Dal 23 luglio all'8 agosto si sono celebrati i Giochi della XXXII Olimpiade, mentre il 24 agosto sono iniziati i XVI Giochi Paralimpici, destinati questi ultimi a chiudersi l'8 settembre. Poiché l'evento paralimpico nasce ufficialmente a Roma nel 1960, Tokyo è la prima città ad aver ospitato per due volte i Giochi Paralimpici, dopo l'edizione del 1964. Le eccezionali condizioni dettate dalla pandemia hanno da un lato esaltato la capacità organizzativa delle autorità pubbliche nipponiche, ma d'altro canto frustrato una serie di effetti positivi che il Paese organizzatore dei Giochi si attendeva legittimamente di registrare. Analogamente alla strategia italiana, il Governo giapponese prende in considerazione alcuni parametri-chiave per delineare, a livello sub-statale, le contromisure da adottare per arginare la diffusione del contagio da Covid-19.
L'aggiornamento epidemiologico settimanale pubblicato dall'OMS il 31 agosto, sulla base dei dati ricevuti il giorno precedente dalle autorità nazionali, fotografa anche per il Giappone l'evoluzione della pandemia di Covid-19 all'estremo temporale di riferimento più vicino per la presente riflessione: 5.517 sono i nuovi positivi negli ultimi sette giorni, a fronte di un ammontare complessivo di contagi di poco superiore ai 67.000. Il totale dei decessi riferibile al Covid-19 è di 1264, di cui 88 nell'ultima settimana. Questi dati si coniugano con i parametri di 532 positivi e 10 deceduti ogni milione di abitanti, mentre la catena di trasmissione del virus viene catalogata come clusters of cases.
ll quadrimestre considerato è necessariamente dedicato, in massima parte, alla gestione della situazione sanitaria connessa al Covid-19. Per ragioni di contiguità geografica, nonché una radicata tradizione di scambi di persone e merci con il continente asiatico, il Giappone è stato investito sin dagli esordi del Nuovo Coronavirus dagli interrogativi politici – toutcourt – ad esso collegati. Almeno nel periodo gennaio-aprile 2020, in via preliminare, è lecito osservare in Giappone una evoluzione di tipo "cinese" delle conseguenze effettive, sotto il profilo sanitario, del Covid-19, abbracciando ogni precauzione possibile sotto un duplice punto di vista: da un lato nei confronti di un fenomeno nuovo, le cui dinamiche restano per lo più sconosciute; dall'altro lato rispetto allimite intrinseco di un metodo analitico che fotografa la risposta di un ordinamento in un periodo temporale dagli estremi definiti.
La Costituzione del Giappone è stata approvata il 3 novembre 1946 ed è entrata in vigore il 3 maggio 1947. In ossequio al principio di continuità legale, la Carta del 1946-1947 è un emendamento alla Costituzione dell'Impero del Giappone (c.d. Costituzione Meiji), in quanto promulgata conformemente alla procedura aggravata di revisione costituzionale (art. 73) contenuta nel testo ottriato dall'Imperatore Meiji nel 1889-1890. Eccettuando tale circostanza, verificatasi durante l'occupazione militare del territorio nazionale in conseguenza dell'esecuzione dei termini di resa incondizionata, l'ordinamento giapponese non ha mai proceduto ad alcuna revisione costituzionale in senso formale. Il testo della Costituzione Meiji è rimasto inalterato lungo tutta la sua vigenza, così come l'odierna Costituzione del Giappone. La previsione certamente più eclatante, frutto del peculiare processo di democratizzazione operato in Giappone nel secondo dopoguerra, è la c.d. "clausola pacifista", incapsulata nell'unico articolo, il 9, del Cap. II della Costituzione del Giappone. Sin dagli esordi della logica bipolare, ed in reazione alle dinamiche internazionali dell'immediato secondo dopoguerra – su tutte la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese e la guerra di Corea – l'indirizzo di politica estera e della difesa dell'ordinamento giapponese è stato ancorato al campo occidentale. Ciò è avvenuto principalmente mediante: a) un processo di democratizzazione esogeno di tipo monopolistico, che ha portato all'approvazione di una nuova Costituzione dopo poco più di due anni dalla firma dello strumento di resa; b) un Trattato di pace, che ha escluso la partecipazione di quei Paesi che, pur coinvolti contro il Giappone nel secondo conflitto mondiale, alla fine delle ostilità erano in contrapposizione nei riguardi della leadership statunitense; c) un Trattato di Sicurezza bilaterale con gli Stati Uniti, che ha prodotto i propri effetti contemporaneamente al Trattato di pace. In quest'ottica emerge la sensibilità del diritto costituzionale, in grado di evidenziare la statica e la dinamica dell'indirizzo della politica estera e della difesa nel Giappone contemporaneo.
Il 20 settembre il Primo Ministro Abe Shinzō ha conquistato il suo terzo mandato alla guida del Partito Liberal Democratico (LDP). Nella contesa intrapartitica, Abe ha conseguito un totale di 553 punti, mentre Ishiba Shigeru, l'unico altro candidato, ha ottenuto 254 punti. Il punteggio è calcolato dalla sommatoria delle preferenze espresse dai parlamentari del partito e da quelle dei suoi quadri. È interessante rilevare che mentre fra i parlamentari Abe ha ottenuto un vero e proprio plebiscito (329 voti, pari all'82%, contro gli appena 73 di Ishiba, pari al 18%), la dirigenza del partito si è espressa in maniera meno univoca: soltanto poco più del 55% (224 punti) ha votato per Abe, con la conseguenza che poco meno della metà (181 punti) dei quadri del partito ha indirizzato le proprie preferenze sul candidato espressione della minoranza interna.