Suchergebnisse
Filter
Format
Medientyp
Sprache
Weitere Sprachen
Jahre
20448 Ergebnisse
Sortierung:
L'anacronismo legislativo nel giudizio di costituzionalità delle leggi
La tesi si occupa di indagare l'incidenza del fluire del tempo sull'invalidità-incostituzionalità delle leggi attraverso la ricostruzione e l'analisi del fenomeno del c.d. "anacronismo legislativo". Il fluire del tempo, infatti, può rendere le leggi (più precisamente, le norme che queste leggi esprimono) obsolete, inattuali, non più in linea con il proprio tempo, in una parola: anacronistiche, con la conseguenza che queste stesse norme, proprio a causa di tale loro carattere anacronistico, possono risultare (ed essere dichiarate) invalide, ossia costituzionalmente illegittime. Questa implicazione tra il carattere anacronistico delle norme legislative e la loro invalidità-incostituzionalità può essere descritta (e, quindi, esaminata), con specifico riguardo al giudizio di legittimità costituzionale delle leggi, proprio attraverso il riferimento alla nozione di "anacronismo legislativo". La ricostruzione e l'analisi della nozione di anacronismo legislativo permette di affrontare le diverse questioni che discendono dalla prospettata relazione tra il fluire del tempo e l'invalidità-incostituzionalità delle norme legislative, questioni che, schematicamente, possono essere ricondotte a tre fondamentali interrogativi, tra loro collegati, ossia: quando una norma può dirsi anacronistica? ovvero in che cosa consiste propriamente l'anacronismo legislativo e quali sono i fattori che lo determinano? Perché una norma anacronistica è (meglio, può essere dichiarata) incostituzionale? Ovvero, quali sono le ragioni teoriche e i presupposti di diritto positivo che giustificano la configurazione dell'anacronismo legislativo quale fenomeno idoneo a determinare l'incostituzionalità delle norme? Come nel giudizio di costituzionalità delle leggi si accerta che una norma è divenuta anacronistica? ovvero quali sono i criteri interpretativi ed argomentativi e le tecniche di giudizio impiegati dalla Corte costituzionale nel sindacare l'anacronismo legislativo? Indagare l'incidenza del fluire del tempo sull'invalidità-incostituzionalità delle norme legislative significa, innanzitutto, occuparsi di un particolare aspetto del più ampio tema concernente il rapporto tra il tempo ed il diritto. Le prospettive dell'indagine giuridica sul tema del rapporto tra tempo e diritto sono essenzialmente due: la prima è quella che si riferisce al tempo nel diritto (ossia al tempo in quanto fenomeno preso in considerazione dalle norme giuridiche e, pertanto, inquadrabile come elemento interno alla fattispecie normativa) la seconda è quella che si riferisce al tempo del diritto (ossia alla specifica dimensione temporale in cui necessariamente si colloca e si svolge la vita dell'ordinamento e delle singole norme che lo compongono). La questione della rilevanza giuridica del tempo in questa seconda prospettiva può essere tematizzata rispetto ad almeno due distinti livelli di analisi. Il primo livello di analisi implica il riferimento alla dimensione temporale del diritto intesa in senso logico-formale, come elemento, cioè, che consente di cogliere e rappresentare la struttura dinamica dell'ordinamento normativo e di descrivere i processi di produzione e ri-produzione delle norme giuridiche. Il secondo livello di analisi implica, invece, il riferimento alla dimensione temporale del diritto in senso propriamente storico-sostanziale, come elemento, cioè, che consente di cogliere e rappresentare l'insieme dei mutamenti che intervengono nella realtà sociale e fattuale nella quale il diritto è "posto" e rispetto alla quale, attraverso i processi di interpretazione ed applicazione, esso opera. La considerazione della dimensione temporale del diritto in senso storico-sostanziale permette di evidenziare la capacità del tempo (ossia delle dinamiche del contesto in cui le norme sono inserite e rispetto alle quali operano) di incidere, mediante l'interpretazione, sui contenuti del diritto, ossia di concorrere alla determinazione del significato e della portata delle norme giuridiche. Tale incidenza, può, in alcuni casi arrivare sino al punto di provocare l'invalidità sopravvenuta delle norme pur in assenza di variazioni testuali delle disposizioni da cui sono tratte le norme che costituiscono l'oggetto ed il parametro della valutazione di validità-invalidità. Questa forma di influenza del tempo sull'invalidità delle norme, la quale presuppone una concezione della nozione di invalidità come concetto relativo/graduale sia sul piano sincronico che sul piano diacronico, nel giudizio di costituzionalità delle leggi si manifesta mediante il sindacato sull'anacronismo legislativo. La nozione di anacronismo legislativo rilevante nel giudizio di costituzionalità si presenta come una nozione problematica, che necessita di essere ridefinita. Sulla base delle indicazioni offerte dalla dottrina costituzionalistica l'anacronismo legislativo può essere definito come un fenomeno di obsolescenza della norma che può determinarne l'incostituzionalità e che si verifica quando la norma stessa, per effetto di mutamenti (normativi o extranormativi) sopravvenuti nel relativo contesto di riferimento, perde la propria ratio, ossia non è più dotata di un proprio fondamento giustificativo attuale Ai fini dell'accertamento dell'anacronismo legislativo rileva il concetto di ratio legis come "scopo oggettivo" della legge e suo fondamento giustificativo attuale, di talché la perdita della ratio legis si risolve nella sopravvenuta inidoneità della legge a perseguire tale scopo o nel sopravvenuto venir meno della giustificazione della legge medesima. L'anacronismo legislativo può concepirsi come specifica causa di incostituzionalità della legge, solo se viene ricostruito come figura di "irragionevolezza sopravvenuta" e se viene, dunque, ricondotto al giudizio di costituzionalità delle leggi svolto alla stregua del canone di ragionevolezza, di cui, in definitiva, non rappresenta altro che la specifica declinazione in chiave temporale o diacronica. Ne deriva, da un lato, che i presupposti che legittimano la configurabilità del sindacato di costituzionalità sull'anacronismo legislativo sono gli stessi che legittimano la configurabilità del sindacato di costituzionalità sulla ragionevolezza delle leggi e, dall'altro lato, che le tecniche interpretative e di giudizio grazie alle quali la Corte accerta il verificarsi dell'anacronismo legislativo sono le stesse impiegate in generale per l'accertare l'irragionevolezza della legge. La ricostruzione dell'anacronismo legislativo quale fenomeno che determina l'incostituzionalità non originaria, bensì sopravvenuta della disciplina legislativa sindacata dalla Corte pone due fondamentali problemi rispetto all'accertamento di questo fenomeno nel giudizio di legittimità costituzionale delle leggi. Il primo problema concerne il rapporto tra incostituzionalità sopravenuta ed abrogazione, più precisamente la possibile sovrapposizione o interferenza che nelle ipotesi di anacronismo legislativo può verificarsi tra queste due figure. L'anacronismo legislativo, infatti, consistendo, secondo la definizione qui accolta, in un fenomeno di perdita della ratio legis , che, tra l'altro, può essere determinato (anche) da incompatibilità tra la norma oggetto dello scrutinio di costituzionalità e la disciplina legislativa ad essa successiva, è, almeno in linea di principio, suscettibile di dar luogo sia ad un accertamento di incostituzionalità (sopravvenuta), sia ad un accertamento di intervenuta abrogazione (tacita o implicita) della norma anacronistica. Il secondo problema concerne invece l'individuazione del momento in cui si perfeziona l'anacronismo legislativo, ossia del momento a partire dal quale la disciplina legislativa è giudicata anacronistica e, dunque, incostituzionale. La difficoltà di individuare con precisione tale momento (atteso che nella maggior parte dei casi, l'anacronismo legislativo non è provocato da eventi puntali, bensì da vicende che si svolgono gradualmente nel tempo) comporta incertezze, sul piano applicativo, rispetto alla delimitazione temporale degli effetti dell'annullamento della norma dichiarata incostituzionale perché viziata da anacronismo.
BASE
Il principio di uguaglianza nei conflitti di leggi e di giurisdizioni
In: Università degli studi dell'Insubria, Facoltà di giurisprudenza 41
Tempo di vita, tempo di lavoro: strategie nel tempo del pubblico impiego
In: Politiche del lavoro 6
I conflitti di giurisdizione e di competenza nel processo penale
2011/2012 ; Il principio del giudice naturale precostituito per legge, sancito dall'art. 25, comma 1, Cost., eleva a rango costituzionale l'intero meccanismo conflittuale e attribuisce un senso profondo a regole che, come quelle di competenza, potrebbero, a un primo approccio, sembrare molto tecniche e di carattere puramente operativo. Nell'analizzare le implicazioni tra il principio del giudice naturale precostituito e l'apparato di regole concernenti la competenza, il punto focale è consistito nel chiarire se il concetto di precostituzione alluda solo alla garanzia che gli organismi giurisdizionali debbano essere istituiti prima del fatto commesso, oppure se il medesimo concetto afferisca anche alle regole di competenza, funzionali alla specifica individuazione del giudice competente a decidere la singola regiudicanda. Sicché, il divieto di distrarre i cittadini dal proprio giudice naturale risulterebbe violato, non solo in caso d'istituzione di un giudice ex post facto, ma anche in caso di modificazione delle regole di competenza con effetto retroattivo. Nell'ambito di un'analisi dei concetti di giurisdizione in materia penale e di competenza, si è rilevato come le teorie ad essi relative sfuggano ad una individuazione teorica coerente con le scelte fatte dal legislatore ordinario. A livello teorico, infatti, tali concetti risultano intersecarsi, sovrapporsi ed escludersi vicendevolmente, originando una serie ampia quanto complessa di interpretazioni e definizioni. A livello di prima approssimazione alla disciplina compendiata negli artt. 28 ss. c.p.p., non si è mancato di adottare una prospettiva sistematica, per svolgere un'indagine "comparativa" tra gli strumenti creati dal legislatore processuale penale e quelli previsti nell'ambito del codice di procedura civile, sotto forma di regolamento di giurisdizione e di regolamento (facoltativo o necessario) di competenza. Ne è derivata la considerazione secondo cui, a differenza di quanto accade nel processo civile, il legislatore processuale penale ha attribuito rilevanza al conflitto solo quando esso è reale, senza lasciare alcuna possibilità alle parti di impugnare le pronunce che decidono solo sulla competenza e sulla giurisdizione. Ove fosse stata prediletta tale ultima soluzione, sarebbe senz'altro prevalso, in modo preponderante, il diritto del singolo alla riaffermazione del proprio giudice naturale ma, per certi versi, sarebbe stata sacrificata l'esigenza della celerità del processo, in quanto si sarebbe offerta alla parte una più ampia gamma di possibilità di impugnare, con le ovvie conseguenze sui tempi dell'iter processuale. In quest'ottica, si è concluso che il congegno predisposto dal legislatore all'interno del processo penale non sembra avere come unica finalità la riaffermazione del corretto ordine delle competenze. Conferme di tale assunto si sono rinvenute nell'istituto della desistenza, contemplato dall'art. 29 c.p.p., e nella notazione secondo cui, tra i modelli che riguardano i possibili modi di configurare il rapporto procedimento incidentale/processo, quello che caratterizza l'istituto dei conflitti non abbia alcuna influenza sui tempi del processo di merito, in quanto privo di effetti sospensivi. Si è, dunque, concluso che il sistema processuale penale non si spinge, attraverso l'istituto dei conflitti, sino ad assolutizzare il valore costituzionale del giudice naturale ma opera un ragionevole bilanciamento tra le garanzie costituzionali in gioco: da un lato, la riaffermazione del giudice naturale precostituito e, dall'altro, la ragionevole durata del processo. Lo studio analitico dei conflitti di giurisdizione ha richiesto i dovuti approfondimenti preliminari sulla dicotomia unità/pluralità della giurisdizione, nonché sull'esatta definizione del concetto di giudice speciale, in relazione (e parziale contrapposizione) a quelli di giudice ordinario e di sezione specializzata. In termini di sintesi, si è concluso che la giurisdizione speciale non può contraddistinguersi per una carente attuazione di alcuni principi e valori fondanti in tema di giurisdizione, i quali attengono al concetto stesso di giurisdizione e la cui mancanza non consente di qualificare tali organi o procedimenti né come "ordinari" né come "speciali" in quanto, ancor prima, non rientrerebbero tra gli organi o procedimenti "giurisdizionali". Al fine di verificare gli effettivi spazi di operatività dell'art. 28 lett. a) c.p.p. si è poi focalizzata l'attenzione sulla giurisdizione in materia penale, la quale risulta affidata ai giudici ordinari ma anche ad altri giudici speciali muniti, ad oggi, di competenze giurisdizionali penali. Nel dettaglio, si sono prese le mosse da alcuni organi che, in passato, hanno avuto giurisdizione penale e che rivestivano ruolo di parte nei conflitti di giurisdizione, come l'intendente di finanza e il comandante di porto, per riservare poi uno spazio ai tribunali militari, fino a giungere al delicato e controverso tema della Corte costituzionale come giudice speciale in materia penale. In tema di conflitti di competenza, si sono analizzati i possibili casi di conflitto di competenza per materia, territorio e connessione. Lo studio di tali conflitti di competenza si è svolto riservando spazio e attenzione ad ipotesi qualificate, quali dissenso tra tribunale in composizione monocratica e tribunale in composizione collegiale (concludendo per la sussistenza di un conflitto analogo), il conflitto che insorga nella fase delle indagini preliminari, l'ipotesi di dissenso tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, fino ad un caso di conflitto, affrontato dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, tra magistrato di sorveglianza e giudice dell'esecuzione. Si è inoltre riservato uno spazio ai dissidi tra giudice penale e giudice civile che la Suprema Corte, in alcune occasioni, ha qualificato come conflitti di competenza. In conclusione, lo studio ha riguardato le dinamiche procedimentali tipiche dei conflitti e, segnatamente, le elaborazioni della dottrina e della giurisprudenza in merito al rilievo d'ufficio e alla denuncia di parte, agli adempimenti successivi al rilievo o alla denuncia, alla comunicazione ai giudici in conflitto, nonché al divieto di sospensione dei procedimenti in corso. Inoltre, prima di soffermarsi sulle possibili risoluzioni del conflitto e sugli effetti della relativa decisione, è stato riservato un approfondimento al particolare istituto della cessazione spontanea del conflitto, sotto forma di "desistenza". ; XXIV Ciclo ; 1981
BASE
Temporalia: itinerari nel tempo e sul tempo
In: Quaderni del Dipartimento di scienze dell'antichità e del Vicino Oriente, Università Ca' Foscari Venezia 5
Conflitti fra leggi e trattati
In: La comunità internazionale: rivista trimestrale della Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale, Band 37, Heft 1-2, S. 5
ISSN: 0010-5066
Diritto processuale civile, nel Codice, nelle leggi speciali, nelle leggi di bollo e di registro
In: Le leggi vigenti integrate e coordinate 1
Priestley e il tempo, il tempo di Priestley: Uno studio sul tempo nel teatro di J.B. Priestley
Socialista convinto, antinuclearista, grande critico del capitalismo e della società dei consumi, J.B. Priestley (1894-1984) ha partecipato al dibattito pubblico del suo tempo più di ogni altro drammaturgo. Priestley credeva nel teatro come veicolo di idee, luogo di coesione sociale e strumento educativo. Le sue opere, impegnate ma al contempo accattivanti, rimanevano in cartellone per mesi nei teatri del West End. Al filone politico-sociale s'intreccia il tema del Tempo, centrale in tutta la sua opera. Influenzato dalla teoria della relatività di Einstein, Priestley rifiuta la nozione newtoniana di tempo assoluto e uniforme che si è imposta dopo la Rivoluzione Industriale. La sua ricerca di un'idea diversa di Tempo è dunque anche la critica a un modello culturale ed economico che ha arbitrariamente appiattito l'uomo su talune priorità, impedendo lo sviluppo delle sue enormi potenzialità e la ricerca di un modello economico e sociale alternativo. Nelle sue "Time Plays", tra cui la celeberrima Time and the Conways, Priestley applica recenti teorie del Tempo così da portare il pubblico a sperimentare in prima persona un Tempo "altro". L'interesse di Priestley per la quarta dimensione è dettato dal desiderio di giungere a un'idea di Tempo che aiuti l'uomo a vivere meglio e che dia una risposta laica al senso della vita.
BASE
Cose accadute nel tempo di mia vita
Garanzie del credito e conflitti di leggi (Fraudulent Conveyances in Private International Law)
In: STUDI E DOCUMENTI di DIRITTO INTERNAZIONALE E COMUNITARIO diretta da Umberto Leanza vol. 52 Editoriale Scientifica, Napoli, 2010
SSRN
Gabriele Patrizio, Tempo di guerra, tempo di pace. Stabilità e durata nel mondo globale
In: Rivista di studi politici internazionali: RSPI, Band 78, Heft 2, S. 307-307
ISSN: 0035-6611