L'alea contrattuale: tra autonomia privata e speculazione economica
In: Quaderni della Rassegna di diritto civile
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In: Quaderni della Rassegna di diritto civile
a) Incendio e caso fortuito: rilevanza delle misure precauzionali adottate. Per andare esente da responsabilità il custode deve individuare, positivamente, il caso fortuito, ossia l'intervento di un fattore esterno di per sé solo capace di produrre l'eventus damni, onde restano a suo carico le c.d. «cause ignote». Gli eventi naturali possono integrare, sempreché imprevedibili ed inevitabili, il fortuitus; ma la loro semplice eccezionalità, di per sé sola, non è sufficiente ad escludere la responsabilità, dovendosi anche valutare (congiuntamente) il comportamento adottato dal custode, essendo a questi richiesto di adoperarsi mediante l'adozione di tutte le misure precauzionali che, in relazione allo stato della cosa, alla sua destinazione e alle circostanze del caso concreto, appaiono ordinariamente idonee a tutelare i terzi da pregiudizi. b) Le ondivaghe posizioni della giurisprudenza della natura dolosa dell'incendio. Recentemente la giurisprudenza ha osservato che l'accertamento della natura dolosa dell'incendio non è, di per sé, sufficiente a fornire la prova liberatoria a favore del custode, qualora il relativo procedimento penale sia stato archiviato per essere rimasti ignoti i responsabili; in altre pronunce, invece, il custode è stato assolto, anche in mancanza di identificazione del responsabile, ritenendosi sufficiente la prova dell'attività del terzo, sì da permettere l'imputazione a questi dell'evento. c) Incendio di veicolo in sosta: responsabilità ex art. 2051 c.c. o ex art. 2054 c.c.? Esulano dall'ambito di applicazione dell'art. 2051 c.c., i beni per i quali il legislatore ha individuato una disciplina specifica, come è per i mezzi adibiti al trasporto terrestre a guida libera, che trovano puntuale normazione nell'art. 2054 c.c. Qualora, tuttavia, il danno non sia in alcun modo collegabile, causalmente, alla circolazione stradale, intesa quale utilizzazione della via pubblica o della strada privata aperta al pubblico, compresa la sosta del mezzo, il regime della responsabilità è quello, generale, previsto per le cose in custodia, e non quello della disciplina specifica.
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a) Atto lecito dannoso e responsabilità civile. Il fondamento della categoria degli atti leciti dannosi va rinvenuto nella necessità di far convivere più diritti o interessi inconciliabili, ma comunque degni di contemporanea tutela. Un equilibrio difficile che si raggiunge, ragionevolmente, consentendo, da un lato l'atto e, dall'altro, la riparazione dell'interesse sacrificato. Sebbene sia ancora discussa la natura della responsabilità in esame, tra le diverse tesi prospettate dalla dottrina mi sembra meglio capace di realizzare tale bilanciamento quella di chi riconduce la figura al comune illecito, sulla considerazione che nell'attuale sistema della responsabilità civile il risarcimento non rappresenta la sanzione di una condotta, ma il mezzo di protezione della sfera giuridica soggettiva. b) Esercizio del diritto e scopo della norma . Il bilanciamento di interessi compiuto dal legislatore, del resto, non va oltre lo scopo delle norme che legittimano una certa condotta: il danno conseguente a questa è, dunque, fonte di responsabilità perché costituisce un illecito. Non è, invero, sufficiente individuare un atto autorizzato per escludere la responsabilità, rendendosi necessario, pur sempre, accertare l'ingiustizia del danno anche attraverso la valutazione del fine sotteso alla norma autorizzatrice.
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a) Il contratto aleatorio e i rimedi della giustizia commutativa. Il codice civile vigente dedica ai contratti aleatori l'art. 1469 senza, tuttavia, offrirne alcuna definizione, limitandosi piuttosto a dichiarare inapplicabili ad essi le norme sull'eccessiva onerosità e quelle sulla rescissione, essendo il rischio dell'alterazione economica dell'affare e dei termini del rapporto il connotato intrinseco dello schema causale. Da questa alea (c.d. alea giuridica), che colora e qualifica il contratto aleatorio, si distingue la c.d. alea normale, che è il rischio prevedibile, proprio di ogni contrattazione, al quale le parti si sottopongono instaurando una qualsiasi relazione negoziale. b) Contratti differenziali e mercati finanziari a termine. I contratti c.d. differenziali sono storicamente legati allo sviluppo dei mercati finanziari a termine: il contratto di compravendita differita viene utilizzato non più e soltanto per trasferire ricchezza, ma per allocare il rischio inerente alle oscillazioni di valore della stessa e quale vera e propria scommessa sull'andamento dei prezzi, offrendo agli investitori di operare allo scoperto. c) L'aleatorietà dei contratti differenziali semplici. Per molti anni si è dubitato della natura, oltre che della validità, dei contratti differenziali, stante la difficoltà di ricondurre tali operazioni ad una figura unitaria. Il legislatore italiano ha assunto una esplicita posizione al riguardo dapprima con la l. 30.3.1913, n. 272, decisiva per l'affermazione della validità ed efficacia dei contratti differenziali, da allora ricompresi nel novero dei contratti di borsa; poi con il testo unico dell'intermediazione finanziaria del 24.2.1998, n. 58, che ricomprese tra gli strumenti finanziari e tra gli strumenti derivati i futures, gli swaps, le options. Circa questi ultimi, è decisamente prevalente l'opinione che li qualifica come contratti aleatori, assumendo l'oscillazione di valore dei beni dedotti in contratto sempre come normale, escludendo la possibilità di una risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
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a) L'illegalità nel mondo «virtuale» Alle origini l'operatività degli internet service providers si è caratterizzata per una sostanziale libertà d'azione, evidenziata dalla mancanza di una disciplina specifica di regolazione. Di lì a poco, tuttavia, l'emersione, sempre più evidente, delle istanze di tutela dei fruitori, del diritto d'autore, della libertà di espressione, dell'onore, ecc., ha indotto il legislatore nazionale, anche sulla scorta delle precoci sollecitazioni della Commissione Europea, ad adottare una normativa puntuale delle attività dei providers, sì da accogliere l'affermazione che «ciò che è illegale fuori dalla rete rimane illegale anche sulla rete». b) La tutela dei minori esposti alle insidie della Rete La diffusione dei c.d. social networks è stata accompagnata dalla necessità, sempre più pressante, di approntare idonei strumenti a tutela dei minori, quali soggetti maggiormente esposti alle insidie della Rete. Decisiva è stata, al riguardo, l'elaborazione di un codice deontologico da parte dall'Anof, l'associazione nazionale che riunisce i fornitori di informazioni video ed audio, atto ad individuare una puntuale serie di obblighi d'informazione cui devono adempiere i prestatori. A tale misura ha fatto seguito una vera e propria campagna di «sensibilizzazione» dei soggetti tenuti alla vigilanza dei minori cibernauti, all'adozione di appositi strumenti capaci di limitare l'accesso a determinati contenuti. c) Verso l'affermazione della responsabilità degli ISP La giurisprudenza di merito si è dimostrata mutevole nell'affermare la responsabilità civile dei service providers. Ad ogni modo, la tendenza generale è quella di valutare l'attività concretamente esercitata, nel senso di chiamare a rispondere l'ISP ogniqualvolta la sua opera consista non già nella semplice fornitura del servizio di accesso alla Rete o di uno spazio di hosting sul quale terzi memorizzano informazioni, bensì nella creazione, gestione e manutenzione di siti, o di newsgroup moderati. Con particolare riguardo al c.d. hosting provider, l'art. 17 del d.lg. 9.4.2004, n. 70, esclude che il prestatore sia tenuto ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, così come pure a ricercare attivamente fatti o circostanze sintomatiche della presenza di attività illecite, potendo egli essere ritenuto responsabile solo per un fatto proprio, ovvero di un proprio ausiliario, e non per un illecito consumato da terzi.
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