Autor objavljuje dva nepoznata dokumentaiz 1624. godine koji se čuvaju u Archivio di Stato u Veneciji. Na njima su prikazani nacrt predutvrde uz crkvu i samostan sv.Nikole u Komiži i nacrt tvrđave oko crkve Gospe od Spilica u Visu. Povezujući datacije dokumenta s podatkom o boravku vojnog inženjera Agostina Albeilia na Visu prije ožujka 1625. godine, pripisuje se izrada nacrta tom inženjeru . Osim nacrta fortifikacija, autor obrađuje razvoj spomenutih građevina, povezujući njihov tlocrt iz 1624. godine s dosada poznatim podacima. ; Nello studio sono pubblicati due documenti finora sconosciuti datati 1624 e provenienti dali ' Archivi o di Stato di Venezia, con i progetti di fortificazione del complesso dell 'ex-convento e della chiesa di S. Nicola, detto Muster, a Komiža (Comisa), e della chiesa parrocchiale della Madonna delle Grotte a Lissa. Oltre ai disegni delle fortificazioni i documenti riportano anche le piante degli edifici. Il complesso del convento e della chiesa di S. Nicola a Comisa era in origine un convento benedettino che i documenti menzionano la prima volta alla fine del XIII secolo, sebbene vi siano indizi della presenza di un convento minore o di celle dalla fine del IX o dall'inizio del X secolo . Il complesso conventuale fu fortificato alla fine del XIII secolo. Alla metà del XV secolo l'ordine benedettino nel convento fu soppresso, mentre la chiesa divenne la parrocchiale di Comisa. Il complesso conventuale dopo la soppressione dell'ordine subì notevoli modifiche. L'edificio sacro da piccola chiesa romanica si trasformò nell 'ampio spazio a cinque navate della chiesa odierna. Con la costruzione di una prefortificazione il complesso fu sensibilmente ampliato verso nord . Il documento del 1624 riporta la pianta del complesso conventuale che, unita ai dati noti , dà un ' idea più chiara del suo sviluppo. Confrontando la pianta della prefortificazione con quanto costru ito fino alla metà del XVII secolo , constatiamo che vi è una fo rte differenza tra quanto ideato e quanto realizzato. La prefortificazione, che doveva copri re tutta la parte nord del complesso, è limitata alla parte nord-ovest dello stesso. Al momento della costruzione della fortificazione lo spazio di fronte alla facciata della chiesa subì delle modifiche. La chiesa parrocchiale della Madonna delle Grotte a Lissa dall ' inizio del XVI secolo, quando fu costruita come edificio a una sola navata, fino a lla fine del XVIII seco lo, quando assunse l 'aspetto odierno, subi una serie di ampliamenti. La pianta del 1624, collegata alle relazioni dei visitatori apostolici, Valier nel 1579 e Priuli del 1603, e alle bolle datate ancora prima del Vescovo di (Lesina), Pritić, offrono una chiara immagine dell ' evoluzione della chiesa. A differenza delle altre fortificazioni di edifici sacri sul territorio del comune di Lesina, dove è fortificato l'edificio stesso, la pianta prevede la costruzione di una fortificazione intorno alla chiesa. I disegni sono attribuiti all ' ingegnere militare Agostino Alberti in base ad una lettera nella quale il conte e provveditore di Lesina Marino Sagredo, il 13 marzo 1625, informava il provveditore generale Francesco Molino di aver precedentemente inviato l ' ingegnere suddetto a Lissa perchè progettasse la fortificazione di Muster. Il fatto che il disegno pubblicato della prefortificazione a Muster sia datato al 1624, mentre nel marzo 1625 si parla del precedente invio dell 'Alberti, fa ritenere che Agostino Alberti abbia eseguito il disegno alla fine del 1624. Il confronto della grafia del testo che accompagna il disegno e del modo di disegnare permettono di affermare che il disegno per la fortezza intorno alla Madonna delle Grotte e il disegno per la fortificazione di Muster sono opera della stessa persona. Agostino Alberti, dunque, nella seconda metà del 1624 su richiesta del conte e provveditore di Lesina, Marin Sagredo, soggiornò a Lissa dove eseguì entrambi i disegni.
U sklopu istraživanja urbane jezgre Trogira autorica donosi rezultate zaštitnih arheoloških iskapanja te analizu povijesnih izvora i arhivske grade vezane za gradske zidine 15. stoljeća. Posebice se razmatra gradnja gradskog kaštela te ojačavanje sjeverne kortine renesansnim cilindričnim kulama u skladu sa suvremenim traktatima o fortifikacijama. ; La città di Traù (Trogir) è definita nei suoi confini naturali dall'isola sulla quale, nel lungo corso storico di duemila anni della città murata, le fortificazioni si svilupparono ad anello. Sul limitato spazio dell'isoletta si alternarono diversi sistemi fortificatori e le rispettive strategie belliche previste dal mare e dalla terraferma. Alla fine del XIV sec. si costruì, sul lato sud della città, una nuova cinta muraria che con i suoi merli raggiungeva in altezza le torri romaniche. l n tutta la parte sud della città, per una lunghezza di ca. 95 m, si sono interamente conservate le mura cittadine con il cammino di ronda nel convento di S. Nicola . Già verso la fine del XIII secolo era iniziata la costruzione di un lungo tratto di mura dove sorgeva una palizzata tra la città antica e il borgo, e per tutto il secolo successivo si fortificò il borgo con la cui addizione Traù raddoppiava la sua superficie urbana. Anche borgo era munito di torri, tra cui si segnalano la Torre grande alle catene e la Torre delle Polveri detta Oprah, termine noto nel lessico fortificatorio croato del tardo medioevo. I sondaggi archeologici hanno confermato l'andamento del tratto murario, lungo ca. 140 m, tra il centro storico e il borgo, dove una volta si trovava il fossato difensivo, rafforzato da una palizzata, del quale è rimasta memoria nel termine Obrov (scavo) . Come la vicina Spalato, Traù non si arrese volontariamente alla Repubblica di Venezia e questo portò nel 1419 ad un lungo blocco marittimo. La città non era sufficientemente preparata per un attaco dal mare non avendo mai rafforzato la debole parte inferiore delle cortine medioevali e nemmeno le torri quadrate che accompagnavano le mura a intervalli regolari . La flotta veneziana al comando di Pietro Loredan attaccò la città a cannonate colpendo il campanile della cattedrale, il convento di S. Nicola, il palazzo comunale e molti altri edifici. Come nelle altre città dalmate, Zara, Spalato e Sebenico, il nuovo governo intervenne con urgenza con lavori di restauro e costruzione di castelli che sono quasi sempre collocati perifericamente rispetto alla città, assicurando cosi la possibilità di difesa autonoma nel caso di rivolte. Il luogo di costruzione del castello fu scelto in un punto chiave del porto cittadino, accanto all'antica Torre grande alle catene, che era ideale per osservare l'accesso occidentale allo stretto marino tra Traù e l'isola di Čiovo e l'accesso a Spalato protetto dal golfo chiuso di Kaštela. Venezia inviò per questo da Bergamo a Zara e a Traù l'ingegnere militare Pincino affinchè adattasse e consolidasse le fortificazioni esistenti secondo le nuove esigenze difensive . I lavori furono affidati al maestro Marin Radojev che secondo alcune fonti avrebbe anche disegnato il castello. Il castello cittadino, più tardi noto con il nome di Camerlengo, ha pianta trapezoidale con una monumentale torre poligonale a sudovest, e torri quadrate minori agli angoli. Esternamente al castello v'era il cammino di guardia con il muro di sostegno, e verso la città si scavò un fosso artificiale di ca. 20 m di larghezza che fu riempito dal mare. Sulla torre grande sono collocati gli stemmi di Pietro Loredan , del capitano generale del Golfo, del conquistatore di Traù, il doge Francesco Foscari ( 1423-1457), e del conte traurino Maddalena Contarini (1430-1432), mentre sulle torri angolari del lato est sono collocati gli stemmi del conte traurino Jacopo Barbariga (1426-1429). L'accesso principale al castello era dalla città alla quale era collegato da un ponte su dieci piloni che passava sopra il canale difensivo. L'ingresso al porto era difeso da una bertesca su mensole a cui si accedeva dal cammino di guardia del castello, mentre la porta settentrionale era chiusa da una saracinesca di ferro. Dopo la fortificazione del castello cittadino e la costruzione della cinta muraria intorno al borgo cessò la funzione difensiva del tratto di mura eretto sul luogo della palizzata d'un tempo, tra la parte vecchia della città e il borgo, ed esso fu così demolito. Sul lato sud della città Traù mantenne il sistema difensivo tardomedioevale che era costituito dalla cortina con le torri, per poi adottare sul lato nord, alle prime incursioni dei Turchi dalla terraferma, un nuovo sistema difensivo con torri cilindriche e mezzalune. La caduta di Costantinopoli nel 1453 e, un decennio dopo, la rovina del regno di Bosnia furono chiari segnali di pericolo per le città dalmate. Alla fine degli anni 60' iniziarono le irruzioni turche in Dalmazia e il pericolo per la campagna di Spalato e Traù. Uno dei primi interventi fu la costruzione di una torre angolare cilindrica a nord-ovest della città, sembra per ordine del conte Lodovico Lando nel 1470. anche se dal la parte della terraferma si trovava lo stemma del conte Antonio de Canal (1496-1498), durante il governo del quale la torre fu verosimilmente ultimata. Nella parte conica del basamento vi è un locale con cupola con una sola feritoia per il cannone, mentre nella parte cilindrica al pianterreno vi sono cinque casematte con aperture rotonde all'esterno. Sulla terrazza che conclude l'edificio, in origine coperto da tetto, v'era la banchina con parapetti su mensole. La torre di S. Marco presenta somiglianze con il corpo centrale della torre Minceta a Ragusa (Dubrovnik), ma limitata dalla posizione e dalla poca profondità del canale non potè essere dotata di un moderno antemurale. Sul lato opposto della città, a nord-est, la facciata della cattedrale era esposta agli attacchi bellici e la difesa fu assicurata dalla costruzione di una torre semicircolare detta Malipiero dal conte cittadino Troilo Malipiero ( 1477- 1480). Essa fu completamente demolita nel secolo scorso durante i lavori di sistemazione della strada che passa esternamente alla città, e ne è rimasta testimonianza solo sulle rappresentazioni grafiche di Traù. Nella seconda metà del Quattrocento non vi furono grandi interventi sistematici alle mura, si risolsero invece, a causa della minaccia turca, solo alcuni punti deboli della difesa. La modellazione primo rinascimentale di torri più basse di forma semicircolare e circolare con basamento a piano inclinato, e la sostituzione dell'alto muro verticale della cortina con muri più bassi dotati di scarpa, indicano la diffusione di teorie fortificatorie moderne.
Čitanjem poznatih i dosad nepoznatih arhivskih dokumenata otkriva se logičniji slijed događaja na gradilištu trogirske kapele, a podcrtava se uloga Koriolana Ćipika u njenom projektiranju. Analizom Duknovićevog kipa sv. lvana (kojeg autor datira oko 1482. godine i identificira kao Alviza, Koriolanova sina, izabranog od trogirskog Velikog vijeća za biskupa) unutar majstorovog opusa uvodi se logičan intermezzo - s ne bas kratkim boravkom u rodnom Trogiru početkom 80-ih godina - bez kojega bi inače teško bilo objasniti izvanredna ostvarenja koja je izradio za Ćipika na njegovoj palači i u kapeli bl. Ivana, kao i na palači Andrije Cege. ; Con l'identificazione ipotetica di un ritratto che si cela sotto le vesti della statua di San Giovanni Evangelista nella cappella del beato Giovanni Ursini nella cattedrale di Traù - si cercha di rafforzare il ruolo che poté avere nell'intero progetto l'umanista traurino Coriolano Cippico. I contemporanei lo chiamavano il Grande ( 1425-inizi 1493). È l'autore dell'opera latina Petri Mocenici imperatoris gestorum libri III (Venezia 1477), più nota sotto il titolo De Bello Asiatico, nella quale descrisse le operazioni militari veneziane ( 1470-74) contro i Turchi È importante sottolineare che Coriolano ricoprì un ruolo attivo nei cantieri e nella sistemazione dell'interno della cattedrale per ben quattro decenni e sempre quando i lavori riprendevano. Proprio in rapporto alla Cappella del beato Giovanni Ursini, dirò che Coriolano vi lavorò in qualità di "operario" per un intero anno ( 1466-67) prima del Contratto ricordato per la sua costruzione, nel quale egli figurava come procuratore di Niccolò Fiorentino. La costruzione della cappella si svolse a più riprese per un periodo inusualmente lungo: i lavori iniziarono, in verità, appena dopo il ritorno di Coriolano dalla guerra, nel1475. Dal libro dei conti risulta operario nel 1482 quando, finalmente, ebbe inizio la decorazione della cappella con le statue. La cappella fu ultimata nella parte architettonica solo nel 1488, al tempo in cui era nuovamente operario Coriolano. Considerato il suo ruolo guida nelle controversie con i vescovi traurini Torlon e Marcello, suo successore, proprio intorno alle competenze dell'opera (questioni che, per es., nel 1490, dovettero risolvere il legato papale e lo stesso doge), non vi è dubbio alcuno che Coriolano sorvegliò di persona i lavori fino al termine della sua vita. Si deve notare che tra l'arrivo di Marcello nel 1489 (prima di questa data furono svolti lavori importanti - in assenza del vescovo precedente che si era trattenuto a Roma per cinque anni) e la morte di Coriolano nel 1493, non sono documentati nuovi lavori né nuove statue nella cappella. L'importante svolta iconografica che si verificò all'interno della cappella, quando il precedente Cristo del Fiorentino fu sostituito con uno nuovo, e quando la composizione dietro l'altare ottenne un nuovo significato ic01iologico, segue i lavori successivi alla morte di Coriolano nel 1493. I Cippico potevano avere anche un motivo particolare per legarsi alla cappella: Giovanni Ursini, vescovo traurino nell'XI-XII sec. era giunto a Traù da Roma, e i Cippi co esaltavano le loro origini romane più insistentemente di quanto fosse di moda allora, nella Dalmazia umanistica. E importante avvertire che gli architetti e gli scultori di tutti i principali progetti comunali del tempo di Coriolano lavorarono ai palazzi Cippico- per primo l'Alessi dopo la metà degli anni 50, poi il Fiorentino negli anni 70, e Ivan Duknović negli anni 80. A Traù Coriolano, evidentemente secondo un programma definito, riuscì a occupare tutto il lato ovest della piazza principale della città con i suoi due palazzi - di fronte al palazzo comunale, alla cattedrale e agli altri edifici pubblici, provvedendoli di numerosi stemmi della sua famiglia, con chiare pretese principesche. I figli di Coriolano erano ugualmente stimati come umanisti. Nella parte sita della scala situata nel cortile del "Palazzo Cippico Piccolo" a Traù, realizzato da Niccolò Fiorentino probabilmente alla metà degli anni '70, si trova il rilievo di un poeta incoronato che i critici hanno interpretato finora come il ritratto del re Mattia Corvino, oppure di un amico di Coriolano, il noto storico Marc'Antonio Coccio, detto Sabellico. Il rilievo, secondo autore, rappresenta Alvise, il figlio di Coriolano. Alvise Cippico, nato il 17 settembre 1456, già nel 1470 si recò a Padova per intraprendere gli studi di teologia e diritto, nonché letteratura. In chiusura delle Commoediae di Terenzio (Venezia 1473), curate dal suo professore Rafael Regio, Alvise- allora sedicenne- pubblicò una poesia in latino di dieci versi, dedicata ai lettori dell'opera. Da Padova, dove conseguì il dottorato in utroque iure, in occasione della guerra di Venezia con Ferrara inviò, il 12. XII. 1482, un panegirico di 257 esametri al doge Giovanni Mocenigo, o più propriamente al senato veneziano (Aloysii Cipici iurisconsulti et poetae panegyricus in Senatum Venetiarum). Giovanni era il fratello di Pietro Mocenigo sotto il quale Coriolano aveva combattuto. Si tratta di una poesia di argomento storico, di un'esaltazione mitologica della missione storica di Venezia. Nello stesso anno (1482) Alvise era a Roma. Lo videro con il fratello Giovanni nel circolo di Pomponio Leto. Ottenne alcuni benefici da Innocenza VIII; è qualificato come "familiaris nostris". Nel 1488 divenne vescovo di Famagosta su Cipro. Fu nominato segretario "ab epistolis" di papa Alessandro VI, Rodrigo Borgia. Nel 1500 gli furono negati il vescovato e le rendite, ma alla fine del 1503, il suo nuovo protettore Giulio della Rovere, Papa Giulio II, lo nominò arcivescovo di Zara. Lo celebrò Giovanni Aurelio Augurello. Morì il 2.III.1504 mentre era ancora arcivescovo di Zara. Fu seppellito in San Pietro. Quest'identificazione del rilievo di Palazzo Cippico, è sostenuta dal ritratto della stessa persona che è 'camuffata' sotto la toga della statua di San Giovanni Evangelista, realizzata per la cappella traurina da lvan Duknović. Considerato che la statua è lavorata anche nella parte posteriore si ritiene che originariamente non fosse stata pensata per la nicchia in cui si trova oggi, ma per un altare. Si fa inoltre notare che il Fiorentino, già nel 1482, aveva collocato nella cappella del beato Giovanni Ursini il suo San Giovanni. Nello stesso tempo Coriolano si adoperava per assicurare la cattedra vescovile traurina al figlio Alvise e, suppongo poté ordinare un ritratto identificatorio di questo tipo. Il Gran Consiglio traurino, in verità, prescelse Alvise Cippico come vescovo il 27. XI. 1483, ma la Signoria non confermò questa scelta né la sottopose alla curia. Nonostante tutti i meriti del padre nei confronti dello stato e la fedeltà dichiarata dal figlio (nell'enfatico panegirico al Senato del 1482), la Signoria sicuramente valutò le ambizioni di Coriolano come troppo pretenziose. In epoca rinascimentale, inoltre, Venezia si atteneva al principio che i vescovi e i conti delle città dalmate fossero prescelti fuori dalla Dalmazia. È interessante che il papa più tardi nominò Alvise vescovo di Famagosta a Cipro, dove suo padre quindici anni prima aveva svolto una nota missione diplomatica; Marcello, invece, vescovo locale fu trasferito a Traù, dove si scontrò subito con il Gran Consiglio e gli "operari", rappresentati proprio da Coriolano. L'ipotesi, dunque, sarebbe che in un primo momento il San Giovanni di Duknovié, con il volto di Alvise, proprio per questa identificazione non poté essere accettato, soprattutto non in presenza del vescovo Torlon (†1483) ancora vivo e con il quale Coriolano come procuratore degli interessi comunali in relazione alla cattedrale era in rapporti tesi, e che per questo motivo fosse stato ordinato ex novo al Fiorentino. All'ipotesi presentata si può obiettare che la statua di Duknović è lavorata anche dalla parte posteriore. Allo stesso modo, tuttavia, sono lavorate anche altre statue dello stesso maestro che erano originariamente previste per essere collocate nelle nicchie, come il putto-reggifiaccola che aveva realizzato sempre per Coriolano. Inoltre, al centro della schiena in questo caso non si sarebbe trovato il foro per assicurare ed elevare la statua, che vediamo nel San Giovanni Evangelista. Terminus ante quem per la statua di Duknović è da ritenere il 1489 quando è documentata la realizzazione del San Filippo del Fiorentino, il cui modello, come ha notato Štefanac, è proprio il San Giovanni di Duknović che gli stava di fronte. San Tommaso apostolo del Duknović se osserviamo il sistema dei drappeggi- è ugualmente confrontabile con il San Giovanni. Anche se fosse stato creato per una collocazione esterna alla cappella- alle cui nicchie del resto si adatta meglio delle sculture del Fiorentino- entrò per tempo nella cappella, in ogni caso prima del notevole rifacimento in epoca barocca che vide proprio nel San Giovanni del Duknović la statua più pregevole di tutto l'insieme, e l'attribuì ad Alessandro Vittoria di cui furono innalzate quattro statue accanto alla piramide del campanile, nel XVII secolo. Possiamo però ricordarci che il tipo fisionomico aquilino è uno dei tipi più famosi di ritratto eroico. Già la teoria fisionomica antica e medievale riteneva che l'aspetto di ogni animale fosse determinato dalla sua natura. Di conseguenza: una persona dal naso schiacciato e carnoso simile al leone dovrebbe essere generosa, virile, forte, ma anche incline all 'ira- come il leone; l'aquila, invece, nell'arte profana rinascimentale è portatrice di una varietà di significati simbolici -con associazioni alla regalità, all'acutezza visiva, all'elevatezza del pensiero. È allo stesso tempo attributo della speranza, della virtù e del ringiovanimento. L'identificazione di Alvise Cippico dal naso aquilino con San Giovanni poté stabilirsi proprio attraverso l'aquila attributo dell'Evangelista. Nel caso traurino, oltre a tutta la pretenziosità del ritratto che oggi ravvisiamo, Cippico voleva rappresentare il figlio nell'atto di ossequiosa imitazione delle virtù del santo (imitatio exempli virtutis). Con questo contributo (pubblicato in altra versione negli Atti del Convegno Internazionale: Michefozzo, scultore e architetto (1396-1472), a cura di G. Moroli , Firenze 1998: 287-296) si apre l'interrogativo se il San Giovanni di Duknović fosse destinato proprio ad essere il primo nella cappella. All 'interno dell 'opus del Duknović s'introduce un logico intermezzo con il soggiorno nella nativa Traù ai primi degli anni '80, senza il quale sarebbe difficile spiegare le eccezionali creazioni realizzate per il Palazzo Cippico. Soprattutto, leggendo i documenti noti e quelli finora non noti dell'archivio della cattedrale traurina si scopre la logica successione degli avvenimenti nel cantiere della cappella di Traù, e si pone in rilievo il ruolo di Coriolano Cippico sia nella sua progettazione, sia all'interno del circolo umanistico traurino della seconda metà del XV secolo.