This work examines the political legacy of colonialism in Kenya and the knock-on effect this has had on the current crisis of citizenship in Kenya. In colonial times, the British introduced indirect rule through the Provincial Administration, a hierarchical structure that imposed upon the urban and rural populace two distinct forms of political and legal identities: that of citizens and that of natives. In the rural areas, natives were governed according to "customary law" (which the colonisers called "tribal tradition"). This paper concentrates on this sphere of the colonial State because its consequences can still be felt today in rural areas -- in particular in terms of the recurrent violence resulting from a crisis of citizenship. In rural provinces, land represents the main source of income and means of survival. Land was managed by the Provincial Administration according to the logic of colonial power and, of course, to its benefit. During decolonisation and after independence, the same logic was applied by the African elites. An analysis of how Britain and post-colonial governments have ruled Kenya shows the need for a radical change in the approach originally adopted by the Provincial Administration. The European colonial outlook underpinning this approach is outmoded and dangerous as it fans the flames of contemporary social violence, which the media often characterises over-simplistically as ethnic conflict. Adapted from the source document.
La mattina del 7 ottobre del 1952 Waruhiu wa Kungu, massima personalità politica dell'etnia kikuyu, posto dai britannici al vertice della gerarchia dei funzionari indigeni della Provincia Centrale del Kenya, venne assassinato a Nairobi da militanti anticolonialisti. L'episodio segnò l'inizio della ribellione del movimento "Mau Mau", con la costituzione di un esercito di resistenza anticoloniale composto per la maggior parte da giovani delle etnie kikuyu, embu e meru, il cui scopo era ottenere, attraverso l'utilizzo di tattiche di guerriglia, l'indipendenza del paese e il recupero del controllo delle terre, da 60 anni sottratte ai nativi dagli occupanti britannici. La reazione del governo coloniale, con la proclamazione dello stato d'emergenza (cui sarà posto termine solo nel 1960) e con l'utilizzo nella regione della forza militare su larga scala fino all'annientamento del nemico, testimoniò quanto i britannici stimassero necessaria una risposta forte. Obiettivo di questa tesi è stato analizzare le dinamiche che condussero alla ribellione, un evento tra i più significativi della stagione della decolonizzazione in Africa, nonché le ragioni della sconfitta militare della guerriglia e il legame tra l'azione del movimento "Mau Mau" e il successivo processo che condusse all'indipendenza del paese. Si è perciò posto l'accento sulle condizioni economiche e sociali cui fu sottoposta la popolazione nativa negli anni precedenti all'insurrezione, tenendo particolarmente conto del tipo di regime, marcatamente razzista, edificato dai britannici in Kenya a partire dall'occupazione del paese alla fine del XIX secolo. Si è inoltre analizzata la duplice natura del conflitto, sia guerra civile all'interno della comunità indigena, con la formazione di una robusta base lealista alleata del governo coloniale, sia guerra di liberazione dall'occupante europeo, esaminando a un tempo le tattiche belliche dei "Mau Mau" e della loro ala militare, il Kenya Land Freedom Army, e dall'altra parte la strategia contro-insurrezionale dell'esercito britannico. La tesi si è poi soffermata sugli abusi commessi dall'amministrazione coloniale contro la popolazione indigena, quali la creazione di un sistema di campi di concentramento su larga scala e la deportazione di decine di migliaia di kikuyu, poi ricollocati in villaggi fortificati, sorvegliati da soldati britannici e da forze locali lealiste. Sullo sfondo, si è tratteggiato il crepuscolo dell'impero coloniale britannico e la progressiva presa di coscienza, da parte dell'ambiente dei coloni bianchi, della fine della loro egemonia sul paese. In ultimo, si è posto l'accento sull'eredità della lotta del movimento "Mau Mau", e sul diverso approccio tenuto dai governi che si sono susseguiti alla guida del paese nel corso degli anni in relazione a tale eredità.
Questo articolo tratta delle rappresentazioni delle identità, sia etnica sia nazionale, in Kenya attraverso la danza. La scrittura scientifica è alternate al racconto autobiografico della mia esperienza di madre adottiva di un bambino keniano. Analizzo in particolare il repertorio di danze presentate al Bomas of Kenya e le competizioni che si tengono annualmente nell'ambito di due importanti eventi culturali, il Kenya Music Festival e il Kenya National Cultural Festival. Per indagare il modo in cui è gestito il patrimonio culturale nazionale, presento una panoramica della situazione politica e sociale in Kenya e mi soffermo sulla complessa relazione tra danze etniche e identità nazionale, analizzando le strategie di archiviazione messe in campo al Bomas of Kenya e dai Festival alla luce delle recenti prospettive teoriche offerte sia dagli studi sul patrimonio culturale sia dagli studi di danza.
L'elaborato ha come scopo l'analisi di un paese in via di sviluppo, ovvero il Kenya, per capire se uno strumento come il turismo può riuscire a guidare la crescita economica del paese. La presunzione che ciò sia possibile nasce dalle evidenti e numerose risorse turistiche che si trovano su tutto il territorio keniota, e che, ogni anno, sono in grado di attirare un numero notevole di turisti. Paesi come il Kenya, al quale si possono facilmente affiancare gli altri stati che compongono il continente africano, sono caratterizzati da tutta una serie di problematiche, in particolare politiche ed economiche, che rallentano il processo di crescita del paese. Senza alcun dubbio, il turismo, non può essere considerato come un fattore trainante lo sviluppo di un territorio, perchè tale progetto di crescita, può essere realizzato soltanto con delle istituzioni che sappiano guidare le scelte del paese, anche grazie ad un fenomeno di imitazione di altri stati più sviluppati. Il turismo è comunque uno strumento di fondamentale importanza per l'economia del Kenya, in quanto, nella sua storia post-indipendenza, è stato in grado di apportare un contributo alla bilancia commerciale del paese, in termini di arrivi e, di conseguenza, di entrate in denaro. Anche se non può guidare la crescita di un paese è comunque uno dei settori economici più importanti, che necessita di una giusta promozione, soprattutto verso gli stati africani stessi, in un'ottica sostenibile, in modo da preservare le risorse e le culture locali per le generazioni future.
A new era of multiparty politics in Kenya began in December 1991, when President Daniel Arap Moi repealed the constitutional clause that enshrined the Kenya African National Union (KANU) as the sole political party. Despite widespread unpopularity, Moi won the presidential elections and his party secured a majority in parliament in the following two general elections, held in December 1992 and December 1997. This doctoral thesis is structured in five parts. The first part takes a historical perspective of African's Civil Movements and seeks to put into context of African's State. The second part takes a historical reconstruction of Kenya's Political Transiction. The third part traces and analyses the rule of Civil Association and particulary and examines and analyses NCEC's activities in its quest for constitutional reforms. The fourth part examines as aid donors played a central part not only in initially advancing the cause of multipartyism. The last part analyses the political role of NGOs.
The article examines the results of the Commission of Inquiry into the Illegal/Irregular Allocation of Public Land related to the case study of the Mau forest (Rift Valley region). The Commission's work (2002-05) has brought to light the close link between land and political patronage, illustrating how land allocation has been used by the political, judicial and military élite to pursue their own political and personal interests. The paper aims to reflect on the effects of the Ndung'u Commission Report in the south-western region of the Mau forest; in particular, it analyses the process of "degazettement" that in the period of democratic transition (1991-2002) led to the conversion of large portions of forest into agricultural land.
The article illustrates two elements of conflict found in the Ndoinet Forest area (Mau complex, Kenya): the first concerns the contrasting vision of the local communities and Kenya Forest Service (KFS) of degraded forest areas. The second concerns the conservation practices promoted by the forest service, specifically reforestation initiatives and the proposal to erect an electric fence. After illustrating the most common uses of the forest by the local population, I reflect on the conflicting elements that are created between these and the conservation measures by referring to "classic" and new themes of political ecology.
2006/2007 ; Il presente lavoro di ricerca prende particolarmente in esame una regione situata in Kenya, il Mbeere. Il motivo di questa scelta è semplice. In questa regione keniana si è sviluppato per diversi decenni un significativo intervento umanitario da parte della città di Trieste, specialmente attraverso la sua diocesi, i suoi missionari, l'organizzazione non governativa ACCRI, i volontari laici, il coinvolgimento di tante persone della città giuliana, e non solo, ma anche di altre parti d'Italia, attraverso donazioni, sostegni materiali e morali di vario genere e, da ultimo, anche di organismi associativi come i Rotary Clubs di Trieste e del Friuli Venezia Giulia. Uno slancio quindi che è stato ad un tempo civile, sociale, religioso, intrapreso da varie componenti della città e volto a promuovere una parte certamente delimitata, ma molto rappresentativa, della vasta nazione keniana. Si è ritenuto maturo così il tempo di un'adeguata riflessione su questa esperienza, per svolgervi un'analisi dettagliata, non solamente da un punto di vista storico, vale a dire della cronologia degli eventi che hanno contrassegnato questa esperienza in quasi quarant'anni, a partire dal 1970, ma anche per comprendere meglio il territorio su cui è insistita questa esperienza. Comprendere le peculiarità di quella regione in termini fisici, economici, antropologici, sociali. In sostanza uno studio di geografia umana, forse nel senso classico del termine, teso cioè a comprendere la presenza dell'uomo in una determinata porzione di territorio, in rapporto ai fenomeni più pregnanti dell'ambiente che lo circondano e come questi influenzano la sua esistenza. Inoltre, poiché emerge con immediatezza quanto ci si muova in un contesto socio-economico molto arretrato, il presente studio geografico assume anche le caratteristiche di una ricerca condotta sui contenuti e le modalità del sottosviluppo di questa zona, inserendosi, probabilmente, nel filone tipico degli studi di geografia dello sviluppo. La regione considerata è infatti quella che si estende sul versante sud orientale del monte Kenya, il massiccio centrale principale della nazione keniana, a cui da lo stesso nome. Un territorio molto particolare da un punto di vista geografico perché varia dalla sommità montuosa dell'ex cratere, costituita oggi dai due picchi principali Batian e Nelion entrambi di un'altitudine superiore ai 5000 metri, per scendere gradualmente, in tipico ambiente afro-montano, costituito da lande e pietraie, poi da umide foreste alpino-tropicali, quindi da foreste di bambù, falde montuose e declivi collinari, fino alle quote più basse di 800-1000 metri, ricoperti di savana arbustiva in clima semiarido. Questa enorme varietà di paesaggio condiziona moltissimo l'esistenza dell'uomo, le sue scelte esistenziali, le produzioni agricole, gli assetti sociali e culturali delle comunità. Questa grande varietà umana ed ambientale è stato possibile studiarla da vicino anche perché l'intervento umanitario triestino, non è partito subito dalla regione del Mbeere ma, in realtà, ha iniziato proprio sulle pendici più alte, ancora abitate, del monte Kenya, vale a dire nell'Embu superiore, territorio montuoso, circondato dalla foresta tropicale, a quote altimetriche che raggiungono tranquillamente i 2000 metri. Qui, nella piccola località di Ngovio, si è svolta la prima fase della missione triestina, dal 1970 al 1984. Successivamente, a completamento di un ciclo molto positivo e ricco di risultati concreti, l'intervento umanitario di Trieste ha scelto di riposizionarsi in un ambiente naturale ed umano molto più svantaggiato e sofferente, quello definito dell'Embu inferiore o, appunto, del Mbeere, dal nome dell'etnia che lo abita e che diverrà, infatti, la sua denominazione ufficiale allorché le autorità governative, nel 1996, decideranno di costituirlo in distretto amministrativo autonomo, al pari degli altri distretti in cui è suddiviso il Kenya. Riconoscimento tardivo, segno evidente della marginalità con la quale esisteva ed era percepita questa zona, in effetti molto trascurata anche dai colonizzatori inglesi, cosa che non le ha mai consentito uno sviluppo degno di questo nome, ma che, allo stesso tempo, l'ha preservata lungamente dalle caotiche trasformazioni tipiche della modernità. Un pezzetto d'Africa rimasto quindi intonso, con i suoi grandi pregi, ma anche con il peso delle sue arretratezze e difficoltà esistenziali. Un piccolo microcosmo molto significativo dal punto di vista dello studio di un Africa rurale che non riesce ancora ad emanciparsi, pur se attraversata tutto attorno e trasversalmente dalle grandi correnti dei cambiamenti sociali e culturali che spazzano l'intero continente nero. In questo territorio marginale si insediano nuovamente nel 1984 i sacerdoti e volontari triestini. Tale insediamento avviene proprio in concomitanza con una delle più gravi carestie degli ultimi decenni, quella conseguente alle annate gravemente siccitose del 1983 e 1984. Vengono quindi avviate varie iniziative atte a sostenere la popolazione del luogo fortemente provata dalla penuria alimentare ed idrica. Nella ricerca vengono esaminate queste tipologie di intervento. Lo studio di questo territorio è inoltre significativo per altre ragioni. La prima è rappresentata dalle conseguenze prodotte dalla riforma agraria e dalla suddivisione delle terre, Land Adjudication Programme, che sconvolge l'assetto tradizionale della ripartizione dei terreni fra i clan della popolazione Mbeere e si riflette pesantemente sugli stessi archetipi di produzione agricola. Altro elemento peculiare da considerare è l'attività esogena su questo territorio, promossa dal Governo keniano, mediante la costruzione di grandi sbarramenti idroelettrici sul corso del fiume Tana, il principale del Kenya quanto a lunghezza e portata d'acqua, che sconvolge il basso Mbeere con grandi lavori, nuove infrastrutture, mutamento dell'ambiente tipico fluviale, arrivo di manodopera straniera dall'Europa orientale, nuove strade asfaltate mai viste prima, grandi automezzi, in una parola un notevole quanto improvviso impatto con la modernità. Quindi è significativo comprendere i processi di sostegno alla popolazione avviati in questo articolato contesto proprio dall'intervento umanitario preso in esame, a cosa effettivamente esso mirava, l'entità e tipologia degli aiuti realizzati, quali riscontri si sono avuti sull'evoluzione economica, agricola, perfino sociale della gente del luogo. Ad esempio, il favorire il diffondersi della produzione della frutta tropicale fra le coltivazioni locali, l'introduzione delle piante foraggiere idonee all'ambiente arido, la creazione di vivai orto-frutticoli, la ripresa della raccolta del miele, la trasformazione artigianale di alcuni di questi prodotti. Per non dimenticare l'opera di sistemazione di strade o piste all'interno della savana, la realizzazione di dighe, invasi, pozzi, cisterne, serbatoi nonché di importanti centri di aggregazione sociale, costituiti dalle piccole chiese o cappelle, dispersi nel fitto della boscaglia. Diviene quindi importante l'esame del progetto di Kamurugu, il centro agrario dimostrativo-sperimentale avviato dalla cooperazione triestina e che rappresenta l'esempio più riuscito e significativo dal punto di vista della cooperazione allo sviluppo svolta in questa zona, ma anche in tutto il Kenya, tanto che nel 2002 le Nazioni Unite, con sede a Nairobi, lo proclameranno l'intervento più riuscito di riduzione della povertà in Kenya. Una serie di analisi quindi che consentono di capire meglio non solo la realtà di un ben delimitato territorio, ma anche di comprendere i complessi meccanismi legati allo sviluppo, le correlazioni fra le tipologie di produzione agricola e la povertà rurale, lo stato della sanità pubblica, la carenza dell'approvvigionamento idrico, la precaria scolarizzazione, le deboli infrastrutture, il loro impatto complessivo sui processi di sviluppo in atto, ma che faticano alquanto a realizzarsi. Ecco perché una sezione di questo studio è dedicata anche a comprendere il problema della povertà e del sottosviluppo in tutto il Kenya, per poi poterlo meglio declinare al livello dei piccoli distretti rurali come il Mbeere. Infine si è dovuto provvedere a svolgere un doveroso aggiornamento sulla situazione politico-economica del Kenya quale realizzatasi all'indomani delle elezioni presidenziali e parlamentari del 27 dicembre 2007, il cui esito, com'è noto, ha precipitato il paese in un rovente clima di scontri etnici e sociali. Scontri che hanno avuto pesantissime ripercussioni sull'economia, la quale era in piena crescita da diversi anni e che ora sarà invece seriamente messa alla prova. Fortunatamente la mediazione dell'ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha avuto successo, ha riavviato il dialogo istituzionale interrottosi ai massimi livelli e ha ridato concrete speranze di pace al popolo keniano. ; XX Ciclo
Il turismo può essere per l'Africa un'opportunità grandissima in quanto questo continente vanta una storia, una cultura, un ambiente naturale senza eguali. Lo sviluppo economico del turismo è un obiettivo perseguibile perché esso avrebbe la capacità, non solo di influire sull'economia ed incrementare il PIL nazionale, ma anche di migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, solo se praticato correttamente secondo valori di sostenibilità e rispetto delle civiltà locali. Con questo elaborato si vuole indagare, sull'efficienza delle politiche di sviluppo turistiche nell'area Sub-Sahariana dell'Africa, in particolare in Kenya e sull'isola di Zanzibar, per capire se questo fenomeno, come viene gestito attualmente, apporta effettivamente benefici. In questa sede, viene dimostrato come il turismo possa aggravare le problematiche economiche, giuridiche e sociali che sono già presenti nei paesi presi in esame, se non vengono seguite le best practice nella programmazione del settore.