Questa tesi utilizza metodologie differenti al fine di esplorare argomenti generalmente ascritti all'economia dello sviluppo. Il primo capitolo discute la letteratura sul capitale sociale scomponendolo nel suo componente strutturale, le reti, e cognitivo, la fiducia. Ogni componente è a sua volta scomposto in diverse sotto-dimensioni una delle quali, il particolarismo, è utilizzato nel secondo capitolo, sia a livello teorico che empirico, come determinante di forme di corruzione collusiva. Come previsto dalla teoria, il particolarismo ha un effetto positivo e causale sulla probabilità di offrire una tangente. Il terzo capitolo valuta l'impatto di un progetto di estensione agricola realizzato in Etiopia, volto ad introdurre la coltivazione di nuovi prodotti ortofrutticoli insieme ad alcune tecniche e strumenti innovativi. Empiricamente si utilizzano gli strumenti della valutazione d'impatto combinando confronti tra villaggi, attraverso una stima difference-in-differences, con una comparazione all'interno del villaggio usando uno studio controllato randomizzato. I risultati indicano che il progetto ha contribuito alla diversificazione produttiva ma non ha influenzato i ricavi ottenuti dalla vendita dei prodotti ortofrutticoli e, di conseguenza, il benessere delle famiglie. Il quarto capitolo mostra come meccanismi incentivati sufficientemente simili elicitino decisioni correlate in termini di avversione al rischio solo quando si tengono in considerazione altri atteggiamenti relativi al rischio. Inoltre si studia la correlazione tra l'avversione al rischio riportata e l'avversione al rischio ottenuta tramite lotterie. I risultati suggeriscono una misurata validità esterna dei due metodi studiati. ; This dissertation makes use of several methodologies to explore topics ascribed to the field of development economics. Chapter 1 reviews the literature on social capital by presenting a decomposition of trust and networks -- the cognitive and the structural component of social capital, respectively--, in several sub-dimensions. One of this dimension is used in chapter 2 where we investigate, both theoretically and empirically, the role played by the cultural norm of particularism, as opposed to universalism, for collusive bribery. Consistent with the theory, particularism is found to have a positive causal effect on the probability of offering a bribe. Chapter 3 assesses the impact of a small-scale agricultural extension project implemented in rural Ethiopia aimed at introducing the cultivation of horticultural gardens. Empirically, a mixed impact evaluation design is used combining across-villages comparisons, through difference-in-differences estimations, with a within village randomized control trial. The findings indicate that the project contributes to production diversification while it does not influence total revenues from sales, household welfare and diet. Chapter 4 shows that similar incentivized mechanisms elicit similar decisions in terms of monetary risk aversion only if other risk-related attitudes are accounted for. Furthermore, it examines whether individuals' characteristics and a self-assessed measure of risk aversion relate to individuals' choices in lotteries. The findings suggest that there is some external validity of the two studied tasks as predictors of self-reported risk attitudes.
In questo saggio Schneider espone dettagliatamente alcune generalizzazioni da lui sviluppate nel corso di un interesse più che decennale ai problemi dello sviluppo. Il suo scopo è mostrare come il modo di considerare e di affrontare lo sviluppo differenzi l'antropologo dall'economista o dal teorico dello svililppo, essendo diverso il tipo di esperienze e di "coinvolgimento" con le realtà e le situazioni su cui si vuole intervenire.Fra le dieci generalizzazioni proposte dall'autore possiamo distinguere quelle che mirano ad evidenziare il "comportamento economico" delle popolazioni del Terzo Mondo nel loro sistema di vita tradizionale, e quelle che riguardano alcune caratteristiche dei piani di sviluppo finora adottati e le loro conseguenze sul sistema sociale e culturale delle popolazioni "beneficiarie" degli interventi.Dal primo gruppo emerge la considerazione che l'uomo del Terzo Mondo è al pari di noi homo oeconomicus e come tale dimostra capacita di decision-maker, cioé valuta varie e reali possibilità e sceglie quelle che gli permetteranno di migliorare i profitti.L'applicabilità di concetti presi dall'economia neo-classica a realtà etnografiche è stata dimostrata proprio dall'evidenza empirica del comportamento razionale delle popolazioni su cui l'autore ha lavorato a lungo. L'esperienza antropologica ha inoltre contribuito a eliminare il pregiudizio che le popolazioni del Terzo Mondo siano orientate alla produzione unicamente per la sussistenza. Oggi è chiaro che questa gente non produce solo per il sostentamento, ma per ricavare un profitto. Un esempio a riguardo ci è offerto dai Turu del Tanganyika studiati da Schneider nel 1959-60. I Turu considerano il bestiame da loro allevato deposito di valore ed aspirano ad avere mandrie sempre più numerose per poter migliorare la loro posizione e aumentare il loro potere nellla società. Per raggiungere un tale obiettivo prima regola da seguire è sposarsi. Alla moglie infatti compete la produzione di grano e più ne produce più aumenta la quantita da immagazzinare e conservare per i periodi di siccità. Un grosso surplus di grano permetterà di ottenere bestiame a basso prezzo. I piu ricchi allevatori infatti, avendo investito poco nella produzione di grano in tempi normali, quando capitano anni di siccità sono costretti a vendere bestiame a prezzi ridotti per ottenere il grano necessario.L'orientamento al profitto è quindi presente nelle attivita di gestione e produzione delle genti del Terzo Mondo. Il suo riconoscimento, come aspetto importante del loro comportamento economico, comporta una necessaria revisione dei principali obiettivi dei progetti sviluppo, fino ad oggi miranti soprattutto ad aumentare la produzione di cibo per migliorare l'alimentazione.Altra generalizzazione, implicita in quanto detto sopra, è che questa gente è motivata ad ottenere potere. È errato quindi considerare queste societa statiche ed il loro ordinamento del potere una rigida tradizione mantenuta dal sistema sociale.Fra i Tiv della Nigeria nel 1920, come riporta la Mead (1955), gli uomini più giovani trovarono un immediato vantaggio dalla situazione creatasi dalla abolizione, da parte del governo coloniale britannico, del tipo tradizionale di matrimonio per scambio delle "sorelle" da cui dipendcvano il potere e l'alta posizione degli uomini piu vecchi. I giovani poterono procurarsi mogli attraverso i normali compensi (bridewealth), minacciando seriamente il potere degli anziani che avevano invece un controllo assoluto sugli scambi tradizionali.Questo ed altri casi citati da Schneider mostrano che quando si presentano particolari situazioni alcune sezioni della popolazione cercano di sfruttarle a loro vantaggio per ottenere potere a scapito di altri, provocando modificazioni nel sistema sociale. La constatata frequenza del fenomeno nega inoltre la possibilità di reputarlo "eccezionale".Altri preconcetti devono essere abbattuti, come quello di ritenere che la gente del Terzo Mondo necessariamente debba essere guidata o indirizzata nelle scelte di sviluppo. Questa gente ha invece dimostrato di essere capace di realizzare per proprio conto forme concrete ed utili di sviluppo. Ne sono un esempio l'industria del cacao creata in Ghana dagli Akwapim e quella del caffé ad opera dei Chagga in Tanzania che si rivelarono le iniziative più vantaggiose per i rispettivi paesi al tempo dell'indipendenza.Un caso particolarmente interessante e quello dei Teso dell'Uganda che iniziarono a coltivare il cotone all'inizio del secolo su pressione del governo coloniale britannico. Sebbene il cotone fosse in competizione con il miglio, loro prodotto tradizionale, il piano non fallì. I Teso infatti seppero integrare la coltivazione del cotone con il loro sistema di produzione di miglio, arrivando ad ottenere un notevole profitto da entrambi. L'aumentata quantità di miglio prodotto permise loro sia di venderlo sia di usarlo per fare birra. Inoltre, resistendo ai tentativi del governo di aumentare la produzione del cotone, mantennero con profitto le loro mandrie e i loro tradizionali sistemi di gestione.Dal secondo gruppo di generalizzazioni proposte da Schneider, emergono due considerazioni: la prima riguarda il carattere etnocentrico della maggior parte dei programmi di sviluppo, l'altra l'impossibilita di raggiungere uno sviluppo con "equità".Sarà sufficiente riportare il caso dei Somali dell'Africa orientale per chiarire la sua prima valutazione. Questa gente è fra le popolazioni africane allevatrici di cammelli quella che ne possiede di più. Questo fatto ed un confronto con gli agricoltori, ritenuti meno ricchi, hanno creato nei Somali una sensazione di benessere economico ed una alta considerazione del loro bene rimario, i cammelli. Lo sviluppo dal loro punto di vista consisterehbe solo in un aumento del numero dei capi per persona. I teorici dello sviluppo invece, attribuendo un valore economico molto basso ai cammelli per i quali non esiste un mercato mondiale, considerano i Somali uno dei popoli più poveri della terra. Le loro proposte di sviluppo quindi consistono nel sostituire l'allevamento dei cammelli con l'agricoltura e la pesca, i cui prodotti hanno un mercato mondiale. Ma nessun Somalo vede in questa sostituzione una soluzione "razionale" per il proprio sviluppo.I piani di sviluppo hanno per Schneider anche un carattere dottrinario poiché, gasandosi in minima parte su una valutazione obiettiva dei fatti, sono dettati soprattutto dall'ideologia di chi è addetto alla loro programmazione. Per esempio il piano proposto per l'area Mbeere in Kenya che mira a individualizzare il possesso della terra, é solo in apparenza un tentativo di scongiurare il degrado dell'ambiente attraverso la creazione di una più responsabile agricoltura. In realta è l'espressione dell'idea inconscia che la privatizzazione e lottizzazione della terra costituiscano un buon sistema poichè è il sistema usato in Europa ed in America. Altro esempio è la sostituzione in Burkina Faso della produzione della birra che costituiva una importante fonte di reddito, con l'industria del cotone che rende meno ma che ha una migliore reputazione.La seconda considerazione riguarda l'impossibilità di raggiungere uno sviluppo equo. Ad essa Schneider arriva partendo dal presupposto che lo sviluppo è un processo politico o sociale. Ciò significa che quando per intervento del governo o delle nazioni interessate allo sviluppo del Terzo Mondo, vengono introdotte nuove o più avanzate tecnologie, oppure nuove forme di produzione, o innovazioni nella gestione ed uso delle risorse, si verificano fenomeni di polarizzazione sociale. Un esempio: in Kenya per disposizioni governative i Tugen, agricoltori, hanno interrotto il loro legame commerciale con gli Il Chamus, popolazione prevalentemente pastorale. Questi ultimi allora hanno cercato di incrementare la loro produzione agricola intensificando l'irrigazione. Ma solo i più ricchi hanno potuto accaparrarsi le poche aree irrigabili. Ora questi hanno il controllo sulle provviste di grano e possono aumentare ancora le loro mandrie vendendo grano ai più poveri della loro gente.Quindi poichè lo sviluppo è spesso accompagnato da polarizzazione sociale non si potrà raggiungere uno sviluppo equo. È meglio allora puntare all'equità o allo sviluppo?Nel Punjab in India l'introduzione di una nuova specie di grano a più alto rendimento contribuì a risolvere in parte i problemi alimentari del paese nel 1970, ma contribuì anche ad aumentare la ricchezza di chi, già più ricco di altri, possedeva un numero di acri tale da permettergli di sostenere le spese che il nuovo prodotto comportava. Una situazione opposta si è verificata in Tanzania che ha seguito la via dell'equità. Il denaro destinato allo sviluppo del paese è stato infatti usato soprattutto per migliorare i servizi legati alla salute e all'educazione, mentre sono stati trascurati investimenti per attività produttive. Ciò ha impedito una polarizzazione sociale ma anche un vero sviluppo del paese.Per Schneider, una risposta a quale delle due vie sia più saggio seguire è suggerita dalla previsione degli effetti dell'una e dell'altra a lungo termine.
This collection of essays examines various aspects of regional development and the issues of internationalization. The first essay investigates the implications of the impressive growth of China from a rural-urban perspective and addresses the topic of convergence in China by employing a non-parametrical approach to study the distribution dynamics of per capita income at province, rural and urban levels. To better understand the degree of inequality characterizing China and the long-term predictions of convergence or divergence of its different territorial aggregations, the second essay formulates a composite indicator of Regional Development (RDI) to benchmark development at province and sub-province level. The RDI goes beyond the uni-dimensional concept of development, generally proxied by the GDP per capita, and gives attention to the rural-urban dimension. The third essay "Internationalization and Trade Specialization in Italy. The role of China in the international intra-firm trade of the Italian regions" - deals with another aspect of regional economic development: the progressive de-industrialisation and de-localization of the local production. This essay looks at the trade specialization of selected Italian regions (those regions specialized in manufacturing) and the fragmentation of the local production on a global scale. China represents in this context an important stakeholder and the paper documents the importance of this country in the regional intra-firm trade.
Il contributo degli antropologi alla rogettazione di piani volti ad incoraggiare lo sviluppo sociale ed economico del Terzo Mondo, costituisce oggi uno specifico campo di studio definito Antropologia dello sviluppo. Con questo saggio Brokensha intende mostrare l'importanza della partecipazione degli antropologi in programmidi sviluppo riguardanti le risorse naturali in particolari settori quali l'agricoltura, il pastoralismo e la forestazione.La maggior parte delle agenzie governative ed internazionali promotrici dei progetti di sviluppo hanno per molto tempo ignorato il notevole corpo di conoscenze accumulate dagli antropologi, non curandosi delle strategie tradizionali di uso e gestione delle risorse naturali, dell'organizzazione socio-economica e dei reali bisogni delle popolazioni future beneficiarie dei progetti. Oggi i risultati di una tale ignoranza si constatano amaramente.Brokensha denuncia per esempio l'inadeguatezza e l'insuccesso di molti rogetti avviati in aiuto alle popolazioni pastorali in Africa negli ultimi venticinque anni, con un costo di centinaia di milioni di dollari e che nessun beneficio hanno recato ai pastori se non qualche utile intervento veterinario. La causa dell'insuccesso é proprio la disinformazione che ha creato false idee sul pastoralismo, formando una mentalita anti-nomade nei funzionari delle agenzie africane e internazionali. Si é cosi mirato ad incrementare forme di produzione diverse da quelle tradizionali (es. la carne al posto del latte) ed a instaurare moderne strutture con tecnologie avanzate, tipo i grandi ranges americani e australiani, che si basano su criteri diversi se non opposti ai sistemi tradizionali di gestione del territorio da pascolo e del bestiame e all'organizzazione socioeconomica dei pastori africani. Come conseguenza di una tale politica di sviluppo, molti pastori hanno perso il controllo dei loro mezzi di produzione e si sono impoveriti; non si é ottenuto alcun aumento di reddito, né di produzione né si é frenato il degrado ambientale.Il contributo dell'antropologo in uesto settore consiste nel mettere a disposizione dei pianificatori le sue conoscenze, "informarli" e stimolarli affinché adottino criteri diversi nella stesura dei progetti, tenendo cioé conto, oltre del sistema economico e sociale, anche delle strategie di sopravvivenza adottate dai pastori in ambienti a volte poco ospitali.La necessità della partecipazione degli antropologi alla progettazione dei piani di sviluppo si fa impellente anche per gli altri due settori proposti da Broizensha: l'agricoltura e la forestazione. Riguardo al primo settore, l'autore riporta alcuni esempi di quella che M. Cernea (1985) definisce "sociologia del raccolto" cioé un campo di ricerca che punta ad evidenziare la interrelazione tra requisiti bio-fisici di un particolare prodotto e le istituzioni socio-economiche, e che può realizzarsi più concretamente attraverso la cooperazione tra antropologi ed agronomi. L' "Integrated Pest Management" rappresenta un'altra promettente area di ricerca e di cooperazione tra agronomi e antropologi, sebbene esistano ancora delle diffidenze sui vantaggi di una ricerca congiunta. Thomas Conelly si è interessato alla peste da insetti e alle malerbe nella parte occidentale del Kenya, esaminando i metodi indigeni di controllo della peste ed evidenziando le difficolta nello sviluppo di tecniche innovative che non siano appropriate alle reali condizioni degli agricoltori su piccola scala.Sebbene oggi alcuni centri per lo sviluppo dell'agricoltura si dimostrino più sensibili verso problemi e suggerimenti proposti dagli antropologi, questi sono ancora poco ra presentati. Per esempio solo il 10% dello staff di ricerca degfi "International Agricultural Centres" è costituito da antropologi e pochissimi lavorano in questo settore per l'U.S.D.A., l'U.S.A.I.D. e la F.A.O.Riguardo alla forestazione, settore verso cui si è rivolta una sempre maggiore attenzione da parte dell'opinione pubblica e degli ambienti scientifici a causa del fenomeno della deforestazione, allarmante per il suo continuo dilagarsi e per le prevedibili catastrofiche conseguenze, l'antropologia ha sviluppato un nuovo campo di interesse definito "Forestazione sociale". Esso è nato negli anni '70 quando i dipartimenti forestali, di fronte all'insuccesso di progetti miranti all'impianto massiccio di alberi, specie per legno da combustione, hanno ritenuto necessario ricorrere all'aiuto degli antropologi. Ancora una volta causa degli insuccessi era stata la disinformazione, in questo caso circa i sistemi di utilizzazione e i criteri di valutazione degli alberi da parte degli indigeni e circa la relazione fra organizzazione socio-economica e possesso ed uso della terra e della vegetazione arborea. Disinteresse e mancata cooperazione alla realizzazione dei progetti fu l'inevitabile risposta dei locali a iniziative a loro estranee e non rispondenti alle loro reali esigenze e necessita. Ed ancora una volta il contributo dell'antropologo è ritenuto utile potendo influenzare uno sviluppo appropriato ai fattori sociali e ambientali che offra concreti benefici alla popolazione.Pertanto fra i principali ruoli che secondo Brokensha l'antropologo può svolgere nei programmi di sviluppo il piu evidente è quello di "informatore". Inoltre puo essere anche "mediatore culturale" tra la gente locale e le agenzie che effettuano gli interventi, diventando il portavoce degli indigeni, affinché non rimangano soggetti passivi, ma partecipino attivamente alle decisioni sul loro "sviluppo". Infine per impedire che si presenti la necessità di svolgere un altro ruolo importante ma assai impopolare, e cioé quello di "censore" che sopprime i rogetti a causa dei prevedibili impatti negativi sulla popolazione, l'antropologo deve avere un rapporto continuativo con le agenzie, partecipando a tutti gli stadi della progettazione, sin dalla fase iniziale per prevedere gli effetti sociali del progetto ancora allo stato di disegno, e fino alle fasi di controllo e valutazione finale.L'azione educativa dell'antropologo, che si esplica nel far esaminare i problemi dello sviluppo attraverso un'ottica antropologica, non è però a senso unico. Egli deve anche imparare. Non solo dovrà informarsi su altri campi scientifici, come quello bio-fisico, ma anche studiare la struttura delle agenzie di sviluppo per interpretare i loro processi di decision-making nel loro vasto e complesso contesto organizzativo, e quindi intervenire adeguatamente.
Dottorato di ricerca in Diritto dei contratti pubblici e privati ; La trattazione vuole offrire un inquadramento generale della cessione di cubatura a seguito dell'emanazione della legge 12 luglio 2011 n. 106 di conversione del d.l. 13 maggio 2011 n. 70. La normativa ha introdotto all'articolo 2643 c.c. rubricato ‹‹atti soggetti a trascrizione››, il numero 2-bis che ha disposto in modo del tutto innovativo la necessità di trascrivere ‹‹i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali, regionali o da strumenti di pianificazione territoriale›› . I problemi teorici e applicativi posti dalla novella sono numerosi e particolarmente complessi. L'espressione utilizzata dal n. 2-bis, infatti, pur definendo la disciplina pubblicitaria, non esplicita né quali siano i caratteri essenziali di cui si compone il contratto che trasferisce la volumetria, né la natura dei ‹‹diritti edificatori››. L'obiettivo dello studio è pertanto quello di identificare oltre ai tratti caratteristici della cessione di cubatura, un modello contrattuale idoneo a garantire la circolazione della potenzialità edificatoria e soluzioni operative che possano rimanere immuni ai mutamenti giurisprudenziali, con la finalità precipua di verificare se il n. 2–bis, abbia posto le basi per un mercato dei ‹‹diritti edificatori›› volto ad un più efficace sfruttamento della proprietà immobiliare. Per farlo, nel Capitolo I si è ritenuto opportuno prendere le mosse da problematiche antiche e mai del tutto risolte inerenti agli accordi di ‹‹micropianificazione ad iniziativa privata›› (di cui la cessione di cubatura è espressione) ed allo ius aedificandi, al fine di individuare i limiti e le modalità di esercizio del potere di costruire soprattutto con riferimento ai rapporti con la p. a. La disamina non ha inoltre potuto prescidere da un'analisi dei più recenti strumenti di perequazione, compensazione ed incentivazione che rappresentano un'evoluzione rispetto all'originaria prassi applicativa. Indagato il ‹‹contenuto complesso›› dello ius aedificandi e la natura giuridica del permesso di costruire, si è potuta affrontare nel Capitolo II la spinosa problematica della natura giuridica dei trasferimenti di volumetria. A seguito di un esame dei principali teorizzazioni come ‹‹bene immateriale››, come ‹‹chance›› e come nuovo ‹‹diritto reale tipizzato›› si è potuto rilevare, anche attraverso un'analisi applicativa dell'istituto a vari negozi tipici ed ai diritti di godimento e di garanzia (Capitolo III), come la sola ricostruzione che possa assicurare un effettivo utilizzo dell'istituto è quella che riesca a farne interagire la natura privatistica e pubblicistica in uno sforzo di integrazione coerente tra le diverse materie. Pertanto, sul presupposto che l'interprete debba, prima di tutto, attenersi al dettato della norma, la soluzione di un nuovo diritto reale, caratterizzato da un'imprescindibile connessione con il provvedimento amministrativo, è apparsa maggiormente in linea con il dettato normativo ed in grado di assicurare un ampio utilizzo dell'istituto. Nel Capitolo IV l'attenzione si è quindi focalizzata sui caratteri costitutivi del contratto. In primis si è sottolineata l'importanza dell'accordo privatistico quale momento genetico della vicenda circolatoria attraverso una nuova lettura del tradizionale rapporto soggetto-oggetto, in cui l'autonomia negoziale assume una forza creatrice divenendo il veicolo mediante il quale si sostanzia il processo creativo voluto dalle parti atto a ‹‹generare l'oggetto del contratto›› (la cubatura). In secundis si è tentato di individuare il modo in cui diritto privato e diritto amministrativo convivono all'interno della cessione di cubatura, rinvenendo la chiave di congiunzione nell'elemento accidentale della ‹‹condizione››, rappresentata dal provvedimento amministrativo. Ne è emerso un istituto complesso che si compone necessariamente di due momenti: uno genetico (regolato dal diritto privato) ed uno applicativo (disciplinato dal diritto amministrativo). La particolare struttura dell'istituto esprime d'altra parte una tendenza sempre più diffusa a considerare l'ordinamento come un unicum, in cui i distinti sistemi normativi ‹‹perdono›› il proprio primato se collocati all'interno dell'ordinamento giuridico unitario. Stabilito in che termini diritto privato e diritto amministrativo dialogano tra loro e superato l'impasse della qualificazione giuridica, è stato possibile valutare le prospettive future di un mercato dei trasferimenti di volumetria. Considerato il quadro generale esistente in Italia e facendo tesoro delle considerazioni che sono derivate da uno studio del TDRs statunitense (Capitolo V), si è giunti a ritenere come agli intenti ambiziosi dei lavori preparatori non sia corrisposta un'opera di codificazione all'altezza dei propositi perseguiti a causa della mancanza di un framework di principi comuni da imporre su scala nazionale. In una prospettiva de iure condendo si è dunque tentato di ovviare alla carenza di un (auspicabile) intervento legislativo volto a definire più chiaramente i caratteri dell'istituto, proponendo alcune soluzioni applicative e teorizzando le possibili modifiche normative da introdurre nel codice civile per assicurare un maggiore e più sicuro utilizzo dei trasferimenti di volumetria. ; The Ph.D. thesis aims to provide a general framework of the transfer of development rights, following the issuance of the law 12 July 2011 n. 106 of converting d. l. 13 May 2011 n. 70. The legislation introduced in article 2643 c.c. entitled ‹‹instruments subject to registration››, the number 2-bis which places, in a completely innovative way, the need to record in a public register ‹‹contracts that transfer, constitute or modify the development rights, however denominated, provided by State or regional regulations, or by planning instruments››. The theoretical and applied problems posed by the new provision are numerous and very complex. In fact, the expression used by n. 2-bis does not express what are the essential characteristics of the contract which transfers the ‹‹development rights›› and their legal status. Therefore the aim of the thesis is to identify the characteristic features of the institute and also a contract scheme that could be able to ensure the transmission of the development rights for finding practical solutions, immune to judicial decisions. The principal aim is to verify whether the n. 2-bis has laid the foundations for a market of development rights, for a more efficient use of real estate. The Chapter I deals with ancient and never fully resolved problems related to the microplanning agreements (of which transfer of development rights is an expression) and related to the power to built, in order to identify the limits and procedures for exercising the right to build, especially in relation to the powers of the public administration. Moreover the analysis does not leave aside the latest tools of equalization, compensation and incentives that represent an evolution from the original archetype. After reviewing the complex content of the right to build and the legal status of building permits issued by the municipality, the Chapter II deals with the issue of the legal status of transfer of development rights. The analysis of the main theories as an ‹‹immaterial good››, such as ‹‹chance›› and as a ‹‹new land right›› show that the only feasible solution that can ensure an effective use of the transfer of development rights is the one that can make interact the private nature and public one in an effort of coherent integration between the different fields of law. On the assumption that the interpreter must, first of all, follow the wording of the rule, the solution of a new land right, characterized by an essential connection with the administrative measure, it appear nearer with the provision of the law and can ensure wide use of the institute. Therefore in Chapter IV, attention is focused on the characteristics of the contract. In the first place it is emphasized the importance of private agreement like ‹‹fundamental moment›› of transfer of development rights, through a new interpretation of the traditional relationship between ‹‹subject›› and ‹‹object››, in which the contractual autonomy has a creative force and became the vehicle through which the land rights is generated. Second attempt is made to identify the way in which private law and administrative law coexist, finding the key junction of the two moments in the element of the accidental ‹‹condition››, represented by building permit. What emerges from the examination is a complex institution that consists of two parts: one governed by private law and one determined by administrative law. The particular structure of the institute shows that the two areas of law, lose their primacy if placed within the unit legal system. After determining how private and administrative law interact with each other and overcoming the deadlock of the legal status, it is possible to assess the future prospects of a market of transfer of development rights. Based on the current Italian situation and building on the considerations that are derived from a study of the USA TDRs (Chapter V), it can be argued that the number 2-bis is not able to achieve the ambitious goals that the legislator wanted to accomplish, due to the lack of a framework of common principles to be imposed at national level. In the concluding remarks, in a proactive perspective, are proposed some application solutions and are theorized some possible legislative changes to be introduced in the Civil Code, to ensure a greater and safer use of development rights.
Research on economic growth and development in developing countries has often highlighted the role of liberalisation policies (economic and political) in improving economic performance in the developing world. In sub-Saharan Africa, in particular, efforts at fostering economic growth and development have not only resulted in the adoption of these policies, but have also led to the proliferation of regional economic integration (include monetary unification). Nonetheless, the impact of these policies on economic performance continues to be a subject of debate among policy makers, development partners, academic researchers, and the international community at large. This debate has become increasingly important in light of the challenges facing the aforementioned agents in helping to improve the economic performance of these countries. This thesis focuses on this topic providing empirical evidence for sub-Saharan African countries. The first chapter uses post-liberalisation data on Ghana and focuses on the extent to which trade openness and foreign aid inflows impact on economic growth. Ghana, being one of the forerunners to adopt liberalisation policies in sub-Saharan Africa, has received commendations from the international community for its post-liberalisation economic growth performance. This has increased government commitment in recent years to open the economy to international competition. Moreover, foreign aid inflows over the period have been relatively large. The study, which employs the Autoregressive Distributed Lag (ARDL) bounds testing approach to cointegration, provides empirical findings, which clearly indicate that the impact of both trade openness and foreign aid on Ghana's post-liberalisation economic growth is positive and statistically significant in both the short-run and the long run, although this is somewhat reduced by their interaction. In addition, the study reveals long run economic growth benefits of Ghana's political system whilst government spending and labour force performance retarded economic growth over the study period. The empirical findings and policy recommendations are relevant for Ghana's long-term economic growth policy reforms. The second chapter, taken cognisance of the fact that sub-Saharan Africa has been characterised by low-income levels for decades, analyses the impact of economic globalisation and democracy on income levels in the area using panel cointegration techniques. The study considers a composite indicator for economic globalisation and several indicators of democracy and highlights the essence of the simultaneous adoption of economic globalisation and democracy for sub-Saharan African countries. The empirical results, based on a sample of 31 countries over the period 1980-2005, clearly indicate that, whilst the total long run impact of economic globalisation on income levels has been beneficial, the total long run impact of democracy has been the bane of the level of income in sub-Saharan Africa. The study concludes that policy reforms should be aimed at improving democratic institutions in sub-Saharan Africa for its potential benefits to be realised The third chapter focuses on the implications of trade openness, foreign aid and democracy for the fulfilment of Wagner's law in West African Monetary Zone (WAMZ) countries. Although the impact of trade openness, foreign aid and democracy on government expenditure in developing countries has been emphasised in the literature in recent decades most recent studies of Wagner's law have often neglected the increasing role played by these policy variables. The study provides an empirical analysis of the long run implications of trade openness, foreign aid and democracy for the fulfilment of Wagner's law in WAMZ countries using panel data techniques for the period 1980-2008. The study finds the existence of Wagner's law in WAMZ countries, but only when the role of these policy variables has been catered for. The analysis concludes that, if these countries are to meet the fiscal convergence criteria and ensure the sustainability of a single currency area, explicit sets of restraint on the national authorities and innovative and efficient ways of domestic revenue generation necessary to ensure that government revenue keep pace with its expenditure become crucial, because the monetary union by itself may not necessarily ensure fiscal discipline. The fourth chapter focuses on the relationship between democracy, government spending, and economic growth. Although, economic theory predicts that various core functions of governments are growth enhancing, its spending in non democratic countries often goes beyond these core functions, namely into rent-seeking and non-productive activities. The study employs the Autoregressive Distributed Lag (ARDL) bounds testing approach to cointegration to investigate the extent to which democracy and government spending have had an impact on economic growth in Ghana over the period 1960-2008. The empirical results obtained are encouraging, revealing support for the high efficiency of government spending in democracies hypothesis. The study demonstrates that democracy and government spending go hand in hand in providing a complementary role to impact positive on economic growth in Ghana in both the long-and short-run. The fifth chapter investigates the impact of trade openness on economic growth and development for a sample of 85 middle-income countries over the period 1970-2009. The study employs non-stationary heterogeneous panel cointegration techniques that take into consideration the impact of cross-section dependence. The analysis reveals four important findings. Firstly, that trade openness has been one of the main drivers of the level of development, but not of economic growth in middle-income countries. Secondly, that trade openness is both a cause and a consequence of the level of development in middle-income countries. Thirdly, that neglecting the impact of cross-section dependence overestimates the coefficient linked to the long-run relationship between trade openness and development. Lastly, and most importantly, that these results are consistent for all the 20 middle-income sub-Saharan African countries included in the sample.
The aim of this thesis is contributing to the debate about the organization of economic activities across space and its impacts both on economic competitiveness and on environmental sustainability. The first chapter states the most important aspects of spatial structure, which are polycentric development and urban dispersion, and highlights the relevance of spatial economic organization for public policies, in particular with reference to the spatial policies addressed by the European Union. In order to assess the effects of spatial structure, the second chapter tackles the issue of the analytical definition and measurement of polycentricity and dispersion. By surveying the most relevant literature in urban and regional economics, and geography and spatial planning, the chapter illustrates the main analytical dimensions and the empirical methods for the measurement of spatial structure at regional level, providing an empirical illustration on Italian regions. The third chapter analyses the relationships between spatial structure and economic competitiveness in Italian NUTS-3 regions. It presents the theoretical framework, grounded on agglomeration economies literature, and check whether agglomeration economies may depend on spatial organization of economic activities across Italian regions. In the empirical analysis labour productivity is taken as a proxy for economic competitiveness and both of polycentricity and urban dispersion seems to have negative impacts. The fourth chapter analyses the links between spatial structure and environmental pressure. The latter have been measured by gas emissions generated by private road transport and house heating. After the literature review, the chapter shows, through regression analysis of NUTS-3 regions, that spatial structure influences CO2 emissions from transport and PM10 emissions from house heating, with no evidence that polycentricity helps in reducing emissions. The thesis concludes discussing the main results from the empirical part of the work and sketch further steps in the analysis of spatial structure and economic development.
The issue of the link between migration and development is increasingly relevant in the global political agenda. However, the scientific discussion concerning the increased migratory flows seems to be more focused on the questions regarding admission and / or rejection of migrants on the territory of receiving countries than on the general topic of the contribution of migrants to the financial, social and cultural development of societies (of origin, transit, or destination). The volume aims at offering food for thought for the analysis of the changes occurring in modern societies, that are asked to answer thoroughly to economic and forced migration. The goal of the volume is to open discussion among experts, scholars and policy-makers, on the problematic questions, outcomes, implications and achievements on migration and development.
Una dura critica all'approccio definito "Analisi dell'impatto sociale" o "Analisi del benessere sociale", sorto recentemente nel campo dell'antropologia dello sviluppo, e avanzata da Gutkind in questo saggio.L'autore considera lo "sviluppo", a cui con confuso liberalismo si rivolge l'interesse degli antropologi, estraneo alle masse beneficiarie. La logica capitalistica e gli obiettivi capitalistici sono mascherati sotto iniziative e opportunità locali. Condanna quindi l'ideologia dello sviluppo che finora ha ispirato gli obiettivi delle politiche di sviluppo adottate nel Terzo Mondo e denuncia il coinvolgimento degli antropologi, quali professionisti dello sviluppo, in questo "gioco". Addirittura aberrazioni sono definite dall'autore i concetti proposti dall' "Analisi dell'impatto sociale", ultimo prodotto di quell'ideologia dello sviluppo che egli ulteriormente condanna in quanto riflette l'ideologia del professionalismo, del carrierismo, dell'intellettualismo di falsa tradizione umanistica.Gutkind propone quindi di affrontare i problemi relativi allo sviluppo dei paesi del Terzo Mondo con una prospettiva radicalmente diversa, attraverso cioè concettualizzazioni e metodologie proprie della storia sociale. Solo l'approccio della storia sociale con impostazione marxista permette una valutazione ed un'analisi degli effetti dell'incorporazione di paesi a basso reddito in un sistema complesso dominato dal capitalismo. Solamente adottando un orientamento storico sociale si può far luce su questi importanti problemi, offuscati invece da modelli come le "Analisi di impatto sociale", garantendo inoltre la sopravvivenza dell'antropologia altrimenti destinata a scomparire.
L'obiettivo di questo articolo è la presentazione dei risultati preliminari di una ricerca a lungo termine che pensiamo di completare nel termine di sette od otto anni. Il progetto si interessa della struttura, dell'ideologia e dello sviluppo storico dell' "alta borghesia" messicana, con particolare riferimento alla sua componente aristocratica.In questa nostra descrizione storica discuteremo le cause della stratificazione borghese e delle conquiste aristocratiche negli oltre quattro secoli trascorsi dalla conquista spagnola, al fine di poter comprendere l'attuale conformazione dell'alta borghesia. Per il momento della conquista e per il primo periodo coloniale (1519-1650), analizzeremo le condizioni socioeconomiche che determinarono la preminenza degli encomenderos all'interno di una societa divisa in "stati". Per il medio e tardo periodo coloniale (1650-1824) mostreremo come la mobilita tendera a far disporre i piu elevati settori della societa coloniale lungo linee di classe; mentre per il periodo compreso tra l'indipendenza e la rivoluzione messicana (1824-1910) si avrà praticamente un proseguimento del sistema pre-repubblicano e la dominanza della classe degli hacendados nella vita economica e sociale della nazione. Infine, per il periodo che va dalla rivoluzione all'epoca attuale (1910-1940) registreremo la fine dell'aristocrazia terriera quale classe dominante in Messico. In questo nostro lavoro abbiamo in conclusione tentato di correlare la formazione e lo sviluppo storico dell'aristocrazia messicana con la dinamica della formazione delle classi in Messico e ai fattori sociali, politici, economici e religiosi che l'hanno accompagnata.
Nowadays the efforts aimed at enhancing the Internal Combustion Engines (ICEs) are mainly focused on the fuel consumption minimization to comply with binding CO2 emission legislation for vehicle homologation. Concerning the Spark-Ignition ICEs, the most widespread path to satisfy the pollutant emission limits is the adoption of a three-way catalyst (TWC) along the exhaust line. As known, this solution poses some issues, such as a low efficiency at cold start or an effectiveness degradation because of aging. In addition, it involves the impossibility to exploit the advantages of lean combustions, since a close to stoichiometric air/fuel mixture is mandatory for efficient TWC operation. For the above reasons, a growing interest towards solutions limiting engine raw emissions is emerging. So future legislation requires new technical measures to increase engine efficiency and reduce pollutant emissions. Here gasoline engines with high specific power have a huge development potential, since, on the one hand, knocking at high Brake Mean Effective Pressure (BMEP) limits thermal efficiency and, on the other hand, high power densities lead to increased thermal loads, which, for component protection reasons, need to be controlled by means of enrichment beyond the stoichiometric air-fuel ratio. This operation leads to increased fuel consumption and to higher pollutant emissions; especially harmful soot particles, hydrocarbons and carbon monoxide are emitted in a higher amount. In addition to known systems, such as exhaust manifolds integrated in the cylinder head for direct cooling of the exhaust gas, extended effective expansion by optimized valve timings (Miller, Atkinson) and external cooled exhaust gas recirculation, also new technologies are being developed for passenger cars. Those technologies primarily aim to widen the lambda one range of the engine in order to maintain the stoichiometric air/fuel ratio throughout the entire engine operating range, which is expected to be required for future Real Driving Emissions (RDE) legislation. The first chapter explains the current situation and future direction of internal combustion engines, with a particular focus on the gasoline engines with high specific power and covers broad regulatory changes in the last year related to tailpipe emissions of criteria pollutants and CO2/fuel economy. Throughout the chapter, a brief overview of internal combustion engines and their future development will be provided so to understand and appreciate why it is still relevant to conduct research in this field, while facilitating the improvement of green technologies in order to achieve a sustainable transportation system. The motivation behind this study and the research direction will also be clarified. Then, a Lamborghini 12-cylinder naturally aspirated spark ignition engine is investigated. The engine is experimentally tested under full and part load operation with two different Air-to-fuel ratio maps. Main performance parameters, in-cylinder pressure cycles and raw pollutant emissions are measured. The engine is schematized in a one-dimensional model (GT-Power™), where "user routines" are employed to simulate turbulence, combustion, knock and pollutant production. 1D model is validated against the experimental data, denoting a good accuracy. The innovative contribution of this section can be hence recognized in the development of a 1D model characterized by a single set of tuning constants allowing for an accurate reproduction of the combustion process in all the engine configurations. As better explained in the following, the combustion model is in fact coupled to a turbulence sub-model, preliminary tuned with reference to 3D-CFD results, in motored operation. This methodology is particularly helpful in the calibration of a VVT engine, where the turbulence levels substantially vary at part load according to the intake/exhaust valve strategies. Combustion and turbulence constants are hence selected through comparisons with few experimental data at full load and 3D results, and then employed at part load and in the optimization process, as well. The results about the raw emissions put into evidence that the numerical approach predicts the experimental data of carbon monoxide (CO) and nitrogen oxides (NO), but it is not enough advanced to reproduce the hydrocarbon (HC) level, although the variations with the engine operating parameters (speed, load, air/fuel ratio) are captured. The model is employed to study the water injection impact to draw the variation trend of the exhaust temperature, performance and the pollutant emissions changing the engine hardware, rather than to predict their absolute levels. The combustion speed takes into account the water presence with a refined correlation of laminar flame velocity and the knock model gives the possibility to set the best spark advance. The water evaporation reduces the in-cylinder temperature and, as a consequence the knock level, is lower. The computed HC, CO and NO maps have been embedded in a vehicle simulation to estimate the impact of the analysed technical solutions on a RDE cycle suggested by Lamborghini. In this way, with a fully numerical approach, a new hardware is analysed and its impact in term of pollutions level is verified on a realistic drive cycle that the new regulations seems to impose. In this way, a new approach to design the future high performance engines has been individuated and the impact of the new regulations can be seen before experimental tests, reducing the time to market and the economic effort. Then, the difference between the engine out emission level and the limit that the regulation imposes can help also to design the after-treatment system. Summarizing, the presented numerical approach showed the potential to predict, on a physical basis, the combined effects of various techniques on the engine performance. This methodology could represent an effective tool to identify the trade-off between engine complexity and expected improvements, contributing to support and drive the development process of new engine/vehicle.