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Le risorse primarie sono essenziali per sviluppare qualunque aggregato umano. La vita non può proliferare se mancano alcuni elementi fondamentali e l'acqua è certamente tra questi. Dal momento che l'acqua non è una risorsa come le altre, non sorprende che abbia una funzione politica speciale. Da questa semplice premessa sarebbe ingenuo, però, trarre conclusioni affrettate, come che la scarsità d'acqua da sola possa generare conflitti. Ma quale è allora il ruolo dell'acqua nei processi di potere? Studiando come l'acqua viene controllata, gestita e distribuita, possiamo spiegare molte cose del potere che ne dispone; le risorse primarie sono un'immagine del potere, perché ogni fenomeno legato all'azione umana rappresenta il potere, ossia ne mostra la vera natura. Ne parleremo a proposito del conflitto israelo-palestinese, particolarmente interessante perché apparentemente l'acqua sembrerebbe giocare un ruolo di primo piano come causa scatenante le ostilità. Invalideremo questo assunto, che rappresenta una forma riduttiva di rapporto acqua/potere, e cercheremo piuttosto di condensare le forme di potere che si generano dalle pratiche idriche israeliane e palestinesi in modelli comportamentali situati. Ciò significa che le concrete pratiche di potere, inevitabilmente locali, saranno indagate per coglierne il carattere paradigmatico, capace di sintesi.

Dieser Aufsatz will zu einem Gesamtverständnis von Friedrich Ratzels Denken beitragen und sich insbesondere mit einem Thema beschäftigen, das unter epistemologischem Gesichtspunkt größere Beachtung in der Forschung gefunden hat, nämlich Ratzels Stellung zu Determinismus und Finalismus. Ich werde mich dabei darauf beschränken, Ratzels Sicht auf die Wissenschaften vom Leben zu analysieren, da sich hier deutlich zeigen lässt, dass seine Position kaum mit denen des Positivismus oder des Determinismus identisch ist. Die hier zu diskutierende Grundthese lautet, dass für den Mechanizismus – dem unter den Positivisten vorherrschenden und dem Determinismus impliziten Ansatz –, das Leben kein autonomes Phänomen darstellt, während der (Ratzel'sche) Finalismus eine Deutung der Natur anbietet, bei der dem Leben eine nicht auf seine mechanischen Ursachen reduzierbare Individualität zukommt.

The review «Geopolitica» has been founded during the 1930s into the sparkling environment of Trieste, thanks to the supportive activity of Ernesto Massi and Giorgio Roletto. It was the most advanced effort to institutionalize the geopolitics as autonomous scientific discipline. Its short-term life - caused by the political involvement in Fascism that allowed its creation - brought new features in the field of Italian geographical research, enriched by different style, methodology and conceptual stage far from the traditional view. «Geopolitica» has been an real attempt to overcome the "academic positivismˮ, which «. divides knowledge from life» as said Carlo Michelstaedter. Final purpose of this analysis is a reconstruction of the IWW interpretation on «Geopolitica», in order to enlighten how this sensitive issue generated new production of knowledge and practice of power

Il Mediterraneo Allargato è uno dei più interessanti concetti strategici ideati in Italia negli ultimi decenni. Nonostante questo, ha riscosso un successo parziale. Qui se ne discutono caratteristiche e limiti, per poi chiederne una revisione teorica e un chiarimento politico. Esigenze sintetizzabili nella necessità di una nuova, consapevole, visione geopolitica che faccia da sfondo all'elaborazione strategica.

Classical Geopolitics is a prime example for discussing the problematic relationship between the objectivity and neutrality of science since, being the last part of the positivist movement, it was deliberately not neutral, although it was still objective. Through a comparison of the two schools of thought of the leading exponents of Geopolitik and Italian geopolitics, Ernesto Massi and Karl Haushofer, it is possible to highlight the autonomous development and coherence of two possible responses through the use of the same interpretive approach. The comparison of the two diverse positions in the geopolitical discipline is finalized to formulate some considerations on the relationship between science and politics during the inter-war period with the goal of proving that geopolitics is a science that, though not politically neutral, remains objective, thereby revealing the limits of positivism. The teachings of classical geopolitics force us to consider the possibility of combining the objectivity of science with political involvement.

Spesso e volentieri si fa l'errore di considerare il conflitto tra Israeliani e Palestinesi come un episodio regionale, confinato in un fazzoletto di terra di modeste dimensioni e svincolato dalla complessa politica di interessi e potenza che coinvolge le regioni già appartenute all'Impero Ottomano. Proprio questa impostazione, tuttavia, evidenzia i limiti degli strumenti ermeneutici delle Relazioni Internazionali, eccessivamente sbilanciati sulle istituzioni e le relazioni politiche formali, ossia sull'azione così come determinata dalla razionalità degli attori politici. Oltretutto, la politica nelle Relazioni Internazionali sembra condotta da un soggetto «puro», privo delle molteplici caratterizzazioni e condizionamenti del contesto all'interno del quale vive. Al contrario la Geopolitica, come scienza della complessità nello spazio, riesce a valutare il peso di molteplici fattori. I criteri interpretativi della Geopolitica sono meno ripetitivi, alla scoperta di un mondo della politica fatto non solo dal gioco delle potenze, bensì da un modo di stare al mondo, da un abito esistenziale che caratterizza l'attore mediante la sua azione.

Salpata dal "mare", la geopolitica "approda" sul continente ai primi del Novecento grazie a Rudolf Kjellén, che elaborerà una sua proposta sulla base del lascito intellettuale del creatore della moderna geografia politica, Friedrich Ratzel. Il rapporto con Ratzel caratterizzerà anche l'elaborazione di Karl Haushofer, vero sistematizzatore della disciplina. Qui di seguito si presentano le modalità e le caratteristiche con cui nacque la geopolitica fatta sul continente, prendendo Rudolf Kjellén e Karl Haushofer come punti di riferimento. Verrà discusso il peso dell'esito della prima guerra mondiale nella diffusione della geopolitica in Germania e la sostanziale continuità tra questa e la geografia politica ratzeliana.

Comprendere la visione del mondo di un pensatore della levatura di Ratzel significa chiedersi quale sia il ganglio vitale del suo metodo di ricerca, cioè, alla maniera di Heidegger, come intende la verità. Lo scopo del presente saggio è contribuire alla comprensione del metodo ratzeliano evidenziando la confusione che molta critica ha fatto tra causa necessaria, causa finale e conseguente antideterminismo ratzeliano. Ci si limiterà dunque a dimostrare che il pensiero ratzeliano non funziona esclusivamente sul principio di causa-effetto ma anche su quello di causa finale. Gli studi ratzeliani aprono a delle possibilità su cui poi la geografia, attratta dalle masse gravitazionali del positivismo e del metodo delle scienze sociali, raramente tornerà a interrogarsi. Il problema dell'unità della vita pone a Ratzel la questione dell'unità della conoscenza, che porta a ricercare la reintegrazione di causa necessaria e causa finale, scienza e filosofia. Si configura così una risposta originale, e tutta geografica, alla frammentazione del sapere e dell'accordo tra gli uomini, che ancora oggi ha molto da dire a una scienza che ha dimenticato il confronto con la causa finale.

La geopolitica conosce un successo straordinario nel linguaggio giornalistico e sempre più si va diffondendo anche in ambito accademico, pur non avendo una chiara definizione disciplinare. Questo saggio si propone di discutere i presupposti per una fondazione scientifica della geopolitica, tentando di unire all'interno dello stesso problema di ricerca la storia della disciplina, l'analisi dei casi concreti e il giudizio su di essi. La geopolitica sarà scientifica solo se saprà risvegliarsi alla migliore tradizione della sua origine di pensiero, cioè come critica della frammentazione del sapere e della separazione tra scienza e politica.

Imperialism, nationalism and colonies in the work of Friedrich Ratzel Ratzel is often associated with 'fin dè siecle' imperialism, but on the basis of a prejudice that condemns him to "be part of his time" before even having done the appropriate considerations; however, Ratzel is part of his time not because of imperialism, but as a participant in an intellectual debate, far more complex than a foreign policy option. Imperialism, nationalism and colonialism in Ratzel may be included starting by the concept of growth of Government. The problem of growth clarifies the dynamic aspect of the political geography of Ratzel, one of the most crushing innovations introduced by the German scholar into the geographical speech. We tried to show how the political action, within the Ratzel system, is used to obtain a greater advantage from the ground, that is a deep radication and not a necessarily-in-horizontal expansion, which is to the detriment of other countries. According to Ratzel, the end of history is the progressive connection between the human being and the ground; therefore the objective of the policy will be set accordingly, leading to the decline of the possible expansion in favour of growth. A better understanding of Ratzel' way of thinking must begin from a more careful analysis of the "political idea" prevailing in those years in Leipzig. Study circles, conferences, books, and their relationships cultivated by Ratzel, shows a picture closer to the neo-German idealism.

Cet article teste la pertinence de la théorie du Rimland de Nicholas J. Spykman pour expliquer la logique de l'initiative chinoise de la Ceinture et de la Route (Belt and Road Initiative, BRI). Ce test apparait comme particulièrement approprié puisque la BRI s'étend sur le tracé géographique du Rimland. Une critique de la théorie du Rimland soulignant l'importance de mélanger des éléments réalistes et culturels est proposée pour expliquer dans quelle mesure ce cadre datant des années 1930 et 1940 peut élucider la posture stratégique de l'initiative chinoise. L'article utilise le cadre théorique de Spykman pour illustrer l'attitude de la Chine dans la région ainsi que ses ambitions potentielles de domination. Il élucide également les tendances déclenchées par la force centrifuge et centripète exercée par la Chine en tant que puissance émergente, en supposant l'impossibilité par les autres puissances régionales d'ignorer ces changements, ainsi que les nouvelles formes d'endiguement et d'alignement en train de se matérialiser dans la zone. D'un point de vue méthodologique, l'article s'appuie sur la littérature existante sur la BRI, en prenant en considération les auteurs chinois et non chinois afin d'identifier les forces et les faiblesses des deux approches. L'analyse montre jusqu'à quel point le paradigme Spykmanien permet de comprendre la logique et la dynamique de la BRI, ainsi que les limites liées à l'utilisation de la géopolitique classique pour comprendre la Chine.

Sono diversi anni che la dicitura Eretz Yisrael (Terra di Israele) ambisce a soppiantare Medinat Yisrael (Stato di Israele) nel lessico politico israeliano. Nella prima è implicito un rimando al territorio biblico del Popolo Eletto, di contro al secolarismo del concetto di Stato, il che suggerisce come le due espressioni non siano, a rigore, reciprocamente fungibili.