Trascrizione in tedesco della videointervista a Gaetano Licata, a cura di Arno Brandlhueber, sul tema degli edifici incompiuti (Maifinito) ed estratti tradotti in tedesco dell'omonimo libro dell'autore pubblicato da Quodlibet, all'interno del nr. 225 della rivista di architettura tedesca Arch+, numero monografico dal titolo "Legislating architecture", sul rapporto tra legislazione e progetto di architettura. Estratti della videointervista sono attualmente in proiezione (da maggio a novembre 2016 presso il padiglione centrale della Biennale di Venezia 2016 - Architettura, all'interno del contributo di Arno Brandelhueber e Christopher Roth. La stessa intervista è apparsa anche nella versione monografica (arch+ nr. 224) di Legislatig architecture in inglese ; The architect Gaetano Licata, who once taught architecture at the University of Kassel, is now a professor in the Faculty of Architec- ture at the University of Palermo, where Isabella Fera is also on the academic staff. In 2014, Licata published the collection Maifinito, with editorial assistance by Fera. The book featured essays, projects, and a selection of "international artistic, social and architectural experiences," all of which centered around the "fenomeno del maifinito,"1 the maifinito phenomenon—in other words, the enormous number of unfinished buildings in southern Italy, and especially on the island of Sicily. Many of these buildings, so-called maifiniti, have been constructed entirely outside the legislative framework—a phenomenon that perfectly encapsulates the relationship in Italy between construction, the public vs. private realm, the state, and legislation. In December 2015, Arno Brandlhuber met Isabella Fera in Palermo for a wide-ranging discussion. Afterward, he traveled to the south of Sicily to converse with Gaetano Licata in a building he rebuilt, the Santa Barbara Hospital in Gela.2 ; Der Architekt Gaetano Licata hat an der Universität Kassel Architektur unterrichtet und ist heute Professor an der Architekturfakultät der Universität von Palermo, an der Isabella Fera ebenfalls unterrichtet. 2014 erschien der von Licata herausgegebene und von Fera bearbeitete Sammelband Maifinito, der das Phänomen nicht fertiggestellter Gebäude im Süden Italiens und speziell auf Sizilien untersucht. Viele dieser Bauten sind gänzlich außerhalb eines legislativen Rahmens entstanden. Im Dezember 2015 führte Arno Brandlhuber zunächst in Palermo ein Gespräch mit Isabella Fera und traf anschließend Gaetano Licata im von diesem umgebauten Santa Barbara Hospital in Gela, im Süden Siziliens.
A Leinefelde nella ex-DDR è stata realizzata l'originale trasformazione di un quartiere costruito in "Plattenbau" (edifici residenziali in prefabbricazione pesante). L'articolo descrive e interpreta questa operazione dell'Arch. S. Forster all'interno del numero 132 di Lotus interamente dedicato a "Housing Differentiation". Nell'ottica delle potenzialità di trasformazione che l'architettura del dopoguerra possiede come caratteristica intrinseca, la trasformazione di Leinefelde si evidenzia per le sue implicazioni tipologiche e urbane, ma anche per quelle indirette di tipo sociale e politico: cristallizzare il passaggio dalla residenza come "bene sociale" nella ex-DDR a "bene individuale" nella nuova Germania riunificata. Attraverso un concetto molto radicale di sottrazione puntuale, da un edificio collettivo lineare di 118 m di lunghezza con 150 appartamenti vengono ottenute 8 ville urbane con circa 8 appartamenti ciascuno. Disegni interpretativi dell'autore descrivono questa trasformazione architettonica, dettata anche da un cambio di paradigma delle condizioni politiche e dei desideri degli abitanti rimasti a vivere nell'ex DDR. (Testo in italiano e in inglese)
La questione dell'abusivismo edilizio in Sicilia si può leggere come parte di un fenomeno più vasto, quello di una espansione poco programmata e costituita da una grande quantità di edifici costruiti prevalentemente a uso residenziale, tra gli anni '60 e '80, da piccoli imprenditori o da privati, e che hanno dato vita a parti di città dimensionalmente rilevanti. Questi edifici o insediamenti urbani, che si presentano ancora frammentati e incompiuti, sono riconoscibili per materiali, per povertà di linguaggio, per tecnica costruttiva prevalente. Una gran parte di essi sono stati realizzati originariamente fuori dalle regole urbanistiche prescritte, ma nel tempo hanno prodotto tessuti e paesaggi dove adesso non è più così facile, e da certi punti di vista neanche utile, distinguerli ed enuclearli con precisione dal contesto, in quanto materia in continuo divenire, infatti: - Molti edifici, mai completati, sono sempre suscettibili di evoluzioni/completamenti. - Vi è un continuo passaggio di stato degli edifici, da abusivo a legale, a volte reiterato per successivi abusi e sanatorie. - Gli iter giuridico-amministrativi danno luogo a una gamma di situazioni intermedie tra il definitivo rientro nella sfera della legalità e l'esecuzione di demolizione. - La vita che via via si è consolidata in queste aree e qualche azione sporadica di riqualificazione fa continuamente cambiare le condizioni al contorno. Dopo un'ondata di ricerca e riflessione scientifica sull'abusivismo in Sicilia negli anni '80, che ha iniziato un censimento e un approfondimento sui temi ad esso legati: autocostruzione, carenza di abitazioni, necessità di nuove infrastrutture e piani, oggi l'interesse verso la questione sembra molto più scarso e frammentario. Il termine stesso, anche a livello amministrativo, sembra essere diventato tabù, meglio parlare di infrazioni, di violazioni e non di abusivismo, parola che sembra connotare più una cultura complessiva che semplici episodi freddamente elencabili, sanzionabili e dunque risolvibili. Un'apparente abitudine a non "vedere" ha avuto ormai la meglio: la questione ha strascichi giuridici complicati, risvolti politici scomodi, la sua consistenza fisica è di edifici spesso considerati brutti perché nudi, monchi, amputati, in degrado. Una materia di base non molto invitante per la cultura architettonica più interessata alle opere alte e colte. Eppure se si decide di cominciare a "vedere" questa materia è necessario farlo con il distacco necessario a scoprirne perfino i pregi o le cose che inaspettatamente può insegnare. I momenti in cui l'abusivismo esce da questa invisibilità e conquista l'attenzione mediatica sono legati alle campagne ambientaliste, mirate alle demolizioni dei cosiddetti ecomostri, attese in una specie di rivalsa voyeurista collettiva. Questa attenzione episodica oscura la dimensione più diffusa nel territorio dei paesaggi figli dell'abusivismo, che, insoluti, ancora ci pongono delle domande. Lo stato di sospensione in cui si trovano molti immobili: demolibili, ma non demoliti, fa paradossalmente aumentare lo stato di degrado non solo degli edifici ma anche delle aree immediatamente circostanti. La stessa demolizione, giustificata su basi esclusivamente giuridiche, a volte si rivela addirittura controproducente, perché attuata in tessuti per il resto consolidati. Inoltre spesso la demolizione si limita a una azione violenta attuata tramite ruspe, tesa ad annullare la parte visibile del manufatto, senza porsi il problema di ciò che accadrà dopo ai resti di macerie e fondazioni (v. lungomare di Carini (PA)): come ridare un nuovo senso a ciò che resta? La drammaticità di alcune catastrofi naturali che hanno provocato in alcuni casi la perdita di vite umane provoca accelerazioni forzate nei processi di riqualificazione di impronta pubblica in territori ad alto rischio idrogeologico (più dell'80% dei volumi abusivi in Sicilia sono costruiti su terreni con vincoli sismico e idrogeologico). Legittimamente l'enfasi di questi progetti di emergenza è posta sulle opere di salvaguardia tecnica, che mirano a evitare future nuove catastrofi, ma altri aspetti carenti di questi luoghi, che riguardano l'uso, la vivibilità, i sistemi viari, le strategie di sviluppo, passano in secondo piano o vengono ignorati, perché meno impellenti. Giampilieri e Ponte schiavo (ME) sono esempi in cui si è tentato di interpretare il compito della messa in sicurezza al di là dei suoi aspetti puramente tecnici, integrandolo con aspetti paesaggistici e perfino di minuta riqualificazione urbana. Questo paesaggio incompiuto tende in qualche modo a completarsi. Spesso il completamento avviene per sopravvenute necessità ad opera dei proprietari, singolarmente o in gruppo. Alle sproporzioni tra le parti, agli errori tipologici o di posizionamento, si sopperisce con un repertorio decorativo fatto di particolari e finiture storicizzanti (cantonali, cornici, stucchi, ecc.), inconsapevolmente eredi della cultura iperconservativa nata per i centri storici e della stagione architettonica Postmoderna. Un'altra abitudine che si diffonde è quella di dipingere gli edifici con colori sgargianti, comunicando così a voce alta il presunto passaggio verso il mondo della legalità e della compiutezza. Legalizzare o completare un singolo edificio/oggetto comporta però un piccolo miglioramento puntuale, mentre ha poco effetto sull'insieme del paesaggio che la massa fatta di singoli edifici ha prodotto nel tempo. E' sul piano complessivo che strategie perfino immateriali di recupero provano a cambiare indirettamente l'identità di queste aree nate illegalmente. Un tentativo del genere si registra a Triscina (TP), dove la realizzazione sui margini dell'insediamento di villeggiatura abusivo di un nuovo ingresso al parco archeologico di Selinunte potrebbe innescare meccanismi virtuosi e dinamici di recupero concreto, avendo un impatto sicuro in termini di visibilità, di risvolti sugli usi e sul valore delle aree. L'arte nel frattempo si nutre e si occupa in vario modo di questi scenari, lavorando con l'immaginario che producono o con la loro consistenza fisica, con azioni paradossali e provocatorie come la fondazione del "Pizzo Sella Art village" (PA), in cui protagonisti della Street Art hanno operato su una località considerata simbolo dell'abuso, dalla storia travagliata e mai risolta. Ripensare all'abusivismo oggi richiede la consapevolezza che si tratta di aree con una condizione complessa con la quale convivere, accettando un lavoro lento di mediazione non applicabile in forme generalizzabili, ma adatte alle singole situazioni, attraverso una continua indagine sulle potenzialità, le vocazioni, le nuove necessità e la vita che vi si è consolidata.
The book Maifinito featured essays, projects, and a selection of "international artistic, social and architectural experiences," all of which centered around the "fenomeno del maifinito,"1 the maifinito phenomenon—in other words, the enormous number of unfinished buildings in southern Italy, and especially on the island of Sicily. Many of these buildings, so-called maifiniti, have been constructed entirely outside the legislative framework—a phenomenon that perfectly encapsulates the relationship in Italy between construction, the public vs. private realm, the state, and legislation. In December 2015, Arno Brandlhuber met Isabella Fera in Palermo for a wide-ranging discussion.