Il saggio si propone di fare il punto sulle pratiche di registrazione fondiaria (e catastale) nel mondo greco anche alla luce di alcuni nuovi documenti epigrafici di recente pubblicazione. Il punto di partenza è costituito dal frammento peri symbolaion delle Leggi di Teofrasto (fr. 650 Fortenbaugh), in cui il più efficiente strumento di pubblicità nelle transazioni immobiliari viene individuato dell'ἀναγραφὴ τῶν χρημάτων καὶ τῶν συμβολαίων, un tipo di registro di cui rimane incerto se fosse organizzato su base personale o reale. Nella seconda parte della relazione si passa ad un esame di alcune testimonianze epigrafiche dalle quali emerge come la tipologia documentaria più ricorrente è rappresentata dal registro delle vendite in cui l'individuazione delle proprietà avviene su base descrittiva. Alcune nuove testimonianze epigrafiche rimandano peraltro a registrazioni ordinate sulla base di suddivisioni in settori del territorio della polis in cui i riferimenti ai lotti avviene su base non descrittiva ma numerica: verranno in particolare analizzati due documenti ellenistici rispettivamente da Amatunte (Cipro) e Larissa (Tessaglia). Quanto questo tipo di registrazioni fosse di applicazione sistematica o il prodotto di circostanze specifiche rimane una questione aperta, sebbene emerga in modo chiaro come tali registrazioni fossero funzionali non soltanto alla dimensione giuridica e del controllo politico-sociale ma anche, più di quanto per lo più si ammetta, a quella fiscale.
A proposito della "terra regia" (chora basilike) nella Macedonia di età classica ed ellenistica e delle sue modalità di gestione e sfruttamento, a partire dall'iscrizione della "donazione" di Cassandro a Perdicca (Syll. 3 332). L'esame di una serie di documenti epigrafici, alcuni dei quali di recente pubblicazione, relativi ad assegnazioni di porzioni di terra da parte del re consente di concludere, contro l'idea di un concetto romanistico di proprietà assoluta, in favore di una gradazione dei diritti di titolarità a disporre di un terreno o di una porzione di territorio secondo un continuum in cui il grado più basso, che garantiva un godimento tutto sommato limitato e precario del bene, era costituito da una concessione temporanea o revocabile, o comunque non trasmissibile agli eredi, mentre concessioni che assicuravano una più ampia facoltà di disporre del bene stesso potevano assicurare la trasmissibilità agli eredi, il diritto di alienazione e l'esenzione fiscale. Emerge in definitiva come la basilike chora, lungi dal dover essere pensata come un complesso omogeneo e unitario in rapporto al controllo che su di essa esercitava il re, rappresentasse una realtà variegata e piuttosto differenziata al suo interno che richiedeva una complessa amministrazione basata anche sul sistematico ricorso a registrazioni d'archivio e documenti scritti.
Anche dopo l'intenso dibattito che, a partire dagli anni '80 del secolo scorso, ha mirato a dar conto dell'impatto della diffusione della scrittura e della «literacy» sulla cultura tradizionalmente orale del mondo greco, lo statuto e il significato dei documenti epigrafici rimangono ancora non sempre ben chiariti. Gli studiosi hanno analizzato le dinamiche dell'«abitudine epigrafica» ateniese ma la questione fondamentale del perché i testi venissero iscritti su materiale durevole, se con valore funzionale oppure con significato simbolico, ideologico e religioso, è tuttora dibattuta. L'articolo si propone di contribuire alla discussione su questi aspetti collocando il fenomeno epigrafico nel quadro più ampio della produzione di documenti su materiale deperibile per l'affissione pubblica, che dobbiamo immaginare come un regolare strumento di comunicazione e di diffusione delle informazioni ufficiali, e per la conservazione in archivio – pratiche scrittorie rispetto alle quali già un passo delle Supplici di Eschilo (942-949) rivela la familiarità del pubblico ateniese. Si insiste sul carattere selettivo della pubblicazione epigrafica, su come la conservazione dei documenti in archivio sia anteriore alla creazione del Metroon alla fine del V sec. e appaia anzi presupposta dalla procedura della graphe paranomon e dai processi dell'iter legislativo e giudiziario, e sull'importanza, come strumento euristico, dello studio dei dossier e dei titoli epigrafici. Nell'ultima parte della relazione si confrontano i risultati di tale indagine con il contemporaneo uso dei documenti nell'opera di Tucidide. A titolo esemplificativo vengono considerati il trattato tra Argo e Sparta (5,41), il dossier di testi relativo alla tregua di un anno stipulata da Sparta e Atene nel 423 (4,118-119) e i decreti ateniesi sulla spedizione in Sicilia del VI libro. ; Following the past decades when scholars have attempted to come to terms with the emergence and impact of literacy and literate culture in Greek society, and, in particular, with the ways orality and literacy interacted in the different political, cultural and religious contexts, the status and meaning of epigraphic documents still remains difficult to pin down. Recent investigations have focused on the «epigraphic habit» and examined the somewhat anomalous case of classical Athens so as to highlight, and account for, the differences from other epigraphically productive centres. However, the question why inscriptions were produced at all, whether with functional value to make information available to the public or with symbolic and ideological significance still remains highly controversial. The aim of this paper is to contribute to the discussion by placing the epigraphic habit within the larger context of the production of documents both for posting and temporary display, which must have played a significant role in the dissemination of public information, and for storing as archival records. Familiarity with such literate practices appears to be already reflected by Aeschylus in a locus of the Suppliants, most probably produced in the late 460s (942-949). It is stressed that publication on stone was selective, that archival texts were already kept in the Bouleuterion before the Metroon was established (and e.g. is taken for granted by the procedure of the graphe paranomon), and that so-called «dossiers» and «epigraphic titles» can be useful heuristic tools to shed light on archival practices. The last section of the paper compares the results of the first part with the use of documents in Thucydides. By way of example, the text of the aborted treaty between Argos and Sparta (5,41), the dossier of texts concerning the one-year truce between the Spartans (and their allies) and the Athenians of 423 (4,118-119) and the Athenian decrees for the Sicilian expedition in book 6 are briefly considered.
Si offre una recensione del volume "R. Fabiani, I decreti onorari di Iasos. Cronologia e storia, München, Verlag C. H. Beck, 2015 (Vestigia. Beiträge zur alten Geschichte Band 66), p. XIV + 354.
Nell'ambito di un'indagine sul rapporto tra filosofia e politica Demetrio Falereo sembra rappresentare un caso di studio ideale. Formato nella filosofia aristotelica e spesso associato a Teofrasto, egli governò Atene per un decennio tra il 317 e il 307. Ma fino a che punto è possibile riconoscere una matrice filosofica nel suo tentativo di «correggere» la democrazia ateniese? Dopo un'analisi dei dati della biografia di Demetrio e della tradizione sui suoi rapporti con il Peripato, l'articolo si concentra sulle questioni della posizione di Demetrio all'interno del regime instaurato da Cassandro, della natura (e dimensione) del suo intervento di revisione della democrazia e dei principi politici ad essa sottesi, e del carattere della sua legislazione. Vengono in particolare presi in esame, anche attraverso il confronto con la teoria aristotelica, i casi del collegio dei nomophylakes, della legislazione suntuaria e della regolamentazione del sistema delle liturgie. Se ne conclude che Demetrio, lungi dall'applicare astratti principi e nozioni filosofiche, mirava innanzitutto a risolvere squilibri, tensioni e contraddizioni emerse nella società di Atene durante il IV secolo e divenute più acute nel dopo-Cheronea. Vengono in particolare evidenziati gli elementi di continuità con l'Atene «licurghea». ; Demetrius of Phalerum represents a most intriguing case study for any investigation focusing on politics and philosophy in the ancient world. A student brought up in the Peripatus and a friend of Theophrastus, he ruled Athens for ten years from 317 to 307 BC. In what way it is legitimate to recognize a philosophical imprint in his avowed project to «correct» the Athenian democracy, however, still remains controversial. Following an analysis of the extant data on Demetrius' biography and relationship to the Peripatus, this paper concentrates on his role in the oligarchic regime established by Cassander, on the nature of the changes he made to democratic institutions as well as on his legislation. The cases of the nomophylakes, of his sumptuary legislation and of his regulation of the liturgy system are in particular examined, also with regard to Aristotle's theories. It is concluded that Demetrius, far from applying abstract philosophical principles and notions, made a serious attempt to rectify some of the tensions, factors of instability and contradictions which had emerged in Athenian society during the fourth century, especially in the post-Chaeronea period. Continuity with «Lycurgan» Athens is emphasized.