La storiografia europea sulla Monarchia spagnola, indipendentemente dai complessivi quadri interpretativi ("composite monarchy", "sistema imperiale", "monarquía católica"), va esplorando negli ultimi anni la permeabilità dei suoi spazi, aperti alla circolazione di individui e gruppi al servizio degli Asburgo. Tale mobilità tra le discontinue (non solo geograficamente) frontiere di reinos e province spagnole (America compresa) ha riguardato in particolare quelle élite che, forti del sostegno di reti familiari e clientelari di potere, hanno più di altre contribuito alla costruzione e al funzionamento della Monarchia iberica "sub specie imperii". Lo spettro dei protagonisti e degli spazi della loro mobilità all'interno della "Monarquía" è assai ampio: esponenti di famiglie "organiche" alle élite urbane iberiche, da quelle andaluse – operanti in città strategiche dal punto di vista politico o economico (Cadice, Granada) o in centri minori (Baza) – a quelle galiziane, e funzionari al servizio degli Asburgo in delicati contesti politico-diplomatici come la Curia romana (ambasciatori e agenti), la corte imperiale (vicecancellieri) e il Ducato di Milano (militari).
La donazione di Malta da parte di Carlo V all'Ordine di S. Giovanni nel 1530 stabilì anche le modalità di nomina del vescovo dell'isola, la cui sede episcopale era soggetta fin dai tempi della conquista normanna al regio patronato e dunque al diritto di presentazione da parte del re di Sicilia: proposta da parte del gran maestro al sovrano spagnolo, tramite il viceré di Sicilia, di una terna graduata di candidati, previamente votata dal Consiglio dell'Ordine, appartenenti al grado di cappellano conventuale e di cui almeno uno siciliano. Da quel momento e sino alla fine del viceregno spagnolo di Sicilia (1713), dieci vescovi si alternarono sulla sede episcopale maltese. In questi quasi due secoli è possibile individuare alcune fasi che scandirono le complesse negoziazioni tra le corti e le diplomazie di Madrid, Roma, Palermo e Malta sulla scelta e designazione del vescovo. Elementi costanti di tali contrattazioni furono, da una parte, la politica clientelare dei gran maestri dell'Ordine, mirante all'acquisizione de facto di un diritto di presentazione "delegato" alla sede episcopale maltese attraverso l'imposizione come vescovi dei loro uomini più fidati, e dall'altra, le rivalità "nazionali" interne all'Ordine, in particolare tra cavalieri francesi e cavalieri spagnoli, riproposizione del più ampio conflitto internazionale tra le due più potenti monarchie d'Europa. ; Charles V's donation of Malta to the Order of St. John in 1530 also established the procedure for appointment of the bishop of the island, whose episcopal seat since the time of the Norman conquest was subject to royal patronage, and thus to the King of Sicily's right of presentation: the Grand Master would propose to the Spanish king, through the viceroy of Sicily, a ranking of three candidates, previously approved by the Council of the Order, belonging to the rank of convent chaplain and which contained at least one Sicilian. From that time until the end of Spanish rule in Sicily (1713), 10 bishops were chosen for the Maltese episcopal see. In these nearly three centuries it is possible to identify certain phases that characterized the complex negotiations between the court and various diplomacies in Malta, Palermo, Rome and Madrid, regarding the selection and appointment of the bishop. Recurring elements of these negotiations were, on the one hand, the political patronage of the Grand Masters of the Order, seeking to obtain de facto the "delegated" right of presentation to the Maltese episcopal see by imposing their most trusted men as bishops, and on the other, the "national" rivalries within the Order, particularly between French and Spanish knights, replica of the broader international conflict between the two most powerful monarchies in Europe.
Malo esse quam videri. La fonte documentaria dei processi di nobiltà degli Ordini militari (o religioso-cavallereschi), e dell'Ordine di Malta in particolare, ha dimostrato la sua utilizzabilità come "specchio" nel quale seguire le evoluzioni di una società – in particolare quella siciliana lungo i secoli dell'età moderna – in continuo mutamento e, perciò, teatro di frequenti conflitti tra famiglie in cerca di affermazione politico-economica. Come tutte le rappresentazioni di una società, quella risultante dai processi di nobiltà è naturalmente un'immagine indiretta, riflessa dalla particolarità della fonte utilizzata. L'analisi attenta dei singoli dossier dei processi di nobiltà svela spesso una realtà governata da logiche parentali e clientelari: dispense, raccomandazioni, complicità, ma anche scontri tra famiglie e patriziati concorrenti o tra le stesse sedi istituzionali dell'Ordine preposte al giudizio delle prove di nobiltà, all'interno delle quali, per di più, non sempre si raggiungeva l'unanimità dei consensi. Il risultato dei processi – promozione o bocciatura – non sempre era quindi il riflesso della vera condizione del candidato: sembrare contava più di essere!