Judgment no. 250/2017 of the Constitutional Court concerns the well-known question about balancing between rights and financial resources. In this case, the Constitutional Court applies the reasonableness principle in a new way: it insists in using the negative form – the non unreasonableness principle – which seems to the Author more deferential to political questions.
La comune matrice teologica stabilisce un nesso assai profondo tra il concetto di elezione e quello di rappresentanza: in entrambi i casi si tratta di concetti che hanno a che vedere con il problema della legittimazione del potere e, almeno in origine, non contengono alcun significato di natura partecipativa.
Il filo rosso che guida le riflessioni della relazione concerne il rapporto esistente tra il concetto di rappresentanza e la scienza del diritto costituzionale: la rappresentanza – definibile, nel suo minimum concettuale, come rapporto giuridico avente un contenuto politico – può essere considerata come una sineddoche o una metonimia (e precisamente, come si vedrà, entrambe) del diritto costituzionale – definibile, a sua volta, nel suo minimum concettuale, come pretesa di dare forma giuridica al potere politico. Il ricorso a queste figure retoriche consente di affermare che quando s'indaga intorno al concetto di rappresentanza s'indaga in realtà intorno alla scienza del diritto costituzionale: ma non intorno a qualche suo aspetto, più o meno centrale, ma intorno al diritto costituzionale come a quella particolare scienza del diritto. E ciò sia nel senso che entrambi – la parte e il tutto – stanno al confine tra politica e diritto (la prima fa emergere il conflitto tra rapporto giuridico e rapporto politico, il secondo è il tentativo di giuridicizzare la politica), e sia nel senso che è proprio attraverso il concetto di rappresentanza che la politica si fa diritto.
L'articolato apparato argomentativo al quale la Corte costituzionale ricorre nella sentenza n. 10 del 2015 costituisce un laboratorio privilegiato per lo studio del diritto costituzionale del nostro tempo, rispetto al quale si deve definitivamente prendere atto che il giudice delle leggi decide ormai a prescindere dal testo scritto della Costituzione. Il suo parametro di giudizio è l'onnipresente principio di ragionevolezza, che però qui la Corte utilizza in modo da impedire al legislatore di tornare sulla materia per risolvere politicamente il conflitto sotteso alla questione sottoposta al suo giudizio.
Se è condivisibile il giudizio secondo il quale ci sarebbe sostanziale continuità tra le decisioni adottate nella sentenza del 2017 e quelle adottate nella sentenza del 2014 dalla Corte costituzionale sulla legge elettorale, in merito alla questione relativa alle modalità di composizione delle liste di candidati e alle modalità di espressione del voto degli elettori si può leggere tra le righe della motivazione della sentenza del 2017 una soluzione di continuità rispetto a quella del 2014. Mentre infatti quest'ultima era totalmente ispirata a una logica antipartitica, e a un'interpretazione del principio rappresentativo e dell'art. 67 della Costituzione tutta incentrata sul rapporto diretto e immediato tra singolo elettore ed eletto, quella della sentenza del 2017 sembra, da un lato, voler restituire un ruolo determinante ai partiti politici e, dall'altro, e soprattutto, recuperare una concezione della rappresentanza politica meno supina alla retorica antipolitica del tempo presente e più rispettosa della teoria e della storia costituzionali.
Le molteplici declinazioni del principio costituzionale di solidarietà, i suoi possibili sviluppi e specificazioni, la sua portata pervasiva nell'ordinamento complessivo, a fondamento di alcuni diritti e quale limite all'esercizio di altri, ivi comprese la sua declinazione "fraterna" in chiave antistatalista, che lo legherebbe al principio di sussidiarietà, e la sua declinazione "emancipante" o "inclusiva" in chiave statalista, che lo legherebbe al principio di uguaglianza sostanziale e a quello di dignità, richiedono inevitabilmente scelte politiche conseguenti, e non certo alchimie tecnico-sapienziali. Il linguaggio assai poco sorvegliato con il quale si chiama in causa la Costituzione nelle sue parti materiali indeterminate, ivi compreso il principio di solidarietà, di fronte alle richieste di riconoscimento sempre "nuove" che provengono dalla società (le "nuove" povertà, le "nuove" famiglie, i "nuovi" cittadini, i "nuovi" rapporti di lavoro…), o di fronte ad arretramenti di tutele precedentemente previste a livello legislativo, è ormai proprio non solo del dibattito pubblico, ma anche degli specialisti. L'osservatore non può che giungere alla conclusione che, soprattutto una volta che ci si è immessi lungo i percorsi della ragionevolezza dei bilanciamenti, e del riconoscimento ai principî costituzionali stessi della forza di determinare direttamente nell'ordinamento antinomie e lacune, ci si è già immessi lungo i percorsi degli universi etici, delle ideologie, dei desiderata e delle lacune assiologiche, perché ogni riconoscimento non può mai avvenire "a costo zero": qualcuno vince e qualcuno perde. E se il riconoscimento viene realizzato a colpi di sentenze che pretendono di dar fiato alle parole della Costituzione, a perdere è soprattutto la lotta politica da cui, invece, dovrebbero risultare i significati di quelle parole. Il tentativo è quello di individuare un possibile ruolo del principio in esame quale principio formale di dottrina pura del diritto (e, dunque, quale principio strutturale di ogni ordinamento giuridico), da cui si possano ricavare alcune osservazioni in tema di "abuso del diritto".
L'A. commenta criticamente la recente sentenza con cui la Corte di Cassazione ha sostenuto che è possibile ricorrere all'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d) della legge n. 184 del 1983, al fine di riconoscere giuridicamente la genitorialità sociale del partner same-sex del genitore biologico. Un'interpretazione letterale e sistematica della disposizione non consente tali conclusioni.
Partiendo de la constatación que, en el actual discurso público, se denota un empleo indiscriminado, incluso por parte de los juristas, de las expresiones "derechos", "derechos del hombre" y "derechos fundamentales", la autora pretende explicar este dato como un síntoma que evoca trazas de la argumentación de la "naturaleza de las cosas" en los ordenamientos jurídicos actuales. Ya se trate del derecho a la orientación sexual, o del derecho a la procreación medicamente asistida sin límites, o del derecho a una muerte digna – tanto para nombrar algunos de los temas más debatidos últimamente en muchos ordenamientos – el lenguaje empleado esconde siempre una ambigüedad de fondo, ya que confunde los derechos con los simples deseos subjetivos, que se demuestran, en cambio, como impulso de una legítima lucha política por el reconocimiento de una normativa que los tenga en cuenta como derechos. En efecto, las controvertidas argumentaciones difundidas, tanto a nivel científico como político, sobre los temas caracterizados por una fuerte connotación ética, implican una concepción específica (del fundamento) de los derechos evocados, que no siempre se explicita. En este ensayo, la autora pretende hacer emerger dichas concepciones con el objetivo principal de indicar cómo el rechazo difundido de la doctrina pura del derecho – por la necesidad de satisfacer las pretensiones de justicia material, incluso contra los ordenamientos jurídicos positivos– llevará inevitablemente a la revalorización de la argumentación ambigua de la "naturaleza de las cosas", aunque dicha revalorización se lleve a cabo de forma oculta, ya que no conviene nombrarla explícitamente en los ordenamientos modernos. La autora afronta dichos temas partiendo del ferviente debate que se está llevando a cabo sobre el tema del reconocimiento jurídico de la unión homosexual. ; The author observes that in public speech the use of expressions such as "rights", "human rights", "fundamental rights", is not always so precise: this fact could be read as a symptom of the circulation of the "nature of things" argument in modern legal orders. When we talk about the right to the sexual identity, or the right to generate without limits, or the right to a "sweet death", the language employed always hides an ambiguity in the background, because it mistakes rights for subjective wishes, which have to be considered as impulse of a legitimate political struggle for the recognition of a rule which states them as rights. In this essay the author intends to stand out the different conceptions (of the foundation) of the rights evoked, with the purpose to show how the refusal of the pure doctrine of law leads to a revaluation of the ambiguous argument of the "nature of things", although this revaluation often happens in secret, because this argument is unacceptable in modern legal orders. The author faces this subject through the analysis of the Italian constitutional jurisprudence which concerns the legal recognition of homosexual unions.
Attraverso un'insolita categoria di teoria costituzionale - il disordine - questo breve saggio affronta l'introduzione della giustizia costituzionale con la Corte costituzionale nella Costituzione italiana. Dal punto di vista storiografico il saggio descrive gli eventi più importanti quando la Corte ha definito le caratteristiche e i limiti della revisione della legislazione in Italia, e quindi i suoi strumenti e la sua posizione e la posizione del Parlamento e dei giudici come effetto. Il saggio sottolinea che il disturbo più importante è stato il disgiungimento delle rigidità soggettive dal diritto, soprattutto attraverso l'arte. 2 della Costituzione.
Intendendo per deformalizzazione dell'ordinamento giuridico un complesso di fenomeni che al contempo realizzano e manifestano la crisi dell'artificialismo politico (e cioè del tratto costitutivo del diritto moderno, in generale, e del carattere normativo delle costituzioni, in particolare), il contributo è dedicato all'indagine di tale fenomeno nel campo della disciplina europea della finanza pubblica, alla luce degli assunti tradizionali della teoria generale delle fonti. Nel rinvenirne le tracce e nell'evidenziarne gli strumenti (come la fuga dai Trattati o l'ampio uso di norme di soft law) e le principali conseguenze sull'assetto dei rapporti tra i poteri (tanto sul piano sovranazionale quanto su quello interno), lo studio di caso porta ad avanzare preoccupazioni circa il grado di legittimazione e la stessa possibilità di tenuta di un avanzamento dell'integrazione europea condotto su tali - troppo evanescenti - basi. Il fine è, altresì, quello di sottoporre a critica gli argomenti utilizzati dalle retoriche dell'emersione di un global law without a state e della natura sui generis del "modello costituzionale europeo", evidenziandone invece i rischi sotto il profilo di una totale rescissione dei vincoli che il costituzionalismo - proprio tramite le istanze di formalizzazione e grazie alla mediazione del conflitto politico - aveva efficacemente posto al potere.