Relativism, Absolutism, and «Cultural Difference». : Vulnerability and Boundaries Making in International Protection in Eastern Sicily ; Relativismo, assolutismo e «differenza culturale»: Vulnerabilità e produzione di frontiere nella protezione internazionale in Sicilia orientale
Vulnerability came to be a cardinal term for the humanitarian politics of life. On the one hand, it is naturalised as a shared condition and, at the same time, as it is linked to the recognition of specific needs, it becomes a condition for accessing certain rights. As a concept vulnerability tries to conjugate a theoretical aporia: all human beings are vulnerable, but certain subjects or groups are more so. This dilemma becomes particularly relevant in the field of international protection, where obtaining the label of vulnerable constitutes a crucial stake in accessing the right to stay. Through fieldwork research in eastern Sicily, the article moves from the recognition of certain discontinuities in this field. On the one hand, the margins for declaring vulnerable all actors involved in the field of reception, including so-called natives, have been extended. On the other hand, the possibilities have been reduced, through an attempt to improve the efficiency and quality of assessment procedures, which should include a transcultural sensitivity. The article, therefore, engages in an analysis of vulnerability policies within contemporary asylum governance, considering both those deployed by public service providers and by migrants themselves. Showing that the institutional allocation of the status of "vulnerable" is the result of complex and ambivalent practices, involving different actors, logics and discourses, the article explores the institutional will to both relativise and absolutise its work. Also illuminating the dimensions of political economy and structural vulnerability, the text attempts to articulate three levels that are implicated in the use of the category of vulnerability in immigration policies. The article concludes by offering some considerations regarding the controversial opportunity to continue to involve anthropology within this field of study. ; La vulnerabilità diventata un vocabolo chiave della politica umanitaria sulla vita. Da un lato viene naturalizzata come una condizione condivisa e, al contempo, in quanto connessa al riconoscimento di bisogni specifici, diventa condizione per accedere alla titolarità di alcuni diritti. Alla base del concetto si trova un'aporia concettuale: tutte le persone sono vulnerabili, ma alcuni soggetti o gruppi lo sono di più. Questo dilemma diventa particolarmente rilevante nel campo della protezione internazionale, dove l'ottenimento dell'etichetta di vulnerabile costitutisce una posta in gioco determinante nell'aver accesso al diritto di restare. Attraverso una ricerca di campo in Sicilia orientale, l'articolo si muove dal riconoscimento di alcune discontinuità in questo ambito. Da un lato si sono estesi i margini per dichiarare vulnerabili tutti gli attori coinvolti nel campo dell'accoglienza, anche i cosidetti autoctoni. Dall'altro, le maglie si sono ridotte, attraverso un tentativo di affinamento delle procedure di valutazione, che dovrebbero includere una sensibilità transculturale. L'articolo si dedica quindi all'analisi delle politiche sulla vulnerabilità all'interno della governance dell'asilo, considerando sia quelle dispiegate dagli operatori dei servizi pubblici che dalle stesse persone migranti. Mostrando che l'allocazione istituzionale dello status di "vulnerabile" è il risultato di pratiche complesse e ambivalenti, che coinvolgono attori, logiche e discorsi differenti, l'articolo esplora la volontà istituzionale di relativizzare e al contempo assolutizzare il proprio lavoro. Illuminando anche le dimensioni legate all'economia politica e alla vulnerabilità strutturale, l'analisi cerca di articolare tre livelli che sono implicati nell'utilizzo della categoria della vulnerabilità nelle politiche immigratorie. L'articolo si chiude, infine, proponendo alcune considerazioni riguardo alla controversa opportunità di continuare a implicare l'antropologia all'interno di questo campo di studio.