Oggetto della ricerca è stato lo studio e l'analisi del sistema dell'editoria d'arte contemporanea nella Milano degli anni trenta, a partire da una mappatura della produzione libraria specializzata uscita lungo il decennio di cui si sono messe a fuoco forme, meccanismi e protagonisti. Il lavoro ha avuto una frase preliminare di individuazione dei materiali di studio, di strutturazione dell'ambito e dei campi di ricerca, in una prospettiva storiografica sostanzialmente inedita, al confine tra la storia dell'arte e dell'editoria, in cui si intrecciano le dinamiche della promozione artistica e del suo consumo, del mercato editoriale e della filiera del libro. Le peculiarità dell'edizione d'arte, dal suo profilo materiale al pubblico a cui è indirizzata, ne fanno un prodotto con caratteristiche e problematiche distinte nel quadro allargato dell'industria editoriale. Tale specificità negli anni trenta si innesta in un dibattito cruciale sull'identità dell'arte contemporanea, prefigurando un quadro storico nuovo rispetto al periodo precedente in cui si assiste alla significativa fioritura di iniziative editoriali inedite tese alla codificazione e divulgazione dei valori della cultura figurativa del presente. L'intero studio si è fondato sulla mappatura sistematica delle pubblicazioni date alle stampe tra il 1929 e il 1943 – arco cronologico individuato come il più congruente ai fini dell'indagine – condotta sulla base dell'analisi di fonti d'epoca specializzate quali guide bibliografiche, bollettini, cataloghi di vendita dei libri, nonché i registri di carico delle biblioteche di settore. Il recupero, l'esame diretto e la schedatura delle singole edizioni attraverso parametri specifici, messi a punto tenendo conto della natura del libro d'arte e in particolare della centralità delle fotoriproduzioni nella filiera produttiva, ha portato alla realizzazione di un database, confluito in un repertorio organizzato in schede tecniche e indici delle presenze editoriali. I risultati scaturiti da questo ampio censimento hanno orientato la ricerca verso i grandi nodi del sistema produttivo, dei generi letterari emergenti e dei procedimenti di riproduzione e di stampa delle immagini, tra teoria e agganci ai testi, alle fonti a stampa e alla documentazione d'archivio, allargando il complessivo campo di indagine a una comparazione con la rispettiva produzione editoriale italiana e straniera coeva. La tesi si articola dunque in tre grandi parti, introdotte da un tentativo di definizione delle forme del libro d'arte contemporanea e da una verifica dell'andamento della produzione editoriale. Quest'ultima ha messo in luce l'esistenza di una periodizzazione interna agli estremi cronologici legata a doppio filo a una molteplicità di dinamiche in atto che incidono in modo diretto sull'editoria di settore, tra le quali il consolidamento di un nuovo collezionismo, i contestuali svolgimenti sul piano della politica delle arti e i progressi tecnici dell'industria grafica sono solo alcune delle più eloquenti. L'analisi del sistema editoriale si è rivolta anzitutto a definirne gli attori, vale a dire le figure direttamente coinvolte nella filiera produttiva, restituendo per la prima volta una mappa strutturata degli editori, dei fotoincisori, dei tipografi e stampatori. Tra le prerogative del settore spicca infatti la frammentazione dei soggetti imprenditoriali dovuta all'elevato standard di specializzazione richiesto dal libro illustrato, alla cui realizzazione concorrono necessariamente professionalità diverse. A monte, nel panorama degli editori è emersa una sensibile diversificazione tradotta in una sostanziale permeabilità al tessuto delle gallerie e del mercato e a quello delle riviste, permettendo di riconsiderare luoghi che per la storiografia vivono separati. Spostando l'obiettivo sulla produzione editoriale, ovvero sui libri oggetto d'indagine, si sono discusse le problematiche connesse alle forme della divulgazione dei nuovi valori figurativi, a fronte di un processo mobile teso a una loro compiuta definizione. Una prospettiva aderente alla mappatura, che facesse leva su uno sguardo d'insieme e sui molteplici aspetti del prodotto librario considerati nella ricerca, ha inteso mettere a fuoco i generi emergenti, dal libro-catalogo, al panorama, alle collane di monografie d'artista, riflettendo sulla loro fortuna, tra scarti, continuità ed elementi innovativi, anche attraverso un confronto con i modelli internazionali. Una parte centrale del lavoro è stata dedicata, infine, alla disamina dei diversi procedimenti fotomeccanici di riproduzione e di stampa impiegati nella realizzazione dei libri, un problema nodale, connaturato alle specificità stesse dell'editoria d'arte – fondata sulle riproduzioni e sulla loro mise en page – che tuttavia, allo stato degli studi, risulta sostanzialmente trascurato dalla storiografia. Attente alle attrezzature tecniche, ai passaggi di lavorazione e ai risultati grafici, le ricerche svolte hanno confermato il valore di questo filone di indagine, mettendo in luce il peso che negli anni trenta le innovazioni tecnologiche nel settore hanno giocato nel determinare non solo la fisicità e la grammatica delle immagini, e dunque la ricezione dell'arte, ma le stesse forme editoriali. Novità significative sono emerse, in particolare, in relazione alla riproduzione a colori e ai suoi rinnovati sistemi in rapida ascesa commerciale, come il fotocolor, di cui è stata ricostruita la prima diffusione. Il repertorio finale delle schede tecniche delle singole pubblicazioni, integrato da indici ed elenchi, tra cui i cataloghi completi delle collezioni editoriali, è presentato in appendice. ; The research aimed at studying and analysing the contemporary art publishing system in Milan during the Thirties, on the basis of a mapping of the specialised book production with a major focus on its forms, mechanisms and leading figures. The work spanned a preliminary phase designed to identifying the study materials, to defining the research boundaries and fields in a quite unusual historiographical perspective, poised between history of art and publishing, on a ground where the dynamics related to the artistic promotion and its consumption, to the publishing market and to the book production chain are mutually intertwined. Because of their peculiarities, such as the material profile as well as the target audience, art books prove to be products with distinct features and issues within the publishing industry. In the Thirties, such specificity interact with a crucial debate on the identity of contemporary art, prefiguring a new historical context characterised by the unprecedented development of editorial initiatives aimed at the codification and dissemination of the values of the current figurative culture. The entire study was based on the systematic mapping of publications issued between 1929 and 1943 – a chronological arc identified as the most congruent for the purposes of the investigation – carried out according to the analysis of coeval sources, such as bibliographic guides and bulletins, book sales catalogues, specialised libraries records. The evaluation and cataloguing of each editions took into account specific parameters selected depending on the nature of art books and more specifically considering the central role of photomechanical reproductions in the production chain. All information was gathered in a database converted into an organised repertory with technical entries and indexes of editorial presences. The results of this broad census led the research considering the great issues of the productive system, the emerging literary genres, and the reproduction and printing processes of images, making references to theory as well as to texts, printed and archive sources, until broadening the field of investigation to include a comparison with the related Italian and foreign coeval publishing. The thesis is thus divided into three main parts, introduced by an attempt to define the forms of contemporary art books and by a check of the performance of editorial production. This section shed light on an existing periodization within the chronological extremes closely intertwined with a wide variety of ongoing dynamics directly affecting the publishing sector, among which the consolidation of a new collecting, the contextual developments in the field of art politics and the technological advances of the graphic industry are just some of the most relevant. The analysis of the publishing system chiefly looked to define the players, actually the figures personally involved in the production chain, thus outlining for the first time a structured map of publishers, photoengravers, typographers and printers. In fact, among the prerogatives of the sector, one which undoubtedly stands out is the fragmentation of the entrepreneurial figures ascribable to the high specialization standards which illustrated books require and to the creation of which contribute multiple professional profiles and skills. The panorama of the publishers itself revealed a remarkable diversification corresponding to a consistent permeability to the context of the galleries and the art market as well as to the context of magazines, thus making it possible to reconsider places which according to historiography live apart. Shifting the goal to the publishing production, namely to the books object of the investigation, the work addressed the issues related to the forms of dissemination of new figurative values, in response to the coeval ongoing process aiming at their accomplished definition. In keeping with the mapping, and tapping into a comprehensive overview and a wealth of aspects typical of the product book considered in the research, the perspective aimed at highlighting the emerging genres, such as the book-catalogue, the panorama, the series of artist monographs, while reflecting on their fortune, among gaps, drifts, continuity and innovative elements, also based on a comparison with international models. Finally, a key part of the work consisted in examining the photomechanical reproduction and printing processes employed in the production of books: a crucial issue inherently belonging to the specificity of art publishing – based on reproductions and their mise en page – that, however, appears largely overlooked by historiography. Mindful of the technical equipment, the processing steps and the graphic results, the research carried out confirmed the value of this investigation line, while shedding light on the role that the technological innovations achieved in the Thirties played not only in determining the materiality and grammar of images, and hence the reception of art, but the very publishing forms. Significantly new features emerged, in particular, in relation to the colour reproduction and its renovated, quickly booming commercial systems, such as fotocolor, whose first diffusion this work retraced. The appendix presents the final catalogue of books entries as well as indexes and lists, including the complete listing of publishing series.
Contract and labour law: towards a more flexile concept of employer? The contract within the sphere of the labour law seems to rediscover a "second youth" , lend itself to act as from "pole of attraction" regarding most important and debated profiles of surveying of the labour law doctrine. If the contract, from the point of view of its "pathological" use, captured the attentions of theoretical and practical operators of labour law, above all regarding the issue of the entrepreneurial removal from the so called "garantismo individuale e collettivo" through the phenomenon of the illegal hiring, on the physiological side the institute in question is led back, in a generally residual dimension, the within of the widest phenomenon of the outsourcing. The intervention of the legislator in matter, always increasing and more detailed regarding the past, reproposes, however in partially new terms, the problematic, particularly "felt" in years seventy of the past century, of the protection, legislative and contractual, of the labour in "small" enterprise. The relative criticalities to the anchorage of the protection to a dimensional requirement, any it is, united to those relative ones to the uncertainty and to the caducity of the "borders" of the enterprise of XXI the century, placed in a perspective, by now, not more exclusively national, make to meet towards the labour law discipline of the contract an interesting series of interpretative and reconstructive issues, a lot on the level of qualifying and protective profile, than on that, to "regulatory" one. These are, as mentioned, profiles that are interlaced and "crossed" among them, which are not compartmentalized, within a dimension that is also European and international. The qualifying profile, in fact, proposes, next and beyond the distinction between public and private contract, the most traditional e controversial profile of the distinction between contract, temporary work and illegal hiring, on one side, and transfer of undertaking and/or a its business unit and contract (above all contract of services), from the other. The protective profile in strict sense finds a progressive development and "updating" of not unknown institutes and instruments to the labour law discipline, like the so called social clause of fair treatment, or in the public contracts or in those private ones. At European level, the crucial theme of labour protection concerning the posting of workers in the framework of the provision of services is regulated, mostly, by the Directive CE 96/71, which tries to link social and economic-competitive considerations in a context of mobility of labour and services within the European market. The attempt of linking the foretold aspects seems to be the central fulcrum of the ulterior characterizing profile of the labour law discipline of the contract and that I have characterized like regulative profile. With regard to, and for a first example, it is analyzed, on one side, technique of the jointly legal responsibility, which redistributes the employer "responsibilities" with reference to the economic and normative treatments to guarantee to the interested workers within the relationships of contractual integration arising from the outsourcing processes, and, from the other, trade-union control of the phenomena of outsourcing. The embryonic regulative profile shows, among other things, the emerging of new institutional and socio-economic actors (like authorities, observatories, but also not governmental organizations, consumer and environmental associations), and instruments (like global framework agreements, codes of conduct, but also the, so called, indici di congruità), that prelude to incipient and additional, regarding those "traditional ones", forms of labour regulation within outsourcing processes, also in a global perspective. Finally, as regards to the contract in particular, an interconnected analysis of the three above qualified profiles offers to us an interesting reconstructive framework in order to inquire a possible and embryonic tendency towards a "flexibilisation" of the "employer concept", at least in terms of Co-employment, that links competitive regulation, labour protection and socio-economic development in a systematic and coherent framework. 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La tesi è stata intitolata "Change the System From Within". La participatory democracy e le riforme istituzionali negli Stati Uniti degli anni Sessanta e si compone di cinque capitoli. Nel primo capitolo si riprende l'idea di participatory democracy emersa in seno alla New Left e ai movimenti sociali dei lunghi anni Sessanta. In questo contesto il concetto di participatory democracy assunse due principali accezioni: da una parte rappresentava la rivendicazione politica di un maggior coinvolgimento attivo della cittadinanza nelle politiche - locali, statali e federali - frutto della crisi di legittimità che la democrazia americana stava attraversando in quegli anni; dall'altra, il concetto venne adottato come principio organizzativo all'interno dei gruppi stessi di attivisti, con la funzione di prefigurare quelle riforme politico-istituzionali cui gli stessi militanti aspiravano. Dalla stessa temperie di contestazione sorse del resto anche la critica che alcuni studiosi mossero alla teoria liberale pluralista e alla sua esemplificazione nella coeva democrazia americana. Nel primo capitolo si mostra proprio come da quelle rielaborazioni critiche degli anni Sessanta emerse anche il primo modello di participatory democracy in seno alla teoria politica, sviluppato pienamente negli anni Settanta e Ottanta da Carole Pateman, Crawford B. Macpherson e Benjamin Barber. Questa parte del lavoro di tesi si propone quindi di accostare alle pratiche partecipative introdotte dai movimenti anche la ricostruzione dello sviluppo graduale di una teoria politica della participatory democracy. Tale riflessione è completata da un'analisi storica di ampio raggio, necessaria a meglio contestualizzare il fenomeno e ad includere le nuove richieste democratiche nell'ambito di una tradizione democratico-rappresentativa già dotata di istituti partecipativi di democrazia diretta. Chiarito il quadro storico-politico degli anni Sessanta, il secondo capitolo analizza la ricezione dell'idea di participatory democracy nelle politiche federali. A questo proposito si illustra come il principio di citizen participation fosse stato recepito già con la War on Poverty promossa da Lindon B. Johnson alla metà degli anni Sessanta e fu mantenuto, con esiti istituzionali differenti, almeno fino alla fine della presidenza Carter. Si dimostra inoltre che, malgrado il dettato legislativo federale fosse spesso approssimativo sulle modalità operative, quel principio ebbe in realtà un notevole impatto sulle relazioni intergovernative. Tale principio favorì ad esempio l'intraprendenza di molti amministratori locali nel promuovere il decentramento amministrativo e politico su base di quartiere. Nel terzo capitolo l'analisi affronta le principali trasformazioni in senso partecipativo avvenute nei sistemi di governo statali e locali negli anni Settanta, mettendole in relazione anche alle dinamiche intergovernative di più lungo periodo. Il capitolo è strutturato in modo tale da evidenziare il tendenziale recupero e rafforzamento di istituti già esistenti, come l'initiative, i public hearing e gli school district come strumenti di rivendicazione del community control in alcune città di grandi dimensioni. Mentre il secondo e terzo capitolo tendono a osservare le riforme istituzionali degli anni Settanta in senso partecipativo in seno al governo federale, statale e locale, i due successivi capitoli mirano ad osservare l'impatto della participatory democracy nel confronto tra attivismo militante e pratiche amministrative tradizionali degli anni Settanta. Il quarto capitolo è infatti dedicato all'ingresso della nuova generazione di politici progressisti nelle amministrazioni locali e statali fra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta. Per analizzarlo si è deciso di analizzare come principale caso di studio la Conference on Alternative State and Local Policy (CASLP), una organizzazione e forum nazionale che mirava proprio ad unire alle istanze dei progressisti una expertise di governo. Nell'ambito della CASLP, la cosiddetta Coalizione progressista di Berkeley, CA, fornì un caso esemplare di strategia di confronto con le istituzioni locali e per questo il capitolo le dedica una attenta disanima. La pluriennale esperienza di azione collettiva dei progressisti di Berkeley nell'arena istituzionale è infatti rilevante sia per l'innovazione nella strategia istituzionale, sia per attestare una evoluzione dell'idea di participatory democracy nel tempo. Il quinto capitolo ricostruisce ed analizza la carriera politica di Tom Hayden negli anni in cui passò dall'attivismo alla politica istituzionale, con la campagna elettorale per diventare Senatore della California in Congresso (1975-1976) e la successiva Campaign for Economic Democracy (1976-1982), confermando la spiccata propensione del leader all'innovazione istituzionale in senso partecipativo. In particolare, nella campagna elettorale per il Senato del Congresso del 1976 Hayden riuscì a implementare forme di decision-making partecipato in seno allo staff. Nella gestione del personale cercò inoltre di favorire l'empowerment di volontari e cittadini senza perdere di vista i requisiti essenziali per la sopravvivenza della campagna: fundraising e propaganda. In linea con la sua battaglia contro le distorsioni economiche del big business, scelse di non accettare fondi da corporation e banche e riuscì nell'intento di essere sostenuto per gran parte da small donors. Hayden dunque introdusse pratiche di participatory democracy in seno alla campagna elettorale e continuò a rivendicare la sua fiducia nella forza dei movimenti grass-roots. L'analisi storica, ad ogni modo, evidenzia anche le criticità che derivavano dall'uso di pratiche partecipative nella governance della campagna elettorale. Atttraverso l'analisi teorica e politico-istituzionale della democrazia partecipativa americana fra gli anni Sessanta e Settanta su vari livelli istituzionali (federale, statale e locale), questo progetto di ricerca tenta quindi di colmare un vuoto storiografico e, al tempo stesso intende contribuire alla definizione storico-istituzionale della participatory democracy in seno alla democrazia rappresentativa degli Stati Uniti. Infine, la presente ricerca mira a inserirsi nel dibattito pubblico contemporaneo sulla participatory democracy, offrendo una visione storico-istituzionale importante per meglio comprendere il fenomeno e che, finora, non ha ricevuto l'attenzione che meriterebbe. ; Chapter 1 retrieves the idea of participatory democracy stemmed from the Long 1960s New Left and the following social movements. Indeed, the concept of participatory democracy mainly acquired two slightly different shapes in that historical framework. From one hand, it meant the broad political call for common citizens' greater involvement in the policy-making - at the local, state and federal level. That request was in fact a reply to the ongoing crisis of the American democracy, in terms of political legitimacy and social representation of minorities and poor people. In the other hand, participatory democracy represented the organizing principle adopted by most of the grass-roots groups of that period, with a clear prefigurative function. Indeed, making the activist groups' inner decision-making participatory was a way for the collectives to anticipate the institutional changes they aspired to. In the meantime, because of the same disaffection against the raising social and political inequalities, some political science scholars elaborated a critique to the pluralist version of the liberal democracy - then the most praised one, as well as credited as it was embodied in the American democracy. Those 1960s critiques were eventually used to conceive the first political theory of participatory democracy in the 1970s and 1980s, as Chapter 1 shows. The participatory democracy's canon was in fact mostly developed by Carole Pateman, Crawford B. Macpherson and Benjamin Barber. Beside the intellectual history of participatory democracy from 1960s to 1980s, Chapter 1 allows to contextualize ideas and practices of common citizens' participation into the wider history of the American Political Development. According to that, chapter 1 also provides a detailed analysis of the participatory political institutions that were traditionally part of the United States representative democracy. Chapter 2 verifies whether the 1960s idea of participatory democracy actually affected the federal public policies of the late 1960s and 1970s. Indeed the principle of "citizen participation" was introduced in some of the War on Poverty legislations, promoted by Lyndon B. Johnson since the mid-1960s. Although the heterogeneous institutional effects, that principle was maintained in some grant-in-aid projects until the end of the Carter administration, through the Nixon and Ford administrations. Therefore, the political meanings assumed by the idea of "citizen participation" and its institutional consequences from 1964 to 1980 are carefully analyzed in chapter 2. Moreover, chapter 2 shows that the principle of citizen participation had such a strong impact on the intergovernmental relations. It thus brought forward, for instance, the local public officers' entrepreneurship towards the local devolution, shifting the administrative and political power base from the center to the neighborhood. Chapter 3 deals with the 1970s main institutional reforms aimed at introducing the common citizens' participation in the government decision-making at the state and local levels. Those reforms are deeply related to some long-lasting intergovernmental dynamics and this relationship is also argued. The same chapter's lay-out is vowed to underline the 1970s general trend of retrieval and enhancing of traditional institutions, such as the initiative (direct democracy), the public hearings and the school districts. The school board was indeed reevaluated and reshaped as a means of community control in the biggest cities. As chapters 2 and 3 aim at exploring the implementation of participatory reforms in the federal, state and local level of government, chapters 4 and 5 aim at inquiring the participatory democracy's impact on the 1970s boundary of polity - the space where activism meets political institutions. Chapter 4 inquires the new generations of progressive politicians entering the local and state administrations from the late 1960s to the mid-1970s. To frame that national phenomenon, the historical analysis use the Conference of Alternative States and Local Policies (CASLP) as a case study. CASLP was indeed a national organization born in 1975 to give voice to the progressive public officers around the country and allowed them sharing their government experiences for a more effective institutional impact. Inside CASLP, the progressive coalition of Berkeley, CA (called Berkeley Citizens' Action, BCA) was especially spotted for its exemplary strategy to confront local political institutions. The 1970s BCA's political actions are thus specifically analyzed. In fact, the institutional approach of the Berkeley progressive coalition resulted to be innovative in terms of strategy as well as successful in introducing new forms of participatory democracy into the local government, assessing the 1970s evolution of the participatory democracy political theory and practices. Chapter 5 retraces the political career of the former New Left leader Tom Hayden during the years of turning from activism to institutional politics. Especially, the analysis focuses on the 1975-1976 U.S. Senate Campaign and the following Campaign for Economic Democracy (CED), a coalition project and organization led by Hayden with the goal of mobilizing activists and public officers around the issues of economic justice, environmental and economic public policies (1976-1982). That period - just before Hayden was elected representative at the California Legislature in 1982 - is thus analyzed as a testing ground to verify his long-lasting commitment towards participatory democracy. The historical and political analysis, based on original archival findings, confirms Hayden's inclination for institutional innovation in the participatory realm. In particular, during the 1975-1976 electoral campaign for the U.S. Senate in California Hayden introduced participatory forms of decision-making involving staff people, volunteers and supporting grass-roots groups. Moreover, that campaign's staff and people management was conceived in order to directly empower citizens and volunteers, without losing track of the campaigning basic requirements (e. g. fundraising and propaganda). As he stood against big business and economic inequalities, he chose to reject fundings from corporations and banks. Therefore his electoral campaign was mostly sustained by small donors. Hayden successfully made the campaigning more open, accountable and participatory and kept on sponsoring his trust in community organizing and grass-roots social movements even in his following political endeavour, CED. Eventually, the investigation casts lights on the strengths, as well as the critical issues, produced by the Hayden's participatory governance of campaigning. By the means of analysing the intellectual history and the institutional implementation of participatory democracy during late 1960s-1970s United States, this research project firstly aims at making up the lack of historiography about the topic. In the second stance, grounding the institutional and political history of participatory democracy in the United States representative democracy - where the concept was born - this research project intends to provide a first genealogy of the participatory democracy's institutional implementation. In this sense, the research projects wants also to contribute to the contemporary debate on the participatory democracy. It is indeed a compelling and popular issue in many worldwide political arenas, but it is still rarely defined by its historical and institutional terms.
The twentieth century (characterized by the gruesome and haze of horror of two World Wars, the Cold Wars-CW, dictatorships, civil wars, genocides, etc.) has seen a great transformation in warfare but to the expense of the innocent civilians and yet in the full view of regulatory internationally recognized war-laws. So, if at one point in history, civilian populations hardly suffered war directly, the order of the state of affairs has now changed. Many civilians perish simply because warlords so desire; extremes of violence, killings and destruction of property is predominantly preferred. As if that is not enough, the indifference of the majority of the public in tranquil zones of the world towards the fate of the civilians in zones under by fire kind of provide implicit licenses to violence planners to do whatever it takes to "win". Consequently, great numbers of survivors are seen trying to escape from situations of assured death to that of probable death. It is against this background that we feel moved to take on this dissertation. Bearing in mind the generally complex and challenging contemporary conflicts that acutely breeds volatile security environments (for civilians), our thesis is that there needed to be an increased, noteworthy and continued applicable innovation of approaches to civilian protection. To be precise, as a strategy to sustainable peace, we have aspired after a world where the United Nations Peacekeeping Department (UNPKD) is not singly considered the sole custodian of the concept of civilian protection but (based on contexts and cases) as one but a leader among other stakeholders (local and foreign) able and ready to contribute to the common-pool of operational arenas. Thinking about these other stake holders, we have in this work stood by those that: firstly, move towards more civilian-centered operations that are; secondly, carried out by (a mixture of grassroots and international) unarmed civilians by means of; thirdly, engages nonviolent approaches and practices that in themselves anticipate the basic constituents of successive bottom-up Peacemaking (PK) and Peacebuilding (PB) in the hic et nunc of their Peacekeeping (PK) initiatives and applications. All these basics, in our view, do not just add up to drawing a continuous line that intersects the just mentioned Three Approaches to Peace (PK, PM, PB) coined by Johan Galtung way back in 1975; they also open avenues to sustainability. The thesis is taken on through three different parts; each subdivided into two chapters. With due attention to intrastate contemporary violent conflicts, the first part tries to demonstrate the reason why in PK there has been indeed need for rethinking the protection of civilians (PoC) and/or for enriching the methods until now employed in bringing it about. In the first chapter of the part, we kind of gave a sketchy attention to the historical journey that the patterns of violent conflicts in relation to the fate of non-combatants have made. It emerges that, unlike in the past, the pattern of contemporary violent conflict, especially with reference to the CW (especially in third-world countries) and post-CW periods, have become severely complex to handle. Wars have continued and proved to be very hot especially on the populations on the periphery; on those who are minimally directly concerned with and honestly ignorant of its objectives. In the period in question, these innocent men, women and children are more than ever struck hard not just by its direct consequences but also the indirect ones and their hopes are constantly put at the brink of mere survival and of the grave. Mores so the lucky ones who manage to escape these snares, continue to unwaveringly hope for bread, freedom, justice and peace, instead of iron that kills and destroys. In chapter II of the same part, looking at the commitments borne by the UN right from its early years in keeping, initially, the interstate and successively also the intrastate peace (of those tormented by reign of violence and terror), we acknowledge the strides gradually taken along the years. These strides has better late than never embraced a multidimensional point in time where civilian protection counts as a primacy. Accordingly, we recognize that the UN military PK is certainly capable of reducing the level of tension in conflicts but we also negated that, by so doing, it is able to guarantee a durable peace not only because of the application of the non-peaceful means which is limited to separating the conflicting parties but also because it lacks the strategic concern of fostering an active citizenship which is a basic ingredient to democratic populace. In Part Two, we have concentrated on the vision and the peculiar picture of the practitioners of the alternative way, particularly; the Nonviolent Peaceforce (NP) which operates on a benchmark of bottom-up strategic empowerment of local civilian unarmed and nonviolent efforts by international unarmed and nonviolent civilians to protect civilians, prevent, reduce and stop violent conflicts. The first chapter of this second part begins by singling out some of the nuts and bolts (Like: The centrality of sustainability; strategic, local and multilevel capacity and relational empowerment and mediation for peace; conflict transformation as the adequate language; nonviolence and nonpartisanship as a philosophy) that make Unarmed Civilian Protection (UCP) stands out faithfully to the above stated aspirations. Without giving importance to the chronological specifics and with a particular reference to the assessment of the practicality of the project that, on a later date, would organizationally become the NP, an extensive attention is paid to the vicissitudes that surrounded the founding of this UCP protection agency and especially to the foundations of the formative elements entailed. Chapter II does not only build on the findings and stimuli of Chapter I, it supersedes it and makes real a new and distinct reality. Herein, a unique place is devoted to the formative components reserved to the practitioners as a strategy for guaranteeing the competencies and high professionalism needed for the successful execution of field strategies attached to the NP UCP objectives, principles, key methods and practices. Through the analysis of the UCP Training Course entitled "Strengthening Civilian Capacities to Protect Civilians; A joint UNITAR- Nonviolent Peaceforce online Course" the chapter tries to show how the activities of the organization intrinsically flow from its very being; from elements which define it. And this is illustrated in how the very life of the NP UCP is blended with its formative spirit and content; a sort of transformative training that seeks to promote transformative operational frameworks that applicable to situations and contexts. The third part of the work is an applied one. It is dedicated to our chosen case study, namely, NP's intervention in the longtime violence-stricken Republic of South Sudan; in a country which (Thomas Hobbes would say) has once again reverted to its natural state; a harsh reality of hand to mouth living and a never ending search for sustenance in an ambiance virtually challenging to change. In chapter I, the pragmatic implementation of NP UCP in strengthening the local civilians' capacity, security and sense of safety in situation of violent conflict is marked out. Here, some concrete instances of this intervention are presented to exemplify the claim that a multiple base of actors (UCPs, the inviting civil society and/or local NGOs of an UCP presence and local partners) can sustainably and strategically provide the PoC work that for a long time was and is still largely entrusted to the military. And at the end of the day PK, PM, PB resources are considered to consist in not only financial and material supports, but also, and (in the same way) importantly, the socio-cultural resources of the affected people. And in this way people in conflict settings are seen as resources rather than recipients. Even though we evidently confirmed that the alternative way counts exceptionally big in strategically promoting, developing, and implementing sustainable unarmed civilian PK as a tool for preventing, reducing and stopping violence and protecting civilians in situations of violent conflict, we also acknowledge that it is not without challenges. These are actually what chapter two of the part extensively dwells on. The second chapter is instead dedicated (at length) to looking at the challenges that NP faces not only with regard to its missions lands but also in general. We have gone about this in the form of a comprehensive assessment and in some humble recommendations are advanced. Among these challenges we have particularly paid attention to issues like: The meager UCP funding and the dominant top-down mentality; the violent bully character of some major world power wielders; the need for more practitioners to carry out UCP; the dynamicity and complexity of conflict nature as a challenge; conflict prevention challenges like delays in capturing the signs of time so as to effectively intervene; the presence of spoilers as a challenge; the challenge of effective sustainable credibility. Recommendations proposed include among others: Investing in systematic reflections on the extent of the progress and failures so far registered in efforts to involve the UN, regional bodies and other donor agencies or individuals in the cause of NP (UCP) and reflecting on the philosophy that underpins the reasons why financial assistance to UCP and NP in particular is founded; more emphasis on the already existing engagement with political leaders and other influential people and embarking on popular campaigns to propagate a concretely evidenced knowledge of the feasibility of the alternative way, instituting and investing in "School Project" (dedicated to preferably to high schools) within the NP Advocacy and Outreach office and insisting on the positives of volunteers' contribution; enriching a little more the content of the just elaborated online UCP training course; etc. Hereafter, the general conclusion of our dissertation will be drawn. A profound acknowledgement of the UNPK pivotal role with its actual multidimensional fronts in PK basically intended as PoC specifically in the contemporary intrastate violent conflicts. It is also observed that, thanks to the appropriate blending of local and international capacities giving priority to the former, UCP's strategic approach to PK (which is not limited to the PoCs but is also anchored to preventing, reducing and ending not just those that are already on but also lays for standing up to the future possible ones) could be counted on. Thus far, it is on one hand, admissible that, despite all the challenges that there may be, NP (UCP) mechanisms is already proffering a great deal to this end, and on the other, it is evident that it can and should still do more. The ability of its interventions to stand the test of time and to stand up to the future conflicts (i.e. its sustainability) resides in a time which is not yet at hand and in the continuous involvement and inventiveness of many. As per now, if the Italian proverb "Il buongiorno si vede dal mattino" (Meaning: You can tell how something will go by how it begins) holds, then it is, up till now, realistic to count on NP as one of the most outstanding Bottom-up UCP organizations in the PoC in (selected) contemporary violent conflict situations. All that is needed is the building and the consolidation of international interest and support for UCP that presents the hope and reality of alternatives to over dependence on armed intervention; alternatives that chances the revitalization of local communities and the restoration of the social fabrics and capital of the affected people.
Dottorato di ricerca in Economia e territorio ; L'oggetto della tesi è la ricerca e la sperimentazione in campo di un modello interpretativo degli impatti prodotti dal cambiamento climatico sulla sicurezza alimentare e nutrizionale delle popolazioni residenti del Nicaragua. L'obiettivo specifico è lo sviluppo e la sperimentazione di una metodologia di analisi della vulnerabilità/stabilità all'insicurezza alimentare dei sistemi agroalimentari locali in Nicaragua in relazione agli effetti del cambiamento climatico, finalizzata alla identificazione di politiche di mitigazione. Il raggiungimento di questo obiettivo ha comportato un'amplia ricerca bibliografica e un'indagine di campo in Nicaragua di circa due mesi tra il Marzo e l'Aprile del 2010. Durante la permanenza in Nicaragua sono state realizzate numerose interviste e focus group con stakeholders sia istituzionali che del settore privato. L'analisi degli impatti generati dal cambiamento climatico sull'ambiente e sulle attività economiche è tanto più difficile e incerta quanto più si procede all'interno di un ambito territoriale ristretto. A livello locale, le dinamiche sociali e l'incidenza dell'azione antropica sull'ambiente possono risultare infatti determinanti nella creazione di condizioni favorevoli o avverse rispetto al benessere della popolazione insediata, ben più della variabilità climatica. La complessità dei fenomeni che legano il clima alle attività umane è ancor più manifesta quando si pretende di mettere in relazione i cambiamenti del clima indotti dal riscaldamento globale col tema della sicurezza alimentare di una determinata comunità. Quest'ultimo tema infatti riunisce aspetti sociali ed economici molto diversificati, come la produzione degli alimenti, la loro conservazione e l'accessibilità in base ai redditi familiari, le condizioni igienico-sanitarie e la proporzione con cui gli alimenti stessi vengono consumati. Investigare sulla relazione economica tra sistemi complessi, come il sistema climatico da una parte e la sicurezza alimentare dall'altra, comporta quindi l'attivazione di modelli interpretativi altrettanto complessi, così come di strumenti analitici di tipo sia quantitativo che qualitativo, tanto più preponderanti questi ultimi, quanto maggiore è la carenza di dati e serie storiche attendibili. Lo spunto iniziale della tesi consiste nella ricostruzione critica a posteriori del modello di interpretazione dell'impatto del cambiamento climatico sui sistemi ecologici e sociali sul quale si fonda l'attuale assetto delle politiche promosse dal governo nicaraguense in tema di sicurezza alimentare e di mitigazione dell'impatto del cambiamento climatico. In questo quadro si è analizzato in particolare l'Indice Aggregato di Insicurezza Alimentare e Nutrizionale elaborato da un'agenzia delle Nazioni Unite (il Programma Mondiale per l'Alimentazione), attualmente utilizzato in Nicaragua nella identificazione delle aree più esposte al rischio di sicurezza alimentare. A fronte delle critiche che si avanzano nei confronti di questo indice, si propone un modello di riferimento più completo per la misurazione della vulnerabilità delle realtà locali, ovvero l'Indice Aggregato Dinamico di Insicurezza Alimentare e Nutrizionale (IADIAN). Questo indice utilizza variabili dinamiche (tassi di variazione) riferite ai fattori socio-economici che determinano l'insicurezza alimentare e al tempo stesso cattura i fattori ambientali locali che maggiormente incidono sulle potenzialità produttive. Purtroppo una esemplificazione applicativa dell'IADIAN è impedita dalla mancanza dei necessari dati in serie storica, ma la sua formulazione fornisce comunque una direttrice operativa che si ritiene utile alla pianificazione della raccolta dei dati statistici (attualmente scarsi e mal organizzati) e all'ordinamento delle fonti statistiche. A fronte delle criticità metodologiche emerse nel corso delle analisi precedentemente illustrate, si passano in rassegna modelli interpretativi alternativi accreditati in letteratura, identificando nel modello concettuale classico, il "DPSIR" (Drivers, Pressures, State & Trends, Impacts and Responses) il più adatto allo sviluppo del tema in oggetto. Il DPSIR è finalizzato, oltreché all'interpretazione dei fenomeni, all'elaborazione di policies volte alla prevenzione e alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. L'applicazione del modello DPSIR, una volta adattato al tema specifico della sicurezza alimentare e nutrizionale, si è rivelato particolarmente utile alla identificazione delle attuali carenze conoscitive, soprattutto per quanto riguarda gli impatti (impacts), e le risposte (responses). Nel quadro dell'analisi degli impatti si è sviluppato una Matrice Multicriteriale degli Impatti e della stabilità dei sistemi agro-alimentari rispetto al cambiamento climatico di due regioni agrarie del Nicaragua. Questa matrice disaggrega i sistemi agro-alimentari nelle loro componenti strutturali (produzione, distribuzione e consumo), mettendole in relazione con gli elementi ("pilastri") costitutivi della sicurezza alimentare e nutrizionale, ovvero: la disponibilità, l'accessibilità e l'uso biologico degli alimenti. La matrice è costruita sulla base di valutazioni di tipo prevalentemente qualitativo, ma offre anche un sistema si "scoring" che consente una priorizzazione dei problemi e, per via comparativa, anche una priorizzazione dei sistemi più vulnerabili. La regione dove si sono potuti apprezzare processi di adattamento e mitigazione degli effetti del cambiamento climatico non è tanto quella che dispone di maggior capitale naturale bensì quella che, contando su comunità di più antico e stabile insediamento, ha sviluppato nel tempo un maggior capitale sociale (come la Regione Agraria delle "Pianure agro-industriali della Costa Pacifica"). La regione agraria della "Nuova Frontiera Agricola e Costa Caraibica", pur contando su un elevato capitale naturale e su un alto potenziale produttivo, è caratterizzata invece da tipologie produttive altamente distruttive e sostenute da una popolazione pioniera che non ha sviluppato ancora modelli di aggregazione comunitaria stabili né un tessuto sociale collettivamente reattivo. L'analisi delle "risposte" si è concentrata su 6 modelli di intervento adottati attualmente dalle istituzioni nazionali (centrali e locali) con l'appoggio della comunità internazionale. Questa analisi ha evidenziato come nessun modello di intervento, considerato isolatamente, riunisca tutte le caratteristiche di efficienza ed efficacia necessari a innescare processi sostenibili di "resilienza" e sviluppo. Nessun intervento si può considerare dunque come una "buona pratica", soprattutto se non inserito in un quadro coordinato e coerente di interventi identificati in ragione di un contesto locale specifico. La durata di tutti gli interventi analizzati è inoltre insufficiente a garantire il successo delle azioni intraprese, tantomeno la loro sostenibilità. In molti casi infatti le iniziative analizzate sollevano aspettative di continuità che nella maggior parte dei casi restano frustrate. E' emersa dunque la necessità di promuovere azioni di sostegno alla sicurezza alimentare e alla mitigazione degli effetti del cambiamento climatico che assumano come criteri guida: - l'integralità, ovvero l'inserzione del tema della sicurezza alimentare nei processi di sviluppo del territorio, evitando che queste rimangano sganciate da una strategia di lotta contro la povertà, di rimozione delle sue cause strutturali e di tutela ambientale, - la coerenza istituzionale, in modo che le azioni di sicurezza alimentare e di mitigazione si coordino sempre con le istituzioni di riferimento, per armonizzare le metodologie di lavoro in vista di una possibile continuità delle azioni intraprese, - coerenza spaziale, ovvero una focalizzazione delle azioni in base a criteri che mettano in relazione le priorità di sicurezza alimentare con quelle ambientali. Dall'insieme delle analisi condotte sembra che si possa affermare dunque che l'insostenibilità ambientale delle pratiche agricole attuali (deforestazione, avanzamento incontrollato della frontiera agricola mediante l'uso del fuoco e dell'apertura di pascoli estensivi, agricoltura nomadica, ecc.) e la debolezza del capitale sociale siano le cause determinati del perpetuarsi di condizioni croniche di insicurezza alimentare. Anche se non suffragata da misurazioni quantitative, sembra credibile inoltre l'ipotesi che le variazioni micro-agro-climatiche a livello locale, originate dalla cattiva gestione delle risorse naturali, incidano attualmente molto più sulla insicurezza alimentare di quanto non facciano gli effetti del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento globale. Le attuali politiche di intervento nel campo della sicurezza alimentare e le strategie di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico non considerano sufficientemente gli aspetti sopra richiamati e la loro integrazione operativa è ancora insufficiente. Per evidenziare questa discrepanza si è elaborato una matrice degli interventi di mitigazione dell'impatto del cambiamento climatico sulla sicurezza alimentare e nutrizionale. La matrice proposta mette in relazione le carenze politiche e le priorità emerse dall'analisi DPSIR con una serie di proposte di azione politica, riferite in particolare alle due regioni agrarie selezionate. La comunità internazionale dei donanti (UE in primis), che sostiene le politiche ambientali e di sicurezza alimentare del governo nicaraguense, ha la responsabilità di promuovere interventi sinergici e coordinati, volti soprattutto a rimuovere gli ostacoli di carattere strutturale che impediscono l'equità d'accesso al capitale terra e all'alimentazione. Nell'ambito dell'aiuto internazionale dovranno essere inoltre maggiormente considerati gli studi volti al miglioramento delle conoscenze dei fenomeni che legano la variabilità climatica, la sicurezza alimentare e lo sviluppo economico. Il coinvolgimento della società civile nella gestione delle reti di solidarietà (ad esempio le reti di allerta precoce) e nella raccolta dei dati socio-economici e agro-climatici locali è inoltre di cruciale importanza. Solo uno sforzo congiunto delle comunità locali, delle istituzioni nazionali e della comunità internazionale, col supporto di adeguate conoscenze e di più efficaci strumenti di analisi, potrà invertire il processo di riproduzione delle condizioni ambientali e socio-economiche che determinano oggi l'esposizione al rischio di insicurezza alimentare per vasti strati della popolazione nicaraguense. ; The thesis deals with a research and an on-field testing of an impact interpretation model of climate change on food security in Nicaragua. The specific purpose is the development and testing of a vulnerability/stability analysis method of the effects of the climate change on two sample food systems in Nicaragua. The method is also aimed at the identification of prevention and mitigation policies. The achievement of this objective is based on a wide bibliographical research and a two months field survey in Nicaragua (March and April 2010). During the field survey a large number of interviews and focus groups with both private and institutional stakeholders was carried out. The more an impact analysis of climate change on environment and economic activities is focused on a restricted area, the less it results easy and reliable. Social dynamics and human action on environment at local level can be more crucial in creating adverse or favourable living conditions to people than climate variability. The complex relationship between climate and human activities is even more apparent when attempting to relate climate changes and food security of a specific community. Food security concept gets together different meanings, such as food production and conservation, income based food accessibility and biological use of food (diet patterns and hygienic conditions of food consumption). Therefore, dealing with economic relations between complex systems, as climate and food security, involves the use of articulated interpretation models as well as quantitative and qualitative analytical tools, being the latter prevalent in a condition of scarce or unreliable data and time series. The starting point of the thesis is a critical analysis of the current interpretation model of the impact of climate change on ecological and social systems on which the present food security and climate change impact mitigation policies of the Government of Nicaragua are based. In this framework the Aggregated Food and Nutritional Insecurity Index - elaborated by the World Food Programme and presently adopted in Nicaragua in the identification of the areas mostly exposed to food insecurity – is also analysed and discussed. As a consequence of this analysis a more complete model is proposed, named Dynamic Aggregated Food and Nutritional Insecurity Index. This index uses dynamic variables (rates of variation) referring to socio-economic factors which determine food security. At the same time this index captures the most production-related environmental factors at local level. Unfortunately a sample application of this index is impeded by the lack of the necessary time series. Nevertheless its formulation offers a useful operational direction to data collection planning and organization. As a consequence of the critical methodological issues emerged in the previous analysis, a review of alternative interpretation models is proposed and discussed. The "DPSIR" (Drivers, Pressures, State & Trends, Impacts and Responses) model is then identified as the most suitable for the achievement of the thesis objective. The DPSIR model is aimed at interpreting environmental and human contexts as well as at focusing policies makers on prevention and mitigation measures. Once specifically adjusted to food and nutritional security issues, the DPSIR model resulted particularly useful to identifying the existing knowledge deficiencies, about impacts and responses in particular. The "impact analysis" is complemented with a multi-criteria matrix of impacts of climate change on food systems of two different agricultural regions of Nicaragua (stability analysis). This matrix relates the food systems components (food production, distribution and consumption) to the corresponding pillars of the food security concept (availability, accessibility and biological use). The matrix converts quantitative and qualitative assessments into a scoring system allowing for identifying the most relevant problems and comparing stability / vulnerability levels of different food systems. The agricultural region where adjustment and mitigation processes are more visible is not the one counting with a more consistent natural capital (New Agricultural Frontier and Caribbean Cost) but the one relying on old and stable human settlements and more consistent social capital (Agro-industrial lowlands of the Pacific Cost). The first agricultural region, even if provided with a consistent natural capital and a high production potential, is characterised by the highly destructive production patterns of a pioneer population which has not yet developed either aggregative community models or collective resiliency experiences. The "response analysis" is focused on 6 different prevention/mitigation models presently adopted by the national authorities (both central and local) with the support of the international donors community. This analysis stresses that none of the models gets together all the necessary characteristics of efficiency and effectiveness for trigging resiliency and development processes. None of the models can be considered as a "good practice" per se, mainly if not included in a locally focused, coordinated and coherent framework of measures. Furthermore, the duration of the institutional actions applying these models is generally too reduced for ensuring their success and sustainability and fulfilling the expectations of the beneficiaries. From the "response analysis" clearly emerged the need to adopt the following general criteria in the effort to support food security and mitigate the effects of climate change: - Wholeness of the approach: the insertion of any food security action (programme, project, initiative) in the framework of land development process, including actions against poverty and environmental protection, - Institutional coherence: both food security and climate change impact mitigation actions should be always coordinated with the competent institutions, in order to harmonise working methods, - Spatial coherence: the identification of priority action areas should consider food security problems and environmental vulnerability simultaneously. The environmental unsustainability of the present agricultural practices (deforestation, advance of the agricultural frontier by slashing and burning the natural cover, nomadic agricultural patterns, etc.) and the weakness of the social capital perpetuate chronic food insecurity conditions. Even though not supported by quantitative evaluations, it seems apparent that micro-agro-climatic changes due to the mismanagement of local environmental resources affect food security much more than the effects of global climatic change. Present food security policies and climate change impact mitigation strategies do not consider the analysis above and their harmonisation is insufficient and not operational. In order to highlight this discrepancy a comparative policy matrix is presented ad discussed. This matrix shows a comparative analysis between the political deficiencies and priorities emerged thanks to the DPSIR approach and a number of action proposals referred to the two sample agricultural regions. The international donors community (UE first) supporting both food security and environmental policies of the Government of Nicaragua has the responsibility to cooperate in order to remove the structural constraints impeding an equitable access to fertile farming land and food. In the framework of the international aid, more investments in research should be considered in order to improve the knowledge of all factors relating climatic variability to food security and economic development. The involvement of civil society in the management of social solidarity networks (i.g.: food crisis early alarm networks) and the collection of basic socio-economic and climatic data at local level ore of crucial importance. Only a joint effort of the local communities, the national institutions and the international donors' community, supported by adequate knowledge and more effective analytical tools, will revert the process that determines the adverse environmental and socio-economic conditions which currently expose a large number of Nicaraguan people to food insecurity.
Il lavoro è volto a mettere in luce le problematiche connesse all'attività delle imprese multinazionali e alla sussistenza in capo alle stesse di una responsabilità sociale internazionale (RSI). Nell'attuale panorama economico e politico mondiale, caratterizzato dalla globalizzazione e dalla stretta interdipendenza dei mercati, dalla sempre più frequente internazionalizzazione dei processi produttivi e aziendali e dalla contestuale operatività delle società in più Paesi, dalla accresciuta consapevolezza del consumatore circa il rispetto, nei processi produttivi, di istanze ritenuti fondamentali dalla società civile, come i diritti fondamentali dell'uomo e dei lavoratori o la protezione dell'ambiente, l'impresa multinazionale assume un ruolo fondamentale sia nell'indirizzare i trends economici globali (si pensi al fatto che alcune società hanno profitti superiori al PIL di buona parte degli Stati della comunità internazionale); la configurazione di una responsabilità sociale in capo a tali società vuol dire mescolare la libertà di impresa e il libero mercato con l'etica. La necessità di inserire la questione dell'etica negli affari nasce, dunque, dalla convinzione - sempre più diffusa in ambito internazionale e nazionale - che l'attenzione dell'impresa verso le istanze sociali, ambientali ed etiche delle comunità umane costituisca una condizione imprescindibile per uno sviluppo durevole e sostenibile. In tale prospettiva, dunque, il concetto di responsabilità sociale d'impresa richiama le imprese a considerare attentamente - nella definizione della propria strategia, nell'articolazione delle politiche e nelle procedure gestionali quotidiane - gli interessi diffusi della collettività, nonché l'impatto delle proprie attività, non solo in termini economici, ma anche sociali, ambientali ed etici. La responsabilità sociale rappresenta, quindi, per l'impresa uno strumento utile ed efficace per rispondere alle istanze e alle esigenze della società civile. Con la RSI nasce quindi una teoria di impresa che vede la produzione di beni non solo come strumento di profitto ma anche come occasione di realizzazione del benessere sociale; lo stesso operato dell'impresa inizia ad essere valutato globalmente non solo in rapporto ai risultati economici della stessa ma anche in base alla qualità del prodotto, alla qualità dell'ambiente lavorativo e alle istanze ambientali, seconda i dettami di quella scuola di pensiero del cd. business ethics per cui le imprese sono chiamate a compiere azioni che contribuiscano ad eliminare e prevenire le iniquità sociali e a promuovere lo sviluppo della collettività. Tale necessità è stata anche consequenziale a comportamenti ed abusi messi in atto dalle società transnazionali che hanno arrecato gravi danni alle comunità umane degli Stati ospiti delle attività produttive. Gli abusi commessi dalle imprese, non sempre riconducibili a precise violazioni degli ordinamenti nazionali, sono stati progressivamente interpretati e costruiti come violazioni o mancanze nei confronti di un complesso di principi definiti come appartenenti ad una ampia sfera di responsabilità sociale internazionale dell'impresa, che implica la perdita di reputazione e, quindi, la possibile riduzione delle sue quote sul mercato qualora gli stakeholders più interessati riescano a mobilitare l'opinione pubblica su larga scala. Fin dagli anni '70, diverse organizzazioni internazionali hanno iniziato ad occuparsi della regolamentazione dell'attività delle imprese transnazionali, evidenziando il ruolo che le imprese multinazionali sono chiamate a rivestire nei processi di tutela dei diritti umani e dell'ambiente che emergono nello svolgimento delle loro attività economiche; appare evidente come sia basilare, nel piano dell'opera, definire l'impresa multinazionale, analizzando i diversi strumenti adottati dalle organizzazioni internazionali e i contributi dottrinali in materia, alla luce dei quali sembra potersi dire che il carattere di "multinazionalità" o "transnazionalità" è dato dalla presenza di diverse unità operative, dislocate in più Paesi, che si trovano sotto il controllo (azionario o di gestione) di un'unica società holding; tale distinzione tra unità operative si estende fino al profilo giuridico, in quanto le singole consociate sono autonomi soggetti di diritto sottoposti, relativamente ai profili della regolamentazione e della costituzione, all'ordinamento giuridico dello Stato di nazionalità. Ciò spesso comporta che le società scelgano come sede un Paese sulla base della convenienza che ciascuno di essi offre in relazione al trattamento fiscale, al costo della manodopera e delle materie prime, alla regolamentazione in materia di protezione dell'ambiente. Sembra quindi necessario un tentativo di regolamentazione da parte di organismi sovranazionali, a fronte del numero sempre maggiore di imprese operanti in più mercati (più di 80.000 società con circa 900.000 società sussidiarie), al loro peso economico e occupazionale (si stimano circa 80.000.000 di posti di lavoro) e a seguito di numerosi episodi che hanno coinvolto tali imprese dagli anni '70 ad oggi, come nei casi della Drummond o della Del Monte, accusate di gravi repressioni dei diritti sindacali e sociali dei lavoratori, o della Chevron/Texaco e della Union Carbride, responsabili di disastri ambientali tra cui quello di Bophal, in India, fino al caso, recentissimo, del disastro ambientale causato dalla piattaforma Deepwater Horizon al largo delle coste della Florida e della Louisiana tra il 2010 e il 2011, o i casi di violazioni dei diritti umani e commissione di crimini internazionali (arresti arbitrari, torture, violenze sessuali, trattamenti inumani e degradanti), commesse da società transnazionali operanti nel settore estrattivo e minerario in Africa e nel Sud Est Asiatico, commessi direttamente o a mezzo di milizie assoldate per la protezione degli impianti. L'attività delle Organizzazioni internazionali, a partire dagli anni '70, si è focalizzata sul tema; l'OCSE, l'Organizzazione internazionale del lavoro, la Camera di Commercio internazionale hanno adottato in quegli anni raccomandazioni e dichiarazioni rivolte agli Stati membri e alle imprese per l'adesione a certi principi e diritti già sanciti da altri strumenti convenzionali; le Nazioni Unite, prima attraverso l'attività della Commissione sulle imprese multinazionali e poi della Sottocommissione per la protezione e promozione dei diritti umani, si sono occupate della materia, giungendo alla elaborazione di un Codice di condotta per le imprese multinazionali (mai adottato) e di Norme sulla responsabilità delle imprese multinazionali e altre imprese in relazione ai diritti umani, che si affiancano alla partnership pubblico-privata del Global Compact. Ancora, anche altre organizzazioni internazionali, come l'Organizzazione mondiale della sanità, l'OMC, la Banca mondiale, l'International Standard Organisation, hanno adottato atti che invitano le imprese a svolgere la propria attività produttiva nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona, delle comunità locali e dell'ambiente, e quindi prendendo in considerazione non solo interessi e diritti dei soci ma di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti o toccati dall'attività aziendale. In ultimo, è il lavoro del Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU John Ruggie ad elaborare un quadro normativo (denominato Protect, Respect, Remedy) generale relativo al rapporto tra business e diritti umani. La caratteristica degli strumenti analizzati è la loro natura non vincolante, quindi meramente esortativa e ad applicazione volontaria. Tale situazione si ricollega sostanzialmente a due ragioni: la discussa soggettività internazionale delle imprese multinazionali e le opposte visioni dei Governi in materia (con evidenti difformità di vedute tra Paesi in via di sviluppo e Paesi industrializzati). Riguardo alla soggettività delle imprese multinazionali, ovvero lo status di essere titolari di diritti e obblighi nascenti dal diritto internazionale, la dottrina internazionalistica è fortemente divisa. Secondo un primo orientamento, le IMN non sarebbero soggetti di diritto internazionali in quanto sono solo destinatarie di norme, e quindi "oggetto" del diritto internazionale; sarebbero soggette solo alla giurisdizione dello Stato, e vincolate dal diritto internazionale solamente in virtù del richiamo da parte dell'ordinamento giuridico interno. Dagli anni '60, inizia a farsi largo un diverso filone dottrinale che, partendo dal noto parere della Corte internazionale di giustizia Reparations for Injuries, considera l'impresa quale soggetto di diritto internazionale, in virtù di una serie di diritti e obblighi che le vengono attribuiti dal diritto internazionale, soprattutto in materia di investimenti e di contratti internazionali (tra tutti, il diritto di adire un'istanza arbitrale o giurisdizionale a carattere arbitrale). Inoltre, la costante attenzione per l'attività delle IMN da parte delle Organizzazioni internazionali, potrebbe testimoniare la nascente opinio juris di conferire una, seppur limitata, soggettività internazionale alle imprese. Dall'analisi della prassi internazionale si sono tratte conclusioni provvisorie, in particolare che l'impresa, soprattutto nel settore del diritto economico e degli investimenti, possegga una personalità giuridica internazionale limitata e soprattutto derivata dalla volontà degli Stati, ma soprattutto funzionale, poiché contenuta nei limiti stabiliti dal trattato internazionale (BITs) o del contratto internazionale che stabilisce diritti e obblighi per la stessa. Negli ultimi anni anche l'Unione Europea ha iniziato a promuovere una adesione delle imprese ai valori fondamentali dei diritti dell'uomo, dei lavoratori e dello sviluppo sostenibile. A partire dal Libro Verde del 2001, l'UE ha elaborato progressivamente una strategia europea per la responsabilità sociale di impresa, qualificata come adozione spontanea di prassi volte a contribuire al miglioramento della società e alla qualità dell'ambiente. La strategia dell'UE si caratterizza per avere una dimensione sia interna all'impresa, stabilendo una serie di programmi d'azione e l'adozione di sistemi di gestione dei processi produttivi, sia esterna alla stessa, prevedendo il coinvolgimento di comunità locali, partner commerciali, clienti, fornitori, ONG, autorità statali. A tali fini, l'UE lanciò una serie di iniziative, quali i sistemi EMAS e ECOLABEL di certificazione ecologica e di audit ambientale, il Multistakeholders' forum, per formare un quadro giuridico regolamentare in materia di appalti pubblici e sostenibilità ambientale, di tutela del consumatore, di pubblicità ingannevole, nonché l'adozione di codici di condotta settoriali, ispirato ai principi della RSI. L'attività di regolamentazione della RSI ha ricevuto un contributo dalle stesse imprese multinazionali, nel senso di una autoregolamentazione delle proprie attività, attraverso dei codici di condotta autonomamente adottati dalla singola impresa in funzione delle proprie strategie e valori. Tali codici si distinguono nettamente dalle linee guida adottate dalle Organizzazioni internazionali perché in essi l'impresa si fa creatrice e destinataria di norme, create non perché la necessità provenga dal diritto, ma dall'interesse dell'impresa (che, in molti casi, si caratterizza per essere meramente reputazionale). Tali codici, di chiara natura volontaristica, garantiscono il rispetto degli standard di tutela e di promozione dei principi in esso contenuti, stabilendo il più delle volte un meccanismo di monitoraggio e controllo del rispetto delle norme in esso contenute, meccanismo che può essere a carattere interno (gestito quindi da un ufficio interno all'impresa) o a carattere esterno (gestito, il più delle volte, da una ONG o da un sindacato). Infine, la ricerca si conclude con l'analisi dei principali temi che riguardano la RSI negli ultimi anni, ovvero quelli relativi ai profili di responsabilità delle imprese per violazione dei diritti fondamentali e per danni ambientali (con particolare riguardo alla disciplina statunitense contenuta nell'Alien Torts Statute), con particolare riferimento agli obblighi internazionali che incombono sugli Stati attraverso la ricostruzione della prassi internazionale. Inoltre, ulteriore profilo di studio è quello che si concentra sulla possibile estensione della giurisdizione dei tribunali internazionali per crimini internazionali alle persone giuridiche, con particolare riguardo ai lavori preparatori della Conferenza di Roma che ha portato all'istituzione della Corte Penale Internazionale. In conclusione, oggetto della ricerca è stato la ricostruzione del concetto di RSI, il quale è un prodotto degli ordinamenti nazionali ed in particolare degli ordinamenti giuridici degli Stati industrializzati, identificando un framework giuridico che include strumenti normativi di varia natura e in svariati settori, come quelli che disciplinano le società commerciali; le normative nazionali di prevenzione e repressione della corruzione; le normative del settore finanziario ed in particolare quelle sulle borse valori; le discipline a tutela del lavoro, dell'ambiente e del consumatore. Negli Stati più avanzati dal punto di vista economico e istituzionale la RSI, dunque, non è codificata in uno specifico settore regolamentare ma rappresenta un sistema complesso di normative che regolano i diversi aspetti di quelle attività di impresa; nei PVS, invece, tali normative sono spesso frammentarie o addirittura assenti: questa situazione ha permesso alle IMN di avvantaggiarsi dei vuoti legislativi o delle regole stringenti presenti in questi Paesi. Appare evidente come la comunità internazionale abbia constatato la necessità di regolare l'attività delle imprese multinazionali, per la promozione e la protezione dei propri valori fondamentali e di uno sviluppo in un'ottica di sostenibilità ambientale, nell'intenzione di creare un quadro giuridico internazionale che permetta alle imprese di perseguire le proprie finalità aziendali senza perdere di vista le esigenze collettive (in particolare dei Paesi in cui operano). Per raggiungere tale obiettivo, appare inevitabile un'evoluzione del diritto internazionale vigente, i cui processi di formazione, gestiti sostanzialmente dai Governi, non possono non tenere conto dell'accresciuto ruolo e peso delle IMN e della società civile. ; In today's economic and political world characterized by globalization and interdependence of markets, by an increasingly internationalization of production processes and by business operations of the company conducted simultaneously in several countries, by an increased consumer awareness regarding compliance of production processes to values that are considered essential by civil society, as fundamental human rights and labour and environmental protection, MNEs have a fundamental role in addressing the global economic trends. In this perspective, then, the concept of corporate social responsibility attracts companies to consider carefully - in the definition of its strategy and in the articulation of policies and procedures daily management - the various interests of the community, as well as the impact of its activities, not only in economic terms but also in social, environmental and ethical issues. Social responsibility is, therefore, a useful tool for the enterprise and effective way to respond to the needs and demands of civil society.With the CSR arises, therefore, a theory of business that sees the production of goods not only as a means of profit, but also as an opportunity for the realization of social welfare, as dictated bythe school of thought of thebusiness ethics, which invite companies to take action in orderto eliminate and prevent social inequities and promote community development. This need was also consequential to the abusescommitted by transnational corporations that have caused serious damage to human communities of their host countries. Abuses committed by companies, not always related to specific violations of national laws, have been gradually interpreted and constructed as a violation or misconduct against a set of principles defined as belonging to a broad spectrum of social responsibility international, which implies loss of reputation and, therefore, the possible reduction of its share on the market where the key stakeholders concerned can mobilize public opinion on a large scale. Since the 70s, several international organizations have begun to deal with the regulation of transnational corporations, highlighting the role that multinational corporations are called to play in the process of protection of human rights and of the environment that emerge in the course of their economic activity. Is fundamental for the work plan, define the multinational enterprise, by analysing the various instruments adopted by international organizations and doctrinal contributions on the subject, the light of which it seems possible to say that the character of "multinationality" or "transnationality" is the presence of various operating units, located in different countries, which are under the control (equity or management) of a single holding company; the distinction between operational units extends to the legal point of view, as the individual subsidiaries are independent legal entities subject, relatively to the profiles of the regulation and constitution, subjected to the legal system of the State of nationality. It often means that companies choose the host country on the basis of convenience that this country provides in relation to the tax treatment, labour costs and raw materials, to the rules on environmental protection. It therefore seems necessary to attempt to regulate multinational enterprises by supranational bodies, in relation to the increasing number of companies operating in multiple markets (more than 80,000 companies with about 900,000 subsidiaries), to their economic and employment (an estimated 80 million job opportunities) and following several incidents involving such companies from the '70s to today, as in the case of Drummond or Del Monte, accused of severe repression of trade union rights and social rights of workers, or Chevron/ Texaco and Union Carbide, responsible for environmental disasters including that of Bhopal, India, to the case of the environmental disaster caused by the Deepwater Horizon rig off the coast of Florida and Louisiana between 2010 and 2011, or cases of human rights violations and commission of international crimes (arbitrary detention, torture, rape, inhumane and degrading treatment) by transnational corporations operating in the mining industry in Africa and South East Asia, made directly or through the militias hired to the protection of plants. The activities of international organizations, from the 70s, focused on the theme, the OECD, the International Labour Organization, the International Chamber of Commerce adopted in those years, recommendations and declarations addressed to the Member States and the companies for adherence to certain principles and rights already provided by other conventional instruments; also the United Nations, first through the work of the Committee on Multinational Enterprises and then through the subcommittee for the protection and promotion of human rights, have dealt with the matter, coming to the elaboration of a Code of Conduct for Multinational Enterprises (never adopted) and rules on the responsibilities of transnational corporations and other business enterprises with regard to human rights, alongside to the public-private partnership of the Global Compact. Still, other international organizations such as the World Health Organization, the WTO, the World Bank, the International Standards Organization (which as a private nature), have taken actions that invite businesses to carry out its production activities in full respect of fundamental human rights, of local communities needs and of the environment, and then taking into account not only the interests and rights of the shareholders but to all those involved in various ways affected the activity or business. Finally, it is the work of the Special Representative of the UN Secretary-General John Ruggie to develop a framework (called Protect, Respect, Remedy) concerning the relationship between business and human rights. The characteristic of the analysed tools is their non-binding nature, then merely hortatory and voluntary application. This situation is linked mainly to two reasons: the disputed international subjectivity of multinational enterprises and the opposing views of Governments on the subject (with obvious differences of views between developing countries and industrialized countries). Regard to the subjectivity of transnational corporations, or the status of being holders of rights and obligations arising from international law, international legal theory is strongly divided. According to one view, MNEs would not be subject to international law as they are only recipients of rules, and then the "object" of international law would be subject only to the jurisdiction of the state, and bound by international law only by virtue of the reference made by the domestic legal system. Since the '60s, a different doctrinal trend began to make his way starting from the known opinion Reparations for Injuries of the International Court of Justice, and then considering the company as a subject of international law, by virtue of a series of rights and duties which are assigned to it by international law, especially in the field of investment and international contracts (among them, the right to appeal an arbitration tribunal or judicial character arbitration). In addition, the constant attention to the activities of MNEs by international organizations, could witness the nascent opiniojuris to give ainternational subjectivity to businesses, albeit limited. An analysis of international practice have taken provisional findings, in particular that the company, especially in the field of economic law and investment, possesses an international limitedlegal personality and mainly derived from the will of the States, but above all functional, as contained in limits established by international treaty (BITs) or international agreement that establishes rights and obligations for the same. In recent years the European Union has begun to promote adhesion of the companies core values of human rights, labour standards and sustainable development. From the Green Paper of 2001, the EU has developed progressively a European strategy for corporate social responsibility, described as spontaneous adoption of practices to contribute to the improvement of society and the quality of the environment. The EU strategy is characterized by having an internal dimension to the company, establishing a series of action programs and the adoption of management systems, processes, and external to it, calling for the involvement of local communities, commercial partners, customers, suppliers, NGOs, state authorities. To this end, the EU launched a series of initiatives, such as EMAS and Ecolabel certification ecological and environmental audit, the multi-stakeholder forum, to form a legal framework to regulate public procurement and environmental sustainability, protection of consumer, misleading advertising, and the adoption of sectorial codes of conduct based on the principles of CSR. The regulatory activities of CSR has received a grant from the multinational enterprises themselves, in the sense of a self-regulation of their activities, through codes of conduct adopted by each company independently according to their own strategies and values. These codes can be clearly distinguished from the guidelines adopted by international organizations because in them the company is the creator and recipient of rules, created not because the need comes from the law, but by the company (which, in many cases, characterized by being merely reputational). These codes, clearly voluntary, ensure compliance with standards for the protection and promotion of the principles contained therein, setting most of the time a mechanism for monitoring and enforcement of the rules it contains, a mechanism that may be internal character (then managed by an office inside the company) or external character (managed, in most cases, an NGO, or a trade union). Finally, the research concludes with an analysis of the main issues concerning CSR in recent years, namely those related to the profiles of corporate responsibility for violation of fundamental rights and environmental damage (especially with regard to U.S. regulations contained in the Alien Tort Statute), with particular reference to international obligations on states through the reconstruction of the international practice. In addition, further study is to profile that focuses on the possible extension of the jurisdiction of international tribunals for crimes under international law to legal persons, with particular reference to the drafting history of the Rome Conference that led to the establishment of the International Criminal Court. In conclusion, the object of the research was the reconstruction of the concept of CSR, which is a product of national law and in particular the legal systems of the industrialized countries, identifying a legal framework that includes legal instruments of various types and in various sectors, such as those governing commercial companies, national regulations for the prevention and combating of corruption; regulations of the financial sector and in particular those on stock exchanges; disciplines to protect labour, the environment and the consumer. In the most advanced in terms of economic and institutional CSR, therefore, is not encoded in a specific sector regulation but it is a complex system of regulations governing various aspects of the business activities, in developing countries, however, these rules are often fragmentary or even absent: this situation has allowed MNCs to take advantage of loopholes in the law or stringent rules present in these countries. It is evident that the international community has identified the need to regulate the activities of multinational enterprises, for the promotion and protection of its fundamental values and development in a sustainable environment, with the intention to create an international legal framework that allows companies to pursue their own business purposes without losing sight of the collective needs (in particular in the countries in which they operate). To achieve this goal, it is inevitable evolution of international law, whose formation processes, managed largely by governments, cannot fail to take into account the increased role and weight of MNEs and civil society. ; Dottorato di ricerca in Persona, impresa e lavoro: dal diritto interno a quello internazionale (XXV ciclo)
La presente tesi affronta il tema della modulazione degli effetti delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale intrecciandolo con l'analisi dell'esperienza tedesca delle Unvereinbarkeitserklärungen, le quali costituiscono lo strumento privilegiato con cui il Bundesverfassungsgericht modula nel tempo gli effetti della declaratoria di incostituzionalità. L'analisi congiunta del modello italiano e tedesco consente di valutare sotto un diverso angolo prospettico la questione relativa ai limiti dell'efficacia retroattiva delle sentenze di accoglimento, la quale ha interessato l'attività della Consulta sin dai primissimi anni della sua attività. Nel primo capitolo della tesi verrà analizzata la disciplina relativa agli effetti delle sentenze di accoglimento, ragionando in particolar modo sul principio di retroattività che presidia la declaratoria di incostituzionalità; nel secondo capitolo, verrà dedicato ampio spazio alla prassi temporalmente manipolativa della Corte costituzionale, evidenziandone le esigenze sottese e i relativi nodi problematici. Il terzo capitolo ospiterà una ricognizione delle decisioni di incompatibilità tedesche: l'analisi, che prenderà le mosse da una riflessione sul dogma della nullità e dell'annullabilità della norma incostituzionale, interesserà non solo le ragioni che conducono il Bundesverfassungsgericht a scindere il momento dell'accertamento da quello della declaratoria dell'incostituzionalità, ma anche gli effetti che si ricollegano alle diverse varianti decisionali delle Unvereinbarkeitserklärungen. Infine, l'ultimo capitolo sarà dedicato ad un raffronto tra l'esperienza temporalmente italiana e quella tedesca: esso si strutturerà principalmente intorno al profilo relativo al rapporto tra Giudice costituzionale e legislatore, ovverosia il perno intorno al quale si muove (o, meglio, dovrebbe muoversi) la giurisprudenza temporalmente manipolativa. ; The present thesis deals with the issue of modulating the effects of the sentences of the Constitutional Court by intertwining it with the analysis of the German experience of the Unvereinbarkeitserklärungen, which constitute the privileged temporally manipulative instrument with which the Bundesverfassungsgericht modulates over time the effects of the declaration of unconstitutionality. The analysis of German and Italian constitutional justice makes it possible to assess under a different perspective angle the question concerning the limits of the retroactive effectiveness of the declaration of unconstitutionality, which has affected the activity of the Corte Costituzionale since the very first years of its activity. If in the first chapter of the thesis the discipline relative to the effects of the sentences of unconstitutionality will be analyzed, reasoning in particular on the principle of retroactivity which oversees the declaration of unconstitutionality itself, in the second chapter ample space will be dedicated to the temporally modulative practice of the Constitutional Court, highlighting the underlying needs as well as the related problem areas. The third chapter is devoted to the study of the German incompatibility decisions. The analysis, which starts from a reflection on the dogma of nullity and the annulment of the unconstitutional rule, concerns not only the reasons that lead the Bundesverfassungsgericht to split the moment of assessment from that of the declaration of unconstitutionality, but also the effects that relate to the different decision-making variants of the Unvereinbarkeitserklärungen. Finally, the last chapter is devoted to a comparison between the temporally modulative Italian and German experience: it will be structured mainly around the profile relative to the relationship between the constitutional judge and the legislator, which constitutes the pivot around which the temporally modulative case-law moves (or, better, should move). ; In dieser Doktorarbeit wird das Thema der Handhabung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit der vom Verfassungsgerichts getroffenen Annahmeurteile (die "sentenze di accoglimento") mit besonderer Beachtung der Steuerung der zeitlichen Rechtswirkungen durch das Bundesverfassungsgericht untersucht. Vor der Erläuterung des Inhalts dieser Doktorarbeit erscheint es mehr als notwendig, einleitend kurz die Gründe für diese Überlegung zur deutschen Praxis hervorzuheben. In diesem Sinn ist die Behauptung des Verfassungsrichters Lattanzi zur Rechtsprechung im aktuellen Fall "Cappato" von großer Bedeutung: Es geht hier im Wesentlichen um die Ähnlichkeit des Typs der vom Verfassungsgericht getroffenen Entscheidung mit dem der deutschen Unvereinbarkeitsentscheidungen, die Hauptthema dieser Untersuchung sind, und zwar nicht nur, da diese einen zeitlichen Aufschub der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung (wenn auch auf eine ganz eigne Art) verfügen, sondern auch weil sie, wie in der deutschen Rechtslehre bestätigt, ein wichtiges Mittel zur Untersuchung der Beziehungen zwischen Verfassungsgericht und Gesetzgeber darstellen. Auf der Ebene der Rechtslehre stellen die deutschen Unvereinbarkeitserklärungen den Gegenstand eines erneuten Interesses heute und sorgfältiger Untersuchungen in der Vergangenheit dar: In diesem Sinn ist das Studienseminar über die Modulation der Rechtswirkungen der von demselben Verfassungsgericht gefassten Annahmesprüche, bei denen die maßgebliche Rechtslehre die typischen Merkmale der Unvereinbarkeitsentscheidungen untersuchte, um eine mögliche Übertragung in die Sammlung der Entscheidungshilfen des Verfassungsgerichts zu erwägen, von Bedeutung. Bei jener Gelegenheit wurden viele Probleme eines solchen Entscheidungstyps vorgebracht: Insbesondere betrafen diese erstens die Schwierigkeit, ihre konkreten Rechtswirkungen zu erkennen, zweitens die Schwierigkeit, ihr in dem untätigen italienischen Parlament Folge zu leisten und drittens die abweichende Rolle, die das Bundesverfassungsgericht innerhalb der deutschen Regierungsform innehat. Es handelt sich um drei im letzten Teil dieser Doktorarbeit untersuchte Punkte, die in der Tat nicht wenige Probleme aufwerfen, vor allem angesichts der Aufnahme durch das Verfassungsgericht einiger Urteile, die unter verschiedenen Aspekten den deutschen Unvereinbarkeitserklärungen ähneln. Dabei handelt es sich insbesondere um die Urteile Nr. 243 von 1993, Nr. 170 von 2014, Nr. 10 von 2015 und Nr. 207 von 2018. Ein enger Vergleich mit der Ratio und den Problempunkten der deutschen Unvereinbarkeitserklärungen ist somit nützlich, nicht nur, um deren möglichen Chancen in der italienischen Verfassungsrechtsprechung zu erwägen, sondern auch, um eine noch offene Frage zu erörtern, die das Verfassungsgericht seit Anbeginn ihrer Tätigkeit als Hüter des Grundgesetzes betrifft. Nach dieser Einleitung wird im ersten Kapitel der Doktorarbeit die gesetzliche Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile untersucht; das zweite Kapitel ist der Analyse der zeitlich handhabenden Praxis des Verfassungsgerichts gewidmet. Das dritte Kapitel ist der deutschen Praxis der Unvereinbarkeitserklärungen gewidmet, während im vierten Kapitel die wichtigsten Punkte der Vergleichsstudie zwischen der zeitlich steuernden italienischen und der deutschen Praxis behandelt werden. Die Wahl eines solchen Aufbaus erklärt sich angesichts der Möglichkeit einer Analyse ex ante der mit der Handhabung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile verbundenen Problempunkte, um dann das Verständnis ex post der Gründe, die diese Doktorarbeit zu einer Untersuchung der "flexiblen" Rechtsprechung des Bundesverfassungsgerichts geführt haben, zu erleichtern. Im letzten Kapitel schließlich wird versucht, einige Aspekte, die mit den heutigen Schwierigkeiten der zeitlich steuernden Rechtsprechung der Verfassungsgerichte zu tun haben, nach der Logik von Ähnlichkeit und Gegensatz hervorzuheben, darunter insbesondere die Beziehung zwischen Verfassungsorgan und Legislativorgan. Das erste Kapitel ist vollkommen der Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile gewidmet, die, wie bereits angedeutet durch Art. 136 des ital. GG, Art. 1 des ital. Verfassungsgesetzes Nr. 1 von 1948 und Art. 30, 3. Abs. des ital. Gesetzes L. Nr. 87 von 1953 vorgegeben sind. Das Kapitel ist in acht Abschnitte unterteilt, die teilweise auf den Entscheidungstyp der Unvereinbarkeitserklärungen Bezug nehmen. Der 1. Abschnitt (Rückkehr zu Kelsen zur Neuentdeckung möglicher, vom Verfassungsgericht umsetzbarer Perspektiven: Die Handhabung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile im Verlauf der Zeit und die Beziehung zum Gesetzgeber) ist einführend der These Kelsens hinsichtlich der Beziehung zwischen Verfassungsgericht und Gesetzgeber gewidmet, in Anbetracht der Tatsache, dass, wie im letzten Kapitel erläutert, gerade die Rückkehr zum Ursprung und somit zur Lehre Kelsens bezüglich der Wirkung der Verfassungswidrigkeitserklärung in dieser Doktorarbeit (mit der erforderlichen Vorsicht) als wünschenswert angesehen wird. Während im 2. Abschnitt (Der heutige Stand: ein "flexibles" Verfassungsgericht, fern vom ursprünglichen Gerüst der Rechtswirkungen der Annahmeurteile) eine zum Teil die Erläuterungen des zweiten Kapitels vorwegnehmende Überlegung zu einem Verfassungsgericht, das "fern" vom ursprünglichen Gerüst der Rechtswirkungen der Annahmeurteile ist, wird im 3. Abschnitt (Die Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile: Grundgedanken des Art. 136 ital. GG der verfassungsgebenden Versammlung. Einige Anregungen zur zeitlich handhabenden deutschen Praxis) versucht, zum Kern des Art. 136 der ital. GG vorzudringen, wo im ersten Absatz Folgendes vorgesehen ist: "Wenn das Gericht die Verfassungswidrigkeit einer gesetzlichen Vorschrift oder einer gesetzeskräftigen Maßnahme erklärt, endet deren Wirksamkeit ab dem Folgetag der Veröffentlichung der Entscheidung". Im Verlauf des Abschnitts wird versucht, einen Überblick der wichtigsten Entwürfe bezüglich des ursprünglichen Art. 136 ital. GG zu liefern, wobei der Entwurf der Abg. Mortati, Ruini, Cappi, Ambrosini und Leone kurz untersucht wird. Besonders interessant ist, auch zum Zweck einer Vergleichsstudie mit den deutschen Unvereinbarkeitserklärungen, der Entwurf des Abg. Calamandrei, der vorschlug, die Legislativorgane sollten im Anschluss an die Aufnahme eines Annahmeurteils sofort das Verfahren zur Gesetzesänderung einleiten, sodass sich, wenn auch mit der erforderlichen Vorsicht eine charakteristische Form der dem Legislativorgan zukommnenden "Nachbesserungspflicht" abzeichnet. Abschnitt 3.1. (Der Vorschlag Perassis: eine Modulation der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung ante litteram?) konzentriert sich in Übereinstimmung mit der deutschen Praxis auf den Vorschlag des Abg. Perassi, der vorsah, die Wirksamkeit des als verfassungswidrig erklärten Gesetzes sollte ab der Veröffentlichung erlöschen, außer bei Bedürfnis des Gerichts eine andere Wirkungsfrist (in jedem Fall nicht über sechs Monate) zu bestimmen; in diesem Sinn ist der Vorschlag des Abg. Perassi der österreichischen (und zum Teil der deutschen) Praxis ähnlich, und zwar einer Fristsetzung mit dem Ziel einer nützlichen Zusammenarbeit zwischen Verfassungsgericht und Legislativorgan. Perassi behauptete, dass "beim Erlöschen der Wirksamkeit einer gesetzlichen Vorschrift in bestimmten Fällen heikle Situationen auftreten können, da das Erlöschen dieser Vorschrift möglicherweise Probleme mit sich bringt, wenn man nicht vorsorgt". Die Annäherung an eines der wichtigsten Anwendungsgebiete der Unvereinbarkeitsentscheidungen, d.h. dem auf dem Argument der rechtlichen Folgen begründeten, ist in diesem Sinne eine unvermeidliche Pflicht. Gleichfalls interessant erscheint die Entgegnung auf die Voraussicht einer solchen Lösung durch den Abg. Ruini, der erklärte, eine derartige Regelung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung würde praktisch eine Situation voller übermäßig belastender Folgen hervorrufen, in der insbesondere die Gerichte fortfahren würden, "eine verfassungswidrige Norm anzuwenden". Daher die Bedeutung, die der durch die mit Fortgeltungsanordnung ergänzten Unvereinbarkeitsentscheidungen dargestellte Problempunkt hat. In Abschnitt 3.2 (Zeitlicher Rahmen des Art. 136 ital. GG) wird versucht, Art. 136 ital. GG innerhalb seines zeitlichen Rahmens zu untersuchen. In Kürze: Während der wortwörtliche Gehalt der besagten Verfügung sich anscheinend (nach einem Teil der Rechtslehre) auf eine lediglich zielgerichtete Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung bezieht, stellt dieser doch, nachdem er sich durch Art. 1 des ital. Verfassungsgesetzes Nr. 1 von 1948 und Art. 30 des ital. Gesetzes L. Nr. 87 von 1953 gefestigt hatte, die verfassungsrechtliche Verfügung dar, auf die sich die ex tunc-Wirkung der Verfassungswidrigkeitserklärung gründet. Andererseits wäre es, wie ein anderer Teil der Rechtslehre behauptet, an und für sich nicht folgerichtig, ein System der Rechtswirkungen zu erfinden, das nur ex nunc-Wirkung hat, um dann anschließend den Richtern die Nichtanwendung des verfassungswidrigen Gesetzes "mit Wirkung lediglich nach eigenem Urteil" anzuvertrauen. In Abschnitt 3.3 (Räumlicher Rahmen des Art. 136 ital. GG) wird ein weiterer, an die Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung gebundener Punkt untersucht, nämlich die "räumliche" Ausdehnung der Wirksamkeit von Art. 136 ital GG. Außer der allgemein verbindlichen Wirksamkeit der Annahmeurteile, an welche die Untersuchung der von den Verfassungsgebenden gewählten Art der Normenkontrolle anknüpft, wird der mit der gerichtlichen oder gesetzgebenden Art der Verfassungswidrigkeitserklärung verbundene Rechtslehredisput, an den die "allgemeine" Wirksamkeit derselben unvermeidlich anknüpft, kurz untersucht. Während in den letzten vier Abschnitten der Art. 136 der ital. GG allein im Mittelpunkt steht, ist der 4. Abschnitt (Die "Revolution" des ital. Verfassungsgesetzes Nr. 1 von 1948) vollständig der "Revolution" gewidmet, welche das ital. Verfassungsgesetz Nr. 1 von 1948 darstellt. Für diese "Revolution" (oder besser die Spezifikation) ist der erste Artikel des besagten Gesetzes bezeichnend, wo es heißt: "Die amtlich erfasste oder von einer Partei im Verlauf eines Rechtsverfahrens erhobene und vom Richter nicht als offensichtlich unbegründet angenommene Frage der Verfassungsmäßigkeit eines Gesetzes oder einer gesetzeskräftigen Maßnahme der Republik wird dem Verfassungsgericht zur Entscheidung übertragen". Im Wesentlichen hat der besagte Artikel als tragendes Element der Inzidentalität des Verfassungssystems Art. 136 ital. GG Bedeutung verliehen, nicht nur, indem die Bedeutung tatsächlich im Einzelnen erläutert wird, sondern vor allem dadurch, dass der Klage vor dem Verfassungsgericht dort, wo es angerufen wird, für alle zu entscheiden (mit wenn auch innerhalb bestimmter Grenzen allgemein verbindlichen Rechtswirkungen) eine "logische" Bedeutung auf Grundlage einer "genetisch zwiespältigen" Erneuerung verliehen wird, und zwar anhand eines konkreten Einzelfalls". Es erscheint notwendig, anzumerken, dass die besagte Verfügung in Bezug auf die Ratio Art. 100, 1. Abs. des deutschen GG ähnelt, auf dessen Grundlage die sogenannte konkrete Normenkontrolle beruht. Und tatsächlich übernimmt das zwischenrangige Verfahren eine grundlegende Rolle in Bezug auf die Handhabung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung im Verlauf der Zeit, da es konkreter der in der Notwendigkeit, die diachronischen Rechtswirkungen der Verkündigung zu steuern, enthaltenen Ratio vollkommen antithetisch gegenübersteht. Wie können die Jura angesichts einer Handhabung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung für die Zukunft geschützt werden? Während Art. 1 des ital. Gesetzes L. Nr. 1 von 1948 das zwischenrangige Verfahren kennzeichnet und definiert, so hat Art. 30, 3. Abs. des ital. Gesetzes Nr. 87 von 1953, der Hautuntersuchungsgegenstand des 5. Abschnitts (Die Rückwirkung der Annahmeurteile: Art. 30, 3. Abs. ital. Gesetz L. Nr. 87 von 1953) ein weiteres Element zur Erläuterung der Ratio der zeitlichen Orientierung, welche die Rechtsauswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung im Verlauf der Zeit annehmen, hinzugefügt. Im Anschluss an das Inkrafttreten desselben, wo es heißt, "die als verfassungswidrig erklärten Normen können nicht ab dem Folgetag der Veröffentlichung der Entscheidung Anwendung haben", hat die Rückwirkung des Annahmeurteils begonnen, die Form der ius receptum anzunehmen, wie durch die maßgebliche Rechtslehre bestätigt. Nun war diese, mit Art. 1 des ital. Gesetzes L. Nr. 1 von 1948 in die Verfassung eingeführte "Errungenschaft" das Ergebnis einer umfassenden theoretischen Analyse und Überlegung: Es ist kein Zufall, dass einer der zentralen Mechanismen der Normenkontrolle eher das "Ergebnis der beharrlichsten Arbeit der Rechtslehre war, statt ein präziser Gesetzesentwurf" und hauptsächlich auf der Notwendigkeit beruhte, nicht nur den Grundsatz der Gleichheit, sondern auch den der Verteidigung zu bewahren, und dies unter Ausschluss der s.g. abgeschlossenen Rechtsbeziehungen, die bei Eintritt der Rechtskraft, Verjährung, Verwirkung und Vergleich bestehen. Hinzu kommt, dass das Prinzip der Rückwirkung der Verfassungswidrigkeitserklärung laut Art. 30, 3. Abs. ital. Gesetz L. Nr. 87 von 1953 – vielleicht auch angesichts der Möglichkeit die Rückwirkung der Verfassungswidrigkeitserklärung in verschiedenen Abstufungen und somit nicht absolut zu klassifizieren – auch Gegenstand einer erheblichen Kontroverse zwischen Verfassungsgericht und Strafkammer des Kassationshofs eben zum Thema der Nichtanwendung der als verfassungswidrig erklärten Norm war. In diesem Sinne treten die Urteile Nr. 127 von 1966 und Nr. 49 von 1970 hervor: beim ersten hatte das Verfassungsgericht über die notwendige Rückwirkung der Verfassungswidrigkeitserklärung von Prozessvorschriften befunden; mit der zweiten Verkündigung dagegen bestätigte das Gericht vollkommen überraschend, den Richtern "das letzte Wort" zu lassen. Dieses Prinzip kann nicht übergangen werden: So hatte beispielsweise im Anschluss an das in keiner Weise rückwirkende Urteil Nr. 10 von 2015 das Verfassungsgericht einer bedeutenden Form der Rebellion durch das vorlegende Gericht beigewohnt, das nicht befunden hatte, sich in Bezug auf die zeitliche Rechtswirkung der Verfassungswidrigkeitsaussprüche vom Gesetzesrahmen zu distanzieren. Gleichzeitig erhält auch in der zeitlich handhabenden deutschen Praxis die Rolle der Richter Bedeutung: Sollte beispielsweise der Gesetzgeber seiner Reformpflicht im Anschluss an die Aufnahme eines Unvereinbarkeitsspruchs nicht nachkommen und dadurch die Ratio der Unvereinbarkeitsentscheidung vollkommen zunichte gemacht werden, können die Richter angerufen werden, um "letztendlich" und in Übereinstimmung mit der Verfassung einzugreifen. Im 6. Abschnitt (Der zeitliche Rahmen der verfassungswidrigen Norm: Nichtigkeit oder Vernichtbarkeit? Eine Überlegung ausgehend vom amerikanischen und vom österreichischen Modell. Hinweise auf die Art der Annahmeurteile) lässt die Studie der gesetzlichen Regelung der zeitlichen Auswirkungen des Verfassungswidrigkeitsspruchs Raum für eine Untersuchung bezüglich der Vernichtbarkeit oder Nichtigkeit der als verfassungswidrig erklärten Norm und dies angesichts einer anfänglichen Überlegung zum amerikanischen und zum österreichischen Modell des Verfassungsrechts, die bekanntlich gegensätzlich zueinander eingestellt sind. Und tatsächlich ist die zeitliche Orientierung des Annahmeurteils nicht nur direkt an die Art derselben Verfassungswidrigkeitserklärung gebunden, sondern ist in ihrem Wesen indirekt an die Wahl des Modells zur Normenkontrolle geknüpft: Irgendwie scheint die ursprüngliche Zweideutigkeit des Art 136 ital. GG tatsächlich an die "gemischte" Natur des italienischen Verfassungsrechts anknüpfen zu können, das sich aus einigen typischen Elementen des amerikanischen Systems (Diffusivität der jedem Richter zukommenden Kontrolle) und dem österreichischen System (ausschließliche Zuständigkeit des Verfassungsgerichts in Bezug auf die Verfassungswidrigkeitserklärung einer nicht mit der Verfassung übereinstimmenden Norm mit allgemeiner Rechtswirkung) zusammensetzt. Nun wirkt die Wahl des Systems zur Kontrolle der Verfassungsmäßigkeit auf die von der Ungültigkeit der verfassungswidrigen Norm angenommene Form ein, welche ihrerseits nach der typischen Logik des Teufelskreises die Art der Verfassungswidrigkeitserklärung beeinflusst: Im amerikanischen Verfassungsrechtssystems ist die verfassungswidrige Norm null and void, da sie dem Willen einer superior Norm widerspricht und somit unwirksam ist; im österreichischen System dagegen ist die verfassungswidrige Norm lediglich vernichtbar, und zwar deshalb, weil Grundlage des Systems die Idee ist, dass, da die gesamte politische Macht auf dem Gesetz gründet, "das Konzept eines von Beginn an nichtigen Gesetzes" vollkommen inakzeptabel ist. Übrigens darf nicht verwundern, dass im Bereich des amerikanischen Verfassungsrechts die Verfassungswidrigkeitserklärung eine Norm erklärender Art ist, während sie im Bereich des österreichischen Verfassungsrechts eine verfassungsgebende Natur annimmt. Nun teilt im Bereich des italienischen Verfassungsrechts nur eine Minderheit die Idee der Nichtigkeit der verfassungswidrigen Norm und somit des Annahmeurteils erklärender Natur, die Mehrheit teilt die These der Vernichtbarkeit der verfassungswidrigen Norm, die also der verfassungsgebenden Natur des Gerichtsspruchs entspricht. Dass die obigen Ausführungen wahr sind, ist daran zu erkennen, dass in der maßgebenden Rechtslehre bestätigt wurde, dass die Verfassungsgebenden dachten, ein im Wesentlichen von dem im österreichischen Grundgesetz vorgesehenen System der Verfassungsgerichtsbarkeit abgeleitetes System eingeführt zu haben. Auch erklärt sich die verfassungsgebende Bedeutung der Verfassungswidrigkeitserklärung angesichts der Betrachtung, dass das allgemeine Verbot, die verfassungswidrige Norm anzuwenden, tatsächlich nur im Zeitraum vor der Aufnahme der Verfassungswidrigkeitserklärung durch das Verfassungsgericht besteht. Wenn man zur nicht statischen sondern "dynamischen" Ebene der Verfassungswidrigkeitserklärung wechselt, ist Zagrebelskys Theorie zu betrachten, nach der im Anschluss an die Aufnahme des Annahmeurteils das Verfassungsproblem entsteht, dem bezüglich anderen institutionellen Stellen wie Richtern und dem Gesetzgeber umfangreicher Spielraum gelassen wird. In diesem Sinn ist das Verfahren der Unvereinbarkeitserklärungen interessant, welche eben hinsichtlich des "Verfassungsproblems" eingreifen, um dies dank der Mitarbeit anderer Verfassungsorgane, unter denen zumindest anfangs der Gesetzgeber zu nennen ist, zu lösen. Im 7. Abschnitt (Erste Zeichen für die Zulässigkeit eines Verfassungsgerichts als "Verwalter" der Rechtswirkungen seiner eigenen Entscheidungen) wird die mögliche Legitimation (auf theoretischer Ebene) des Verfassungsgerichts als Verwalter der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitsurteile angedeutet, wobei insbesondere die Tatsache diskutiert wird, dass der zeitgenössische Konstitutionalismus wegen seiner substantialistischen Eigenschaft die Suche der für den spezifischen Fall am besten geeigneten Lösung und somit die "Negativ-Neuqualifizierung der Automatismen" erfordert, um zu starre Lösungen zu vermeiden. In diesem Sinn ist die Praxis des Bundesverfassungegsricht und dessen Erfindung der Unvereinbarkeitsentscheidungen von großer Bedeutung. In der Tat ist ein "flexibler" Ansatz an den zeitlichen Faktor der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung in verschiedenen europäischen Erfahrungen erkennbar; andererseits ist das was als "Naivität der Verfassungsgebenden" bezeichnet wurde, und zwar die "allzu simple Formulierung des Art. 136 ital. GG" hauptsächlich auf zwei Ursachen zurückzuführen, erstens die Notwendigkeit des Schutzes des Prinzips der Gewaltenteilung, unmittelbar nach dem Zweiten Weltkrieg und zweitens der Schutz der Rechtssicherheit. Im 8. Abschnitt (Verwaltet das Verwaltungsgericht die Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit?) tritt das Verfassungsrecht in den Hintergrund, um zumindest in Kürze über die Steuerung der Rechtswirkungen der Annullierungsurteile durch das Verwaltungsgericht nachzudenken, wobei von einer Betrachtung ausgegangen wird, welche in der Rechtslehre – recht eindrucksvoll – klar ausgedrückt werden sollte, und zwar, dass die Verwaltungsprozessregeln wegen ihres entscheidenden kreativen Beitrags zur Rechtsprechung einen Ausgangspunkt und sicher keinen Endpunkt darstellen: In diesem Sinn erhielt das von der 4. Kammer des Staatsrats getroffene Urteil Nr. 2755 von Mai 2011 Bedeutung, wie auch das vom selben Verwaltungsrechtsorgan getroffene Urteil Nr. 13 von 2017. In beiden Fällen scheint der Staatsrat bestimmt zu haben, die Rechtswirkungen der eigenen Verkündigung angesichts der Notwendigkeit, einen übermäßigen Bruch innerhalb der Rechtsordnung zu verhindern, zeitlich zu steuern. Insbesondere hätte der Staatsrat ("Consiglio di Stato") beim ersten Spruch eine neue Art der Verkündigung gebildet, indem er bei der Untersuchung – nach einer vollkommen neuen Logik – den Bereich der zeitlichen Rechtswirkung des eigenen Spruchs so definierte, dass eine lediglich für die Zukunft geltende Rechtswirkung der eignen Entscheidung vorhergesehen wurde, sodass das Prinzip der Effektivität des Schutzes über das des Antrags der Partei siegt. Es ist unbedingt anzumerken, dass, wenn die Aufrechterhaltung der Rechtswirkungen der rechtswidrigen Maßnahme spiegelbildlich der Beibehaltung des Allgemeininteresses entspricht, die urteilende Tätigkeit des Verwaltungsgerichts dem des "Verwaltungsorgans" zu ähneln scheint. Auch bei seiner zweiten Verkündigung steuerte der Staatsrat die Rechtswirkungen mit Wirksamkeit pro futuro; die ganze Versammlung befand nämlich, das Urteil Nr. 10 von 2015 anzuführen, fast als Rechtfertigung des Argumentationskonstrukts zur Wahl einer derartigen Wirksamkeit, wobei im Übrigen bestätigt wurde, dass "die Ausnahme von der Rückwirkung […] auf dem Grundsatz der Rechtssicherheit beruht: […] die Möglichkeit für die Betroffenen, die Rechtsnorm wie ausgelegt anzuwenden, wird eingeschränkt, wenn die Gefahr schwerer wirtschaftlicher oder sozialer Auswirkungen besteht, die zum Teil auf die hohe Anzahl von in gutem Glauben begründeten Rechtsbeziehungen zurückzuführen ist […]". Darüber hinaus befand der Staatsrat, als spezifische Bedingungen, die es ermöglichen, die Rückwirkung einzuschränken oder richtiger "die Anwendung des Rechtsgrundsatzes auf die Zukunft zu beschränken" folgende: die objektive und erhebliche Unsicherheit bezüglich der Tragweite der auszulegenden Verfügungen; das Bestehen einer mehrheitlichen Orientierung entgegen der eingeführten Auslegung und die Notwendigkeit zum Schutz eines oder mehrere Verfassungsgrundsätze oder in jedem Fall, um schwere sozialwirtschaftliche Rückwirkungen zu verhindern. Das zweite Kapitel dieser Doktorarbeit ist gemeinsam mit dem ersten Kapitel darauf ausgerichtet, zu zeigen, dass die Frage bezüglich der Grenzen der Rückwirkung der Annahmeurteile seit den allerersten Jahren der Verfassungsrechtsprechung eine nicht nebensächliche Rolle gespielt hat, wie man sehen konnte. Daher die Bedeutung der Behauptung der neuesten deutschen Rechtslehre, die bestätigt, dass die Entscheidungshilfsmittel eines Verfassungsgerichts nicht vollkommen von der fortlaufenden "Konstitutionalisierung" der "neuen Rechte" entbunden sind. Somit scheint es eben diese dynamische Sicht zu sein, die Grundlage der Aufnahme der deutschen Unvereinbarkeitsentscheidungen war (und vor allem heute noch ist) und auch Grundlage einiger neuerer Verkündigungen des Verfassungsgerichts ist, darunter vor allem die Verordnung Nr. 207 von 2018. Wie im Übrigen im dritten Kapitel dieser Doktorarbeit ausgeführt wird, gab es bei der Regelung bezüglich der Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung zwei Änderungsversuche innerhalb der deutschen Ordnung, die beide darauf abzielten, die Wirksamkeit der Nichtigkeitserklärung "flexibler" zu machen. Angesichts der obigen Ausführungen ist im Verlauf der Zeit nicht nur - wie schon geschrieben - eine gemeinsame Tendenz der Verfassungsgerichte erkennbar, die insbesondere den Umgang mit der Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung prägt, sondern auch ein "konstantes" Bedürfnis, die "starre" Regelung der Rechtswirkungen zu reformieren, die – wenn auch nur zum Teil – eine wichtige Form der Umsetzung im Bundesverfassungsgerichtsgesetz fand. Das zweite Kapitel beginnt im 1. Abschnitt (Eine Stellungnahme: die Furcht vor den "Folgen" der Verfassungswidrigkeitserklärung und die Regelung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit) mit einer Überlegung zur Furcht des Verfassungsgerichts, die Ordnung im Anschluss an die Aufnahme einer Verfassungswidrigkeitserklärung negativ zu beeinflussen; wie in der maßgeblichen Lehre Sajas bestätigt, darf das Verfassungsgericht "das Gewicht" seiner eigenen Entscheidungen nicht übersehen, denn dieses ist voll und ganz in einen sozialwirtschaftlichen Rahmen eingefügt, dessen Dynamik es tatsächlich nicht kennen kann; das Bedürfnis einer größeren "Flexibilität" der dem Verfassungsgericht zur Verfügung stehenden Entscheidungshilfsmittel ist, wie im Übrigen im Verlauf des Abschnitts gezeigt wird, verschiedenen europäischen Erfahrungen gemein. Auch aus diesem Grund legte der Gesetzgeber – was vielleicht nicht überrascht – mit der Zeit verschiedene Gesetzesentwürfe vor, die darauf abzielten, den Aspekt der Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile zu ändern. Diese Änderungsvorschläge werden (in der Zeit zurückgehend) im 2. Abschnitt (Die Reformversuche hinsichtlich der Regelung der Verfassungswidrigkeitserklärung) dargelegt: Die Analyse beginnt bei dem Gesetzesentwurf A. S. 1952, der verzeichnet ist unter "Änderungen der Gesetze Nr. 87 vom 11. März 1953 und Nr. 196 vom 31. Dezember 2009 zur Ermittlung und Transparenz in Verfahren zur Verfassungsmäßigkeit", der nie diskutiert und daher nie aufgenommen wurde. Dieser letzte Änderungsversuch war durch das "Kostenurteil" Nr. 70 von 2015 angeregt worden, das wegen seiner vollständigen Rückwirkung die Wirtschaftsstruktur des Staates besonders belastete und den Gesetzgeber dazu veranlasste, eine Form der Positivierung der zeitlichen "Steuerung" der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung zu erfinden. In Art. 1, lit. c) des Gesetzesentwurfs ist vorgesehen, den Inhalt des dritten Absatzes, Art. 30, ital. Gesetz L. 87 von 1953 zu erweitern und somit neben der Nichtanwendung der als verfassungswidrig erklärten Norm den Einwand der Verfügung durch das Verfassungsgericht einer "anderen Handhabung der Wirksamkeit im Verlauf der Zeit derselben Entscheidung zum Schutz anderer Verfassungsgrundsätze" vorzusehen. Bedeutend scheint dabei der Verweis auf "Verfassungsgrundsätze", die, wenn korrekt und ausführlich beschrieben, nach der Ratio des vorliegenden Gesetzesentwurfs, den Antrag auf Steuerung der Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung legitimieren können. Es folgt eine kurze Analyse des Verfassungsgesetzesentwurfs Nr. 22 von 2013, der, wie es schien, eine wesentliche Änderung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile einführen wollte und eine Bevollmächtigung des Gesetzgebers zur effektiven Steuerung der Wirksamkeit der erfolgten Verfassungswidrigkeitserklärung vorsah, denn der Gesetzesentwurf verwendete den Begriff "Abschaffung" für das Phänomen des aufhebenden Eingriffs des Verfassungsgerichts. Was vermutlich an diesem Änderungsentwurf am meisten interessiert, ist die Voraussicht der Spaltung zwischen dem Zeitpunkt der Feststellung und dem der "verfassungsgebenden" Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung: Man beachte in diesem Sinne Art. 1 der Gesetzesvorlage, laut der "[…] die Regierung […] die Initiative ergreift, den Kammern ein Aufhebungsgesetz oder eine Änderung des als verfassungswidrig erklärten Gesetzes vorzulegen; diese Initiative kann direkt von den Versammlungen ergriffen werden, […] sofern der Gesetzesentwurf nicht innerhalb der Frist der folgenden sechs Monate bzw. neun Monate bei Verfassungsgesetzen verabschiedet wird; dieselben Versammlungen erklären die Wirksamkeit des als verfassungswidrig erklärten Gesetzes als erloschen". Schließlich ist der am 30. Juni 1997 verabschiedete Entwurf zu beachten, in dem vorgesehen war, dass "wenn das Gericht die Verfassungswidrigkeit einer gesetzlichen Vorschrift oder einer gesetzeskräftigen Maßnahme erklärt, die Wirksamkeit dieser Norm am Folgetag der Veröffentlichung der Entscheidung endet, außer dem Gericht bestimmt eine andere Frist, in jedem Fall nicht über einem Jahr ab Veröffentlichung der Entscheidung". Der besagte Entwurf ähnelt der österreichischen Praxis sehr, wo der Verfassungsgerichtshof über einen bestimmten Ermessensspielraum in Hinsicht auf die Möglichkeit verfügt, den Stichtag zeitlich zu verschieben, wie es zum Teil auch in der Praxis des Bundesverfassungsgerichts geschieht. Im 3. Abschnitt (Ein Verfassungsgericht, das handelt und die "traditionellen Einschränkungen" des Verfassungsrechts über die Verwaltung der Verfahrensregeln des Verfassungsprozesses hinaus überwindet) wird das Thema der Überwindung der traditionellen Einschränkungen des Verfassungsrechts durch die italienischen Verfassungsgerichte behandelt, insbesondere in Hinsicht auf die Einschränkung des Ermessensspielraums des Gesetzgebers. In diesem Sinne tritt der Beschluss Nr. 207 von 2018 hervor – der es vielleicht ermöglicht, das Thema der zeitlichen Steuerung der Rechtswirkungen wieder mit dem der Beziehung zwischen Verfassungsgericht und Parlament auf dem Gebiet des Strafrechts zu verbinden – mit dem das Verfassungsgericht meinte, mit einer ganz eigenen und besonders "gefestigten" Mahnung einzugreifen; weiter verfolge das Verfassungsgericht, wie der Verfassungsrichter Lattanzi schreibt, in letzter Zeit einen eher interventionistischen und weniger von Selbstbeschränkung geprägten Trend. In diesem Sinn treten einige Verkündigungen im Strafrecht hervor, darunter Urteil Nr. 236 von 2016 (auf das auch in dem erst kürzlich ergangenen Urteil Nr. 242 von 2019 verwiesen wird und das die "Sage" Cappato beendete), Urteil Nr. 222 von 2018, Urteil Nr. 233 von 2018, das allerdings nicht im Strafrecht eingeführte kürzliche Urteil Nr. 20 von 2019, das jedoch für die Rolle, die das Verfassungsgericht in Bezug auf das Legislativorgan einnimmt, von Bedeutung ist. Im 4. Abschnitt (Die Form der Entscheidungstechniken, mit denen das Verfassungsgericht die Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung "Richtung Vergangenheit" verwaltet) wird die "Form" der Entscheidungstechniken, mit denen das Verfassungsgericht die Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung steuert, untersucht: in diesem Sinn tritt das Mittel der Urteile der verschobenen Verfassungswidrigkeit hervor, welche den Urteilen der plötzlichen Verfassungswidrigkeit im weiteren Sinn ähneln, und sich dagegen von den Urteilen der Verfassungswidrigkeit im engeren Sinn, da letztere das Phänomen der Abfolge der Nomen im Verlauf der Zeit betreffen, abheben. Kurz gesagt, im 4. Abschnitt wird versucht – auf theoretischer Ebene – zu zeigen, wie das Verfassungsgericht das Hilfsmittel der eintretenden Verfassungswidrigkeit (in diesem Sinn ist Urteil Nr. 174 von 2015 vollkommen unerheblich) oder der verschobenen Verfassungswidrigkeit unter Ausschluss des Fehlens jeglicher Form der Positivierung des Umgangs mit dem Zeitfaktor hinsichtlich der Wirksamkeit der Annahmeurteile, verwendet. In diesen Fällen kommt dem Verfassungsgericht ein bestimmter Ermessensspielraum in der Bestimmung des Stichtags zu. Im 5. Abschnitt (Die Entscheidungen, die der Handhabung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile in Bezug auf die Vergangenheit zugrunde liegen) dagegen sollen die Gründe erkannt werden, die dem Bedürfnis, die Rechtswirkungen der Urteile im Verlauf der Zeit zu steuern, zugrunde liegen. Erstens tritt die Notwendigkeit hervor, den Grundsatz der Rechtskontinuität ganz allgemein zu schützen, der als ein zu schützender Grundsatz definiert wurde und tatsächlich zu den von der Verfassung abgesicherten Grundsätzen, Interessen und Rechtssituationen gehört, zweitens tritt das Bedürfnis hervor, schwere Schädigungen des öffentlichen Haushalts oder neue und höhere finanzielle Ausgaben für den Staat und die öffentlichen Einrichtungen zu verhindern. Dieser Grundsatz wurde, wie zu unterstreichen ist, als ein allgemeiner verfassungsrechtlicher Wert definiert. Nach einem ersten theoretischen Teil wird im zweiten Kapitel versucht, die zeitlich handhabende Praxis des Verfassungsgerichts zu untersuchen. Ende der achtziger Jahre führte das Verfassungsgericht die allerersten zeitlich handhabenden Urteile ein (Abschnitte 5.1 und 5.2) und begann mit den Urteilen Nr. 266 von 1988, 501 von 1988 und 50 von 1989 die zeitlichen Rechtswirkungen der Annahmeurteile zu regulieren; später verwaltete das Verfassungsgericht den Zeitfaktor der Rechtswirkungen der eigenen Entscheidungen weiter und beträchtlich, ohne allerdings jemals ausdrücklich zu erklären, in die Steuerung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile einzugreifen (eingreifen zu wollen). Zur Sparte der ersten zeitlich handhabenden Urteile gehört auch das Urteil Nr. 1 von 1991, das hinsichtlich der finanziellen Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung (wie auch bezüglich der vom Verfassungsgericht vor der Einführung desselben durchgeführten Ermittlung) von besonderer Bedeutung ist. Wenig später führte das Verfassungsgericht das Urteil Nr. 124 von 1991 ein (über dessen Wesen die Rechtslehre diskutiert, da sie teilweise der Meinung ist, es handele sich um ein Urteil zur plötzlichen Verfassungswidrigkeit im engeren Sinn), bei dem man ein weiteres Mal der Steuerung der Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung beiwohnen konnte. Von Bedeutung ist auch Urteil Nr. 360 von 1996: bei dieser Gelegenheit erklärte das Verfassungsgericht die (alleinige) Verfassungswidrigkeit der ihm zur Beurteilung vorgelegten Verfügung der Gesetzesverordnung, ohne die Tragweite allgemein auf die wiederholten Verordnungen auszudehnen. In diesem Fall hätte das Verfassungsgericht in seiner Eigenschaft als Hüter der Rechtsordnung befunden, die Annullierung der wiederholten Gesetzesverordnungen angesichts des Grundsatzes der Rechtssicherheit zu "einzusparen". Am Rande der genannten Verkündigungen werden andere Entscheidungen in der Hauptsache untersucht, bei denen das Verfassungsgericht, wenn auch keine wahre zeitliche Handhabung der Rechtswirkungen vornahm, so doch eine erhebliche Furcht vor dem gezeigt hatte, was in der Rechtslehre als horror vacui bezeichnet wird. In Abschnitt 5.2.1 (Fokus: Urteil Nr. 1 von 2014: "ausgleichende" Bedeutung und horror vacui) wird Urteil Nr. 1 von 2014 Gegenstand der Untersuchung, bei dem das Verfassungsgericht zum Thema Wahlsystem eingriff und die Verfassungswidrigkeit des s.g. Porcellum erklärte, d.h des proportionalen WahlgesetzesmitMehrheitsprämieund starren Listen, welche die Wahl derAbgeordnetenkammerund desSenats der Republikin Italien in den Jahren2006,2008und2013 geregelt hatte. Das Verfassungsgericht hatte bei diesem Anlass von der Kategorie der abgeschlossenen Rechtsbeziehungen Gebrauch gemacht, um sich Handlungsspielraum hinsichtlich der zeitlichen Handhabung der Wirksamkeit der eignen Urteile zu verschaffen, nicht ohne die Prozessregeln politisch zu nutzen: Es handelt sich hierbei um einen der Fälle, bei denen das Verfassungsgericht angesichts des Nichtbestehens der Möglichkeit zur Steuerung der Rechtswirkungen der eignen Urteile bestimmt hat, die Regeln des eigenen Verfahrens vollkommen elastisch zu nutzen. Die Elastizität der Interpretation der Kategorie und der Regeln des Verfassungsverfahrens war im untersuchten durch das Bedürfnis, den Grundsatz zum Schutz des Staats und der verfassungsgemäß notwendigen Funktionen beizubehalten, vorgeschrieben. In diesem Sinn ähnelt die Ratio, die der besagte Spruch mit sich bringt, zum Teil einem der Anwendungsthemen der Unvereinbarkeitserklärungen, und zwar dem der "Rechtsfolgen". Nun tritt das Urteil Nr. 1 2014 in dieser Doktorarbeit hervor, da die Eigentümlichkeit der Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung (wie auch der Kategorie der s.g. abgeschlossenen Rechtsbeziehungen) angesichts der verfassungsgemäßen Bedürfnisse "gesteuert " worden wäre. Während in Abschnitt 5.2.2. (Am Rande des Urteils Nr. 1 von 2014) nochmals auf das Thema des s.g. horror vacui hingewiesen wird, so wird im 6. Abschnitt (Das Haushaltsgleichgewicht als Gegenspieler der Rückwirkung von Annahmeurteilen) der Grundsatz des Haushaltsgleichgewichts als möglicher, im Übrigen nach Inkrafttreten des ital. Gesetzes L. Nr. 1 von 2012, das den Grundsatz des Haushaltsgleichgewichts einführte, erstarkter Gegenspieler der in den Annahmeurteilen verwurzelten Rückwirkung, untersucht. Kurz gesagt, obwohl Art. 81, dritter Abs, ital. GG ("Jedes Gesetz, das neue oder höhere Ausgaben mit sich bringt, muss für die dafür notwendigen Mittel sorgen") nicht für die Tätigkeiten des Verfassungsorgans gilt, sondern nur für den Gesetzgeber, haben der Grundsatz des Haushaltsgleichgewichts und somit die streng finanziellen Bedürfnisse das Verfassungsgericht dazu geführt, Entscheidungsmittel zur Steuerung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile einzusetzen (wie auch im Bereich der französischen und der spanischen Verfassungsjustiz), und zwar deshalb, weil das Verfassungsgericht sich – unvermeidlicherweise – in einem durch eingeschränkte wirtschaftliche Ressourcen charakterisierten Umfeld bewegt. Nicht nur hat es in der Verfassungsrechtsprechung verschiedene Verkündigungen gegeben, bei denen die Rückwirkung mit der konkreten Notwendigkeit zur Aufrechterhaltung der Wirtschafts- und Finanzstruktur kontrastierte (man beachte, wenn auch unter anderen Gesichtspunkten, die Urteile Nr. 137 von 1986, Nr. 1 von 1991, Nr. 240 von 1994, Nr. 49 von 1995, Nr. 126 von 1995) und nicht nur wurde der letzte Änderungsvorschlag der Regelung der Annahmeurteile im Anschluss an die Aufnahme eines Kostenurteils vorgebracht, sondern vor allem beschloss das Verfassungsgericht mit Urteil Nr. 10 von 2015 zum ersten Mal mit Kenntnis der Sachlage, die Möglichkeit zur zeitlichen Handhabung der Rechtswirkungen der eigenen Urteile zu erklären. In dieser Arbeit wird insbesondere in Abschnitt 6.1 (Fokus: Das Urteil Nr. 10 von 2015: ein unicum in der Geschichte der Verfassungsjustiz) dem Urteil Nr. 10 von 2015 viel Raum gewidmet, da dieses tatsächlich ein unicum in der Geschichte der italienischen Verfassungsjustiz darstellt: Dabei bestimmte das Verfassungsgericht, den Verfassungsprozess nach vollkommen kreativen Regeln zu steuern und setzte das um, was als "Verfassungsgewalt" bezeichnet wurde und das, wie anscheinend behauptet werden kann, auf einer bestehenden starken Korrelation zwischen der Verfassungsjustiz und dem materiellen Verfassungsrecht basiert. In der Tat kann nicht geleugnet werden, dass das Thema der Handhabung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung im Verlauf der Zeit ein Thema des materiellen Verfassungsrechts ist, welches bedeutende Anregungen für eine Überlegung zur Beziehung zwischen dem Verfassungsgericht und seinem Verfahren bietet. Weiter zwingt die Überbeanspruchung des Mechanismus, auf den sich die Inzidentalität des Systems gründet, dazu, über die Bedeutung nachzudenken, welche die Abwägung der Interessen, die einen verfassungsmäßigen Schutz verdienen, erwirbt. Vor allem scheint sich das Thema der Identifizierung jener Interessen zu stellen, die einen derartigen verfassungsmäßigen Schutz verdienen, dass sie vielleicht eine Ausnahme von der Regelung zur Steuerung der Wirksamkeit der Annahmeurteile rechtfertigen. Nun meinte das Verfassungsgericht mit Urteil Nr. 10 von 2015 die Rückwirkung mit dem Grundsatz des Haushaltsgleichgewichts aufwiegen zu können und somit Art. 81 ital. GG im Sinne eines "Übergrundsatzes" einzuordnen. Das materielle Recht, der Schutz der Verfassungsgrundsätze und -werte kollidierte also mit der Garantie der Jura und somit der Anrechte der Einzelnen. Der Grundsatz der Gleichheit und der Grundsatz der Verteidigung waren somit Gegenstand einer Abwägung mit Art. 81 ital. GG: Das Ergebnis war der Sieg des letzteren, da das Verfassungsgericht befand, dem besagten Urteil eine bloße ex nunc-Wirkung zu verleihen. Mit dem besagten Urteil erklärte das Verfassungsgericht die Verfassungswidrigkeit der s.g. Robin Hood tax, einer 2008 eingeführte der Erdölbranche auferlegte Steuer. Das Verfassungsgericht bestätigte äußerst vielsagend – nach einer vollkommen innovativen Logik – Folgendes: "Bei der Verkündigung der Verfassungswidrigkeit der angefochtenen Verfügungen kann dieses Verfassungsgericht den Einfluss, den eine solche Verkündigung auf andere Verfassungsgrundsätze ausübt, nicht unbeachtet lassen, um die eventuelle Notwendigkeit einer Abstufung der zeitlichen Rechtswirkungen der eigenen Entscheidungen über die anhängigen Beziehungen zu beurteilen. Die diesem Gerichtshof übertragene Rolle als Hüter der Verfassung in ihrer Gesamtheit erfordert es, zu verhindern, dass die Verfassungswidrigkeitserklärung einer gesetzlichen Verordnung paradoxerweise "mit der Verfassung noch weniger vereinbare Rechtswirkungen bestimmt" (Urteil Nr. 13 von 2004) als die, welche zur Zensierung der Gesetzesordnung geführt haben. Um dies zu verhindern, muss der Gerichtshof seine eigenen Entscheidungen auch unter dem zeitlichen Aspekt modulieren, sodass die Behauptung eines Verfassungsgrundsatzes nicht die Opferung eines anderen zur Folge hat. Dieser Gerichtshof klärte mit den (Urteilen Nr. 49 von 1970,Nr. 58 von 1967undNr. 127 von 1966) dass die Rückwirkung der Verfassungswidrigkeitsverkündigungen ein allgemeines Prinzip ist (und sein muss), das in den Urteilen vor diesem Gerichtshof gilt; dieses ist jedoch nicht uneingeschränkt. Zunächst ist unbestreitbar, dass die Wirksamkeit der Annahmeurteile nicht in soweit rückwirkend ist, dass sie "in jedem Fall rechtskräftig gewordene Rechtslagen" d.h. "abgeschlossene Rechtsbeziehungen" umkehrt. Andernfalls wäre die Sicherheit der Rechtsverhältnisse beeinträchtigt (Urteile Nr. 49 von 1970,Nr. 26 von 1969,Nr. 58 von 1967undNr. 127 von 1966). Der Grundsatz der Rückwirkung "gilt […] nur für noch anhängige Verhältnisse, mit daraus folgendem Ausschluss der abgeschlossenen, die weiter durch das als verfassungswidrig erklärte Gesetz geregelt bleiben" (Urteil Nr. 139 von 1984, zuletzt wieder aufgenommen imUrteil Nr. 1 von 2014). In diesen Fällen gehört die konkrete Erkennung der Einschränkung der Rückwirkung, die von der besonderen Regelung der Abteilung abhängt – zum Beispiel bezüglich der Ablauf-, Verjährungs- oder Unanfechtbarkeitsfristen von Verwaltungsmaßnahmen – die jede weitere Rechtsmaßnahme oder -behelf ausschließt, in den Bereich der ordentlichen Auslegung, für den die gewöhnlichen Gerichte zuständig sind (ex plurimis bestätigter Grundsatz durchUrteile Nr. 58 von 1967undNr. 49 von 1970)". Das Verfassungsgericht behauptet weiter, um sein praeter legem-Vorgehen zu rechtfertigen: "der Vergleich mit anderen europäischen Verfassungsgerichten, wie beispielsweise dem österreichischen, dem deutschen, dem spanischen und dem portugiesischen zeigt im Übrigen, dass das Einschränken der Rückwirkung der Verfassungswidrigkeitsentscheidungen auch in zwischenrangigen Verfahren eine verbreitete Vorgehensweise darstellt, unabhängig davon, ob die Verfassung oder der Gesetzgeber dem Verfassungsgericht diese Befugnisse ausdrücklich übertragen haben". Somit verließ das Verfassungsgericht bei dieser Verkündigung den Weg der "getarnten" Handhabung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit, um das Thema des Interventionismus zur Steuerung der Wirksamkeit der eigenen Verkündigungen im Verlauf der Zeit ausdrücklich in Angriff zu nehmen. In Abschnitt 6.2 (Die Rebellion des vorlegenden Gerichts gegenüber des mit Rückwirkungsklausel ausgezeichneten Aufschubs der Rückwirkung) wird versucht, über die von den vorlegenden Gerichten an den Tag gelegte Rebellion gegenüber dem Aufschub der Rechtswirkungen durch die Verkündigung Nr. 10 von 2015 nachgedacht: Der Kurzschluss Verfassungsgericht – Richter läuft Gefahr, mit der Handhabung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit beinahe ein unicum zu werden, sollte letztere nicht Gegenstand einer Positivierung durch den Gesetzgeber werden. Wie durch die maßgebliche Rechtslehre bestätigt, haben im Übrigen "die Richter" das letzte Wort. Wie im dritten Kapitel ausgeführt wird, übernehmen in diesem Sinn die Richter auch im deutschen System eine Hauptrolle in Bezug auf die Flexibilisierung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile, nicht nur hinsichtlich der "Folgen" der Unvereinbarkeitssprüche, sondern auch in dem Fall, wo der Gesetzgeber nicht innerhalb der vom Bundesverfassungsgericht angegebenen Frist handelt, denn diese, wie durch maßgebliche Rechtslehre bestätigt, werden angerufen, um verfassungsmäßig zu entscheiden. In Abschnitt 6.3 (Ein inkohärentes Verfassungsgericht? Der "Einzelfall" des Urteils Nr. 10 von 2015 und die anschließende Rechtsprechung) werden die beiden, im Anschluss an das Urteil Nr. 10 von 2015 eingeführten Kostenurteile untersucht: das Urteil Nr. 70 von 2015 und das Urteil Nr. 178 von 2015. Bei erstgenanntem erklärte das Verfassungsgericht die Verfassungswidrigkeit derital. Gesetzesverordnung Nr. 201 vom 6. Dezember 2011 (Eilverfügungen zum Zuwachs, zur Angemessenheit und zur Konsolidierung der Staatsfinanzen), das mit Änderungen durch Art. 1, 1. Abs. ital. Gesetz Nr. 214 vom 22. Dezember 2011 umgewandelt wurde, ohne jegliche zeitliche Modulation der Rechtswirkungen vorzunehmen. Aus diesem Grund stufte die Rechtslehre die besagte Verkündigung als ein "überraschendes" Urteil ein, in Anbetracht der Tatsache, dass die aus den Einwirkungen auf die wirtschaftlich-finanzielle Basis entstehenden Kosten entschieden höher waren als die, welche aus der Aufnahme des Urteils Nr. 10 von 2015 entstanden wären, hätte man dieses ganz einfach mit Rückwirkung ausgestattet. Andererseits, während der Gerichtshof beim Urteil Nr. 10 von 2015 meinte, eine Ausnahme von der den Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärung zugrunde liegenden Regelung zu machen, obwohl die Aufnahme einer "physiologischen" Verfassungswidrigkeitserklärung von sich aus hohe Kosten "nur" in Bezug auf die Erdölbranche und insbesondere in Bezug auf einen bestimmten Unternehmenszweig bewirkt hätte, ist es schwer zu verstehen, warum das Verfassungsgericht im Fall des Urteil Nr. 70, das nicht nur die s.g. Goldpensionen, sondern auch das Rentensystem insgesamt betraf, befand, nicht nach derselben Logik zu verfahren. In diesem Sinn liegt eine Antwort auf diese Entscheidungsinkohärenz vielleicht in der mangelnden Verwendung durch das Verfassungsgericht der Ermittlungsbefugnisse, die weiter unten behandelt werden. Sicher ist, dass das Verfassungsgericht eine vollkommen ungeordnete Steuerung seiner Prozesse an den Tag legte und tatsächlich eine freie und unbefangene Vorgehensweise hinsichtlich der Regeln des verfassungsrechtlichen Prozesses bewies. Die obige Behauptung wird durch die Aufnahme des zum Thema Tarifverhandlungen eingeführten Urteils Nr. 178 von 2015 bewiesen, bei dem das Verfassungsgericht durch Verwendung des Hilfsmittels der plötzlichen Verfassungswidrigkeit erneut die zeitliche Wirksamkeit der Verfassungswidrigkeitserklärung steuerte. Das Verfassungsgericht behauptet nämlich: "Erst jetzt offenbarte sich vollkommen, wie strukturpolitisch die Verhandlungsaussetzung war, daher kann die eintretende Verfassungswidrigkeit, deren Rechtswirkungen im Anschluss an die Veröffentlichung dieses Urteils beginnen, als eingetreten angesehen werden. Der unversehens begonnene Mangel an Verfassungsmäßigkeit erklärt sich angesichts der Kritiken, die dem Verfassungsgericht im Anschluss an das "denkwürdige" Urteil Nr. 10 von 2015 entgegengebracht wurden. Darum kommentierte die Rechtslehre die besagte Verkündigung im Sinne eines Falls, bei dem "ein Mangel am selben Tag auftritt und verschwindet, an dem er durch den Richter erklärt wird, welcher gleichzeitig das Fehlen zum Zeitpunkt der Überweisung der Maßnahmen an das Verfassungsgericht feststellt". Im Wesentlichen ist unzweifelhaft, dass das Verfassungsgericht einen Aufschub der Rechtswirkungen seiner eigenen Verkündigung aus plausiblerweise mit den finanziellen Folgen verbundenen Gründen in die Tat umsetzte. Hier soll in jedem Fall hervorgehoben werden, dass, wie in dem der deutschen Praxis gewidmeten Kapitel ausgeführt wird, auch das Bundesverfassungsgericht manchmal, vor allem auf wirtschaftlichem Gebiet zeitlich handhabende und nicht vollkommen mit der grundlegenden Ratio kohärente Verkündigungen einführte. Außerhalb des Rahmens des zwischenrangigen Verfahrens führte das Verfassungsgericht im Bereich des Hauptverfahrens das Urteil Nr. 188 von 2016 ein, bei dem eine vollkommene Rückwirkung der Verkündigung, wieder einmal zum Zweck der maximalen Verminderung der finanziellen Beeinträchtigung durch die rückwirkende Rechtskraft verfügt wurde. Der Fall ergab sich aus einer Klage der Region Friuli Venezia Giulia bezüglich des Haushaltsgesetzes 2013, da die Region mit besonderer Rechtsstellung befand, dass einige Artikel einigen Bestimmungen der besonderen Rechtsstellung der Region, einigen Durchführungsbestimmungen dieser Rechtsstellung und anderen, aus dem System zur Steuerung der Beziehungen zwischen dem Staat und dieser Region ableitbare Grundsätzen auf finanziellem Gebiet widersprachen. Im Wesentlichen kommt das Verfassungsgericht, auch angesichts der Durchführung einer Ermittlung zu dem Schluss der Verfassungswidrigkeit der beurteilten Norm und behauptet im Einzelnen wie folgt: "Der Grundsatz des dynamischen Gleichgewichts, der eng verbunden ist mit dem für die Aufrechterhaltung des wirtschaftlichen, finanziellen und vermögensrechtlichen Gleichgewichts im Verlauf der Zeit grundlegenden Prinzip der Haushaltskontinuität, […] kann auch zum Zweck des erweiterten Schutzes der Finanzlage der öffentlichen Hand angewendet werden, indem gestattet wird, die finanziellen Beziehungen bei Abkommen auch in Hinsicht auf die vergangenen Betriebsjahre angemessener umzugestalten" (Urteil r. 155 von 2015).Im Übrigen behauptete dieser Gerichtshof, wenn man einen anderen auf steuerrechtlichem Gebiet zwischenrangig eingeleiteten Fall untersucht, dass der Gesetzgeber rechtzeitig eingreifen muss, "um die verfassungsmäßige Auflage des Haushaltsgleichgewichts auch in dynamischer Hinsicht zu erfüllen (Urteile Nr. 40 von 2014,Nr. 266 von 2013,Nr. 250 von 2013,Nr. 213 von 2008,Nr. 384 von 1991eNr. 1 von 1966), […] dies eventuell auch, indem die erkannten Mängel der untersuchten Steuerregelung behoben werden" (Urteil Nr. 10 von 2015). Schließlich kann das Urteil Nr. 27 von 2018, ebenfalls auf wirtschaftlichem Gebiet interessieren. Im 7. Abschnitt (Eine Betrachtung über die Handhabung der Wirkungen: die Untersuchungsbefungnisse des Verfassungsgerichts) wird das Thema der Ermittlungsbefugnisse des Verfassungsgerichts untersucht, insbesondere in Bezug auf die Handhabung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit, ausgehend von der Voraussetzung, dass die Annahmeurteile tatsächlich "systemische" Rechtswirkungen erzeugen: daher erscheint es im höchsten Maße relevant, dass das Verfassungsrechtsorgan in Hinsicht auf die eventuell durch seine Urteile erzeugten Einwirkungen auf die Ordnung bewusste Entscheidungen aufnehmen kann. Der kritische Punkt ist, dass das Verfassungsgericht selten von seinen Ermittlungsbefugnissen Gebrauch macht (obwohl die vom Verfassungsgericht tatsächlich verwendbaren Hilfsmittel in den ergänzenden Normen besonders detailliert erläutert werden), was sich nicht nur, wie oben beschrieben in wirtschaftlich-finanzieller Hinsicht auswirkt, sondern auch auf dem Gebiet der Wissenschaft (vgl. Urteile Nr. 162 von 2014, Nr. 96 von 2015 und Nr. 84 von 2016). Ab dem 8. Abschnitt (Die Verschiebung des Stichtags: die Gründe, die der zeitlich Richtung Zukunft handhabenden Verfahrensweise zugrunde liegen) ist das zweite Kapitel der Arbeit den ein Prinzip ergänzenden Urteilen, den Urteilen zur ermittelten aber nicht erklärten Verfassungswidrigkeit und den mahnenden Urteilen gewidmet. Im Allgemeineren ist dieser Abschnitt den Gründen gewidmet, die der zeitlich handhabenden Vorgehensweise, bei denen der zukünftige Zeitabschnitt hervortritt, zugrunde liegen: Es handelt sich um die Fälle, in denen das Verfassungsgericht nicht festlegt (oder nicht nur festlegt), die Rückwirkung der Verfassungswidrigkeitserklärung bzgl. der Vergangenheit einzuschränken, sondern (auch) entscheidet, einen Anschluss zum Gesetzgeber zu suchen, indem der Stichtag aufgeschoben wird. Weiter im Einzelnen nutzt das Verfassungsgericht einige Entscheidungsstrategien, um der Bildung der s. g. Gesetzeslücken vorzubeugen, die an sich der Kontinuität der staatlichen Funktionen wie auch der Stabilität der Rechtsverhältnisse, der positiven Tendenz der Finanzlage der öffentlichen Hand wie auch der öffentlichen Verwaltung schaden. Die Gründe, auf denen die besagte zeitlich handhabende Vorgehensweise aufbaut, sind ein weiteres Mal denen sehr ähnlich, die den Unvereinbarkeitserklärungen zugrunde liegen: die Gefahr, dass sich im Fall der Einführung eines die Verfassungswidrigkeit einer Norm ganz einfach erklärenden Urteils ein "Chaos" innerhalb der Rechtsordnung bildet. Im 9. Abschnitt (Die Mittel zur Vorverlegung des Stichtags: Die Urteile zur ermittelten aber nicht erklärten Verfassungswidrigkeit) werden die Hauptmerkmale der ermittelten ab nicht erklärten Verfassungswidrigkeit dargelegt ("sentenze di incostituzionalità accertata ma non dichiarata") die den Entscheidungen der Unvereinbarkeitserklärungen erheblich ähneln, denn in beiden Fällen besteht der Mangel der Verfassungsmäßigkeit und der Gerichtshof mahnt gleichzeitig den Gesetzgeber zur (mehr oder weniger unverzüglichen) Handlung, um die Beseitigung der Verfassungswidrigkeit, die das Rechtssystem insgesamt gefährdet, zu beschleunigen. Der grundlegende Unterschied besteht in der Tatsache, dass im Fall der Unvereinbarkeitserklärungen, die Verfassungswidrigkeit einer Norm nicht nur ermittelt, sondern auch erklärt wird und dies eben in Form der Unvereinbarkeitserklärung (und also nicht der Verfassungswidrigkeitserklärung). In Abschnitt 9.1 (Die Aufschiebung des Stichtags: die ein Prinzip ergänzenden Urteile) werden die ein Prinzip ergänzenden Urteile ("sentenze additive di principio") ebenfalls in ihren Hauptmerkmalen zum Gegenstand der Untersuchung; diese gehören, wie von der neuesten Rechtslehre bestätigt zu einem ungeschriebenen, der Rechtsprechung entspringenden Prozessrecht, auf das erst kürzlich vom Gerichtshof zum Thema der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitserklärungen auch mit Bezugnahme auf ausdrücklich komparatistische Bezüge verwiesen wurde. Mittels dieser Art der Entscheidung erklärt das Verfassungsgericht zwar die Verfassungswidrigkeit einer Norm für den Teil, in welchem diese keine bestimmte Voraussicht oder Regelung enthält, stellt jedoch gleichzeitig einen Grundsatz auf, der prinzipiell vom Gesetzgeber ausgeführt werden muss (welcher je nach Fall mehr oder weniger Schwierigkeiten bei der Umsetzung dieses Grundsatzes haben kann). Wie man sieht, ähnelt das besagte Entscheidungshilfsmittel in seiner Art den Unvereinbarkeitserklärungen, da diese eine synergetische Form der Zusammenarbeit zwischen den Organen Verfassungsgericht, Gesetzgeber und Richter mit sich bringen. Doch nicht nur das: Der Gesetzgeber wird außerdem dazu aufgerufen, die Wiederherstellung der verletzten Verfassungslegalität zu optimieren, so wie mit Bezug auf die zeitlich handhabende deutsche Praxis, denn das, was die Unvereinbarkeitserklärung auszeichnet, ist die Reformpflicht, die s.g. Nachbesserungspflicht. Im Fall einer legislativen Untätigkeit im Anschluss an die Aufnahme eines ein Prinzip ergänzenden Urteils muss die "juristische Ebene" aktiviert werden: in Wirklichkeit ist vor dem Eingriff des Legislativorgans immer eine gewisse Zusammenarbeit zwischen den Richtern und dem Verfassungsgericht notwendig: in diesem Sinne haben die ein Prinzip ergänzenden Urteile eine weitere Ähnlichkeit mit den deutschen Unvereinbarkeitserklärungen. Den Urteilen der "reinen" Unvereinbarkeit ebenfalls sehr ähnlich sind die mit einer allgemeinen Beschlussformel ausgestatteten, ein Prinzip ergänzenden Urteile ("sentenze additive di principio dotate di un dispositivo generico"): in diesem Fall im Anschluss an die erfolgte Verfassungswidrigkeitserklärung, wenn es dem Gericht schwerfällt, im Anschluss an eine wissenschaftliche Auslegung des vom selben Verfassungsgericht erkannten Grundsatzes eine anzuwendende Norm zu bestimmen. Nach diesen Erläuterungen darf das Urteil Nr. 243 von 1993, das in dieser Doktorarbeit ausgiebig behandelt wird, nicht unberücksichtigt bleiben. Mit diesem Urteil erklärte das Verfassungsgericht die Verfassungswidrigkeit eines bestimmten Mechanismus, der vom Gesetzgeber im Rentensystems erkannt wurde, ohne jedoch mit der Aufnahme eines Verfassungswidrigkeitsurteils mit ex tunc-Wirkung fortzufahren. Die mit der Aufnahme eines Urteils der ganz einfachen Annahme verbundenen Folgen wären nämlich für die Staatskassen übermäßig belastend gewesen. Die Rechtswirkungen einer derartigen Verkündigung, die daher von der Rechtslehre akkurat als ein einen Mechanismus ergänzendes Urteil definiert wird, erwiesen sich als denen der deutschen Unvereinbarkeitsurteile vollkommen ähnlich, insbesondere in Bezug auf die Beziehung zum Gesetzgeber: Letzterer wird nicht nur dazu angerufen, zu handeln, um den festgestellten Legitimitätsmangel zu beseitigen, sondern wird auch aufgefordert, innerhalb einer präzisen Frist einzugreifen; die Festsetzung einer Frist ist nämlich einer der Aspekte, der die zeitlich handhabende Praxis der Unvereinbarkeitserklärungen am stärksten auszeichnen. Ebenfalls von Bedeutung ist das Urteil Nr. 170 von 2014, das eben durch den allgemeinen Grundsatz ein Paradox innerhalb der Rechtsordnung erzeugte: Es wurde eine homosexuelle Ehe vorgesehen, obwohl die homosexuelle Ehe in Italien noch nicht legalisiert ist (man beachte im Übrigen, dass dasselbe Verfassungsgericht "BVerfG 1. Senat Beschluss vom 27. Mai 2008, 1 BvL 10/05" zitiert). Der Fall ergab sich aus einem von einem Ehepaar (bei dem eine Person, ihr Geschlecht verändert hatte) eingeleiteten Verfahren, um die Löschung der Eintragung "Beendigung der Rechtswirkungen des amtlichen Ehebundes" zu erwirken, die der Standesbeamte zusammen mit der Eintragung im Auftrag des Gerichts zur Berichtigung (von "männlich" in "weiblich") des Geschlechts des Ehemanns unter die Heiratsurkunde gesetzt hatte; das Verfassungsgericht befand, das Fehlen jeglicher Regelung des besagten Paars stelle eine Verletzung der unantastbaren Menschenrechte laut Art 2 ital. GG dar. Dennoch behauptete das Verfassungsgericht: "Die reductio adlegitimitatemdurch eine handhabende Verkündigung, welche die automatische Scheidung durch eine beantragte Scheidung ersetzt, ist nicht möglich, da dies gleichbedeutend mit einer Fortdauer des Ehebundes zwischen Personen desselben Geschlechts, im Widerspruch zu Art. 29 ital. GG wäre. Es wird also Aufgabe des Gesetzgebers sein, eine alternative (und von der Ehe verschiedene) Form einzuführen, die es den Ehepartnern ermöglicht, den Übergang von einem Zustand höchsten rechtlichen Schutzes zu einer auf dieser Ebene absolut unbestimmten Bedingung zu verhindern. Und der Gesetzgeber wird angerufen, diese Aufgabe mit höchster Eile zu erfüllen, um die erkannte Gesetzeswidrigkeit der untersuchten Regelung unter dem Gesichtspunkt des heutigen Rechtsschutzdefizits der betroffenen Personen zu überwinden". Schließlich ist das ein Prinzip ergänzende Urteil Nr. 278 von 2013 zur Anonymität der Mutter und das Recht des Kindes, seine Herkunft zu kennen, um seine Grundrechte zu schützen, von Bedeutung. Abschnitt 9.2 (Der Aufschub des Stichtags: die Appelle und die "Geisterhandhabung ", die diese mit sich bringen) schließlich ist den Mahnungsurteilen gewidmet, die, obwohl sie nicht in die Steuerung der Verfassungswidrigkeitserklärung eingreifen, dennoch einen Ausgleich zwischen Grundsätzen und Werten mit sich bringen, der "typischerweise" die Grundlage der zeitlichen Handhabung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile ist: Der Gesetzgeber wird im Bereich eines Unzulässigkeitsurteils oder eines ablehnenden Urteils aufgefordert, in Bezug auf eine bestimmte Gesetzesordnung zu handeln, um die Legalität wiederherzustellen, von der angenommen wird, dass sie tatsächlich verletzt wurde. In Bezug auf Mahnungen ist Abschnitt 9.3 (In Bezug auf gefestigte Appelle: die Beziehung zwischen Verfassungsgericht und Gesetzgeber angesichts des Beschlusses Nr. 207 von 2018) vollständig dem Fall Cappato gewidmet, einem wichtigen und bedeutenden juristischen Fall, der es gestattet, die Wechselbeziehungen zwischen Verfassungsgericht und Gesetzgeber unter einer besonderen Lupe (auf dem Gebiet des Strafrechts) zu untersuchen. Zunächst scheint es relevant, die Sachlage zu erläutern: Der allgemein als DJ Fabo bekannte Fabiano Antoniani, der durch die Folgen eines Autounfalls 2014 querschnittsgelähmt und blind geworden war, bat Marco Cappato im Januar 2017, ihm zu helfen, die Schweiz zu erreichen, wo er die Euthanasie durch den sogenannten unterstützten Suizid beantragt hatte und am 27. Februar 2017 erhielt. Marco Cappato, dem bekannt war, dass auch die alleinige Hilfe bei der Beförderung in die Schweiz des Kranken, der darum bittet, nach italienischem Recht verboten ist, verklagte sich selbst bei seiner Rückkehr nach Italien. Gegen Marco Cappato wurde ein Verfahren eingeleitet, das später der Ausführung der Straftat nach gemäß Art. 580 ital. StGb als "Verleitung oder Hilfe zum Selbstmord" rubriziert wurde, nach dem "jeder, der Andere zum Selbstmord bringt oder sie in ihrem Suizidvorhaben bestärkt bzw. auf jedwede Weise dessen Ausführung erleichtert, wird, sofern der Selbstmord erfolgt mit fünf bis zwölf Jahren Haft bestraft". Die Prozessverhandlungen fanden am 8. November 2017, am 4. Und 13. Dezember 2017, am 17. Januar 2018 und am 14. Februar 2018 mit Verlesung des Beschlusses durch den Vorsitzenden des Geschworenengerichts Mailand statt, das die Beurteilung der Verfassungsmäßigkeit der Norm an das Verfassungsgericht verwies. Das Mailänder Gericht hatte zwei verfassungsrechtliche Legitimitätsfragen aufgeworfen: a) "dort, wo das Verhalten zur Hilfe zum Selbstmord statt des Verhaltens zur Verleitung zu Last gelegt wird und somit abgesehen von seinem Beitrag zur Entscheidung oder Bestärkung des Suizidvorhabens" wegen angenommenen Widerspruchs zu den Artikeln 2, 13, erster Absatz und 117 des ital. GG zum Schutz der Menschenrechte und der Grundfreiheiten (EMRK, das in Rom, am 4. November 1950 unterzeichnet, ratifiziert und durch Gesetz Nr. 848 vom 4. August 1955 vollstreckbar wurde); b) "dort, wo das Verhalten der Erleichterung in der Ausführung des Selbstmords vorgesehen ist, das nicht auf den Weg der Entscheidungsfindung des Suizid-Anwärters einwirkt, mit einer Haftstrafe von 5 bis 10 [recte: 12] Jahren, ohne Unterschied zum Verhalten der Verleitung bestraft werden kann", wegen angenommenen Widerspruchs zu den Artikeln 3, 13, 25, zweiter Absatz, und 27, dritter Absatz, ital. GG. Das Verfassungsgericht bestätigte bei der Aufnahme des Beschlusses Nr. 207 von 2018 die Nicht-Unvereinbarkeit der Beschuldigung der Hilfe zum Selbstmord mit dem Grundgesetz; dennoch befand das Verfassungsgericht, spezifische Fälle zu erkennen, in denen das besagte Verbot fallen müsse. Es handele sich um völlig außergewöhnliche Situationen, und zwar solche, in denen die unterstützte Person sich selbst wie folgt identifiziere: (a) als an einer unheilbaren Krankheit leidend, die (b) körperliches und psychisches Leiden mit sich bringt, die von der Person als absolut nicht auszuhalten betrachtet werden, welche (c) durch lebenserhaltende Maßnahmen am Leben gehalten wird, aber (d) in der Lage ist, Entscheidungen frei und bewusst zu treffen. In allen anderen Fällen könnte sich der Sterbewille dank Anwendung des ital. Gesetz L. Nr. 219 von 2017 erfüllen, das als Normen zur aufgeklärten Einwilligung und Patientenverfügung) rubriziert ist und durch die Voraussichten des ital. Gesetzes Nr. 38 vom 15. März (Bestimmungen zur Gewährleistung des Zugangs zu Palliativpflege und Schmerztherapie) ergänzt wurde. Anschließend bestätigt das Verfassungsgericht bedeutungsvoll: "Dieses Gericht befindet im Übrigen, zumindest zu diesem Zeitpunkt, keine Abhilfe schaffen zu können gegen die erkannte Rechtsverletzung hinsichtlich der oben aufgeführten Grundsätze durch die bloße Ausweisung aus dem Anwendungsbereich der Strafverfügung jener Fälle, in denen die Hilfe gegenüber Personen geleistet wird, die sich in den gerade beschriebenen Zuständen befinden", denn "eine solche Lösung würde an sich die Leistung materieller Hilfe gegenüber von Patienten in diesen Zuständen, in einem ethisch-gesellschaftlich höchst empfindlichen Bereich, in welchem jeder mögliche Missbrauch mit Bestimmtheit auszuschließen ist, vollkommen ungeschützt lassen". Die besagte Regelung müsste anfangs dem Parlament anvertraut werden, da die normale Aufgabe dieses Gerichtshofs die Überprüfung der Vereinbarkeit der vom Gesetzgeber in Ausübung seines politischen Ermessensspielraums bereits vorgenommenen Entscheidungen mit den durch die Notwendigkeit der Beachtung der verfassungsrechtlichen Grundsätze und der Grundrechte der betroffenen Personen vorgeschriebenen Einschränkungen ist. Das Verfassungsgericht bestimmt also, "seine eigenen Befugnisse zur Steuerung des Verfassungsprozesses" zu nutzen und die nicht mit dem Grundgesetz übereinstimmende Vorschrift beizubehalten, ohne jedoch deren Anwendung durch die Richter zu verfügen, in Anbetracht der Tatsache, dass die Wirksamkeit der zensierten Regelung im vorliegenden Fall angesichts "dessen besonderer Eigenschaften und wegen der Bedeutung der damit verbundenen Werte" nicht als erlaubt gelten könnte. Wie man bemerken kann, scheint die Ratio der Unvereinbarkeitserklärung in diesem Fall tatsächlich die Rolle des "steinernen Gastes" übernommen zu haben. Der Gerichtshof bestätigt somit: "Um zu verhindern, dass die Vorschrift in dem hier angefochtenen Teil in der Zwischenzeit angewendet werden kann, wobei dem Parlament dennoch die Möglichkeit gegeben ist, die notwendigen Entscheidungen zu treffen, die grundsätzlich in seinem Ermessensspielraum bleiben – die Notwendigkeit, den Schutz der Patienten in den mit dieser Verkündigung angegebenen Einschränkungen zu gewährleisten, bleibt unangetastet – befindet der Gerichtshof somit auf andere Weise vorsorgen zu müssen, indem er also die Aufschiebung des laufenden Verfahrens verfügt und die Verhandlung zur neuen Diskussion der Verfassungsmäßigkeitsfragen für den 24. September 2019 anberaumt; in den anderen Verfahren dagegen obliegt es den Richtern, zu beurteilen, ob, angesichts der Angaben in dieser Verkündigung ähnliche Fragen zur Verfassungslegitimität der untersuchten Verfügungen als erheblich und nicht offensichtlich unbegründet anzunehmen sind, um die Anwendung derselben Verfügung in dem hier angefochtenen Teil zu vermeiden". Die besagte Verkündigung ist durch die nun sehr bekannte Beschlussformel, charakterisiert, welche die getroffene Erklärung der Verfassungswidrigkeit von Art. 580 ital. StGb nicht enthält. Darin heißt es: "Aus diesen Gründen wird die Behandlung der mit dem im Rubrum angegebenen Beschluss aufgeworfenen Fragen zur Verfassungsmäßigkeit auf die öffentliche Verhandlung am 24. September 2019 verschoben". Es handelt sich nämlich um einen vorläufigen Beschluss, mit dem das Verfassungsgericht entschied, das Gerichtsverfahren aufzuschieben und die Verfassungswidrigkeit von Art. 580 ital. StGb auf die in derselben Verkündigung beschriebene Weise zu überprüfen. Die deutschen Unvereinbarkeitserklärungen ähneln jedoch in Ratio und Aufbau der besprochenen Verkündigung, denn derselbe Verfassungsrichter Modugno verwies in Bezug auf Beschluss Nr. 207 von 2018 bei der öffentlichen Verhandlung am 24. September 2019 ausdrücklich auf die deutsche Rechtsprechung. In erster Linie tritt die "Anwendungssperre der verfassungswidrigen Norm" hervor; in zweiter Linie tritt die für den Gesetzgeber vorgesehenen Frist und der Verweis auf eine "faire und dialektische institutionelle Zusammenarbeit" hervor; in dritter Linie tritt der weite Ermessensspielraum, den das Verfassungsgericht dem Gesetzgeber zur verfassungsgemäßen Gestaltung der Regelung gelassen hat, hervor. Wie in der Rechtslehre bestätigt, handele es sich um ein "gefestigter" Appell, ein Urteil zur ermittelten aber nicht erklärten ganz eigenen Verfassungswidrigkeit, eine italienische Unvereinbarkeitserklärung. Außerdem besonders hervorzuheben ist die Tatsache, dass das Gebiet, auf welchem die besagte Verkündigung eingriff, das Strafrecht ist, indem das Ermessen des Gesetzgebers erheblich bedeutend ist. Trotz der Absicht des Verfassungsgerichts handelte der Gesetzgeber nicht innerhalb der vorgesehenen Frist, aus diesem Grund referierte das Verfassungsgericht in der am 25. Oktober 2019 veröffentlichten Pressemeldung, dass "der Gerichtshof in Erwartung eines unerlässlichen Eingriffs des Gesetzgebers die Nicht-Strafbarkeit der Beachtung der Verfahren, die in der Vorschrift zur aufgeklärten Einwilligung, zur Palliativpflege und zur kontinuierlichen tiefen Sedierung (Artikel 1 und 2 des ital. Gesetzes 219/2017) und der Überprüfung sowohl der erforderlichen Bedingungen als auch der Ausführungsverfahren durch eine öffentliche Einrichtung des staatlichen Gesundheitsdienstes nach Anhörung des Bescheids des örtlich zuständigen Ethik-Kommission vorgesehen sind, unterstellt". Vor wenigen Tagen wurde das Urteil Nr. 242 von 2019 hinterlegt, mit dem das Verfassungsgericht die "Sage" Cappato "abschloss": aus zeitlichen Gründen konnte diese Verkündigung, die jedoch in Bezug auf die Beziehung zwischen Verfassungsgericht und Gesetzgeber von erheblicher Bedeutung für diese Doktorarbeit ist, nicht untersucht werden. Das Verfassungsgericht entschied somit, die "Verfassungswidrigkeit von Art. 580 des ital. Strafgesetzbuchs dahingehend" zu erklären, "dass die Strafbarkeit dessen nicht ausgeschlossen wird, der mit der in den Artikeln 1 und 2 des ital. Gesetzes Nr. 2019 vom 22. Dezember 2017 (Normen zur aufgeklärten Einwilligung und Patientenverfügung)– d.h. in Bezug auf die Tatbestände vor der Veröffentlichung dieses Urteils im Amtsblatt der Republik mit gleichwertigen Vorgehensweisen wie in der Begründung – vorgesehenen Art und Weise die Ausführung des sich selbständig und frei gebildeten Suzidvorhabens einer durch lebenserhaltende Maßnahmen am Leben gehaltenen Person, die an einer unheilbaren Krankheit leidet, welche körperliche und psychische Leiden mit sich bringt, die von dieser als nicht auszuhalten angesehen werden, welche aber in der Lage ist, Entscheidungen frei und bewusst zu treffen, sofern diese Bedingungen und die Ausführungsverfahren durch eine öffentliche Einrichtung des staatlichen Gesundheitsdienstes überprüft werden nach Anhörung des Bescheids des örtlich zuständigen Ethik-Kommission erleichtert". Der Gesetzgeber, der zum Handeln im Anschluss an die erfolgte Aufschiebung der Rechtswirkungen des Urteils der "ermittelten" Verfassungswidrigkeit laut Beschluss Nr. 207 von 2018 aufgerufen wurde, scheint zusammen mit und vor allem durch seine Untätigkeit im Urteil Nr. 242 von 2019 in den Vordergrund zu treten. Das dritte Kapitel ist vollumfänglich der deutschen Praxis der Unvereinbarkeitserklärungen gewidmet, deren wichtigste Vorteile und Problempunkte untersucht werden. Im 1. Abschnitt (Die Ratio eines Vergleichs zwischen der "alternativen Tenorierung" des BVerfG und der zeitlich handhabenden Rechtsprechung des Verfassungsgerichts) wird versucht, die Gründe, auf denen das Interesse für die zeitlich handhabende deutsche Praxis beruht zu erklären. Erstens entspricht, wie weiter unten ausgeführt sowohl in der italienischen Ordnung wie auch in der deutschen die Verfassungswidrigkeit einer Norm faktisch seiner Ungültigkeit. Trotz dieser gemeinsamen Voraussetzung, eben in Hinsicht auf die Notwendigkeit, eine Steuerung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit der Verfassungswidrigerklärung vorzunehmen, sah der deutsche Gesetzgeber eine Änderung des BVerfGG vor, während dagegen, obwohl die Corte costituzionale in einigen Fällen befunden hatte, von der Rückwirkung der Annahmeurteile abzuweichen, das Verfassungssystem, wie im ersten und zweiten Kapitel zu zeigen versucht wurde, noch keine Form der Positivierung der Handhabung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit erfahren. Und dies trotz der kürzlichen Einführung von Urteil Nr. 10 von 2015 und Beschluss Nr. 207 von 2018: erstes enthält, wie bereits besprochen, einen ausdrücklichen Verweis auf die deutsche Praxis; zweiter dagegen verweist lediglich implizit auf den Aufbau und die Ratio der deutschen Unvereinbarkeitserklärungen. Die besagten Entscheidungen werden aufgrund ihrer Bedeutung Untersuchungsgegenstand in Abschnitt 1.1. (Die Ratio des Vergleichs: zwei aktuelle Beispiele). In Abschnitt 1.2. (Die Problematik eines Vergleichs zwischen der italienischen und der deutschen Praxis) wird die Problematik bezüglich eines Vergleichs zwischen der italienischen und der deutschen Praxis hervorgehoben. In erster Linie tritt die verschiedene gesetzliche Regelung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigerklärung hervor; in zweiter Linie die ungleichen Beziehungen zwischen den verschiedenen Verfassungsorganen (zu denen das Verfassungsgericht offensichtlich gehört). In diesem Abschnitt werden diese beiden Aspekte beleuchtet, wobei jedoch nicht zu vergessen ist, dass, wenn auch die Beziehung zwischen BVerfG und dem Gesetzgeber entschieden entspannter ist als in der italienischen Situation, werden in der deutschen Rechtslehre dennoch die Problematiken hervorgehoben, die ein eventuelles Nicht-Erfüllen des Gesetzgebers der Vorgabe des Verfassungsgerichts mit sich bringt; gleichzeitig weisen die Unvereinbarkeitserklärungen Elemente der Unklarheit auf, und zwar in Bezug auf die Möglichkeit, ihre juristischen Folgen sicher kennen zu können, da diese konkret von den Entscheidungen des BVerfG abhängen; aus diesem Grund ist dieser Entscheid zum Teil auch Gegenstand der Kritik durch die deutsche Rechtslehre. Im Übrigen, während in Bezug auf die italienische Praxis die Unvereinbarkeitserklärungen vor allem angesichts der "unvorhersehbaren" Folgen kritisiert werden, kann man gleichzeitig nicht übersehen, dass dieselbe Kritik (und nicht nur diese) in der deutschen Rechtslehre angeführt wird, in der auch einige Problempunkte in Bezug auf die Beziehung zwischen Gesetzgeber und BVerfG mit besonderem Verweis auf die zeitlich handhabende Praxis hervorgehoben werden. In Abschnitt 1.3. (Ziel des Vergleichs mit den deutschen Unvereinbarkeitserklärungen) wird das Ziel des Vergleichs unterstrichen, das nicht nur in einer Überlegung zur hypothetischen Übertragung dieses Entscheidungstyps in die Sammlung der Entscheidungsmittel des Verfassungsgerichts ist, sondern auch in einer Überlegung zum Thema der "Einschränkung" der Rückwirkung besteht. Die nachfolgenden Abschnitte sind der Untersuchung der Norm gewidmet. Im 2. Abschnitt (Die Nichtigkeitslehre und die Theorie der Vernichtbarkeit) geht es auf rein theoretischer und allgemeiner Ebene um die Grundzüge der Nichtigkeitslehre und der Vernichtbarkeitstheorie. Abschnitt 2.1. ist vollumfänglich der Ipso-iure-Nichtigkeit gewidmet, die das Panorama der deutschen Rechtslehre seit den fünfziger Jahren beherrscht; es werden die juristischen Modelle untersucht, auf denen sie beruht und auf die Verfassungsnormen und das einfache Recht verwiesen, auf das sie aufbaut. Abschnitt 2.2. (Die Theorie der Nichtigkeit im Grundgesetz) ist den Verfassungsnormen gewidmet, welche die Grundlage der Nichtigkeitslehre darzustellen scheinen. Abschnitt 2.3. (Die Nichtigkeit des Verfassungsgesetzes und die Hauptquelle: §78 BVerfGG) ist der Untersuchung von § 78 BVerfGG gewidmet, wo es heißt, "Kommt das Bundesverfassungsgericht zu der Überzeugung, dass Bundesrecht mit dem Grundgesetz oder Landesrecht mit dem Grundgesetz oder dem sonstigen Bundesrecht unvereinbar ist, so erklärt es das Gesetz für nichtig". Wie man sieht, bestätigt diese Verfügung die Nichtigkeit der für verfassungswidrige erklärten Norm und steht so im Widerspruch zur "bloßen" Erklärung der Unvereinbarkeit der verfassungswidrigen Norm. Abschnitt 2.4. (Die Gesichtspunkte der Flexibilisierung der Rechtswirkungen der Entscheidung angesichts der Ipso-iure-Nichtigkeit) ist den allerersten Versuchen des BVerfG gewidmet, eine Ausnahme vom Dogma der Nichtigkeit zu machen und sich auf dieser Weise dem zu nähern, was als "Anwendbarkeit des Rechts" definiert wurde. Abschnitt 2.5. ist vollumfänglich der Vernichtbarkeitstheorie des Gesetzes gewidmet; insbesondere werden im Verlauf desselben die theoretischen und gesetzlichen Grundlagen dieser These untersucht, die sich teilweise mit der Notwendigkeit der Überwindung der die Nichtigkeitserklärung charakterisierenden Problempunkten deckt, wobei die Bedeutung, die diese Theorie hinsichtlich der Unvereinbarkeitserklärungen annimmt zu berücksichtigen ist. Der 3. Abschnitt (Die Folgen der Nichtigkeitserklärung, §79 BVerfGG) ist der Untersuchung der Folgen (gegenüber Vergangenheit und Zukunft) der Verfassungswidrigerklärung gewidmet: Diese Analyse entwickelt sich angesichts einiger von einigen Autoren der deutschen Rechtslehre, darunter vor allen Kneser, Gusy und Ipsen vorgebrachten Thesen. Abschnitt 3.1. (Die Vorschläge zur Änderung der Rechtswirkungen der deutschen Nichtigkeitserklärung) ist, fast symmetrisch zum 2. Abschnitt des 2. Kapitels, der Untersuchung zweier bedeutender Versuche zur Änderung der Rechtswirkungen laut § 79, Abs. 1 BVerfGG (BT-Drs. V/3916) und (BT-Drs VI/388) gewidmet, die, obwohl nie verabschiedet zur Verbreitung einer möglichen Rechtfertigung der Theorie der Vernichtbarkeit der verfassungswidrigen Norm beigetragen haben. Nach einem Teil der Rechtslehre war der Grund für die mangelnde Änderung der Rechtswirkungen des Nichtigkeitsurteils laut §79 BVerfGG sehr einfach, denn jede Form der Kodifizierung würde die notwendige Handlungsflexibilität des BVerfG einschränken, welches im Übrigen durch den Gebrauch der Unvereinbarkeitserklärungen immer anwendbare Handlungen gefunden hat. In jedem Fall änderte der Gesetzgeber im Jahr 1970 durch das Vierte Gesetz zur Änderung des BVerfGG den §79 1. Abs. und den § 31 2. Abs., in denen die Möglichkeit vorgesehen ist, dass die verfassungswidrige Norm nicht nur nichtig erklärt wird, sondern auch unvereinbar. Der umfangreiche 4. Abschnitt (Die deutschen Unvereinbarkeitserklärungen) ist den deutschen Unvereinbarkeitserklärungen gewidmet, die unter mehreren Gesichtspunkten untersucht werden und in diesem Kapitel Hauptgegenstand der Studie sind. In Abschnitt 4.1. (Grundlage und Legitimation der Unvereinbarkeitserklärungen) werden die allgemeinen Gründe untersucht, die das BVerfG dazu führten, trotz der Vorgabe des § 78 BVerfGG einen von der Nichtigkeitserklärung verschiedenen Entscheidungstyp einzuführen. Der zu untersuchende Entscheidungstyp ist mit der Zeit nach einem Teil der Rechtslehre zu einer "Regel" geworden, denn §78 BVerfGG hätte (nach der Lehre Burkiczaks) ein primitives Wesen angenommen. Andererseits weist der Pragmatismus des BVerfG einige bedeutende Schwierigkeiten auf, wie hier hervorzuheben versucht wird: Erstens die der Erkennung einer juristisch-theoretischen Rechtfertigung des besprochenen Entscheidungstyps und zweitens das Problem der Beschreibung der Anwendungstopoi, in Anbetracht der Tatsache, dass die Anwendungskriterien der Unvereinbarkeitserklärungen oft Überlagerungen aufweisen. In Abschnitt 4.2. (§ 79 1. Abs. des BVerfGG und § 31, 2. Abs. BVerfGG: die Revolution des Vierten Gesetzes zur Änderung des BVerfGG) wird das Thema der Revolution des Vierten Gesetzes zur Änderung des BVerfGG in Angriff genommen, das §79 1. Abs. des BVerfGG und § 31 2. Abs. BVerfGG änderte und die Möglichkeit einfügte, die Norm für unvereinbar zu erklären. Während in Abschnitt 4.3. (Der § 31 des BVerfGG) eben § 31 des BVerfGG, untersucht wird, befasst sich Abschnitt 4.4. (Der § 35 des BVerfGG) mit § 35 des BVerfGG, welcher nicht nur die Grundlage der Fortgeltungsanordnung der unvereinbaren Norm, sondern auch die möglichen Formen zu deren Vollstreckung begründet. Gerade wegen der "pragmatischen" Natur der Unvereinbarkeitserklärungen ist es schwierig, die Anwendungstopoi dieses Entscheidungsmittels zu erkennen; nicht ohne Grund wird in der maßgeblichen Rechtslehre auf eine pragmatische, flexible und nicht dogmatische zeitlich handhabende Praxis verwiesen, die im 5. Abschnitt (Das Problem der Erkennung einer Kasuistik der Unvereinbarkeitserklärungen: die pragmatische, flexible und nicht dogmatische Praxis) behandelt wird. Ganz allgemein werden Unvereinbarkeitserklärungen in folgenden Fällen angewendet: a) wenn der Gesetzgeber verschiedene Möglichkeiten hat, um den Mangel an Verfassungsmäßigkeit zu beseitigen, für gewöhnlich, wenn der Gleichheitsgrundsatz verletzt wird, da dem Gesetzgeber ein großer Ermessensspielraum zukommt, um die verletzte Legalität wiederherzustellen. In diesem Fall ist es der Schutz der Ermessenssphäre des Gesetzgebers der zur Grundlage der Beurteilung (oder wenn man will der Abwägung) der juristischen Folgen der Verfassungswidrigerklärung wird. Hinsichtlich der Beziehung zum Gesetzgeber wird in der Rechtslehre eine Form der spezifischen Koordinierung zwischen BVerfG und Gesetzgeber bezeichnet, in Anbetracht der Tatsache, dass die Unvereinbarkeitserklärung den Ermessensspielraum des Gesetzgebers in Hinsicht auf den Zeitraum zwischen der Erklärung der Unvereinbarkeit und der Einführung der neuen Gesetzesverordnung schützt. b) wenn ein Übergang von der verfassungswidrigen Lage zur verfassungsmäßigen Situation im Gemeininteresse notwendig ist. Im Wesentlichen erhält dieser Anwendungsbereich in dem Fall Bedeutung, wo die Aufnahme einer Verfassungswidrigerklärung die Verfassungswidrigkeit innerhalb der Rechtsordnung noch verschlimmern würde. In diesem Sinne tritt die "Chaos-Theorie" hervor, die im Übrigen an die Verletzung der Artt. 33. 1. Abs., 2. Abs., 3. Abs. und 21 1. Abs. GG anknüpft. Während man die Einwendung der möglichen Unbestimmtheit der s.g. Anwendungstopoi der Unvereinbarkeitserklärungen eben wegen des Fehlens einer umfassenden Gesetzesgrundlage, die in Abschnitt 5.1. (Gibt es einen Numerus clausus der Anwendungsfälle der Unvereinbarkeitserklärungen?) angesprochen wird, im Hinterkopf behält, wird im 6. Abschnitt (Die Unterkategorien der Unvereinbarkeitserklärungen) auf die notwendige Unterscheidung zwischen den Unvereinbarkeitsentscheidungen und den s.g. Appellentscheidungen hingewiesen, um dann im Verlauf von Abschnitt 6.1. (Das "reine" Unvereinbarkeitserklärung) zur Untersuchung der Hauptmerkmale der reinen (oder schlichten) Unvereinbarkeitserklärung überzugehen, die sich vor allem durch eine Reformpflicht (mit dem Ziel der Garantie der freien Ausübung durch den Gesetzgeber seines Werks zur Beseitigung des vom BVerfG entschiedenen Legitimitätsmangels) und durch die s.g. Anwendungssperre des für verfassungswidrig erklärten Gesetzes charakterisiert, wie im Übrigen in der allerersten Unvereinbarkeitsentscheidungen, BVerfGE 28, 227 (Steuerprivilegierung Landwirte) vorgesehen war. Abschnitt 6.2. (Die Unvereinbarkeitserklärung und die s.g. weitere Anwendbarkeit des für unvereinbar erklärten Gesetzes) ist der Untersuchung des Aufbaus der vom BVerfG verfügten Anordnung der Anwendung des für unvereinbar erklärten Gesetzes: wie in diesem Abschnitt gezeigt wird, betrachtet die Rechtslehre das Mittel der Fortgeltungsanordnung als eine Art "Ebene" des "reinen" Unvereinbarkeitsurteils; gleichzeitig wird deren so verschiedenartiger Aufbau untersucht. In diesem Sinn wird auf die vorläufige Weitergeltungsanordnung und die endgültige Weitergeltungsanordnung verwiesen. Die Fortgeltungsanordnung wird auch in Abschnitt 6.2.1. untersucht, wo die gesetzliche Grundlage der Fortgeltungsanordnung zum Analyseobjekt wird; gleichzeitig erfolgt eine Überlegung zur Möglichkeit, die Voraussicht der zeitlich beschränkten Anwendung des für unvereinbar erklärten Gesetzes mit der Normenhierarchie zu vereinen. Die Lösung scheint in dem vom BVerfG verspürten Bedürfnis, die verfassungsfernere Lösung auszuschließen zu liegen. In Abschnitt 6.2.2. (Die in der Motivation der Unvereinbarkeitserklärungen liegende Schwierigkeit, vor allem in Bezug auf die mit Fortgeltungsanordnung verbundenen Erklärungen) wird der Problempunkt der schwierigen Erkennung der Folgen, die sich aus den Unvereinbarkeitsurteilen ergeben können, behandelt, und insbesondere im Fall der mit Anordnung der s.g. weiteren Anwendbarkeit, verbundenen Entscheidungen, in Anbetracht der Tatsache, dass das BVerfG die Folgen der Unvereinbarkeitsentscheidungen offen lässt. In Abschnitt 6.3. (Die mit einer Übergangsregelung verbundenen Unvereinbarkeitserklärungen) werden dagegen die mit einer vom selben BVerfG bestimmten Übergangsregelung verbundenen Unvereinbarkeitsentscheidungen analysiert. Die besagten Übergangsregelungen bestehen auch unabhängig von der Anwendung der Unvereinbarkeitserklärungen, denn diese können an Nichtigkeitserklärungen gebunden sein: Man denke beispielsweise an die Entscheidungen BVerfGE 1, 39 – Schwangerschaftsabbruch 1 und BVerfGE 88, 203 – Schwangerschaftsabbruch II. Wie weiter unten gezeigt, übernehmen die Übergangsregelungen, wenn sie in Begleitung der Unvereinbarkeitserklärungen beschlossen werden, die Rolle der "Entscheidungsgrundlage", und zwar deshalb, weil die Übergangsregelung keinen unabhängigen Entscheidungstyp darstellt. Der 7. Abschnitt (Die Anwendungsgebiete der Unvereinbarkeitserklärungen) besteht aus mehreren Unterabschnitten und beschäftigt sich mit Überlegungen zu den Anwendungsgebieten der deutschen Unvereinbarkeitserklärungen, die vor allem in Bezug auf die italienische Praxis von besonderem Interesse sind. Wie weiter unten gezeigt, basieren die Unvereinbarkeitserklärungen auf denselben Gründen wie die vom Verfassungsgericht entwickelte umfangreiche Sammlung an Entscheidungsmitteln, d.h. zum Beispiel die Urteile mit verschobener Verfassungswidrigkeit, die ein Prinzip ergänzenden Urteile und die Urteile zur ermittelten aber nicht erklärten Verfassungswidrigkeit. Erstens ist der Anwendungstopos der Verletzung des Gleichheitsgrundsatzes, zu berücksichtigen, der in Abschnitt 7.1. (Die Verletzung des Gleichheitsgrundsatzes und der Schutz des Ermessensspielraums des Gesetzgebers) ausgehend von der ersten "offensichtlichen" Entscheidung mit Verzicht auf die Anwendung der Nichtigkeitserklärung BVerfGE 22, 349 (361-362) – Waisenrente und Wartezeit – untersucht wird. Das Ziel, die Optimierung der Beseitigung des Mangels an Verfassungsmäßigkeit zu gewährleisten, vereint sich im Fall der Verletzung des – in Art. 3 GG dargelegten Gleichheitsgrundsatzes – mit dem Schutz des Ermessensspielraums des Gesetzgebers (vgl. BVerfGE 17, 148; BVerfGE 93, 386; BVerfGE 71, 39; BVerfGE 105, 73; siehe schließlich auch das Urteil zum dritten Geschlecht vom 10. Oktober 2017). Während in Abschnitt 7.1.1. (Die Einführung der Nichtigerklärung im Fall der Verletzung des Gleichheitsgrundsatzes) die (außergewöhnlichen) Gründe behandelt werden, aufgrund derer das BVerfG verfügt, die Nichtigerklärung anzuwenden, obwohl ein Gleichheitsgrundsatz verletzt wurde, beschäftigt sich Abschnitt 7.2. (Die s.g. Chaos-Theorie) mit der Theorie, die auch als "Argument der juristischen Folgen" bezeichnet wird: Dieses Argument liegt, wie man im Verlauf dieses Kapitels sieht, dem Verzicht auf die Anwendung der Nichtigerklärung zugrunde, d.h. die Gefahr eines noch "verfassungsferneren Zustands bei Nichtigerklärung" (vgl. BVerfGE 37, 217; BVerfGE 33, 303; BVerfGE 132, 134). Es ist interessant zu bemerken, dass dieser Anwendungstopos im Bedürfnis, die Rechtssicherheit und den Rechtsstaat zu gewährleisten, substanziiert werden kann; weiter könnte das BVerfG nicht nur gesellschaftliche, sondern auch durch das Grundgesetz gewährleistete Grundrechte schützen wollen. Wegen der Bedeutung der Kategorie der Rechtssicherheit in der Praxis der Unvereinbarkeitserklärungen ist Abschnitt 7.2.1. (Rechtssicherheit . Eine elastische Kategorie) einer Untersuchung der Beziehung zwischen diesem juristischen "Gut" und der zeitlich handhabenden Praxis des BVerfG gewidmet; in Abschnitt 7.2.2. (Der Schutz des Gemeinwohls und die mit Fortgeltungsanordnung verbundenen Unvereinbarkeitserklärungen) wird eine Überlegung zur Beziehung zwischen den mit Fortgeltungsanordnung verbundenen Unvereinbarkeitserklärungen und der verfassungsrechtlichen Notwendigkeit zum Schutz des Gemeinwohls entwickelt (vgl. BVerfGE 91, 186; BVerfGE 198, 190; BVerfGE 109, 190); der nächste Abschnitt 7.3. (BVerfG und Strafrecht) behandelt die Verwendung der Unvereinbarkeitserklärungen (insbesondere der mit Fortgeltungsanordnung verbundenen) durch das BVerfG auf dem Gebiet des Strafrechts. Dieser Abschnitt ist für italienische Forscher besonders interessant, nicht nur angesichts des weiten Ermessensspielraums, der dem Gesetzgeber auf dem Gebiet des Strafrechts zukommt, sondern auch angesichts der Aufnahme des kürzlichen Beschlusses Nr. 208 von 2017, der im späteren Verlauf seine "Folge" in Urteil Nr. 242 von 2019 fand (vgl. BVerfGE 109, 190; die Verkündigung zur Sicherungsverwahrung vom 4. Mai 2011, oder weiter die Entscheidung vom 20. April 2016 zum Thema Bundeskriminalamtgesetz). Wie man sehen wird, scheinen der Gesetzgeber und das BVerfG auf dem Gebiet des Strafrechts zwischen den Vorgaben der Beachtung des legislativen Ermessens und der erfolgten Unvereinbarkeitserklärung der nicht mit der Verfassung zu vereinbarenden Strafnorm zu "dialogisieren". Abschnitt 7.4. (Der Topos der Finanz- und Haushaltsplanung) ist der zwischen der Annahme der Unvereinbarkeitserklärung, seiner zeitlichen Wirkung und der Notwendigkeit zum Schutz des Staatshaushalts bestehenden Beziehung gewidmet. Zu diesem Zweck darf man die Tatsache nicht vergessen, dass die Weitergeltungsanordnung eine ausreichende juristische Grundlage ist, um die Zahlung der Steuern von den Bürgern zu fordern und dass diese gleichzeitig ein mögliches Mittel darstellt, um das Auftreten einer unsicheren Rechtssituation zu verhindern, da die Steuereinnahmen des Bundes oder der Länder verloren gehen könnten (vgl. BVerfGE 138, 136; Urteil vom 15. Januar 2019 2 BvL 1/09). Der Abschnitt 7.5. (Die Unvereinbarkeitserklärungen gegenüber der legislativen Unterlassung) behandelt die Beziehung zwischen der Unterlassung des Gesetzgebers und dem Verzicht auf die Nichtigkeitserklärung einer Norm. Es handelt sich im Wesentlichen um ein vollkommen primitives – und problematisches – Kriterium der Anwendung der Unvereinbarkeitserklärungen, wie es auch die Kategorie hinsichtlich des Ermessens des Gesetzgebers ist, dessen Hauptmerkmale in Abschnitt 7.6. (Ein primitives Kriterium: der Ermessensspielraum des Gesetzgebers) untersucht werden. Im 8. Abschnitt (Die Folgen der Unvereinbarkeitserklärungen: Eine allgemeine Übersicht) werden die Folgen analysiert, die ganz allgemein die Anwendung der Unvereinbarkeitserklärung betreffen, wobei jedoch zu unterstreichen ist, dass die Folgen je nach der "konkreten" Praxis, die dasselbe BVerfG befindet, Änderungen unterliegen können. Die Auswirkungen der Unvereinbarkeitserklärung haben keine "klare Linie". Ganz allgemein folgt der Anwendung einer Unvereinbarkeitserklärung die Pflicht des Gesetzgebers, den Mangel an Verfassungsmäßigkeit zu beseitigen und die Pflicht der Richter, die Vorgabe des Gerichts in Bezug auf die für unvereinbar erklärte Norm zu befolgen. In Bezug auf die Beziehung zwischen BVerfG und Gesetzgeber wird in Abschnitt 8.1. (Die aus der Pflicht zur Reform der unvereinbaren Norm, der s.g. Nachbesserungspflicht entstehenden Folgen) die Reformpflicht des Gesetzgebers untersucht und deren ex tunc- bzw. ex nunc-Wirkung je nachdem, wie das Bundesverfassungsgericht von Fall zu Fall entscheidet. In diesem Abschnitt wird versucht, auch die Natur und das Gebundensein an die Frist zu untersuchen, einem nicht ganz unbekannten Instrument im Bereich des italienischen Verfassungsrechts. Obwohl der Deutsche Bundestag häufig innerhalb der vom BVerfG, vorgesehenen Frist eingreift, gibt es doch auch Fälle, in denen der Gesetzgeber nicht innerhalb des vorgesehenen Zeitraums gehandelt hat (vgl. BVerfGE 99, 300; und das Urteil zur Erbschaftssteuer vom 17. Dezember 2014). In Bezug auf Problematiken hinsichtlich der Untätigkeit des Gesetzgebers kommt man nicht umhin, das in der übermäßigen zeitlichen Verlängerung der Anwendungssperre liegende Risiko zu betrachten (vgl. BVerfGE 82, 136). In Hinsicht auf die anderen Verfassungsorgane hat die Rechtslehre im Fall von legislativer Untätigkeit zwei verschiedene Möglichkeiten zum "Sperren" des verfassungswidrigen Zustands erkannt: Eingriff der Gerichte, die dazu aufgerufen sind, verfassungsmäßig zu entscheiden und Eingriff desselben BVerfG in "Einzelfall" gemäß § 35 des BVerfGG. Hinzu kommt, wie man weiter unten sieht, dass es schwierig ist, die Nichtigkeit der für unvereinbar erklärten Norm bei Untätigkeit des Gesetzgebers vorauszusehen. In jedem Fall sind die Probleme hinsichtlich des mangelnden Nachkommens der Nachbesserungspflicht eher theoretischer Art, wenn man die bestehende gute Zusammenarbeit zwischen Gesetzgeber (Richtern) und BVerfG bei der Umsetzung der zeitlich handhabenden Praxis bedenkt. In Abschnitt 8.2. (Die spezifischen Folgen der Unvereinbarkeitserklärungen) werden die spezifischen juristischen Folgen der Unvereinbarkeitserklärungen untersucht, wobei vor allem die "reinen" und die mit weiterer Anwendbarkeit verbundenen Unvereinbarkeitserklärungen betrachtet werden. Der 9. Abschnitt (Der Zeitfaktor der Unvereinbarkeitserklärungen: ein flexibles Entscheidungsmittel) widmet sich der zeitlichen Orientierung, welche die Rechtswirkungen der Unvereinbarkeitsurteile annehmen können, und zwar ex tunc- oder ex nunc-Wirkung, je nach der ihrerseits von der Reformpflicht des Gesetzgebers angenommenen zeitlichen Orientierung. Die mit der bloßen ex nunc-Wirkung der Unvereinbarkeitserklärungen verbundenen Problematiken, die in den Bereichen zur Beurteilung der konkreten Normenkontrolle und der Verfassungsbeschwerde am deutlichsten hervortreten, sind für das italienische Verfassungsrecht besonders interessant, in Anbetracht der Tatsache, dass dieses weitgehend durch die Inzidentalität des Systems charakterisiert ist, das durch die Unterbrechung des Inzidentalitätszusammenhangs stark beeinträchtigt würde. Die gleichen Problematiken scheinen sich laut der deutschen Rechtslehre in Bezug auf die beiden eben angeführten deutschen Urteilstypen zu stellen; ein deutliches Beispiel ist das in diesem Abschnitt untersuchte Urteil, die Entscheidung vom 10. April 2018 – 1 BvL 11/14. Angesichts der Ausführungen im ersten, zweiten und dritten Kapitel werden im letzten die Schlüsse dieser Doktorarbeit gezogen und versucht einen roten Faden zwischen der zeitlich handhabenden Rechtsprechung des ital. Verfassungsgerichts und der des BVerfG zu finden, und zwar anhand der Untersuchung einiger Aspekte, die das heutige Verfassungsrecht zu "modellieren" scheinen und deren korrekte Funktionsweise dadurch beeinflussen. Die abschließenden Betrachtungen (4. Kapitel) drehen sich um die Beziehung zwischen Verfassungsgerichtshof und Gesetzgeber der italienischen Praxis einerseits und der deutschen andererseits (1. Abschnitt), um die Beachtung des legislativen Ermessens in der italienischen Praxis einerseits und der deutschen andererseits (2. Abschnitt) und um die Notwendigkeit, "übermäßige Folgen" zu verhindern, sowohl in der italienischen als auch in der deutschen Praxis (3. Abschnitt). Weiter angesichts der deutschen Praxis, die sich auf den Schutz der Grundrechte aber weitgehend auch der Rechtsordnung insgesamt zu konzentrieren scheint, wird versucht, über eine mögliche neue Theorie der "Verfassungsfestigkeit" des Rechtssystems nachzudenken (4. Abschnitt - Eine neue Theorie der "Verfassungsfestigkeit" des Rechtssystems? Überlegungen zur deutschen Praxis). Nach dieser Klarstellung kommt man zur Endaussage dieser Doktorarbeit, die mit dem 5. Abschnitt (Reformbedarf der Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile. Auf welche Weise?) schließt: Es ist unbestreitbar, dass die Unumgänglichkeit der Rückwirkung den verfassungsrechtlichen (materiellen) Problematiken zugrunde liegt. Die deutsche Praxis der Unvereinbarkeitserklärungen beeinflusst das Verfassungsrecht unter mehreren Gesichtspunkten. Erstens in Hinsicht auf die Verbindung zwischen Verfassungsgericht und Legislativorgan. Eine Bestimmung des zeitlichen Elements der Rechtswirkungen der Entscheidungen der koordinierten Verfassungswidrigkeit gestattet es dem Gerichtshof, die Grenzen des Ermessensspielraums des Gesetzgebers zu ziehen. Daher die Bedeutung der Frist zur Eingrenzung der gesetzgebenden Gewalt innerhalb der verfassungsrechtlichen Trasse, um eine gemeinsame Beseitigung des Mangels an Verfassungsmäßigkeit zu fördern. Im Gegenfall muss das italienische Verfassungsgericht "alles alleine machen". Wie bereits angemerkt, sind die Schwierigkeiten zu berücksichtigen, die beispielsweise die mangelnde Reform des Strafgesetzbuchs von 1930 mit sich bringt, das unter anderem zu einem "unsystematischen und ungenauen" wie auch nicht in den Werterahmen der Verfassungsurkunde passendes Strafsystem geworden ist. Von erheblicher Bedeutung ist in dieser Hinsicht die kürzliche Pressemitteilung in Bezug auf die endgültige Entscheidung in der "Cappato-Sage", die auf der offiziellen Website des Verfassungsgerichts am 25. September 2019 veröffentlicht und durch das entsprechende nachfolgende Urteil Nr. 242 von 2019 bestätigt und in dieser Studie bereit ausgiebig behandelt wurde. Aufgrund seiner Relevanz wird hier der Text der Mitteilung vollumfänglich wiedergegeben: "Das Verfassungsgericht hat sich zur Urteilsfindung zurückgezogen, um die vom Mailänder Geschworenengericht zu Artikel 580 des Strafgesetzbuchs aufgeworfenen Fragen zur Strafbarkeit der Hilfe zum Selbstmord gegenüber einer Person, die entschlossen ist, ihrem Leben ein Ende zu setzen, zu untersuchen. In Erwartung der Urteilshinterlegung lässt die Presseabteilung wissen, dass der Gerichtshof eine Person, welche die Ausführung des selbständig und frei gebildeten Suizidvorhabens eines durch lebenserhaltende Maßnahmen am Leben gehaltenen Patienten, der an einer unheilbaren Krankheit leidet, welche körperliche und psychische Leiden mit sich bringt, die von diesem als nicht auszuhalten angesehen werden, welcher aber in der Lage ist, Entscheidungen frei und bewusst zu treffen, erleichtert, unter bestimmten Bedingungen für nicht strafbar laut Artikel 580 des Strafgesetzbuchs hält. In Erwartung eines unerlässlichen Eingriffs des Gesetzgebers hat das Verfassungsgericht die Nicht-Strafbarkeit der Beachtung der Verfahren, die in der Vorschrift zur aufgeklärten Einwilligung, zur Palliativpflege und zur kontinuierlichen tiefen Sedierung (Artikel 1 und 2 des ital. Gesetzes 219/2017) und der Überprüfung sowohl der erforderlichen Bedingungen als auch der Ausführungsverfahren durch eine öffentliche Einrichtung des staatlichen Gesundheitsdienstes nach Anhörung des Bescheids des örtlich zuständigen Ethik-Kommission vorgesehen sind, unterstellt. Der Gerichtshof unterstreicht, dass die Festlegung dieser spezifischen Bedingungen und Verfahrensweisen, die aus bereits in der Ordnung vorhandenen Normen abgeleitet werden, notwendig wurde, um die Risiken des Missbrauchs gegenüber besonders schwachen Personen zu verhindern, wie bereits in Beschluss 207 von 2018 hervorgehoben. Gegenüber den bereits umgesetzten Verhalten wird das Gericht das Bestehen äquivalenter materieller Bedingungen zu den oben angeführten beurteilen". Wie man beim einfache Lesen der Mitteilung erahnen kann, war es Absicht des Verfassungsgerichts, bei der Erklärung der Nicht-Strafbarkeit der Person, die unter bestimmten Bedingungen die Ausführung des Suizidvorhabens erleichtert (es handelt sich um die in Beschluss Nr. 207 von 2018 festgelegten Bedingungen), den Gesetzgeber aufzufordern, der erneut auf dem Gebiet des Lebensendes durch eine eigene Regelung eingreifen soll: Zweck des Beschlusses Nr. 207 von 2018 war gerade die zeitliche Verschiebung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigerklärung, um "vor allem dem Parlament zu gestatten, durch eine angemessene Regelung einzugreifen". Und wie man sieht, befand das Verfassungsgericht, gegenüber der fehlenden gesetzgebenden Handlung in der Rechtsordnung eine Form des Schutzes der Einzelnen durch Anwendung der bestehenden Bestimmungen zum Lebensende zu erkennen: Daher die (offensichtliche) Bedeutung, die dem Thema der Abstimmung zwischen Verfassungsgericht und Legislativorgan zukommt. Der Fall Cappato bestätigt die Idee, dass die Zusammenarbeit zwischen Gerichtshof und Parlament, sich eben in Richtung einer möglichen Einführung der Trennung zwischen dem Zeitpunkt der Feststellung und dem der Erklärung der Verfassungswidrigkeit bewegen könnte, ohne den Inzidentalitätszusammenhang zu opfern. In diesem Sinn treten die Unvereinbarkeitsentscheidungen hervor, bei denen der Gesetzgeber dazu verpflichtet ist, den Mangel an Verfassungsmäßigkeit mit Rückwirkung zu "bereinigen", sodass ein solches Modell funktionieren kann; dennoch ist es notwendig, der Abstimmung zwischen Gerichtshof und Parlament – wenn möglich – einen bestimmten Grad juristischer Gebundenheit zu verleihen. Anhand der deutschen Praxis und in Hinsicht auf das (entschieden kreative) zu formulierende Gesetz könnte eine bedeutende Verfassungsreform, in dieser Richtung vom Verfassungsgesetzgeber in Betracht gezogen werden (auch in diesem Fall unter Voraussicht der Rückwirkung im vorgelegten Verfahren). Wie man sehen konnte, sind die Entscheidungen des BVerfG gesetzeskräftig und bindend für alle Verfassungsorgane; sicher ist diese Grundlage in erster Instanz vorgesehen und sicher beruht auch die Pflicht des deutschen Gesetzgebers zur Beachtung der Entscheidung des BVerfG theoretisch auf Verfassungsgesetzen: dennoch wäre es vielleicht nützlich, die Vorgaben des Art. 136 2. Abs. ital. GG aufzuwerten, der, wenn auch in Bezug auf eine Beurteilung der Nützlichkeit des Eingriffs durch die Kammern und die betroffenen Regionalversammlungen doch "eine ausdrückliche und dynamische Verbindlichkeit […] der Legislativfolgen" darzustellen scheint. Eine mögliche Festigung der Verbindung zum Gesetzgeber könnte also durch eine Verfassungsreform umgesetzt werden, und zwar insbesondere durch die Änderung von Art. 132 2. Abs. ital. GG. Auf diese Weise würde die Möglichkeit des Verfassungsgerichts zur Festlegung einer Frist für den Gesetzgeber gerechtfertigt, ein Verfahren, das im Übrigen in unserem Verfassungssystem sicher nicht unbekannt ist, wie man sehen konnte. Sollte das Verfassungsgericht aufgrund verfassungsrechtlicher Bedürfnisse befinden, auf eine Form der Modellierung der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit und damit einer zeitlichen Verschiebung der Wirksamkeit der Verfassungswidrigerklärung durch eine Rückwirkungsklausel nicht verzichten zu können, dann gäbe es zwei mögliche Lösungen, die in Bezug auf ihre konkrete (aber eventuelle) "leichte" Umsetzbarkeit in absteigender Reihenfolge erläutert werden, im Bewusstsein jedoch, dass die Annahme einer der drei Vorschläge erhebliche Schwierigkeiten aufweist, sodass es vielleicht ratsam wäre, dass der Gesetzgeber sie alle untersucht und so dem Gerichtshof Spielraum lässt, durch eine Abwägung nach Feststellung einer elastischen Regelung der Rechtswirkungen zu handeln. Es ist jedoch sicher, dass die zuerst umrissene Lösung in jedem Fall die zu sein scheint, die am ehesten einer "Rückkehr zum Ursprung" des Verfassungsrechts entspricht, einschließlich der für das österreichische Verfassungsrecht im Bereich der ex nunc-Wirkung so typischen "Umfassungsprämie", die es ermöglicht, gleichzeitig sowohl den Einzelfall als auch die Ordnung insgesamt zu schützen. a) angesichts einer angemessenen Ermittlung könnte das Verfassungsgericht die Rechtswirkung der Verfassungswidrigerklärung auf Grundlage einer strengen Reglementierung aller an die Folgen der Einschränkung oder "Aussetzung" der mit der Rückwirkung verbundenen Aspekte und der Fälle, in denen eine derartige relevante und bedeutende Ausnahme in vollkommen außergewöhnlicher Weise erfolgen könnte, in der Zeit verschieben (wie es in Bezug auf die deutsche Praxis nicht geschehen ist), ebenfalls nach einer "kelsenschen Orientierung" der Reform des Artikels 30 3. Abs. ital. GG. In diesem Sinn tritt das Gesetzesdekret d.d.l. Lanzillotta hervor, wo befunden wurde, zu einer "schlichten" Reglementierung jener Fälle überzugehen, in denen der Gerichtshof eine Modulation der Rechtswirkungen im Verlauf der Zeit legitimerweise hätte tätigen können. In Art. 1 des Gesetzesentwurfs A.S. 1952 war vorgesehen, "c)im dritten Absatz des Artikels 30 werden am Ende folgende Worte hinzugefügt: ", außer falls der Gerichtshof eine andere Handhabung der Wirksamkeit im Verlauf der Zeit derselben Entscheidung zum Schutz anderer Verfassungsgrundsätze verfügt". Die "allgemeine" Formulierung ähnelt dem ersten Änderungsvorschlag für § 79 des BVerfGG: Die Ausdehnung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigerklärung war in beiden Fällen vorgesehen, in denen wie hervorzuheben ist, das deutsche und das italienische Verfassungsgericht "freie Hand" gehabt hätten. Vielleicht könnte man aber in Hinsicht auf die gemeinsame Trendlinie bemerken, dass Grundlage einer eventuellen Positivierung der zeitlichen Handhabung der Rechtswirkungen der Verfassungswidrigkeitssprüche eine übermäßige Versteifung der Fälle, welche die Verfassungsgerichte zur Abweichung von der Rückwirkung der Verfassungswidrigerklärung legitimieren würden, sein könnte. b) man könnte – mit der angemessenen Vorsicht und im Bewusstsein der erheblichen Problematik, die diese aufweist – eine dritte Lösung von anderer Art erfinden, die von einer ganz einfachen bloßen ex nunc,-Wirkung geprägt und von der Zusammenarbeit des Gesetzgebers und der Gerichte begleitet wäre (grundsätzlich nach dem Vorbild jener Unvereinbarkeitsentscheidungen, die keine "reinen" Unvereinbarkeitsentscheidungen sind). Eine solche Hypothese und extreme Lösung könnte von der Betrachtung ausgehen, dass die Rettung allein des vorgelegten Verfahrens vor der gesetzlichen Priorität den Gleichheitsgrundsatz (und auch den damit verbundenen Grundsatz des Rechts auf Verteidigung) verletze. Abgesehen von der Vorliebe für das erste vorgeschlagene Modell könnte es sich vielleicht auch auf Grundlage einer elastischen Reform der Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile als nützlich erweisen, dem Verfassungsgericht die Wahl des verfassungsrechtlich zwingenden Wegs – Auswegs – dem, welcher der geringsten Qual am nächsten kommt, zu überlassen, wobei alle Möglichkeiten sorgfältig abzuwägen sind, wenn man bedenkt, dass in der Tat im Fall a) einer "ungeregelten" Modulation ohne juristische Grundlage, b) der Vorgabe einer Modulation unter Beachtung des Grundsatzes der Rückwirkung nur im vorgelegten Verfahren und c) einer ganz einfachen Modulation ohne Beachtung des Rückwirkungsprinzips, man in jedem Fall einer Verletzung des Gleichheitsgrundsatzes oder des Grundsatzes des Rechts auf Verteidigung (oder beider) beiwohnt. Sicher ist es nicht einfach, eine angemessene Änderung der Regelung der Rechtswirkungen der Annahmeurteile in Anlehnung an das deutsche Modell vorzusehen: Mit jeder Hypothese für das zu formulierende Gesetz sind erhebliche Schwierigkeiten verbunden. Und doch ist zum heutigen Stand vielleicht sicher, dass die Lösung, die Augen vor den vom Verfassungsgericht verspürten Bedürfnissen zu schließen, dem Rahmen, in welchem dieses sich bewegt, nicht gerecht werden würde, denn dieses sollte manchmal, eben aufgrund der Beachtung des Grundsatzes der höheren Stellung der Verfassung, die Möglichkeit haben, die Rückwirkung angesichts einer größeren Verfassungswidrigkeit auszuschließen und dem Gesetzgeber gestatten, durch eine gute Verwendung seines Ermessensspielraums wieder zu einer größeren Verfassungsmäßigkeit zu gelangen.