Voting across borders? The electoral consequences of individual transnationalism
In: Journal of elections, public opinion and parties, S. 1-20
ISSN: 1745-7297
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In: Journal of elections, public opinion and parties, S. 1-20
ISSN: 1745-7297
In: European politics and society, Band 25, Heft 1, S. 132-151
ISSN: 2374-5126
In: Italian Political Science Review: IPSR = Rivista italiana di scienza politica : RISP, Band 48, Heft 3, S. 307-326
ISSN: 2057-4908
Normative democratic theory requires political actors in parliament and government to represent not only the citizens' policy preferences, but also their issue priorities. This article investigates Italian dynamic agenda representation – the transmission of public priorities into the policy priorities of the Italian political system. To assess the public's policy priorities, data on the Most Important Problem from the Eurobarometer polls are used, while the legislative agendas of the members of parliament (MPs) and government are built following the rules of the Comparative Agendas Project. The results of longitudinal analyses across 10 policy areas and 20 semesters (2003–13) suggest a persistent link between the public's agenda and the prioritization of legislation by the Italian parliament, majority MPs, and government. Contrary to expectations, the opposition does not seem to be responsive to public opinion policy problems when introducing bills.
In: The international spectator: journal of the Istituto Affari Internazionali, Band 49, Heft 1, S. 152-154
ISSN: 1751-9721
In: The international spectator: a quarterly journal of the Istituto Affari Internazionali, Italy, Band 49, Heft 1, S. 152-154
ISSN: 0393-2729
Lo studio della novazione (oggettiva) dell'obbligazione, oltre a rilevare per il suo valore intrinseco, costituisce il fondamento per la comprensione del fenomeno della modificazione convenzionale del contenuto dell'obbligazione, ammessa, quest'ultima, tra l'altro, dall'articolo 1321 c.c., là dove si prevede il potere delle parti di "regolare" un rapporto giuridico patrimoniale tra di esse intercorrente. La novazione costituisce, infatti, il della vicenda modificativa, in quanto segna il superamento del primitivo rapporto in virtù di un penetrante innesto di elementi di novità quanto all'oggetto o al titolo e della volontà delle parti contraenti che, secondo quanto prescrive il codice civile vigente, deve risultare in modo non equivoco. Al fondo, si pone il problema del corretto bilanciamento di tali componenti, soggettiva e oggettiva, della novazione, il cui ruolo nel determinare il superamento dell'originario rapporto e, quindi, il travalicamento dei limiti tipologici della modificazione, resta ancora da decifrare, come certifica il diuturno dibattito dottrinale sull'argomento. La corretta demarcazione delle due vicende è ardua anche a causa dei numerosi fraintendimenti concettuali che ricorrentemente affiorano nella nostra letteratura giuridica; non ultima, l'idea, ancora largamente diffusa, che novazione e modificazione presentino un certo grado di omogeneità. Più a monte, non vi è univocità di vedute neppure sulla natura giuridica della novazione e sui suoi effetti. Nel corso di un travagliato processo di elaborazione dottrinale si è tuttavia giunti a enucleare il potere dispositivo, in senso novativo, del credito; sullo sfondo, si staglia il carattere autonomo ed unitario dell'effetto novativo, isolato ed identificato tramite la reductio ad unitatem degli effetti estintivo e costitutivo e promanante dalla succitata facoltà di disposizione novativa. Quest'ultima si colloca, con pari dignità, al fianco del potere dispositivo di tipo traslativo ed a quello di tipo rinunziativo, come una delle utilità indirette ritraibili dal diritto soggettivo. Tuttavia, mentre la facoltà di disposizione traslativa non esprime necessariamente uno scambio, siccome l'effetto traslativo è incolore dal punto di vista della causa del negozio, non altrettanto è a dirsi dell'effetto novativo, che condensa lo scambio tra estinzione e costituzione. Per tale ragione l'effetto novativo, oltre a potersi inquadrare in un più ampio spettro di effetti e a concorrere con essi all'integrazione del profilo causale della fattispecie, ben può ricorrere isolatamente, e, in tale ipotesi, appare in grado, da solo, di colorare causalmente il negozio. In conclusione, tanto il contratto (di novazione) quanto il singolo effetto, pur assorbito in una fattispecie negoziale complessa, darebbero luogo ad autentica novazione, regolata direttamente (non già in via di interpretazione estensiva o analogica) dalle norme del codice civile: la disciplina della novazione presiede alla produzione del relativo effetto, e le regole sulla novazione si applicano a prescindere dalla circostanza che l'effetto novativo si presenti isolatamente (qualificando, in tal caso, autonomamente il negozio) o quale frammento di una più ampia fattispecie negoziale. Un'applicazione concreta di questo principio si ha nel caso della transazione novativa; rispetto a quest'ultima fattispecie, non sarebbe corretto discorrere, quantomeno nell'accezione corrente, di transazione "innovativa", trattandosi di un contratto all'interno della cui causa è isolabile l'effetto novativo tipico. Una volta posta in luce l'essenza del fenomeno novativo, e sul presupposto che, al pari di quella novativa, anche la vicenda modificativa può atteggiarsi ora come effetto, ora come contratto connotato causalmente da quel singolo effetto, si prospettano due ulteriori quesiti: il mutamento dell'oggetto (o del titolo) dell'obbligazione può essere conseguito unicamente tramite novazione, ovvero le parti possono evitare che, pure in presenza di un simile mutamento, la novazione si verifichi? In secondo luogo, la volontà delle parti può far sì che si determini novazione anche nell'ipotesi in cui la nuova obbligazione presenti, nei confronti di quella originaria, diversità limitate ad aspetti accessori? La risposta alla prima domanda rinviene il proprio fulcro nell'interpretazione di quanto disposto dall'art. 1230 c.c., mentre la soluzione del secondo problema si incentra sull'esegesi dell'art. 1231 c.c. In relazione ad entrambi i quesiti si ritiene di dover accedere alla tesi più liberista: in base alla ricostruzione prescelta, se la volontà delle parti è espressamente manifestata sarà essa, e non la norma di riferimento (articoli 1230 e 1231), a imprimere una qualificazione alla vicenda in un senso (modificazione) o nell'altro (novazione). La norma, quindi, ha carattere sussidiario e cedevole di fronte ad una diversa volontà delle parti contraenti; sua funzione è, infatti, di disporre un criterio di riconoscimento e, in ultima analisi, di regolamentare quelle fattispecie che risultano equivoche perché non vengono corroborate da una idonea manifestazione di volontà delle parti del negozio. L'autonomia privata, lasciata dal nostro ordinamento libera di esplicarsi in tutte le forme che non contrastino con norme di legge, ordine pubblico e buon costume, potrebbe quindi spingersi sino al punto di produrre la novazione anche in assenza di qualsiasi modificazione oggettiva (né soggettiva) del rapporto. Sotto il profilo causale, si osserva che, secondo la ricostruzione offerta, la causa, o minima unità effettuale, del contratto di novazione, ravvisata nell'effetto novativo, inteso a sua volta quale sintesi degli effetti estintivo e costitutivo, reciprocamente avvinti da un nesso di corrispettività, non presenta alcuna contaminazione con la vicenda modificativa, o sostitutiva, che dunque appare estranea al fenomeno novativo strettamente inteso. All'effetto novativo così delineato è estranea la sostituzione di qualunque elemento dell'originario rapporto con un altro elemento di diverso contenuto, giacché lo "scambio" si realizza sul piano giuridico (prima ancora che su quello economico) e riguarda gli effetti estintivo e costitutivo, non i contenuti delle obbligazioni che, rispettivamente, si estinguono e si costituiscono. Questa novazione "neutra" rinviene tuttavia, ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, c.c., un potenziale limite nella necessità di superare il vaglio di meritevolezza. Da questo punto di vista, nel caso di una volontà diretta a produrre una novazione pur in carenza del presupposto oggettivo, e, dunque, al limite, in assenza di qualunque connotato di novità sotto il profilo oggettivo, l'interesse non può che risiedere nell'intento di produrre, con riferimento all'originario rapporto, tutte le conseguenze tipiche della novazione e che risultano, di contro, estranee alla vicenda modificativa: si ponga mente alla normale estinzione della clausola penale, ove convenuta in relazione al primitivo rapporto e fatta salva una diversa volontà delle parti, al decorso ed alla misura degli interessi moratori, per alcuni autori anche all'esclusione, salvo diversa volontà delle parti, dell'azione di risoluzione per inadempimento e della relativa eccezione in relazione alla nuova obbligazione, qualora la primitiva obbligazione traesse origine da un contratto sinallagmatico, ed inoltre ai privilegi, al pegno ed alle ipoteche, nonché alla disciplina della prescrizione. La novazione potrebbe dunque darsi anche senza che sia in alcun modo alterata la fisionomia oggettiva dell'obbligazione (una volta verificato che l'interesse in concreto sotteso a tale operazione non sia perseguibile recta via per mezzo di altri strumenti giuridici) in quanto muterebbe, in ogni caso, la disciplina del rapporto. Sempre sotto il profilo della meritevolezza della novazione compiuta senza modificazioni (oggettive né soggettive), vengono esaminati gli effetti della novazione sul rapporto e sul contratto. Da tale ultimo punto di vista, si impone una digressione sul tema della causa del contratto. La ricorrente affermazione di una valenza soggettivistica della causa – adombrata nella tesi della causa in concreto, nella rilevanza dei motivi, nella teoria della presupposizione, nella distinzione tra causa e tipo contrattuale – trova la sua ragion d'essere nella duplice valenza del negozio giuridico come vicenda formale e come fonte dell'autoregolamentazione degli interessi privati. Negli atti negoziali non contrattuali, il momento di emersione della causa si ha solo sul piano dell'autoregolamento degli interessi, mancando invece la diversa e più pregnante rilevanza formale, a pena di nullità, che, per scelta di politica legislativa, è appannaggio esclusivo del fenomeno contrattuale. Da tali considerazioni discende, per via immediata e diretta, una diversa conseguenza della deficienza causale nell'uno e nell'altro caso. La mancanza di causa quale requisito formale di validità (causa del negozio) pregiudica la corretta qualificazione giuridico - formale degli interessi di parte e determina, per l'effetto, la irrilevanza giuridica della fattispecie se non sub specie iuris della sua radicale nullità formale. Il difetto della causa sul piano dell'autoregolamento degli interessi privati espresso dal negozio, sia esso contrattuale o meno (causa dell'attribuzione), non integra un difetto giuridico – formale e perciò, per definizione, non può riverberarsi sul piano delle forme del diritto. Tale difetto non si traduce, pertanto, in irrilevanza giuridica o in nullità della fattispecie. La fattispecie è valida e produttiva di effetti ma quegli effetti, così come determinatisi nelle rispettive sfere giuridiche, risulteranno instabili e provvisori, venendo ad essere successivamente rimossi attraverso gli istituti della ripetizione dell'indebito e dell'arricchimento senza causa. La novazione è estranea alla vicenda giuridico formale che ricorre nella fase genetica del contratto e perciò stesso non è in grado di alterarla o rimuoverla. La novazione è una vicenda propria del rapporto giuridico. Se, tuttavia, la novazione incide su un rapporto inserito nel quadro di una vicenda corrispettiva, questo fatto non è scevro di conseguenze. La novazione di uno dei rapporti corrispettivi comporterà l'alterazione dell'originario programma negoziale. In tal caso, il rimedio predisposto dall'ordinamento è quello della ripetibilità dell'attribuzione sfornita di sostegno causale. Se dunque la novazione si atteggia talora come fenomeno (indirettamente e latamente) modificativo degli altri rapporti scaturenti da una medesima fonte di natura negoziale, in tale contesto nessuno specifico interesse può ricondursi ad una novazione "neutra", giacché un tale negozio lascerebbe del tutto impregiudicato il complessivo assetto negoziale divisato dalle parti dell'originario contratto. Resta, in ogni caso, fissato il principio per cui la vicenda novativa, così come quella modificativa, s'incentra su un rapporto giuridico soggettivo (peraltro, non necessariamente obbligatorio) ancora in fieri, soggiacente al contratto fonte. Il ritenere che la novazione sia riferibile a ogni rapporto, inteso in senso ampio e non solo di natura obbligatoria, produce un significativo ampliamento dell'ambito di operatività della novazione; nondimeno, tale conclusione non legittima l'adesione ad una visione indiscriminatamente inclusiva dell'istituto: i diritti reali, con l'eccezione delle aspettative di natura reale, ne restano esclusi, perché la novazione è vicenda del rapporto, non del contratto, e i diritti reali per loro natura consentono la realizzazione del bisogno di vita ad essi sotteso senza la cooperazione di un soggetto passivo, dunque senza la necessità che venga istituito alcun rapporto intersoggettivo. Per analoghe ragioni, si ritiene che la disciplina della novazione non sia esportabile al campo delle obbligazioni naturali, e ciò in quanto, in radice, non si ritiene che queste ultime configurino autentiche obbligazioni, nemmeno sui generis. L'unico effetto dell'obbligazione naturale è la soluti retentio. Viceversa, sebbene la novazione, come pure la modificazione, siano vicende riferite ex professo dal legislatore ai rapporti di natura obbligatoria, entrambe sono senz'altro esportabili ai rapporti giuridici, comunque denominati, ancora in essere e non esauriti. Tra questi, l'aspettativa giuridicamente protetta è una situazione di diritto soggettivo a carattere trasversale, che consente, tra l'altro, di dare efficacemente conto di quella figura tradizionalmente (ed impropriamente) qualificata come novazione aleatoria. Con riferimento a tale situazione giuridica soggettiva, resta una difficoltà sul versante della disciplina applicabile oltre che, più in particolare, della delimitazione tra novazione e modificazione, stante l'impossibilità di trasporre sic et simpliciter la disciplina codicistica, calibrata sui diritti di natura obbligatoria, senza adattamenti. Il titolare del diritto di aspettativa ne può disporre in qualunque forma, trasferendolo, rinunziandovi, modificandolo o novandolo. Lo spettro dei possibili scenari che possono prospettarsi si allarga a dismisura, ove si consideri che la novazione, postulando, a differenza della modificazione, una discontinuità tra due situazioni giuridiche distinte, e riguardando perciò due distinti rapporti, può interessare, da un lato, un diritto di aspettativa ma, dall'altro, anche un diritto soggettivo di natura finale, o viceversa. Un'altra situazione giuridica soggettiva che si coniuga tanto con la vicenda modificativa quanto con quella novativa è il diritto potestativo, cui fa da contrappunto, dal lato passivo, la situazione giuridica soggettiva che va sotto il nome di soggezione. Appare, infine, necessario, al fine di acquisire piena contezza dei confini tra novazione e modificazione, tracciare il limite esterno di rilevanza di entrambi questi fenomeni rispetto ad altre fattispecie contigue: negozio di riconoscimento, negozio riproduttivo e negozio rinnovativo.
BASE
In: Journal of contemporary European studies, S. 1-16
ISSN: 1478-2790
In: International migration review: IMR
ISSN: 1747-7379, 0197-9183
The relationship between the European Union's (EU) free movement regime and welfare has received ample scholarly attention. However, this has almost exclusively been from the perspective of destination countries. We know surprisingly little about the "other side" of the migration phenomenon, i.e., the welfare-related implications of large-scale emigration, which predominantly takes place from peripheral EU member states toward the core. In this paper, we break new ground using an original survey fielded in 15 EU member states in 2021. We ask how worries about immigration and emigration shape people's attitudes about social spending in their country of origin and whether they are associated with preferences for EU involvement in social policy. We show that, on average, immigration is salient across the board, but more so in core states (West and North), while emigration is a more salient issue in peripheral states (East and West). In terms of policy preferences, regression analyses indicate that worries about emigration versus immigration are linked in an inverted manner to social policy. Indeed, a preoccupation with incoming migration increases opposition to higher government social spending, while it is irrelevant for support for a stronger EU role in social matters; by contrast, a preoccupation with emigration increases support for both higher government social spending and a stronger EU role in social matters.
In: Journal of European public policy, Band 30, Heft 8, S. 1699-1713
ISSN: 1466-4429
In: Journal of European public policy, Band 31, Heft 2, S. 528-551
ISSN: 1466-4429
In: Electoral studies: an international journal on voting and electoral systems and strategy, Band 73, S. 102383
ISSN: 1873-6890
In: European Union politics: EUP, Band 23, Heft 1, S. 79-99
ISSN: 1741-2757
This article investigates whether public preferences for European solidarity are associated with vote choices in the 2019 European elections. After multiple crises, the politicisation of European Union affairs has increased, polarising voters and parties between those favouring the redistribution of risks across member states and those prioritising national responsibility in coping with the consequences of the crises. We expect pro-solidarity voters to be more prone to vote for green and radical-left parties and less prone to vote for conservative and radical-right parties. Testing these hypotheses in 10 European Union countries with original survey data, we find that green and radical-left parties profited from European solidarity voting only in some countries, while being pro-solidarity reduced the likelihood of voting for both moderate and radical-right parties in each sample country.
In: South European society & politics, Band 26, Heft 1, S. 55-82
ISSN: 1743-9612
In: Journal of European social policy, Band 33, Heft 5, S. 570-582
ISSN: 1461-7269
In the twentieth century national social policies stabilized the European state systems, favouring domestic concordance and citizens' support to the nation-building process. Welfare institutions have historically served this key political function also in federal systems, where social citizenship has been used as a tool to foster unity. In contrast, even though the EU devotes a consistent part of its (however limited) budget to social cohesion and inclusion programmes, it takes little credit for such efforts. Building on original survey data on public opinion collected in 2019 across ten EU countries, this article shows that, indeed, only a limited number of citizens are aware of the social role played by the EU in their local community. On the other hand, it demonstrates that citizens' awareness of EU programmes strengthens the individual perception of power resources stemming from euro-social initiatives, the feeling of 'being heard' by the EU and, ultimately, the support for the European integration project as a whole. By implication, increasing the relevance and visibility of euro-social programmes could possibly reinforce the very foundations of the EU.