Suchergebnisse
Filter
509 Ergebnisse
Sortierung:
World Affairs Online
LA RISCOSSIONE TRANSNAZIONALE DEI TRIBUTI NELL¿UNIONE EUROPEA
La ricerca ha ad oggetto la "riscossione transnazionale dei tributi", cioè le attività finalizzate alla riscossione dei tributi al di fuori del territorio statuale. La riscossione dei tributi implica l'esercizio di poteri sovrani, e può quindi essere svolta all'estero solo in virtù di appositi accordi internazionali o - nei rapporti tra gli Stati membri dell'Unione europea - sulla base della normativa europea. L'esigenza di idonei strumenti per la riscossione all'estero è sempre più intensa, sia perché oggi le imposte presentano marcati caratteri di "internazionalità", sia perché la ricchezza è dematerializzata, supera i confini senza passare dalle dogane. E tutto ciò favorisce l'evasione fiscale internazionale. La riscossione transnazionale è ascrivibile al più ampio fenomeno della collaborazione tra gli Stati in materia fiscale (che ricomprende anche la collaborazione finalizzata all'accertamento: scambi di informazioni, indagini congiunte, etc.), che nasce proprio per combattere efficacemente l'evasione internazionale. La riscossione transnazionale può consistere sia nello svolgimento di attività puramente normative, come l'imposizione di obblighi di assolvimento dei tributi a carico di soggetti "estranei" all'ordinamento dello Stato impositore (si pensi ad esempio all'attribuzione di obblighi di sostituzione d'imposta a carico di istituti finanziari di diritto estero privi di qualsiasi connessione con l'ordinamento italiano), sia in attività di natura amministrativa e giudiziaria (è questa l'ipotesi in cui uno Stato procede all'esecuzione esattoriale su beni situati nel proprio territorio al fine di riscuotere il credito tributario di un altro Stato). In quest'ultima ipotesi si parla solitamente di "mutua assistenza amministrativa e giudiziaria". La presente ricerca ricostruisce in dettaglio le fonti normative che prevedono la collaborazione tra gli Stati membri dell'Unione europea nella riscossione dei tributi (in particolare la direttiva 2010/24/UE, la Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1988 e l'art. 27 del Modello OCSE), nonché la disciplina da esse complessivamente ricavabile (ambito di applicazione oggettivo, soggettivo e temporale degli obblighi di assistenza, forme dell'assistenza, assistenza nel recupero e nelle misure cautelari, limiti agli obblighi di assistenza, etc.). L'analisi del dato positivo mette in luce che attraverso le norme sulla collaborazione gli Stati hanno visto grandemente esteso l'ambito territoriale dei propri poteri di riscossione, ma rivela anche che, allo stesso tempo, nulla è stato specificamente previsto per garantire adeguate forme di tutela ai soggetti privati incisi da tali poteri. Il presente lavoro muove quindi alla ricerca di un punto di equilibrio tra gli accresciuti poteri degli Stati derivanti dalle norme europee e internazionali, da un lato, e le esigenze di tutela dei soggetti privati incisi dalle procedure di recupero, dall'altro, da raggiungere alla luce di un'interpretazione razionale del dato positivo e dei principi. ; This study concerns all activities undertaken to collect taxes abroad (i.e., cross-border tax collection). Tax collection implies the use of sovereign powers: therefore, it may be carried out abroad only in accordance with international agreements or – among European Union Member States – based on European regulations. Taxes are becoming more and more "international", and wealth itself is now largely intangible – it crosses borders without going through customs. All of this may aid international tax evasion. Thus, there is a growing need for appropriate means to collect taxes abroad. Cross-border tax collection falls under the broader phenomenon of international cooperation in tax matters (which also includes cooperative efforts when assessing taxes: exchanging information, joint audits, etc.). Indeed, this cooperation stems from the need to fight international tax evasion more effectively. Cross-border tax collection may be performed through: (a) purely legislative means, such as the imposition of tax payment obligations on individuals or entities that are not linked to the taxing state's territory (e.g., the obligation on foreign financial in-stitutions with no link whatsoever to the Italian legal system to withhold taxes); and/or (b) judicial or administrative means (e.g., a state enforces taxes on property or other goods located within its territory on behalf and in the interest of an applicant state to which taxes are owed). The latter case is usually referred to as "mutual administrative and judicial assistance". This study first analyses the legal background that allows European Union Member States to cooperate with each other in tax collection (particularly Council Directive 2010/24/EU, the Strasbourg Convention of 25 January 1988 and Article 27 of the OECD Model Tax Convention). It then analyses the general regulations resulting from this legal background (such as the personal, material and temporal scope of ob-ligations to provide assistance; forms of assistance; assistance with recovery and precautionary measures; limits on the obligations to provide assistance; and more). Analysis of this legal background reveals that regulations on cooperation in tax matters have allowed EU Member States to extend the territorial scope of their tax collection powers greatly. At the same time, however, it also reveals that no adequate provisions are currently in place to safeguard the rights and interests of individuals and entities that are subject to these powers. This study thus aims to strike a balance between the increased powers of EU Member States (deriving from European and international regulations) on the one hand, and the need to safeguard individuals and entities that are subject to recovery procedures on the other. This balance can indeed be achieved – but it requires a rational interpretation of the legal background and its principles.
BASE
Sviluppo di un sistema di compressione video Motion Jpeg su FPGA
Lo sviluppo di sistemi che gestiscono e manipolano segnali video è in continuo aumento. Molti di questi sistemi richiedono velocità di elaborazione e bassa latenza, per questo vengono preferite piattaforme hardware programmabili come FPGA invece di CPU general purpose. Questo perché si possono realizzare applicazioni su FPGA in cui tutte le risorse sono ottimizzate per un processo. In questo lavoro di tesi è stata realizzata un'applicazione specifica su FPGA per la manipolazione di un formato video specifico. Nel dettaglio l'obbiettivo raggiunto era di realizzare una compressore video che avesse una latenza minore di 2 ms, che mantenesse una buona qualità del video e che producesse un segnale solido ai disturbi. Il formato del video da comprimere è un PAL YCbCr 4:2:2 interlacciato 8 bit per campione con un bitrate pari a 21\: MB/s . Il progetto è stato realizzato in linguaggio VHDL utilizzando il software di Altera Quartus II per la programmazione e per le simulazioni ModelSim. Il processo di compressione scelto per realizzare l'applicazione, tra le varie tecniche esistenti, è il Motion JPEG. Questa tecnica effettua una compressione JPEG su ogni fotogramma del video. In questo modo si ottengono basse latenze, vista la limitata attività computazionale richiesta dalla compressione JPEG. In più ogni fotogramma è elaborato indipendentemente degli altri, questo porta ad una maggiore robustezza ai disturbi in trasmissione perché limita la propagazione dell'errore alla singola immagine in cui avviene. Di contro un video Motion JPEG ha un bitrate più elevato rispetto ad uno standard MPEG, valori che però sono compatibili con le caratteristiche di trasmissione hardware della scheda di elaborazione video su cui è presente la FPGA. Il segnale video analogico proviene da una telecamera PAL ed è digitalizzato da un decoder video prima di arrivare sui pin della FPGA. Nel processo Motion JPEG le componenti del video sono suddivise in matrici 8x8, ognuna della quali viene sottoposta a compressione. Sfruttando questa caratteristica, occorre memorizzare solamente 8 righe del video per iniziare l'elaborazione. Questo aspetto aiuta a mantenere bassa la latenza. In questa versione del progetto è stato scelto di agire solamente sulle matrici 8x8 della componente Y del video, cioè di comprimere il video come se fosse in bianco e nero. Il sistema realizzato è composto da 2 macro blocchi: • lo Stadio d'Ingresso che si occupa di ordinare in matrici 8x8 i campioni provenienti dal decoder e di inviarle una ad una al modulo che le comprime. • il Compressore che implementa il processo JPEG su ogni matrice 8x8. Come detto precedentemente, occorre memorizzate 8 righe del video (costituite da 90 matrici della componente Y) per iniziare la compressione. Iniziata la compressione delle 8 righe appena memorizzate, lo Stadio d'Ingresso si occupa di memorizzare le successive 8 righe, le quali verranno compresse finito il processo sulle prime. La frequenza di clock del sistema è stata scelta in modo che il tempo di compressione di 8 righe sia minore del tempo di memorizzazione delle 8 righe successive. L'intero sistema è stato testato con il simulatore ModelSim ricreando diverse condizioni di funzionamento. I risultati dei test funzionali sono stati positivi. Per testare fisicamente il sistema è stato utilizzato un tool fornito da Altera, SignalTap, con il quale si possono visualizzare segnali e registri interni al sistema altrimenti impossibili da raggiungere fisicamente. Il test effettuato consiste nel comprimere un fotogramma memorizzato sulla FPGA e di valutarne la qualità. Con SignalTap sono stati prelevati i risultati della compressione del Frame e decompressi con Matlab. L'immagine risultato della compressione è stata confrontata sia con l'immagine originale che con la stessa immagine ma compressa da Matlab. Per i fotogrammi compressi con il sistema è stata valutata una qualità che è pari ad una compressione JPEG del 50% ed un fattore di compressione che varia intorno a 1:10. Per valutare il bitrate del sistema realizzato è stato compresso il flusso video proveniente dalla telecamera PAL ed è risultato intorno a 8\: Mbit/s . La stima della latenza massima è stata valuta in \approx1ms ed è relativa ad 8 righe, più precisamente è il tempo massimo che intercorre tra il primo pixel della prima riga in ingresso e l'ultimo pixel compresso dell'ottava riga in uscita. Il sistema realizzato più essere utilizzato in trasmissioni video per limitare la banda occupata e in cui è richiesta una bassa latenza. Ogni fotogramma compresso è facilmente accessibile e quindi il sistema è adatto ad applicazioni di analisi e di editing. L'adozione di una serie di scelte peculiari all'interno del progetto è giustificata dal fatto che nelle specifiche non è richiesto che il formato del video compresso sia compatibile con quello di un qualsiasi produttore, in quanto anche la decodifica è pensata per essere realizzata su FPGA con un sistema custom. In ambito militare, questo compressore può essere utile in sistemi di tiro, in cui l'arma da fuoco si trova distante dalla postazione di mira e quindi il video viene compresso e trasmesso velocemente via cavo mantenendo una buona qualità. Un'altra applicazione realizzabile con il sistema oggetto della tesi è quella di poter criptare, oltre che comprimere, il video così da evitare "sniffing".
BASE
LA SOVRANITA' PERMANENTE DEGLI STATI SULLE RISORSE NATURALI ED IL FENOMENO DEL LAND GRABBING
In seguito alla crisi dei prezzi dei prodotti alimentari tra il 2007 ed il 2008, é emersa sul panorama internazionale una nuova pratica, definita sinteticamente "land grabbing" (letteralmente accaparramento delle terre). Con tale espressione si indica, in prima approssimazione, l'acquisizione o l'affitto in larga scala di terre destinate ad uso agricolo, da parte di investitori stranieri pubblici e privati. Il fenomeno è concentrato prevalentemente nei Paesi in via di sviluppo e, in modo particolare, in Africa. I Pvs, spinti dalla necessità di liquidità ed infrastrutture, hanno posto in essere un politica favorevole agli Investimenti Diretti Esteri, consentendo l'acquisto o l'affitto di terra fertile, per corrispettivi o canoni piuttosto esigui e termini contrattuali particolarmente estesi (generalmente ricompresi in un range temporale tra i trenta e novantanove anni). La conclusione di tali contratti di investimento è formalmente indirizzata alla produzione di materie prime per il fabbisogno alimentare ed energetico dei Paesi d'origine. Prima facie, essi sembrerebbero un "normale" esercizio della sovranità permanente dello Stato di destinazione sulle proprie risorse naturali, che detiene il pieno diritto di regolarne lo sfruttamento. Nella fattispecie, emerge, infatti, in modo preponderante il ruolo degli Stati ospite. Le transazioni si svolgono in maniera formalmente legittima e vengono veicolate dallo Stato recipiente, le cui autorità nazionali o regionali concludono leciti accordi con gli investitori. Numerose perplessità sorgono, però, in merito alla compatibilità di tale pratica con il diritto internazionale vigente. Simili investimenti presentano, infatti, un alto potenziale di rischio a carico delle popolazioni del Paese ospite, in particolare sotto il profilo dell'accesso alla terra, e quindi dell'approvvigionamento alimentare. È possibile che sulle terre oggetto d'investimento insistano già coltivazioni o allevamenti di comunità rurali, che utilizzano la terra in virtù di consuetudini o diritti d'uso, cui solitamente é collegato un minor livello di tutela rispetto ai titoli formali di proprietà, peraltro piuttosto rari. In alcune regioni del mondo, i soggetti titolari risultano quindi particolarmente vulnerabili, considerata la difficoltà di azionare i loro incerti diritti sulla terra e di ottenere, di conseguenza, un'adeguata protezione giurisdizionale. Egualmente preoccupante, sotto il profilo ambientale, é la tendenza, nell'implementazione di questo tipo d'investimenti, a sfruttare la terra per la coltivazione di biocarburanti o la realizzazione di vasti appezzamenti di monoculture, che riducono, evidentemente, la possibilità di mantenere una diversificazione ambientale adeguata. Una volta accertata la rilevanza giuridica del fenomeno della corsa alle terre ed averne individuato una qualificazione autonoma, il lavoro si propone, quindi, di valutare la questione della legittimità dell'esercizio della sovranità permanente da parte del Paese di destinazione, quando l'alienazione di porzioni di territorio oggetto d'investimento si esplichi in modalità tali da generare le esternalizzazioni negative brevemente accennate: l'esercizio della sovranità da parte dello Stato non può, infatti, prescindere da precisi obblighi che su di esso gravano ai sensi del diritto internazionale, inerenti alla tutela dei diritti umani, da una parte, ed alla protezione dell'ambiente, dall'altra. ; After the outbreak of the food price crisis in 2007 – 2008 a new practice, known as land grabbing, has emerged on the international scene. The race to land is generally understood as the phenomenon of large-scale investments in land by foreign investors, which include both States and private companies, especially in developing countries. Driven by the necessity to attract foreign capital and finance infrastructure projects, developing countries have implemented favorable Foreign Direct Investment (FDI) policies, thus allowing the purchase or lease of fertile land lots, for rather meager rental prices and long terms (usually ranging from thirty to ninety-nine years) . Formally, these investments are directed towards the production of raw materials, necessary to address food and energy requirements, in particular for those countries which are net importers of agricultural products. The host State may well then decide to conclude lawful deals with the investors towards this aim. Prima facie, therefore, the conclusion of investment contracts in land apparently reflects the host country's exercise of permanent sovereignty over its natural resources, which has the full right to regulate the exploitation thereof. Nevertheless the analysis of the phenomenon of land grabbing raises some doubts in relation to the compatibility of this practice with current international law norms. Such investments potentially carry a number of high risks to the population of the host country, in particular in terms of access to land and food supply. It is likely, in fact, that on the land subject to a given investment, there may already exist crops or herds of rural communities, who use the land by virtue of custom or usage rights, usually granted a lower level of protection if compared to the formal titles of ownership, rare at best in most developing countries. In some regions of the world, the holders are therefore particularly vulnerable to displacement, given the difficulty to exercise their uncertain land rights and to obtain, as a result, adequate judicial protection. Equally worrying, environmentally, is the implementation of investment contracts aimed at exploiting land to farm biofuels or realize large plots of monoculture, thus reducing the possibility to keep adequate land biological diversity. After the analysis of the juridical significance of land grabbing and the identification of its autonomous legal characterization, the thesis examines the question of the legitimacy of the race to land with regards to the exercise of permanent sovereignty over natural resources by the host country, especially in those cases where the alienation of land generates considerably negative externalities on the local population: sovereignty cannot, in fact, be exercised without due regard to the specific obligations incumbent upon States under international law, related, in particular, to the protection of human rights and the environment.
BASE
Norovirus in bivalve molluscs: development of a Real Time RT PCR protocol and its application for a viral contamination monitoring and for a bioaccumulation study
The Food Hygiene Package is a body of European Regulations laying down hygiene rules for foodstuffs produced in the EU and non-EU countries exporting to the EU. The pursuit of a high level of protection of human life and health is one of the fundamental objectives of this laws package. Some points of EC Regulations undergo to critical review by the Commission, and particular attention was given to fishery products. Commission Regulation (EC) No 2073/2005 of 15 November 2005 on microbiological criteria for foodstuffs, in Annex I, Chapter 1, lays down the food safety criteria for live bivalve molluscs and live echinoderms, tunicates and gastropods and sets sampling-plans, limits and analytical reference methods only concerning bacterial micro-organisms of Salmonella spp. and Escherichia coli genera. Epidemiological data of the last years reported the consumption of live bivalve shellfish infected by enteric viruses as common cause of human gastroenteritis. Norovirus resulted the leading cause of all human gastroenteritis outbreaks worldwide. For this reason, in the first part of Reg. (EC) No 2073/2005, in the whereas at point 12, it's written that the Scientific Committee on Veterinary Measures relating to Public Health (SCVPH) issued an opinion on Norwalk-like viruses (NLVs, noroviruses) on 30-31 January 2002. In that opinion it concluded that the conventional fecal indicators are unreliable for demonstrating the presence or absence of NLVs and that the reliance on fecal bacterial indicator removal for determining shellfish purification times is unsafe practice. So Salmonella and Escherichia coli can not be used as only indicators of safety criteria in live bivalve molluscs. In particular, at following points we can read that it may be necessary to set harmonized sampling frequencies at Community level, particularly in order to ensure the same level of controls to be performed throughout the Community. Finally it's confirmed that criteria for pathogenic viruses in live bivalve molluscs should be established when the analytical methods are developed sufficiently (at point 27). In response to concerns expressed by EU Regulations and taking into account the latest epidemiological data, the international networks dealing prevention, communication and control of human food borne illness diseases caused by enteric viruses have intensified their researches on norovirus. In the past few years, numerous research projects financed by government departments and international organizations have been implemented in order to get more information on these viral pathogens and check most hazardous areas. Among the areas traditionally known for a high fish consumption, there are the Southern Italy regions, where mussels are highly appreciated. Mytilus galloprovincialis accounts for over 22.4% of annual consumption of fish (data by E.U., Unimar, Ismea e Uniprom), particularly in Campania the mussels consumption was calculated to be about 41 000 tonnes each year. Since ancient times, in most coastal areas the custom of eating raw or undercooked bivalve shellfish remains common. In this way, however, the assumption of norovirus eventually present and bioaccumulated in shellfish makes easier. Noroviruses are highly resistant to adverse environmental conditions and a simple shellfish cleaning or the application of so-called "mild technologies", such as steaming, are unable to eliminate viral contamination. Among filter feeders bivalve, oysters are the species most common in France. In fact the French coastal areas produce more than 90% of oysters in the EU and France has the historic first for production and consumption of these molluscs. Oysters are traditionally eaten raw, still alive, mostly with a few drops of lemon juice. As for Mytilus galloprovincialis, oysters can represent an hazard for the occurrence of human food borne illness from enteric viruses. In the course of my PhD studies, I have dealt with norovirus in bivalve molluscs. During my first year of PhD study, I concurred to the development of a method for detection of norovirus in live bivalve molluscs working together with researchers of the ISS. The method is based on the use of Real Time RT PCR. During our researches it has been subjected to inner validation by the ISS and it resulted provided of efficiency to research norovirus in live bivalve molluscs. So the Italian Ministry of Health with Note of 24/11/2009 established the one-step Real Time RT-PCR protocol as the official method to research norovirus in live bivalve molluscs. After this period, during the second year of my PhD studies, I worked for a national monitoring to test norovirus presence in bivalve molluscs. The one-step Real Time RT PCR protocol was used again. Studies have been carried out within a project financed by Campania Region. Shellfish collected from harvesting areas and bought at retailers located on the three coastal districts of Naples, Caserta and Salerno have been tested for norovirus presence. During the last year, my scientific experience has been enriched by a collaboration with IFREMER researchers. IFREMER is one of the French national research centers taking part in FBVE-network. I have worked at the section of the Virology of Laboratory of Microbiology (MIC) sited in Nantes, that was indicated National Reference Laboratory (NRL) for the control of bacterial and viral contamination of bivalve molluscs in France by the French Ministry of Agriculture and Fisheries. IFREMER has the same functions of the Italian NRL concerning norvirus research and control. During my stage at IFREMER, bioaccumulation physiological activity was analyzed in oysters living in seawater contaminated by Norovirus spp. The research was carried out on samples of Crassostea gigas coming from different harvesting areas located along the Atlantic coast of Brittany, area known for oysters production worldwide. For bioaccumulation studies classified and quantized strains of norovirus GI.1 and GII.3 were used. At the IFREMER laboratory, the one-step RT Real Time PCR protocol was used and further validated.
BASE
Pianificazione e specializzazione negli insediamenti della preistoria recente nel sud-est della penisola Iberica (3300-1350 cal a.C.)
Almeno dal cosiddetto neolitico recente (circa 4000 cal a.C.) nel sud-est della penisola iberica inizia un processo di differenziazione tra gli insediamenti che accompagna un importante e progressivo processo di diversificazione sociale legato a dinamiche di accumulazione differenziale della ricchezza e al bisogno di riprodurre la situazione controllando la forza lavoro. Dall'eneolitico (3300 a.C.) alcuni insediamenti, in particolare Los Millares (Santa Fe de Mondújar, Almeria), ci permettono osservare al loro interno i processi di segregazione spaziale con differenti linee di muraglie, aree specializzate e laboratori metallurgici, nonché prove del consumo differenziale di prodotti agropastorali e accesso a prodotti esotici e di prestigio. Queste differenze si estendono al rituale funerario e si esprimono anche nell'enfasi sul controllo territoriale attraverso la dispersione di megaliti e fortini. Tra l'età del bronzo antico e recente (2150-1350 a.C.), con lo sviluppo della cultura del Argar, non solo l'enfasi sul controllo territoriale viene estesa, con la dispersione di insediamenti arroccati, ma quella segregazione spaziale è più evidente non solo nei centri politici come La Bastida (Totana, Murcia) ma anche nei piccoli villaggi. Infatti, anche nei piccoli nuclei, come mostra l'analisi del Castellón Alto (Galera, Granada), si sviluppa un complesso agglomerato urbano con case con più ambienti destinati a diverse attività, infrastrutture stradali e di approvvigionamento idrico e aree separate per l'élite, specialmente nelle zone più alte (acropoli). L'usanza di seppellire i defunti sotto le case facilita anche l'identificazione del livello sociale degli abitanti di ciascuna area all'interno dello stesso sito. Le relazioni tra le élite ci aiutano a valutare che questo processo di urbanizzazione è comunque destinato a convertire solo alcuni siti in centri ideologici e politici (città) in cui le principali élites riproducono il sistema di classe. Lo stesso discorso si può fare per i principali insediamenti eneolitici. ; At least from the so-called Late Neolithic (around 4000 BC) a process of differentiation between the settlements begins in Iberian South-east. Changes in settlement pattern were accompanied by an important and progressive increase in social diversification linked to dynamics of differential accumulation of wealth and control of labour force. From the Chalcolithic (3300 BC) some settlements, in particular Los Millares (Santa Fe de Mondújar, Almeria), allow us to observe within them the processes of spatial segregation with different lines of walls, specialized areas and metallurgical workshops, as well as evidence on differential consumption of farming products and exotic and prestigious items. These differences extend to the funeral ritual and are also expressed in the emphasis on territorial control through the dispersion of megaliths and hill-forts. Between the Early and Late Bronze Age (2150- 1350 BC), with the development of the Argar culture, not only the emphasis on territorial control is extended, with the dispersion of well defended settlements placed on high positions, and spatial segregation is more evident not only in political centers such as La Bastida (Totana, Murcia) but also in small villages. In fact, even in small villages, as shown by the analysis of the Castellón Alto (Galera, Granada), a complex urban agglomeration develops with houses with more rooms for different activities, street and water supplies infrastructures and separate areas for the elite, especially in the highest areas (acropolis). The custom of burying the dead under the houses also facilitates the identification of the social level of the inhabitants of each area inside the settlements. Links between the elites help us to assess that this process of urbanization is anyway related to keep only some sites as the ideological and political centers (cities) where main elites reproduce the class system, as can be said also by main Chalcolithic settlements. ; Al menos desde el denominado Neolítico Tardío (alrededor de 4000 cal AC) en el sudeste de Península Ibérica comienza un proceso de diferenciación entre los asentamientos que acompaña un importante y progresivo proceso de jerarquización social relacionado con dinámica de acumulación diferencial de riqueza y la necesidad de reproducir la situación controlando la fuerza de trabajo. Desde el Eneolítico (3300 cal A.C.) algunos asentamientos, en particular Los Millares (Santa Fe de Mondújar, Almería), nos permiten observar dentro de ellos los procesos de segregación espacial con diferentes líneas de murallas, áreas especializadas y talleres metalúrgicos, así como evidencias de consumo diferencial de productos agropecuarios y acceso restringido a productos exóticos y de prestigio. Estas diferencias se extienden al ritual funerario y se expresan también en el énfasis en el control territorial a través de la dispersión de megalitos y fortines. Durante el Bronce Antiguo y Tardío (2150-1350 cal AC), con el desarrollo de la Cultura de El Argar, no sólo se extiende el énfasis en el control territorial, con la dispersión de asentamientos encastillados, sino que esa segregación espacial interna es más evidente tanto en centros políticos como La Bastida (Totana, Murcia) como también en pequeños poblados. De hecho, incluso en núcleos menores, como muestra el análisis del Castellón Alto (Galera, Granada), se desarrolla una compleja aglomeración urbana con viviendas con múltiples estancias destinadas a diferentes actividades, infraestructuras viarias y de suministro de agua y áreas separadas para la élite, especialmente en las áreas más altas (acrópolis). La costumbre de enterrar a los muertos debajo de las casas también facilita la identificación del nivel social de los habitantes de cada zona dentro del mismo yacimiento. Las relaciones entre las élites nos ayudan a evaluar el hecho de que en este proceso sólo determinados yacimientos se convierten en los centros políticos (ciudades) e ideológicos de las élites centrales, donde mejor se expresa y reproduce el sistema de clases, como ya sucedía durante el Calcolítico. ; Proyecto "Estrategias agropecuarias y consumo en la Edad del Bronce del sur de la Península Ibérica. Análisis de plantas, animales y restos humanos (HAR2016-80057-P)" financiado por el Ministerio de Economía y Competitividad.
BASE
Traduzione e Commento ai Regum et imperatorum apophthegmata di Plutarco, (172BCDE, 176EF, 183EF, 186ABC, 186DEF, 187AB, 187BC, 187F, 188B, 188CD, 190A, 190DEF, 194CDE)
Tese de doutoramento em Estudos Clássicos, no ramo de Filologia Clássica, apresentada à Faculdade de Letras da Universidade de Coimbra ; The research work is divided into two basic parts: the translation and commentary of some sections of the book Regum et imperatorum apophthegmata by Plutarch. In particular they have been taken into consideration the Dedicatory epistle to Trajan and the sections dealing with Agathocles, Antipater, Aristides, Alcibiades, Iphicrates, Timotheus, Phocion, Teleclus, Lysander and Pelopidas. The translation was prepared on the basis of the Latin translation by Xylander, the Italian ones by Adriani and Pettine, the English one by Babbitt, the Spanish one by Lόpez Salvá and the French one by Fuhrmann. For each anecdote the different interpretative proposals of the translators have been highlighted in the footnotes. The commentary has been developed along two lines, the former intratextual, the latter intertextual. In the first istance, the attention was paid to the study of the words used by the author, which helped to identify the frequency of some fundamental themes of ethical and political thought of Plutarch, such as the need for the governor not to be tormented by lust for wealth, not to be led astray by private interests and friendships in the management of public affairs, to be able to evaluate flexibly critical circumstances that occur from time to time, shaping the policy and operational positions to them and avoiding fruitless and stiffness intransigence. Before the eyes of the reader the author slides the long series of anecdotes, inviting them to consider which are the virtues, but also the vices that led eminent people to prosperity or to ruin. And what emerges consistently from each short story is the importance of reflection and pondering every time you are about to perform an action or reply to a question not without insolence. It is recommended and appropriate learning to tame irrational forces of the soul through the exercise of λόγος; in fact they cannot be eradicated completely. It is because of this constant and gradual exercise of self improvement that energy, which man has, can be harnessed and directed to noble deeds for those who make them and fruitful for those who benefit them. The policy ultimately cannot be separated from ethics; a politician, who is not persistent in improving his mind and free it from all forms of selfishness, will not benefit at all to those who are subjected to his command. In many cases it is possible to find in the text the words which introduce explicitly the above issues, as, for example, φιλοπλουτία, ἀδικία, δίκη, τóλμα, θάρσος, ἀργία; in other cases it can be deduced from the meaning of the anecdote which category of values the author is referring to. The presence of the terms relating to each theme, in the commentary of the individual anecdotes, are then summarized in a synoptic table in order to allow an immediate comparison of the characters and the vices/virtues attributed by the author. Another aspect investigated thoroughly is the author's appeal to rhetorical devices to give the apophthegms incisiveness, especially when the author summarizes episodes which are more extended and articulated in the Lives and other plutarchian books. In the Apophthegmata you can find especially the chiasmus, which the author often uses to contrast the thinking and acting of the character to that of his detractors; the etymological figure and the polyptoton, with which the main theme of the plutarchian reflection is repeatedly drawn inside the anecdote. It was further highlighted that in the collection of apofthegms there are two types of anecdote; there is, in most cases, the presence of apophthegmata placed at the conclusion of a synthetic context, outlined with rapid hints; but it also notes the introduction of a specific episode of war and customs of characters, devoid of judgment in the epigraph, which are also designed to emphasize an ethical feature and behavior of the character in question. The second line, that we proceeded in the research work, was the comparison of each anecdote with versions of the same occurring in other works by Plutarch. The comparison showed that in some cases the versions coincide almost entirely in the vocabulary and meaning, but on many occasions the perspective, from which the story is presented by the author, varies slightly and sometimes considerably. It has been noted in fact that some details of the anecdote are eclipsed or modified by the author based on the context in which they are placed; the same story is then molded according to the theme that the author is dealing with. In general it was found that in Apophthegmata the presentation of the characters tends to be more positive than in other works by Plutarch, operation where the author comes removing from anecdotes details that could negatively connote the character. At the base of the anecdotes they could hypothetically be the so-called ὑπομνήματα, ie raw notes that Plutarch would be recorded in the course of its various readings and which he would use in the composition of his works. It is given adequate account about this problem in a specific chapter of the thesis, which examines the theories proposed in particular by Van der Stockt, Van Meirvenne, Pelling, Städter and Beck on the nature of ὑπομνήματα. According to some of them the content of the clusters, which are groups of ὑπομνήματα, would mainly philosophical in nature, according to others mainly historical. Furthermore on the one hand it is believed that the Apohthegmata constitute a drafting stage intermediate between the hypothetical sketched ὑπομνήματα and anecdotes as are processed in different works by Plutarch. On the other hand however the collectionof apophthegms is considered complete and independent from the drafting of the Lives and Moralia, theory that appeared to me more convincing on the basis of the rhetorical and stylistic analysis that I developed. The anecdotes do not appear to a stage of stylistic poor structuring and the use of a certain category of rhetorical devices and the tendency to obscure incriminating details for the characters seem to respond to a specific purpose of the author. Another chapter is devoted to the presentation of the debate on the problematic attribution of the work to Plutarch. In this chapter we review the opinions expressed in particular by Xylander, Wyttenbach, Benseler, Volkmann, Schmidt, Sass, Weissenberger, Hartman, Babbitt, Ziegler, Flacelière, Fuhrmann and Beck, noting that the most recent studies, particularly those of Beck, the scholars tend to recognize the paternity of the collection of anecdotes. According to him and other scholars the conciseness of anecdotes than the versions, which are read in the other works by Plutarch, would not be valid indication of inauthenticity; instead it would respond to the specific needs required by the type of the literary genre.
BASE
Per una storia economica del territorio di Bagni di Lucca nella seconda metà del Novecento
Il presente studio intende approfondire alcuni degli aspetti storico-economici del comune di Bagni di Lucca, cittadina termale della Media Valle del Serchio, non rinunciando ad offrire una sintesi geografica del territorio. In particolare, il punto di vista che abbiamo privilegiato riguarda le manifatture locali e la loro evoluzione nella seconda metà del Novecento, in ragione del preminente ruolo economico da esse assunto, nel corso del periodo considerato ed almeno fino ai primissimi anni Duemila, rispetto alla tradizionale industria termale, la quale ha ispirato nel tempo, e contrariamente alle vicende produttive del comune, un'apprezzabile letteratura. Bagni di Lucca si presenta attualmente come un territorio "cristallizzato", che indugia malinconicamente in una memoria di cui si è resa protagonista e virtuosa. Essa lascia intravedere, pur nella situazione di stallo demografico e socioeconomico in cui versa, un milieu locale di straordinaria ricchezza, che, se compreso e valorizzato adeguatamente da parte dei soggetti locali, potrebbe trovare nuovi margini di crescita e di espressione. La cittadina, che nella prima metà del XIX secolo conobbe il culmine della fama a livello europeo, costituì una meta turistica irrinunciabile da parte di nobili, diplomatici, intellettuali e ricchi borghesi, e non solo per le rinomate virtù terapeutiche delle sue acque termominerali, ma anche perché essa venne prescelta quale sede di residenza estiva dalla corte principesca di Lucca e, successivamente, da quella granducale. Con l'unificazione politica della Toscana, ed il conseguente forfait da parte degli abituali frequentatori aristocratici, iniziò la lunga e graduale flessione dell'attività turistica locale, che, incapace di rimodernarsi nel tempo, faceva leva, all'indomani del secondo conflitto mondiale, su strutture ricettive deteriorate e palesemente obsolete. La fragilità dell'equilibrio economico del centro, determinata essenzialmente dalla sua vocazione monofunzionale (ed aggravata, per di più, dal progressivo stato di abbandono in cui versava l'agricoltura, un tempo preziosa attività integrativa) indusse la popolazione a cercare, attraverso soluzioni di tipo individuale, nuove fonti di sostentamento alternative al turismo, attingendo ad un humus variegato di risorse che, seppur formatosi all'ombra dell'economia termale, si presentava storicamente ben radicato e diffuso sul territorio. In particolare, le attività di base che permisero all'economia locale di rilanciarsi con successo, grazie all'introduzione di nuove tecnologie e di una nuova organizzazione del lavoro, furono le seguenti: la fabbricazione di statuine e di manufatti in gesso, la produzione di carta e di cartone, infine l'estrazione del tannino dal legname di castagno. Già nei primi anni Sessanta del Novecento, l'analisi della struttura sociale della popolazione di Bagni di Lucca evidenziava una tendenza in atto che, in brevissimo tempo, sembrò manifestare un carattere irreversibile: il 52% circa degli attivi, infatti, era rappresentato da operai e manovali, nel quadro di un contesto economico sempre più spiccatamente orientato sull'industria. Bagni di Lucca, che da esclusiva ed elitaria stazione termale si stava trasformando in una dinamica cittadina operaia, fu dunque in grado, grazie ad una sapiente combinazione di tradizione e modernità, di ristrutturare con successo la propria economia. Il nostro studio non ha la pretesa di essere esaustivo, né di misurarsi in senso stretto con i contenuti specialistici delle discipline storico-economiche ed archeologico-industriali. Il suo intento è piuttosto di sottolineare l'importanza antropogeografica di determinate attività produttive, le quali, radicate nella storia, nella tradizione e nel complesso delle risorse ambientali ed umane del territorio esaminato, hanno intrapreso, in una fase storica di crescita economica, la via dell'adeguamento ai tempi, gettando un ponte tra un sostrato di acquisizioni tecniche e di usi sociali consolidati da un antico retaggio, e nuove possibilità di aggiornamento e di sviluppo. A fianco del termalismo (ma soprattutto, a partire dal secondo dopoguerra, in alternativa ad esso), tali industrie hanno agito, pertanto, come fattori microeconomici di identità territoriale, grazie anche ai quali si deve, in virtù dei sistemi e dei valori del lavoro che hanno generato, la variegata ricchezza del milieu locale. This study aims to examine some of the historical and economic aspects of Bagni di Lucca, a spa town in the Media Valle del Serchio, without renouncing to offer a geographical synthesis of the territory. In particular, the point of view we have privileged concerns the local factories and their evolution in the second half of the 20th century, because of the prominent economic role they assumed, during the period considered and at least until the very early years of the 2000s, with respect to the traditional spa industry, which has inspired over time, and contrary to the productive events of the municipality, an appreciable literature. Bagni di Lucca currently presents itself as a "crystallised" territory, lingering melancholically in a memory of which it has become a protagonist and virtuous. In spite of the demographic and socio-economic stalemate in which it finds itself, it allows us to glimpse a local milieu of extraordinary richness, which, if properly understood and valued by the local players, could find new margins of growth and expression. The town, which in the first half of the 19th century reached the peak of its European fame, was an essential tourist destination for nobles, diplomats, intellectuals and rich bourgeoisie, not only for the renowned therapeutic virtues of its thermal mineral waters, but also because it was chosen as a summer residence by the princely court of Lucca and later by the grand ducal court. With the political unification of Tuscany, and the consequent withdrawal of the usual aristocratic visitors, the long and gradual decline of local tourism began, which, unable to modernise over time, relied on deteriorated and clearly obsolete accommodation facilities in the aftermath of the Second World War. The fragility of the economic balance of the centre, essentially determined by its monofunctional vocation (and aggravated, moreover, by the progressive state of abandonment in which agriculture, once a valuable supplementary activity, was found) induced the population to seek, through individual solutions, new sources of sustenance alternative to tourism, drawing on a varied humus of resources which, although formed in the shadow of the thermal economy, was historically well rooted and widespread in the territory. In particular, the basic activities that allowed the local economy to successfully relaunch itself, thanks to the introduction of new technologies and a new organisation of work, were the following: the manufacture of statuettes and plaster artefacts, the production of paper and cardboard, and finally the extraction of tannin from chestnut wood. Already at the beginning of the 1960s, an analysis of the social structure of the population of Bagni di Lucca highlighted a trend that in a very short time seemed to show an irreversible character: about 52% of the active population was represented by workers and labourers, in the context of an economic context increasingly oriented towards industry. Bagni di Lucca, which was transforming from an exclusive and elitist spa resort into a dynamic working-class town, was therefore able to successfully restructure its economy thanks to a skilful combination of tradition and modernity. Our study does not pretend to be exhaustive, nor does it attempt to measure itself in a strict sense against the specialist contents of the historical-economic and archaeological-industrial disciplines. Rather, its intention is to underline the anthropogeographical importance of certain productive activities which, rooted in the history, tradition and complex of environmental and human resources of the area examined, have undertaken, in a historical phase of economic growth, the path of adaptation to the times, building a bridge between a substratum of technical acquisitions and social customs consolidated by an ancient heritage, and new possibilities for updating and development. Alongside the spa industry (but above all, since the second post-war period, as an alternative to it), these industries have therefore acted as microeconomic factors of territorial identity, thanks also to which, by virtue of the work systems and values they have generated, we owe the varied richness of the local milieu.
BASE
Networked marketing. L'Italia dell'e-commerce tra produzione e consumo. Un focus sui sistemi fiduciari attivati dalla Rete
Il 29 ottobre 2019 Internet ha compiuto cinquanta anni. Cinquanta anni densi di profondi cambiamenti, tecnologici, economici, sociali, nell'arco dei quali molti muri, reali o metaforici, sono stati abbattuti. La società interconnessa è oggi stimolata da una maggiore opportunità di partecipazione su più fronti della vita sociale, nel momento in cui ogni individuo può curare le proprie identità e relazioni anche all'interno di spazi virtuali. Le pratiche di acquisto e di consumo continuano a inscriversi tra le dimensioni dell'espressione simbolica, divenendo ancor più veicolo di comunicazione delle diversità e del-le appartenenze. Lungo questi cinquanta anni si è assistito alla nascita di una nuova consapevolezza insinuatasi nella coscienza di un consumatore sempre più empowered. La centralità che assume il prosumer nell'era digitale dell'intelligenza collettiva è stata annunciata a gran voce in molteplici circostanze, talvolta a ragion veduta, talaltra con qualche riserva di interpretazione. Un'occasione fra le più emblematiche è stata senza dubbio quella in cui la copertina del Time del 2006 ha decretato "You" persona dell'anno, aggiungendo: «Yes, you. You control the Information Age. Welcome to your world». La proliferazione di innumerevoli forme di produzione "dal basso" non ha fatto altro che accelerare un processo di progressiva ricalibratura degli equilibri di potere informazionale e comunicazionale, invitando le imprese ad aprire le porte delle proprie "stanze dei bottoni", e ad avviare e coltivare un dialogo continuo con i consumatori fondato sui princìpi lungimiranti dell'apprendimento collaborativo e della co-creazione di valore. Se i mercati possono oggi es-sere considerati a buon diritto delle conversazioni, come recita la prima tesi del Cluetrain Manifesto, lo si deve indubbiamente anche a Internet e allo sviluppo del Web 2.0. La capacità di aggregazione sociale sviluppatasi per mezzo di queste tecnologie risulta, infatti, una valida alternativa ai modi tradizionali con cui si contrasta una minacciosa deriva individualistica. I social network, le community online, le tribù di consumo, i sistemi di recensioni, sono solo alcuni esempi che dimostrano quanto la Rete sia terreno fertile per la predisposizione di scambi di valore tra persone, non soltanto di natura transazionale. Rispetto a ciò, l'impresa ha il compito di rimodulare le proprie politiche e strategie di (inter)azione, ponendo una volta per tutte il fattore umano al centro della propria visione. La ricerca proattiva di nuove opportunità di crescita tramite la ridefinizione di modelli di business superati è alla base di una concezione dinamica del fare impresa, una concezione riformista che, se perseguita, può condurre l'imprenditore verso il successo di domani. Lo stesso Schumpeter ne esaltava in questi termini la potenza creatrice, sottolineando il ruolo attivo-interpretativo dell'uomo d'impresa visionario (che quando smette di rincorrere l'innovazione diventa mero gestore). L'odierna partita tra miopia e lungimiranza si gioca principalmente sull'abilità delle imprese di promuovere e assecondare la co-evoluzione di domanda e offerta, nonché sulla capacità di scorgere gli innumerevoli vantaggi di una più evidente prossimità di intenti fra le parti. Partendo da queste premesse, nel presente lavoro ci si chiede quanto sia matura questa concezione inclusiva dello scambio volta alla mutua soddisfazione delle parti, e quali siano i segnali evidenti di questa consapevolezza reciproca. Ancora, come può il consumatore attivo in-scriversi puntualmente nelle dinamiche di partecipazione e co-creazione di valore e beneficiare di accurati processi di decision-making facilitati dalla "saggezza della folla"? Come cambia il customer journey di fronte alle molteplici rotte dell'omnicanalità? Come può l'impresa avvalersi di una nuova sintonia con il consumatore per accrescere la sua capacità di innovazione e di fine tuning? In quali casi si riesce a giungere alla capitalizzazione di strategie win-win? Quali sono i principali ostacoli e le sfide manageriali che le imprese devono affronta-re per collocarsi sapientemente nei fiorenti mercati dell'e-commerce? Quali sono i possibili re-troscena di un cyberspazio che si vuole democratico? La maturità dei tempi di rilevazione e la rilevanza dei fenomeni in parola sono giustificate dall'interpretazione di fonti secondarie che restituiscono una condizione di particolare fermento sociale nel processo di crescente appropriazione (consapevole) di quegli spazi virtuali che oggigiorno arricchiscono la dieta mediale del fruitore (oggi creatore e consumatore) medio. In-fatti, stando ad alcuni fra gli ultimi dati disponibili, tra nuove pratiche d'uso e una ridefinizione di vecchi concetti legati al digital divide, gli utenti della Rete sono oggi oltre 4,3 miliardi, con un tasso di penetrazione del 56% (dato che si attesta attorno al 90% nelle regioni occidentali) e un tasso di crescita annuale pari all'8,2%. Ulteriori trend particolarmente significativi riguardano l'utilizzo di connessioni da mobile e la diffusione dei social media latamente intesi. Gli scambi di natura commerciale in ambito globale costituiscono un giro d'affari pari a 3,5 migliaia di miliardi di dollari (2019), destinati a diventare circa 4,9 entro il 2021. Focalizzando l'attenzione sul contesto italiano, si parla di 54,8 milioni di netizen (pari al 92% della popolazione), con una crescita annuale del 27%. Il 75% di loro ha acquistato prodotti o servizi online, un dato che lievita a circa il 90% se si considerano anche coloro i quali si sono serviti della Rete anche solo come supporto alla scelta e alla raccolta di informazioni. Nel complesso, il volume d'affari generato dagli utenti italiani è pari a 41,5 miliardi di euro (2018, +18% rispetto al 2017). Per approfondire alcuni aspetti legati all'influenza del framing della Rete nell'orientamento di atteggiamenti e comportamenti, si è scelto di avviare una web survey sulle «pratiche di acquisto online e sistemi di recensioni». La somministrazione del questionario ha permesso di raggiungere un campione di 1.157 intervistati. Tra questi, il 90,7% ha dichiarato di effettuare acquisti online ogni mese (con le dovute differenze che intercorrono in un continuum tra utenti sporadici e frequentatori assidui). Dopo uno sguardo più analitico alle specifiche settoriali che animano con diversa intensità la dimensione legata alle abitudini di acquisto e consumo nazionali, si è proceduto a raccoglie-re le dichiarazioni attorno al mondo dei sistemi di recensioni, alla loro utilità, al loro peso nelle scelte individuali, ecc. Infine, con un maggior grado di sintesi rispetto ai singoli aspetti indagati, attraverso una cluster analysis su base fattoriale è stato possibile identificare cinque differenti profili: tecno-entusiasti della fisica sociale (35,3%), eterodiretti per tradizione (21%), autodiretti (18,2%), pragmatici del risparmio (15,8%) ed esclusi (9,7%). Un ulteriore livello di analisi è stato predisposto per l'osservazione diretta (non mediata da dichiarazioni soggettive, passibili di «desiderabilità sociale» e/o altre distorsioni tipiche di al-cune tecniche e strumenti metodologici) delle principali dinamiche soggiacenti l'aggregazione di comportamenti individuali nei sistemi di recensioni. Il fine ultimo è stato verificare l'ipotesi di un "comportamento vettoriale" specifico, potendo individuare una direzione, un'intensità e un verso di tale aggregazione. Nel fare ciò si è scelto di registrare la variazione (ai tempi t0, t1 e t2, relativi rispettivamente al 10 dicembre 2018, al 10 febbraio 2019 e al 10 aprile 2019) del punteggio medio e del numero di recensioni di 444 annunci di prodotti/servizi afferenti ai tre casi studio Amazon, Airbnb e TheFork. Tra i risultati emersi vi è la constatazione di un effetto San Matteo (Matthew effect), qui interpretato come una spirale del consenso, che presenta un moto inerziale specifico, in grado di riprodurre e mantenere costanti con una certa dose di fedeltà le proprietà che regolano l'andamento del fenomeno aggregativo nel tempo. Ciò sembra confermare la rilevanza dei circuiti comunicativo-informazionali peer-to-peer dell'intelligenza collettiva (una rilevanza assolutamente valida anche per il mondo della produzione), creando al contempo nuovi interrogativi sulla natura e sulla "bontà" dei processi decisionali degli individui (e delle imprese), in una prospettiva ancora più evidente di co-costruzione del senso comune.
BASE
Il passato nell'epoca della sua (ri)producibilità digitale. Torino 1943 - 45. Metodologia della ricerca con tecnologie informatiche. Sistema storico-territoriale di informazione multimediale
Se il lavoro dello storico è capire il passato come è stato compreso dalla gente che lo ha vissuto, allora forse non è azzardato pensare che sia anche necessario comunicare i risultati delle ricerche con strumenti propri che appartengono a un'epoca e che influenzano la mentalità di chi in quell'epoca vive. Emergenti tecnologie, specialmente nell'area della multimedialità come la realtà virtuale, permettono agli storici di comunicare l'esperienza del passato in più sensi. In che modo la storia collabora con le tecnologie informatiche soffermandosi sulla possibilità di fare ricostruzioni storiche virtuali, con relativi esempi e recensioni? Quello che maggiormente preoccupa gli storici è se una ricostruzione di un fatto passato vissuto attraverso la sua ricreazione in pixels sia un metodo di conoscenza della storia che possa essere considerato valido. Ovvero l'emozione che la navigazione in una realtà 3D può suscitare, è un mezzo in grado di trasmettere conoscenza? O forse l'idea che abbiamo del passato e del suo studio viene sottilmente cambiato nel momento in cui lo si divulga attraverso la grafica 3D? Da tempo però la disciplina ha cominciato a fare i conti con questa situazione, costretta soprattutto dall'invasività di questo tipo di media, dalla spettacolarizzazione del passato e da una divulgazione del passato parziale e antiscientifica. In un mondo post letterario bisogna cominciare a pensare che la cultura visuale nella quale siamo immersi sta cambiando il nostro rapporto con il passato: non per questo le conoscenze maturate fino ad oggi sono false, ma è necessario riconoscere che esiste più di una verità storica, a volte scritta a volte visuale. Il computer è diventato una piattaforma onnipresente per la rappresentazione e diffusione dell'informazione. I metodi di interazione e rappresentazione stanno evolvendo di continuo. Ed è su questi due binari che è si muove l'offerta delle tecnologie informatiche al servizio della storia. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di esplorare, attraverso l'utilizzo e la sperimentazione di diversi strumenti e tecnologie informatiche, come si può raccontare efficacemente il passato attraverso oggetti tridimensionali e gli ambienti virtuali, e come, nel loro essere elementi caratterizzanti di comunicazione, in che modo possono collaborare, in questo caso particolare, con la disciplina storica. La presente ricerca ricostruisce alcune linee di storia delle principali fabbriche attive a Torino durante la seconda guerra mondiale, ricordando stretta relazione che esiste tra strutture ed individui e in questa città in particolare tra fabbrica e movimento operaio, è inevitabile addentrarsi nelle vicende del movimento operaio torinese che nel periodo della lotta di Liberazione in città fu un soggetto politico e sociale di primo rilievo. Nella città, intesa come entità biologica coinvolta nella guerra, la fabbrica (o le fabbriche) diventa il nucleo concettuale attraverso il quale leggere la città: sono le fabbriche gli obiettivi principali dei bombardamenti ed è nelle fabbriche che si combatte una guerra di liberazione tra classe operaia e autorità, di fabbrica e cittadine. La fabbrica diventa il luogo di "usurpazione del potere" di cui parla Weber, il palcoscenico in cui si tengono i diversi episodi della guerra: scioperi, deportazioni, occupazioni . Il modello della città qui rappresentata non è una semplice visualizzazione ma un sistema informativo dove la realtà modellata è rappresentata da oggetti, che fanno da teatro allo svolgimento di avvenimenti con una precisa collocazione cronologica, al cui interno è possibile effettuare operazioni di selezione di render statici (immagini), di filmati precalcolati (animazioni) e di scenari navigabili interattivamente oltre ad attività di ricerca di fonti bibliografiche e commenti di studiosi segnatamente legati all'evento in oggetto. Obiettivo di questo lavoro è far interagire, attraverso diversi progetti, le discipline storiche e l'informatica, nelle diverse opportunità tecnologiche che questa presenta. Le possibilità di ricostruzione offerte dal 3D vengono così messe a servizio della ricerca, offrendo una visione integrale in grado di avvicinarci alla realtà dell'epoca presa in considerazione e convogliando in un'unica piattaforma espositiva tutti i risultati. Divulgazione Progetto Mappa Informativa Multimediale Torino 1945 Sul piano pratico il progetto prevede una interfaccia navigabile (tecnologia Flash) che rappresenti la pianta della città dell'epoca, attraverso la quale sia possibile avere una visione dei luoghi e dei tempi in cui la Liberazione prese forma, sia a livello concettuale, sia a livello pratico. Questo intreccio di coordinate nello spazio e nel tempo non solo migliora la comprensione dei fenomeni, ma crea un maggiore interesse sull'argomento attraverso l'utilizzo di strumenti divulgativi di grande efficacia (e appeal) senza perdere di vista la necessità di valicare le tesi storiche proponendosi come piattaforma didattica. Un tale contesto richiede uno studio approfondito degli eventi storici al fine di ricostruire con chiarezza una mappa della città che sia precisa sia topograficamente sia a livello di navigazione multimediale. La preparazione della cartina deve seguire gli standard del momento, perciò le soluzioni informatiche utilizzate sono quelle fornite da Adobe Illustrator per la realizzazione della topografia, e da Macromedia Flash per la creazione di un'interfaccia di navigazione. La base dei dati descrittivi è ovviamente consultabile essendo contenuta nel supporto media e totalmente annotata nella bibliografia. È il continuo evolvere delle tecnologie d'informazione e la massiccia diffusione dell'uso dei computer che ci porta a un cambiamento sostanziale nello studio e nell'apprendimento storico; le strutture accademiche e gli operatori economici hanno fatto propria la richiesta che giunge dall'utenza (insegnanti, studenti, operatori dei Beni Culturali) di una maggiore diffusione della conoscenza storica attraverso la sua rappresentazione informatizzata. Sul fronte didattico la ricostruzione di una realtà storica attraverso strumenti informatici consente anche ai non-storici di toccare con mano quelle che sono le problematiche della ricerca quali fonti mancanti, buchi della cronologia e valutazione della veridicità dei fatti attraverso prove. Le tecnologie informatiche permettono una visione completa, unitaria ed esauriente del passato, convogliando tutte le informazioni su un'unica piattaforma, permettendo anche a chi non è specializzato di comprendere immediatamente di cosa si parla. Il miglior libro di storia, per sua natura, non può farlo in quanto divide e organizza le notizie in modo diverso. In questo modo agli studenti viene data l'opportunità di apprendere tramite una rappresentazione diversa rispetto a quelle a cui sono abituati. La premessa centrale del progetto è che i risultati nell'apprendimento degli studenti possono essere migliorati se un concetto o un contenuto viene comunicato attraverso più canali di espressione, nel nostro caso attraverso un testo, immagini e un oggetto multimediale. Didattica La Conceria Fiorio è uno dei luoghi-simbolo della Resistenza torinese. Il progetto è una ricostruzione in realtà virtuale della Conceria Fiorio di Torino. La ricostruzione serve a arricchire la cultura storica sia a chi la produce, attraverso una ricerca accurata delle fonti, sia a chi può poi usufruirne, soprattutto i giovani, che, attratti dall'aspetto ludico della ricostruzione, apprendono con più facilità. La costruzione di un manufatto in 3D fornisce agli studenti le basi per riconoscere ed esprimere la giusta relazione fra il modello e l'oggetto storico. Le fasi di lavoro attraverso cui si è giunti alla ricostruzione in 3D della Conceria: . una ricerca storica approfondita, basata sulle fonti, che possono essere documenti degli archivi o scavi archeologici, fonti iconografiche, cartografiche, ecc.; . La modellazione degli edifici sulla base delle ricerche storiche, per fornire la struttura geometrica poligonale che permetta la navigazione tridimensionale; . La realizzazione, attraverso gli strumenti della computer graphic della navigazione in 3D. Unreal Technology è il nome dato al motore grafico utilizzato in numerosi videogiochi commerciali. Una delle caratteristiche fondamentali di tale prodotto è quella di avere uno strumento chiamato Unreal editor con cui è possibile costruire mondi virtuali, e che è quello utilizzato per questo progetto. UnrealEd (Ued) è il software per creare livelli per Unreal e i giochi basati sul motore di Unreal. E' stata utilizzata la versione gratuita dell'editor. Il risultato finale del progetto è un ambiente virtuale navigabile raffigurante una ricostruzione accurata della Conceria Fiorio ai tempi della Resistenza. L'utente può visitare l'edificio e visualizzare informazioni specifiche su alcuni punti di interesse. La navigazione viene effettuata in prima persona, un processo di "spettacolarizzazione" degli ambienti visitati attraverso un arredamento consono permette all'utente una maggiore immersività rendendo l'ambiente più credibile e immediatamente codificabile. L'architettura Unreal Technology ha permesso di ottenere un buon risultato in un tempo brevissimo, senza che fossero necessari interventi di programmazione. Questo motore è, quindi, particolarmente adatto alla realizzazione rapida di prototipi di una discreta qualità, La presenza di un certo numero di bug lo rende, però, in parte inaffidabile. Utilizzare un editor da videogame per questa ricostruzione auspica la possibilità di un suo impiego nella didattica, quello che le simulazioni in 3D permettono nel caso specifico è di permettere agli studenti di sperimentare il lavoro della ricostruzione storica, con tutti i problemi che lo storico deve affrontare nel ricreare il passato. Questo lavoro vuole essere per gli storici una esperienza nella direzione della creazione di un repertorio espressivo più ampio, che includa gli ambienti tridimensionali. Il rischio di impiegare del tempo per imparare come funziona questa tecnologia per generare spazi virtuali rende scettici quanti si impegnano nell'insegnamento, ma le esperienze di progetti sviluppati, soprattutto all'estero, servono a capire che sono un buon investimento. Il fatto che una software house, che crea un videogame di grande successo di pubblico, includa nel suo prodotto, una serie di strumenti che consentano all'utente la creazione di mondi propri in cui giocare, è sintomatico che l'alfabetizzazione informatica degli utenti medi sta crescendo sempre più rapidamente e che l'utilizzo di un editor come Unreal Engine sarà in futuro una attività alla portata di un pubblico sempre più vasto. Questo ci mette nelle condizioni di progettare moduli di insegnamento più immersivi, in cui l'esperienza della ricerca e della ricostruzione del passato si intreccino con lo studio più tradizionale degli avvenimenti di una certa epoca. I mondi virtuali interattivi vengono spesso definiti come la forma culturale chiave del XXI secolo, come il cinema lo è stato per il XX. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di suggerire che vi sono grosse opportunità per gli storici impiegando gli oggetti e le ambientazioni in 3D, e che essi devono coglierle. Si consideri il fatto che l'estetica abbia un effetto sull'epistemologia. O almeno sulla forma che i risultati delle ricerche storiche assumono nel momento in cui devono essere diffuse. Un'analisi storica fatta in maniera superficiale o con presupposti errati può comunque essere diffusa e avere credito in numerosi ambienti se diffusa con mezzi accattivanti e moderni. Ecco perchè non conviene seppellire un buon lavoro in qualche biblioteca, in attesa che qualcuno lo scopra. Ecco perchè gli storici non devono ignorare il 3D. La nostra capacità, come studiosi e studenti, di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l'evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio che il 3D porta con sè, tuttavia, devono sviluppare un'agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Una ricostruzione storica può essere molto utile dal punto di vista educativo non sono da chi la visita ma, anche da chi la realizza. La fase di ricerca necessaria per la ricostruzione non può fare altro che aumentare il background culturale dello sviluppatore. Conclusioni La cosa più importante è stata la possibilità di fare esperienze nell'uso di mezzi di comunicazione di questo genere per raccontare e far conoscere il passato. Rovesciando il paradigma conoscitivo che avevo appreso negli studi umanistici, ho cercato di desumere quelle che potremo chiamare "leggi universali" dai dati oggettivi emersi da questi esperimenti. Da punto di vista epistemologico l'informatica, con la sua capacità di gestire masse impressionanti di dati, dà agli studiosi la possibilità di formulare delle ipotesi e poi accertarle o smentirle tramite ricostruzioni e simulazioni. Il mio lavoro è andato in questa direzione, cercando conoscere e usare strumenti attuali che nel futuro avranno sempre maggiore presenza nella comunicazione (anche scientifica) e che sono i mezzi di comunicazione d'eccellenza per determinate fasce d'età (adolescenti). Volendo spingere all'estremo i termini possiamo dire che la sfida che oggi la cultura visuale pone ai metodi tradizionali del fare storia è la stessa che Erodoto e Tucidide contrapposero ai narratori di miti e leggende. Prima di Erodoto esisteva il mito, che era un mezzo perfettamente adeguato per raccontare e dare significato al passato di una tribù o di una città. In un mondo post letterario la nostra conoscenza del passato sta sottilmente mutando nel momento in cui lo vediamo rappresentato da pixel o quando le informazioni scaturiscono non da sole, ma grazie all'interattività con il mezzo. La nostra capacità come studiosi e studenti di percepire idee ed orientamenti importanti dipende spesso dai metodi che impieghiamo per rappresentare i dati e l'evidenza. Perché gli storici possano ottenere il beneficio sottinteso al 3D, tuttavia, devono sviluppare un'agenda di ricerca volta ad accertarsi che il 3D sostenga i loro obiettivi di ricercatori e insegnanti. Le esperienze raccolte nelle pagine precedenti ci portano a pensare che in un futuro non troppo lontano uno strumento come il computer sarà l'unico mezzo attraverso cui trasmettere conoscenze, e dal punto di vista didattico la sua interattività consente coinvolgimento negli studenti come nessun altro mezzo di comunicazione moderno. ; If the job of the historian is to understand the past like it has been comprised from the people who have lived it, then is perhaps not risked to think that it is also necessary to communicate turns out you of the searches with own instruments that belong to an age and that they influence the mentality of who in that age alive. Emergent technologies, especially in the area of the multimedialità like the virtual truth, allow the historians to communicate the experience of the past in more senses. In that way the history collaborates with the computer science technologies stopping itself on the possibility to make historical reconstructions virtual, with relati examples and book reviews to you? What mainly it takes care the historians is if a reconstruction of a lived last fact through its recreation in pixels is a method of acquaintance of the history that can be considered valid. That is the emotion that navigation in a truth 3D can provoke, is means in a position to transmitting acquaintance? Or perhaps the idea that we have of the past and its study comes thin changed in the moment in which it is disclosed through the diagram 3D? For a long time but the discipline has begun to above all make the accounts with this situation, forced from the invasività of this type of average, from the show making of the past and one spreading of the partial and antiscientific past. In a literary world post it must begin to think that the visual culture in which we are dipped is changing our relationship with the past: for this the acquaintances matured until today are not false, but it is necessary to recognize that historical truth exists more than one, to times written to times visual. The computer has become one omnipresent platform for the rappresentazione and information dissimation. The methods of interaction and representation are evolving continually. And it is on these two railroads that are move the offer of the computer science technologies to the service of the history. The scope of this thesis is just that one to explore, through it uses and the computer science experimentation of various instruments and technologies, as it can effectively be told the virtual past through three-dimensional objects and atmospheres, and like, in their being characterizing elements of communication, in that way they can collaborate, in this particular case, with the historical discipline. The present search reconstructs some history lines of the main active factories to Turin during the second world war, remembering tightened relation that exists between structures and individuals and in this city in particular between factory and movement laborer, is unavoidable to penetrate in the vicissitudes of the movement Turinese laborer who in the period of the fight of Liberation in city was a political and social subject of first relief. In the city, understanding like been involved biological entity in the war, the factory (or the factories) becomes the conceptual nucleus through which to read the city: they are the factories it objects to it to you main of the strafings and is in the factories that fight one war of liberation between class laborer and authority, of factory and citizens. The factory becomes the place of "usurpation of the power" of which Weber speaks, the stage in which the various episodes of the war are kept: strikes, deportations, occupations. The model of the city represented here is not a simple visualization but an informative system where the modeled truth is represented from objects, that they make from theatre to the development of events with a precise chronological positioning, to whose inside is possible to carry out operations of selection to render (images static), of filmati estimated (animations) and navigable scenes interactively beyond to activity of search of bibliographical sources and comments of students mainly legacies to the event in object. Objective of this job is to make to interact, through various plans, the historical disciplines and computer science, in the various technological opportunities that this introduces. The offered possibilities of reconstruction from the 3D come therefore put to service of the search, offering an integral vision in a position to approaching us the truth of the age taken in consideration and convogliando in an only espositiva platform all it turns out to you. Spreading Plan Informative Map Multimedia Turin 1945 On the practical plan the plan previews a navigable interface (Flash technology) that it represents the plant of the city of the age, through which it is possible to have a vision of the places and of the times in which the Liberation taken shape, it is to conceptual level, it is to practical level. This I interlace of coordinated in the space and in the time it not only improves the understanding of the phenomena, but it creates a greater interest on the argument through I use it of instruments disclosed you of great effectiveness (and appeal) without to lose sight the necessity of valicare the historical theses proposing itself like didactic platform. A such context demands a study deepened of the historical events to the aim to reconstruct with clarity a map of the city that is precise is topographicalally is to level of multimediale navigation. The preparation of the map must follow the standards of the moment, therefore the used computer science solutions are those supplied from Adobe Illustrator for the realization of the topography, and from Macromedia Flash for the creation of a navigation interface. The base of the data described is obviously consultabile being contained in the medium support and totally annotated in the bibliography. It is the continuous one to evolvere of the information technologies and it massiccia spread of the use of the computers that us door to a substantial change in the study and the historical learning; the academic structures and the operating economic have made the demand own that it reaches from the user (teaching, students, operating of the Cultural Assets) of one greater spread of the historical acquaintance through its computerized representation. On the didactic forehead the reconstruction of an historical truth through instruments informed to us concurs also with the not-historical to touch with hand those that are problematic of the search the which sources lacking, holes of the chronology and appraisal of the authenticity of the facts through tests. The computer science technologies allow a complete, unitary vision and exhausting of the past, convogliando all the information on an only platform, allowing also to who are not specialized to comprise immediately of what are spoken. The better book than history, for its nature, cannot make it in how much divides and organizes the news in various way. In this way to the students it comes given the opportunity to learn through a various rappresentazione regarding those to which they are accustoms to you. The premise centers them of the plan is that it turns out to you in the learning of the students can be improves to you if a concept or a content comes communicated through more channels than expression, in our case through a text, images and a multimediale object. Didactics The Fiorio Tannery is one of the place-symbol of the Turinese Resistance. The plan is one reconstruction in virtual truth of the Fiorio Tannery of Turin. The reconstruction serves to enrich the historical culture is to who produces it, through an accurate search of the sources, is to who can then have use of of, above all the young people, than, attracted from the ludic aspect of the reconstruction, they learn with more facility. The construction of manufatto in 3D supplies to the students the bases in order to recognize and to express the just relation between the model and the historical object. It is made of job through which it is joints to the reconstruction in 3D of the Tannery: a deepened historical search, based on the iconografiche, cartographic sources, that they can be documents of arches or archaeological diggings to you, sources, etc. The modellazione of the buildings on the historical basis for research work, in order to supply the poligonale geometric structure that allows three-dimensional navigation. The realization, through the instruments of the computer graphic of navigation in 3D. Unreal Technology is the name given to the used graphic motor in numerous videogames trades them. One of the fundamental characteristics of such product is that one of having a called instrument Unreal editor with which it is possible to construct virtual worlds, and that it is that one used for this plan. UnrealEd (Ued) is the software in order to create levels for Unreal and the games base to you on the motor of Unreal. E' be used the free version of the editor. The final result of the plan is a navigable virtual atmosphere representing one accurate reconstruction of the Fiorio Tannery to the times of the Resistance. The customer can visit the building and visualize specific information on some points of interest. Navigation comes carried out in first person, a process of "show" of atmospheres visits you through a furnishing consono allows to the customer one greater immersività rendering the more credible and immediately codificabile atmosphere. The Unreal architecture technology has allowed to obtain a good result in the short time, without that they were necessary participations of programming. This motor is, therefore, particularly adapted to the fast realization of prototypes of a discreet quality, the presence of a sure number of bug renders it, but, in inaffidabile part. To use a editor from videogame for this foretell reconstruction the possibility of a its employment in the didactic field, what the simulations in 3D allow in the specific case are to allow the students to experience the job of the historical reconstruction, with all the problems that the historian must face in recreating the past. This job wants to be for the historians a experience in the direction of the creation of a expressive repertorio more wide one, that it includes three-dimensional atmospheres. The risk to employ of the time in order to learn as this technology works in order to generate virtual spaces renders skeptics how many is engaged in the instruction, but the experiences of plans develop to you, above all to the foreign country, serve to understand that they are a good investment. The fact that a software house, that happening of public creates a videogame of large, includes in its product, a series of instruments that concur with the customer the creation of own worlds in which playing, it is sintomatico that the computer science schooling of the medium customers is growing more and more quickly and that I use it of a editor as Unreal Engine will be in future one activity to the capacity of a more and more immense public. This puts to us in the conditions for planning modules of instruction more immersed to you, in which the experience of the search and the reconstruction of the past they interlace with the more traditional study of the events of one sure age. The virtual worlds interatti to you often come defined like the cultural shape key of XXI the century, as the cinema it has been for the XX. The scope of this job has been that one to suggest that the objects and the acclimatizations in 3D are large opportunities for the historians employing, and that they must pick them. The fact is considered that the aesthetic one has an effect on the epistemologiy. Or at least on the shape that turns out you of the historical searches they assume in the moment in which they must be diffuse. A made historical analysis in superficial way or with presupposed wrong can however be diffuse and to have credit in numerous atmospheres if diffused with winning and modern means. Here why it does not convene to bury a good job in some library, in attended that someone discovers it. Here why the historians do not have to ignore the 3D. Our ability, like students and students, to perceive important ideas and guidelines often depends on the methods that we employ in order to represent the data and the evidence. Because the historians can obtain the benefit that 3D the door with himself, however, they must develop a search agenda turns to assess that the 3D he supports theirs objects you of teaching investigators and. An historical reconstruction can be much profit from the educational point of view is not from who the visit but, also from who it realizes it. The phase of necessary search for the reconstruction cannot make other that to increase the background cultural of the developer. Conclusions The thing more important has been the possibility to make experiences in the use of mass media of this kind in order to tell and to introduce the past. Turning upside down the cognitive paradigm that I had learned in the humanistic studies, I have tried to desumere those that we will be able to call "universal laws" from the objective data emerged from these experiments. From epistemologico point of view computer science, with its ability to manage impressive masses of data, gives to the students the possibility to formulate of the hypotheses and then to assess them or to refute them through reconstructions and simulations. My job has gone in this direction, trying to know and to use instruments it puts into effect them that in the future they will have always greater presence in the communication (also scientific) and that they are the mass media of excellence for determined bands of ages (adolescent). Wanting to push to the end the terms we can say that the challenge that today the visual culture places to the traditional methods of making history is the same one that Erodoto and contrapposero Tucidide to the narrators of myths and legends. Before Erodoto the myth existed, that it was means perfectly adapted in order to tell and to give meant to the past of one tribe or one city. In a literary world post our acquaintance of the past is thin changing in the moment in which we see it represented from pixel or when the information gush not alone, but thanks to the interattività with means. Our ability as studious and students to perceive important ideas and guidelines often depend on the methods that we employ in order to represent the data and the evidence. Because the historians can obtain the benefit sottinteso to the 3D, however, they must develop a search agenda turns to assess that the 3D he supports theirs objects you of teaching investigators and. The experiences collections in the previous pages carry to not too much think that in a future far away an instrument to us as the computer will be the only means through which transmitting acquaintances, and from the didactic point of view its interattività concurs involvement in the students like no other modern mass media.
BASE
La pirateria marittima negli stretti di Malacca e Singapore in prospettiva storica e attuale
Maritime piracy is still one of the most interesting manifestations of human activity by reason of the fact that it has, directly or indirectly, a number of points of contact between different problems of social, religious, political, economical and, of course, historical matter. Specifically, South-east Asia is a great example of how history, politics and religion are strongly and crucially imbued with the maritime banditry phenomenology. During the era of great maritime political entities exercising dominion along the Malay and Indonesian coasts, predation assumed character of endemicity going to fit firmly within the society, politics and economy networks. Inside Zhu Pan Zhi, the reports of the Song Dynasty about the barbarian peoples, is it possible to read about the piracy in the Great Southern Ocean (Nanyang) «the foreign ships were often attacked by pirates. The captives were the favourite of pirates, one captive can sell for 2 liang or 3 liang gold, the piracy prevents the merchants from visiting the ports» . Of great interest it is also the description of piracy in waters near Singapore (Temasek) and south of the straits that, in 1349, appeared in these terms: «The Dragon-teeth Strait (longyamen) is between the two hills of Temasek barbarians, which look like dragon's teeth'. Through the centre runs a waterway. The fields are barren and rice harvest is poor. The climate is hot with heavy rain in April and May. The inhabitants are addicted to piracy […] when junks sail to the European Ocean (Indian Ocean), the local barbarians allow them to pass unmolested, but when the junks reach the Auspicious Strait (Jilimen) on their return voyages, some 200-300 pirate prahus (boats) will put out to attack the junks for several days, the crew of junks have to fight with their arms and setting up cloth screen as a protection against arrows. Sometimes, the junks are fortunate enough to escape with a favouring wind; otherwise, the crews are butchered and the merchandise becomes pirates' booty» . As can be seen from the text, also the physical elements (water, poor soil, distress sea routes, monsoon climate) play an important role in explaining the aforementioned endemicity of pirate phenomenon: in one of the most relevant work by Anthony Reid, a supporter of the Braudelian method of historical investigation, it is reported that few major areas of the world have been so deeply marked by nature such as South-east Asia, going to emphasize the importance of geography in the study of human activities. During the first part of my research, a question to which I have tried to answer was to understand the extent to which individuals, who are placed in a given geographical and historical context, act in a manner consistent with that particular geo-cultural system and how, external elements in that system, can help to change the perspective of action; in essence, I have tried to study how and to what extent India, China and Europe (Western Culture) have affected the history of the indigenous population of South-east Asia and the Straits of Malacca and Singapore in particular. The constitution of the great European colonial empires stretched from the Malacca Straits to the South China Sea, marked the beginning of a progressive modification process of maritime piracy both in terms of objectives to be achieved and also procedures to be followed; Nicholas Tarling lucidly points out in this regard "the old empires decayed, but were not replaced, and with their boundaries marauding communities appared, led by the adveturous Sharifs, or deprived aristocracies, or hungry chiefs" . The main ethnic groups who practiced piracy, the Riau-Lingga Malay, Bugis and Dayak of East Malaysia and Brunei, and Ilanun Balangingi from the southern Philippines and the Sulu sea, became corsairs in the pay of the colonial authorities and all those princes or sultans deprived of their possessions. However, alongside the politically motivated piracy, continued to resist a kind of maritime banditry conducted by fishing associations, outcasts or Chinese immigrants and so-called nomads people of the sea (Orang Laut), clanic and personalistic in nature whose cultural substrate was made up of bonds of friendship, kinship and blood. The remarkable fact is that the two types of piracy are not mutually exclusive but, on the contrary, represented the two faces of a coin and it was not unusual for pirates and corsairs to exchange roles when political or economic contingencies were changed. Interesting in this regard it was been the reading and examination of archival documents found at the National Archives in London (The National Archives) showing exchanges of correspondence and minute of some of the leading authorities of the British Straits Settlements between the first and second half of the nineteenth century. A set of letters that, given its enormous historical and political significance I decided to bring entirely, contains the correspondence (1863-67) between the Straits Settlements Governor Orfeur Cavenagh, Abu Bakar ibn Temenggong Daing Ibrahim Temenggong of Johor and Inche Wan Ahmed, exiled prince of Pahang become rebellious and pirate. Proceeding with the analysis of the phenomenon and given the interest of the international community for the sea routes passing into the Straits of Malacca and Singapore, the next questions concerned what was the real impact of piracy on maritime trade, what costs in human and social terms it produced, which law enforcement measures riparian states and foreign countries (in colonial and post-colonial age) have come into force; in addition to these I had tried to understand who is the pirate, what are the main reasons for his actions, what is the connection, if does exist, between piracy, terrorism and organized crime. In this direction, starting from the definitions of piracy given by the International Maritime Organization and the International Maritime Bureau, I examined most of the international conventions and regional agreements in which the issue of maritime security and cooperation between states and supranational bodies is addressed, placing special attention to the rules and clauses contained in the treaties able to activate those mechanisms for cooperation and burden sharing (burden-sharing) indispensable to the solution or, more realistically, the containment of the problem. Of great relevance to this line of analysis it has proved useful the socio-anthropological approach by Carolin Liss on the links between maritime banditry, criminal syndicates and terrorist groups (criminal syndicate) and the statistical and methodological approach by Karsten von Hoesslin focused on quantity, quality and type of assaults committed at sea. Concluded the second part of the thesis, I went to compare what is written in both historical and contemporary perspective to understand what kind of conclusion emerged from the results of my research; I asked myself, therefore, a further question: taking as a fixed point the thought of Braudel and Reid, following the method of analysis of Liss and Hoesslin, examine the archival documents and translations of ancient texts on the subject (the Sejarah Melayu and Suma Oriental of Tome Pires), given the availability (more or less declared) from South-east Asian newly established states (post-independence) to cooperation and given the interest of third actors in the straits, is it conceivable and correct to sustain now, in the first half of the new millennium, the possibility of a modification of the ancient customs and traditions and entrenched rivalry between neighboring countries on the basis of a new collective consciousness directed to a harmonious resolution, conveyed by a general law, of the phenomenon of maritime piracy? Or are we facing with a false hub of history, with a point that falsely or inappropriately is considered the turnaround from a tradition that has its roots in the coastal kingdoms of the sixth century and which is the sub-cultural layer of those population who have made the sea their source of wealth and power? To say it once again with Braudel, has the longue durée history undergone a change of route or will it repeat and renew her cycle again and again, sweetened by new technological tools and new forms of politics and economics? And if a change is in place, why now and how does it happen? Will history repeat itself? To give an answer, as thoroughly as possible, to this question I tried to define some of those steps that the countries of ASEAN should follow in order to effectively combat maritime piracy, terrorism widespread locally and organized crime; what could be the milestones in the process of construction of a shared legal system able to provide answers to many of the legal issues including the lack of a common legislation on maritime security. The watchword in the near future will have to be 'mutual legal assistance' in view of the implementation, in national legal corpora, of all those rules necessary to give effect to the directions contained in international conventions. Eventually, I propose a different and further reading of all those theories that track in failure or in the great inefficiency of coordinating policies in the field of maritime safety, the proliferation of piracy. Though I substantially agree with some of those interpretations, two points are critical and deserves attention: the lack of a proper historical and historiographical perspective of analysis and what I have called the axiom of the ultimate solution.
BASE
MOVIMENTI MIGRATORI E REATI CULTURALI IL DIRITTO PENALE NELL'EUROPA DEI MIGRANTI
La presente ricerca ha avuto ad oggetto l'analisi della criminalità culturale di matrice immigratoria nel contesto europeo contemporaneo. Tradizionalmente con il termine reato culturalmente orientato o motivato si intende quel comportamento realizzato dal membro di una cultura minoritaria che è considerato reato dall'ordinamento giuridico della cultura dominante, ma che viene accettato, condonato, o addirittura incoraggiato all'interno del gruppo culturale del soggetto agente. Dedicare la ricerca esclusivamente alla criminalità culturale di matrice immigratoria significa restringere il campo dell'analisi ai reati culturali commessi da immigrati, escludendo i reati culturali commessi da minoranze autoctone. Esulano, tra l'altro, dall'analisi i reati riconducibili all'immigrazione clandestina e le forme di terrorismo transnazionale di matrice ideologica. Il particolare tipo di reato culturale di cui si è occupata la presente ricerca può dunque essere definito come il comportamento che l'immigrato pone in essere in quanto normale, approvato, o incoraggiato dalla propria cultura e che, invece, è considerato reato nello Stato di residenza. Alla nozione di reato culturale e di cultural defence, nonché alla delimitazione dell'ambito di indagine è dedicato il primo capitolo della tesi, nell'ambito del quale vengono spiegate le difficoltà che si incontrano nel definire il concetto di cultura e di pratica culturale. La ricerca è volta a valutare la possibile rilevanza penale da riconoscere al condizionamento esercitato sul reo dall'appartenenza a una determinata cultura, ossia al c.d. fattore culturale. La definizione di reato culturale è tale da comprendere situazioni molto diverse tra loro, rispetto alle quali è necessario trovare un equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e diritto – o, meglio, diritti – alla specificità. Vengono alla mente pratiche riconducibili alle tradizioni di determinati gruppi etnici, quali la mutilazione degli organi genitali femminili, lo stupro che precede il matrimonio, l'impiego di minori nell'accattonaggio, o i matrimoni poligamici. Con ogni evidenza, si tratta di comportamenti che – ammesso e non concesso che siano (ancora) legittimamente praticati nei Paesi di provenienza dell'immigrato – rappresentano un problema nel momento in cui vengono posti in essere in uno Stato ospitante che ne riconosce la rilevanza penale. I flussi migratori che negli anni hanno accompagnato il processo di integrazione europea ed internazionale hanno messo in contatto persone portatrici di tradizioni culturali estremamente distanti tra loro, facendo della c.d. criminalità culturale uno dei temi più complessi, discussi e controversi del panorama giuridico contemporaneo. Dal punto di vista comunitario, tra l'altro, la nascita dell'area Schengen e il progressivo enlargement europeo hanno incrementato il fenomeno migratorio, imponendo anche a Paesi che non avevano vissuto in passato esperienze immigratorie di confrontarsi con le sfide del multiculturalismo. Spesso si pensa all'immigrazione e alla società multiculturale come una sfida per il diritto penale statale. L'area penale è, infatti, la più resistente alla sottrazione della sovranità che il processo di integrazione europea ed internazionale comporta perché rappresenta uno degli ambiti in cui maggiormente si riflette l'identità costituzionale degli Stati. La norma penale è una delle più alte manifestazioni dei valori prevalenti in una determinata area culturale. Da un lato, questo significa che l'ordinamento nazionale si riserva gelosamente la potestà di decidere quali comportamenti costituiscono reato all'interno del proprio territorio. Dall'altro lato, proprio per questo suo essere espressione della cultura di appartenenza di un determinato soggetto, la norma penale fa parte del bagaglio del migrante: l'individuo percepisce come reato ciò che per la propria cultura è reato e potrebbe non comprendere, e magari neanche percepire, le fattispecie vigenti nel territorio in cui emigra. Sullo sfondo dei reati culturali vi è una forma di conflitto culturale tra Paese ospitante e individuo ospite, che porta con sé la necessità di stabilire come devono essere giudicate le condotte poste in essere da chi appartiene a culture diverse da quella ritenuta dominante. Nell'ambito della ricerca che ha portato alla presente tesi è stato analizzato il trattamento dei culturally motivated crimes con particolare riferimento al sistema italiano e a quello del Regno Unito. L'Italia, alla quale è dedicato il secondo capitolo della tesi, storicamente è stata il punto di partenza dei migranti; soltanto nell'ultimo trentennio è divenuta una meta per gli immigrati e si è dovuta confrontare con la criminalità culturale di matrice immigratoria. Il modello italiano di gestione della diversità culturale, oltre ad essere particolarmente giovane, è considerato di stampo assimilazionista. La legislazione italiana non chiarisce la rilevanza penale da attribuire al fattore culturale, né tantomeno codifica una qualche forma di cultural defence. La strategia che, soprattutto negli ultimi anni, il nostro legislatore penale sembra portare avanti è quella di introdurre alcuni singoli reati culturalmente orientati, spesso con interventi caratterizzati da una decisa reazione sanzionatoria. In questo senso dal punto di vista legislativo vengono in particolare in rilievo due recenti interventi normativi: la legge n. 7 del 2006, con la quale è stato introdotto il delitto di mutilazioni genitali femminili e la legge n. 94 del 2009, con la quale è stato innalzata a delitto la contravvenzione di impiego dei minori nell'accattonaggio. Dal punto di vista giurisprudenziale in Italia si registra una mancanza di coerenza nelle decisioni che hanno ad oggetto i reati culturali. Per quanto attiene il sistema italiano vengono inoltre analizzate le sentenze pronunciate da tribunali esteri nell'ambito di procedimenti che hanno riguardato italiani accusati di reati culturalmente motivati. Si tratta di un'ottica molto interessante perché permette di superare l'atteggiamento paternalista mascherato da tolleranza che spesso accompagna il tema della diversità culturale. Il Regno Unito è stato scelto come secondo modello di riferimento e gli viene dedicato il terzo capitolo della tesi. Oltre ad aver vissuto un'esperienza immigratoria precedente rispetto all'Italia, la Gran Bretagna nel contesto europeo è considerata portatrice del modello c.d. multiculturalista di gestione della diversità culturale, che si contrappone al modello c.d. assimilazionista, al quale è invece riconducibile il sistema italiano. L'approccio multiculturalista è ispirato da una logica di uguaglianza sostanziale e tradizionalmente si caratterizza per il riconoscimento delle diversità culturali e l'elaborazione di politiche volte alla loro tutela. Nel Regno Unito l'appartenenza a una determinata minoranza culturale giustifica un diverso trattamento giuridico: si pensi al Road Traffic Act e all'Employment Act, che esonerano gli indiani sikh dall'uso del casco nei cantieri di lavoro e in moto, consentendo loro di indossare il tradizionale turbante. Espressione del multiculturalismo all'inglese sono anche gli Sharia Councils, pseudo-Corti formate da membri autorevoli della comunità islamica alle quali può rivolgersi la popolazione britannica musulmana affinché determinate controversie vengano risolte in applicazione della shari'a, la legge islamica. Lo studio degli Sharia Councils è stato una parte fondamentale del percorso di ricerca, svolto anche grazie alla partecipazione all'attività del Council di Londra. Questi organismi operano nell'alveo dell'Arbitration Act e sono oggi al centro di un fervente dibattito per due principali motivi. Prima di tutto nel Regno Unito si discute molto di parallel legal systems, ossia della possibilità di istituire per soggetti culturalmente diversi degli ordinamenti paralleli. Alcuni Autori ritengono che gli Sharia Councils esercitino una vera e propria competenza di carattere giurisdizionale. Assumendo questa tesi - invero minoritaria - il multiculturalismo all'inglese raggiungerebbe il cuore dell'ordinamento, all'interno del quale creerebbe una vera e propria spaccatura: ogni cittadino avrebbe la "sua" legge e il "suo" tribunale. Un altro problema fondamentale è quello dell'esercizio da parte dei Councils di una competenza di carattere penale: l'accusa rivolta a queste istituzioni è, infatti, quella di essersi arrogate una competenza in tema di violenza domestica forzando le maglie delle decisioni in tema di divorzio. Accanto all'analisi dedicata al sistema italiano e a quello inglese, per la ricerca si sono rivelate fondamentali anche le esperienze di Francia, Stati Uniti e Canada. Il sistema francese è considerato nel panorama europeo il principale modello assimilazionista: a questo proposito si parla di processo di francesizzazione degli immigrati, o anche cittadinizzazione senza integrazione. Gli Stati Uniti, spesso considerati la società multiculturale per eccellenza, sono la patria del dibattito sulla cultural defence, la strategia difensiva fondata sul fattore culturale come causa di giustificazione o come causa di diminuzione della pena. Il Canada, infine, è il portatore nel contesto internazionale del modello multiculturalista inglese: il multiculturalismo è espressamente previsto come principio nella Carta dei diritti e delle libertà, a partire dall'inizio degli anni novanta è stato reintrodotto per gli Inuit il circle sentencing, grazie al quale le decisioni, anche in materia penale, vengono adottate da una sorta di collegio composto dal giudice e da membri delle comunità interessate. Tra l'altro, è stata la Corte costituzionale canadese a formalizzare per la prima volta il c.d. test culturale, negli anni novanta. L'analisi del modello italiano, giovane e di stampo assimilazionista, e di quello multiculturalista inglese consente, anche grazie ai continui riferimenti ai sistemi adottati negli Stati Uniti, in Canada e in Francia, di assumere un punto di vista più generale sul trattamento dei reati culturali. I processi che riguardano vicende di criminalità culturale testimoniano spesso una difficoltà di integrazione degli immigrati che non è solo culturale, ma prima di tutto sociale. Sotto questo punto di vista ciò che accade nelle aule dei tribunali diventa il metro di valutazione della politica legislativa statale in tema di immigrazione. Obiettivo della ricerca è stato quello di identificare gli strumenti per gestire la criminalità culturale, individuando le strade che si possono concretamente percorrere per superare le tensioni tra società multiculturale e sistema penale, alla ricerca di un equilibrio tra tutela dei diritti fondamentali e diritti alla diversità che non metta in discussione principi cardine dell'ordinamento penale quali quello di eguaglianza e quello di proporzionalità della pena. Preso atto della complessità del problema, la prima conclusione cui si giunge all'esito della ricerca è l'impossibilità di conferire una rilevanza penale generale al fattore culturale. Non è possibile introdurre nella parte generale del Codice penale una causa di giustificazione culturale, così come non è possibile codificare una circostanza attraverso la quale dare un rilievo sanzionatorio predefinito e generale alla componente culturale che porta il reo a delinquere. Più volte tra le pagine del lavoro si sottolinea che rientrano nella nozione di reato culturale condotte che non sono neanche lontanamente paragonabili dal punto di vista del disvalore sociale che le connota e rispetto alle quali non è possibile fare un discorso di carattere generale. Così come non è possibile lavorare sulla parte generale del Codice penale, anche la scelta di introdurre fattispecie di reato create ad hoc per incriminare specifiche pratiche culturali non è condivisibile. Ed infatti, da un lato identificare e tipizzare una pratica culturale è spesso realmente difficile – e nel codice penale non c'è spazio per l'indeterminatezza – e dall'altro le esperienze italiana e inglese rivelano che l'operazione è alquanto inutile. A livello legislativo l'unica strada valutabile sembra essere quella di prevedere delle specifiche cause di non punibilità che permettano di dare una rilevanza – in maniera controllata – al fattore culturale in determinate ipotesi. Questa opzione consente di prendere in considerazione determinate pratiche culturali e di cucire su di esse la non punibilità, senza che questo implichi una scelta ordinamentale di carattere generale. Sembra, tuttavia, che sia una strada difficilmente praticabile: tra l'altro, un tema delicato come quello della criminalità culturale potrebbe non trovare facilmente una maggioranza parlamentare tale da consentire di legiferare e, comunque, ciò potrebbe avvenire in tempi decisamente lunghi. Ebbene, allo stato la chiave della questione è nel trattamento delle singole e concrete vicende di criminalità culturale e, dunque, nel ruolo del giudice. Anche in questo caso sorgono dei problemi: basti pensare che nel momento in cui il legislatore penale si astiene dal prevedere in via generale una forma di cultural defence, il fattore culturale potrebbe anche essere preso in considerazione contra reum, ad esempio a fini deterrenti, per chiarire inequivocabilmente l'intollerabilità di un determinato comportamento, o per prevenire una vendetta da parte del gruppo di appartenenza culturale della vittima. Il dato è preoccupante perché, come sottolineano gli Autori che si occupano di criminalità culturale, in presenza di un reato culturalmente orientato o motivato il grado di rimproverabilità dell'autore si attenua in conseguenza di una minore esigibilità della conformazione al precetto penale. Per arginare il rischio che il fattore culturale venga preso in considerazione per aggravare il giudizio di responsabilità del reo è dunque indispensabile sensibilizzare i giudici e munirli degli strumenti adatti per gestire la diversità culturale. In tale ottica la ricerca presenta l'analisi di alcuni strumenti che vengono utilizzati nei Paesi analizzati e dai quali è possibile prendere spunto: vengono così in rilievo l'Equal Treatment Bench Book inglese, il circle sentencing canadese, e la possibilità, sul modello francese, di integrare l'organo chiamato a giudicare un reato culturale. Di queste strade quella concretamente più praticabile è l'Equal Treatment Bench Book, un vademecum destinato agli operatori giudiziari nell'ambito del quale si rinvengono linee guida per la gestione pratica delle diversità culturali. Si tratta di un prodotto non immediatamente importabile, poiché non sarebbe sufficiente tradurlo per applicarlo, ad esempio, in Italia. È dunque necessario che i singoli Paesi adottino il proprio Bench Book; in quest'ottica la ricerca presenta alcune indicazioni da prendere in considerazione sia per quanto attiene chi potrebbe essere chiamato a scrivere il vademecum, sia per quanto attiene il contenuto del documento. In conclusione va richiamata una riflessione di carattere più generale: il modo corretto di affrontare la criminalità culturale di matrice immigratoria si basa sulla consapevolezza che prevenire è meglio che reprimere. Sicuramente, l'attenzione al ruolo del giudice e agli strumenti di concreta gestione della diversità culturale sono molto importanti, ma lo sono ancor di più le politiche per l'integrazione della società multiculturale, nella quale si assiste a un processo di scambio e di fusione culturale che si rivela il momento privilegiato per determinare l'equilibrio tra valori indiscutibili e diritti alla diversità. ; The research focuses on culturally motivated crimes related to migratory flows in the European area. A cultural offence is defined as an act by a member of a minority culture, which is considered an offence by the legal system of the dominant culture; that same act is nevertheless, within the cultural group of the offender, condoned, accepted as normal behaviour and approved or even endorsed and promoted in the given situation. The specific focus on immigration means that the research does not analyse crimes committed by native minorities. Moreover, crimes related to illegal immigration and transnational terrorism are not part of the dissertation. Thus, the specific type of cultural offences analysed in the research can be defined as the immigrant's behaviours that is normal, approved or promoted in his/her culture, but is considered offences in the State where he/she lives. The first chapter of the thesis is devoted to defining the notion of cultural crimes and cultural defence, and to outline the research analysis. This chapter acknowledges the difficulties encountered in defining the concepts of culture and cultural custom. The purpose of the research is to evaluate to what extent the fact that the defendant based his/her actions on a cultural norm can be taken into account in determining his/her responsibility within the criminal legal system of the country where the action takes place. Many different behaviours can be linked to cultural crimes and in all these circumstances there is the need to find a balance between fundamental rights protected by the domestic legal system and the specificity rights of minority groups. Consider the case of female genital mutilations, rape before wedding, or polygamy. These acts – even if they are (still) permitted in the country of the immigrant – may be considered offences in the country where the immigrant lives. Due to the immigration phenomenon related to the process of European and international integration, people coming from really different cultural backgrounds live together and nowadays the cultural crime rate has become one of the most problematic and debated legal issues. Furthermore with the gradual European enlargement more and more countries have had to face with problems related to multiculturalism. Immigration and multicultural society are often considered as a challenge for the criminal law, which is one of the more resistant areas of the whole legal system and opposes the process of European and international integration. This happens because the criminal law mirrors the essential nature of a country through the choice of the acts that are considered offences in the national territory. This choice is deeply influenced by the cultural background of the country and the criminal law is part of the cultural baggage of the immigrant. When people immigrate they bring with themselves the awareness that a behaviour is considered an offence in their country and they may not know or understand what is considered an offence in the country where they decide to live. Culturally motivated crimes stem from a conflict between the immigrant and the legal system of the country where he/she decides to live, between a cultural norm and a legal standard. With this regard, Van Broeck noted that the cultural offence has to be caused directly by the fact that the minority group the offender is a member of uses a different set of moral norms when dealing with the situation in which the offender was placed when he committed the offence: the conflict of divergent legal cultures has to be the direct cause of the offence. The research analyses how legislator and judges deal with cultural offences in Italy (Chapter II) and in the United Kingdom (Chapter III). For a long time Italy has been the starting point for immigrants and only in the last thirty years it has become their destination. For this reason the problem of determining the relevance of the cultural factor on the structure of an offence is more recent in Italy than in the United Kingdom, where the multicultural society is the result of the long story of the colonialism and the Commonwealth of Nations. Furthermore, the Italian system of handling cultural diversity is basically considered an example of assimilationism while the English one is considered an example of multiculturalism. This means that in the United Kingdom, more than in Italy, the legislation aims at preserving minority customs. In addition to the analysis of the Italian and the English systems, also the experience of France, of the United States and of Canada has been essential for the research. In the European context the French system is considered the best example of assimilationism. The law banning the wearing of a niqab or full-face veil in public is the clearest instance of this approach to different cultures which is usually regarded as gallicization of immigrants. The United States, often considered the multicultural society par excellence, are the birthplace of the debate about the cultural defence. In the international context Canada is considered an example of a multicultural system: multiculturalism is mentioned in the Canadian Charter of Rights and Freedoms of 1982 and since the 90's the circle sentencing can be used to solve disputes in the Inuit group with the participation of members of the community in addition to the judges. Furthermore, in the same period the Canadian court formalized for the first time the distinctive cultural test. The comparison between the Italian and the English systems in handling cultural differences deriving from immigration and all the references to the American, Canadian and French systems allow the research to adopt a more general point of view in analysing cultural crimes. Trials concerning culturally motivated crimes often give evidence of a difficulty in immigrants' integration; an issue that is not only a cultural problem, but primarily a social dilemma. From this point of view what happens in courtrooms becomes a device to evaluate a state immigration policy. The purpose of the research is to identify useful tools to manage cultural offences, finding a balance between victims' fundamental rights and the cultural specificity of a minority group. The first conclusion reached in the dissertation regards the impossibility to provide a general relevance to the cultural factor in the criminal system, so that it is not possible to introduce a cultural defence. Many different behaviours can be considered cultural offences and it is not possible to treat as homogeneous a broad range of acts. At the same time, also the introduction of type of offences to criminalize a specific cultural practice is not the right way to solve the problem of the cultural factor in the structure of the offence. First of all there would be many problems in identifying a cultural practice, because it is really hard to recognize which behaviour can be related to the cultural background of the minority group of the defendant. Moreover, as can be noticed when problems concerning the criminalization of the female genital mutilation in Italy and the United Kingdom are analysed, this way seems almost useless. A good option is to adopt methods which do not impose a penalty to the defendant, taking into account his/her cultural background in certain circumstances. This can be done using the absolute discharge of the English legal system or the category of the cause di non punibilità of the Italian one. In this case the chance not to impose a penalty to an immigrant defendant can be achieved without any consequence on the nature of offence of the behaviour in the legal system of the country where he/she decides to live. In a similar way in the Italian system it could be difficult to find the parliamentary majority to approve a legislation introducing the specific causa di non punibilità. Thus, the more practicable solution concerns the judges' activity. In this case, there is the need to avoid that the cultural factor is used contra reum worsening, for instance, the penalty. This modus operandi would not be fair because in the case of actions determined by a cultural norm commonly accepted by a minority group, the degree of reproach of these behaviours should be alleviated. In order to avoid that the cultural factor could be taken into account contra reum the first thing to do is to sensitize judges to the problems of the criminal law in a multicultural society. With this regard, the research analyses some tools used in the analised systems: in particular, the English Equal Treatment Bench Book, the Canadian system of the circle sentencing and the possibility, as in the French legislation, to integrate the judging body with lay judges in trials concerning cultural offences. The most workable solution is the Equal Treatment Bench Book, a guide for judges, magistrates, and all other judicial office-holders to handle cultural differences in trials. This English vademecum is not immediately importable in other European countries. In fact, it is not enough to translate it to solve the problem of sensitizing judges in so different legal systems. Thus, it is necessary to adopt a document like the English Bench Book in every country where immigration puts cultural offences on the agenda. From this point of view the research gives some hints about the drawing up of this vademecum. In conclusion it is possible to affirm that the correct way to approach cultural offences committed by immigrants is to understand that prevention is better than cure. Surely, it is important to pay attention to the role of judges and to the tools they can use in handling criminal offences. It is even truer that all the policies for the integration of the multicultural society are the most important instrument to determine the balance between fundamental rights and specificity rights of minority groups, that is also the key to handle cultural crimes.
BASE
LA BRITISH INVASION E IL BLUES BIANCO
Il portentoso successo ottenuto dai Beatles negli U.S.A. aprì il mercato americano a molte band della scena musicale britannica. Qualsiasi cosa avesse un sapore "british" divenne immediatamente interessante agli occhi del pubblico americano. Questo fenomeno noto come "British Invasion" costituisce il contesto entro il quale si muove la ricerca in oggetto: descrivere in che modo e per quali ragioni il blues venne riscoperto e reinterpretato da musicisti bianchi, quali conseguenze ciò abbia avuto nel ridefinire i canoni del genere, e quale sia stato il contributo specifico del blues revival inglese. Nel primo capitolo viene descritta la diffusione del jazz in Gran Bretagna a partire dalla fine degli anni '10 del XX secolo. Il Jazz in Inghilterra, nonostante sia stato osteggiato dalle componenti più conservatrici della società britannica, poco supportato dai media istituzionali come la BBC, ed intralciato dagli effetti della crisi economica degli anni '30, ha potuto radicarsi e diffondersi in Gran Bretagna grazie alle capacità organizzative messe in campo dai seguaci del jazz che furono in grado di crearsi un proprio spazio e un proprio mercato di riferimento attraverso la fondazione di associazioni come i Rhythm Club, riviste, negozi specializzati, piccole etichette indipendenti e perfino band musicali. Tra gli anni '30 e '40 il dibattito tra i modernisti sostenitori del be-pop e i tradizionalisti sostenitori dell'hot jazz degli anni '20 favorì la nascita di un interesse specifico per il blues. Per meglio definire a quale stile di jazz assegnare la palma dell'autenticità molti appassionati di jazz si volsero ad approfondire la conoscenza e lo studio della musica afroamericana nel suo complesso e in particolare del blues visto come un precursore del jazz. Il blues revival, quindi, fu un movimento che prese le mosse dall'ambito del jazz inglese per poi svilupparsi autonomamente. Nella seconda parte del capitolo (3 e 4 paragrafo) si è cercato di mettere in evidenza le continuità e le discontinuità esistenti tra il mondo del jazz e del blues in Inghilterra. I seguaci del blues, infatti, si trovarono a dover affrontare problematiche molto simili a quelle dei loro predecessori del jazz come ad esempio la scarsità di materiale discografico e dettero risposte organizzative similari. In particolare il mondo del blues revival ereditò da quello del jazz un approccio alla musica serio e compito alimentato da un forte elemento ideologico incentrato sul concetto di autenticità musicale. Il secondo capitolo descrive l'influenza che ebbe la diffusione delle popular music americana sui teenager inglesi degli anni '50 e come ciò abbia portato molti giovani britannici a conoscere il blues e a praticarlo assieme ad un vasto ventaglio di stili e generi della musica popolare americana ponendo così le basi per quella originale rielaborazione della musica americana che costituì uno dei punti di forza della British Invasion. Ampio spazio è dedicato a collocare la diffusione di generi musicali come il rock 'n' roll e lo skiffle nella cornice dei profondi cambiamenti economici, sociali, e di costume che caratterizzarono l'Inghilterra del dopoguerra e come questi impattarono sulle culture giovanili. Il terzo capitolo si occupa di delineare la crescita del movimento di blues revival inglese nei primi anni '60 seguendo la fondazione e i primi passi di alcune band storiche del blues-rock britannico. L'accento è posto sul rapporto pedagogico che si era venuto a creare tra gli artisti americani che andavano ad esibirsi in Inghilterra e i giovani musicisti britannici che li accompagnavano durante i tour. Una sezione importante del capitolo si sforza di mettere in evidenza i rapporti tra il mondo del folk revival britannico e la prima fase prettamente acustica del blues revival inglese e come la svolta elettrica del blues britannico, ispirata dai rappresentati del Chicago Blues come Muddy Waters, e portata avanti da pionieri come Alexis Korner, Cyril Davies, Chris Barber abbia favorito un distacco precoce del il blues britannico da una visione purista del blues di derivazione folk che vedeva prevalentemente, se non unicamente, nel blues acustico l'unico vero ed autentico blues. Il quarto capitolo sposta la sua attenzione sugli Stati Uniti d'America e cerca di evidenziare alcune essenziali differenze e punti d'incontro tra il blues revival americano e quello britannico a partire dal ruolo del rock 'n' roll che in America fu più un ostacolo che un elemento di promozione del blues presso i giovani bianchi. Il blues revival in America rimase più a lungo legato al mondo del folk revival che aveva sviluppato una concezione estremamente purista del blues legandolo ad un canone acustico e rurale. Il legame più stretto del blues revival americano con l'ambiente del folk dipese da vari fattori ambientali e politici. La scoperta del blues da parte dei bianchi in America avvenne, molto più che in Inghilterra, attraverso l'opera di folcloristi e intellettuali delle controculture che vedevano nella musica elettrica un espediente usato dall'industria musicale per creare musica artificiale ed inautentica. Inoltre, la musica folk, che godette di un rinnovata popolarità tra la fine degli anni '50 e i primi anni '60, divenne la colonna sonora di tutti quei movimenti di protesta neri e bianchi che, soprattutto nei primi anni '60, erano favorevoli ad una soluzione integrazionista del problema razziale americano e vedevano quindi positivamente la promozione della cultura afroamericana. Il Newport Folk Festival fu l'evento che alimentò maggiormente questa visione folclorica del blues che tuttavia nascondeva un approccio colonialista alla cultura afroamericana da parte dei bianchi che pur la promuovevano. Proprio al Newport Folk Festival, in occasione dell'esibizione di Bob Dylan del 1965, emerse in piena luce lo scontro tra la visione purista del blues propria del canone folk e la visione modernista incarnata dalla Paul Butterfield Blues band, nella quale suonavano dei ragazzi bianchi di Chicago che avevano oltrepassato i confini razziali della società americana ed erano andati nei quartieri afroamericani per imparare il blues dai maestri del genere. L'incidente di Newport rese famosa la Paul Butterfield blues band e dette un forte impulso allo stile elettrico del blues bianco, ma fu principalmente in Inghilterra che il blues elettrico venne consacrato come uno stile di blues autentico e fondativo dei generi moderni come il Rhythm & Blues,il Rock 'N' Roll e la nascente musica rock. La maggiore libertà espressiva che visse la stagione matura del blues revival in Inghilterra dovuta ad una minore interdipendenza con il mondo del folk e una diversa percezione del problema razziale da parte dei giovani inglesi portò il blues bianco praticato dai britannici verso uno sviluppo virtuosistico e sperimentale che ben presto portò le principali band del blues-rock britannico ad abbandonare il genere entro la fine degli anni '60. Tuttavia prima che ciò avvenisse il blues-rock interpretato dai guitar hero britannici scalò le classifiche americane sulla scia della strada aperta dai gruppi della British Invasion e si legò alla musica psichedelica e alla cultura hippie. Il blues elettrico e virtuosistico praticato nella musica rock contribuì enormemente a far scoprire ai giovani bianchi americani e britannici il blues e suoi principali artisti. Tuttavia, come si resero conto gli stessi musicisti afroamericani che cominciarono ad esibirsi di fronte ad un pubblico bianco, il blues stesso subì una trasformazione in conseguenza della sua crescente popolarità presso il pubblico bianco. Il blues reinterpretato dai giovani bianchi tendeva a favorire il virtuosismo strumentale rispetto a quello vocale, ponendo al centro della scena la chitarra elettrica. Inoltre il blues venne reinterpretato secondo certi propri della cultura bianca occidentale. I musicisti ed il pubblico amavano il blues come una musica emozionale funzionale a soddisfare le proprie esigenze individualistico-esistenziali tendendo a mettere da parte elementi importanti della storia del genere come le interpreti femminili; i critici e gli studiosi cercavano di definire un canone in base al quale stabilire quale fosse l'autentico blues scevro da influenze commerciali ma così facendo lo estraniavano dalla sua storia e dai legami con la comunità afroamericane all'interno delle quali si era sempre trasformato ed evoluto in risposta ad esigenze e stimoli che furono anche di natura commerciale. L'industria discografica, infine, cercava di sfruttare l'interesse dei giovani rocker per il blues producendo album ed eventi live dove i giovani musicisti rocker suonavano e si esibivano coi i "padri nobili" del blues. D'altra parte il blues ha potuto acquisire una grande popolarità al di fuori della comunità afroamericana e del continente americano divenendo un genere musicale apprezzato e praticato in tutto il mondo ancora ai nostri giorni grazie al rock che lo ha celebrato come un suo nobile antesignano. The prodigious success of the Beatles in the U.S.A. paved the way for the American market for many bands and single artists from the British pop and rock music scene. Anything with a "British" flavor and accent immediately became interesting to the American public. Literature, theater, fashion, design, cinema, tourism, music: there was no sector of popular culture that was not affected to some extent by the British craze. This phenomenon known as the "British Invasion" constitutes the basic context within which the research in question moves: describe through what processes and for what reasons the blues was rediscovered and reinterpreted by scholars, folklorists and white musicians, what consequences this had in redefining the canons of the genre and what was the specific contribution of the English blues revival. The first chapter describes the spread of jazz in Great Britain starting from the late 10s of the twentieth century. Jazz in England, despite being opposed by the more conservative components of British society, poorly supported by institutional media such as the BBC, and hampered by the effects of the economic crisis of the 1930s, was able to take root and spread in Great Britain thanks to its organizational skills fielded by the followers of jazz who were able to create their own space and their own reference market through the foundation of associations such as the Rhythm Clubs, magazines, specialized shops, small independent labels and even music bands. Between the 1930s and 1940s the debate between the modernist supporters of be-pop and the traditionalist supporters of hot jazz of the 1920s favored the emergence of a specific interest in the blues. To better define which style of jazz to award the palm of authenticity, many jazz enthusiasts turned to deepen their knowledge and study of African American music as a whole and in particular of blues seen as a precursor of jazz. The blues revival, therefore, was a movement that took off from the field of English jazz and then developed independently. In the second part of the chapter (3 and 4 paragraphs) we tried to highlight the continuities and discontinuities existing between the world of jazz and blues in England. The followers of the blues, in fact, found themselves having to face problems very similar to those of their jazz predecessors such as the scarcity of record material and gave similar organizational responses. In particular, the world of blues revival inherited from that of jazz a serious and demanding approach to music fueled by a strong ideological element centered on the concept of musical authenticity. The second chapter describes the influence that the spread of American popular music had on the British teenagers of the 1950s and how this led many young British people to learn about the blues and to practice it along with a wide range of styles and genres of American popular music laying thus the foundation for that original reworking of American music which constituted one of the strengths of the British Invasion. Ample space is dedicated to placing the diffusion of musical genres such as rock 'n' roll and skiffle in the context of the profound economic, social, and customs changes that characterized post-war England and how these impacted youth cultures. The third chapter deals with outlining the growth of the English blues revival movement in the early 1960s following the foundation and first steps of some historic British blues-rock bands. The emphasis is on the pedagogical relationship that had arisen between the American artists who went to perform in England and the young British musicians who accompanied them on tour. An important section of the chapter endeavors to highlight the relationship between the world of British folk revival and the purely acoustic first phase of the English blues revival and as the electric breakthrough of British blues, inspired by Chicago Blues performers such as Muddy Waters, and carried out by pioneers such as Alexis Korner, Cyril Davies, Chris Barber, favored an early detachment of the British blues from a purist vision of folk-derived blues that saw mainly, if not solely, the only true and authentic blues in acoustic blues. The fourth Chapter shifts its attention to the United States of America and tries to highlight some essential differences and meeting points between the American and British blues revival starting from the role of rock 'n' roll which in America was more of an obstacle that an element of promoting the blues among young whites. The blues revival in America remained linked for a long time to the world of folk revival which had developed an extremely purist conception of the blues by linking it to an acoustic and rural canon. The closest link between the American blues revival and the folk environment depended on various environmental and political factors. The discovery of blues by whites in America took place, much more than in England, through the work of folklorists and intellectuals of the countercultures who saw electric music as a gimmick used by the music industry to create artificial and inauthentic music. Furthermore, folk music, which enjoyed renewed popularity in the late 1950s and early 1960s, became the soundtrack of all those black and white protest movements that, especially in the early 1960s, were in favor of an integrationist solution to the American racial problem and therefore saw positively the promotion of African American culture. The Newport Folk Festival was the event that most fueled this folkloric vision of the blues which, however, hid a colonialist approach to African American culture on the part of whites who nevertheless promoted it. The Newport Folk Festival was the event that most fueled this folkloric vision of the blues which, however, hid a colonialist approach to African American culture on the part of whites who even promoted it. Precisely at the Newport Folk Festival, on the occasion of Bob Dylan's performance in 1965, the clash between the purist vision of blues typical of folk canon and the modernist vision embodied by the Paul Butterfield Blues band, in which white boys played of Chicago who had crossed the racial boundaries of American society and had gone to African American neighborhoods to learn the blues from the masters of the genre. The Newport incident made the Paul Butterfield blues band famous and gave a strong impetus to the electric style of the white blues, but it was mainly in England that the electric blues was consecrated as an authentic and foundational blues style of modern genres such as Rhythm & Blues, Rock 'N' Roll and the rising rock music. The greater freedom of expression that experienced the mature season of the blues revival in England due to less interdependence with the world of folk and a different perception of the racial problem by young Englishmen led the white blues practiced by the British towards a virtuosic and experimental development that it soon led to major British blues-rock bands abandoning the genre by the end of the 1960s. However, before this happened the blues-rock performed by British guitar heroes climbed the American charts in the wake of the road opened by the British Invasion groups and became linked to psychedelic music and hippie culture. The electric and virtuosic blues practiced in rock music contributed enormously to the discovery of blues and its main artists among young white Americans and British. However, as the same African American musicians who began performing in front of white audiences realized, the blues itself underwent a transformation as a result of its growing popularity with white audiences. The blues reinterpreted by young whites tended to favor instrumental virtuosity over vocal virtuosity, placing the electric guitar at the center of the stage. In addition, the blues was reinterpreted according to certain specifics of western white culture. The musicians and the public loved the blues as an emotional music functional to satisfy their individualistic-existential needs, tending to put aside important elements of the history of the genre such as female performers; critics and scholars tried to define a canon on the basis of which to establish which was the authentic blues free from commercial influences but in doing so they estranged it from its history and from the ties with the Afro-American community within which it had always transformed and evolved in response to needs and incentive that were also of a commercial nature. Finally, the record industry sought to exploit the interest of young rockers for the blues by producing albums and live events where young rocker musicians played and performed with the "noble fathers" of the blues.On the other hand, the blues was able to acquire great popularity outside the African American community and the American continent, becoming a genre of music that is appreciated and practiced all over the world even today thanks to the rock that celebrated it as its noble forerunner.
BASE
Strumenti per la valorizzazione del territorio: Il Settore Vitivinicolo della Provincia di Trapani i Casi "Florio S.p.a" e "Pellegrino & C. S.p.a"
Terra di luce e di sole, Trapani è un territorio la cui bellezza incontaminata incanta grazie alla sua natura ricca, che offre un paesaggio luminoso dove il cielo si tinge di forti colori, quasi accecanti, ingentiliti dal verde delle vigne, degli ulivi . Affacciato su un mare ricco e pescoso questo territorio, caratterizzato prevalentemente da dolci colline, è infatti la regione più vitata d'Italia. L'analisi è stata condotta concentrando l'attenzione su alcuni aspetti chiave rivolti ad illustrare i possibili strumenti per la valorizzazione della provincia di Trapani, evidenziando il significato, gli obiettivi, le attività, le capacità e in particolare, le attitudini a fronteggiare eventuali situazioni di cambiamento. La tesi è strutturata in Sei capitoli: Nel primo capitolo si cerca di costruire una breve sequenza ragionata delle politiche di sviluppo nella provincia di Trapani evidenziate negli strumenti di programmazione negoziata e sviluppo locale presenti sul territorio. Dallo "intervento straordinario", che certamente oggi non suscita alcun sentimento nostalgico, ai possibili interventi per rafforzare la rete di uno sviluppo che cessi di essere subalterno e dipendente, attraverso "l'elaborazione di un quadro di interventi possibili orientati non da una dispersione a tappeto, ma da un ragionamento organizzato da una logica. Obiettivo da perseguire non di certo con una corsa agli aiuti finanziari "a pioggia" visti come un'automatica sorgente di crescita, ma facendo un uso ragionato degli aiuti europei e statali, supportati da un'efficace programmazione, capace di offrire soluzioni riconosciute come essenziali. Una programmazione che si è basata su due gambe: partecipazione attiva dei privati e creazione, da parte dell'operatore pubblico, delle condizioni in cui ai soggetti privati siano facilitati comportamenti virtuosi; tutto ciò contornato da una negoziazione tra operatori pubblici e privati, volta alla realizzazione di accordi, a livello locale, per colmare lo svantaggio tra le aree. Già con la riforma dei Fondi strutturali si è tentato di apportare significative modifiche. Innovazioni come quelle dei principi generali di partenariato, programmazione, addizionalità, valutazione e monitoraggio; classificazione per obiettivi ed iniziative che hanno sicuramente imboccato una nuova strada per una nuova politica per il Mezzogiorno. Certamente non si è riusciti a stravolgere i risultati avuti in passato ma si è acquisita un'esperienza su un periodo di programmazione che ha aiutato a calibrare il tiro per il futuro. I risultati dell'analisi e di contesto che il presente capitolo fornirà, la valorizzazione dei risultati degli interventi di politica di sviluppo locale (Learder, Patti territoriali, PIT) e di incentivi a compensazione delle diseconomie e delle inefficienze di contesto, consentono una più forte integrazione con le istanze espresse dal territorio, un'efficiente programmazione e valutazione dell'efficacia delle azioni per il raggiungimento degli obiettivi. Programmi di iniziativa comunitaria (Leader), strumenti di progettazione integrata (P.I.T.), definiti come modalità operativa di eccellenza per l'attuazione del POR, permettono alle Autonomie locali di identificare le opportunità del territorio e di formulare in piena autonomia, seppur ascoltando il partenariato sociale-economico, le proposte progettuali coerenti con gli obiettivi definiti dalla Regione e di gestire gli interventi. Saranno analizzati gli strumenti di programmazione negoziata, sviluppo locale e incentivazione operanti nella provincia di Trapani al fine di riportare, per grandi linee, l'impatto che le risorse hanno avuto sul territorio provinciale. Nel secondo capitolo l' attività di analisi territoriale ha portato a focalizzare l'attenzione su quattro settori che rappresentano il motore trainante dell'economia: Il settore Turistico è il più dinamico dell'economia trapanese con flussi di domanda crescenti che già si stanno trasformando in domanda immobiliare, esistono le condizioni per indirizzare tale domanda verso la riqualificazione di immobili di pregio in stato di abbandono o sottoutilizzo. Il comparto turistico della provincia di Trapani si è sviluppato grazie all'importanza storica e culturale, nonchè a quella paesaggistica e naturalistica, dei vari comuni e delle isole che rientrano in questo comprensorio provinciale. Esso si basa su un'offerta decisamente varia: archeologia, poiché si trovano qui gli avanzi di numerosi insediamenti sia greci che punici (le aree archeologiche di Selinunte, Segesta, Mozia) ma anche splendidi ambienti naturali come quello della riserva naturale dello Zingaro, la prima istituita in Sicilia, e delle saline con i mulini a vento. E ancora, tradizioni popolari, feste dei santi patroni, spettacoli ed eventi culturali, al largo di Trapani, fanno parte della provincia le isole dell'arcipelago delle Egadi e, molto più lontano, più vicina alla costa africana che a quella siciliana, l'isola di Pantelleria, profumata di capperi e zibibbo. Nel settore Ittico i contributi apportati risultano essere di estrema importanza per coloro che vogliono conoscere e approfondire il vasto pianeta pesca da diverse angolature tutte correlate tra loro. Si va dall'aspetto giuridico a quello economico, dalla sostenibilità ambientale del Mediterraneo alla sicurezza del lavoro in tutta la filiera ittica, dall'importante e delicato passaggio dal FEP al FEAMP alle innovazioni portate avanti dalla Blue Economy, da un'attenta e dettagliata descrizione dei dati salienti del settore alla situazione socio-economica alieutica di alcuni paesi che si affacciano nel Mediterraneo. Un settore, quello della pesca, che in Sicilia contribuisce notevolmente alla storia, alla cultura e soprattutto all'immagine dell'Isola. Il settore olivicolo è il secondo più importante settore agricolo, obiettivo fondamentale è realizzare "interventi mirati allo sviluppo dei servizi in agricoltura". Per questo motivo le iniziative promosse in ambito regionale sono considerate "il punto di confluenza di tutte le iniziative previste dal P.O.". Le Unità Operative Territoriali (U.O.T.) sono aree pilota individuate in ogni regione meridionale dagli organismi competenti per progettare e realizzare un intervento di divulgazione e di consulenza alle imprese che possa poi essere utile in sede di programmazione a consolidare, migliorare o impostare il modello dei servizi regionali. Esso rappresenta un valido contributo per ottenere una olivicoltura efficiente, in grado di offrire ai mercati nazionali ed esteri un prodotto alimentare altamente qualificato e garantire all'olivicoltore la necessaria redditività. Il settore vitivinicolo è il comparto economicamente e socialmente più importante del trapanese che sta attraversando una crisi gravissima con gravi rischi economici e sociali, attraverso gli IDE è possibile se non risolvere quanto meno mitigare la crisi del settore. Il mondo del vino è una realtà molto complessa che si basa su un paradosso: gli elementi della tradizione territoriale si contrappongono al processo continuo di innovazione e sviluppo globale. Il vino possiede un'importante aspetto culturale, legato al territorio, ma nello stesso tempo svolge un'importante funzione economica nello scenario nazionale e soprattutto internazionale. In sostanza, nel vino, gli aspetti locali, legati alla cultura e alla tradizione, si mescolano agli aspetti economici e consumistici. Queste considerazione trovano una conferma nel caso della Provincia di Trapani. Quest'area si caratterizza, da un lato, per lunga storia vitivinicola in grado di offrire una produzione di qualità e, dall'altro, per un'eredità agricola frammentata e tendente alla produzione di qualità media. Negli ultimi anni, inoltre, lo scenario commerciale dei vini siciliani è stato connotato da una sostanziale staticità in termini organizzativi e promozionali, che contrasta con il dinamismo di altre aree viticole nazionali. Queste ultime hanno preso atto che il vino rappresenta un prodotto complesso e dinamico. Oltre a essere un fenomeno di costume, il vino è un elemento del mercato economico e finanziario, costituisce un'esperienza culturale e gioca un ruolo sempre più attivo nel campo della gastronomia. Costituisce, quindi, una risorsa fondamentale per lo sviluppo della cultura e dell'economia di uno specifico territorio. Il terzo capitolo si inserisce in quel filone di ricerche che esamina l'implementazione del marketing, attraverso lo svolgimento di indagini empiriche condotte sulle imprese di trasformazione, sulla base di quelle recenti costruzioni teoriche che considerano le imprese quali aggregati di attività generatrici di valore, mediante l'impiego di risorse e capacità. La prospettiva teorica della "configurazione d'impresa" può rappresentare una chiave di lettura della pratica attuale del marketing in esse applicato; nello specifico, essa indirizza l'analisi, da un lato, verso il contenuto e le eventuali modifiche intervenute nelle attività di marketing e, dall'altro, verso la sensibilizzazione del management nei confronti di tematiche ormai ampiamente sviluppate e consolidate negli studi teorici, quali quelli relativi, appunto, alle risorse e alle capacità. Il lavoro è stato articolato in due parti. La prima parte pone l'accento sull'evoluzione avvenuta nel trapasso dall'era industriale a quella post industriale (e fino ai giorni nostri), in relazione ai postulati del marketing mix, rispetto al quale anche le imprese vitivinicole siciliane hanno implementato la propria attività, e tutto ciò specialmente per quelle ad alto grado di orientamento al mercato. La seconda parte invece prende le mosse da una indagine condotta sulle imprese agroalimentari marketing oriented. La presente ricerca intende infatti aggiornare ed approfondire i risultati di quell'indagine, estendendola, per quanto è possibile, a tale fine è stata imperniata esclusivamente sulle imprese vitivinicole ad alto grado di orientamento di mercato, mediante l'impiego di una scheda–questionario; una tale scheda tende ad acquisire dettagliate informazioni, oltre che sui principali caratteri strutturali e gestionali delle imprese, sulle modalità di adozione delle attività di marketing, attraverso il ricorso agli strumenti del marketing mix. Pur rappresentando queste ultime un'esigua minoranza delle imprese vitivinicole della Sicilia, le analisi svolte consentiranno di illustrare i risultati ottenuti da una frangia di imprese, destinate ad espandersi negli anni avvenire, attraverso l'adozione delle strategie di marketing, ampliando la loro sfera di influenza sulla vitivinicoltura siciliana e sul mercato dei relativi prodotti.Dall'indagine empirica condotta sulle imprese vitivinicole di trasformazione emergono alcuni elementi estremamente significativi. Il marketing è ben concepito e realizzato nelle sue dimensioni culturali ed operative, per quanto si sia in presenza di una certa diversità di schemi di interpretazione e di attuazione della pratica del fenomeno. Le evoluzioni intervenute nelle attività di marketing nelle imprese vitivinicole esaminate si sono concretizzate in un avvicinamento dell'impresa al cliente e al mercato. L'obiettivo di sviluppare un'impresa maggiormente customer–oriented non sembra trovare tuttavia, supporto nell'adozione di una logica processuale delle attività di marketing e nella gestione e sviluppo delle capacità aziendali. Occorre pertanto attendere che il movimento evolutivo avviatosi una decina di anni fa, e che ha visto un crescente ricorso alle attività di marketing nelle imprese di trasformazione del comparto dei vini, si accresca ulteriormente negli anni avvenire, anche sotto lo stimolo dell'azione pubblica; quest'ultima non può disinteressarsi infatti di un processo evolutivo che ha investito (ed investirà sempre più) l'intera filiera produttiva dei vini siciliani, con particolare riguardo a quelli di qualità. Nel quarto capitolo si affrontano i problemi derivanti dalla crisi di un settore vitivinicolo, quando questo sistema produttivo, rappresenta grande parte dell'economia di un'area e, più nello specifico, di un'area di ritardo nello sviluppo, occorre porsi, in primo luogo, il tema del capitale umano. Il lavoro di carattere eminentemente qualitativo di questo documento, assieme al lavoro più quantitativo rappresentato da "Analisi di Contesto", rappresentano una base conoscitiva sufficientemente ampia per offrire elementi decisionali di carattere strategico. La condivisione degli elementi strategici contenuti in questo capitolo con molti tra gli operatori locali e diversi tra gli operatori nazionali, che comunque ben conoscono la realtà locale, ci ha confortato sulla correttezza delle linee individuate. Certo, esistono sfumature, sovente dettagli, che non sempre paiono completamente condivisibili, da parte di qualcuno, ma il senso generale, l'impostazione ed il metodo, pare largamente accettato. Con il nuovo quadro di programmazione, con la riforma dell'OCM di settore, sulla base dell'analisi dei mercati potenziali e dei più tradizionali e sulla base del posizionamento dei più temibili competitor, si è definito uno scenario che consente di guardare alla situazione con un'ottica diversa dal passato. Da queste considerazioni nasce il presente capitolo, contiene elementi di forte innovazione, capaci di suscitare legittime ansie e preoccupazioni, che nascono proprio nella consapevolezza della debolezza del capitale sociale ed umano dell'area: su quali spalle si potrebbe appoggiare un piano così ambizioso? Questa è la principale domanda che gli interlocutori si pongono, non sulle scelte, non sugli strumenti, non sulle modalità; il problema è chi. Questo richiede uno sforzo particolare da parte dei decisori politici, che certo non possono scegliere i soggetti, ma che possono definire un contesto normativo che favorisca l'emergere di nuovi gruppi dirigenti. In questo senso segnali interessanti stanno apparendo nell'orizzonte regionale. Questi, che sinora appaiono come semplici segnali debbono, però, solidificarsi in un disegno strategico coerente. Se questo lavoro potrà servire ad aprire la discussione sulle linee strategiche, un obiettivo molto importante sarà stato raggiunto. L'analisi condotta ha precise implicazioni sul piano della strategia da implementare per attrarre investimenti esteri nella provincia di Trapani. I fattori critici evidenziati dagli attori della business community non si riferiscono a carenze nei contenuti o negli strumenti della comunicazione, ma sono elementi di debolezza che possono essere superati solo attraverso precisi interventi di carattere strutturale. In queste condizioni un'azione di promozione degli investimenti generalizzata a tutti i settori darebbe luogo solo ad una dispersione delle risorse nel tentativo inutile di compensare con iniziative di comunicazione i problemi strutturali nazionali e regionali, che spingono gli investitori stranieri a scegliere altri paesi. La situazione descritta porta, infatti, ad escludere la classica azione di promozione degli investimenti esteri "ad ombrello" che, da un lato interessa in modo indifferenziato tutti i settori produttivi del trapanese, e dall'altro cerca di attrarre investitori esteri in modo non selettivo. Coerentemente con i risultati dell'analisi SWOT, la strada che si è scelto di percorrere riconosce in pieno le difficoltà in cui versa il nostro Paese ed il Meridione in generale, di cui Trapani fa parte a pieno titolo, e segue pertanto una strategia alternativa, più complessa sul piano analitico e operativo ma sicuramente più efficace in termini di risultati attesi. La linea d'azione che verrà percorsa si articola in 3 fasi: 1) identificazione di quei comparti in cui le condizioni per gli investimenti esteri sono più favorevoli e i vantaggi per gli investitori sono tali da soverchiare i fattori disincentivanti nazionali e locali. 2) scelta della tipologia di investimenti da attrarre. Non tutti gli investimenti esteri sono benefici per un territorio, alcuni possono avere addirittura effetti negativi. Fra le diverse tipologie di investimenti esteri connessi al comparto prescelto verranno identificati quelli più desiderabili per il loro impatto sul settore stesso e sull'economia trapanese in generale. 3) selezionata la tipologia di investimenti desiderabile verrà definita la strategia di attrazione di tali investimenti più adeguata, tenendo conto delle caratteristiche degli investitori, dei loro interessi e dei loro possibili obiettivi. Dunque la selezione del settore da proporre alla business comunità come possibile oggetto di IDE scaturisce dalla convergenza di due criteri di giudizio: il primo è direttamente legato alle convenienze economiche che si creano all'interno di specifici settori dell'economia trapanese di cui un investitore esterno può beneficiare, il secondo è invece connesso agli effetti positivi che l'investimento estero può generare sul settore stesso o sul sistema trapanese in qualche suo aspetto. Il quinto capitolo si articola in 3 parti corrispondenti a tre differenti livelli conoscitivi ed operativi. La prima parte può essere considerata come una fase preliminare del lavoro. Essa è dedicata all'analisi del terroir : una specifica conoscenza delle condizioni climatiche, delle caratteristiche del terreno e delle peculiarità dei vitigni e dei portinnesti, oltre che lo studio del risultato dell'interazione di questi elementi con il fattore umano, costituiscono la base per una corretta gestione del "sistema vigneto", a partire dalle fasi di progettazione ed impianto dello stesso fino alla scelta delle più idonee pratiche colturali, il tutto sulla base di ben precisi obiettivi enologici, che tengano conto delle esigenze del mercato. La seconda parte, di carattere più tecnico, si presenta come una guida pratica nella scelta e nell'effettiva realizzazione di tutte le operazioni di campo che risultano necessarie a partire dalla fase precedente all'impianto, ed in seguito sia nei vigneti di nuovo impianto che in quelli già in produzione. Il tutto deve essere effettuato in modo da poter conseguire il duplice obiettivo della redditività dei viticoltori e della qualità del prodotto ottenuto, nel pieno rispetto dell'ambiente. Si trova infine un riferimento alle attività svolte dai servizi allo sviluppo per agevolare i viticoltori nella effettuazione delle diverse operazioni e guidare la gestione dei vigneti verso condizioni di maggiore efficienza. La terza ed ultima parte è costituita dai "disciplinari": una raccolta di regole indirizzate ai viticoltori nate dalla considerazione congiunta delle caratteristiche del territorio, degli obiettivi enologici e delle esigenze del mercato. L'obiettivo è quello di offrire ai viticoltori uno strumento di analisi per conoscere gli eventuali problemi, accrescere le proprie conoscenze per inseguire la via del miglioramento per il futuro. Le ultime due annate possono essere considerate agli antipodi sotto tutta una serie di profili. Le condizioni registrate hanno sicuramente avuto un'influenza sugli aspetti quali-quantitativi della produzione. In viticoltura le variabili della natura possono essere tanto favorevoli quanto pericolose nell'influenzare il percorso produttivo e il raggiungimento degli obiettivi di ciascun viticoltore. La conoscenza, il monitoraggio degli elementi presi in esame e lo studio dei risultati raccolti possono aiutare nella definizione delle azioni future da intraprendere nel corso del lavoro in vigna. Il valore intrinseco e il risultato consequenziale delle scelte è infinitamente importante, ed è inscindibile da ciò che sta a monte e a valle delle stesse: è fondamentale fare la cosa giusta al momento giusto. La filosofia è quella della sostenibilità, sotto varie declinazioni e applicazioni. Ma il raggiungimento di questo faticoso equilibrio in ogni azienda vitivinicola passa attraverso un percorso che prevede la conoscenza, l'osservazione e la misura di tutti quegli elementi che intercorrono nella definizione di sostenibilità. Il Consorzio è lo strumento attraverso il quale la Regione, promuove ed organizza la bonifica come mezzo permanente di difesa, conservazione, valorizzazione e tutela del suolo, di utilizzazione e tutela delle acque e salvaguardia dell'ambiente, inoltre si mette in evidenza anche come il Consorzio di tutela sia un ottimo strumento per promuovere, valorizzare informare il consumatore e curare gli interessi generali della DOC "Sicilia". Il sesto capitolo si propone di individuare i percorsi di valorizzazione della produzione vinicola, attraverso l'esperienza diretta ed interviste si focalizza l'attenzione su due casi di successo, nonché leader nel settore vitivinicolo; le aziende: "Florio S.p.a" e "Pellegrino & C. S.p.a". L'obiettivo è quello di evidenziare gli elementi di forza e di criticità di un'offerta per i mercati esteri che ha saputo declinare le leve del marketing con il valore aggiunto rappresentato dall'immagine territoriale. La strategia di internazionalizzazione di queste storiche imprese Siciliane dimostra come oggi per approdare all'estero in maniera competitiva occorra individuare strategie innovative fondate sull'immagine del territorio. In questa prospettiva, il valore simbolico del vino e del suo territorio devono essere rinnovati per poter trovare posto nell'universo valoriale di consumatori sempre più attenti, oltre che alla qualità del prodotto, ai significati culturali che esso veicola.
BASE