Uno dei più seri problemi della conservazione delle collezioni librarie è il rapido degrado della carta moderna dovuto alla acidità della carta. Esso investe gran parte del patrimonio archivistico e bibliotecario costituitosi nel corso del XIX secolo e nella prima metà del XX. Il fenomeno è imputabile ai materiali e ai procedimenti di fabbricazione introdotti nelle cartiere a partire dalla metà del diciannovesimo secolo ma anche a fattori esogeni quali i gas inquinanti e le errate modalità di conservazione. Tutti inducono degradazione acida accelerando esponenzialmente il decadimento delle resistenza meccanica della carta.Il problema della carta acida, già evidenziatosi sul finire del XIX secolo, è stato studiato nei suoi diversi aspetti a partire dalla fine degli anni '50. Circa il 70% dei materiali presenti presso le biblioteche e gli archivi italiani presenta un eccessivo grado di acidità. Un'alta percentuale dei materiali inoltre è ormai resa talmente fragile da non poter trarre alcun vantaggio da interventi di deacidificazione o restauro.In alcuni istituti si sceglie di lasciare gli originali al loro destino, dopo averne approntato una copia analogica, su microfilm, o digitale. Poiché questa scelta non può essere affrontata per tutto il materiale a rischio, si può cercare di prolungare la fruibilità quantomeno di una parte dei documenti minacciati tramite la tecnica denominata deacidificazione di massa, applicata a interi blocchi di volumi integri, senza smontaggio delle legature.Essa prevede l'impregnazione del materiale, precedentemente disidratato, con un agente deacidificante in grado di neutralizzare gli acidi presenti e di creare una riserva alcalina che, depositandosi sulle fibre della carta, possa tamponare le reazioni acide future.Sul mercato sono ormai disponibili vari sistemi commerciali brevettati per la deacidificazione di massa dei materiali librari. Numerose sono le esperienze condotte a termine, sui risultati delle quali ci si può basare per valutare l'opportunità dell'adozione di tale procedimento. Tuttavia tra gli addetti alla conservazione delle collezioni librarie il dibattito sull'opportunità dell'impiego di tale tecnica è tuttora in corso. Le principali obiezioni si riferiscono ad una certa invasività dell'intervento, alla incompleta standardizzazione dei test sull'efficacia del trattamento, alla complessità delle attrezzature necessarie e ai costi elevati che lo caratterizzano.Tutto ciò ha fatto sì che nel nostro paese non si sia giunti alla definizione di linee condivise di intervento. L'articolo presenta le esperienze di alcuni altri paesi in cui sono state adottate al riguardo politiche di intervento su scala nazionale, mentre altri paesi ancora hanno scelto un approccio sperimentale saggiando le diverse possibilità di intervenire sul problema. ; One of the major preservation problems in modern libraries is the accelerated rate of decay of modern paper due to its exceeding acidity. The problem of the acid decomposition of paper concerns the majority of library and archival collections of 19th and of the first half of 20th century. The phenomenon was brought about with the beginning of industrial paper production and is to be ascribed to the components and techniques introduced from the middle of 19th century, but also air pollutants and unsuitable storage conditions can greatly affect the paper decay rate.The acidic paper problem was already known at the end of 19th century, but has been studied in its different aspects only from the late fifties on. About 70% of library and archival materials in Italy is exceedingly acidic. Besides it, an high percentage of library stocks is heavily damaged and no more susceptible of any deacidification or conservation treatment. Some institutions choose not to treat the damaged originals and to substitute them with a microfilm or digital copy. Obviously these measures cannot be applied to all the endangered materials. The technique called mass deacidification, for bulk treatment of books and archival materials without disbinding, can offer a chance to extend the suitable life of the originals. Normally, after the pre-drying of the books, they are impregnated with an alkaline agent which neutralises the acids in the paper, and an alkaline buffer is inserted, so that to protect it against any further formation of acids. There are nowadays several commercial methods for the mass deacidification of library and archival materials. Several experiences have been accomplished, and the results of them could form the basis for the evaluation of the opportunity of adopting a mass deacidification program. Nevertheless among the curators and conservators in charge of preservation management the debate is still open. The outlined disadvantages refer to some damages to materials, incomplete standardization on quality control tests, complexity of equipments and high costs. The amount of this factors led our country to lack a shared program of intervention. The author intends to introduce the experience of some countries which adopted national programs of mass deacidification or a limited and experimental approach in order to evaluate the different methods of intervention.
Dottorato di ricerca in Scienze e tecnologie per la gestione forestale e ambientale ; La definizione di biodiversità può avere diverse interpretazioni, ma generalmente con questo termine si indica l'insieme delle specie presenti in un ecosistema: ad una maggior numero di esse, corrisponde una maggiore stabilità del sistema. A livello di specie, la biodiversità è principalmente correlata alle differenze genetiche tra individui; un ricco patrimonio genetico intra-specifico garantisce un ampio spettro di risposte alle pressioni ambientali. D'altro canto, popolazioni con scarsa biodiversità genetica tendono a rispondere in maniera univoca a condizioni di stress, dunque presentandosi più vulnerabili ad essi. Questo fenomeno è particolarmente enfatizzato in contesti di pressione antropica e climate change, specialmente a scala regionale o locale. Individui, popolazioni ed ecosistemi sono strettamente collegati tra loro, ed interagiscono nel mantenimento degli equilibri dei macro sistemi, sia paesaggistici, che socio-economici. Di conseguenza, il mantenimento della biodiversità deve essere garantita attraverso misure attive di conservazione implementate dalle più recenti ed innovative tecniche e politiche di settore. Per molte specie forestali, questo significa sollecitare la sensibilità sullo sviluppo di nuovi ed efficienti strumenti operativi da integrare con le tradizionali strategie di gestione, ad esempio la conservazione in situ ed ex situ del patrimonio forestale. Considerando queste premesse, un tale strumento potrebbe certamente essere identificato nella definizione e delimitazione delle Regioni di Provenienza, promosse dall'Unione Europea attraverso la Direttiva 105/99. I principali metodi finora utilizzati si riferiscono all'utilizzo di parametri ecologici (pedologici, fitoclimatici, ecc.), come descrittori di contesti ecologici omogenei a livello spaziali, quindi identificanti eco provenienze per ogni specie forestale come conseguenza della differenziazione evolutiva secondo i principi della selezione naturale. Tali eco regioni forniscono un quadro di sintesi relativo ad un territorio che, suddiviso in aree ecologicamente omogenee, garantisce l'identificazione dei soprassuoli idonei dai quali prelevare il materiale di propagazione di base, ossia coni, frutti e sementi, parti di piante ottenute da propagazione agamica, embrioni, ecc. Tra i soprassuoli vengono anche contemplati i cosiddetti boschi da seme, le piantagioni, il materiale parentale derivante da incroci, nonché i cloni. Ad oggi molti Paesi dell'Unione Europea hanno promosso dei metodi per determinare le Regioni di Provenienza, basandosi principalmente sulla suddivisione del territorio secondo criteri chimico-fisici; questa scelta è intrinsecamente motivata dal fatto che di tali parametri si ha un ricco database informativo derivante dai molti anni di studio del territorio. Come risultato, ogni Paese ha delimitato con rigidi confini le proprie zone ecologicamente omogenee. Tale approccio rappresenta sicuramente un primo passo fondamentale nel soddisfare appieno i requisiti presenti nella Direttiva 105/99, per quanto uno studio più approfondito viene incoraggiato per identificare le Regioni di Provenienza per ogni specie forestale. Alcuni Paesi come la Francia, la Spagna o la Germania stanno lavorando in questa direzione da circa 15 anni, mentre l'Italia è ancora qualche passo indietro. In particolare, la posizione italiana è anche condizionata dal regime giuridico che demanda le competenze in tema di ambiente dal governo centrale alle Regioni. Il risultato è che la suddivisione del territorio italiano in Regioni di Provenienza per le specie forestali è ancora incompleto o fermo allo stadio preliminare. Lo scopo principale di questo lavoro è stato, quindi, l'applicazione del metodo ampiamente utilizzato in Europa, adeguatamente arricchito con nuovi parametri chimico-fisici e fitoclimatici, per definire le Regioni di Provenienza valide per le specie forestali della Regione Lazio. Un primo passaggio ha interessato la raccolta e l'analisi dei dati presenti circa la caratterizzazione territoriale, in modo da poter selezionare le variabili ecologiche ed ambientali maggiormente rappresentative nel definire delle eco provenienze. Successivamente, in accordo con l'Allegato I della L.R. 39/2002, 28 specie di interesse forestale sono state scelte e mappate sul territorio. Tra queste, 10 specie sono state descritte con una puntuale carta della distribuzione, mentre per le rimanenti 18 specie un areale quantitativo è stato ricostruito dalle informazioni raccolte secondo un criterio di presenza/assenza applicato ad una scala 1:10000. A causa della necessità di identificare dei boschi da seme per queste specie, tali per cui vi fossero già delle condizioni di tutela a livello legislativo, solo la superficie forestale regionale che insiste all'interno delle aree protette è stata presa in considerazione. Un dossier cartografico di 432 mappe è stato realizzato a partire dalle informazioni precedentemente illustrate e correlato con delle informazioni di carattere statistico circa l'estensione ed il numero di siti per ogni specie, per ogni area protetta del Lazio. Allo stesso tempo, uno studio pilota è stato condotto sul pino domestico (Pinus pinea L.) in modo da completare il processo richiesto dalla Direttiva Europea e giungere dall'individuazione delle Regioni di Provenienza fino alla selezione dei soprassuoli candidati ad essere inseriti nel Registro regionale dei Boschi da Seme. Lo sviluppo di questa parte del lavoro ha richiesto un monitoraggio di tutte le principali pinete litoranee laziali, con la raccolta delle informazioni di carattere strutturale e dendrometrico. I risultati hanno composto un ulteriore dossier cartografico, questa volta dedicato al pino domestico, con informazioni relative alle singole pinete studiate. La sovrapposizione della distribuzione puntuale del pino domestico con la carta precedentemente realizzata delle Regioni di Provenienza, o più precisamente "Regioni di Raccolta", unitamente alle considerazioni derivanti dalle indagini in campo, ha permesso di identificare due zone (denominate "Litorale" e "Lauretum caldo") dalle quali sono stati scelti rispettivamente i boschi di Castelporziano e della Foresta Demaniale del Circeo come migliori candidati a boschi da seme. Di questi soprassuoli sono state altresì redatte delle proposte di gestione, da indirizzare all'Assessorato all'Ambiente della regione Lazio, in modo da completare le linee guida per la conservazione, amministrazione e certificazione del materiale di base da utilizzare nei piani di restauro ambientale o di rimboschimento. Infine, la multidisciplinarietà del presente lavoro ha offerto degli spunti di indagine paralleli ma strettamente inerenti le problematiche descritte in precedenza, che hanno condotto a delle ulteriori sperimentazioni confluite in altrettante pubblicazioni di carattere internazionale. In particolare, prendendo spunto dalle metodologie impiegate per la definizione delle Regioni di Provenienza secondo parametri chimico-fisici, è stata testata la possibilità di giungere ad un simile risultato partendo però dall'analisi di alcune risposte biologiche. In tal senso, uno studio ha interessato l'utilizzo combinato della dendroecologia e dell'attività fenologica delle foreste laziali per arrivare alla delimitazione di quattro Regioni di Provenienza, attraverso le analisi PCA e di cluster, basate solo sulle risposte bioclimatiche. Per la caratterizzazione dendroecologica dei soprassuoli forestali si è fatto riferimento ad una network che ha il faggio come specie pilota, mentre i modelli fenologici sono stati quantificati utilizzando il segnale espresso dall'attività fotosintetica attraverso l'NDVI (Normalized Difference Vegetation Index). Attraverso uno studio da remoto con sistemi GIS si è ottenuto una corrispondenza tra risposte dendroecologiche e fenologiche tale per cui è stato possibile delimitare delle Regioni di Provenienza basate sulla risposta delle piante al clima. Un secondo approfondimento ha interessato la possibilità di includere in un innovativo strumento operativo per il rimboschimento ed il restauro ambientale, i principi teoretici alla base delle Regioni di Provenienza. Tale tecnica di rimboschimento è stata identificata nel metodo Miyawaki, la quale, mai testata in Europa, è stata oggetto di indagine per verificarne la reale efficacia nel contesto Mediterraneo. L'esperimento è stato condotto in Sardegna ed i risultati incoraggiano l'uso di tale metodo nel nostro contesto ambientale, in particolare perché risponde appieno alle raccomandazioni circa il reperimento del materiale di base della Direttiva Europea, inoltre, è stato verificato come il suo utilizzo possa essere efficace anche in zone dove le tradizionali tecniche di rimboschimento hanno fallito in precedenza. I principali vantaggi interessano il mantenimento di un alto tasso di biodiversità rispetto ai tradizionali metodi e la capacità delle cenosi vegetali che vengono a costituirsi di evolversi senza l'intervento assistito dell'uomo. Questo si traduce in un'interessante riduzione del costo di gestione dei siti rimboschiti, oltre ad una possibilità operativa aggiuntiva per tutti gli esperti di settore che operano nell'ambiente Mediterraneo. ; The definition of biodiversity can have many interpretations, but generally refers to the amount of species occurring in an ecosystem: more species, greater stability. At species' level, biodiversity is mainly related to the genetic differences between individuals; a rich intra-specific gene pool means a wide range of responses to environmental strains. On the other hand, populations with low genetic diversity tend to respond evenly to stress conditions, thus having more difficulties to face currently growing disturbances driven by anthropic pressure and climate change, especially on local and regional scales. Individuals, populations and ecosystems are tightly linked and interact to maintain landscape stability, large socio-economic systems and man's health. As consequence, biodiversity maintenance should be carried out with active conservation measures implemented with the most recent progress in techniques and policies. For forest species, this implies awareness of the availability of new and efficient tools to comply with traditional strategies, such as tree populations management at their natural sites within the environment to which they are adapted (in situ) and artificial, but dynamically evolving populations, elsewhere (ex situ). Under these circumstances an operative tool could certainly be the definition and delimitation of Regions of Provenance, promoted by the European Directive 105/99. The main methods involved the use of ecological parameters (e.g. pedological, phytoclimatic), presumed to be homogeneous within each area, thus identifying ecoprovenances for a species as a consequence of evolutionary differentiation according to the effects of natural selection. They provide a framework for specifying sources of forest reproductive material, i.e. cones, fruits and seeds, all parts of plants obtained by vegetative propagation, including embryos and plants produced from any of these. The plant material from which the forest reproductive material is derived includes seed stands, seed orchards, parent material held by tree breeders in archives, individual and mixtures of clones. Nowadays, many European countries are promoting methods to detect Regions of Provenance, mainly based on chemiophysical parameters, because of the data availability across years of land monitoring. As result, each country has been divided in several ecologically homogeneous sub-zones, with fixed boundaries. This could be represent a preliminary approach to full-fill the Directive's requirements, but a deeper study is encouraged to focus on each forest species for which Regions of Provenance are required. Some countries, as France, Spain or Germany are working since 15 years to provide these results, while Italy is still many steps backward. In particular, the Italian position is partially due to its jurisdiction that devolve power in terms of environmental policy from the central Government to the Regional departments. As consequence, the definition of Regions of Provenance in our country is still incomplete and in many cases at preliminary stages. In the present work, the main goal was to assess a method based on ecological parameters, like in other European scenarios, to define and delineate Regions of Provenance for Latium in order to establish seed stands for selected forest species. A first step regarded data collection and analysis to create the set of most representative chemiophysical variables to point out ecoprovenances; than, distribution ranges of 28 forest species listed as natural and/or autochthonous for Latium have been obtained from remote analysis of cartographic dataset or from previous studies. During this process, 10 species were fully mapped, and for the remaining 18 species quantitative ranges were performed at 1:10000 scale level, with information on presence/absence. Because of the need to identify seed stands of these species that could also benefit from legislative pre-existing conditions, only forest surface within protected areas was taken into account. Totally, a cartographic dossier of 432 maps was produced with information about the number of sites and hectares for study species in each protected areas of Latium. At the same time, a case study was afforded to complete the process from the definition of Regions of Provenance up to seed stands identification. Domestic pine (Pinus pinea L.) stands across Latium coasts were monitored. Forest stands were mapped, dendrometric and structural characteristics were recorded during field surveys and detailed information about each stand were summarized in a specific map set. Overlapping distribution range of domestic pine to the Regions of Provenance previously performed, two zones were identified as containing all the stands and another one was added because of the occurrence of one population on the buffer zone. Finally, two pine forests were chosen as candidate to become seed stands, in order to get one stand for each Region (Castelporziano for Region 12 "Litorale", and Foresta del Circeo for Region 9 "Lauretum caldo"). Forest management proposals were also carried out for these forests, to accomplish guide lines for the Envirnomental Directorate of Latium in order to perform the best practices to protect and maintain seed stands and provide certified base material for reforestation programs. Moreover, mutual points of interest risen up during this work gave the chance to delve into the present methodologies and theoretical ideas in order to approach innovative and practical tools, that could be considered as advanced experiments. In particular, a first investigation point out the use of combined dendroecological and phenological analysis to define Regions of Provenance by biological parameters. Previous dendroclimatic research demonstrated the relationship between plant growth and climatic parameters; in Latium, similar bioclimatic responses from different forest stands growing at similar elevations were statistically grouped into three homogeneous altitudinal belts using principal component analysis and hierarchical cluster analysis. Phenological patterns of forest species were quantified using the photosynthetic activity signals expressed in the normalized difference vegetation index (NDVI). Through a beech tree-ring network, NDVI was compared with dendroecological results using Geographical Information System analysis, obtaining high correspondence in overlapping, and underlying the relevance of altitude as a main factor defining homogeneous spatial vegetation dynamics, thus delimiting ecological Regions of Provenance based on tree responses to climate. At the same time, a tentative study was assessed to find a reforestation approach that include in its theoretical principles the concept of Region of Provenance as an ecologically homogeneous well-delimited zone. The effectiveness of the Miyawaki method, never tested in Mediterranean environments was experimented in Sardinia, and point out the possibility to adopt sustainable techniques in principle with the declarations of the European Directive 105/99, in sites where traditional reforestation approach failed. The Miyawaki method has been applied in the Far East, Malaysia, and South America; results have been very impressive, allowing quick environmental restorations of strongly degraded areas. However, these applications have always been made on sites characterized by high precipitation, but never in context with summer aridity and risk of desertification. Results obtained 2 and 11 years after planting are positive: having compared the traditional reforestation techniques, plant biodiversity using the Miyawaki method appears very high, and the new coenosis (plant community) was able to evolve without further operative support after planting. Therefore, the implementation of supplementary technique along with cost reduction might provide a new and innovative tool to foresters and ecological engineering experts for Mediterranean environmental reforestation program.