Il sistema dei rimedi post-iudicatum in adeguamento alle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo
Da tempo il principio di intangibilità del giudicato penale è oggetto di un inarrestabile "processo erosivo", tra l'altro per i riflessi, nell'ordinamento interno, della normativa internazionale a tutela dei diritti umani. Il riferimento va, in particolare, all'obbligo, per gli Stati membri del Consiglio d'Europa, di dare esecuzione alle sentenze della Corte Edu che riscontrino una violazione delle garanzie convenzionali: considerato, infatti, che la Corte può essere adita solo previo esaurimento delle vie di ricorso interne, l'adozione delle misure, diverse da una mera riparazione pecuniaria, prescritte a ristoro della violazione, si pone di regola a valle del giudicato, ciò che può imporne la cessazione degli effetti, la modifica o la rimozione. Nell'inerzia del legislatore, la via italiana all'individuazione di un apposito rimedio post-iudicatum si è rivelata tortuosa, passando prima per soluzioni pretorie, poi per l'intervento additivo con cui la Corte costituzionale ha introdotto la revisione "europea", che peraltro non offre copertura esaustiva, data l'eterogeneità delle violazioni convenzionali e delle relative prescrizioni riparatorie. Di qui, l'azione combinata della giurisprudenza ordinaria e costituzionale ha percorso altre strade, in particolare attraverso una lettura estensiva dei poteri del giudice dell'esecuzione. Ciò, anche nell'ambito di una discussa tendenza "soggettivamente espansiva" dell'obbligo esecutivo ex art. 46 CEDU, secondo cui la rimozione del giudicato andrebbe estesa a soggetti diversi dal ricorrente a Strasburgo, ove versino in analoga situazione. In tale contesto, il libro ricostruisce presupposti, ambito applicativo e difficoltà operative della revisione europea e di alcuni altri strumenti caducatori del giudicato "convenzionalmente illegittimo", cercando di ricondurre a sistema uno stato dell'arte che sconta l'handicap della matrice giurisprudenziale. Al contempo lo studio fornisce qualche spunto de iure condendo, per rialimentare un dibattito che non può dirsi chiuso dalla supplenza giurisprudenziale