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La rigenerazione senza abitanti
La rigenerazione urbana è diventato un tema particolarmente rilevante negli ultimi anni sia nella ricerca scientifica sia nelle politiche e nel dibattito pubblico. Nato un po' in sordina, prendendo a prestito il concetto da altre discipline scientifiche, è diventato rapidamente – ormai forse da una quindicina d'anni – un tema e un concetto chiamato in causa nelle occasioni più disparate e come soluzione a tutti i problemi, dalle diverse parti in causa, sebbene poi con accezioni diverse: gli abitanti che reclamano la riqualificazione dei propri quartieri, soprattutto in periferia, a fronte di una mancanza di politiche e di uno stato di degrado spesso insopportabile; gli operatori economici (proprietari, costruttori e immobiliaristi) che cercano occasioni di rilancio del proprio settore – considerato in difficoltà – e occasioni di nuovi profitti; i politici e gli amministratori che cercano opportunità e modalità di nuovi annunci e di strade presunte innovative e spesso non concretizzate (se non in pochi casi), facendo l'occhiolino in modi diversi a soggetti diversi; i ricercatori che cercano o richiedono innovazione, vera o presunta, e che si distribuiscono su un range molto ampio da quelli più critici a quelli che cavalcano il mainstream delle politiche.
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L'azione pubblica e la valorizzazione del protagonismo sociale
Nel passato l'approccio territorialista ha sviluppato una critica alla pianificazione intesa come mera strumentazione disegnata su carta e su mappe, caratterizzata da rigidità, incapace spesso di cogliere i processi socio-economici e di trasformazione urbana e territoriale reali o di raccogliere le sollecitazioni che provengono dalle dinamiche sociali e dagli abitanti, come tali o organizzati in associazioni e comitati. Le elaborazioni sul "progetto di territorio" hanno teso a superare questi limiti e a prospettare processi e progettualità molto più ricche ed articolate, e radicate nei territori e nelle società locali. I limiti della pianificazione si sono mostrati più forti nei contesti urbani dove non è stata in grado, se non nei casi virtuosi e difficilmente nelle grandi aree metropolitane, di arginare la rendita e gli interessi economici. La stagione dell'"urbanistica negoziata" ha anzi aperto all'azione meno controllata del capitale privato, creando inevitabilmente più occasioni di carattere speculativo. Oggi, quindi, è reclamato anche dalle voci più critiche un recupero della pianificazione, sia come argine alle forme speculative, sia come necessità di rispondere alle esigenze sociali emergenti, sia con l'obiettivo di ridare senso all'azione pubblica e ad una dimensione di programmazione. Si tratta di un recupero della pianificazione in forma più aperta e articolata, come processo complesso in grado di coinvolgere tutti gli attori (compresi gli abitanti) e di ricostruire una dimensione di "interesse pubblico". La dimensione della partecipazione è stata sollecitata nel passato come modalità di superamento di molti limiti della pianificazione e di coinvolgimento dei vari soggetti sociali in processi decisionali più inclusivi e coinvolgenti. La lunga stagione della partecipazione (soprattutto negli anni '90, dopo la "stagione dei sindaci", fino a tutti i primi anni 2000), pur dando vita a tante esperienze interessanti, si è rivelata – soprattutto nelle grandi aree urbane – deludente e ha disatteso le aspettative, lasciando molta frustrazione e aumentando la sfiducia nelle amministrazioni. Nel tempo, non solo gli abitanti hanno progressivamente con sospetto le ambiguità delle proposte di processi partecipativi, ma davanti all'inefficienza delle amministrazioni hanno dato vita a molte esperienze di autogestione ed autorganizzazione, sia nella gestione delle aree aperte e degli spazi verdi, sia nella risposta al problema abitativo, sia nell'attivazione di servizi ed attrezzature a livello locale, spesso sviluppando politiche che in realtà sarebbero proprie dell'amministrazione pubblica (consumo di suolo zero, recupero aree ed edifici dismessi, ecc.). Le forme di autorganizzazione rispondono ad un'esigenza di riappropriazione dei luoghi, ma allo stesso tempo rischiano di essere sostitutive della pubblica amministrazione. In questo senso sono portatrici di ambiguità da guardare con attenzione. D'altronde sollevano una riflessione sui limiti oggi del soggetto pubblico. Il contributo intende evidenziare l'importanza e l'utilità del lavoro sul campo e direttamente con i soggetti coinvolti nella riqualificazione urbana (e sarebbe opportuno sviluppare una riflessione critica sulla stessa dizione di "rigenerazione urbana", usata così frequentemente), con particolare attenzione ai contesti urbani in cui è stato sviluppato. Tale approccio permette di cogliere la complessità dei problemi e il punto di vista dell'abitare, permette di valorizzare (all'interno di una cornice critica rispetto al modello di sviluppo e alle "idee di città") il protagonismo sociale, le azioni e le progettualità condivise che emergono sui territori, permette di creare contesti di maggiore coinvolgimento dei soggetti sociali, anche all'interno di dinamiche conflittuali (e persino antagoniste), ma costruttive. A partire dalle esperienze sviluppate, soprattutto nei contesti della periferia romana, si intende evidenziare il ripensamento della pianificazione come sistema articolato e integrato di: - assetti e regole condivise (attraverso processi di coinvolgimento sociale); - politiche (che riguardano, ad esempio, la casa, l'organizzazione del commercio, il sociale, ecc.); - azioni e interventi; - modalità di gestione (che siano in grado anche di valorizzare le energie sociali presenti); all'interno di un quadro di programmazione, di cui si sente molto la mancanza, soprattutto in quei territori che sono stati abbandonati dalla politica e dalle istituzioni. Tale sistema non è limitato alle questioni urbanistiche, ma ricomprende le diverse dimensioni della vita quotidiana, comprese quelle sociali e culturali. Si tratta di pensare una sorta di "rigenerazione dal basso", anche riconsiderando il dibattito sui beni comuni e il "diritto alla città", nonché i suoi limiti e le sue retoriche. In questi processi emerge un ripensamento delle istituzioni, un diverso ruolo del pubblico e forme innovative di collaborazione tra il pubblico e le realtà sociali. ; In the past, the territorialist approach has developed a critique of planning understood as mere instrumentation drawn on paper and maps, characterized by rigidity, often unable to grasp the real socio-economic and urban and territorial transformation processes or to collect the stresses that come by social dynamics and by inhabitants, as such or organized in associations and committees. The elaborations on the "territorial project" have tended to overcome these limits and to envisage processes and projects that are much richer and more articulated, and rooted in the local territories and societies. The limits of planning have proved stronger in urban contexts where it has not been able, except in virtuous cases and hardly in large metropolitan areas, to stem income and economic interests. The season of "negotiated urban planning" has indeed opened up to less controlled action than private capital, inevitably creating more speculative opportunities. Today, therefore, even the most critical voices are demanding a recovery of planning, both as a barrier to speculative forms, and as a need to respond to emerging social needs, both with the aim of giving back meaning to public action and a dimension of programming. It is a recovery of planning in a more open and articulated form, as a complex process capable of involving all the actors (including the inhabitants) and of reconstructing a dimension of "public interest". The dimension of participation has been called upon in the past as a way of overcoming many planning limits and involving the various social subjects in more inclusive and involving decision-making processes. The long season of participation (especially in the 90s, after the "Mayors' season", up to the early 2000s), despite giving rise to many interesting experiences, proved to be disappointing - especially in large urban areas - and disregarded expectations, leaving much frustration and increasing distrust in administrations. Over time, not only the inhabitants have gradually suspected the ambiguities of the proposals for participatory processes, but faced with the inefficiency of the administrations, they have given rise to many experiences of self-management and self-organization, both in the management of open areas and green spaces, both in response to the housing problem, both in the activation of services and equipment at the local level, often by developing policies that in reality would be proper to the public administration (zero land consumption, recovery of abandoned areas and buildings, etc.). The forms of self-organization respond to a need for re-appropriation of places, but at the same time they risk being substitutes for the public administration. In this sense, they are ambiguity bearers to look at carefully. On the other hand, they raise a reflection on the limits of the public today. The contribution aims to highlight the importance and usefulness of field work and directly with the subjects involved in urban redevelopment (and it would be appropriate to develop a critical reflection on the same term of "urban regeneration", used so frequently), with particular attention to urban contexts in which it was developed. This approach allows to grasp the complexity of the problems and the point of view of living, it allows to enhance (within a critical framework with respect to the development model and the "city ideas") the social protagonism, the actions and the shared projects that emerge on the territories, allows you to create contexts of greater involvement of social subjects, even within conflicting (and even antagonistic), but constructive dynamics. Starting from the experiences developed, especially in the contexts of the Roman suburbs, we intend to highlight the rethinking of planning as an articulated and integrated system of: - shared structures and rules (through social involvement processes); - policies (which concern, for example, the home, the organization of commerce, the social sector, etc.); - actions and interventions; - management methods (which are also capable of enhancing the social energies present); within a programming framework, which is very lacking, especially in those territories that have been abandoned by politics and institutions. This system is not limited to urban planning issues, but includes the different dimensions of daily life, including social and cultural ones. It is a matter of thinking a sort of "regeneration from below", also reconsidering the debate on common goods and the "right to the city", as well as its limits and rhetoric. In these processes, a rethinking of institutions emerges, a different role of the public and innovative forms of collaboration between the public and social realities.
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Ripensare Roma a partire dalle periferie. Un approccio integrato allo sviluppo locale dei quartieri
Roma è una città in evidente difficoltà, sia per una debolezza strutturale e un'economia prevalentemente "avventizia", sia per la mancanza di un progetto complessivo e di prospettive di futuro. Si tratta di carenze profonde, che denotano una cronica difficoltà di governo, una progressiva distanza delle istituzioni e della politica dai territori e una notevole debolezza dell'azione pubblica. Tali difficoltà si vivono maggiormente nelle periferie di una città che mostrava profonde disuguaglianze già prima del coronavirus. Si tratta di avviare processi che tengano insieme l'intervento fisico, le iniziative sociali e culturali, l'attivazione di economie trasformative, la ricostruzione di solidarietà sociali, la valorizzazione ed il sostegno delle forme di autorganizzazione e di riappropriazione dei luoghi, il coinvolgimento degli abitanti, la produzione culturale e il riconoscimento della ricchezza delle differenze. Bisogna declinare veramente un'idea di "rigenerazione urbana". Non più nei soliti termini ambigui della valorizzazione economica che dà spazio alla speculazione, ma in quell'approccio integrato ricordato e reclamato da più parti. Una rigenerazione dove si esprima un approccio collaborativo, quella "grande alleanza" tra i diversi soggetti in campo, dalle amministrazioni pubbliche ai centri sociali, dalle forze produttive all'attivismo sociale e al volontariato, che abbiamo intravisto - a tratti e in forma embrionale - nei giorni più tremendi della pandemia. ; Rome is a city in obvious difficulty, both due to structural weakness and a predominantly "adventitious" economy, and due to the lack of an overall project and future prospects. These are profound shortcomings, which denote a chronic difficulty of governance, a progressive distance of institutions and politics from the territories and a considerable weakness of public action. These difficulties are most experienced in the suburbs of a city that showed profound inequalities even before the coronavirus. It is about starting processes that hold together physical intervention, social and cultural initiatives, the activation of transformative economies, the reconstruction of social solidarity, the enhancement and support of forms of self-organization and re-appropriation of places, the involvement of inhabitants, cultural production and the recognition of the richness of differences. We really need to decline an idea of "urban regeneration". No longer in the usual ambiguous terms of economic valorisation that gives space to speculation, but in that integrated approach remembered and claimed by many. A regeneration where a collaborative approach is expressed, that "great alliance" between the various subjects in the field, from public administrations to social centers, from the productive forces to social activism and voluntary work, which we have glimpsed - at times and in an embryonic form - in the worst days of the pandemic.
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Promozione sociale e autorganizzazione nelle periferie della capitale
Il contributo intende sostenere che la piena cittadinanza e la piena capacità della promozione umana, soprattutto nelle periferie, avviene anche, e oggi soprattutto se pensiamo ai contesti urbani più difficili delle nostre periferie (a cominciare da quelli della Capitale), attraverso non soltanto l'inclusione nei servizi e il riconoscimento formale, ma anche attraverso il sostegno alle economie urbane sostenibili, in particolare alle economie locali (anche nel loro carattere di economie circolari), e alla promozione sociale complessiva dove gli abitanti possano essere protagonisti della loro presenza sui territori. Il contesto urbano è oggi caratterizzato dall'arretramento del welfare state, e dalla distanza crescente tra istituzioni e politica da un lato e territori dall'altra. In questa situazione si riconosce un ruolo particolarmente importante delle iniziative degli abitanti, singoli e/o associati, e delle loro forme di protagonismo sociale e di autorganizzazione, con tutte le dimensioni positive ma anche le ambiguità che questo comporta. Per tanti versi le forme di autorganizzazione costituiscono una forma di welfare sostitutivo. In questi contesti assume un particolare rilievo il problema del lavoro e dell'economia locale più ancora del degrado fisico o del disagio sociale. Esso rimanda al problema della definizione delle economie, dei modelli di sviluppo, ma anche della loro relazione con la promozione sociale e lo sviluppo di una piena cittadinanza dei suoi abitanti, anche in contrasto alle disuguaglianze crescente nelle nostre periferie ; The contribution intends to argue that full citizenship and the full capacity of human promotion, especially in the suburbs, also takes place, and today especially if we think of the more difficult urban contexts of our suburbs (starting with those of the capital), through not only the inclusion in services and formal recognition, but also through support for sustainable urban economies, in particular local economies (also in their character as circular economies), and for overall social promotion where inhabitants can be protagonists of their presence on the territories. The urban context is today characterized by the withdrawal of the welfare state, and by the growing distance between institutions and politics on one side and territories on the other. In this situation we recognize a particularly important role of the initiatives of the inhabitants, single and / or associated, and of their forms of social protagonism and self-organization, with all the positive dimensions but also the ambiguities that this entails. In many ways, forms of self-organization constitute a form of substitute welfare. In these contexts, the problem of work and the local economy takes on particular importance, even more than physical degradation or social unease. It refers to the problem of defining economies, of development models, but also of their relationship with social promotion and the development of full citizenship of its inhabitants, also in contrast to the growing inequalities in our peripheries
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Urbanistica e vita quotidiana. Il punto di vista dell'abitare
Il contributo ricostruisce un possibile percorso di transdisciplinarietà a partire dal rapporto tra urbanistica e vita quotidiana e assumendo il punto di vista dell'abitare. Se il compito dell'urbanistica è di dare una risposta all'obiettivo di migliorare le condizioni di vita degli abitanti, molto bisogna ancora fare ed è ancor più necessario allargare gli orizzonti disciplinari, innovare le categorie interpretative, gli approcci e le metodologie, appellarsi alla collaborazione con altre discipline, lasciarsene contaminare, sperimentare percorsi appunto transdisciplinari. La transdisciplinarietà ha un carattere induttivo, viene cioè costruita a partire dallo specifico campo di ricerca, dall'obiettivo di cercare le cose importanti per la vita delle persone e dalla necessità di rispondere alle domande sociali emergenti. Il contributo illustra alcune esperienze di ricerca che hanno sviluppato tale percorso di costruzione della transdisciplinarietà e conclude con alcuni corollari riferiti ai rapporti con i grandi processi strutturali, con i valori e con la politica. ; The paper reconstructs a possible path of transdisciplinarity starting from the relationship between urban planning and everyday life and assuming the point of view of living. If the task of urban planning is to give an answer to the objective of improving the living conditions of the inhabitants, much still needs to be done. It is even more necessary to broaden the disciplinary horizons, to innovate the interpretative categories, the approaches and the methodologies, to appeal to the collaboration with other disciplines, let them be contaminated, experiment with precisely transdisciplinary paths. Transdisciplinarity has an inductive character. It is built starting from the specific field of research, from the objective of looking for the things that are important for people's lives and from the need to respond to emerging social questions. The paper illustrates some research experiences that have developed this transdisciplinary construction path and concludes with some corollaries referring to relations with large structural processes, values and politics.
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"Rigenerare dal basso". Capacità di riuso e gestione innovativi nei quartieri in difficoltà della periferia romana
Il termine "rigenerazione urbana", già concetto originariamente abbastanza ambiguo, è diventato per molti versi - nell'uso comune e diffuso - uno slogan. D'altra parte molti territori esprimono capacità progettuali e di organizzazione, in grado di sviluppare politiche di "rigenerazione" e iniziative di qualità e complessità molto rilevanti. Questo riguarda, ad esempio, anche i quartieri ERP, che sicuramente costituiscono le situazioni più problematiche delle nostre periferie, non solo per i problemi edilizi ed urbanistici, ma soprattutto per la povertà, la mancanza di lavoro e la concentrazione del disagio sociale. In questo contesto si può riconoscere come nel recente passato assistiamo ad un crescente sviluppo di pratiche e processi di riappropriazione della città che sono anche processi di risignificazione dei luoghi. Molte sono le esperienze di autorganizzazione e le progettualità che il protagonismo sociale sviluppa sui territori, anche con le loro ambiguità. Un obiettivo della riqualificazione urbana è quindi quello di sviluppare "politiche per l'autorganizzazione" in grado di valorizzare sotto diversi punti di vista tali forme di autorganizzazione. ; The term "urban regeneration", formerly a fairly ambiguous concept, has become in many ways - in common and widespread use - a slogan. On the other hand, many territories express design and organizational skills, capable of developing "regeneration" policies and initiatives of very high quality and complexity. This concerns, for example, also the ERP districts, which surely constitute the most problematic situations of our suburbs, not only for building and urban problems, but above all for poverty, lack of work and concentration of social hardship. In this context we can recognize how in the recent past we are witnessing a growing development of practices and processes of re-appropriation of the city which are also processes of re-signification of places. There are many experiences of self-organization and planning that social protagonism develops in the territories, even with their ambiguity. An objective of urban regeneration is therefore to develop "policies for self-organization" capable of enhancing these forms of self-organization from different points of view.
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Urbanistica e vita quotidiana. Il punto di vista dell'abitare
Il contributo ricostruisce un possibile percorso di transdisciplinarietà a partire dal rapporto tra urbanistica e vita quotidiana e assumendo il punto di vista dell'abitare. Se il compito dell'urbanistica è di dare una risposta all'obiettivo di migliorare le condizioni di vita degli abitanti, molto bisogna ancora fare ed è ancor più necessario allargare gli orizzonti disciplinari, innovare le categorie interpretative, gli approcci e le metodologie, appellarsi alla collaborazione con altre discipline, lasciarsene contaminare, sperimentare percorsi appunto transdisciplinari. La transdisciplinarietà ha un carattere induttivo, viene cioè costruita a partire dallo specifico campo di ricerca, dall'obiettivo di cercare le cose importanti per la vita delle persone e dalla necessità di rispondere alle domande sociali emergenti. Il contributo illustra alcune esperienze di ricerca che hanno sviluppato tale percorso di costruzione della transdisciplinarietà e conclude con alcuni corollari riferiti ai rapporti con i grandi processi strutturali, con i valori e con la politica. The paper reconstructs a possible path of transdisciplinarity starting from the relationship between urban planning and everyday life and assuming the point of view of living. If the task of urban planning is to give an answer to the objective of improving the living conditions of the inhabitants, much still needs to be done. It is even more necessary to broaden the disciplinary horizons, to innovate the interpretative categories, the approaches and the methodologies, to appeal to the collaboration with other disciplines, let them be contaminated, experiment with precisely transdisciplinary paths. Transdisciplinarity has an inductive character. It is built starting from the specific field of research, from the objective of looking for the things that are important for people's lives and from the need to respond to emerging social questions. The paper illustrates some research experiences that have developed this transdisciplinary construction path and concludes with some corollaries referring to relations with large structural processes, values and politics.
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Roma, l'azione pubblica tra malgoverno e autorganizzazione
L'azione pubblica, intesa non solo come governo da parte dell'amministrazione pubblica ma come complessiva azione dei differenti soggetti nel campo pubblico e in grado di orientare la trasformazione della città, ha assunto nel tempo a Roma caratteri peculiari. Da una parte, un governo pubblico che si è mostrato inadeguato e che non è stato in grado di rispondere ai problemi della città, entrando spesso in una dinamica collusiva con gli interessi forti e di mercato e lasciando quindi spazio ad azioni speculative. Dall'altra, una società civile molto impegnata nella riqualificazione dei quartieri e nello sviluppo di forme di autorganizzazione, sia per rispondere a problemi sociali rimasti insoluti (come il problema della casa o la carenza di servizi e attrezzature pubbliche, a cominciare dal verde) sia per sostenere una mobilitazione politica e praticare processi di riappropriazione della città. Si tratta di un vasto campo di esperienze, molto numerose e molto diversificate, non scevre di ambiguità, ma ricche di contenuti, di produzione di cultura politica, di socialità, di inclusione. Il contributo intende sviluppare una riflessione critica su queste esperienze, sul rapporto con il governo della città, sulle difficoltà ed ambiguità dei processi di istituzionalizzazione. ; Public action, understood not only as a government by the public administration but as an overall action by the different subjects in the public sphere and capable of guiding the transformation of the city, has assumed particular characteristics over time in Rome. On the one hand, a public government that has proved inadequate and has not been able to respond to the problems of the city, often entering a collusive dynamic with strong and market interests and thus leaving room for speculative actions. On the other hand, a civil society very committed to the redevelopment of neighborhoods and the development of forms of self-organization, both to respond to social problems that have remained unsolved (such as the problem of housing or the lack of public services and facilities, starting with the green) and to support a political mobilization and to practice processes of re-appropriation of the city. It is a vast field of experiences, very numerous and very diversified, not lacking in ambiguity, but rich in content, in the production of political culture, sociality and inclusion. The contribution aims to develop a critical reflection on these experiences, on the relationship with the city government, on the difficulties and ambiguities of the institutionalization processes.
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Cities and Self-organization
In the contemporary city, we are today more and more witnessing different practices and processes of "re-appropriation of space": regeneration of empty buildings, spaces of cultural production, urban gardens, green areas given renewed significance and re-shaped public spaces, and so on. Beside this, we could also mention experimentations that are activating new social services and welfare spaces, and finally squatting projects, which are defining different modes of co-existence, housing and service provision. This is a vast field of activity and experience, with the widespread involvement and the leading role of the inhabitants, organized or not in committees or associations, and other local actors. Such experiences are both illegal and legal, and question the relationship and the very meaning of the institutions. In many cases, these are practices and processes of re-appropriation of the city that are also processes of resignification of spaces and production of places. Among these practices, many of them are re-opening spaces or re-activating some specific territories/neighbourhoods benefiting from very localized creativity and capitalizing on social relations that are fully embedded in local societies. We should also critically consider that practices of re-appropriation are often substituting the role of local policies and in some case promoting actions that are illegal/informal in a context where institutions are losing financial capacity as well as accountability. These experimentations are so focused on action that are simultaneously redefining the modes of social conflict as well as the routines and spaces of citizenship participation. These practices can be considered sites where to experiment and shape political capacity, thus questioning the very functioning of local democracy.
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Abitare pienamente la città. Protagonisti della polis a partire dalle sue periferie
Parlare di architettura o di urbanistica "sociali" è sicuramente molto importante e anche positivo, ma allo stesso tempo problematico e obbliga a definire bene i vari aspetti implicati e i margini entro cui si pone la questione. L'urbanistica, quasi per definizione, o almeno come carattere identitario originario, ha come obiettivo l'interesse pubblico più generale, e quindi anche uno scopo "sociale" se per questo intendiamo che abbia un occhio attento alle esigenze "sociali", che emergono dalla società. Ma si può dire anche di più. Indubbiamente è condiviso da molta cultura urbanistica e da molti urbanisti l'obiettivo di migliorare le condizioni di vita della società ed in particolare dei suoi componenti; in qualsiasi modo li vogliamo definire, con declinazioni che hanno portati anche differenti: abitanti, cittadini, appartenenti alla polis, appartenenti alla civitas, o semplicemente persone. Si tenga conto che gli abitanti della città non sono tutti uguali, e che quindi già la questione delle disuguaglianze è un problema. Inoltre, in relazione a questo, è importante che molto dipende anche dal punto di vista che si assume e qui si vuole assumere il punto di vista delle periferie, quel "luogo" della città che spesso, nell'immaginario collettivo, viene associato alle parti più degradate e problematiche, in una visione in realtà molto distorta di quel mondo, fatto di cose molto diverse tra loro, e di situazioni (nei casi in cui ci si riferisca ai quartieri dove si concentra il disagio sociale) molto ricche oltre che di problemi anche di potenzialità, risorse, progettualità, iniziative, culture, ecc. (Cellamare, 2016). Pur assumendo, fatto assolutamente non scontato, l'obiettivo di migliorare le condizioni dell'abitare, questo obiettivo è stato lungamente disilluso dall'urbanistica moderna e poi contemporanea. Rimanendo però questo il nostro riferimento bisogna subito chiarire che quando parliamo di architettura o urbanistica "sociali" non dobbiamo intenderle come un'architettura o un'urbanistica "buoniste", "concessive"; in particolare, da due punti di vista. Non è semplicemente che l'architetto, l'ingegnere, il tecnico in generale, da una parte, e l'amministrazione pubblica, dall'altra, fanno una concessione e condiscono le loro azioni e le loro politiche di attenzione alle esigenze sociali; né che questi soggetti semplicemente ascoltano e raccolgono le sollecitazioni e poi decidono in autonomia, aggiungendo appunto gli aspetti sociali.
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Gentrification in parallelo: quartieri tra Roma e New York
In: Scienze politiche e sociali
Democrazia partecipativa - Percorsi di economia partecipata nella regione Lazio
In: Democrazia e diritto: trimestrale dell'CRS, Band 44, Heft 4, S. 80-94
ISSN: 0416-9565
Forme di autorganizzazione sociale nelle periferie urbane e sul territorio
In vari contesti urbani, rurali e montani si sono diffuse sia pratiche molecolari sia forme di autorganizzazione socio-territoriale che rispondono ad esigenze e situazioni differenti spesso compresenti e complementari: il desiderio e la capacità di riappropriarsi dello spazio di vita ma anche di alcune dinamiche di sviluppo e gestione del territorio; l'obiettivo di superamento dell'inerzia della pubblica amministrazione in un contesto di progressivo allontanamento della politica e delle istituzioni dai territori; la necessità di rispondere ad esigenze urbane e sociali (servizi, spazi verdi, spazi pubblici, attrezzature, ecc.) che sempre meno sono disponibili soprattutto in forza del forte arretramento del welfare state; il desiderio e l'obiettivo di recuperare una dimensione di qualità (e, nei contesti urbani, di urbanità) che il modello di sviluppo neoliberista sta cancellando, reclamando così una diversa idea di città e di territorio. ; In various urban, rural and mountain contexts, both molecular practices and forms of socio-territorial self-organization that respond to different needs and situations that are often present and complementary have spread: the desire and the ability to regain the living space but also some dynamics of territory development and management; the goal of overcoming the inertia of the public administration in a context of progressive removal of politics and institutions from the territories; the need to respond to urban and social needs (services, green spaces, public spaces, equipment, etc.) which are increasingly available mainly due to the strong retreat of the welfare state; the desire and the goal of recovering a quality dimension (and, in urban contexts, of urbanity) that the neoliberal development model is canceling, thus claiming a different idea of city and territory.
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