli edifici e la produzione energetica da FER. la terza (Cap 8-9) riporta i risultati dell'applicazione della metodologia in un quartiere della città di Cagliari al fine di mostrarne, seppur parzialmente, le potenzialità ed i limiti. Infine, nelle conclusioni, si accenna ad alcune interessanti prospettive di ricerca fortemente legate a questo lavoro.
Il saggio propone una lettura critica delle politiche di sviluppo locale condotte in Italia nell'ultimo ventennio a partire dagli elementi di originalità e criticità riscontrati nell'esperienza regionale della Sicilia. Nella parte conclusiva il contributo propone alcuni orientamenti e condizioni di efficacia per le politiche di sviluppo locale del prossimo futuro.
The research deals with the subject of protection, development and reuse of disused extraction landscapes; the overall aim is to develop policies and tools for the reinterpretation of these areas through proposals which are able to take the opportunities arising from a systemic and interdisciplinary approach. The study analyzes both ancient and modern quarries, in accordance with the definition suggested by the research and highlights, through context analysis, the different methodological approaches aimed at tackling the main issues of the disused quarry sites. The sphere of analysis is that of coastal areas, with particular reference to the situation in Sardinia. The regional case of study, and the specific case of the city of Cagliari, allow to contextualise the planning scenario, offering the opportunity to verify the effectiveness of policies and tools which are already in place and to define new operational proposals. The experiences analysed provide the elements needed to set up guidelines, designed as support instruments for the policies for reinterpretation of the quarry areas. The guidelines are put together using a multi-criteria evaluation model based on the Analytic Hierarchy Process (AHP) (Saaty, 1980, 1988, 2001); this experimentation uses a scientific method and guarantees the identification of functional criteria for the definition of intervention priorities and long-term policies to be implemented in disused areas. The sites under examination are characterized by the presence of features related to the extractive history which deserve to be valued even if the quarries have ceased their activity in recent years. The research codifies existing policies and tools which support the reinterpretation of the quarry areas, the critical issues related to the processes, the opportunities arising from the scenario which has been analysed, and missed opportunities. The problematic issues which are found are addressed by proposals aimed at encouraging the paths of intervention in quarry sites and formulating policies and tools in structured paths. These proposals are aimed at outlining scenarios which are compatible with the territorial dynamics in place, and with renewed principles of protection and enhancement of the landscape, in order to overcome the fragmentation of the planning framework that emerges clearly from the performed context analysis.
This dissertation concerns the legal and jurisprudential issue of the "nature of things". In the first and second chapters I provide an analysis of some of the main uses of the expression 'nature of things' in italian legal science and jurisdiction, focusing on their frequent occurrence in commercial and administrative law. Then, in the following two chapters, I try to develop an explanatory model of a legal method based on the notion of nature of things, as a means to determine the content of a legal system. In chapter III my central aim is to show that even lawyers who subscribe to this method, use it only when an identification of the relevant legal issues is already available. It's only in a subsequent moment - which following Mario Jori I call 'determination' of the content of law – that in these lawyers' view the appeal to the nature of things bears its fruits, i.e. the possibility to improve our understanding of law through the study of social practices picked out by some legal concepts. Finally, in chapter IV, I focus on the peculiar treatment of legal concepts implied by this method. I maintain that we ought to refer to Kripke and Putnam thesis that conceptaul content depends upon the true nature of the things referred to rather than upon the descriptions or the criteria commonly associated to a concept. In this case, the criteria that can be defeated by the account of the true nature of a phenomenon are the ones established by the legislator. Unlike Kripke and Putnam, however, judges and lawyers who use the notion of nature of things enlarge the scope of this theory from natural kind concepts – for which it was originally conceived – to "social kind" concepts.
La sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012 rappresenta una formidabile occasione per fare il punto sull'evoluzione di diversi filoni giurisprudenziali che in essa convergono ed interagiscono in modo reciproco. Molteplici sono, ad esempio, gli spunti di riflessione che si possono trarre dalla sentenza in parola in ordine al filone (forse più controverso tra quelli toccati) riguardante il sindacato sui presupposti costituzionali della decretazione d'urgenza; è, inoltre, interessante analizzare l'evoluzione giurisprudenziale della Corte inerente il tema del rispetto del riparto delle competenze legislative regionali da parte del legislatore statale; ed, infine, sempre nella stessa decisione sembra riaffacciarsi il tema dei vizi formali della legge, non solo con riguardo alla peculiare fattispecie della legge di conversione di un decreto legge, ma anche in relazione al ruolo ricoperto nella presente vicenda dai regolamenti parlamentari (e dalla Presidenza della Repubblica).
Il continuo aumento della domanda di energia e la modesta autosufficienza energetica spingono le politiche energetiche dell'Italia, nel quadro degli impegni 20-20-20, verso un crescente impiego di biomasse forestali in progetti di produzione energetica delocalizzata e sostenibile. Per identificare opzioni progettuali in grado di soddisfare in modo sostenibile la domanda di energie rinnovabili è necessario produrre stime sufficientemente attendibili sulla disponibilità di biomasse forestali destinabili all'uso energetico, definendo criteri di sostenibilità nel prelievo calibrati sul contesto ambientale e socio-economico locale. In tale logica, il lavoro presenta un caso di studio finalizzato a quantificare nel comprensorio forestale di circa 27.000 ha dell'Alta valle dell'Aniene (Italia centrale) la quantità di biomassa forestale destinabile alla produzione di energia termica. La quantità annua di biomassa forestale destinabile alla produzione di energia, stimata attraverso un modello conservativo basato su criteri di utilizzazione forestale sostenibile, è pari a circa il 18% (21.000 t s.s. anno-1) della produttività annua delle foreste del comprensorio e i quantitativi unitari di biomassa ritraibile risultano pari a circa 2 t s.s. ha-1anno-1. La disponibilità complessiva di biomassa nelle aree maggiormente idonee sotto il profilo dell'accessibilità è di quasi 9.000 t s.s. anno-1, quantitativo sufficiente per implementare una filiera locale di produzione del cippato in grado di alimentare alcune decine di impianti di riscaldamento di edifici pubblici e privati. ; Italy's energy policy, in the framework of the 20-20-20 commitments, is oriented towards the increasing exploitation of wood biomass for local energy production projects; this is due to rising demand for energy and low self-sufficiency of the country. To support renewable energy targets in a sustainable way, reliable estimates on the wood biomass technically available for energy production are needed, taking into account local environmental and socio-economic constraints. This paper presents a case study aimed at assessing the wood biomass technically available for energy generation. The sample area is the forest (approximately 27.000 ha) of the Upper valley of Aniene River (Central Italy). The annual amount of wood biomass available for energy generation is estimated using a conservative model. It is based on environmentalcompatible and sustainable wood harvesting criteria. The available wood biomass is approximately 18% (21.000 t s.s. year-1) of the total forest productivity of the area, corresponding to about 2 t s.s. ha-1year-1. The overall biomass available in the most accessible areas is nearly 9.000 t s.s. year-1. This would be enough to support the development of a local wood-fuel energy chain, to feed several heating plants of public and private buildings.
L'anelito a una lingua universale comune a tutti i popoli informa la tarda antichità cristiana, pervasa dalla nostalgia di uno stato prebabelico. Le Etimologie di Isidoro di Siviglia, che costituiranno un testo-base per tutto il Medioevo occidentale, esprimono la necessità sia di una lingua comune, il latino, erede dell'universalità originaria dell'ebraico, sia di un altrettanto universale e a-storico diritto in grado di appianare incomprensioni e conflitti, e di condurre alla pacifica unità politica romano-gotica nella Spagna del VII secolo. ; The yearning for an universal, common to all nations, language, characterizes Christian late antiquity, that felt a deep homesick for a pre-babelic status. Isidore of Sevilla's Etymologiae, that were basis-text for all western Middle-Age, express the necessity of a common language – latin - heir of the originary universality of Hebrew and of an equally universal and non-historical law: it will seattle incomprehension and conflicts and will drive humanity to a pacific political Roman- Gothic unity in the Spain of VII century.
L'Amministrazione finanziaria e parte della giurisprudenza tendono a dare rilevanza, ai fini della determinazione dell'imposta di registro dovuta, all'«effetto economico finale», rappresentato dalla cessione, all'acquirente delle partecipazioni, del bene immobile o dell'azienda conferita, censurando il carattere elusivo del ricorso allo schema del conferimento seguito da cessione della partecipazione e, pertanto, assoggettando l'operazione de qua all'imposta di registro dovuta per la cessione dell'immobile o dell'azienda, al lordo di qualunque passività. Tale ricostruzione troverebbe fondamento proprio nell'art. 20 d.p.r. n. 131/1986, ai sensi del quale l'imposta, prescindendo dal titolo o dalla forma apparente, deve essere applicata tenendo conto dell'intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti: tale norma consentirebbe di determinare l'imposta dovuta in ragione della «causa reale» dell'operazione economica complessivamente realizzata, dunque prescindendo dal nomen iuris attribuito all'atto, ovvero dagli elementi emergenti dall'«assetto cartolare», dando invece rilevanza ad un presunto «intento negoziale oggettivamente unico» perseguito dalle parti, ricostruito sulla base (anche e soprattutto) di elementi extratestuali rispetto all'atto sottoposto a registrazione. Al contrario, nell'opposta prospettiva, per «effetti giuridici» sono da intendersi quelli «civilistici» e non v'è dubbio che, sulla base dell'art. 20 d.p.r. n. 131/1986, l'Amministrazione finanziaria può certamente prescindere dal nomen iuris attribuito all'atto dalle parti ma, nell'esercizio di tale potere di accertamento, dovrà limitarsi alla riqualificazione giuridica dell'atto, senza poter attribuire rilievo alle vicende economiche eventualmente sottese al medesimo o a qualunque altro elemento che sia esterno rispetto all'atto registrato. Nell'ambito dell'imposta di registro non esiste, infatti, una generale norma antielusiva e nell'applicazione dell'art. 20 d.p.r. n. 131/1986 deve darsi rilevanza agli «effetti giuridici» («civilistici») degli atti e non già a quelli «economici». È necessario che lo strumento di contrasto dei fenomeni elusivi sia previsto in un'esplicita fonte legislativa, la quale sola è in grado di evitare il pericolo che la lotta all'abuso del diritto si tramuti in un «abuso del potere». Anche a prescindere dalla codificazione di una regola generale anti-abuso e dalla "questione" della rilevanza di elementi extratestuali in sede di applicazione dell'art. 20 d.p.r. n. 131/1981, deve ritenersi quanto meno necessario un intervento normativo chiarificatore in punto di esatta individuazione del criterio temporale (in specie con riferimento al dies a quo) per la contestazione di fenomeni elusivi in materia d'imposta di registro.
At the beginning of The Concept of Law Hart suggests a mistaken assimilation between conduct that is 'non-optional' and conduct that is 'obligatory' (i.e,. conduct that is either coerced or subject to an obligation). This suggested assimilation vitiates the argument of the whole book, leading Hart to neglect the different ways in which the law typically tracks, corroborates or constitutes power relations. It is true that, famously, attention is paid, in The Concept of Law, to normative, legal powers. Brute social power, and law's relation to it—the role of law as a cog in the workings of social powers—, however, are largely overlooked. This is. in a way, Hart's blind spot. I list some of the ways, other from coercion or obligation, in which the law may happen to serve, corroborate or be an instrument of social power. I also show that Hart's treatment of the relations between the law and political power, in The Concept of Law, is unsatisfactory. Both his reconstruction of the ideal genesis of a developed legal system and the argument supporting a 'minimal content of natural law' presuppose the idea of a social group in which no power relationships subsist.