AG About Gender: rivista internazionale di studi di genere
ISSN: 2279-5057
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ISSN: 2279-5057
In ottemperanza alle Direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 2/2019 e in linea con la Comunicazione COM n. 152 del 5 marzo 2020 del- la Commissione Europea, le Università sono tenute a predisporre il Piano delle Azioni Positive (PAP) finalizzato alla programmazione di azioni tendenti a rimuovere gli ostacoli alla piena ed effettiva parità tra uomini e donne. In tale prospettiva, in continuità con il processo di redazione del Bilancio di Genere, è necessario stabilire come obiettivo prioritario del PAP l'adozione del Gender Equality Plan (GEP), che identifica la strategia dei singoli Atenei per l'uguaglianza di genere e costituisce il requisito di accesso richiesto dalla Commissione Europea per la partecipazione a tutti bandi Horizon Europe per la ricerca e l'innovazione. Il GEP si colloca in un'ottica programmatoria e si inserisce all'interno del Piano Strategico, ponendosi tra le direttrici di sviluppo dell'Ateneo e le strategie per ottenerlo. Le azioni in esso previste sono poste in relazione con il Bilancio di Genere sia nella fase previsionale che in quella di rendicontazione. In linea con la definizione della Commissione Europea, il GEP si pone come un insieme di azioni, non isolate ma integrate in un'unica visione strategica, per: • identificare distorsioni e diseguaglianze di genere; • implementare strategie innovative per correggere distorsioni e diseguaglianze; • definire obiettivi e monitorarne il raggiungimento attraverso adeguati indicatori. L'intento di un piano per l'uguaglianza di genere, le aree di intervento, i temi da affrontare possono variare fortemente a seconda delle specifiche realtà in cui si realizzano. Ciò che va bene per una Università non è necessariamente la scelta migliore per un'altra. A tal proposito, le indicazioni della Commissione Europea inducono a considerare le specificità dei contesti locali nel rispetto delle differenze e delle diversità, attivando in questo modo "pratiche partecipative, capaci da un lato di coinvolgere la governance dell'Ateneo, dall'altro di valorizzare ricerche, competenze ed esperienze condotte localmente da tutti gli stakeholder coinvolti nelle politiche per la gender equality". La Commissione Europea richiede, inoltre, che la progettazione e la realizzazione del GEP, anche al fine di ampliare la percezione di legittimità delle azioni, coinvolga dall'inizio del processo i vertici dell'Ateneo (il Rettore o la Rettrice, il/la Delegato/a per le pari opportunità, il Direttore o la Direttrice generale). In linea di principio, però, affinché l'uguaglianza di genere pervada la struttura, occorre che tutti gli stakeholder di un Ente di ricerca o di una Università vengano coinvolti, creando così un senso di appartenenza fondamentale per superare ostacoli e resistenze a tutti i livelli del processo. Cooperazione e responsabilità ben definite, reciprocamente accettate e condivi- se fin dall'inizio, sono cruciali per il successo del piano; altrimenti difficilmente si riuscirà ad attivare quel percorso di cambiamento strutturale, che garantisce il successo delle iniziative proposte nel GEP, rischiando di attivare soltanto un mero adempimento burocratico. È infine fondamentale che la redazione del GEP sia affidato a una struttura de- dicata composta da esperti con competenze specifiche sulle tematiche di genere e che tale gruppo sia supportato dagli organi di vertice e abbia risorse adeguate. Bisogna essere consapevoli che il percorso verso l'uguaglianza di genere potrebbe essere lungo e il lavoro ad esso dedicato non solo potrebbe non produrre effetti immediati, ma i risultati concreti potrebbero apparire per anni lontani dalla loro completa realizzazione. Gli ostacoli nell'impostare, sviluppare, realizzare, gestire, monitorare e valutare un GEP sono tanti, non necessariamente atteggiamenti dichiaratamente resistenti o ipocritamente convinti, ma anche "culturali" non immediatamente percepibili (Unconscious bias). Il "Vademecum per l'elaborazione del Gender Equality Plan negli Atenei Italiani", a cura del Gruppo GEP della Commissione CRUI sulle Tematiche di Genere, risulta essere un efficace strumento operativo per agevolare la redazione del documento attraverso la presentazione dei requisiti richiesti dalla Commissione Europea, e illustrare come esso debba inserirsi nei Piani Strategici degli Atenei italiani in sinergia con altre azioni atte a conseguire il benessere organizzativo e l'uguaglianza di genere.
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In: Percorso di form-azione 47
In: Ursa maior
In: Italian Political Science Review: Rivista italiana di scienza politica, Band 37, Heft 3, S. 459-469
ISSN: 0048-8402
In: Quaderni di sociologia: QdS, Band 45, Heft 87, S. 161-186
ISSN: 2421-5848
The intention of this study based on analysis of the series of European Value Study (1990, 1999, 2009 and 2018) is to investigate, using a comparative, diachronic approach, the relationship between modernization and the gender gap in religiosity in Italy. In line with the theoretical perspective which valorizes the role of culture in explaining this relationship, our hypothesis is that the most modernized areas demonstrate a more contained gender gap. We expect that differences of religiosity between men and women are more contained in the country's north-central zones - characterized by higher levels of modernization - compared with the south. Furthermore, since the distance between the levels of modernization in the two areas has not increased noticeably over the last three decades, we could be forgiven for expecting that the difference between them in the religious field would not reveal important changes. To our surprise, the findings of the analyses offer but limited support to our hypothesis.
In: Labour & industry: a journal of the social and economic relations of work, Band 15, Heft 2, S. 1-23
ISSN: 2325-5676
Il presente lavoro di ricerca nasce come spunto di una personale riflessione sul tema della parità di genere nelle posizioni apicali, emersa nel recente dibattito all'interno dell'Unione Europea e di alcuni Stati Membri. Sebbene originariamente l'Unione Europea ambisse a garantire l'uguaglianza di genere tra uomini e donne ricorrendo ad un approccio di Gender Mainstreaming e a strumenti di soft law, dal 2006 in poi, seguendo l'esempio norvegese, lo strumento giuridicamente vincolante è stato ritenuto necessario per aumentare il numero di donne nelle posizioni decisionali. Anche alcuni Stati Membri hanno ritenuto opportuno apprendere dall'esperienza norvegese, introducendo leggi nazionali sulla parità di genere nei Consigli di Amministrazione. Alla luce di questa situazione, la ricerca è tesa ad analizzare da un punto di vista legislativo e pratico la normativa europea in materia di parità di genere, partendo dalla ristretta definizione di uguaglianza di genere fornita dal Trattato di Roma fino ad arrivare alla recente proposta per una direttiva sulle quote di genere. La stessa analisi viene svolta per uno Stato Membro, l'Italia, il quale è stato scelto in relazione al suo modello di welfare che ha permesso lo sviluppo di una normativa di buona qualità, seguita tuttavia in alcuni casi, da un ridotto livello di effettività. Ad un'analisi del panorama giuridico vigente a livello europeo ed italiano segue una fase di raccolta di alcuni esempi concreti. Viene infatti realizzata una stima dell'attuale situazione italiana, rilevando se dei buoni risultati siano stati ottenuti dalle aziende in un'ottica sia di riconciliazione della vita familiare e professionale, sia in seguito all'introduzione delle quote nei Consigli di Amministrazione. The present study deals with the current issue of women on boards arisen in last years within the EU context and some Member States. While at a first stage the EU attention was focused on gender equality in terms of Gender Mainstreaming and a soft approach, since 2006 on, following the example of Norway, the legal binding instrument was proposed as the right means to challenge the low number of women in decision-making positions. Some Member States too are eager to learn from Norwegian experience and have already introduced some forms of gender representation regulations. In the light of such situation, this research is a clear attempt to analyze from a legislative and practical point of view the EU lawmaking from a first narrow definition of gender equality provided by the Treaty of Rome until a proposed directive on gender quotas. The same analysis has been conducted with reference to one Member State, Italy that has been chosen due to its welfare model which has in some cases allowed a well-advanced and good quality normative, even if with some limits on the effectiveness side. Thus, following the focus on EU and Italian legal framework, the practical analysis of the concrete situation is conducted, showing if results and effects have been achieved among Italian companies for what concerns both reconciliation between private and working life and following the introduction of gender quotas on boards.
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In: Questioni di genere
Poiché le donne sono fortemente sottorappresentate nella politica italiana, si propone di introdurre un "antitrust della politica". Questa scarsa rappresentanza è incostituzionale e distorce al maschile l'agenda politica. Sosteniamo che la scarsa presenza delle donne non può essere attribuita a una mancanza di competenza o motivazione ma è una conseguenza del metodo di cooptazione. Analizziamo le differenti strategie che sono state usate con successo in altri paesi per ottenere l'equilibrio di genere in politica, sia per via legislativa sia sulla base di quote introdotte volontariamente dai partiti. Nel nostro Paese, tenendo conto dell'attuale debole rappresentanza di donne in parlamento, appare più percorribile la seconda strada rispetto alla prima. Affermiamo infine che la più promettente strategia per il sistema italiano è lo "zip" per il quale, in ogni lista elettorale, donne e uomini sono presenti in modo alternato.
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In: L'Archeometro 23
Despite considerable advances in gender equality in recent decades, gender discrimination remains pervasive in many dimensions of life world-wide. Tue nature and extent of the discrimination vary considerably across countries and regions. But the pattems are striking. In no region of the developing world are women equal to men in legal, social, and economie rights. Gender gaps are widespread in access to and control of resources, in economie opportunities, in power, and politica! voiee. Furthermore in a congrous number of countries, increasing trends have been recently recorded in female discrimination (Social Watch, 2003). Tue evidence presented shows that societies that discriminate by gender pay a high price in terms of their ability to develop and to reduce poverty. The gender gap in education is a case in point because investment in women 's education is an efficient economie choiee. lt has been estimated that a 1 per cent increase in f emale secondary schooling results in a 0.3 per cent increase in economie growth (UN, 2000a).
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