The recent reform in European antitrust enforcement is embodied in Regolation n. 1/2003/ Ce and related Communications. Since 2004 when it came into force, some crytical assessments can already be made. The work starts from some technical analysis of the reform, under a procedural perspective, to assess the proceedings' real impact on parties' rights and to criticize its limits. Decentralisation has brought about more complicacies, since community procedural systems are not harmonized, neither in their administrative rules, nor in their civil proceedings, which are all involved in the European antitrust network. Therefore, antitrust proceedings end un as being more jurisdictional in their effects than in their guarentees, which is a flaw to be mended by legislators. National laws shoud be harmonized, community law should be clarified and the system should turn more honestly towards a rationalized jurisdiction-cented mechanism. Otherwise, parties defense rights and the overall efficiency are put into doubt. Italy is a good exemple of how many colmlicacies can outburst from national procedures and national decentralised application. An uncertain pattern of judicial control, together with unclear relationships among the institutions to cooperate in the antitrust network can produce more problems than they aim to solve. As to the private enforcement, Regulation n.1 does not even attempt to give precise regulation to this underdeveloped sector. A continual comparison with U.S. system has brought the Commission to become aware both of the risks and of the advanteges of an increased civil antitrust litigation in fronto of national judges. In order to substain a larger development of this parallel and, presently, difficult way of judicial compensation, it is presently ongoing a consultation among states to find suitable incentives to make private enforcement more appealing and effective. The solution to this lack of private litigation is not to be sought in Regulation n. 1 which calls into action national legislators and proceedures to implement further improvements. As a conclusion, Regulation n. 1 is the outpost of an ambitious community design to create an efficient control mechanism over antitrust violations. It focuses on Commission proceedings, powers and sanctions in order to establish deterrence, then it highlights civil litigation perspectives and it involves directly states into antitrust application. It seems that more could be done to technically shape administrative proceedings in a more jurisdictionally oriented form, then to clarify respective roles and coordination mecanisms in order to prevent difficulties easy to forsee. Some of jurisprudential suggestions have been accepted, but much more is left to be done in the future to improve european antitrust enforcement system.
Gli ultimi anni hanno visto importanti cambiamenti positivi nella cooperazione interstatale in Asia centrale. Crescenti minacce come il terrorismo internazionale, l'estremismo religioso e politico, il traffico di droga, ecc, causati dagli interessi geopolitici e geo-economici delle potenze mondiali, hanno contribuito alla formazione di una politica estera più coordinata e coerente degli Stati della regione. Questo processo si manifesta nella partecipazione attiva dell'istituzionalizzazione della Shanghai Organizzazione del Commonwealth (SOC), Conferenza sulle misure di costruzione d'interazione e fiducia in Asia (CICA) e Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO). Problemi moderni di sicurezza in Asia centrale dovrebbero essere risolti in dei nuovi modi, non convenzionali. Le nuove minacce alla sicurezza richiedono modi non standard per risolvere il problema. Considerate le differenze fondamentali dell'Unione europea e degli Stati dell'Asia centrale nei valori e dal punto di vista in materia di sicurezza. I paesi dell'Asia centrale non sono pronti per l'integrazione politica. Nonostante questo, nell'Asia centrale sono state adottate misure per contrastare le minacce non convenzionali. L'esperienza europea di unire gli sforzi della regione per garantire la sicurezza interna, può essere utilizzata dai paesi dell'Asia centrale, soprattutto, in primo luogo sulla formazione del quadro istituzionale e giuridico per la cooperazione operativa delle forze dell'ordine per le seguenti aree: • prevenzione del traffico di droga attraverso gli Stati dell'Asia centrale; • lotta contro nuove forme di terrorismo ed estremismo; • limitare la dimensione della migrazione clandestina; • migliorare la protezione giuridica dei cittadini. Fino a poco tempo fa, questi temi hanno ricevuto poca attenzione, sia nella teoria sia nella pratica, poiché i problemi di sicurezza della società erano principalmente ridotti per evitare il pericolo di guerra. ; Recent years have seen major positive changes in interstate cooperation in Central Asia. Growing threats such as international terrorism, religious extremism and political, drug trafficking, etc., caused by geopolitical and geo-economic interests of the world powers, have contributed to the formation of a more coordinated and coherent foreign policy of states in the region. This process is manifested in the active participation of the institutionalization of the Shanghai Organization of the Commonwealth (SOC), Conference on measures of interaction and confidence building in Asia (CICA) and the Collective Security Treaty Organization (CSTO). Modern problems of security in Central Asia should be solved in new ways, unconventional. The new security threats require non-standard ways to solve the problem. Given the fundamental differences of the European Union and Central Asian states in the values and in terms of safety. The Central Asian countries are not ready for integration policy. Despite this, in Central Asia have been taken to counter unconventional threats. The European experience to join efforts in the region to ensure internal security, can be used by Central Asian countries, especially in the first place on the formation of the institutional and legal framework for operational cooperation of law enforcement for the following areas: • prevention of drug trafficking through Central Asian states; • fight against new forms of terrorism and extremism; • limit the scale of illegal migration; • improve the legal protection of citizens. Until recently, these issues have received little attention, both in theory and in practice, since the security problems of the company were mainly reduced to avoid the danger of war.
L'applicazione efficace delle norme rappresenta un elemento di importanza cruciale per l'operatività dell'ordinamento giuridico dell'UE, la cui implementazione dipende dagli Stati Membri; a questi ultimi e alle autorità nazionali è imposto di assicurare il rispetto del diritto dell'Unione e di sanzionarne le violazioni. Il rispetto del principio di autonomia implica che gli Stati Membri dispongono di ampia libertà nella selezione e nella determinazione degli strumenti necessari a questi scopi, e crea una sostanziale dicotomia tra l'applicazione sostanzialmente uniforme della normativa comunitaria nei vari ambiti nazionali e un quadro potenzialmente assai divergente e disarmonico per quel che riguarda i vari regimi di enforcement. Pur se nei vari Stati Membri vengono implementate regole analoghe o identiche, la loro violazione può produrre effetti assai diversi a seconda dei singoli ordinamenti nazionali e può comportare, di conseguenza, una differenziazione dell'efficacia della normativa considerata nei vari Paesi dell'Unione. Quanto descritto appare di immediata rilevanza per il diritto del lavoro comunitario: la maggior parte della normativa in materia è infatti costituita da direttive che, come noto, sono vincolanti per gli Stati Membri quanto al risultato da raggiungere, ma lasciano alle autorità nazionali la libertà di scegliere la forma e il metodo per perseguire questo obiettivo. Inoltre, pur definendo la legittimità (o meno) di determinati comportamenti, o prevedendo la protezione di specifiche situazioni, le discipline comunitarie in questione non stabiliscono di norma le regole relative a strumenti sanzionatori e procedure attraverso i quali dare piena effettività al loro contenuto, rimandando nella maggior parte dei casi all'ordinamento interno; di conseguenza l'effetto prodotto è quello di un'armonizzazione a livello della disciplina sostanziale ma non di quella sanzionatoria. La mancata armonizzazione in materia, indipendentemente dagli obiettivi perseguiti con l'uso delle forme di lavoro sommerso, può comportare una rilevante diversificazione dei gradi di tutela e dei meccanismi preventivi e sanzionatori tra i vari Paesi dell'Ue, limitando in questo modo la portata e l'efficacia delle indicazioni elaborate a livello comunitario. Inoltre, con specifico riferimento ai singoli ambiti nazionali, se il sistema dei controlli appare poco incisivo o inefficiente, la propensione ad utilizzare forme di lavoro parzialmente/totalmente sommerso può trovare spazio e comportare altresì l'emersione di specifiche forme di elusione e di law shopping intracomunitario in materia di controlli e sanzioni. In ambiti come quello della regolazione dei mercati finanziari e del diritto ambientale, l'attività normativa delle istituzioni comunitarie è riuscita a produrre non solo un quadro tendenzialmente armonizzato non solo di norme prudenziali e specifiche regole di condotta per gli attori, ma anche da un migliorament della stabilità e omogeneità del monitoraggio e dell'applicazione delle sanzioni tramite il coinvolgimento ed il coordinamento dell'azione delle autorità nazionali preposte all'attività preventiva e sanzionatoria con l'intervento delle autorità di vigilanza istituite a livello comunitario e attraverso interventi armonizzatori diretti ad istituire un livello sanzionatorio minimo rispetto a determinate attività poste in essere in violazione della normativa comunitaria, ivi compresa la previsione dell'introduzione negli ordinamenti nazionali della possibilità di pene detentive nelle ipotesi più gravi di abuso; per quanto riguarda la politica sociale, le normative comunitarie basate sull'art. 153 TUE che contengono riferimenti alle sanzioni presentano un grado decisamente ridotto di armonizzazione relativamente ai sistemi preventivi e sanzionatori collegati all'enforcement della disciplina comunitaria, richiedendo semplicemente l'aderenza del sistema di sanzioni nazionali ai criteri di effettività, proporzionalità e dissuasività. Pur se l'assetto delle competenze e dei poteri dell'Unione non preclude, in linea di principio, interventi in questo specifico settore, e quindi l'assenza di interventi per quel che riguarda gli apparati sanzionatori non deve essere considerata una specialità dell'ambito della politica sociale rispetto alla generalità delle normative di derivazione comunitaria, le ridotte competenze in questo settore rendono più difficile definire principi comuni relativi ai sistemi sanzionatori, e la mancanza in particolare di consenso sul tema tra gli Stati Membri ha impedito che venisse stabilito un sistema di specifiche procedure, rimedi e sanzioni armonizzate a livello comunitario nell'ambito del diritto del lavoro. In questo senso vanno anche sottolineati i diversi approcci e risultati della giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di regimi sanzionatori nazionali nel definire dei principi generali sui criteri di valutazione relativi all'appropriatezza in senso comunitario delle sanzioni previste dai singoli ordinamenti, in particolare per quanto riguarda il significato e il contenuto specifico dei requisiti di efficacia, proporzionalità e capacità dissuasiva delle misure nazionali; il riferimento in questo caso è da un lato alla costante elaborazione sul tema specifico di sanzioni e rimedi nell'ambito del diritto antidiscriminatorio (si veda in particolare la causa C-81/12 Accept nella qule la Cgue ripercorre una serie di snodi teorici particolarmente rilevanti facendo consistenti riferimenti a precedenti pronunce), e dall'altro la grande discrezionalità lasciata alle autorità degli Stati Membri per quanto riguarda la previsione di misure preventive dell'abuso del ricorso ai contratti a tempo determinato - che pure rappresenta uno degli obiettivi specifici perseguiti dall'accordo quadro - e il conferimento al giudice del rinvio di specifici obblighi di verifica della presenza di sanzioni adeguate ed effettive, tesi a valutare se le condizioni di applicazione e l'applicazione effettiva delle disposizioni nazionali rendano il sistema adeguato ai suoi scopi preventivi e sanzionatori dell'utilizzo abusivo di contratti/rapporti a tempo determinato. Spetta quindi al giudice nazionale determinare il il rispetto dei principi di effettività e di equivalenza; il processo di valutazione imposto dalla Cgue alle corti nazionali si basa sui concetti fondamentali di coerenza della disposizione interna con le regole di analoga natura presenti nell'ordinamento e di effettiva dissuasività della specifica misura sanzionatoria. Va tuttavia considerato come nell'elaborazione di tali criteri, la CGE abbia fornito una serie di requisiti che non sono caratterizzati da un elevato grado di specificità, pervasività e capacità di influenza negli ordinamenti nazionali, e in particolare non sembrano essere in grado di produrre un effetto di uniformazione delle valutazioni dei giudici nazionali negli aspetti considerati sia tra i vari Stati Membri che all'interno dei singoli ordinamenti considerati; le caratteristiche e le specifiche disposizioni previste nei vari contesti nazionali conservano la loro rilevanza rispetto ad una caratterizzazione in senso "comunitario" in particolare del principio di effettività; in questo senso il ricorso alla formula "sanzioni effettive proporzionate e dissuasive" non sembra quindi aver consentito un'uniformazione delle tutele ma abbia prodotto una serie differenziata di risultati. L'ultimo aspetto che è possibile sottolineare è quello relativo alla previsione di strumenti accessori che, pur non influendo necessariamente sul quadro specifico di sanzioni previsto a livello nazionale, siano in grado di aumentare la chiarezza ed effettività dei controlli delle autorità nazionali e delle tutele accordate ai lavoratori e produrre di conseguenza un effetto antiabusivo e influire positivamente sulla regolazione e la protezione dei diritti dei lavoratori. In questo senso procede la Direttiva 2014/67 sull'applicazione della Direttiva 96/71, sulla base di due direttrici fondamentali: da un lato la specificazione delle modalità relative all'accesso alle informazioni, alla cooperazione amministrativa tra le autorità nazionali e ai meccanismi di controllo imposti ai prestatori di servizi e la previsione di criteri ai fini dell'individuazione di un distacco "autentico". Dall'altro la previsione di specifici meccanismi rimediali - e in particolare, il regime della responsabilità solidale per i crediti da lavoro - e la disciplina di un sistema di esecuzione transfrontaliera delle sanzioni amministrative, basato su obblighi di informazione e cooperazione tra le autorità dei vari Stati Membri. Gli strumenti e le procedure della Direttiva 2014/67 interagiscono quindi con l'ordinamento degli Stati Membri da un lato chiarendo o specificando le previsioni della Direttiva 96/71 riguardo le modalità utilizzate e i criteri seguiti dalle autorità e servizi ispettivi nelle varie attività di monitoraggio e controllo del lavoro tramite distacco, e dall'altro innovando per quanto riguarda gli apparati per la tutela degli abusi che devono essere stabiliti a livello nazionale al fine di predisporre una una tutela effettiva per i lavoratori coinvolti in questa specifica forma di mobilità intracomunitaria.
La tesi presenta un quadro sistematico dell'evoluzione normativa concernente il contrasto al reato di terrorismo -con particolare attenzione al terrorismo internazionale- nel diritto dell'Unione europea e nel diritto interno. L'analisi, che trae origine dal tentativo di categorizzazione rispetto ad altri reati di criminalità organizzata transnazionale, affronta alcune criticità come quelle di individuare una definizione universalmente condivisa del terrorismo internazionale e di garantire una tutela più effettiva dei diritti delle vittime di reato. La classificazione è stata realizzata grazie all'esame di numerosi atti e Convenzioni europee dalle quali emergono le principali caratteristiche che accomunano i vari attentati realizzati a partire dall'11 settembre 2001 e che coincidono da un lato con quelle del terrorismo postmoderno, dall'altro con quelle del c.d. "homegrown terrorism", in costante espansione come dimostrato da statistiche giudiziarie sull'aumento dei reati commessi in Europa nell'ultimo decennio. Da una valutazione iniziale emerge l'inadeguatezza persino dei più recenti atti europei in tema di anti-terrorismo –focalizzati sugli strumenti militari e di law enforcement piuttosto che sugli aspetti di prevenzione e di contrasto - a disciplinare in maniera esaustiva la complessità delle nuove caratteristiche del terrorismo internazionale, resasi particolarmente evidente a seguito del verificarsi dei recenti attentati di Parigi. Il focus sulla necessità di una nuova codificazione dei principi vigenti in materia concerne altresì il difficile equilibrio tra la tutela della sicurezza internazionale e dei diritti fondamentali dell'individuo, già emergente dal raffronto tra i controversi casi Segi e Gestoras Pro Amnistìa, Kadi e Abu Omar, sui quali le Corti GUE e EDU si sono più volte pronunciate. Sulla base di tali considerazioni, lo studio propende in definitiva verso la necessità della riformulazione degli obiettivi originari dell'Unione europea nel contrasto al terrorismo internazionale attraverso una risposta normativa da parte delle Istituzioni europee e italiane alla luce dell'evoluzione del terrorismo jihadista e quaedista nell'ultimo decennio e alle ripercussioni degli attentati sulla società civile. La tesi esamina a questo proposito gli strumenti normativi nazionali ed europei che mirano a garantire una tutela effettiva dei diritti delle vittime e delle loro famiglie, mettendo allo stesso tempo in evidenza le analogie e le differenze tra le vittime di reato, vittime di terrorismo e vittime del terrorismo internazionale ed evidenziando anche sotto questo profilo alcune criticità: da un lato la mancanza di disponibilità finanziaria rilevata dal Governo italiano insieme al ritardo e alle lacune dell'adattamento del diritto interno agli atti europei sul tema, che rendono difficoltosa l'attuazione di molti di questi ultimi in Italia; dall'altro una disciplina non totalmente esaustiva degli strumenti di garanzia in confronto al diritto internazionale e in particolare ai contenuti degli ultimi Reports annuali del Rappresentante Speciale del Consiglio ONU dei Diritti Umani sulla promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo. L'analisi del sistema normativo europeo e di quello italiano (che rimette la disciplina del reato ai soli artt. 270 bis ss c.p.) permette in conclusione di rilevare il carattere scarsamente effettivo di entrambi ad affrontare il contrasto al reato di terrorismo internazionale alla luce delle sue moderne manifestazioni. Tale criticità è tuttavia compensata almeno sul piano programmatico dall'emanazione delle più recenti proposte normative: la proposta di risoluzione comune 2015/2573(RSP) sulle relazioni fra l'UE e la Lega degli Stati arabi e la cooperazione nella lotta al terrorismo e il d.l. n. 7/2015, rappresentando entrambi una possibile risposta alla necessità sempre più impellente della rielaborazione e dell'aggiornamento delle norme per il contrasto del terrorismo internazionale già esistenti e della formulazione di nuovi strumenti normativi e contemporaneamente aprendo nuovi scenari di sviluppo nell'Unione e in Italia.
Privacy is a concept that has evolved a lot in the past century: from the original right to seclusion and to one's own self-determination without external invasion of private spaces, the technological changes occurred in society have transformed it into a complex set of rights to provide individuals with some degree of control over the processing and the flow of their own personal data. After a long delay in adopting data protection laws when compared to other countries, Italy put up a steep pace and introduced a novelty in the law currently in force, d.lgs. 196/03: the principle of necessity. This provision, significantly located among the three "top principles" in data protection, imposes on data controllers a limitation on the use of personal data, requiring the processing of anonymous data whenever possible. The principle has been in force since 2003, and the Italian authority for the protection of personal data is firm in its enforcement, invoking it in many decisions. The present work slowly zooms in on the principle of necessity: it starts from a broad history of the concept of privacy up to the current times; then it surveys the various approaches to a privacy law in the international scene, with a major attention to the European context; a timeline of the Italian legislation, with a summary of the current discipline, follows. Finally, the focus is centered on art. 3 of the law, containing the principle of necessity: from a general explanation to theoretical literature on the subject, not forgetting the application performed so far by the Guarantor with a number of examples in several fields. The conclusive analysis tries to highlight the strengths and weaknesses of the provision by putting it in the perspective of its natural application field: a society where information, and even more the Internet, have dramatically changed the business models and favored the birth of new, opposing interests.
Presentazione / ANGELA PRINCIPE -- Limits of Dodd-Frank's agency reform / CLAIRE A. HILL -- Les agences de notation en France / BÉNÉDICTE FRANÇOIS -- Rating agencies in Germany - Bafin's approach / JOHANNES ENGELS -- Rating agencies : a contradictory regulatory reform the credit rating agencies at the international symposium / RAFFAELE SCALCIONE -- Lowering expectations on ratings : a comment on Claire Hill's and Bénédicte François' reports / FILIPPO ANNUNZIATA -- Some rating failures and several regulatory weaknesses : the US and Eu perspectives / FEDERICO PARMEGGIANI -- Indipendenza della politica e ragionevolezza delle politiche economiche : alcune riflessioni sulla crisi del debito nell'area Euro / SANTIAGO CAPRARO, CARLO PANICO e FRANCESCO PURIFICATO -- Contenuto informativo e performance predittive dei rating di agenzia: le basi del dibattito sulla regolamentazione delle agenzie / GIACOMO DE LAURENTIS -- Concorrenza e rating finanziario / MARIO LIBERTINI e PHILIPP FABBIO -- Le agenzie di rating : alcune riflessioni in tema di proprietà e conflitto di interessi / MARCO LAMANDINI -- Obblighi di comportamento e profili di responsabilità civile delle agenzie di rating / LUCIA PICARDI -- La responsabilità delle società di rating nei confronti dei soggetti valutati (per l'emissione di solicited o unsolicited rating) e nei confronti dei terzi / FRANCESCO LUKACS -- Assetti proprietari e conflitto di interessi delle agenzie di rating tra "tentazioni" pubblicistiche ed enforcement privatistico / MARCO MAUGERI -- Agenzie di rating, capacità predittive e diritto penale / ANDREA R. CASTALDO -- Danni da rating e rimedi degli investitori / LUCA DI DONNA -- Profilo evolutivo del ruolo del rating e prospettive di riforma / MARILENA RISPOLI FARINA -- Rilevanze pubblicistiche dell'attività di rating finanziario / SANDRO AMOROSINO -- In tema di società di rating e regolazione dei mercati / ENZO MARIA MARENGHI -- Amo et odi : il regolatore e la "buona reputazione" delle agenzie di rating / RICCARDO BASSO -- La vigilanza sulle agenzie di rating e le innovazioni introdotte dalle recenti modifiche al regolamento europeo / NEOMISIO SUSI -- Alcune domande in tema di rating / MARIO PORZIO -- Le agenzie di rating: appunti / PAOLO MONTALENTI
The paper deals with two conflicts of constitutional powers on the enforcement of Italian constitutional norms on the legislative process. In particular, with orders nn. 17/2019 and 60/2020, the Constitutional Court judged on the admissibility of two constitutional conflicts between powers of the State, promoted by some Members of the Italian Parliament (and Parliamentary Groups) against the Majority of MP's which approved the National Budget Law. The most peculiar aspects of the two cases concerned the very nature of the controversy; the powers of the Constitutional Court under art. 134 c. 2 Cost.; the institutional context in which these conflicts arose. To be more clear, in the two specific constitutional conflicts it is given that organs of Parliament are challenging the validity of Legislative Acts of the very same organ to which they belong (the Parliament) assuming their invalidity on a formal point of view; moreover, the Constitutional Court is then asked to rule on the admissibility of this kind of constitutional conflict without any kind of guarantees of "adversarial principle"; finaly, the institutional context in which these conflicts are arising is characterized by an evident failure of the bicameral principle (the political regime seems to incline towards a "de facto" monocameralism). The contribution tries to outline possible solutions on a normative side, backing an evolution of the Constitutional Court case law on the admissibility of Constitutional conflicts between powers of the State towards an increasingly incisive role of admissibility phase of the conflicts, as a tool for an immediate protection within the system of constitutional guarantees.
This article analyses the Constitución Política del Estado Libre y Soberano de Guerrerocurrently in force, after its total revision, carried out in 2014. Thepaper recalls the constitutional eventsthat have affected the state of Guerrero since the first constitutional process,started in 1850, then it focuses on the nature and legal value of this State Constitution, as well as on its structure and general features.Afterward it takes into consideration the different sections of the Constitution: first of all, the fundamental values and principles on which the constitutional system is grounded, as well as the discipline of the rights and liberties that the system protects and guarantees. The essay focuses also on the form of government and the institutions of the State (in particular: Congreso, Government and judicial power).At the end of the investigation the author supports the perspective that the recent constitutional reform will contribute tothe consolidation of a democratic system that is still precarious, empowering the role of civil society in order to favor a real political responsibility, the recognition and protection of human rights and the end to every governmental abuse of power. Finally, the enforcement of the rule of law represents a fundamental aim to be pursued
This essay is part of the criminological debate on the factors which influence the fear of crime. A selection of explanatory hypotheses related to the fear of crime have been chosen (direct and indirect victimisation, disorder/incivility, vulnerability and sub-cultural diversity). The analysis, by means of a multiple linear regression, tests the validity of such assumptions. The findings of this first study on the fear of crime in Italian provinces seem to confirm all the hypotheses put forward, with the exception of victimisation (the levels of crime in a given area do not statistically explain the level of fear of crime).Apart from victimisation, all the other hypotheses seem to be confirmed in related literature and foreign research: one feels more insecure (more afraid) in ones local area not only because one is more afraid of being victimised (robbery, assault, muggings), but also because one perceives more signs of disorder; one feels more vulnerable; in ones community there are ever more foreigners with whom one is unable to communicate and who seem to behave in a deviant manner, thus raising the level of fear among locals, as such deviant behaviour does not abide by traditional local values. Furthermore, the extent of urbanisation seems to affect the level of security: living in an urban area reduces ones sense of security as it is in these areas that one perceives a higher level of social disorder and a reduced level of social control. On the contrary to such findings, areas in which the quality of life is higher show a positive impact on the fear of crime, thus reducing it. Regarding possible interventions to reduce the fear of crime, this study shows that the variables which have a significant influence on it derive from areas which are outside the reach and control of law enforcement agencies. Thus, in order to reduce the fear of crime, public authorities must implement joint actions by introducing a range of various policies on a local level. ; Il saggio si inserisce nel dibattito criminologico che discute dei fattori che hanno un impatto sulla paura della criminalità (fear of crime) e seleziona alcune ipotesi esplicative della paura della criminalità (vittimizzazione diretta e indiretta, disordine/inciviltà, vulnerabilità e diversità sub-culturali). L'analisi, attraverso una regressione lineare multipla, testa la validità di queste ipotesi. I risultati di questo primo studio condotto sulle province italiane sembrano confermare tutte le ipotesi testate ad eccezione di quella della vittimizzazione (i livelli di criminalità di un territorio non sembrano spiegare statisticamente il livello di paura della criminalità). Sembra invece trovare conferma quanto emerso dalla letteratura e da altre ricerche straniere sulle altre ipotesi: ci si sente più insicuri (o si ha più paura) nella propria zona non solo perché si è più preoccupati di subire un crimine di strada (aggressione o rapina) ma anche perché si vedono più segnali di disordine, perché ci si sente più vulnerabili (maggior tasso di persone anziane), perché nella propria città ci sono stranieri con i quali non si riesce a comunicare e i cui comportamenti danno fastidio o possono spaventare perché non in linea con il senso comune. Inoltre, il livello di urbanizzazione sembra incidere negativamente sui livelli di sicurezza: stare in un'area urbana fa sentire meno sicuri perché è lì che si concentrano i segnali di disordine e diminuisce il controllo sociale. A controbilanciare questa spinta negativa sono i livelli di qualità della vita di un territorio che sono direttamente proporzionali al sentirsi protetti dalla criminalità. Da un punto di vista degli interventi, questi risultati evidenziano come le variabili significative nel generare in/sicurezza riguardano settori al di fuori del controllo dell'ordine pubblico e che la riduzione della paura della criminalità sia un compito che impone l'azione congiunta di una pluralità di politiche locali del territorio.
The thesis investigates the unlawful compulsory easements of land issued by Italian public bodies for public use against the statutory provisions of the Statute Concerning the Law and Regulation of Compulsory Purchase for Public Use (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327). In particular the thesis aims at offering an interpretation of the provision set forth in Art. 43 of said statute, which regulates the "Easement for use for the public interest" ("Utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico"). The first chapter is devoted to reconstructing the history and evolution of the legal discipline of compulsive easements and tries to single out the reasons that led to its development. The second chapter analyzes the Italian Constitutional Court and European Court of Human Rights case law in the subject matter. The third chapter offers a critical review of the case law concerning the enforcement of Art. 43. In the fourth chapter I offer a comprehensive interpretation of the statutory provision, with the aim of harmonizing it with the whole legal system, and in particular with the principle of legality and with the principle of 'just equilibrium'. Finally, the fifth chapter is devoted to the analysis of Ruling n. 293/2010, in which the Italian Constitutional Court held that Art. 43 was unconstitutional because it violated art. 76 of the Italian Constitution. The interpretation of Art. 43 offered in the thesis is based on the need to harmonize its provision with the whole system and therefore to the principle of legality and the principle of proportionality. This was done by reference to the law regulating compulsory purchases set forth in the same statute, which is held to correctly enact said principles. As a result of this interpretation, the scope of the regulation set forth in art. 43, concerning compulsory easement, has been harmonized with said regulation and therefore limited to a much narrower set of cases - with respect to both subject matter and time limits - compared to those which would result admissible under alternative interpretations. According to this interpretation compulsory easement is not conceived as a public power alternative to compulsory purchases, but as part of the same power of expropriation exercised under different forms, in accordance to the evolution of the ordinary procedure into a special one.
A renewed attention on the crime victim's issues has led to strengthen her/his role in criminal proceedings in two dimensions: as holder of the right to be protected in the process (repeated victimization) and from the process (secondary victimization) and as an active subject, capable of exercising rights and faculties to protect her/his psycho-physical integrity. The protection system was built on vulnerable victims, taking into account the indications of European Union law. The main reform has seen the introduction of pro victima measures in the pre-trial stage (artt. 282-bis and 282-ter c.p.p.) and the victim right to information on the evolution of the custody status of the accused (artt. 90-ter, 282-quater and 299 paragraph 2-bis c.p.p.) which is associated with a right to participate in the procedures for the enforcement and disposal of the measures (artt. 299 paragraph 3 and 4-bis c.p.p.). The analysis will focus on this second aspect, highlighting that the procedural law gives a new key role to the victim. Unfortunately, the hoped-for results have not been achieved: unclear legal language and lack of coordination between the various reforms have compromised the goal of protecting the victim and have introduced the risk that guarantees provided to the accused in the decision-making procedures about her/his personal liberty will be neutralized. ; Una nuova sensibilità per le istanze di cui è portatrice la vittima del reato ha determinato un rafforzamento del suo ruolo nell'ambito del procedimento penale in una duplice dimensione: come destinataria di misure atte a proteggerla nel processo (vittimizzazione reiterata) e dal processo (vittimizzazione secondaria) e come soggetto attivo, capace di esercitare diritti e facoltà a tutela della propria integrità psico-fisica. E il sistema di protezione è stato costruito guardando prioritariamente alle vittime vulnerabili, nel perimetro delle indicazioni fornite dal diritto dell'Unione europea. I principali interventi di riforma hanno interessato la materia ...
Since 2014, many scholars have drawn renewed attention to the subject concerning unilateral coercive measures adopted by States. Due to the annexation of Crimea and to the conflict broke out in the Eastern regions of Ukraine, the Russian Federation has been accused of committing serious breaches of international law. As a response to them, several States, such as the United States, Japan, Australia and the members of the European Union, have adopted so called economic sanctions against Russia, in particular, against Russian officials and enterprises. International practice, far from being limited just to this case, shows how the adoption of economic restrictive measures as a reaction to serious breaches of international law has turned to be a relevant phenomenon in recent years. The object of the present analysis is part of one of the most controversial field in international law: reaction of States against violation of international law and enforcement of international rules. Notably, the international Community is made up of sovereign, equal and independent States and, as a consequence, coercive measures may be implemented only through self-help measures. Such a decentralized reaction system need to be framed in a judicial architecture which seems necessary in order to avoid the primacy of power-based, instead of law-based, relations. Moreover, the complexity of the present subject has increased due to the emergence of the erga omnes obligations which are meant to protect fundamental values and basic principles of the international Community. All States have to comply with this kind of rules, thus entailing an overcoming in the classical bilateral structure of international relations. As a consequence, new questions have been raised by scholars concerning the possibility for States, not directly affected by the wrongful act, of reacting against violations of erga omnes obligations through the adoption of countermeasures. Violations of erga omnes obligations are deeply linked to the most serious breaches of international law which represent a threat to international peace and security and thus to the stability of international relations. This is the reason why it is possible to affirm that the central point this work aims at assessing concerns conditions of States' reaction "between words and war". In particular, the present research will be focused on the lawfulness of countermeasures adopted by States not directly affected by the wrongful act in case of violations of erga omnes obligations. Indeed, the solution proposed by the Draft Articles on State Responsibility for internationally wrongful act, adopted in 2001, is deemed to be a compromise not setting out any clear regime. In view of the above, the first part of the work will be focused on the analysis of preliminary concepts considered as fundamental for a comprehensive understanding of the matter, and on the theoretical debate developed by scholars. The second part will be devoted to the exhaustive study of international practice and opinio of States in order to assess the emergence of a new international rule allowing the adoption of countermeasures by all States to enforce erga omnes obligations. The third part will deal with the analysis of possible legal basis other than countermeasures which could justify unilateral coercive measures. The fourth and final part of the work will eventually discuss about the limits of countermeasures, steering the attention at proportionality and protection of economic, social and cultural human rights.
This article deals with the issues related to the article 49 of the Italian Constitution with particular regard to "internal democracy" of the political parties. As has been underlined by Leopoldo Elia, the article 49 has been based for a long time on kind of the "unwritten agreement" between the political parties in order to control themselves. Currently, some factors have gradually emerged as crucial to explain the "failure" of conventional application about the article 49 of the Italian Constitution, with particular regard to the "internal democracy" of political parties: for this reason, it's interesting to assess – as the Authors observe – the enforcement of the multisectorial constitutional and legal framework on the political parties in almost all Western democracies and also in the European Law (it includes, for instance, the issues of electoral legislation or the discipline of media and new media), based, in both cases, on an idea of "sustainable" democracy. In Italy, there were many difficulties in the recent Legislatures (XV and XVI) in order to approve a law on the "democratic method" as a legal duty in the internal activity of the political parties. This situation is going to change – as the Authors say in this article – with the adoption, probably for the first time, of the law implementing the article 49 towards the institutionalization of national political parties. ; Il presente contributo ricostruisce schematicamente le vicende dell'articolo 49 della Costituzione italiana nel quale è fissata la disciplina dei partiti politici, con particolare riferimento al profilo della c.d. democrazia interna.Come è noto, all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, i partiti del Comitato di Liberazione nazionale furono in Italia gli esclusivi soggetti in grado di garantire sia la partecipazione dei cittadini sia la qualità della democrazia.In tale ottica, l'approvazione dell'articolo 49, come acutamente è stato osservato da Leopoldo Elia, si reggeva "non su una regola formale ma sulla base di una regolarità politica, vale a dire su un patto non scritto tra gli stessi partiti, una sorta di promessa di reciproca auto-vigilanza al proprio interno". Il "metodo democratico" dell'azione dei partiti politici che "concorrono alla politica nazionale" - come recita la Costituzione italiana - riguardava quindi soltanto il c.d. versante "esterno" della loro attività, nel senso che essa non doveva svolgersi con metodi violenti e antidemocratici.Sono state queste le premesse poste alla base dell'applicazione convenzionale dell'art.49 della Costituzione, durata dal 1948 al 1992, anche con riferimento alla parte più "delicata" della disposizione costituzionale, vale a dire la prescrizione dell'esistenza del metodo democratico nell'ordinamento interno dei partiti: ciò spiega come esso - il metodo democratico, appunto - fosse interpretato non come obbligo giuridico ma piuttosto come dovere politico, sindacabile solo in sede esclusivamente politica.Anche per tale ragione, non si diede seguito ad alcune proposte, presentate in particolare da Mortati e da Calamandrei, che introducevano invece in Costituzione discipline giuridiche anche per quanto atteneva l'organizzazione interna dei partiti politici.Sul piano del diritto comparato, poi, anche la generalità delle soluzioni adottate in quel momento storico in altri ordinamenti sembravano confermare il trend verso l'adozione di discipline costituzionali a "maglie larghe", come in particolare sul punto faceva la Costituzione della Francia del 1958 (in particolare l'art. 4); solo la Germania adottò una soluzione differente che costituzionalizzava il ruolo dei partiti politici, anche con riferimento alla loro attività interna, affidando alla giustizia costituzionale il compito di sindacare il requisito della "democrazia interna" ai partiti politici (sul punto, l'art.21 del GG).Progressivamente, alcuni fattori hanno imposto come cruciale il tema dell'insufficienza dell'applicazione convenzionale dell'articolo 49 della Costituzione italiana, che rischia di generare una sorta di "anomia", con particolare riferimento al tema della "democrazia interna": per tali ragioni, non possono non prendersi in considerazione, anche nell'ordinamento italiano, ipotesi innovative di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, in coerenza con la definizione, in quasi tutte le democrazie occidentali contemporanee e nell'ordinamento comunitario, di una disciplina multisettoriale (che ricomprenda, ad esempio, anche i temi della c.d. legislazione elettorale "di contorno") e formulata "in positivo", ovvero a prescindere dalla presenza o meno di partiti incostituzionali, partendo proprio dal ruolo che essi giocano nel processo democratico come elemento cruciale nel costruire una democrazia "sostenibile".Rispetto a questo, il caso italiano ha avuto, in particolare nelle più recenti Legislature (XV e XVI), molte difficoltà nel configurare, attraverso l'adozione di una legge, il requisito ex art. 49 come dovere giuridico, nonostante la presentazione di numerosi progetti di legge. Tale situazione sembra ora mutare, con l'approvazione in prima lettura di una proposta di legge di attuazione dell'articolo 49, in ragione di una serie di fattori che - come spiegano gli Autori - anche per l'Italia vanno nella direzione di una crescente istituzionalizzazione dei partiti politici nazionali. ; Niniejszy artykuł dotyczy analizy zagadnienia "demokracji wewnętrznej" partii politycznych we włoskim porządku prawnym, ze szczególnym uwzględnieniem postanowień art. 49 Konstytucji. Jak podkreślił Leopold Elia, przez wiele lat art. 49 stanowił podstawę swoistego "niepisanego porozumienia" pomiędzy partiami politycznymi w kontrolowaniu swojej działalności. Autorzy zwracają uwagę na pojawienie się czynników wewnętrznych i zewnętrznych, które w znaczny sposób utrudniają realizację założeń wynikających z postanowień art. 49 w codziennej praktyce ustrojowej (m.in. wielopłaszczyznowe ramy konstytucyjne i prawne działania partii politycznych). Problem ten stał się szczególnie widoczny w okresie XV i XVI kadencji włoskiego parlamentu, kiedy to wystąpiono z inicjatywą uchwalenia ustawy, która wprost wprowadziłaby wymóg oparcia zasad działalności wewnętrznej partii politycznych na metodach demokratycznych. Zdaniem Autorów przyjęcie ustawy wykonującej założenia wynikające z postanowień art. 49 Konstytucji, zakładającej instytucjonalizację partii politycznych, przyczyni się do wprowadzenia pożądanych zmian w tym zakresie.
Niniejszy artykuł dotyczy analizy zagadnienia "demokracji wewnętrznej" partii politycznych we włoskim porządku prawnym, ze szczególnym uwzględnieniem postanowień art. 49 Konstytucji. Jak podkreślił Leopold Elia, przez wiele lat art. 49 stanowił podstawę swoistego "niepisanego porozumienia" pomiędzy partiami politycznymi w kontrolowaniu swojej działalności. Autorzy zwracają uwagę na pojawienie się czynników wewnętrznych i zewnętrznych, które w znaczny sposób utrudniają realizację założeń wynikających z postanowień art. 49 w codziennej praktyce ustrojowej (m.in. wielopłaszczyznowe ramy konstytucyjne i prawne działania partii politycznych). Problem ten stał się szczególnie widoczny w okresie XV i XVI kadencji włoskiego parlamentu, kiedy to wystąpiono z inicjatywą uchwalenia ustawy, która wprost wprowadziłaby wymóg oparcia zasad działalności wewnętrznej partii politycznych na metodach demokratycznych. Zdaniem Autorów przyjęcie ustawy wykonującej założenia wynikające z postanowień art. 49 Konstytucji, zakładającej instytucjonalizację partii politycznych, przyczyni się do wprowadzenia pożądanych zmian w tym zakresie. ; This article deals with the issues related to the article 49 of the Italian Constitution with particular regard to "internal democracy" of the political parties. As has been underlined by Leopoldo Elia, the article 49 has been based for a long time on kind of the "unwritten agreement" between the political parties in order to control themselves. Currently, some factors have gradually emerged as crucial to explain the "failure" of conventional application about the article 49 of the Italian Constitution, with particular regard to the "internal democracy" of political parties: for this reason, it's interesting to assess – as the Authors observe – the enforcement of the multisectorial constitutional and legal framework on the political parties in almost all Western democracies and also in the European Law (it includes, for instance, the issues of electoral legislation or the discipline of media and new media), based, in both cases, on an idea of "sustainable" democracy. In Italy, there were many difficulties in the recent Legislatures (XV and XVI) in order to approve a law on the "democratic method" as a legal duty in the internal activity of the political parties. This situation is going to change – as the Authors say in this article – with the adoption, probably for the first time, of the law implementing the article 49 towards the institutionalization of national political parties. ; Il presente contributo ricostruisce schematicamente le vicende dell'articolo 49 della Costituzione italiana nel quale è fissata la disciplina dei partiti politici, con particolare riferimento al profilo della c.d. democrazia interna.Come è noto, all'indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale, i partiti del Comitato di Liberazione nazionale furono in Italia gli esclusivi soggetti in grado di garantire sia la partecipazione dei cittadini sia la qualità della democrazia.In tale ottica, l'approvazione dell'articolo 49, come acutamente è stato osservato da Leopoldo Elia, si reggeva "non su una regola formale ma sulla base di una regolarità politica, vale a dire su un patto non scritto tra gli stessi partiti, una sorta di promessa di reciproca auto-vigilanza al proprio interno". Il "metodo democratico" dell'azione dei partiti politici che "concorrono alla politica nazionale" - come recita la Costituzione italiana - riguardava quindi soltanto il c.d. versante "esterno" della loro attività, nel senso che essa non doveva svolgersi con metodi violenti e antidemocratici.Sono state queste le premesse poste alla base dell'applicazione convenzionale dell'art.49 della Costituzione, durata dal 1948 al 1992, anche con riferimento alla parte più "delicata" della disposizione costituzionale, vale a dire la prescrizione dell'esistenza del metodo democratico nell'ordinamento interno dei partiti: ciò spiega come esso - il metodo democratico, appunto - fosse interpretato non come obbligo giuridico ma piuttosto come dovere politico, sindacabile solo in sede esclusivamente politica.Anche per tale ragione, non si diede seguito ad alcune proposte, presentate in particolare da Mortati e da Calamandrei, che introducevano invece in Costituzione discipline giuridiche anche per quanto atteneva l'organizzazione interna dei partiti politici.Sul piano del diritto comparato, poi, anche la generalità delle soluzioni adottate in quel momento storico in altri ordinamenti sembravano confermare il trend verso l'adozione di discipline costituzionali a "maglie larghe", come in particolare sul punto faceva la Costituzione della Francia del 1958 (in particolare l'art. 4); solo la Germania adottò una soluzione differente che costituzionalizzava il ruolo dei partiti politici, anche con riferimento alla loro attività interna, affidando alla giustizia costituzionale il compito di sindacare il requisito della "democrazia interna" ai partiti politici (sul punto, l'art.21 del GG).Progressivamente, alcuni fattori hanno imposto come cruciale il tema dell'insufficienza dell'applicazione convenzionale dell'articolo 49 della Costituzione italiana, che rischia di generare una sorta di "anomia", con particolare riferimento al tema della "democrazia interna": per tali ragioni, non possono non prendersi in considerazione, anche nell'ordinamento italiano, ipotesi innovative di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, in coerenza con la definizione, in quasi tutte le democrazie occidentali contemporanee e nell'ordinamento comunitario, di una disciplina multisettoriale (che ricomprenda, ad esempio, anche i temi della c.d. legislazione elettorale "di contorno") e formulata "in positivo", ovvero a prescindere dalla presenza o meno di partiti incostituzionali, partendo proprio dal ruolo che essi giocano nel processo democratico come elemento cruciale nel costruire una democrazia "sostenibile".Rispetto a questo, il caso italiano ha avuto, in particolare nelle più recenti Legislature (XV e XVI), molte difficoltà nel configurare, attraverso l'adozione di una legge, il requisito ex art. 49 come dovere giuridico, nonostante la presentazione di numerosi progetti di legge. Tale situazione sembra ora mutare, con l'approvazione in prima lettura di una proposta di legge di attuazione dell'articolo 49, in ragione di una serie di fattori che - come spiegano gli Autori - anche per l'Italia vanno nella direzione di una crescente istituzionalizzazione dei partiti politici nazionali.
In the last few years, a complex and polycentric debate on marginal territories has taken shape, rekindling attention on the inner areas and the urban peripheries, where contradictions, inequalities and conflicts materialize, but where old and new forms of solidarity and social innovation are also activated and reactivated. This double essence shows only part of the complexity of these urban frontiers, which cannot be represented with a one single perspective. This essay aims at providing a contribution to this debate, examining the results of a case study carried out in a suburban area of Rome, observing two phenomena: the processes of marginalization, concentration of poverty, social disorganization, and political disaffection; the genesis of criminal phenomena, the urban security and law enforcement policies. The case study focuses on Montespaccato, in the north-west outskirts of the Capital. A borgata built at the beginning of the 1900s, during the urban expansion in the Roman countryside, which today has the characteristics of an urban frontier, an area with vague social boundaries, a lack of places of attraction and opportunities, as well as an urban configuration lacking compared to the needs of the inhabitants. In this scenario, recent judicial inquiries have shown the presence of organized crime groups, capable of territorial control executed through the threat but also the use of violence, leading to a subjugation of the local economy. To understand the coexistence of these phenomena, the case study aims at understanding the construction (or production) of territoriality in a Roman borgata in a social and historical key, meaning the territory as a constantly acted and (re) built process in its socio-cultural, political, economic, and ecological dimensions. Our thesis is that criminal phenomena must be situated in the historical process of transformation of the periphery and in the rupture of the community. Spontaneism, informality, disobedience and anti-politics have over time connoted the active periphery of the borgata making a "center on the edge". The processes of modernization, individualization and secularization, the rupture of the community ties of provenance have fuelled the urban polarity by marginalizing the suburbs, reducing the spontaneous social control and the levers for regulating public life by the public and private institutions of the territory. ; Negli ultimi anni è tornato vivace il dibattito sui territori marginali, dove si materializzano contraddizioni, disuguaglianze e conflitti, ma anche forme di solidarietà e di innovazione sociale. Questa doppia valenza restituisce solo una parte della complessità dei margini, da conoscere dall'interno, non riconducibili a un unico modello. Il saggio proposto si inserisce in questo dibattito, restituendo i risultati di uno studio di caso in un'area ai margini di Roma, osservandone due fenomeni: i processi di marginalizzazione, concentrazione dello svantaggio, disorganizzazione sociale e disaffezione politica; la genesi di fenomeni criminali, il tema della sicurezza urbana e delle politiche di contrasto. Siamo a Montespaccato, borgata a nord-ovest della Capitale, sorta all'inizio del Novecento, nella fase di espansione romana verso l'agro. Oggi presenta le caratteristiche di una frontiera urbana, un'area dai confini sociali vaghi, dalla carenza di luoghi di attrazione e di opportunità, oltre a una configurazione urbanistica complicata. In questo scenario, recenti indagini giudiziarie mostrano la presenza di gruppi di criminalità organizzata che presidiano il territorio attraverso piazze di spaccio, assumendo competenze di regolazione sociale (dirimere conflitti, garantire sicurezza) ed economica (distribuire lavoro e altri benefit). Allo stesso tempo, la borgata è stata sede di attivazione e riattivazione per molteplici ed eterogenee esperienze che negli anni alimentano reti sociali e appartenenza. Per comprendere questa coesistenza, attraverso lo studio di caso abbiamo tentato di indagare come si costruisce una borgata e quali sono i contesti di genesi socio-spaziale dell'illegalità urbana. La tesi di fondo è che i fenomeni criminali vadano compresi nel processo storico di trasformazione della periferia e di rottura della comunità. Spontaneismo, informalità, disobbedienza e antipolitica hanno nel tempo connotato una perifericità attiva delle borgate facendone un "centro ai margini". I processi di modernizzazione, individualizzazione e secolarizzazione, la rottura dei legami comunitari di provenienza hanno alimentato la polarità urbana marginalizzando le borgate, riducendo il controllo sociale spontaneo e le leve di regolazione della vita pubblica da parte delle istituzioni pubbliche e private del territorio.