This book on Slavic matriarchy is the result of the studies and researches that Evel Gasparini carried out over the span of his lifetime. Intrigued by the possibility of a close link between the collective ownership of the land and the ancient agricultural-matriarchal substrate of Slav culture, Gasparini launched on the titanic enterprise of analysing the archaeological and historical sources of early Slavic civilisation. Basing himself on a concept of culture elaborated in the ethnological field, he brought to light certain contradictions in the application of the Indo-European paradigm to Slavic culture and identified a series of elements illustrating the matriarchal substrate. Exploiting an uncommon knowledge of cultural anthropology and profound linguistic competencies, in this book Gasparini maps out a complex panorama ranging from the economy to the social structure and from the religious traditions to music and dance. Out of print for some time, the book is now proposed in a new, more convenient form, complete with an appendix on Finns and Slavs – which was originally intended as another chapter in the book but was then left out – a detailed preface by Gasparini's disciple Remo Faccani, and a bibliography of the scholar's oeuvre edited by Donatella Possamai.
Il contributo degli antropologi alla rogettazione di piani volti ad incoraggiare lo sviluppo sociale ed economico del Terzo Mondo, costituisce oggi uno specifico campo di studio definito Antropologia dello sviluppo. Con questo saggio Brokensha intende mostrare l'importanza della partecipazione degli antropologi in programmidi sviluppo riguardanti le risorse naturali in particolari settori quali l'agricoltura, il pastoralismo e la forestazione.La maggior parte delle agenzie governative ed internazionali promotrici dei progetti di sviluppo hanno per molto tempo ignorato il notevole corpo di conoscenze accumulate dagli antropologi, non curandosi delle strategie tradizionali di uso e gestione delle risorse naturali, dell'organizzazione socio-economica e dei reali bisogni delle popolazioni future beneficiarie dei progetti. Oggi i risultati di una tale ignoranza si constatano amaramente.Brokensha denuncia per esempio l'inadeguatezza e l'insuccesso di molti rogetti avviati in aiuto alle popolazioni pastorali in Africa negli ultimi venticinque anni, con un costo di centinaia di milioni di dollari e che nessun beneficio hanno recato ai pastori se non qualche utile intervento veterinario. La causa dell'insuccesso é proprio la disinformazione che ha creato false idee sul pastoralismo, formando una mentalita anti-nomade nei funzionari delle agenzie africane e internazionali. Si é cosi mirato ad incrementare forme di produzione diverse da quelle tradizionali (es. la carne al posto del latte) ed a instaurare moderne strutture con tecnologie avanzate, tipo i grandi ranges americani e australiani, che si basano su criteri diversi se non opposti ai sistemi tradizionali di gestione del territorio da pascolo e del bestiame e all'organizzazione socioeconomica dei pastori africani. Come conseguenza di una tale politica di sviluppo, molti pastori hanno perso il controllo dei loro mezzi di produzione e si sono impoveriti; non si é ottenuto alcun aumento di reddito, né di produzione né si é frenato il degrado ambientale.Il contributo dell'antropologo in uesto settore consiste nel mettere a disposizione dei pianificatori le sue conoscenze, "informarli" e stimolarli affinché adottino criteri diversi nella stesura dei progetti, tenendo cioé conto, oltre del sistema economico e sociale, anche delle strategie di sopravvivenza adottate dai pastori in ambienti a volte poco ospitali.La necessità della partecipazione degli antropologi alla progettazione dei piani di sviluppo si fa impellente anche per gli altri due settori proposti da Broizensha: l'agricoltura e la forestazione. Riguardo al primo settore, l'autore riporta alcuni esempi di quella che M. Cernea (1985) definisce "sociologia del raccolto" cioé un campo di ricerca che punta ad evidenziare la interrelazione tra requisiti bio-fisici di un particolare prodotto e le istituzioni socio-economiche, e che può realizzarsi più concretamente attraverso la cooperazione tra antropologi ed agronomi. L' "Integrated Pest Management" rappresenta un'altra promettente area di ricerca e di cooperazione tra agronomi e antropologi, sebbene esistano ancora delle diffidenze sui vantaggi di una ricerca congiunta. Thomas Conelly si è interessato alla peste da insetti e alle malerbe nella parte occidentale del Kenya, esaminando i metodi indigeni di controllo della peste ed evidenziando le difficolta nello sviluppo di tecniche innovative che non siano appropriate alle reali condizioni degli agricoltori su piccola scala.Sebbene oggi alcuni centri per lo sviluppo dell'agricoltura si dimostrino più sensibili verso problemi e suggerimenti proposti dagli antropologi, questi sono ancora poco ra presentati. Per esempio solo il 10% dello staff di ricerca degfi "International Agricultural Centres" è costituito da antropologi e pochissimi lavorano in questo settore per l'U.S.D.A., l'U.S.A.I.D. e la F.A.O.Riguardo alla forestazione, settore verso cui si è rivolta una sempre maggiore attenzione da parte dell'opinione pubblica e degli ambienti scientifici a causa del fenomeno della deforestazione, allarmante per il suo continuo dilagarsi e per le prevedibili catastrofiche conseguenze, l'antropologia ha sviluppato un nuovo campo di interesse definito "Forestazione sociale". Esso è nato negli anni '70 quando i dipartimenti forestali, di fronte all'insuccesso di progetti miranti all'impianto massiccio di alberi, specie per legno da combustione, hanno ritenuto necessario ricorrere all'aiuto degli antropologi. Ancora una volta causa degli insuccessi era stata la disinformazione, in questo caso circa i sistemi di utilizzazione e i criteri di valutazione degli alberi da parte degli indigeni e circa la relazione fra organizzazione socio-economica e possesso ed uso della terra e della vegetazione arborea. Disinteresse e mancata cooperazione alla realizzazione dei progetti fu l'inevitabile risposta dei locali a iniziative a loro estranee e non rispondenti alle loro reali esigenze e necessita. Ed ancora una volta il contributo dell'antropologo è ritenuto utile potendo influenzare uno sviluppo appropriato ai fattori sociali e ambientali che offra concreti benefici alla popolazione.Pertanto fra i principali ruoli che secondo Brokensha l'antropologo può svolgere nei programmi di sviluppo il piu evidente è quello di "informatore". Inoltre puo essere anche "mediatore culturale" tra la gente locale e le agenzie che effettuano gli interventi, diventando il portavoce degli indigeni, affinché non rimangano soggetti passivi, ma partecipino attivamente alle decisioni sul loro "sviluppo". Infine per impedire che si presenti la necessità di svolgere un altro ruolo importante ma assai impopolare, e cioé quello di "censore" che sopprime i rogetti a causa dei prevedibili impatti negativi sulla popolazione, l'antropologo deve avere un rapporto continuativo con le agenzie, partecipando a tutti gli stadi della progettazione, sin dalla fase iniziale per prevedere gli effetti sociali del progetto ancora allo stato di disegno, e fino alle fasi di controllo e valutazione finale.L'azione educativa dell'antropologo, che si esplica nel far esaminare i problemi dello sviluppo attraverso un'ottica antropologica, non è però a senso unico. Egli deve anche imparare. Non solo dovrà informarsi su altri campi scientifici, come quello bio-fisico, ma anche studiare la struttura delle agenzie di sviluppo per interpretare i loro processi di decision-making nel loro vasto e complesso contesto organizzativo, e quindi intervenire adeguatamente.
This article reflects on the contribution that cultural anthropology brings to the interdisciplinary debate on the smart city, and the analytical frameworks through which we can investigate through ethnography the dissemination of information and communication technologies within urban spaces. The essay retraces the debate on new urban policies, and highlights the dichotomy between those for whom the smart city is an instrument of social inclusion, environmental sustainability and economic development, and those who see its potential forms of control and exclusion. We argue that both tendencies share an analytical approach mainly focused on the moment of planning, which is unable to escape from the self-representation of the new urban paradigm as a globalizing and homogenizing force. Drawing from ethnographic cases, the article argues for a "non smart-centered" approach to investigate urban smartization in the context of long-term processes of place-making. This would shed light on the imaginaries produced by smart policies, ICT's informal and unpredictable uses and the ways these (re-)shape senses of locality. ; Questo articolo riflette sul contributo che lo sguardo antropologico può apportare al dibattito interdisciplinare attorno alla smart city e sui quadri interpretativi attraverso i quali approcciarsi etnograficamente all'integrazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel tessuto cittadino. Il testo ricostruisce il dibattito attorno alla nuova policy urbana, mettendo in luce la contrapposizione tra coloro che vedono nella smart city una risposta ai bisogni di inclusione sociale, sostenibilità ambientale e sviluppo economico, e quegli studi critici che ne mettono in luce le potenziali forme di controllo ed esclusione. Il saggio sottolinea come entrambe le posizioni si fondino su uno sguardo in gran parte interno al momento della progettazione e suggerisce di non restare abbagliati dall'autorappresentazione del nuovo paradigma urbano come forza omogeneizzante e globalizzante. Attraverso l'analisi di alcuni lavori etnografici, il testo sottolinea l'importanza di sviluppare un approccio teorico e metodologico "non-smart-centrico" che possa (ri)comprendere le dinamiche di smartizzazione all'interno di più lunghi e sedimentati processi di costruzione della località, facendo emergere gli immaginari prodotti dalle politiche smart, gli usi informali e imprevisti delle tecnologie e il modo in cui questi contribuiscono a ridefinire il senso dei luoghi.
Legitimation and restitution are structural conditions of the practice of ethnographic fieldwork. An anthropologist must seek legitimacy by the social context in which he/she carries out fieldwork. For almost a century, Social Anthropology did not care about such a reciprocal legitimation, nor did it care much about restitution. Presently, the transformations of the epistemological grounds and the object of Anthropology might dissolve the discipline or urge for a deep reconsideration about its disciplinary identity and the nature of ethnographic knowledge. The latter must become the ground of programs of restitution to the people who made it possible for the researcher to achieve it. The Ethnological Missions, supported by the Italian Ministry of Foreign Affairs, are a case in point, which shows how ethnographic activity can maintain its genuine characters and depth, and produce the political conditions for a restitution of its added value that can never be transferred to writing. ; Legittimazione sul campo e restituzione del valore sociale dei saperi acquisiti sono due condizioni strutturali della pratica etnografica. Per più di un secolo, l'Antropologia sociale non ha preso in considerazione il problema della legittimazione dei ricercatori sul terreno e non ha affrontato che rare volte la questione della restituzione. Attualmente, le trasformazioni dei fondamenti epistemologici e degli oggetti della disciplina possono dissolvere l'Antropologia o spingerla verso un profondo ripensamento della sua identità scientifica e della natura del sapere etnografico. Quest'ultimo deve diventare la ragion d'essere di un progetto di restituzione verso coloro che hanno reso possibile al ricercatore di ottenerlo. Le Missioni Etnologiche finanziate dal Ministero degli Affari Esteri sono un esempio che dimostra come l'attività etnografica, conservando i suoi caratteri più autentici e la sua profondità, possa creare le condizioni politiche per una restituzione del proprio valore aggiunto che non potrebbe mai essere trasferita nella scrittura.
International audience ; Per comprendere la lotta dei popoli -aqui Tuareg- ridotti ad essere minoranza dalla voracità degli odierni stati dominanti, la visione evoluzionista e gerarchica – che si accontenta di opporre bonariamente società accusate di essere tribali, feudali, arcaiche, particolariste, a quelle società egemoniche,che deterrebbero il monopolio dell'organizzazione politica, democratica, moderna e universalista- alla fin fine non aiuta molto: serve soltanto a celare la dura realtà, tutta politica, dell'espropriazione e dello stupro che questa civiltà distrutta continua a patire.
International audience ; Per comprendere la lotta dei popoli -aqui Tuareg- ridotti ad essere minoranza dalla voracità degli odierni stati dominanti, la visione evoluzionista e gerarchica – che si accontenta di opporre bonariamente società accusate di essere tribali, feudali, arcaiche, particolariste, a quelle società egemoniche,che deterrebbero il monopolio dell'organizzazione politica, democratica, moderna e universalista- alla fin fine non aiuta molto: serve soltanto a celare la dura realtà, tutta politica, dell'espropriazione e dello stupro che questa civiltà distrutta continua a patire.
International audience ; Per comprendere la lotta dei popoli -aqui Tuareg- ridotti ad essere minoranza dalla voracità degli odierni stati dominanti, la visione evoluzionista e gerarchica – che si accontenta di opporre bonariamente società accusate di essere tribali, feudali, arcaiche, particolariste, a quelle società egemoniche,che deterrebbero il monopolio dell'organizzazione politica, democratica, moderna e universalista- alla fin fine non aiuta molto: serve soltanto a celare la dura realtà, tutta politica, dell'espropriazione e dello stupro che questa civiltà distrutta continua a patire.
to understand the struggle of the peoples — here Tuareg- reduced to being minority by the voidability of today's dominant states, the evolutionist and hierarchical vision — which is content to blatantly oppose societies accused of being tribal, feudal, archaic, particularist, and egemonic societies, which would hold the monopoly of political, democratic, modern and universal organisation — ultimately does not help much: it serves only to conceal the harsh political reality of expropriation and rape that this destroyed civilisation continues to suffer. ; International audience ; to understand the struggle of the peoples — here Tuareg- reduced to being minority by the voidability of today's dominant states, the evolutionist and hierarchical vision — which is content to blatantly oppose societies accused of being tribal, feudal, archaic, particularist, and egemonic societies, which would hold the monopoly of political, democratic, modern and universal organisation — ultimately does not help much: it serves only to conceal the harsh political reality of expropriation and rape that this destroyed civilisation continues to suffer. ; Per comprendere la lotta dei popoli -aqui Tuareg- ridotti ad essere minoranza dalla voracità degli odierni stati dominanti, la visione evoluzionista e gerarchica – che si accontenta di opporre bonariamente società accusate di essere tribali, feudali, arcaiche, particolariste, a quelle società egemoniche,che deterrebbero il monopolio dell'organizzazione politica, democratica, moderna e universalista- alla fin fine non aiuta molto: serve soltanto a celare la dura realtà, tutta politica, dell'espropriazione e dello stupro che questa civiltà distrutta continua a patire.
The image of the European culture is given by the association of the concepts people – culture – history – territory, which provides certain local features. From this relation, we identify a cultural area with local, regional and national features beyond a certain European culture. Thus, we identify at least two cultural identity constructions on the European level: a culture of cultures, that is a cultural area with a particular, local, regional and national strong identity, or a cultural archipelago, that is a common yet disrupted cultural area. Whatever the perspective, the existence of a European cultural area cannot be denied, although one may speak of diversity or of "disrupted continuity". The paper is a survey on the European cultural space in two aspects: 1. Europe with internal cultural border areas; 2. Europe as external cultural-identity border area. From a methodological point of view, we have to point out that despite the two-levelled approach the two conceptual constructions do not exclude each other: the concept of "culture of cultures" designs both a particular and a general identity area. The specific of the European culture is provided precisely by diversity and multiculturalism as means of expression on local, regional, or national levels. Consequently, the European cultural area is an area with a strong identity on both particular and general levels.
The author reflects, within the critical perspective of cultural anthropology, on the issue of the impact of pollutants on human bodies transformed into toxic bodies, ecological alterities characterized by social vulnerabilities and inequalities, but for this reason living texts able to tell stories about global environmental contamination, disease, power, exploitation, injustice and oppression. The toxic bodies reveal the inevitable intertwining between human subjects and non-human materials, requiring a significant collective responsibility, a total rethinking of the relationship between culture and nature and more appropriate ethical and political strategies of which, as the environmental historians show, women have already been active supporters from long time. ; L'autore riflette, nell'ambito della prospettiva critica dell'antropologia culturale, sulla questione dell'impatto degli agenti inquinanti sui corpi umani trasformati in corpi tossici, alterità ecologiche caratterizzate da vulnerabilità e diseguaglianze sociali, ma proprio per questo testi vivi in grado di raccontare storie di contaminazione ambientale globale, malattia, potere, sfruttamento, ingiustizie e oppressione. I corpi tossici svelano l'inevitabile intreccio tra natura umana e materie non umane, richiedendo una significativa responsabilizzazione collettiva, un ripensamento complessivo del rapporto tra cultura e natura e più adatte strategie etiche e politiche di cui già da tempo, come mostrano gli storici dell'ambiente, le donne si sono fatte attive promotrici.
Piero Coppo (1940-1921), psichiatra, psicoterapeuta, ha contribuito con i suoi studi e con le sue ricerche a un significativo avanzamento teorico e metodologico delle poten- zialità applicative dell'etnopsichiatria. Il suo dialogo continuativo con l'antropologia culturale ha evidenziato inoltre "antenati comuni e parentele segrete" tra le due disci- pline. Ma soprattutto Coppo ha incoraggiato, nell'ultimo decennio, il riconoscimento di una etnopsichiatria "radicale" (e immediatamente politica), sensibile alle trasfor- mazioni della globalizzazione, aperta a nuove sponde di ascolto e di intervento, valida in ogni lavoro diagnostico, in ogni progetto terapeutico, a qualsiasi latitudine, qui e altrove. Il contributo tenterà di mettere in luce alcuni risultati del suo impegno e della sua appassionata avventura intellettuale in questi ultimi quarant'anni. ; Piero Coppo (1940–1921), psychiatrist, psychotherapist, contributed with his studies and research to the theoret- ical and methodological advancement of ethnopsychia- try and to the recognition of its applicative potential. His continuous dialogue with cultural anthropology shed light on common ancestors and overlooked affini- ties among the two disciplines. During his whole career and especially in the last decade, Coppo encouraged the foundation of a "radical" ethnopsychiatry (aware of and deeply connected with its political implications), sensi- tive to the transformation brought by globalization and open to new possibilities of listening and intervening, devised to be used in case conceptualization and treatment planning in different cultural contexts, "here and elsewhere". This paper aims at show- ing the results of the work of Piero Coppo retracing his forty-year-long intellectual journey.