Il lavoro di ricerca presentato indaga sulle pratiche di social tv innescate dalla quindicesima edizione della trasmissione televisiva Amore Criminale, cui è associata una campagna di denuncia e sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. In questo contesto ci si è concentrati sull'accezione soft di social television, utilizzando il termine per indicare il consumo televisivo del programma che è avvenuto contemporaneamente alla pratica di commentare sulle piattaforme online di Facebook e Twitter ciò che l'utente stava guardando e ha consentito l'interazione a distanza con altri telespettatori. L'elaborato è articolato su diversi livelli, che restituiscono una visione progressivamente più approfondita. Una preliminare ricognizione sul fenomeno della violenza di genere costituisce la cornice in cui si inserisce l'analisi della trasmissione dal punto di vista della sua storia, struttura e mission, ma anche del genere televisivo e del contesto mediale in cui si colloca. L'osservazione del programma dal lato broadcaster è seguita dalla ricerca sul suo pubblico, intendendo con questo sia quello televisivo tradizionale, sia in particolar modo quello dei social network. Data la valenza sociale, culturale e politica del tema affrontato da Amore Criminale, più specificamente la ricerca indaga il coinvolgimento che esso suscita e mira a comprendere in che misura la partecipazione alle conversazioni online costituisce una forma di civic engagement. A questo stesso scopo è sembrato opportuno un approfondimento sulla componente maschile dell'audience, per coglierne l'atteggiamento nei confronti della causa sociale contro la violenza sulle donne, in un momento storico in cui proprio gli uomini costituiscono sempre più oggetto di interesse negli studi scientifici e nella comunicazione pubblica sul tema. Secondo quanto rilevato nell'edizione in oggetto, la trasmissione ha goduto di un discreto seguito non solo da parte del pubblico televisivo, ma anche sui social network. Nonostante la presenza maschile sia minoritaria, tra gli utenti centrali nelle dinamiche partecipative online figurano appartenenti ad ambo i sessi. In particolare dai risultati dell'analisi qualitativa, si può affermare che la partecipazione sui social network può essere letta anche come una presa di posizione pubblica nei confronti della causa sociale. This research examines the social tv practices triggered by the fifteenth edition of the tv program Amore Criminale, which is associated with a campaign that aims to raise awareness about the violence against women and expose this problem. In this context the focus is on the soft meaning of social television. This term refers to the tv consumption of the show while the user is commenting on Facebook and Twitter what he/she is watching and with the possibility to communicate with the other viewers. This work is organized on different levels, giving a progressively in-depth view. A preliminary introduction about the phenomenon of gender violence is the frame where the analysis of the show is inserted: its story, structure and mission, but also its television genre and the medial context in which takes place. The observation of the program from the broadcast side is followed by the research about the public, the traditional television one and especially those on social networks. Due to the social, cultural and politic worth of the topic dealt with by Amore Criminale, more specifically the research examines the created engagement and aims to understand in which way the participation to online conversations is a manifestation of civic engagement. For the same aim it was worthwhile an in-depth analysis about males, who are part of the audience, in order to get their approach to the social cause against violence on women, in a historic moment when scientific studies and the public communication focus on men. According to data measured in this edition, the program got a reasonable favour from the television public, but also on social network sites. Although men are the minority, the key users are both women and men. In particular according to qualitative analysis results, we can say that the participation on social networks can be read as a public opinion on the social cause.
Una vicenda poco nota, relativa ad una stagione di battaglie sindacali è quella di cui si resero protagoniste le raccoglitrici di fiori di gelsomino della Calabria jonica. Il loro lavoro rappresentò, tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del '900, un elemento importante nella storia economica e sociale del territorio calabrese, favorendo la creazione di un'interessante rete di collegamento tra le numerose imprese agricole di piccole e medie dimensioni operanti nel territorio ed alcuni tra i più noti marchi dell'industriaprofumiera francese.L'acquisita consapevolezza del profilo "internazionale" e, dunque, dell'importanza del proprio lavoro nella promozione industriale e sociale del territorio, fu all'origine di una stagione di rivendicazioni, che sancirono un netto miglioramento delle condizioni lavorativeed una maggiore considerazione sociale per queste donne trovatesi improvvisamente, anche per effetto della disoccupazione maschile e dell'emigrazione, a ricoprire il ruolo di capo-famiglia; altresì posero all'attenzione del Parlamento la necessità di darericonoscimento normativo alle istanze delle lavoratrici. Nella lotta sindacale condotta da queste pioniere dei diritti delle lavoratrici si intrecciarono, ad un certo punto, interessi che rischiarono di snaturane il significato, ma esse seppero tenere testa alle strumentalizzazioni che provenivano da varie parti, battendosi solo per i loro diritti.La crisi del settore, determinata da un eccesso di produzione rispetto alla domanda e dalla concorrenza di alcuni paesi esteri (Egitto, Israele, Spagna, Algeria, Tunisia), che poterono giovarsi anche dei minori costi della manodopera, provocò un crollo verticale dellevendite di gelsomino, conducendo nel giro di pochi anni alla totale sparizione della coltura dalle coste calabresi.Il legislatore intervenne tardivamente per disciplinare molti di quei diritti che le raccoglitrici di gelsomino erano riuscite a conquistare, ottenendo una contrattazione collettiva provinciale che rispettava e richiamava il diritto consuetudinario. L'intervento dello Stato fu tardivo perché alla fine degli anni Settanta quasi più nessuno in Calabria coltivava il gelsomino e le mutate condizioni del mercato internazionale dirottarono le commesse dell'industria francese verso Paesi più competitivi. Tuttavia, il ruolo pionieristico di queste donne, il cui lavoro tracciava di per sé un'identità di genere, segnò sicuramente un passo decisivo verso il cambiamento sociale e l'emancipazione femminile, che sembra doveroso ricordare. ; A little-known story relating to a season of trade union struggles is the one in which the jasmine flower pickers of Ionian Calabria were the protagonists. Their work represented, between the fifties and the seventies of the twentieth century, an important element in the economic and social history of the Calabrian territory, favoring the creation of an interesting network of connection between the numerous small and medium-sized agricultural companies operating in the territory and some of the best-known brands of the French perfume industry.The acquired awareness of the "international" profile and, therefore, of the importance of one's work in the industrial and social promotion of the territory, was at the origin of a season of claims, which sanctioned a clear improvement in working conditions and greater social consideration for these women who suddenly found themselves, also as a result of male unemployment and emigration, to fill the role of head of the family; they also brought to the attention of Parliament the need to give regulatory recognition to the requests of female workers.In the trade union struggle conducted by these pioneers of the rights of female workers, at a certain point, interests intertwined that risked distorting the meaning, but they were able to cope with the exploitation that came from various sides, fighting only for their rights.The crisis in the sector, determined by an excess of production compared to the demand and by competition from some foreign countries (Egypt, Israel, Spain, Algeria, Tunisia), which could also benefit from lower labor costs, caused a vertical collapse in sales of jasmine, leading within a few years to the total disappearance of the crop from the Calabrian coasts.The legislator intervened belatedly to regulate many of those rights that the female jasmine pickers had managed to conquer, obtaining a provincial collective bargaining that respected and recalled customary law. State intervention was late because at the end of the seventies almost no one in Calabria was growing jasmine and the changed conditions of the international market diverted orders from French industry to more competitive countries. However, the pioneering role of these women, whose work in itself traced a gender identity, certainly marked a decisive step towards social change and women's emancipation, which it seems necessary to remember.
Teoría de la cognición social motivada: las personas adoptan un sistema ideológico en un esfuerzo por satisfacer diferentes necesidades de tipo cognitivo y social. Literatura científica: Ideología Política: diferencias cognitivas entre liberales y conservadores (Jost et Al., 2003) Sensibilidad a la repulsión (Inbar, Bloom e Pizarro, 2009) Empatía (Shih et Al., 2009; Galinsky et Al., 2008) ¿Existe una relación entre estas variables? Hipótesis: Los conservadores son más sensibles a la repulsión y muestran una menor capacidad empática. Muestra: 43 participantes. Medio: Cuestionario en papel. 1. Escala para la detección de la sensibilidad a la repulsión: A . Repulsión personal: "Pruebas un saltamontes asado" B. Repulsión personal por un evento ajeno: "Te dicen que alguien ha probado un saltamontes asado" C. Repulsión ajena: "¿Cuánta repulsión sentiría una persona al probar un saltamontes asado?" 2. Escala de la Empatía: Fantasía: "Sueño con los ojos abiertos y fantaseo con cierta regularidad sobre las cosas que me podrían suceder". Consideración Empática: "Cuando veo a alguien explotado, siento que debo protegerlo". Toma de perspectiva: "Creo que hay dos puntos de vista en cada cuestión e intento entender ambos" Malestar Personal: "Me asusta el hecho de encontrarme en situaciones de fuerte tensión emotiva". 3. Escala de la Ideología Política. Análisis de regresión: Variable independiente Escala Empatía, variable dependiente Ideología Política. "Fantasía": β = -.261, p = .146, "Consideración Empática": β = .012, p = .942, "Toma de Perspectiva": β = .018, p = .912, "Malestar Personal": β = .332, p = .069. Diferencias de Género: Comparación de medias. Efectos en la sub-escala "Fantasía" de la empatía. F (1,38) = 3.695, p = .062 Liberales: Hombres M = 3.131, Mujeres M = 3.821; Conservadores: Hombres M = 3.143, Mujeres M = 3.071 Sensibilidad a la repulsión: Diferencia entre las medias de respuesta para la sub-escala "personal" de la repulsión y para la sub-escala "personal ajena" en cuanto a la ideología política. Existe relación solo entre la sub-escala "personal" y la ideología política. Escala de la Empatía: débil relación positiva entre la sub-escala del "malestar personal" y la ideología política conservadora. Ideología Política y Sensibilidad a la Repulsión: Los resultados obtenidos confirman nuestra hipótesis. Ideología Política y Empatía: El efecto obtenido con la sub-escala "malestar personal" puede ser explicado a través de la propia ideología política (evasión de incertidumbre) ; Theory of motivated social cognition: people adopt an ideological system in effort to satisfy various needs of cognitive and social type. Scientific literature: Political ideology: cognitive differences between liberals and conservatives (Jost et Al., 2003) Disgust sensitivity (Inbar, Bloom e Pizarro, 2009) Empathy (Shih et Al., 2009; Galinsky et Al., 2008) Is there a relationship between these variables? Hypothesis: The Conservatives are more sensitive to disgust and show a decreased ability empathic. Sample: 43 participants. Instrument: paper questionnaire. 1. Scale to detect sensitivity to disgust: A . Personal disgust: "Taste a grasshopper grill" B . Own Disgust about a people's event: "Someone told you that another person eat a grasshopper grill" C. people's disgust: "How much would a person disgusted in sampling a grasshopper grill?" 2. Empathy scale: Fantasy: "I Daydream and I fantastic with some regularity, about things that could happen to me". Empathic consideration: "When I see someone being taken advantage of, I feel protective feelings toward him". Perspective taking: "I think there are two different perspectives for each question and I try to understand both". Personal distress: " I'm afraid in front of strong emotional tension situations". 3. Scala Politics Ideology. Regression analysis: Empathy Scale independent variable, dependent variable Politics Ideology. "Fantasy": β = -.261, p = .146, "Empathic consideration": β = .012, p = .942, "Perspective taking": β = .018, p = .912, "Personal discomfort": β = .332, p = .069. Gender differences: comparison of averages. Effects subscale empathy "Fantasy". F (1,38) = 3.695, p = .062 Liberals: Males M = 3.131, Females M = 3.821; Conservative: Males M = 3.143, Females M = 3.071 Disgust sensitivity : Difference between the average answers for the "own subscale " and disgust and for the subscale "other people" about the political ideology. There is a relationship only between the "own subscale" and political ideology. Scale of Empathy: weak positive relationship between the "own subscale" of distress and the conservative political ideology.
The authors analyse the phenomenon of bullying administering a questionnaire in the year 2007. The questionnaire, which was strictly anonymous was given to 350 students from seven primary and middle schools in the city and province of Catania.The replies given by students from the primary schools were compared with those of students in the first years of middle,and subsequently compared with the findings of studies conducted on nationally and internationally. The study was designed to ascertain the frequency and type of abusive behaviour, where these acts took place, differences regarding bullies' gender and age and their motivations as well as the attitude of students towards them. Also investigated were the propensity of students to talk to others about the violence they observed and the ability to devise strategies to resolve conflicts among peers. The results obtained showed, in particular, that the rate of bullying experienced was much higher (68% primary school, 56% middle school) than the figures previously found in Italy. Another finding was the widespread feeling of distrust, 30% of those interviewed, as regards the usefulness of reporting to others the episodes of violence witnessed. Other patterns of behaviour found were of particular interest as regards future action. The majority of students from both primary and middle schools were inclined to resolve conflicts at school by confrontation of victims and their bullies and by understanding their reasons, whilst only one student in seven (about 15%) favoured clearly punitive action. This finding is consistent with the new approaches regarding restorative justice and mediation in penal matter which are appearing in criminal justice policies in many countries. However, at the same time they contrast sharply with commonly held views and with the purely punitive lines of thinking which too often characterise criminal and school policies against bullying. The place in which acts of bullying were most commonly found were school playgrounds, classrooms, corridors and toilets.This confirms school to be the place where the majority of bullying occurs and that by taking action on site a substantial drop in bullying can be achieved, as has been demonstrated by many school programmes undertaken in Italy and particularly abroad. ; Gli Autori analizzano il fenomeno del bullismo somministrando nel corso del 2007 un questionario, rigorosamente anonimo, a 350 studenti appartenenti alle classi elementari e medie di 7 istituti scolastici di Catania e provincia, mettendo in relazione le risposte ottenute dagli studenti delle scuole elementari con quelle degli studenti delle scuole medie inferiori, e confrontandole con i risultati di molte ricerche svolte in campo nazionale ed internazionale. La ricerca si propone di rilevare le frequenze e le tipologie dei comportamenti prevaricanti, i luoghi in cui si verificano, le differenze di genere, di età e di motivazione dei bulli, gli atteggiamenti degli studenti nei confronti di quest'ultimi, la propensione degli studenti a parlare con altri delle violenze osservate, nonché la capacità di elaborare strategie di risoluzione dei conflitti tra pari. Dai dati emerge, in particolare, che le frequenze degli atti di bullismo subìti sono molto più alte (68% elementari, 56% medie) di quelle precedentemente rilevate in Italia. Si evidenzia, inoltre, un diffuso atteggiamento di sfiducia, pari ad un 30% degli intervistati,sull'utilità di riferire ad altri le esperienze di violenza di cui si è testimoni. Sono state, inoltre, rilevate tendenze molto interessanti in un'ottica di futuro intervento. La maggior parte degli studenti delle scuole elementari e medie è propensa a risolvere i conflitti scolastici attraverso il confronto tra bullo e vittima e la comprensione delle loro ragioni, mentre solo uno studente su sette (15% circa) è favorevole ad interventi espressamente punitivi. Questo dato è in linea con i nuovi orientamenti di giustizia riparativa e di mediazione penale che affiorano nelle politiche di giustizia criminale di molti paesi, anche se nel contempo si discosta nettamente dal sentire comune e dalle idee esclusivamente punitive che troppo spesso incarnano il volto delle politiche criminali e scolastiche contro il bullismo. Si è rilevato, infine, che i luoghi privilegiati dai bulli per mettere in atto comportamenti violenti sono gli spazi di ricreazione, le aule scolastiche, i corridoi e i bagni. Questo dato conferma che la scuola è il luogo in cui più facilmente si manifesta con maggiore frequenza il bullismo e che intervenendo in tale contesto si può ridurre sensibilmente tale fenomeno, come hanno dimostrato molti programmi scolastici in Italia e soprattutto all'Estero.
The impact of AI, and in particular of deep learning, on the industry has been so disrupting that it gave rise to a new wave of research and applications that goes under the name of Industry 4.0. This expression refers to the application of AI and cognitive computing to leverage an effective data exchange and processing in manufacturing technologies, services and transports, laying the foundation of what is commonly known as the fourth industrial revolution. As a consequence, today's developing trend is increasingly focusing on AI based data-driven approaches, mainly because leveraging user's data (such as location, action patterns, social information, etc.) can make applications able to adapt to them, enhancing the user experience. To this aim, tools like automatic image tagging (e.g. those based on face recognition), voice control, personalised advertising, etc. process enormous amounts of data (often remotely due to the huge computational effort required) too often rich in sensitive information. Artificial intelligence has thus been proving to be so effective that today it is increasingly been using also in critical domains such as facial recognition, biometric verification (e.g. fingerprints), autonomous driving etc. Although this opens unprecedented scenarios, it is important to note that its misuse (malicious or not) can lead to unintended consequences, such as unethical or unfair use (e.g. discriminating on the basis of ethnicity or gender), or used to harm people's privacy. Indeed, if on one hand, the industry is pushing toward a massive use of artificial intelligence enhanced solution, on the other it is not adequately supporting researches in end-to-end understating of capabilities and vulnerabilities of such systems. The results may be very (negatively) mediatic, especially when regarding borderline domains such those related to subjects privacy or to ethical and fairness, like users profiling, fake news generation, reliability of autonomous driving systems, etc. We strongly believe that, since being just a (very powerful) tool, AI is not to blame for its misuse. Nonetheless, we claim that in order to develop a more ethical, fair and secure use of artificial intelligence, all the involved actors (in primis users, developers and legislators) must have a very clear idea about some critical questions, such as "what is AI?", "what are the ethical implications of its improper usage?", "what are its capabilities and limits?", "is it safe to use AI in critical domains?", and so on. Moreover, since AI is very likely to be an important part of our everyday life in the very next future, it is crucial to build trustworthy AI systems. Therefore, the aim of this thesis is to make a first step towards the crucial need for raising awareness about reproducibility, security and fairness threats associated with AI systems, from a technical perspective as well as from the governance and from the ethical point of view. Among the several issues that should be faced, in this work we try to address three central points: understanding what "intelligence" means and implies within the context of artificial intelligence; analyse the limitations and the weaknesses that might affect an AI-based system, independently from the particular adopted technology or technical solutions; assessing the system behaviours in the case of successful attacks and/or in the presence of degraded environmental conditions. To this aim, the thesis is divided into three main parts: in the first part we introduce the concept of AI, focusing on Deep Learning and on some of its more crucial issues, before moving to ethical implications associated with the notion of "intelligence"; in the second part we focus on the perils associated with the reproducibility of results in deep learning, also showing how proper network design can be used to limit their effects; finally, in the third part we address the implications that an AI misuse can cause in a critical domain such as biometrics, proposing some attacks duly designed for the scope. The cornerstone of the whole thesis are adversarial perturbations, a term referring to the set of techniques intended to deceive AI systems by injecting a small perturbation (noise, often totally imperceptible to a human being) into the data. The key idea is that, although adversarial perturbations are a considerable concern to domain experts, on the other hand, they fuel new possibilities to both favours a fair use of artificial intelligence systems and to better understand the "reasoning" they follow in order to reach the solution of a given problem. Results are presented for applications related to critical domains such as medical imaging, facial recognition and biometric verification. However, the concepts and the methodologies introduced in this thesis are intended to be general enough to be applied to different real-life applications.
The Quaderno presents the results of a research project based on a policy-Delphi survey carried out in Italy in 2003, whose aim was to design population and society scenarios up to 2030. The study is part of a Europe-wide research project - coordinated by IRPPS and funded by EU Commission - conducted in 15 European countries, namely: Austria, Belgium, Cyprus, Finland, Germany, Hungary, Italy, Netherlands, Poland, Czech and Slovak Republic, Rumania, Slovenia, Estonia, Lithuania, Switzerland. An additional policy-Delphi was conducted at level of European international organisations. In carrying out the national studies all the countries followed the methodology developed by IRPPS that is an innovative multi-method approach which integrates Delphi, Appreciative Inquiry and SWOT Analysis. The method is described in a specific chapter of this volume, while the questionnaire is presented in Annex 1. Scenarios were designed following the inputs, comments and suggestions provided by a panel of the 15 experts. Experts - who were neither academics nor demographers- were all persons who may well influence the policy strategies of the country because of their professional or institutional role. Three main issues were dealt with in terms of policy developments: the elderly, family and fertility and 91 gender roles. All the issues are strictly interrelated and they animate the Italian scientific, political and social debate. At the end of the four rounds of the Delphi survey we obtained two scenarios. The first one, called "The elderly as a challenge for a better society" was rated highly desirable and highly feasible by the panellists and it is focused on the growth of the elderly population. The positive approach to the future is highlighted by the fact that the core of the demographic issue concerning ageing is no longer its economic sustainability, but rather the fact of positively considering the increased longevity and introducing policies to foster the birth of a population in which the various generations collaborate and benefit from an useful exchange. The second scenario called "Work and Solidarity: the focus of the policy action for a better future", is highly desirable but only possibly feasible according to panellists. All the policy objectives aim at combat discriminations, eliminate poverty and support the participation into labour market of the weakest population groups: elderly, women and parents ; Il Quaderno presenta i risultati di un'indagine di tipo Delfi condotta in Italia nel 2003 che aveva obiettivo di disegnare scenari al 2030 in termini di grandi priorit? politiche e di azioni concrete destinate a realizzarle. Lo studio fa parte di un progetto pi? ampio, coordinato dall'IRPPS e finanziato dalla Commissione Europea, a cui hanno partecipato 15 paesi europei: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Germania, Italia, Lituania, Olanda, Polonia, Romania, Repubblica Slovacca, Slovenia, Svizzera, Ungheria. Inoltre, lo stesso studio si ? svolto a livello di istituzioni europee. In tutti questi paesi si ? svolta l'indagine Delfi seguendo la metodologia da noi proposta che consiste in un approccio innovativo che integra la tecnica Delfi, l'Appreciative inquiry e la SWOT analysis. La metodologia seguita ? descritta in modo approfondito in un apposito capitolo di questo volume, mentre il questionario, molto articolato e complesso, viene presentato in un'apposita appendice. Gli scenari sono stati ottenuti sfruttando l'esperienza e la professionalit? di un panel di 15 esperti di vari settori. Al panel non hanno partecipato n? demografi n? accademici in senso stretto, ma persone che per il loro ruolo istituzionale o professionale potevano influenzare le strategie politiche del paese. I tre temi sui quali si ? sviluppata la nostra indagine sono: gli anziani, famiglia e fecondit?, e ruoli di genere, temi strettamente connessi tra di loro e vivi nel dibattito scientifico, ma anche politico e sociale. A conclusione dei quattro round di indagine abbiamo ottenuto due scenari al 2030. Il primo scenario chiamato "Gli anziani come sfida per una societ? migliore" ? considerato "Molto desiderabile " e "Molto fattibile" dai nostri intervistati e vede al suo centro il tema della crescita della popolazione anziana. L'approccio positivo verso il futuro ha fatto s? che il nodo della questione demografica dell'invecchiamento non sia pi? nella sua sostenibilit? economica, ma nell'aver preso atto in modo positivo dell'aumentata longevit? ed aver realizzato politiche per favorire la nascita di una popolazione in cui le diverse generazioni collaborano e beneficiano di uno scambio proficuo. Il secondo scenario chiamato "Lavoro e solidariet? al centro dell'azione politica per un futuro migliore" ? anch'esso "Molto desiderabile", ma "Poco fattibile" secondo i nostri partecipanti al panel. Tutti gli obiettivi prioritari che caratterizzano questo scenario si indirizzano ad abbattere le discriminazioni, eliminare la povert? e favorire la partecipazione al mercato del lavoro delle fasce della popolazione pi? deboli: gli anziani, le donne, i genitori
This study concerns the representation of space in Caribbean literature, both francophone and Anglophone and, in particular, but not only, in the martinican literature, in the works of the authors born in the island. The analysis focus on the second half of the last century, a period in which the martinican production of novels and romances increased considerably, and where the representation and the rule of space had a relevant place. So, the thesis explores the literary modalities of this representation. The work is constituted of 5 chapters and the critical and methodological approaches are both of an analytical and comparative type. The first chapter "The caribbean space: geography, history and society" presents the geographic context, through an analysis of the historical and political major events occurred in the Caribbean archipelago, in particular of the French Antilles, from the first colonization until the départementalisation. The first paragraph "The colonized space: historical-political excursus" the explores the history of the European colonization that marked forever the theatre of the relationship between Europe, Africa and the New World. This social situation take a long and complex process of "Re-appropriation and renegotiation of the space", (second paragraph) always the space of the Other, that interest both the Antillean society and the writers' universe. So, a series of questions take place in the third paragraph "Landscape and identity": what is the function of space in the process of identity construction? What are the literary forms and representations of space in the Caribbean context? Could the writing be a tool of cultural identity definition, both individual and collective? The second chapter "The literary representation of the Antillean space" is a methodological analysis of the notions of literary space and descriptive gender. The first paragraph "The literary space of and in the novel" is an excursus of the theory of such critics like Blanchot, Bachelard, Genette and Greimas, and in particular the recent innovation of the 20th century; the second one "Space of the Antilles, space of the writing" is an attempt to apply this theory to the Antillean literary space. Finally the last paragraph "Signs on the page: the symbolic places of the antillean novel landscape" presents an inventory of the most recurrent antillean places (mornes, ravines, traces, cachots, En-ville,…), symbols of the history and the past, described in literary works, but according to new modalities of representation. The third chapter, the core of the thesis, "Re-drawing the map of the French Antilles" focused the study of space representation on francophone literature, in particular on a selected works of four martinican writers, like Roland Brival, Édouard Glissant, Patrick Chamoiseau and Raphaël Confiant. Through this section, a spatial evolution comes out step by step, from the first to the second paragraph, whose titles are linked together "The novel space evolution: from the forest of the morne… to the jungle of the ville". The virgin and uncontaminated space of the Antilles, prior to the colonisation, where the Indios lived in harmony with the nature, find a representation in both works of Brival (Le sang du roucou, Le dernier des Aloukous) and of Glissant (Le Quatrième siècle, Ormerod). The arrival of the European colonizer brings a violent and sudden metamorphosis of the originary space and landscape, together with the traditions and culture of the Caraïbes population. These radical changes are visible in the works of Chamoiseau (Chronique des sept misères, Texaco, L'esclave vieil homme et le molosse, Livret des villes du deuxième monde, Un dimanche au cachot) and Confiant (Le Nègre et l'Amiral, Eau de Café, Ravines du devant-jour, Nègre marron) that explore the urban space of the creole En-ville. The fourth chapter represents the "2nd step: the Anglophone novel space" in the exploration of literary representation of space, through an analytical study of the works of three Anglophone writers, the 19th century Lafcadio Hearn (A Midsummer Trip To the West Indies, Two Years in the French West Indies, Youma) and the contemporary authors Derek Walcott (Omeros, Map of the New World, What the Twilight says) and Edward Kamau Brathwaite (The Arrivants: A New World Trilogy). The Anglophone voice of the Caribbean archipelago brings a very interesting contribution to the critical idea of a spatial evolution in the literary representation of space, started with francophone production: "The spatial evolution goes on: from the Martiniques Sketches of Hearn… to the modern bards of Caribbean archipelago" is the new linked title of the two paragraphs. The fifth chapter "Extended look, space shared: the Caribbean archipelago" is a comparative analysis of the results achieved in the prior sections, through a dialogue between all the texts in the first paragraph "Francophone and Anglophone representation of space compared: differences and analogies". The last paragraph instead is an attempt of re-negotiate the conventional notions of space and place, from a geographical and physical meaning, to the new concept of "commonplace", not synonym of prejudice, but "common place" of sharing and dialogue. The question sets in the last paragraph "The "commonplaces" of the physical and mental map of the Caribbean archipelago: toward a non-place?" contains the critical idea of the entire thesis.
La ricostruzione dello "stato dell'arte" circa gli studi sulla partecipazione femminile alla violenza politica e al terrorismo – studi realizzati negli ultimi quindici anni e nell'ambito dei cosiddetti Terrorism Studies – ha consentito di riscontrare l'improduttività degli approcci globali e/o comparativi al fenomeno e di constatare che la agency e l'autonomia decisionale delle donne può emergere soltanto procedendo "caso per caso", tenendo presente le caratteristiche e le dinamiche del gruppo preso in esame, nonché la cultura e l'ideologia di riferimento, dal momento che queste ultime esercitano una notevole influenza sia sulle modalità e le strategie retoriche di reclutamento impiegate sia sullo spazio (d'azione e di decisione) che le donne avranno modo di conquistare all'interno dell'organizzazione. È proprio alla luce di queste osservazioni che la presente ricerca si è concentrata sul fenomeno specifico della militanza femminile nell'estrema sinistra italiana e ha individuato come caso di studio – in quanto organizzazione più longeva e con il maggior numero di militanti donne – le Brigate Rosse. L'ipotesi orientativa che ha dato avvio alla ricerca è che esista una «specificità delle donne» (Della Porta 1988) nella partecipazione ad organizzazioni politiche clandestine che richiedono un livello di militanza totalizzante e il fine ultimo è stato quello di esplorare le implicazioni derivanti dall'essere donna e «rivoluzionario di professione»; comprendere in che misura e in che modo questa scelta abbia condizionato il processo di soggettivazione, l'identità e, in generale, la vita di queste donne non soltanto nel corso della militanza, ma anche a conclusione di un'esperienza sicuramente difficile da "assimilare" come parte integrante della propria esistenza. La ricerca si è configurata come ricerca qualitativa, dal momento che ha indagato soprattutto i vissuti, i racconti, le riflessioni e le biografie delle ex militanti di estrema sinistra. È stato, di conseguenza, scelto l'approccio biografico il quale, pur avendo «come base di avvio il vissuto personale» (Cipriani 1995, p. 335) persegue un obiettivo finale che resta sempre «di carattere prettamente sociologico, cioè relativo ad una conoscenza dell'individuo essenzialmente come soggetto sociale» (Cipriani 1995, p.335). Lo studio si è collocato all'interno della prospettiva gender sensitive che si caratterizza per la «specifica attenzione al genere prima, durante e dopo la raccolta e l'analisi di informazioni e dati» (Decataldo, Ruspini 2014, p. 25) e rifiuta di guardare alle donne «in modo indiretto, ossia come completamento dei fenomeni studiati "al maschile"» (Decataldo, Ruspini 2014, p.31). Inoltre, concentrandosi sul processo di soggettivazione di donne che hanno vissuto in prima persona l'esperienza della militanza all'interno delle Brigate Rosse – ha privilegiato un livello di analisi "micro". Sono stati, tuttavia, presi in considerazione anche gli altri due livelli dell'analisi sociologica: il livello "macro", quindi il contesto storico e l'ambiente socio-culturale nel quale si è concretizzata la socializzazione politica delle nostre protagoniste e l'organizzazione ha operato, nonché le precondizioni per lo sviluppo della violenza politica; il livello "meso", quindi le caratteristiche strutturali dell'organizzazione politica clandestina, le dinamiche interne ad essa e le interazioni fra militanti. Il processo di soggettivazione è stato concepito come processo in azione nel duplice senso di processo in continuo divenire – che pertanto non può essere circoscritto al solo periodo di militanza e/o clandestinità – e di processo che si espleta sul piano della pratica dell'azione e della autodeterminazione. La ricerca, pertanto, ha esplorato sia le fasi precedenti sia quelle successive all'esperienza rivoluzionaria. A tal fine, si è avvalsa di interviste in profondità – realizzate con la tecnica delle storie di vita – con donne ex militanti delle Brigate Rosse e dei cosiddetti "Nuclei Clandestini di Resistenza". Altrettanto importanti sono stati: i colloqui informali con una quinta donna anche lei ex militante delle Br; le testimonianze raccolte durante gli anni Ottanta e Novanta da studiosi che si sono occupati del terrorismo italiano di sinistra degli anni Settanta (Quazza 1988; Novelli-Tranfaglia 1988; Guicciardi 1988; Jamieson 1989; Zavoli 1992; De Cataldo -Valentini 1996); le fonti provenienti dall'archivio documentario (denominato DOTE) attualmente conservato 2 presso l'Istituto Parri di Bologna; il documentario Do you remember revolution" (Bianconi 1997); alcune lettere scritte da una ex militante durante il suo periodo di detenzione nel carcere di Rebibbia (1998); le numerose biografie scritte da ex militanti (uomini e donne) dell'estrema sinistra italiana. Il materiale biografico raccolto è stato sottoposto a un'analisi ermeneutica integrata con un'analisi comprensiva (Kaufmann 1996; Bertaux 1998) e, focalizzando l'attenzione sui frammenti pertinenti e significativi all'interno di ciascun racconto, sono stati individuati i nuclei tematici affrontati più di frequente e sviluppati più approfonditamente dalle ex brigatiste. A partire da questi ultimi, sono state delineate otto dimensioni d'analisi che hanno rappresentato le coordinate delle interpretazioni e delle osservazioni finali e che sono state presentate immaginando di tracciare, attraverso esse, il percorso di soggettivazione delle ex rivoluzionarie. Tale percorso è iniziato con la percezione di una «situazione esplosiva» (Faranda, documentario Bianconi 1997) in cui «non si parlava altro che di rivoluzione» (Balzerani, documentario Bianconi 1997) e «c'era una domanda di potere e di trasformazione» (Intervista a G.) tale da rendere inevitabile l'emergere di un «dibattito sull'uso della lotta armata» (Balzerani, documentario Bianconi 1997) e sulla necessità della violenza politica. Attraverso la seconda dimensione d'analisi si è cercato di far luce sulle «riflessioni personali e collettive» (Russo, archivio DOTE, p.15) che hanno indotto queste donne a compiere la scelta di entrare a far parte delle Brigate Rosse e le implicazioni derivanti da una vita vissuta in clandestinità. Con la terza dimensione d'analisi è stata esplorata la vita quotidiana dell'organizzazione, descritta dalle ex brigatiste come un «partito armato» (Intervista a C.) in cui «c'era una disciplina necessaria» (Intervista a G.) e «le donne sparavano come gli uomini» (Balzerani, documentario Bianconi 1997). L'analisi del significato attribuito dalle ex brigatiste all'omicidio politico ha consentito di fare chiarezza sul loro rapporto con le armi – la cui presenza nella vita quotidiana assolveva principalmente a una funzione difensiva – e sul «rapporto di assoluta astrazione con la morte» (Russo, archivio DOTE, p.62 ). La quinta dimensione d'analisi ha fatto emergere la difficile, se non addirittura impossibile, conciliazione tra la scelta della rivoluzione e quella della maternità, considerando sia le testimonianze di coloro che hanno vissuto «la scelta di avere figli come scelta di vita» (Russo, archivio DOTE, p.56) sia le testimonianze di ex brigatiste che, pur vivendola come «un peso, un'amputazione» (Intervista a G.), hanno compiuto la scelta di non avere figli né durante la militanza né dopo semplicemente perché «se tu fai la guerriglia non fai figli!» (Intervista a G.). La sesta dimensione d'analisi ha fatto luce sulla conclusione dell'esperienza della militanza e sul periodo di detenzione, indagando sul rapporto delle nostre ex brigatiste con questa istituzione totale di cui «rimane il segno profondo […] che comunque ti connota in maniera molto precisa rispetto agli altri» lasciandoti «una quota di emarginazione che uno continuerà comunque a portarsi dietro» (Balzerani, documentario Bianconi 1997). Attraverso la settima dimensione, l'analisi si è soffermata sul modo in cui le ex militanti hanno affrontato il ritorno in società, costruito (o ricostruito) amicizie, legami familiari e sentimentali e ha fatto emergere le difficoltà derivanti dalla «sfida di tenere almeno un filo che leghi l'esperienza passata a questo presente» (Ronconi, documentario Bianconi 1997). Infine, l'ottava dimensione d'analisi ha fatto emergere l'importanza del racconto della propria storia, evidenziando come la narrazione di sé, anche rispetto alla vicenda della lotta armata, si sia rivelata uno strumento fondamentale nel percorso di recupero della propria soggettività e della propria identità femminile che, nel caso delle nostre protagoniste, si è struttura ed espressa tanto nella dimensione politica della militanza e della sovversione quanto nella dimensione della crisi vissuta in seguito alla sconfitta subita e alla perdita drastica di riferimenti politici, ideologici e sociali.
Il lavoro, nelle sue diverse forme, articolazioni e valenze simboliche, ha contrassegnato la storia dell'umanità. Attraverso la sua evoluzione esso è divenuto, soprattutto in tempi recenti, uno dei fattori essenziali e costitutivi dell'identità vissuto come strumento di trasformazione dell'ambiente fisico e sociale circostante e ancora, come diritto e dovere allo stesso tempo (Sciolla, 2007). La divisione di genere del lavoro appare un prodotto storico, seppure variabile a seconda dei contesti culturali e delle differenti appartenenze geografiche. Nelle società pre-industriali, mentre il potere risultava rigidamente patriarcale, la diversa attribuzione dei ruoli di uomini e donne in merito all'attività lavorativa appariva piuttosto fluida: la produzione era organizzata su base familiare, casa e luogo di lavoro spesso coincidevano e tutti coloro che facevano parte dell'aggregato domestico erano congiuntamente impegnati in attività produttive necessarie al sostentamento della famiglia (Mingione, 1997a; 1997b). L'oneroso sforzo quotidiano provato dalle donne nell'assemblare responsabilità familiari e professionali, strettamente legato alla natura conflittuale propria del "sistema famiglia-lavoro" e caratterizzato da una netta separazione tra sfera produttiva e riproduttiva, da' origine al concetto di "doppia presenza" (Balbo, 1978). I tentativi governativi di mitigare gli effetti della "doppia presenza" femminile, determinano le variazioni socio-politiche e culturali sul cosiddetto welfare regime di un Pease. Il welfare state o "stato del benessere" è il termine con cui indichiamo un sistema politico, economico e sociale in cui lo Stato assume come propria prerogativa e responsabilità la promozione della sicurezza e del benessere sociale ed economico dei cittadini. Più precisamente "welfare states vary widely in the ways in which they support parents in their efforts to balance employment and caregiving responsabilities; they also vary in the extent to which they encourage gender-egalitarian divisions of labor in employment and at home" (Gornick, Meyer, 2004, pag. 63). La comparsa della tematica della conciliazione nell'arena pubblico-politica risale agli anni '60-70, quando, con una forte connotazione di genere, tale concetto veniva ad indicare il non semplice tentativo delle donne con un lavoro salariato di far fronte agli impegni familiari, di cui erano completamente responsabili, senza essere esposte professionalmente a discriminazioni – ossia il non semplice tentativo di trovare un giusto equilibrio fra i diversi ruoli di madre, moglie e lavoratrice – (Cafalà, 2003). Nella nostra società le biografie femminili si sono molto diversificate e individualizzate affermando nuove soggettività (Biancheri 2010a), ma il perdurare di stereotipi ostacolano il raggiungimento dell'equità tra i generi per cui il lungo viaggio verso la parità sta diventando un labirinto dove la "rivoluzione silenziosa", iniziata con l'apertura all'istruzione e il successo scolastico, si è trasformata in una "rivoluzione incompiuta" per la mancata democratizzazione della sfera lavorativa e il perdurare delle discriminazioni nell'accesso ai luoghi decisionali . Nella nostra ricerca sono centrali le biografie femminili che sono caratterizzate dalla partecipazione alla sfera produttiva e le pratiche individuali e organizzative di equilibrio tra vita professionale e vita familiare, con un'attenzione particolare ai fattori condizionanti la presenza delle donne nel mercato del lavoro. Proprio su questa molteplicità di fattori si concentrerà la nostra attenzione, con l'intento di decostruire quelle pratiche discorsive e quegli stereotipi di genere, ancora oggi vigenti e diffusi nei vari ambiti della vita collettiva e sociale, tra i quali indubbiamente rientrano gli stessi contesti organizzativi del lavoro. Si tratta di pratiche discorsive che, veicolate e cristallizzate nelle politiche pubbliche e istituzionali e nelle prassi quotidiane, incidono sulla costruzione sociale della realtà, dando vita ad un processo di reciproco condizionamento che concorre alla riproduzione della scissione dell'immagine femminile fra le due sfere, operata attraverso la definizione dei ruoli. Il questionario, strumento di rilevazione precodificato, è stato somministrato all'interno delle quattro diverse realtà organizzative considerate, con l'intento di raggiungere un consistente numero di soggetti. La distribuzione dei questionari per l'autocompilazione è stata effettuata in collaborazione con le organizzazioni in oggetto. Il questionario è costituito da 40 quesiti (si veda l'allegato 1 in appendice metodologica) (compresi quelli relativi ai dati socio-anagrafici), di cui solo 4 sono stati appositamente lasciati aperti, in modo da consentire al soggetto di esprimersi liberamente senza alcun vincolo. Si tratta più precisamente di interrogativi concernenti l'indicazione del principale ostacolo incontrato nella conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, dei cambiamenti che il soggetto apporterebbe alla propria condizione di vita attuale, la precisazione delle modalità con cui ha trovato risoluzione l'eventuale incompatibilità fra l'orario di lavoro e quello dei servizi e delle modalità in cui viene trascorso il proprio tempo libero. Il questionario è stato somministrato in quattro diverse organizzazioni internazionali del territorio europeo (che verranno descritte in maniera più approfondita nelle pagine a seguire), identificabili sinteticamente in: una multinazionale di servizi per le imprese; un'organizzazione operante nel settore della proprietà intellettuale; un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite; ua multinazionale afferente al settore alimentare: Complessivamente il campione è costituito da 149 soggetti che entrano in un disegno strategico di ricerca secondo altri percorsi (esemplificativo, informativo, indeterminato)" (Cipolla, 1988, pag. 193). - il 6,7% (corrispondenti a 10 soggetti) appartiene all'organizzazione di servizi per le imprese; - il 17,4% (26 soggetti) fa parte dell'azienda operante nel settore della proprieta' intellettuale; - il 32,2% (48 soggetti) opera presso l'agenzia specializzata delle Nazioni Unite; - il 43,6% (65 soggetti) lavora nell'organizzazione efferente al settore alimentare. L'elaborazione dei dati è stata realizzata con diversi strumenti in coerenza con le tecniche di raccolta dei dati utilizzate. Per quanto concerne il questionario, i dati sono stati caricati mediante il noto pacchetto informatico SPSS (Statistical Package for Social Sciences). Successivamente a questa fase di codifica e caricamento si è dunque proceduto alla realizzazione di analisi statistiche di tipo descrittivo, quali la distribuzione di frequenza relativa alle opinioni espresse dal campione, nonché la definizione di alcuni possibili incroci. Se, recuperando le parole di Bombelli (2004, pag. 92), "ogni tanto arrivano managers di rottura, che capiscono che il "si è sempre fatto così" sia la tomba dell'innovazione e provano a guardare all'organizzazione con occhi nuovi, scoprendo se e quanto i modi di operare siano aggiornati e le nostre realtà organizzative da questo punto di vista possano essere iscritte nell'elenco delle aziende che attuano buone prassi, quello che ci preme ora effettuare è una lettura delle informazioni raccolte in un'ottica di "cittadinanza di genere" (Gherardi, 1998). Per farlo intendiamo richiamare alcuni concetti chiave, primo fra tutti il concetto di tempo. Anche nelle nostre realtà, dove pure troviamo una disponibilità (più o meno accentuata) verso le esigenze dei lavoratori, come dimostrano le misure e politiche di work-life balance avviate, permane una generica cultura del presenzialismo motivata dal doversi rapportare in modo continuativo ad ambienti esterni (trattandosi di organizzazioni che offrono servizi, seppure in forme e modalità differenti). "Il tempo è ancora il 'contenitore' su cui misurano le prestazioni" (Bombelli, 2004, pag. 116), rimarcando la sua non neutralità rispetto al genere. La finalità generale che ha sostenuto il presente progetto di ricerca era quella di fornire un contributo in merito al rapporto, complesso e multiforme, fra la popolazione femminile ed il mercato del lavoro, con una particolare attenzione al problema della quotidiana ricerca del giusto equilibrio fra vita professionale e vita privata. Una esigenza che in una fase di rapidi e profondi cambiamenti, quale è quella attuale, assume una natura sempre più ossessiva e pressante, coinvolgendo principalmente le donne, da sempre considerate principali depositarie delle responsabilità familiari. Al centro della nostra analisi si è pertanto posto il tema della conciliazione e a partire da questo si è cercato di comprendere l'odierna soggettività femminile, con particolare riguardo ai valori e alle percezioni costruite in merito a quello che Saraceno ha emblematicamente definito come "arduo incontro fra donne e mercato". Un arduo incontro, appunto, tardivo nella sua concreta attuazione e da sempre contraddistinto da coni d'ombra, gettati ora dal pregiudizio della presunta inferiorità femminile rispetto al genere maschile per motivazioni intrinsecamente biologiche, ora dall'idea di una sua debolezza e marginalità economica derivante dal paradigma della differenza, che trova elemento costitutivo nella funzione materna (Bernardi, 1999). Un incontro, tuttavia, non sempre perfettamente riuscito, laddove anche nella società odierna non mancano esperienze, più o meno marcate, di segregazione o discriminazione di genere.
Le Forze Armate dei Paesi membri dell'Alleanza atlantica annoverano tra i loro ranghi, sebbene sovente con limitazioni di specialità o di categoria, personale femminile la cui integrazione, in un ambito lavorativo storicamente dominato da cultura e dinamiche mono-genere, è oggetto di questo studio. Dopo oltre un decennio dall'apertura all'arruolamento femminile da parte delle ultime Forze Armate che erano ancora caratterizzate dalla presenza esclusivamente maschile, si ritiene che le fasi della resistenza al cambiamento e della conseguente conflittualità tra generi siano oramai superate e si debba rivolgere l'attenzione verso i fattori che possono ostacolare od agevolare un'equilibrata integrazione di genere. Si è inteso dunque analizzare le politiche di genere che, poste in essere dalla NATO come Organizzazione sovranazionale, si riverberano su quelle attuate dalla NATO come alleanza di nazioni sovrane che, seppur indipendenti nella scelta della tipologia di Forze Armate da perseguire, devono adeguarsi ai requirement internazionali. Questa scelta è però condizionata dalle esigenze operative conseguenti dagli impegni assunti dall'Alleanza che, nel corso della propria storia ultra sessantennale, si è trasformata da mero strumento di difesa militare comune ad attore che affronta la globalità delle tematiche inerenti la sicurezza sul proscenio internazionale. Difatti, la fondazione della NATO prese le mosse dalla necessità dei Paesi europei di bilanciare lo strapotere numerico delle Forze Armate sovietiche che incutevano la paura di un'incombente invasione dei territori occidentali. Tale minaccia poteva essere scongiurata solo facendo ricorso ad un patto di mutuo soccorso con l'altra superpotenza all'epoca presente sullo scacchiere geostrategico mondiale – gli Stati Uniti d'America – e creando un'Organizzazione per la difesa comune. Le modalità con cui questo scopo è stato perseguito hanno conosciuto varie fasi di trasformazione, testimoniate dai diversi Concetti Strategici che sono oggetto – nel primo capitolo della ricerca – di un'analisi storico-politica.Il ricorso ad un approccio semantico e filologico nello studio dei prefati documenti, è significativo della multidisciplinarità cui si ispira questa ricerca che spazia dalla geopolitica alla geostrategia, dalla storia alla sociologia, attraverso l'analisi di documenti e la raccolta – di stampo giornalistico – di opinioni e testimonianze. Nel corso dei decenni, le Forze Armate che individuavano nelle armi nucleari e nella costante deterrenza il fattore di equilibrio per evitare che la Terza Guerra Mondiale abbandonasse il suo aggettivo di Fredda e fosse combattuta sui campi di battaglia, si trasformarono in strumenti più flessibili capaci di fornire peso alle risposte politico-diplomatiche per la risoluzione delle crisi. Questa nuova e necessaria flessibilità operativa ha richiesto anche all'interno degli strumenti militari una dimensione che non fosse esclusivamente votata al combattimento ma anche rivolta ad altre aree di conoscenza professionale che prefiguravano l'impiego di nuove professionalità. In tal senso le donne in uniforme hanno cominciato a ritagliarsi uno spazio sempre crescente nell'ambito delle Organizzazioni militari, affrancandosi dai ruoli esclusivamente di supporto in cui erano state relegate per anni anche perché quegli stessi ruoli cominciavano ad assumere un'importanza fino all'epoca sconosciuta. Questo processo è stato naturalmente reso possibile da differenti concause anche non direttamente afferenti al settore di studio come, ad esempio, l'emancipazione sociale raggiunta dalle donne in alcune nazioni che ha tracciato la strada per consentire l'impiego femminile in svariati contesti lavorativi. Con la fine della contrapposizione dei blocchi Est-Ovest a causa dell'implosione del sistema politico economico sovietico, sembrava essere giunto il momento di scrivere l'epitaffio dell'Alleanza che, come una società disciolta per conseguimento dell'oggetto sociale, non doveva più garantire la sicurezza comune che rappresentava l'essenza della propria esistenza. Il corso della Storia ha però voluto che proprio il termine della Guerra Fredda, ed il conseguente passaggio ad un mondo unipolare dominato dall'egemonia statunitense, delineasse nuovi scenari in cui la NATO si sarebbe rivelata non solo utile ma addirittura indispensabile. Infatti, lo smembramento e la trasformazione degli apparati militari –in quella parte di globo fino allora controllata dall'Unione Sovietica – provocò un aumento dell'instabilità e la moltiplicazione delle possibili minacce. Lo scongelamento delle relazioni internazionali con molti dei Paesi prima gravitanti nell'orbita sovietica, e la contemporanea diminuzione del potere politico della Russia rispetto a quello della disciolta Unione, consentì un interventismo fino allora impedito dal precario equilibrio bipolare. La risposta fornita da altre Organizzazioni Internazionali – quale l'intervento delle Nazioni Unite in Somalia – si rivelò inadeguata e la NATO, unica ad avere uno strumento militare integrato, assunse il ruolo di appaltatore monopolista della sicurezza globale attraverso le Crisis Response Operations che cominciarono con l'intervento in Bosnia Herzegovina. Nell'ambito del secondo capitolo si analizzano quei fattori che hanno concorso a delineare uno scenario favorevole all'integrazione femminile nelle Forze Armate. Nel corso degli anni la complessità delle Operazioni condotte dalla NATO – avvalendosi di solito di un mandato delle Nazioni Unite o appellandosi al principio d'ingerenza umanitaria – è andata crescendo in maniera esponenziale fino a raggiungere il suo picco con l'intervento militare in Afghanistan; grazie alle mutate esigenze operative le donne divenivano un fattore indispensabile per la riuscita delle Operazioni ed il loro ruolo era internazionalmente accreditato dall'adozione della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite 1325. Per la prima volta, infatti, le donne non erano solo oggetto passivo di protezione ma erano chiamate ad assumere un ruolo attivo nei processi di ricostruzione sociale nelle zone di intervento delle Organizzazioni Internazionali.La Risoluzione auspicava un numero crescente di donne coinvolte nelle fasi di ricostruzione – tra queste erano comprese le donne in uniforme che agivano sotto l'egida della NATO – in grado di imprimere un concreto gender mainstreaming alle stesse. Le relazioni per niente idilliache tra ONU e NATO che erano andate avanti per decenni tra la diffidenza reciproca, si rasserenarono per necessità o per virtù fino a far divenire l'Alleanza uno degli Organismi più attivi nell'implementazione del disposto della Risoluzione 1325. Le donne militari traggono dunque vantaggio da un momento storico particolarmente favorevole alla loro integrazione e che discende da fattori contingenti di natura sociale, politica, militare ed economica stratificatisi nel corso degli anni. Lo status quo dell'integrazione, descritto nel terzo capitolo, evidenzia le variegate realtà delle Forze Armate dell'Alleanza che si diversificano a seconda dell'incidenza dei suddetti fattori, fino a delineare quattro tipologie di leadership con riferimento alle politiche di genere. Nel corso della ricerca, specificatamente nel corso del quarto capitolo, si sono altresì individuati quegli aspetti che rappresentano, di contro, un freno al processo integrativo e che sono stati individuati nelle manchevoli politiche necessarie a garantire, in primo luogo, una sufficiente presenza e, in seguito, un ruolo adeguato delle donne nelle Forze Armate. Le politiche di recruitment e retention applicate dalla maggior parte dei Paesi membri sono sovente tese alla pedissequa applicazione della normativa generica e non all'adattamento della stessa alla particolarità della professione militare. Inoltre, proprio ciò che abbiamo indicato con il termine "militarità" si configura come fattore che limita l'attrattiva della professione a causa della prerogativa di totale abnegazione – in termini di mobilità, sacrifici personali e famigliari – richiesta a chi indossa l'uniforme. Tale specificità è stata suffragata dai dati concernenti la presenza di personale civile femminile nei dicasteri della Difesa nazionali e nella stessa NATO.Nonostante i notevoli progressi compiuti dalle Forze Armate nell'inclusione femminile, l'ancora insufficiente percentuale di donne ed il loro impiego secondo politiche che non ne favoriscono la progressione di carriera, impedisce il formarsi di una leadership femminile che possa apportare nuove e differenti dinamiche all'interno degli apparati militari. Le donne militari si ritrovano invece a subire un inevitabile processo di omologazione, con un conseguente principio di mascolinizzazione di genere che non permette il raggiungimento di un'integrazione che, per essere soddisfacente, presuppone cifre professionali e comportamentali proprie e specifiche. La mera presenza femminile ed il replicare senza innovare una professione che è da sempre ad appannaggio maschile, con la conseguenza di ottenere risultati spesso considerati inferiori, non sottendono ad un'integrazione di successo. Tali considerazioni sono state corroborate anche dai risultati dell'indagine sociologica – condotta su un campione di cinquecento militari uomini e donne e di omologhi colleghi civili – dai quali emerge che l'assenza di riferimenti omogenere e la limitata applicazione dei fattori agevolanti non favoriscono il processo di integrazione delle donne in uniforme. La situazione presenta dunque una duplice connotazione: da un lato il processo di integrazione è oramai al suo stadio finale giacché l'accesso alla professione e l'accettazione verso la componente femminile hanno raggiunto valori soddisfacenti, dall'altro vi è la necessità di completare il processo attraverso azioni che si sviluppino lungo quattro direttrici. Impedire la mascolinizzazione di genere, garantire pari dignità d'impiego, costruire una cultura della professione, adottare politiche agevolanti, sono i pilastri per raggiungere un'integrazione piena e completa. Il lungo processo storico che ha portato all'attuale situazione – che rappresenta un'eccezionale congiuntura di fattori favorevoli – potrebbe nei prossimi anni essere sprecato qualora le autorità politiche e militari non dovessero compiere l'ultimo e decisivo passo verso la definizione di un ruolo delle donne in uniforme che sia consono alle professionalità espresse ed ai sacrifici compiuti.
Una corretta nutrizione degli animali d'allevamento permette di ottenere un adeguato livello produttivo e di benessere delle specie allevate, assicurando nel contempo il raggiungimento di ottimali caratteristiche qualitative dei prodotti derivati, in modo da garantire al consumatore alimenti che soddisfino i requisiti richiesti di sicurezza e salubrità e presentino un adeguato valore nutrizionale. In questo contesto, l'applicazione di strategie nutrizionali, inclusa l'aggiunta di additivi, utilizzati per migliorare le caratteristiche nutrizionali dei mangimi, può svolgere un ruolo determinante nella moderna zootecnia e costituisce uno dei temi principali del quadro normativo dell'Unione Europea. Nel presente elaborato sono presentati quattro studi in vivo che valutano gli effetti della dieta sulle performance quanti qualitative di polli da carne e suini; in particolare si sono considerati alcuni interventi quali l'impiego di emulsionanti, di un estratto polpe di oliva ad elevato tenore di polifenoli e di un probiotico nell'intero ciclo produttivo del pollo da carne, mentre per quanto riguarda la specie suina, l'integrazione dell'estratto polpe di oliva ad elevato tenore di polifenoli ha riguardato il periodo compreso tra la fine della gestazione e lo svezzamento dei suinetti, considerati due dei momenti più delicati dell'allevamento di questa specie. La prima prova sperimentale prevedeva l'integrazione di un emulsionante sintetico a 1200 pulcini ROSS 308, equamente suddivisi in maschi e femmine e suddivisi in 4 gruppi costituiti da 12 recinti e 25 animali ciascuno. E' stato utilizzato un disegno sperimentale multifattoriale 2x2 che permette di confrontare il trattamento alimentare (C vs T) e il sesso. L'additivo è stato somministrato in dosi di 1g/kg dal giorno 0 al giorno 12, 0,75g/kg dal giorno 12 al giorno 22 e di 0,5g/kg dal giorno 22 al termine della prova (37 giorni per le femmine e 44 per i maschi). Durante lo svolgimento della prova sono stati valutati i principali parametri produttivi (PV, IMPG, FI e ICA), mentre in fase di macellazione sono stati prelevati campioni di sangue, di tessuto epatico e del contenuto cecale per le successive analisi; è stato inoltre prelevato il petto per la determinazione della resa della carcassa e della qualità della carne. I risultati hanno mostrato che la supplementazione con emulsionante ha aumentato il peso vivo al giorno 12 (P=0.02), l'incremento ponderale nel primo periodo (0-12 giorni; P=0.06) e la resa alla macellazione (P=0.02). Relativamente alla qualità della carne, il gruppo trattato ha mostrato un significativo incremento dell'indice b* (P0.05), la concentrazione di composti fenolici presenti nel fegato rispecchia il livello crescente di integrazione; in aggiunta, è stata osservata una modificazione non significativa dell'espressione dei geni sopra riportati. In conclusione, la somministrazione dell'additivo oggetto della prova ha apportato dei lievi benefici, che tuttavia appaiono interessanti considerando il breve ciclo produttivo dei polli da carne. La terza prova sperimentale ha previsto l'integrazione dell'estratto di polpe di oliva, oggetto della precedente prova, a 18 scrofe pluripare (fase 1), omogenee per età e ordine di parto, suddivise in due gruppi sperimentali di 9 soggetti ciascuno (controllo = C e trattato = T), per un periodo di circa 40 giorni (da circa due settimane prima della data prevista del parto al termine della lattazione). Il gruppo T ha ricevuto una dieta basale (C) addizionata con l'estratto di oliva in quantità di 1,25kg/ton. Al termine della lattazione (25d), tutti i suinetti nati (n=180) sono stati suddivisi in 4 gruppi sperimentali costituiti da 45 soggetti e 9 repliche ciascuno (fase 2), per una durata di 42 giorni. I suinetti appartenenti al gruppo Ctr-Ctr, provenivano da madri C e non hanno ricevuto l'estratto, il gruppo CtrT, proveniva da scrofe controllo, ma ha ricevuto l'additivo; il gruppo T-Ctr nato da madri T non ha ricevuto l'integrazione, infine i soggetti appartenenti al gruppo T-T, nati da scrofe trattate, hanno ricevuto l'estratto di oliva. La fase 2 è stata suddivisa in due periodi (prestarter 0-14d e starter 1542d) e le diete degli animali T sono state integrate con 5,0 e 2,5kg/ton di estratto di oliva, rispettivamente nel primo e nel secondo periodo. Durante la fase 1, sono stati raccolti dati relativi alla condizione corporea e ai parametri riproduttivi delle scrofe, nonché campioni di colostro, per determinare la concentrazione totale di polifenoli e la capacità antiossidante dello stesso. Durante lo svolgimento della fase 2 sono stati invece valutati i principali parametri produttivi dei suinetti (PV, IMPG, FI e ICA). I risultati relativi alla fase 1 non hanno mostrato differenze significative in seguito all'integrazione dell'estratto; tuttavia i parametri produttivi e riproduttivi del gruppo T sono risultati superiori. Per quanto riguarda le analisi del colostro, il potere antiossidante delle scrofe trattate era statisticamente più elevato (P=0.05) rispetto al gruppo C, sebbene la concentrazione di polifenoli totali non ha riportato variazioni significative tra i due gruppi (P>0.05). La fase 2 ha presentato dei risultati più interessanti; il gruppo T-Ctr ha mostrato un maggiore peso vivo al giorno 42 (P=0.03) e un maggior IMPG nel secondo periodo (14-42d) e come media complessiva (0-42d) (P=0.03 e P=0.05, rispettivamente) rispetto al gruppo Ctr-T. Inoltre, l'indice di conversione alimentare (ICA), la resa alimentare e la resa alla trasformazione del gruppo T-Ctr hanno riportato valori statisticamente significativi (P0.01) rispetto agli altri gruppi sperimentali. In conclusione, l'integrazione dell'estratto oggetto della prova ha mostrato i migliori risultati sulle performance dei suinetti, sottolineando l'importanza del latte materno come veicolo di sostanze funzionali e suggerendo possibili effetti benefici del composto d'interesse sulle condizioni generali di salute degli animali; tuttavia l'impiego di estratti vegetali in alimentazione animale presenta un quadro molto complesso, caratterizzato dalla presenza e dall'interazione di molti fattori differenti. La quarta prova sperimentale ha valutato gli effetti della somministrazione di un probiotico costituito da Lactobacillus farmaciminis e L. rhamnosus sulle performance produttive di 960 pulcini ROSS 308 di sesso maschile per una durata di 48 giorni. Gli animali sono stati suddivisi in 4 gruppi sperimentali, costituiti da 12 recinti e 20 soggetti ciascuno; i 3 gruppi trattati (T1, T2 e T3) erano alimentati con una dieta base (CTR) integrata con 600, 400 e 200g/ton di probiotico, rispettivamente. Durante lo svolgimento della prova sono stati valutati i principali parametri produttivi (PV, IMPG, FI e ICA); mentre in fase di macellazione è stato prelevato il petto per la determinazione della resa della carcassa. I risultati relativi alle performance di crescita non hanno evidenziato differenze significative per i parametri analizzati, inoltre, non è stata osservata alcuna differenza statistica per quanto riguarda i rilievi alla macellazione, resa e peso del petto (P>0.05). Per concludere, la somministrazione del probiotico oggetto della prova non ha modificato i parametri considerati, tuttavia non sono da escludere possibili effetti dell'additivo sulla modulazione della flora microbica intestinale e sulle proprietà qualitative delle carni. In tal senso, saranno necessari ulteriori e più approfonditi studi per analizzare le conseguenze sul metabolismo generale di animali a rapida crescita. Analizzando i risultati ottenuti nelle prove sperimentali, è possibile affermare che l'integrazione di sostanze ad azione benefica nell'alimentazione degli animali da reddito è in grado non solo di modificare in maniera significativa i principali parametri di crescita degli stessi e la qualità dei prodotti destinati al consumatore, ma anche di migliorare le condizioni generali di benessere e influenzare positivamente l'equilibrio intestinale degli stessi. ; Optimal animal nutrition allows adequate productive performance and correct welfare conditions of livestock species; moreover, it ensures animal's products with high-quality characteristics that meet safety and security requirements for the consumers and guarantees a suitable nutritional value. In this context, the application of nutritional strategies, including the supplementation of additives, used to improve feed nutrition, may play a significant role in livestock production; it also represents an important issue in the regulatory framework of the European Union. In this paper, four in vivo trials are presented to evaluate the dietary effects on the quali-quantitative performance of broiler chickens and pigs. In particular, the use of synthetic emulsifiers, a polyphenols-enriched olive pulp extract and a probiotic was considered in the whole production cycle of broiler chicken. Whereas, the polyphenol-enriched olive pulp extract was added in the diet of sows and piglets to investigate the positive effects of this supplementation in two critical moments of the productive system of this species: the peripartum of the sows and the weaning of piglets. In the first experimental trial, a total of 1200 one-day-old ROSS 308 broiler chicks were assigned to four experimental groups consisting of 15 pens with 25 birds per pen. A 2×2 factorial design was applied to compare the different dietary treatments [control diet (CTR) or diet supplemented with AVI-MUL TOP (AMT) at 1g/kg from d 0 to 12, 0.75g/kg from d 12 to 22 and 0.5g/kg from d 22 to 44] and gender. Growth performance (BW, ADG, FI and FCR) were determined on days 0, 12, 22, 37 and 44 for males. One female chick (day 37) and one male chick (day 44) from each pen were chosen on BW basis and slaughtered to collect blood, liver samples and caecum content and to determine the dressing and breast muscle percentages. AMT supplementation increased BW on day 12 (P=0.02), ADG from day 0 to 12 (P0.05) on the growth parameters and caecum microbiological analysis among the groups; while the dietary supplementation significantly improved the b* index (yellowness) of animal skin (P=0.003). The extraction and quantification of total polyphenols and the expression of some lipid metabolism related genes (PPARα, ATGL, ACACA, CPT-1, ACOX and FASN) were performed from hepatic samples. The hepatic concentration of phenolic compounds did not show any statistical differences (P>0.05) among the groups, although it reflects the supplementation level. No statistical differences were also found in the gene expression. In conclusion, the olive pulp extract showed minor benefits on the growth performances, which however appear interesting considering the short production cycle of these animals. The third experimental trial was divided into two phases to investigated the effects of the polyphenolsenriched olive pulp extract supplementation on the performance of sows and piglets. During phase 1, 18 multiparous sows, homogeneous by age and birth order, were assigned to two experimental groups of 9 animals each. The dietary treatment were control diet (C) or diet supplemented with 1.25kg/ton of olive pulp extract (T). The compound of interest was added to the diet for a period of about 40 days (from two weeks before the expected date of birth to the end of lactation). Body condition and reproductive parameters were analyzed and colostrum samples were collected to determine the total polyphenols concentration and the antioxidant activity. In phase 2, 180 newborn piglets, homogeneous by body weight, were assigned to four experimental groups consisting of 45 animals and 9 replicates each. The Ctr-Ctr piglets were born from control sows and did not receive the extract, the Ctr-T group was composed by control sow's piglets who received the compound; the T-Ctr piglets group was born from treated sows and they did not receive the olive pulp extract and the T-T group was composed by treated sow's piglets who received the extract. Phase 2 was divided into two periods (prestarter from d 0 to 14 and starter from d 15 to 42) and dietary treatments were control diet (Ctr) and diet supplemented with 5.0 and 2.5kg/ton of olive pulp extract (T) in the first and second period, respectively. Growth performance (BW, ADG, FI and FCR) were determined on days 0, 14 and 42. The supplementation did not show any significant differences (P>0.05) in phase 1; however, it was observed that the body condition and reproductive parameters of the treated animals were higher than the control group. The antioxidant activity of T sows was statistically higher (P=0.05), although the total polyphenol concentrations did not show significant variations (P>0.05) between the two groups. In phase 2, the T-Ctr group showed higher body weight at day 42 (P=0.03) and higher ADG during the second period (14-42d) and overall (0-42d) (P=0.03 and P=0.05, respectively) compared to the other groups. Moreover, FCR, carcass yield and transformation yield of the T-Ctr group were statistically significant (P≤0.01) compared to the other experimental groups. In conclusion, the supplementation of the compound of interest showed the best results on the piglets' performance, underlining the importance of milk as a vehicle of functional substances and suggesting possible beneficial effects on the general health conditions. In the fourth experimental trial, a total of 960 one-day-old ROSS 308 male broiler chicks were assigned to four experimental groups consisting of 12 pens with 20 animals per pen.The dietary treatments were control diet (CTR) and diet supplemented with 600, 400 and 200g/t of METALACT (T1, T2 and T3, respectively). The probiotic additive was composed by a mixture of Lactobacillus pharmacimis and L. rhamnosus and supplemented for a period of 48 days. Growth performance (BW, ADG, FI and FCR) were determined on days 0, 11, 22 and 48. At the end of the trial, one chick from each pen was chosen on BW basis and slaughtered to determine the dressing and breast muscle percentages. The METALACT supplementation did not showed any significant differences (P>0.05) on the growth parameters investigated. In conclusion, the probiotic did not modify the growth performance, but it is not possible to exclude possible beneficial effects on modulation of the microbial intestinal flora and on the qualitative properties of the meat. The overall results showed that the dietary supplementation of beneficial substances is not only able to significantly modify the animal's growth performance and the quality of the products, but it is also able to improve the general welfare conditions and the intestinal balance of the livestock species.
"Mi sia concesso di cominciare con una confessione piuttosto imbarazzante: per tutta la mia vita nessuno mi ha dato piacere più grande di David Bowie. Certo, forse questo la dice lunga sulla qualità, della mia vita. Non fraintendetemi. Ci sono stati momenti belli, talvolta persino insieme ad altre persone. Ma per ciò che riguarda una gioia costante e prolungata attraverso i decenni, nulla si avvicina al piacere che mi ha dato Bowie." (Simon Critchley, Bowie) Quelli che non conoscono l'opera di Bowie, temo, avranno provato un po' d'irritazione per la quantità di cose dette e scritte dopo la sua morte nel gennaio scorso. O perlomeno stupore, viste le innumerevoli sfaccettature per cui è stato ricordato. Come ha scritto giustamente Francesco Adinolfi su Il manifesto del 12 gennaio, "non c'è un solo Bowie, e ognuno ha il suo Bowie da piangere". C'è ovviamente il Bowie che tra la fine dei '60 e i primi anni '70 porta in scena la libertà contro la soffocante pubblica morale, mescolando generi ed identità sessuali in canzoni e concerti, ostentando i suoi personaggi scandalosi per sbatterli in faccia a family day di ogni sorta. Lo scrittore Hanif Kureishi, per esempio, ricorda la canzone "Rebel rebel" (1974) come una spinta che lo porta a desiderare di andarsene dal monotono perbenismo del sud di Londra. Il filosofo Simon Critchley descrive l'impatto di "Rock'n'roll suicide" (1972), dove l'urlo "You're not alone!" ("Non sei solo"!) diventa detonatore emotivo per una generazione di giovani a disagio con se stessi e con il mondo, spingendoli a cercare di diventare qualcos'altro – "qualcosa di più libero, più queer (traducibile con 'eccentrico', e anche 'omosessuale'), più sincero, più aperto, e più eccitante." Ma questo Bowie, l'icona del gender bending, è stracitato. Molto meno noto è il Bowie dall'animo irriducibilmente politico. Intendiamoci, anche dal punto di vista politico Bowie è stato molte cose. Nel 1975 rilascia alcune dichiarazioni di simpatia verso il nazismo, che saranno poi rettificate e (molto parzialmente) giustificate con la sua pericolosa dipendenza dalle droghe di quel periodo. Il clamore è amplificato da una fotografia in cui sembra fare il saluto romano a una folla di fan che lo attende a Victoria Station (ma osservando il filmato dell'evento su Internet, pare che il fotografo abbia preso lo scatto proprio nel momento in cui il braccio si tende in un normalissimo saluto). Si tratta di un aspetto delicato ancora da chiarire completamente, in cui anche critici raffinati come Critchley non si avventurano troppo. E che comunque ha finito per offuscare, secondo me, la figura di Bowie cantore degli ultimi e dei margini. Il nodo cruciale di questo suo aspetto è l'album Scary Monsters (1980), alla fine di un decennio segnato da una serie di album memorabili, dal glam rock alle sperimentazioni berlinesi – storicamente, la fine delle utopie e l'inizio del cosiddetto riflusso. Nel brano "Ashes to ashes" Bowie riprende il personaggio che l'aveva portato al successo, il Maggiore Tom, astronauta che in "Space oddity" (1969) celebrava l'allunaggio ma al contempo si perdeva stranamente a galleggiare nello spazio. Seguendo una parabola analoga agli ideali bruciati di quel periodo, nel 1980 Major Tom ricompare travolto dalle droghe pesanti, schiavo dei mostri che lo perseguitano nello spazio: I want an axe to break the ice, I want to come down right now Ashes to ashes, funk to funky We know Major Tom's a junkie strung out in heaven's high hitting an all-time low Voglio un'ascia per rompere il ghiaccio, voglio venir giù subito Cenere alla cenere, funk al funky Lo sappiamo che Major Tom è un tossico sperso nell'alto dei cieli caduto in una depressione storica Ma anche la realtà in cui Major Tom desidera tornare non promette nulla di buono. In Scary Monsters si manifesta uno dei punti più alti della critica socio-politica nei testi di Bowie, che assume toni quasi profetici. Mi riferisco alla canzone che apre l'album, "It's no game (no. 1)": Silhouettes and shadows watch the revolution No more free steps to heaven and it's no game (…) Documentaries on refugees couples 'gainst the target (…) Draw the blinds on yesterday and it's all so much scarier Put a bullet in my brain and it makes all the papers Profili e ombre guardano la rivoluzione Niente più passi facili verso il paradiso e non è un gioco (…) Documentari su rifugiati coppie nel mirino (…) Chiudi la finestra sul passato ed è tutto più spaventoso Sparami un colpo in testa e ne parleranno tutti i giornali Qui Bowie sembra svelare quella che sarà la faccia oscura degli anni '80 e oltre: la questione dei rifugiati e delle vittime civili dei conflitti (come suonano profetici quei due versi…), l'oblio degli ideali del passato, lo sguardo onnipresente ma banalizzante dei mass media. E' importante ascoltare "It's no game (no. 1)" anche perché Bowie canta questa canzone a squarciagola, a voce quasi stridula, come se lo stessero torturando; l'insieme è reso più complesso dall'alternanza con una voce femminile che canta in giapponese una traduzione del testo, in tono aggressivo. Secondo Critchley, "il genio di Bowie risiede nell'armonizzare minuziosamente parole e musica attraverso il mezzo della voce". I versi finali della canzone introducono poi un riferimento più esplicitamente politico, forse riferendosi alla polemica menzionata sopra: So where's the moral? People have their fingers broken To be insulted by these fascists – it's so degrading And it's no game E allora dov'è la morale? La gente ha le dita spezzate Venir insultati da 'sti fascisti – è così degradante E non è un gioco La voce di Bowie si contorce soprattutto quando pronuncia il titolo della canzone, "non è un gioco": il dramma della 'fine delle ideologie' sta nel poter non prendere più nulla sul serio, neanche le grandi tragedie. C'è una coincidenza curiosa, a questo proposito. L'anno seguente Giorgio Gaber mette in scena il recital Anni affollati, e nel pezzo parlato "Il presente" offre (ovviamente con Sandro Luporini) una caustica riflessione sul nuovo clima dei primi anni '80, dove i più bravi e geniali riescono a togliersi di dosso la pesantezza di qualcosa che ingombra per dedicarsi allo 'smitizzante'. Perché di fronte all'idiozia dei vecchi moralisti, preferisco vedere l'uomo di cultura che si fa fotografare nudo su un divano a fiori. Eh sì, per questa sua capacità di saper vivere il gioco. Sto parlando insomma di quelli veramente colti, che con sottile ironia hanno riscoperto… l'effimero. Ecco che cos'è il presente: l'effimero. E devo dire che per della gente come noi, che non crede più a niente, questo è perfetto. (…) La cosa più intelligente da fare è quella di giocare d'astuzia con i segnali del tempo. Ma attenzione, perché tra l'avere la sensazione che il mondo sia una cosa poco seria, e il muovercisi dentro perfettamente a proprio agio, esiste la stessa differenza che c'è tra l'avere il senso del comico ed essere ridicoli… La canzone di Bowie non finisce qui, perché Scary Monsters ha una struttura circolare e si chiude con "It's no game (no. 2)" ("Non è un gioco, parte seconda"), dove viene riproposto lo stesso motivo – o quasi. Questa versione accentua la critica sociale (e la visionarietà profetica) aggiungendo una strofa finale sullo sfruttamento del lavoro minorile: Children 'round the world put camel shit on the walls Making carpets on treadmills, or garbage sorting And it's no game Bambini in tutto il mondo mettono cacca di cammello sui muri Fanno tappeti su macchinari, o frugano in discariche E non è un gioco Ma soprattutto, i versi di questa "parte seconda" sono cantati in modo radicalmente diverso, con voce lenta, calda, modulata, quasi da crooner in stile Frank Sinatra, quasi a voler dire: guardate che anche i miei pezzi apparentemente più commerciali possono essere qualcosa di più di semplici canzoni orecchiabili. E' una caratteristica dei suoi testi che viene colta anche dalla genialità sregolata di Lars Von Trier, il cui durissimo film Dogville (2003), sulla brutalità del sogno americano, si conclude con la scena del massacro di un intero villaggio e uno stacco improvviso sui titoli di coda: una sequenza di immagini di povertà e degrado statunitense con in sottofondo il pezzo "Young Americans" (1975), dal ritmo allegro ma con un sottotesto che accenna alla sterilizzante massificazione degli individui: We live for just these twenty years, do we have to die for the fifty more? Viviamo solo per questi vent'anni, dobbiamo morire per altri cinquanta? Questa ambivalenza è riscontrabile soprattutto nei dischi immediatamente successivi a Scary Monsters, quelli segnati da un disimpegno che per la prima volta fanno diventare Bowie un fenomeno commerciale mainstream, e che molti fan ancora rifiutano. Mi riferisco innanzi tutto a Let's Dance (1983), ovviamente, ricordando il videoclip della canzone omonima che mette in primo piano la condizione degli aborigeni australiani; come scrive Nicholas Pegg nel suo enciclopedico The Complete David Bowie, "prendendo spunto solo marginalmente dal testo della canzone per sposare la causa dei diritti degli aborigeni, il video costituisce il primo (sic) sostanziale esempio del ruolo da militante sociopolitico che Bowie cominciava a ritagliarsi negli anni '80." Sempre in Let's Dance, il brano "Ricochet" ("Pallottola di rimbalzo") è pervaso da un senso di totale sacrificabilità delle vite umane; come in "It's no game", i versi sembrano già descrivere il lato oscuro della globalizzazione neoliberista: Like weeds on a rock face waiting for the scythe (…) These are the prisons, these are the crimes teaching life in a violent new way (…) Early, before the sun, they struggle off to the gates in their secret fearful places, they see their lives unraveling before them (…) But when they get home, damp-eyed and weary, they smile and crush their children to their heaving chests, making unfullfillable promises. For who can bear to be forgotten? Come erbacce sulla roccia in attesa della falce (…) Queste sono le prigioni, questi i crimini che insegnano la vita con nuova violenza (…) Presto, prima del sole, sgomitano verso i cancelli nei loro spaventosi luoghi segreti, vedono la propria vita che gli si dipana di fronte (…) Ma quando arrivano a casa, stanchi e con occhi umidi, sorridono e si stringono i figli al petto ansante, facendo promesse inesaudibili. Perché chi può sopportare di venir dimenticato? Buona parte di questi versi sono parlati con voce metallica, come da un megafono, rimarcando così l'idea di omologazione oppressiva della società contemporanea. Su questi temi Bowie ritorna periodicamente anche nei dischi incisi dopo Let's Dance, dalla fine degli anni '80 fino a pochi anni fa – album quasi sempre di gran qualità, che le commemorazioni dello scorso gennaio hanno praticamente ignorato. Va menzionato, dall'album Tin Machine (1989) il brano "I can't read" ("Non so leggere"), che tratta di deprivazione culturale in un mondo dove "money goes to money heaven / bodies go to body hell" (" i soldi finiscono nel paradiso dei soldi / i corpi nell'inferno dei corpi"). Lo stesso LP contiene una cover di "Working class hero" ("Eroe della classe operaia") di John Lennon (1970), inno anti-sistema cantato da Bowie con voce carica di rabbia: When they've tortured and scared you for twenty-odd years then they expect you to pick a career when you can't really function you're so full of fear (…) Keep you doped with religion and sex and TV and you think you're so clever and classless and free but you're still fucking peasants as far as I can see (…) There's room at the top they're telling you still but first you must learn how to smile as you kill Dopo che ti hanno torturato e terrorizzato per una ventina d'anni poi si aspettano che tu ti scelga una carriera mentre non riesci neanche a pensare tanto sei pieno di paura (…) Ti drogano di religione, sesso e TV e ti credi d'essere così furbo e oltre le classi e libero ma sei ancora un cazzo di bifolco, mi sembra (…) C'è ancora posto là in cima, ti continuano a dire Ma prima, mentre uccidi, devi imparare a sorridere Una diffusa alienazione sociale emerge anche in "Dead man walking" ("Morto che cammina", 1997), un pezzo contaminato da sonorità drum'n'bass che martellano immagini come questa: an alien nation in therapy sliding naked, anew like a bad-tempered child on the rain-slicked streets una nazione aliena in terapia che scivola nuda, di nuovo come un bambino intrattabile per strade viscide di pioggia Due anni dopo, in "Seven", riprende la figura del fratello maggiore Terry, sofferente di schizofrenia e suicida nel 1985, tornando così ad un altro tema per lui ricorrente, quello dei meccanismi sociali che riproducono la malattia mentale: I forgot what my brother said I forgot what he said I don't regret anything at all I remember how he wept On a bridge of violent people I was small enough to cry I've got seven days to live my life or seven ways to die Ho scordato cosa diceva mio fratello ho scordato che diceva Non rimpiango davvero nulla mi ricordo come piangeva Sopra un ponte di gente violenta ero abbastanza piccolo da strillare Ho sette giorni per vivere la mia vita o sette giorni per morire L'attenzione di Bowie verso le vittime della Storia si può ritrovare, comunque, già prima del 1980. Quando ancora cantava ballate alla Bob Dylan, il pezzo "Little bombardier" ("Il piccolo artigliere", 1967) narra di un reduce solo, spaesato e affamato di affetti: War made him a soldier, little Frankie Mear. Peace made him a loser, a little bombardier La Guerra lo fece un soldato piccolo Frankie Mear La pace lo fece un perdente, un piccolo artigliere Per sua grande gioia, diventa amico di due bambine, ma si farà cacciare perché sospettato di pedofilia: Leave them alone or we'll get sore. We've had blokes like you in the station before Lasciale stare o cominceremo a seccarci. Ne abbiamo già avuti come te alla stazione di polizia. Pur puntando esplicitamente il dito contro l'autorità costituita, questa storia malinconica è musicata, scrive Pegg, con un "nostalgico valzer da fiera di paese (…) uno dei pochissimi brani di Bowie scritti in 3/4". Il testo è ispirato al racconto "Uncle Ernest" (1959) di Alan Sillitoe, uno dei più felici narratori del nuovo realismo proletario nel secondo dopoguerra. In quanto a temi socio-politici, Bowie tocca spesso anche l'imperialismo statunitense e la natura repressiva delle religioni istituzionali (si veda ad esempio lo 'scandaloso' videoclip di "The next day", 2013). Ma il Bowie che ho voluto ricordare qui è l'artista che non ha mai chiuso gli occhi di fronte alle ingiustizie, alla sofferenza degli ultimi. Potrà suonare paradossale, ma mi viene da pensare ad un altro grande cantore dei margini come Enzo Jannacci. Bowie torna spesso su ciò che in "Under pressure" ("Sotto pressione", 1981) definisce "the terror of knowing what this world is about" ("il terrore di sapere di cosa è fatto questo mondo"), mentre Love dares you to care for the people in the streets the people on the edge of the night L'amore ti sfida a prenderti cura della gente per le strade la gente al margine della notte Certo, è difficile accostare i maglioni sudati di Jannacci al Bowie che ha creato e curato la propria immagine, cui il prestigioso Victoria and Albert Museum di Londra ha dedicato una mostra di grande successo nel 2013. E la voce di Jannacci, sempre apparentemente sul punto di esaurire il fiato, condivide poco con le virtuosità bowiane. Dietro ad entrambi vedo però una sensibilità comune, e un simile atteggiamento di insofferenza verso ogni inquadramento, ogni norma imposta dall'alto. Per me, i testi di Bowie hanno rappresentato l'inizio di una passione per la letteratura in lingua inglese, e per la natura indecifrabile, sfuggente e mai omologabile che è propria della poesia. Critchley nota che, a partire dal periodo berlinese, i suoi versi diventano meno intellegibili e narrativi, e che "colpiscono maggiormente quando sono più indiretti. Siamo noi a doverli completare con la nostra immaginazione, col nostro desiderio." Continuo a citare Critchley anche perché mi ritrovo profondamente nel percorso del suo libro, purtroppo non ancora tradotto in italiano. Il volumetto si conclude con una frase che sottoscrivo, e che rappresenta il motivo per cui non ho ancora trovato il coraggio di ascoltare Blackstar, l'ultimo album uscito solo due giorni prima della morte: "Non voglio che Bowie finisca. Ma lo farà. E anche io."