Diritti delle minoranze: tra immigrazione e globalizzazione
In: Ricerche giuridiche. Nuovissima serie 194
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In: Ricerche giuridiche. Nuovissima serie 194
In: Collana Politiche migratorie. Ricerche 42
In: Collana del Laboratorio di ricerca sociale V
In: Sociologia e ricerca sociale: SRS, Heft 130, S. 108-123
ISSN: 1971-8446
In: Mondi migranti: rivista di studi e ricerche sulle migrazioni internazionali, Heft 1, S. 121-146
ISSN: 1972-4896
Il saggio proposto affronta la trasformazione delle rotte migratorie che attraversa-no i Balcani occidentali, con particolare attenzione a ciò che è accaduto e sta accadendo in Albania. Si tratta di caso emblematico perché´ in conseguenza dei recenti sviluppi della rotta dei Balcani occidentali, questo Paese, tradizionalmente realtà di emigrazione si è trasformato sia in Paese "di transito" sia in Paese "di destinazione" per un numero significativo di migranti. Per analizzare il fenomeno, ho scelto il caso degli Muxhahedin e degli Afgani in Albania. Si tratta di due comunità arrivate in Albania a seguito degli accordi tra il governo albanese e quello degli Sta-ti Uniti (in attesa di un loro viaggio definitivo). Il presente saggio muove da una duplice analisi, da un lato, vuole spiegare come le politiche di accoglienza influenzano il corso dei movimenti migratori nel Paese; dall'altro lato, propone una ricer-ca dei complessi flussi migratori irregolari nel paese, attraverso una doppia compa-razione interna tra "migrazioni irregolari in transito" e "le migrazioni regolari in transito". Alcune delle domande da affrontare sono: perché alcune realtà stanno diventando paesi di prima accoglienza? Perché le migrazioni in transito scelgono la rotta albanese? Perché i migranti prima di raggiungere la destinazione finale ri-mangono in transito e come vivono questa condizione? Quali sono le sfide politiche che stanno e devono affrontare i paesi di transito e quelli di destinazione? A quale categoria appartengano i migranti, quali sono le loro prospettive, rimanere nel Paese? Sulla base di una ricerca etnografica e di campo in territorio albanese cercheremo di dare risposte alle domande sopracitate.
Within the European Union there are several states that have implemented laws, often following different paradigms, to cope not only with the increase in migratory flows, but also to foster the integration and participation of the migrants themselves in socio-political and economic life . In recent decades, immigration into Europe has become a matter of primary and strategic importance for the definition of both internal policies and the external relations of the Union. The progressive settlement of substantial national and ethnic groups poses important economic, social and cultural challenges, to which the policies implemented have so far only partially responded. Guiding concepts like integration, assimilation and respect for diversity still struggle to find an adequate realization in the reception policies of the European states. In this regard, a real revolution in this area was the realization of the "common basic principles" of 2004, which made member states become aware of the respect for fundamental rights, non-discrimination and equal opportunities for all (Niessen,. Schibel, 2007), and it later became a mere "Common agenda for Integration". In this context, we can recall the decision of the Council and of the European Parliament n.1983 / 2006 which proclaimed 2008 as the European Year of Intercultural Dialogue. With this research, we intend to analyze the regulations concerning the migration of European governments and how they have changed over time, paying particular attention to the activation of inclusion strategies in some European Union countries; at the same time, we intend to find a strategy for a possible cooperation in the management of migratory processes. The integration regulations launched in Italy, Germany, France and the United Kingdom will be examined from the 1940s to 2015 and a comparative study will be conducted between the Community policies and the policies of four countries chosen to highlight common features and divergences.
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Il lavoro di questa tesi prende spunto dalle più recenti critiche e l'attuale contrasto all'approccio multiculturale e segue quattro obiettivi principali: 1) Dimostrare che il multiculturalismo non è fallito, attraverso spiegazioni analitiche ed empiriche; 2) Dimostrare che le comunità segregate si formano a prescindere dalle politiche migratorie o dai modelli di riferimento, ipotizzando che il vero impatto di queste politiche sta nella natura liberale o meno della formazione delle comunità segregate; 3) Dimostrare che in ambito locale stiamo assistendo all'implementazione di politiche multiculturali in contrasto con quelle nazionali e che le stesse forze politiche che in ambito nazionale criticano l'approccio multiculturale, a livello locale cercano il dialogo con le comunità etniche e religiosi e stimolano l'integrazione; 4) Superare il modello multiculturale introducendo il nuovo paradigma della "interculturalità", un concetto che tiene conto della moltiplicazione degli elementi di differenziazione all'interno dei flussi migratori, della loro reciproca interazione, e che sembra essere l'approccio più adatto a garantire la coesione sociale, il riconoscimento dei diritti e il rispetto delle identità culturali e religiose delle diverse componenti etniche presenti nelle realtà locali. Nel primo capitolo discuto i contributi dei più importanti studiosi che hanno concorso allo sviluppo del pensiero politico liberale nelle società passate e in quelle attuali (post-globali). Prendo in esame il dibattito sul liberalismo, comunitarismo e neo-comunitarismo e successivamente analizzo le riflessioni teoriche dei principali studiosi del pensiero politico legate all'epistemologia multiculturale. Questi studiosi, con i loro contributi, hanno in qualche maniera contribuito alla nascita ed allo sviluppo delle nuove teorie multiculturali. A partire dalle riformulazioni liberali di John Rawls, quelle neo-comunitariste di Charles Taylor, la critica sul fronte liberale di Jürgen Habermas e le riflessioni di Will Kymlicka. Questo Excursus servirà per dimostrare che recentemente il multiculturalismo è diventato un argomento di prima importanza nel dibattito nord-americano ed europeo, e le sue origini remote si rintracciano nel "pluralismo delle culture" di Giambattista Vico e nella "autocoscienza culturale" di Johann Gottfried Herder. Per questo ho ritenuto importante ricostruire le tappe di questa discussione. Per comprendere meglio i concetti e per analizzare i modelli e le politiche odierne è necessario partire dalle memorie collettive – i "mattoni" del progresso attuale. Il secondo capitolo tratta il concetto di multiculturalismo, le origini del problema multiculturale e le sue sfide. In una seconda parte, considero la questione multiculturale e multietnica in una prospettiva analitica che spiega alcuni modelli multiculturali; nella terza parte esamino la differenza tra multiculturalismo e modello multiculturale britannico, facendo emergere le criticità di quest'ultimo. Sempre in questa sezione, cerco di capire alcune cause che contribuiscono alla formazione delle comunità segregate e nell'ultima parte del capitolo svolgo alcune riflessioni su ulteriori casi di costruzione di queste comunità in altri Paesi europei (Germania, Francia e Italia). Dopo aver analizzato alcune ricerche di altri studiosi, espongo alcune ipotesi secondo le quali le comunità segregate si costruiscono a prescindere dalle politiche migratorie, visto che anche nei Paesi che adottano altri modelli di integrazione – ad esempio, quello assimilazionista o quello assistenzialista – si sono create delle comunità segregate. Le politiche migratorie, quindi, possono soltanto influenzare la forma delle comunità segregate, per un verso, lasciando i migranti liberi di costituirle (comunità "volute"), oppure imponendo delle situazioni di concentramento (comunità "imposte"), rendendole più aperte o più chiuse alle comunità di accoglienza. Nel terzo e nel quarto capitolo sono esaminate le riflessioni dei maggiori studiosi internazionali, attraverso la lettura le più recenti pubblicazioni di Tariq Modood, Ted Cantle e Gerard Bouchard. Ho rivolto particolare attenzione al Canada e al Québec: nel primo caso si rileva un modello implementato nel 1971, definito "modello multiculturale", invece nel secondo, contrapposto al primo, abbiamo un modello interculturale, sviluppato nella città nazione del Québec. Nel quinto capitolo esamino altri modelli interculturali, anzitutto quello formulato in America Latina da Fidel Tubino, in riferimento alle minoranze indigene del Perù e del Messico e alle loro richieste di partecipazione attiva nella vita pubblica; in Italia quello proposto da Pierluigi Consorti, con riferimento al discorso che sta sviluppando riguardo al dialogo religioso e al ruolo delle religioni nella società globale. In tale quadro verrà messo a fuoco il dibattito accademico che ha coinvolto molti Paesi europei nella sfida tra multiculturalismo e interculturalismo. Nelle conclusioni ho provato a comprendere come sia possibile percorrere una via di mezzo tra le posizioni multiculturali e interculturali, tenendo presente che in entrambi i casi rimane centrale il problema del riconoscimento tra maggioranza e minoranza all'interno di società diversificate. In questo caso, svolgo una riflessione sulle possibili linee-guida di un modello di implementazione di queste politiche in Italia, per superare i limiti presentati dal multiculturalismo: riconoscimento di molti gruppi etnici e culturali, possibile riconoscimento, frammentazione o ghettizzazione, con la prospettiva di un nuovo paradigma interculturale, dove alla maggioranza della società viene riconosciuta, attraverso regolamenti ad hoc, il mantenimento di alcuni elementi di memoria culturale collettiva ( i simboli, le religioni, la lingua, le festività, l'uso di elementi religiosi negli spazi pubblici con riserva), mentre alle minoranze nazionali, e in particolare ai nuovi arrivi, vengono riconosciuti alcuni diritti di rappresentanza e mantenimento della loro cultura.
BASE
Negli ultimi decenni l'immigrazione in Europa è divenuta materia di primaria e strategica importanza per la definizione sia delle politiche interne che delle relazioni esterne dell'Unione. Il progressivo insediamento di consistenti gruppi nazionali ed etnici pone ai paesi membri importanti sfide economiche, sociali e culturali, alle quali le politiche messe in atto hanno dato fino ad ora solo parziale risposta. Concetti-guida come integrazione, assimilazione e rispetto della diversità faticano ancora oggi a trovare una adeguata ed equilibrata attuazione pratica nelle politiche di accoglienza realizzate dagli stati europei. Il lavoro di tesi intende ricostruire lo stato dell'arte relativo ai modelli di integrazione fino ad oggi seguiti dai paesi europei di più antica esperienza migratoria (Francia, Inghilterra e Germania) e, attraverso il loro confronto, mette a fuoco le peculiarità che hanno fatto del modello multiculturalista britannico quello teoricamente più adatto a promuovere l'inclusione sociale degli stranieri residenti, come singoli e come comunità. A partire da questa ricognizione, la tesi procederà successivamente ad un confronto tra questi modelli e l'esperienza italiana, che definiremo un nonmodello per la mancanza di linee di orientamento strategico-culturale. Di fronte alle sfide poste ai paesi europei non solo dall'aumento qualitativo, ma soprattutto dalla dinamicità e dall'eterogeneità dei nuovi flussi migratori, l'ultima parte della tesi discute della necessità di superare anche il modello pluralistico britannico e di sviluppare un modello di integrazione dinamico e differenziale, in grado, cioè, di adottare strategie di integrazione diverse in funzione dell'anzianità migratorie, e al tempo stesso di riconoscere e garantire le diversità culturali e religiose. La riflessione teorica su questo modello viene approfondita, nella parte conclusiva del lavoro di ricerca, mediante una verifica di applicabilità di questo nuovo modello al caso italiano. In questa analisi di fattibilità, la riflessione è sorretta da una indagine di terreno sui punti di forza e di debolezza dell'esperienza di insediamento a Pisa delle comunità Bengalesi e Pakistane, realizzata dal candidato mediante numerose interviste a membri ed ai leader delle due comunità. Le interviste hanno infatti consentito a precisare da un lato le sfide aperte nel nostro paese dai nuovi ed eterogenei flussi migratori che lo attraversano e, dall'altro, le richieste di riconoscimento e di integrazione (appunto dinamiche e differenziali) che provengono al modello italiano dalle nuove comunità che si sono insediate.
BASE
In: Sociologia e ricerca sociale: SRS, Heft 125, S. 118-137
ISSN: 1971-8446